La funzione del "preliminare aperto" ed il suo regime giuridico
La funzione del "preliminare aperto" ed il suo regime giuridico
di Carlo Mazzù
Professore straordinario di Istituzioni di diritto privato, Facoltà di Giurisprudenza di Messina

L'introduzione di un tema così sfuggente e carico di implicazioni pone sempre in una condizione di timore, ma esso diventa horror vacui, quando si tratta di muoversi sul terreno incerto di innovazioni legislative introdotte senza adeguata ponderazione ed al di fuori di un disegno sistematico.

Soccorrono ammonitrici le parole di chi avverte col pessimismo della ragione la deriva delle regole e si colloca per osservarla sull'argine sicuro del fiume della storia, in cui scorre e si consuma la vicenda delle norme, ridotte a cumuli informi di macerie: «I codici sono svuotati ed erosi; le strutture non riescono ad accogliere e sistemare le novità legislative. Le officine del diritto lavorano in ogni ora del giorno: norme internazionali, norme europee, norme nazionali, norme regionali, norme negoziali. L'indebolimento della sovranità statale agevola il fenomeno: essa non è più in grado di racchiudere in unità la molteplicità delle fonti e rovina insieme con i codici, che ne furono espressione e garanzia» [nota 1].

La genericità dell'espressione "preliminare aperto", tratta dalla prassi ed inesistente nelle norme, [nota 2] costituisce il primo vero problema da risolvere, per individuarne la funzione. La difficoltà nasce non solo dalla polisemia del termine, ma anche dalla diversità degli ambiti in cui opera. [nota 3]

Forse è giunto il tempo di avviare un'inversione di tendenza, per contestare una consuetudine, certamente radicata quanto non condivisibile, che contrassegna la vicenda giuridica di molti istituti, che vivono una doppia vita, una nel diritto civile e l'altra nel diritto tributario. [nota 4]

Questa schizofrenia, autentica doppiezza ordinamentale del sistema, ha prodotto conseguenze pratiche non trascurabili, sicché sorge l'esigenza prioritaria di capire sempre se l'indagine è condotta su un istituto nell'ottica del diritto civile o in quella del diritto tributario.

In linea di principio, questa settorializzazione contraddice il bisogno di sistematicità e nuoce al risultato, ma il nostro legislatore - con buona dose di opportunismo - ricorre all'uso differenziato delle categorie giuridiche nella qualificazione del medesimo fatto: esso viene ricostruito in un senso, quando vi è in gioco la regola della perfezione ed efficacia dell'atto nei rapporti tra i contraenti, indipendentemente dalla sua natura e valenza patrimoniale; in altro senso, con riguardo alla sola rilevanza, quando subentra l'interesse erariale alla percezione delle imposte. [nota 5]

Nel corso del tempo si è realizzato un accostamento tra le due prospettive di indagine, che però è stato insufficiente a saldare la frattura. Ciò è avvenuto tutte le volte che è divenuto preminente il profilo economico, cioè si è passati dal piano meramente programmatico dell'atto giuridico alla sua capacità di operare il trasferimento di ricchezza da un contraente all'altro. [nota 6]

Questa finalità pratica ha consentito di comprendere l'unitarietà dell'attività negoziale (intesa propriamente "come succedersi di atti") finalizzata all'unica operazione economica, anche quando diviene necessario ricorrere a più schemi di negozi, fondendoli o collegandoli tra loro, come nei casi di negozi misti [nota 7] o coordinati. [nota 8]

Nel caso del "preliminare aperto" è accaduto qualcosa di diverso. La figura non è nuova e la materia dei rapporti preparatori è di permanente interesse ed è stata oggetto di studi ormai ben noti nella dottrina civilistica, [nota 9] ma c'è voluto un decreto legge estivo, [nota 10] seguito dalle regole introdotte con la legge finanziaria del 2007, [nota 11] per evidenziare la rilevanza del profilo fiscale e suscitare un rinnovato interesse per quello civilistico dell'atto.

Restando al momento strutturale, la determinazione del momento della conclusione della trattativa è sempre stata al centro di controversie teoriche, motivate principalmente dall'esigenza di definire le modalità della tutela, per stabilire se si versa in ipotesi di responsabilità per la rottura delle trattative o di inadempimento contrattuale. [nota 12] Talvolta il distinguo è difficile ed è connesso ad una questione di fatto di non facile ricostruzione, [nota 13] anche perché spesso il rapporto si complica per il ruolo che assume in concreto il mediatore.

Con la riforma del 2006 si è verificato un doppio fenomeno:

a. l'accentuazione del processo di articolazione interna del modello generico e la tipizzazione della mediazione con oggetto immobiliare, con i problemi connessi anche alla forma ad substantiam. [nota 14]

b. l'attrazione del "preliminare aperto" con oggetto immobiliare all'interno dell'area impositiva, come se quello con oggetto mobiliare non sia rilevante fiscalmente, in quanto manifestativo di capacità contributiva.

Si è realizzato un fenomeno apparentemente nuovo, ma gravido di conseguenze pratiche a carico di tutti i partecipanti all'operazione economica.

Anche prima c'era l'obbligo di registrazione degli atti negoziali, ma questa regola poneva l'obbligo a carico delle parti e non del mediatore; e non veniva presidiata dal meccanismo della dichiarazione obbligatoria delle parti al momento della stipula del contratto definitivo circa l'esistenza ed il compenso dell'eventuale mediatore.

Nella ricostruzione della fattispecie, gli attori della vicenda giuridica (mediatore, parti contraenti, notaio eventualmente rogante il contratto preliminare o mero consulente delle parti direttamente stipulanti) potenzialmente partecipanti alla realizzazione dell'operazione economica, assumono ruoli e responsabilità civilistiche diverse; ma, sul piano effettuale, essi si trovano accomunati dal punto di vista tributario in un rapporto col fisco, nei cui confronti la prima linea della responsabilità è occupata dal mediatore o dal notaio, salvo il diritto di rivalsa del primo o di provvista e rivalsa a favore del secondo. [nota 15]

Proprio l'eterogeneità dei ruoli e delle figure professionali del mediatore e del notaio, con i connessi doveri istituzionali derivanti dalla legge e dall'iscrizione ai rispettivi albi e collegi professionali, impone una valutazione articolata della fattispecie e della sua dinamica.

Due considerazioni preliminari e di metodo vanno fatte:

la prima, critica, di ordine sociologico, per segnalare che l'accresciuta attenzione del fisco verso le transazioni immobiliari denuncia la malcelata volontà di aggredire la ricchezza visibile (case, terreni), che nell'economia moderna costituisce l'anello debole della catena sociale. [nota 16] Infatti, la vera ricchezza che muove l'economia moderna globalizzata è quella mobiliare e invisibile, che più facilmente si occulta e si volatilizza nelle transazioni condotte tramite canali finanziari di difficile accertamento e di grande risultato reddituale. [nota 17]

Verrebbe da pensare che, nel primo caso, sia avvenuta una grande transazione sociale a favore del sistema finanziario titolare del capitale mobiliare, lasciando sulle spalle del ceto proprietario (anche quello della sola casa di abitazione) il peso di garantire materia imponibile di facile accertamento e gettito fiscale di facile reperimento, addirittura in anticipo rispetto al tempo dell'effettiva fruizione del bene.

Un indizio per chi sia sospettoso può trarsi dalla precipitosa modifica a favore del capitale, per attenuare il regime impositivo del leasing immobiliare, in cui il profilo finanziario dell'operazione sovrasta nel breve periodo quello del trasferimento della proprietà. [nota 18]

La linea di attacco alla proprietà immobiliare è diventata più subdola e devastante, perché trasversale e camuffata sotto le mentite spoglie della tutela del consumatore. [nota 19]

Le seducenti proposte, di recente prospettate, orientate ad introdurre nuovi soggetti abilitati alla stipula di contratti di vendita o di donazione di immobili, sono il segno tangibile del tentativo di abbassare pericolosamente la soglia di tutela della circolazione della proprietà immobiliare. [nota 20]

Il consumatore, anziché essere protetto, è sempre più abbandonato a sè stesso e costretto ad operare al di fuori della rete di protezione giuridico-sociale, che la figura notarile garantisce, in quanto il notaio è portatore istituzionale dell'interesse pubblico alla legittimità dell'atto, alla sua pubblicità, intesa nel duplice senso di conoscibilità all'esterno e di oggettività del contenuto e della libera formazione del consenso.

La seconda considerazione, anch'essa critica, è di ordine sistematico, e mira ad evidenziare quanto sia stato approssimativo e frettoloso il legislatore, quando ha accomunato nella stessa fattispecie fiscale ipotesi già nettamente distinte: quella del contratto preliminare per l'acquisto di case e terreni e, all'interno della prima categoria di beni, quelle per l'acquisto di case esistenti o da costruire. [nota 21]

La norma contenuta nell'art. 35, comma 22, del D.l. n. 223/2006, come convertito con modifiche con la L. n. 248/2006, ha introdotto l'obbligo della dichiarazione sostitutiva di notorietà circa la partecipazione del mediatore all'operazione immobiliare genericamente afferente ad un bene immobile, con l'indicazione del compenso pagato (stranamente, non di quello pattuito, se ancora da pagare). [nota 22] L'imposizione di detto adempimento, che costituisce una denuntiatio delle fasi prodromiche alla stipula e dei rispettivi protagonisti, ha anticipato l'ulteriore previsione dell'obbligo solidale nascente dalla registrazione delle «scritture private non autenticate di natura negoziale, stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari», introdotto col comma 46 dell'art. 1 della legge finanziaria del 2007 (L. n. 296/2006).

Il vero problema non risiede nell'entità della spesa, considerato che si tratta di registrazione a tassa fissa (tranne che per l'eventuale caparra [nota 23] o per gli acconti versati, tassati proporzionalmente, salvo conguaglio), ma nell'individuazione del segmento di competenza e di responsabilità fiscale di ciascuno dei soggetti a vario titolo partecipanti alla vicenda negoziale. [nota 24]

Posto in questi termini il problema, c'è da domandarsi a che titolo un civilista si occupi di questo caso, visto che il rilievo eminente è quello fiscale, dal momento che il legislatore ha attratto in questa sfera tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, rendendone indifferenti e fungibili i soggetti, grazie allo strumento della solidarietà fiscale, autentico tritacarne che - in fase solutoria - elimina ogni peculiarità di ruolo e omogeneizza il soggetto dell'obbligo tributario al cospetto del fisco. [nota 25]

Viceversa, proprio la sensibilità del civilista può offrire una chiave di lettura del sistema, come risulta dopo le innovazioni introdotte, cogliendo la terza dimensione funzionale o teleologica dell'istituto [nota 26], individuando anche gli strumenti di difesa del cittadino e del professionista. Questo livello d'indagine diventa ancor più importante, specie quando il ruolo del fisco diventa così pervasivo.

Nel caso dell'obbligo di registrazione della scrittura privata non autenticata, redatta col concorso promozionale del mediatore, si anticipa l'effetto fiscale rispetto a quello dell'accordo in fieri, sia perché si consente di conoscere l'entità della futura operazione economica e si scoraggia l'evasione in fase di stipula del contratto definitivo; sia perché si anticipa l'incasso delle imposte connesse alla mera stipula del preliminare o anche alla prestazione di somme a titolo di caparra o di acconto. [nota 27]

La prova dell'assunto si ha riflettendo sul fatto che la norma si applica indifferentemente ai beni immobili (case o terreni) già esistenti e a quelli da costruire.

Rispetto agl'immobili da costruire, c'è da chiedersi che relazione ci sia tra il "preliminare aperto" ed il modello di preliminare definito con norme cogenti dall'art. 6 del D.lgs. n. 122/2005, sotto pena di nullità, anche se si ritiene di farla rientrare nel novero delle nullità relative o "di protezione". [nota 28]

Se si ritenesse che basti un accordo sommario sulla volontà di compravendita, senza gli elementi perfettivi del contratto secondo la legge speciale, ancora una volta il legislatore smentirebbe la pretesa di proteggere l'acquirente e svelerebbe l'unico e preponderante scopo che persegue: quello di percepire imposte, disinteressandosi delle ragioni del contraente debole, cioè dell'acquirente sprovveduto! [nota 29]

C'è da chiedersi quanto non sia cinico ed ipocrita un sistema che pone le basi della propria azione sulla doppia verità, fissando regole per la costruzione della fattispecie fiscale che procedono lungo un percorso diverso da quello della fattispecie civilistica; ed esse restano reciprocamente indifferenti, anche a fronte di evidenti lesioni di interessi di cittadini esposti pesantemente alle conseguenze di trattative e di impegni onerosi, di contratti nulli o ad alto rischio di inadempimento o di insolvenza del costruttore.

Qui si conferma quella doppiezza ordinamentale, cioè l'agnosticismo del sistema, l'ipocrisia convenzionale che si esprime nell'assunto corrente, avallato dalla giurisprudenza, circa l' "irrilevanza" tributaria della nullità di una fattispecie negoziale, fondata sulla premessa che le violazioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto, né quando questo sia congegnato in frode alla legge, né quando sia affetto da simulazione del prezzo. [nota 30]

Resiste ancora, fin dai tempi di Francesco Ferrara senior, l'idea che la norma tributaria è posta a tutela di interessi pubblici, i quali hanno tuttavia carattere settoriale e corrispondono, in ultima analisi, a quegli scopi "di polizia, di finanza, di disciplina", che non toccano l'esistenza ed efficacia del negozio vietato. [nota 31]

Questo fatto apre un fronte di questioni non indifferenti, a proposito della funzione e del tipo di responsabilità professionale del mediatore, per il suo ruolo, prima limitato dall'art. 1759 c.c. (obbligo di informazione sulle circostanze note e rilevanti per la conclusione dell'affare; garanzia per l'autenticità delle scritture trasmesse per il suo tramite), ma ormai sempre più pregnante. [nota 32]

La funzione di collegamento tra le parti e di elemento catalizzatore per la conclusione dell'affare, fa assumere al mediatore una dimensione nuova, correlata proprio all'esigenza accresciuta di trasparenza e funzionalità del mercato, quasi di rilevanza pubblicistica. [nota 33] L'ordine pubblico economico è alla base di regole di azione poste a presidio del corretto funzionamento del mercato, sicché non si comprende come esse debbano essere limitate nella loro estensione normativa, tralasciando proprio la fase genetica e preparatoria del rapporto. [nota 34]

La dottrina più recente ha sintetizzato efficacemente i tratti essenziali della c.d. mediazione atipica, prendendo atto del distacco progressivo dallo schema codicistico e dell'influenza che ha avuto la regolamentazione dell'attività di mediazione, introdotta dalla legislazione speciale. [nota 35]

Ferma restando l'efficacia della sintesi, è facile obiettare all'Autore citato in nota che la distinzione tra contratti tipici e atipici non risiede nella conformità o meno allo schema descritto nel codice, ma nella previsione normativa (quindi, sia nel codice che nella legislazione speciale) di un modello contrattuale. [nota 36]

La conseguenza è che, con la legislazione speciale successiva al codice civile, si sono tipizzati schemi di mediazione diversi, in funzione dell'oggetto e del soggetto abilitato a svolgere la relativa attività in forma legale.

Resta ferma la struttura del contratto, in cui il profilo del do ut facias cede il posto a quello del do quia fecisti, per sanzionare la sopravvenienza del vincolo. [nota 37] Tuttavia, il superamento della concezione approssimativa di un mediatore occasionale, che si inseriva quasi surrettiziamente nella trattativa, senza assumerne l'obbligo di conduzione e conclusione, [nota 38] scaturisce dall'evoluzione e dalla specializzazione delle tecniche di contrattazione, rapportate alla complessità delle relazioni giuridiche aventi ad oggetto beni dotati di rilevante funzione sociale (case, terreni, edifici ad uso commerciale o industriale). Nasce da qui la ragione fondante della previsione di una figura istituzionalizzata di mediatore, inserito in un contesto professionale, assistito da una forte protezione sociale, ora ampliata grazie alla necessaria iscrizione alla specifica sezione dell'Albo degli agenti immobiliari. [nota 39] Anche a seguito di questa maggiore evidenziazione del ruolo del mediatore immobiliare, si è giunti all'imposizione dell'obbligo, diretto e principale, di provvedere alla registrazione delle scritture propiziate dalla propria attività professionale, alla quale è espressamente abilitato.

I primi commentatori della nuova disciplina introdotta nel 2006 [nota 40] si sono preoccupati di evidenziare i diversi momenti di emersione del fatto fiscalmente rilevante ed efficace, perciò imponibile, diversificando la direzione degli effetti a seconda della qualità soggettiva dei partecipanti alla fase di perfezionamento della fattispecie fiscale. In quest'ottica, si è descritta una casistica variegata, nella quale si è ipotizzata sia la fase fisiologica dell'assolvimento dell'obbligo fiscale, sia quella patologica dell'inadempimento o dell'elusione della regola.

Ma forse è il caso di rientrare nel recinto delle considerazioni civilistiche, per meglio ricostruire il fenomeno, muovendo dalle evidenze più certe:

La prima evidenza consiste nella connessione essenziale posta tra contrattazione preparatoria e compravendita immobiliare: il contratto di mediazione, nella sua struttura codicistica, prescinde dal soggetto e dall'oggetto della trattativa da promuovere e concludere. Esso è definito nel codice col richiamo ad un modello soggettivo generico di contraente legittimato a svolgere un'attività negoziale adattabile astrattamente a tutti gli atti che non escludono la cooperazione dei terzi. [nota 41]

L'ordinamento successivamente ha protetto e limitato, al tempo stesso, l'attività di intermediazione, introducendo l'obbligo di iscrizione al ruolo degli agenti di affari in mediazione; ha settorializzato il ruolo stesso dividendolo in sezioni distinte; ha conferito tratti di maggiore professionalità subordinando l'iscrizione al possesso di specifici presupposti soggettivi; ha gravato il mediatore di oneri di diligenza ulteriori, rispetto a quelli genericamente indicati nel codice.

In particolare, nella mediazione immobiliare l'elevato grado di tecnicismo nella definizione delle qualità dell'oggetto e della sua negoziabilità ha introdotto un tasso ulteriore di responsabilità a carico del mediatore, in termini di obblighi informativi, [nota 42] cui adesso si aggiungono anche gli obblighi fiscali primari per la registrazione del c.d. preliminare aperto.

La conseguenza principale è la rottura del modello generale ed astratto di contratto di mediazione e la strutturazione di un tipo negoziale autonomo, con una specifica disciplina tendenzialmente completa. [nota 43]

La seconda evidenza consiste nell'individuazione del collegamento necessario tra contratto di mediazione e contratto (sia preliminare – aperto o formale – che definitivo) effettivamente concluso, anche se modificato nel suo contenuto nelle more tra l'accordo iniziale e la stipula finale. [nota 44]

A questo punto, è opportuno richiamare la nota distinzione tra procedimento e fattispecie a formazione progressiva, cui la dottrina ha fatto ricorso, per spiegare il modello di efficacia progrediente dal mero contatto sociale alla conclusione con l'assunzione del vincolo definitivo. [nota 45]

Questo richiamo diventa tanto più necessario, quanto più si avverte l'esigenza di tutelare l'acquirente, procedimentalizzando la formazione del consenso in tutti i casi in cui essa si concretizza nella sottoscrizione di modelli di proposte contrattuali standardizzate e precostituite da una parte o dal solo mediatore, che le sottopone ad entrambe e non necessariamente su testi inizialmente conformi. [nota 46]

La rinascita del formalismo negoziale, [nota 47] che la dottrina più sensibile ha salutato come un segno tangibile dell'accresciuta attenzione alle ragioni dell'acquirente e dell'utente dei servizi in genere, subisce un'incredibile battuta di arresto con l'esaltazione del ruolo del "preliminare aperto", che contraddice l'esigenza di completezza dell'atto nella fase antecedente all'espressione del consenso vincolante [nota 48], accontentandosi della previsione di una mera nullità c.d. di protezione. [nota 49]

è sicuramente rilevante la rappresentazione esatta e completa della condizione del bene e dei soggetti interessati all'atto: non è indifferente per il potenziale acquirente sapere di dover trattare per un bene esposto all'esercizio della prelazione immobiliare, nascente dal titolo di acquisto (comunione ereditaria) o da rapporti tra il proprietario e terzi (prelazione agraria a favore dei confinanti e/o del conduttore; o urbana a favore dell'inquilino [nota 50]), tanto forti da mettere a rischio l'attuazione dell'effetto reale a seguito del riscatto da parte del terzo.

La stessa esposizione della trattativa al vaglio da parte del terzo, mediante la denuntiatio dell'accordo preliminare già concluso, ai fini dell'eventuale esercizio della prelazione, implica che essa deve essere portata a conoscenza del potenziale acquirente già in fase prodromica all'accettazione della proposta di vendita, perché merita di essere tutelata la riservatezza dell'acquirente, interessato a tenere celata la propria identità e disponibilità economica fino al momento in cui si ha la certezza della libertà giuridica dell'immobile da vincoli e diritti a favore di terzi.

In questo caso, il mediatore dovrebbe sottoporre al potenziale acquirente una proposta di acquisto completa di tutti gli elementi idonei a definire sia la regola di circolazione del bene, sia le condizioni dell'oggetto (legittimità della costruzione, destinazione urbanistica del terreno, assenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli), sia le limitazioni derivanti da rapporti obbligatori relativi all'immobile (durata residua dei contratti di affitto di fondi rustici o delle locazioni immobiliari, ovvero la loro soggezione a prelazione del conduttore).

In questi termini, si potrebbe dare all'espressione "preliminare aperto" un significato ulteriore e non limitato alla mera transizione dalla fase pregiuridica del primo contatto a quella vincolante dell'accordo, considerato in tutte le sue graduazioni di completezza e di idoneità a conseguire l'esito finale dell'acquisto, anche in caso di inadempimento dell'obbligo a contrarre del venditore.

Il concetto di "apertura" potrebbe certamente essere utilizzato in senso soggettivo a scopo indicativo, cioè essere limitato a render nota l'alea connessa all'eventuale intromissione di terzi qualificati, perché titolari di diritti di prelazione. In tal caso, la fase formativa del contratto risente del "polimorfismo" [nota 51] già segnalato e si presenta "a geometria variabile" o "a soggetto eventuale", dal momento che non si può conoscere l'identità dell'acquirente finale ed effettivo. La trattativa dovrebbe essere condotta in termini tali, da non far nascere alcun diritto di natura precontrattuale a favore del promissario acquirente escluso dall'acquisto a causa dell'esercizio della prelazione da parte del terzo.

Ma questo implica anche che il mediatore non avrebbe alcun diritto al compenso da parte del terzo che esercita la prelazione, né da parte del promissario acquirente escluso dall'acquisto finale, che dalla trattativa non ha ricavato alcun beneficio, anzi può aver sostenuto spese, che probabilmente avrebbe evitato, se avesse saputo che il suo acquisto era subordinato al mancato esercizio della prelazione del terzo.

La conclusione sarebbe che l'intero compenso per il mediatore dovrebbe essere posto a carico del venditore, in quanto il terzo che ha esercitato la prelazione non ha mai dato alcun incarico né ha mai avuto alcun contatto col mediatore, a meno di non voler ritenere che il compenso a quest'ultimo faccia parte delle condizioni economiche dell'affare proposto al terzo, affinché valuti se ha interesse all'acquisto, con contestuale traslazione sul terzo dell'onere economico, prima incombente a carico dell'originario promissario acquirente, del pagamento della provvigione al mediatore.

La giurisprudenza è orientata in senso negativo quanto al diritto del mediatore nel caso di esercizio della prelazione [nota 52], sicché la sua tutela dovrebbe essere legata ad una previsione contenuta in una clausola specifica, che disciplini quell'ipotesi.

Gli osservatori del fenomeno dell'intermediazione nel mercato immobiliare hanno segnalato il crescente rilievo dell'organizzazione di società di intermediazione immobiliare diffuse su tutto il territorio con la pubblicizzazione del medesimo marchio, ma sostanzialmente articolate nelle singole zone con propri concessionari in franchising. [nota 53] Questa circostanza non può restare ininfluente nel momento in cui si procede alla valutazione della dinamica contrattuale in fase di trattativa e di stipula. Basta verificare l'incidenza che su questo aspetto della formazione del contratto assume la disciplina, ora organicamente ricompresa nel Codice del consumo (D.lgs. 6 settembre 2005 n. 206) [nota 54], in tutte le ipotesi riconducibili alle «scritture private non autenticate di natura negoziale, stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari», introdotto col comma 46 dell'art. 1 della legge finanziaria del 2007 (L. n. 296/2006), aventi ad oggetto diritti reali su immobili.

Qui si ribadisce quanto già detto a proposito del contratto preliminare di vendita di immobile da costruire, in cui l'elencazione di elementi costitutivi obbligatori del contratto, sotto pena di nullità, dovrebbe rendere avvertiti circa la contraddittorietà insita nel sistema, che prevede l'obbligo di registrazione anche a fronte di una fattispecie incompleta, perché carente di elementi essenziali per legge e non rimessi all'autonomia delle parti.

Tutte queste considerazioni si ricollegano ad un'esigenza di coerenza sistematica: infatti, mal si concilia la prassi minimalista della trattativa immobiliare rispetto alla previsione di regole dettagliate e di tempi di formazione del consenso (ivi compreso quello consentito per l'esercizio dello ius poenitendi dell'acquirente) nel caso di trattative svolte al di fuori dei locali commerciali o di contratti stipulati mediante intermediari finanziari. [nota 55]

A giustificare la disparità di rigore fiscale non basta la sola differenza qualitativa, considerata la rilevanza quantitativa di tante transazioni finanziarie stipulate col ricorso ad intermediari. Forse torna utile il richiamo all'atteggiamento permissivo e di favore, assunto dal sistema riguardo all'attività negoziale con oggetto mobiliare (e finanziario in particolare), figlio della cultura imperante nel nuovo contesto economico. [nota 56]

L'opzione favorevole al trattamento fiscale della ricchezza mobiliare può spiegare, ma non giustificare, tanta diversità di regole costruttive delle rispettive fattispecie negoziali tra contratti di vendita di immobili e contratti di vendita di prodotti finanziari; per altro verso, la tecnica della contrattazione col ricorso al mediatore immobiliare implica anche lo svolgimento di trattative fuori dai locali commerciali o presso il domicilio di una o di entrambe le parti: perché ritenere che il contratto in questo caso sia concluso al momento dell'incontro della volontà di acquirente e venditore, spesso consistente nella mera acquisizione da parte del mediatore di due dichiarazioni, autonome ma convergenti, la cui lettura risulti compatibile col significato della proposta di vendita e della proposta (o controproposta) di acquisto?

Se la finalità fiscale può far comprendere la scelta minimalista fatta dal legislatore, la sensibilità del civilista deve indurre a levare un segnale di forte allarme, quando le ragioni della parte più esposta, cioè l'acquirente, vengono così platealmente disattese.

Il legislatore, tra l'altro, avrebbe dovuto ben conoscere l'esistenza di un apparato di norme poste a tutela del promissario acquirente, con particolare riguardo agli immobili da costruire; [nota 57] avrebbe dovuto già farsi carico delle critiche fondate, mosse a quelle regole, ritenute poco pratiche e scarsamente protettive; [nota 58] avrebbe dovuto leggere le statistiche allarmanti, che attestano il fallimento del meccanismo solidaristico del fondo comune a protezione dei promissari acquirenti, considerata la scarsa attuazione del sistema di garanzie mediante polizze fideiussorie. [nota 59]

Se il legislatore avesse avuto giusta percezione di questi fatti socialmente allarmanti, avrebbe dovuto attenuare la spinta alla riscossione facile e subordinarla ad una ricognizione di fatti non solo quando appaiono fiscalmente rilevanti, ma soprattutto quando integrano fattispecie civilistiche valide ed efficaci, cioè non esposte al rischio incombente di nullità.

La terza evidenza consiste nella distinzione tra soggetti e parti, [nota 60] la cui articolazione muta in corso di trattativa, in quanto l'esistenza del contratto di mediazione e la sua esecuzione si sovrappongono alla parallela formazione del contratto concluso col concorso attivo del mediatore, il quale:

inizialmente, è parte solo nei confronti di colui che conferisce l'incarico;

dopo la conclusione della trattativa con lo scambio di proposta e accettazione, è parte separatamente nei confronti di entrambi i contraenti, a seconda degli accordi presi con ciascuno di loro, ma è anche parte per l'assolvimento dell'obbligo fiscale nei confronti del fisco.

rispetto al contratto concluso, è terzo dal punto di vista civilistico.

La quarta evidenza consiste nell'individuazione del risultato pratico della sequela di atti negoziali, che mantengono la rispettiva autonomia a tutti gli effetti: [nota 61] sia per definire capacità, diritti ed obblighi dei partecipanti all'operazione economica; sia per fornire elementi utili ad interpretare il contratto, a norma dell'art. 1362, secondo comma, c.c.

Il contratto definitivo non assorbe in sé i singoli atti negoziali prodromici, la cui autonomia funzionale (che esso solo in parte supera) resta integra; mentre persistono i profili di rilevanza propri, specie nel caso di difformità - concordata o meno - tra i due contratti, con particolare riguardo all'ipotesi di simulazione del prezzo. [nota 62]

L'anticipazione dell'effetto fiscale al momento della conclusione del "preliminare aperto" sembra dare supporto alla tesi della natura di vendita definitiva con effetti obbligatori, che una dottrina autorevole ha ritenuto di riconoscere al contratto preliminare di vendita in genere ed a quello con oggetto immobiliare e trascritto in particolare. [nota 63]

Ma si tratta di un'ipotesi da non coltivare, specie se si riflette sul fatto che tutte le considerazioni che precedono fanno risaltare la difficoltà e la pericolosità, insite nell'attribuzione di effetti alla contrattazione ancora in fase preparatoria e con tanti aspetti ancora da chiarire.

La domanda sottintesa al titolo consiste nell'individuazione del regolamento del negozio "preliminare aperto", coerente con la funzione che esso può svolgere legittimamente nel nostro sistema. Non si tratta di una funzione astratta, ma definita con riguardo alle possibilità di porre in essere, grazie a quello strumento, rapporti legittimi, secondo le regole vigenti nel dato momento storico.

Orbene, se nel tempo della promulgazione del codice civile era meno forte l'impatto delle regole di conformazione della proprietà immobiliare sull'oggettività giuridica e sulla negoziabilità dei beni, ormai da alcuni decenni è divenuto sempre più fitto il reticolo di regole, di varia provenienza e di diversa qualità e forza normativa, che afferiscono al regime dei beni immobili. [nota 64]

Come si può pensare che tutto questo non abbia un riflesso immediato sulla stessa ammissibilità degli schemi tradizionali di negozi ad oggetto immobiliare, specie nella fase precaria delle trattative con la partecipazione del mediatore, in cui l'interesse alla conclusione dell'affare è in quest'ultimo forte almeno quanto, se non maggiore, rispetto a quello dell'acquirente e/o del compratore? [nota 65]

L'accresciuto tecnicismo della contrattazione immobiliare ed il rischio crescente di incorrere in contratti (assolutamente o relativamente) nulli deve necessariamente determinare sia una maggior dose di qualificazione tecnica del mediatore, sia un suo atteggiamento di terzietà rispetto ai contraenti. [nota 66] Questi restano gli unici arbitri dei rispettivi interessi e, se intendono farsi consigliare circa i rischi, giuridici ed economici, della contrattazione, devono farsi assistere da propri consulenti, in quanto l'obbligo di informazione (ex art. 1759 c.c.) non assorbe la valutazione del rischio, [nota 67] che spetta solo alla parte, in considerazione delle condizioni complessive dell'accordo, in cui ci può anche essere una componente di alea economica, se non giuridica.

Tanto la funzione che il regime giuridico del "preliminare aperto" hanno subito nel tempo un mutamento profondo, sia perché si sono diversificati i modelli di contratto di mediazione rispetto al generico schema codicistico; sia perché il processo di pluralizzazione dei modelli ha toccato i soggetti e gli oggetti del contratto da mediare. [nota 68]

La moderna teoria del contratto non può prescindere dalla valutazione dell'incidenza che assumono, in genere, i profili soggettivi ed oggettivi del contratto. Con particolare riferimento al contratto di compravendita di immobile, la qualità del bene da vendere e dei soggetti che lo trasferiscono e lo ricevono diventa elemento strutturale (e non un mero accidente eventuale) dell'atto. [nota 69]

Tutto ciò non può rimanere indifferente nella valutazione della rilevanza del rapporto preparatorio del contratto finale, perché la scelta, eminentemente politica, di assegnare il ruolo di fattispecie fiscalmente autonoma al "preliminare aperto" nella dinamica impositiva della transazione immobiliare non può giungere fino a pregiudicare gli interessi dell'acquirente all'acquisto sicuro.

La conclusione più ovvia cui si può pervenire consiste nella seguente alternativa:

1. o si abbandona radicalmente l'idea di tentare un coordinamento tra la fattispecie civilistica e quella fiscale, definendole e valutandole separatamente ed a fini diversi;

2. o si tenta di collegare il momento impositivo superando la fase di mera rilevanza e pervenendo a quella di efficacia civilistica, finalizzata ad un minimo di tutela dell'acquirente. [nota 70]

In questa seconda ipotesi:

1. o si relega il valore negoziale del "preliminare aperto" nell'area del rapporto preparatorio, riservandone la valutazione postuma, [nota 71] nel senso di ritenerlo variamente vincolante a seconda del grado di maturazione e completezza della trattativa;

2. o si esige che il "preliminare aperto" abbia almeno tutti gli elementi costitutivi di una fattispecie vincolante, idonea ad ottenere protezione ed esecuzione forzata in forma specifica. [nota 72]

La dottrina ha ripercorso le tappe della evoluzione dell'istituto del contratto preliminare ed ha riconosciuto che, specie con riferimento all'interesse all'attuazione dell'effetto reale, l'approdo dell'istituto alla sponda rassicurante della tutela giudiziale, prima in forma specifica, conseguente all'introduzione dell'art. 2932 c.c., poi con la possibilità della trascrizione, ha dato immenso rilievo a questo modello contrattuale, agevolandone la diffusione quale strumento di consolidazione dei rapporti contrattuali in itinere. [nota 73]

Sembra doversi concludere con preoccupazione l'esame del rilievo che si intenderebbe dare al "preliminare aperto", quale figura autonoma, in quanto la tendenza del sistema dovrebbe essere quella di spingere verso l'anticipazione della tutela dell'acquirente di immobile, mediante la stipula di intese, per quanto possibile, complete di tutti gli elementi idonei a far conseguire alle parti una tutela piena di natura reale e non soltanto obbligatoria.

Questa preoccupazione si rafforza al cospetto dell'inversione di tendenza desumibile dalla formulazione generica del comma 46, lett. a e lett. b dell'art. unico della legge finanziaria 2007 (L. n. 296 del 2006), che fa riferimento alle sole «scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari».

è evidente che il tenore della norma consente anche di riferirsi ai contratti (preliminari o definitivi) di locazione redatti per iscritto e stipulati con l'ausilio del mediatore; ma è, altresì, chiaro che la vera partita dei rapporti fiscali non si gioca sul terreno delle locazioni, bensì su quello delle compravendite immobiliari.

è altrettanto vero che la forma scritta non è essenziale per i contratti di locazione di durata infranovennale; che la limitazione dell'obbligo di registrazione ai soli contratti redatti in forma scritta non abroga la norma che prevede l'obbligo (praticamente generale) di registrazione dei contratti di locazione: da qui la conclusione che il vero obiettivo è l'individuazione delle condizioni effettive della dinamica negoziale riferita agli acquisti immobiliari.

La lettura sistematica del D.l. n. 223/2006, come convertito con modifiche, e della legge finanziaria del 2007 consente di orientare le conclusioni verso la rilevanza attribuita dal legislatore alla finalità antievasiva e antielusiva, piegando a questo scopo anche le regole consolidate del diritto civile. [nota 74]

Se la formula usata dal legislatore e la prassi degli agenti immobiliari si possono riconciliare dal punto di vista dell'obiettivo perseguito, forse si può ritenere che esso coincide nell'esigenza del fisco di monitorare il mercato, acquisendo notizia delle trattative in itinere e delle attività di mediazione in corso, limitandosi a percepire l'imposta in misura fissa e l'Iva sulla provvigione spettante al mediatore, rinviando la percezione dell'imposta sull'affare definitivamente concluso secondo la regola dell'imposizione applicabile (Iva o imposta di registro). La stessa fattispecie, vista dalla parte del mediatore, che non è obbligato al rispetto di una specifica forma ad substantiam nei rapporti con privati, [nota 75] assolve alla funzione probatoria "a futura memoria" del loro rapporto, al fine di evitare che le parti possano escludere il mediatore dall'affare, una volta che siano entrate in contatto direttamente tra loro. [nota 76]

Certamente, considerata la posizione della dottrina e della giurisprudenza dominanti, contrarie ad ammettere la figura del "preliminare di preliminare", [nota 77] lo spazio giuridico da assegnare al "preliminare aperto" resta delimitato all'interno dell'area delle intese propedeutiche all'instaurazione dell'eventuale rapporto contrattuale tra le parti (secondo la formula degli "atti binari convergenti") [nota 78], che può avvenire sia direttamente col contratto definitivo, che gradatamente con la stipula di un "preliminare formale".

La risposta al quesito contenuto nel titolo della relazione dipende dalla scelta circa il ruolo che si intende assegnare al mediatore nella moderna struttura di mercato.

La domanda di giustizia dei contraenti sconta la disarmante consapevolezza che «le procedure produttive di norme sono l'ambita posta del giuoco politico-sociale. Chi ne prende possesso ha in mano la tecnica per il dominio coercitivo delle altrui volontà». [nota 79]

A maggior ragione la risposta deve essere meditata ed inserita nel più vasto orizzonte dei ruoli sociali delle professioni, certamente non può essere data sull'onda di provvedimenti estemporanei, assunti per soddisfare l'istinto predatorio di un fisco onnivoro.

Ecco perché s'impone con forza l'esigenza di garanzie formali ed il rifiuto di schemi approssimativi, specie quando, come ci ammonisce Natalino Irti, «nel naufragio dei tempi, il diritto ha afferrato il salvagente della forma» [nota 80].


[nota 1] N. IRTI, Il salvagente della forma, Laterza, Bari, 2007, p. 22.

[nota 2] Non a caso si intitolava "Dalle proposte di acquisto al preliminare formale: analisi di una prassi immobiliare" il tema del convegno dedicato dal Comitato regionale dei Consigli notarili dell'Emilia Romagna svoltosi il 24 aprile 1993, in cui furono enunciati ed analizzati i profili salienti, con la partecipazione di autorevoli studiosi, ora in Riv. notariato, 1994, 1-2, ed ivi i contributi di P. RESCIGNO, «Relazione conclusiva», p. 1-11; P. VITUCCI, «Impegni assunti col mediatore e proposta contrattuale», p. 13-21; G. GABRIELLI, «Prassi della compravendita immobiliare in tre fasi: consensi a mani dell'intermediario, scrittura privata preliminare, atto notarile definitivo», p. 23-34; A. RAVAZZONI, «Gradualità dei vincoli a carico dell'alienante e conclusione del contratto», p. 35-48; F. TASSINARI, «Dalle proposte di acquisto al preliminare: analisi di una prassi immobiliare», p. 49-59; L. MALAGUTI, «Rilievi, nell'ottica del proponente l'acquisto, su alcune clausole contenute nelle c.d. "proposte di acquisto"», p. 61-73; G. ROCCA, «Incarichi di intermediazione immobiliare e vicenda intermediata nei moduli e formulari di cui all'art. 5 della L. n. 39/1989», p. 75-91; A. BUSANI, «Spunti problematici circa la gestione dei rapporti tra il notaio e i soggetti, diversi dalle parti contraenti, che intervengono nella fase preliminare. Il mediatore. La scelta del notaio», p. 93-100.

[nota 3] Solo a titolo di esempio, bastano i seguenti richiami: «Affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia il requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale». (Nella specie, relativa alla stipula di due contratti preliminari con i quali un soggetto da un lato si impegnava all'acquisto di un immobile e dall'altro si obbligava a vendere il medesimo bene a un terzo, la S.C., confermando la sentenza di merito, ha negato che fossero ravvisabili tanto il collegamento negoziale quanto il cosiddetto contratto aperto, configurabile solo per i contratti associativi e per quelli con comunione di scopo e non per i contratti di scambio). (Cass. Civ., sez. II, 17 dicembre 2004 n. 23470, in Giust. civ. Mass. 2004, 12); «La fornitura dei pezzi di ricambio dei veicoli, per il mantenimento del supporto logistico dell'amministrazione della difesa, può essere acquisita con la formula del contratto aperto che consente all'amministrazione di procurarsi i materiali nel momento in cui occorrono, evitando inutili scorte, e di pagare il prezzo vigente al momento dell'acquisto, risultante dai listini ufficiali » (Cons. St., sez. II, 06 marzo 1990, n. 252, in Cons. St. 1993, I, p. 283; conf. Cons. St., sez. III, 08 marzo 1988, n. 1472, in Cons. St., 1989, I, p. 1618.); «Il contratto collettivo di lavoro è un contratto aperto alla adesione di altri soggetti non iscritti alle associazioni stipulanti, che può essere sia esplicita, sia implicita, come quando possa desumersi da fatti concludenti, generalmente ravvisabili nella pratica applicazione delle relative clausole, con l'adesione; il non iscritto si colloca, in relazione a quel contratto collettivo, nella stessa posizione giuridica degli iscritti, accettando implicitamente le determinazioni dell'associazione stipulante in ordine alle future vicende del rapporto della cui disponibilità essa rimane spogliata dall'adesione del non iscritto - la quale, pertanto, implica necessariamente non solo l'adesione alla facoltà della disdetta prevista nel contratto, ma, in genere, la ricezione del suo regime legale e delle sue vicende» (Cass. Civ., sez. I, 11 marzo 1987, n. 2525, in Giust. civ. 1987, I, p. 1967; conf. Cass. Civ., sez. I, 12 marzo 1984, n. 1690, in Giust. civ. Mass., 1984, fasc. 3-4.; Cass. Civ., sez. lav., 27 maggio 1983, n. 3678, in Giust. civ. Mass., 1983, fasc. 5; Cass. Civ., sez. lav., 23 febbraio 1983, n. 1361, in Giust. civ. Mass., 1983, fasc. 2; Cass. Civ., sez. lav., 09 settembre 1982, n. 4860, in Giust. civ. Mass., 1982, fasc. 8; Cass. Civ., sez. lav., 05 maggio 1982, n. 2818, in Giust. civ. Mass., 1982, fasc. 5; Cass. Civ., sez. lav., 07 settembre 1981, n. 5052, in Giust. civ. Mass., 1981, fasc. 9).

[nota 4] «Prima dell'entrata in vigore dell'art. 37-bis D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, introdotto dall'art. 7 D.lgs. 8 ottobre 1997 n. 358, - che con disposizione, non avente efficacia retroattiva, ha attribuito all'Amministrazione Finanziaria ampio potere di disconoscere, a fini antielusivi, gli effetti degli atti compiuti dal contribuente al fine di beneficiare di un trattamento fiscale più vantaggioso - detta amministrazione non aveva il potere di riqualificare i contratti posti in essere dalle parti, prescindendo dalla volontà concretamente manifestata dalle stesse, per assoggettarli ad un trattamento fiscale meno favorevole di quello altrimenti applicabile, neppure in virtù degli artt. 1344 e 1418 c.c., che sanciscono la nullità dei contratti che costituiscono «il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa». Tali disposizioni, infatti, considerano l'illiceità quale causa di nullità e non di conversione del contratto in frode alla legge nel contratto che costituisce presupposto per l'applicazione della norma, che le parti intendevano eludere; inoltre le norme tributarie, essendo poste a tutela di interessi pubblici di carattere settoriale e non ponendo, in linea di massima, divieti, pur essendo inderogabili, non possono qualificarsi imperative, presupponendo tale qualificazione che la norma abbia carattere proibitivo e sia posta a tutela di interessi generali, che si collochino al vertice della gerarchia dei valori protetti dall'ordinamento giuridico» (Cass. Civ., sez. trib., 03 settembre 2001 n. 11531, in Corr. giur., 2002, p. 349 e ss., con nota di G. ESPOSITO, «Qualificazione del contratto a fini fiscali e nullità per violazione di norme tributarie»; e di A. CIATTI, «L' "irrilevanza" tributaria di una fattispecie negoziale», in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, p. 1445 e ss.).

[nota 5] Ne sono testimonianza l'art. 10 della L. 29 dicembre 1990 n. 408 (come modificato dall'art. 28, comma I, L. 23 dicembre 1994 n. 724 e poi così modificato dal comma 26 dell'art. 3, L. 23 dicembre 1996, n. 662):

«1. è consentito all'amministrazione finanziaria disconoscere i vantaggi tributari conseguiti in operazioni di concentrazione, trasformazione, scorporo, cessione di azienda, riduzione di capitale, liquidazione, valutazione di partecipazioni, cessione di crediti o cessione o valutazione di valori mobiliari poste in essere senza valide ragioni economiche allo scopo esclusivo di ottenere fraudolentemente un risparmio d'imposta»;

e l'art. 37-bis del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (introdotto con l'art. 7 del D.lgs. 8 ottobre 1997 n. 358): «Disposizioni antielusive. 1. Sono inopponibili all'amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti.

2. L'amministrazione finanziaria disconosce i vantaggi tributari conseguiti mediante gli atti, i fatti e i negozi di cui al comma 1, applicando le imposte determinate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile all'amministrazione.

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano a condizione che, nell'ambito del comportamento di cui al comma 2, siano utilizzate una o più delle seguenti operazioni:

a) trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni volontarie e distribuzioni ai soci di somme prelevate da voci del patrimonio netto diverse da quelle formate con utili;

b) conferimenti in società, nonché negozi aventi ad oggetto il trasferimento o il godimento di aziende;

c) cessioni di crediti;

d) cessioni di eccedenze d'imposta;

e) operazioni di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 544, recante disposizioni per l'adeguamento alle direttive comunitarie relative al regime fiscale di fusioni, scissioni, conferimenti d'attivo e scambi di azioni;

f) operazioni, da chiunque effettuate, incluse le valutazioni e le classificazioni di bilancio, aventi ad oggetto i beni e i rapporti di cui all'articolo 81, comma 1, lettere da c a c-quinquies del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917;

f-bis) cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate tra i soggetti ammessi al regime della tassazione di gruppo di cui all'articolo 117 del testo unico delle imposte sui reddit;.

f-ter) pagamenti di interessi e canoni di cui all'art. 26-quater, qualora detti pagamenti siano effettuati a soggetti controllati direttamente o indirettamente da uno o più soggetti non residenti in uno Stato dell'Unione europea;.

f-quater) pattuizioni intercorse tra società controllate e collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, una delle quali avente sede legale in uno degli Stati o nei territori a regime fiscale privilegiato, individuati ai sensi dell'articolo 167, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, aventi ad oggetto il pagamento di somme a titolo di clausola penale, multa, caparra confirmatoria o penitenziale».

Il tema è stato all'attenzione dei tributaristi: v. G. TREMONTI, «Autonomia contrattuale e normativa tributaria», in Riv. crit. dir. priv., 1985, p. 519; P. PISTONE, Abuso del diritto ed elusione fiscale, Padova, 1995; MORELLO V., «Il problema della frode alla legge nel diritto tributario», in Dir. prat. trib., 1991, I, p. 8 e ss.

[nota 6] A. CIATTI, op. cit., p. 1453-1454, il quale richiama l'autorevole insegnamento di E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, 2° ed., in Trattato di diritto civile italiano, diretto da Vassalli, XV, 2, rist., Napoli, 1994, p. 50-51.

[nota 7] Con particolare riferimento alla contrattazione immobiliare: «Il contratto avente ad oggetto la cessione di un fabbricato o di una porzione di fabbricato non ancora compiutamente realizzato o (come nella specie) da ristrutturare, con previsione dell'obbligo del cedente - che sia anche imprenditore edile - di eseguire i lavori necessari al fine di completare il bene o di renderlo idoneo al godimento, può integrare alternativamente tanto gli estremi della vendita di una cosa futura (verificandosi allora l'effetto traslativo nel momento in cui il bene viene ad esistenza nella sua completezza), quanto quelli del negozio misto caratterizzato da elementi propri della vendita di cosa presente (con conseguente effetto traslativo immediato) e dell'appalto: e ciò a seconda che l'obbligo di completamento dei lavori assuma, nel sinallagma contrattuale, un rilievo centrale, ovvero soltanto accessorio e strumentale rispetto al trasferimento della proprietà attuale. L'indagine sul reale contenuto delle volontà espresse nella convenzione negoziale de qua, risolvendosi in un apprezzamento di fatto, è riservata al giudice del merito ed è conseguentemente incensurabile in sede di legittimità se sorretta da adeguata motivazione» (Cass. Civ., sez. trib., 9 novembre 2005, n. 21773, in Giust. civ. Mass. 2005, p. 11). «Il contratto di albergo costituisce un contratto atipico o misto, con il quale l'albergatore si impegna a fornire al cliente, dietro corrispettivo, una serie di prestazioni eterogenee, quali la locazione di alloggio, la fornitura di servizi, il deposito, senza che la preminenza riconoscibile alla locazione d'alloggio possa valere, sotto il profilo causale, a dare carattere accessorio alle altre prestazioni. Pertanto, secondo i principi applicabili in tema di contratto misto, il negozio deve essere assoggettato alla disciplina unitaria dell'uno o dell'altro contratto in base alla prevalenza degli elementi, salva l'applicazione degli elementi del contratto non prevalente se regolati da norme compatibili con quelle del contratto prevalente» (Cass. Civ., sez. III, 20 gennaio 2005, n. 110, in Giust. civ. Mass., 2005, p. 1). La figura del contratto misto è presente anche nei rapporti con la P.A.: «Al fine di individuare la disciplina applicabile alla previsione di un bando che prefigura la stipulazione di un contratto misto, in cui l'amministrazione richiede sia la fornitura di beni che la prestazione di servizi, occorre fare riferimento alla causa in forza della quale la P.A. ha inteso obbligarsi, che nell'economia delle obbligazioni risulti prevalente» (Tar Liguria Genova, sez. II, 4 febbraio 2005, n. 155, in Foro amm. TAR, 2005, 2, p. 371).

[nota 8] Proprio con specifico riferimento all'attività di intermediazione immobiliare, v.: «Poiché il diritto alla provvigione da parte del mediatore consegue non alla conclusione del negozio giuridico, ma dell'affare, inteso come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, anche se articolatasi in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti nel loro complesso a realizzare un unico interesse economico, anche se con pluralità di soggetti, la condizione perché sorga il diritto alla provvigione è l'identità dell'affare proposto con quello concluso, che non è esclusa quando le parti sostituiscano altri a sè nella stipulazione conclusiva, sempre che vi sia continuità tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipulazione negoziale e sempre che la conclusione dell'affare sia collegabile al contatto determinato dal mediatore tra le parti originarie, che sono tenute al pagamento della provvigione». (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza d'appello che aveva negato il diritto alla provvigione per il solo fatto che le parti del contratto preliminare di vendita erano diverse da quelle che i mediatori avevano posto in contatto, senza verificare se detto contratto fosse la conseguenza di tale attività di mediazione), (Cass. Civ., sez. III, 20 ottobre 2004, n. 20549, in Giust. civ. Mass., 2004, p. 10).

In generale, con riguardo al preliminare immobiliare: «La fattispecie del collegamento negoziale è configurabile anche quando i singoli atti siano stipulati tra soggetti diversi, purché essi risultino concepiti e voluti come funzionalmente connessi e tra loro interdipendenti, onde consentire il raggiungimento dello scopo divisato dalle parti (nell'affermare il principio di diritto che precede la S.C. ha ritenuto che, con riferimento ad un contratto preliminare e ad un successivo contratto definitivo di compravendita di un bene di proprietà di un soggetto diverso dal debitore - nella specie, la moglie, - fosse legittimamente predicabile, in astratto, un collegamento negoziale tra atti che, pur restando apparentemente autonomi e leciti, purtuttavia erano potenzialmente idonei ad atteggiarsi come forma di garanzia reale atipica per il pagamento della somma dovuta dal debitore, marito della promettente venditrice, il bene della quale veniva trasferito al creditore sotto condizione e in conseguenza del mancato adempimento, il tutto in violazione del disposto dell'art. 2744 c.c.; la S.C. ha, peraltro, nella specie, escluso, in fatto, la sussistenza di tale fattispecie)», (Cass. Civ., sez. II, 16 settembre 2004, n. 18655, in Giust. civ., 2005, 5, I, p. 1251).

Ai fini dell'individuazione della figura in generale: «Il criterio distintivo tra contratto unico e contratto collegato non può essere identificato in base ad elementi formali quali l'unità o pluralità dei documenti contrattuali o la mera contestualità delle stipulazioni, ma dall'elemento sostanziale consistente nell'unicità o pluralità degli interessi conseguiti. Le parti, nell'esplicazione della loro autonomia negoziale, possono, con manifestazioni di volontà espresse in uno stesso contesto dar vita a più negozi distinti ed indipendenti ovvero a più negozi tra loro collegati. In particolare affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra negozi, sia il requisito soggettivo. Questo ultimo, peraltro, non è dato dalla mera, formale coincidenza tra le parti di un negozio e quelle di un altro, ma è costituito dal comune intento pratico delle parti (che può essere manifestato sia in forma espressa che in forma tacita) di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore. Nulla esclude, infatti che possa esistere un rapporto di interdipendenza funzionale in presenza di contratti con contenuto differente e intervenuti tra soggetti formalmente diversi», (Cass. Civ., sez. III, 28 luglio 2004, n. 14244, in Giur. it., 2005, p. 1825). «Perché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie anche ai fini della nullità dell'intero procedimento negoziale per illiceità del motivo o della causa ai sensi degli artt. 1344 e 1345 c.c., è necessario che ricorra sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico fra i negozi, sia il requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti, pur se non manifestato in forma espressa, di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il collegamento ed il coordinamento di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, non essendo sufficiente che quel fine sia perseguito da una sola delle parti all'insaputa e senza partecipazione dell'altra», (nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito tra gli altri motivi per non aver verificato, in una causa in cui si chiedeva di dichiararsi la nullità di due contratti di vendita ed uno successivo di leasing, per violazione del divieto del patto commissorio, per non avere adeguatamente valutato la sussistenza o meno di un collegamento negoziale secondo gli indici indicati) (Cass. Civ., sez. III, 21 luglio 2004, n. 13580, in Giust. civ., 2005, 3, I, p. 685).

Sulla nozione di contratto collegato, v. F. MESSINEO, voce Contratto collegato, in Enc. dir., X, 1962, p. 48: «Il fenomeno del collegamento, o connessione, fra contratti si ha, quando un contratto presenti un certo nesso con un altro; sia che il nesso abbia, come punto di riferimento, il primo contratto, sia che abbia, come punto di riferimento, il secondo … Nel caso di collegamento bilaterale, i due contratti devono intercorrere fra i medesimi soggetti. è possibile che tale situazione non si riproduca nel caso di collegamento unilaterale; ma, anche qui, occorre che il secondo contratto abbia, in comune col primo, almeno, una delle parti; altrimenti, verseremmo nel campo di un altro fenomeno: quello dell'influenza di un contratto su un altro; e saremmo fuori dal caso tecnico del collegamento, del quale ora si tratta. Duplicità di contratti significa che i due contratti sono entità distinte, ciascuno con propria causa; e non si tratta di due prestazioni, o di due gruppi di prestazioni, che trovino base, in realtà, in un contratto unico: nel qual caso, saremmo di fronte al contratto complesso. Questo richiama il problema (che, del resto, è di carattere generale), quando si abbia unità di contratto e quando pluralità di contratti e quale sia il criterio diagnostico, da impiegare in pratica, per discernere le due situazioni … considerando che è dato sufficientemente pacifico, essere l'unità del contratto (anzi: del negozio giuridico) contrassegnata dall'unità della causa, anche se debba ammettersi che talvolta la causa può risultare da più elementi, ma (in tale ipotesi) insieme fusi e, con questo, unificati. Gioca qui, in qualche modo, l'elemento "motivo": nel senso che il primo contratto può configurarsi come il motivo (o il motivo principale) del successivo. Qualcuno potrebbe spingere la qualificazione, sino a ravvisare, nel primo contratto, la presupposizione, sulla quale, il secondo sorge; ma, attese le profonde controversie che investono tale punto della materia del contratto, è opportuno limitarsi al richiamo del "motivo". I più degli autori concordano nel ritenere che, di solito, il collegamento è impresso ai contratti, dalla volontà delle parti (criterio soggettivo), consentendo l'autonomia contrattuale che un contratto sia adibito, oltre che al conseguimento del suo scopo tipico, anche a rendere possibile, o più agevole, un ulteriore scopo, proprio di un altro e separato contratto (subordinazione del primo al secondo); tale volontà fisserà, anche, i limiti della subordinazione. Ma un limite oggettivo del collegamento è dato, come è ovvio, dalla non-contrarietà a norme imperative, al buon costume, o all'ordine pubblico e, inoltre, dal fatto che il collegamento non tenda a realizzare la frode alla legge. Invece, non v'è concordia sul punto, se il collegamento possa derivare da elementi oggettivi: ossia, dalla funzione, che, per sé, e a prescindere dalla volontà delle parti, uno dei contratti adempie, rispetto all'altro, o da un rapporto oggettivo fra i contratti … In altre parole, è possibile che la destinazione organica di un dato contratto indirizzi questo, a promuovere la formazione di un altro, che, dal primo, riceve un qualche influsso: si pensi, ad esempio, al contratto fiduciario. Tuttavia, oggi, si ammette che possa darsi collegamento, anche sulla base di elementi oggettivi, e collegamento derivante dalla legge. Per questa figura, è adottata la qualifica di collegamento necessario: epperò, anche quella di contratti necessariamente connessi, in cui rientrano i negozi (contratti) accessori, rispetto ai principali e i negozi (contratti) derivati, quasi a distinguerli dai contratti collegati in senso più rigoroso. Ma, in ogni caso, rileva l'elemento "causa" di ciascun contratto». Va richiamata anche la lucida ricostruzione di R. SCOGNAMIGLIO, voce Collegamento negoziale, in Enc. dir., VII, Milano, 1960, p. 376 e 380). Ma il problema era ben presente nella dottrina italiana: R. NICOLò, «Deposito in funzione di garanzia e inadempimento del depositario», in Foro it., 1937, I, c. 1477; M. GIORGIANNI, «Negozi giuridici collegati», in Riv. it. scienze giur., 1937, p. 328-29.

[nota 9] Il riferimento è a G. GABRIELLI, Il rapporto giuridico preparatorio, Milano, 1974; nonché al più recente contributo dello stesso A. sul tema specifico: «Prassi della compravendita immobiliare», cit., p. 23 e ss.; E. PEREGO, I vincoli preliminari e il contratto, Milano, 1974; E. CARUSO, in F. Realmonte (a cura di), I rapporti giuridici preparatori, Milano, 1996, p. 305 e ss. La materia dell'obbligo a contrarre è stata trattata anche nella prospettiva della fonte legale: v. G. GABRIELLI, Il rapporto…, cit., p. 183 e ss., dove si riprende criticamente l'impostazione di P. BARCELLONA, Intervento statale e autonomia privata nella disciplina dei rapporti economici, Milano, 1966, p. 39 e ss. Resta sempre valido l'insegnamento di F. MESSINEO, voce Contratto preliminare, contratto preparatorio e contratto di coordinamento in Enc. dir., X, Milano, 1962, p. 194: «A) è un contratto (di durata), che ha la funzione di predisporre lo strumento, atto a consentire alle parti di stipulare un futuro contratto, o più futuri contratti; ma non vincola a tale stipulazione: le parti possono anche non stipulare, senza con ciò contravvenire ad un obbligo. Tale tratto lo differenzia dal contratto preliminare, il quale obbliga - o entrambe le parti, o una sola di esse - a stipulare un altro contratto. Pertanto, il contratto preparatorio non è neppure unilateralmente vincolante, come è il preliminare unilaterale. Soltanto, se si prescinda dal carattere differenziale ora rilevato, si può fare, del contratto preparatorio, una categoria di ampia portata, che, allora, può essere inclusiva, oltre che delle figure qui appresso elencate, anche del contratto preliminare. Casi di contratto preparatorio possono ravvisarsi nel contratto normativo, nel patto di prelazione, nel patto di opzione, nell'accordo simulatorio e - secondo SALANDRA, («Contratti preparatori e contratti di coordinamento», in Riv. dir. comm., 1940, I, 21-2), poiché il preliminare obbliga a contrarre, mentre ciò non costantemente avviene, nel caso del contratto preparatorio - nel preliminare (unilaterale o bilaterale). Talvolta, il contratto preparatorio preordina la conclusione di un futuro contratto non fra le parti, ma fra una di esse e un terzo; tali sono i casi del contratto di mediazione, del mandato di credito e del contratto fra il debitore e il suo futuro fideiussore, secondo l'accenno che si coglie nell'art. 1943 c.c. ».

[nota 10] Art. 35, comma 22, del D.l. n. 223 del 4 luglio 2006, conv. con L. 4 agosto 2006 n. 248.

[nota 11] Art. unico, commi da 46 a 49, della L. 27 dicembre 2006 n. 296.

[nota 12] Sul rilievo della distinzione, v., in giurisprudenza: «La responsabilità della pubblica amministrazione, nell'ambito dell'attività procedimentale, non si esaurisce nella responsabilità aquiliana, ma si estende alla c.d. responsabilità da "contatto sociale", caratterizzata dal fatto che la fattispecie può essere sottoposta alle regole proprie dell'obbligazione contrattuale, pur se il fatto generatore non è il contratto. Il diritto al risarcimento dell'eventuale danno derivante da atti illegittimi presenta una fisionomia sui generis, non riducibile al mero modello aquiliano ex art. 2043 c.c., essendo caratterizzata dal rilievo di alcuni tratti della responsabilità precontrattuale e della responsabilità per inadempimento di obbligazioni, da cui discendono importanti corollari in ordine alla disciplina concretamente applicabile con particolare riguardo al termine di prescrizione, all'area del danno risarcibile e all'onere della prova dell'imputazione soggettiva» (Cons. St., sez. V, 2 settembre 2005, n. 4461, in Giust. civ., 2006, p. 705 e ss., con nota di F. VIGNOLI, «Il tormentato percorso d'individuazione della colpa organizzativa della pubblica amministrazione: un confronto tra sistema punitivo e modello risarcitorio», ivi, p. 724 e ss ). «In tema di responsabilità precontrattuale, l'ammontare del danno va determinato tenendo conto della peculiarità dell'illecito e delle caratteristiche della responsabilità stessa, la quale, nel caso di ingiustificato recesso dalla trattativa, postula il coordinamento tra il principio secondo il quale il vincolo negoziale sorge solo con la stipulazione del contratto e l'altro secondo il quale le trattative debbono svolgersi correttamente. Pertanto, non essendo stato stipulato il contratto e non essendovi stata lesione di diritti che dallo stesso sarebbero nati, non può essere dovuto un risarcimento equivalente a quello conseguente all'inadempimento contrattuale, mentre, essendosi verificata la lesione dell'interesse giuridico al corretto svolgimento delle trattative, il danno risarcibile (liquidabile anche in via equitativa) è unicamente quello consistente nelle perdite che sono derivate dall'aver fatto affidamento nella conclusione del contratto e nei mancati guadagni verificatisi in conseguenza delle altre occasioni contrattuali perdute (cosiddetto "interesse negativo")» (Cass. Civ., sez. III, 10 giugno 2005, n. 12313, in Giust. civ. Mass., 2005, 6). «In tema di responsabilità precontrattuale la liquidazione del danno va operata applicando l'art. 1223 c.c., essendo pertanto riconoscibili sia il danno emergente, sia quello da lucro cessante. La liquidazione deve, peraltro, avvenire tenendo conto delle caratteristiche di detta responsabilità, onde non possono essere risarciti i danni che sarebbero derivati dall'inadempimento del contratto, atteso che quest'ultimo non si è concluso e che l'interesse leso - cioè l'affidamento - consiste nel cosiddetto "interesse negativo". Il danno per lucro cessante può essere costituito anche dal pregiudizio economico derivante dalla rinunzia alla stipulazione di un contratto avente contenuto diverso rispetto a quello per cui si sono svolte le trattative, tenuto conto che l'art. 1337 c.c. tutela non tanto l'interesse a perfezionare la trattativa quanto quello a non averla iniziata, con conseguente perdita di occasioni favorevoli» (Cass. Civ., sez. III, 23 febbraio 2005, n. 3746, in Vita not., 2005, p. 977).

[nota 13] «Ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale, è necessario che tra le parti sia raggiunta l'intesa su tutti gli elementi dell'accordo, non potendosene ravvisare pertanto la sussistenza là dove, raggiunta l'intesa solamente su quelli essenziali ed ancorché riportati in apposito documento, risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori. Pertanto, anche in presenza del completo ordinamento di un determinato assetto negoziale, può risultare integrato un atto meramente preparatorio di un futuro contratto, come tale non vincolante tra le parti, in difetto dell'attuale effettiva volontà delle medesime di considerare concluso il contratto, il cui accertamento, nel rispetto dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in Cassazione ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici» (Cass. Civ., sez. I, 20 giugno 2006, n. 14267, in Giust. civ. Mass., 2006, 6). «In tema di minuta o di puntuazione del contratto, l'indagine del giudice deve accertare se le parti abbiano inteso porre realmente in essere il rapporto contrattuale sin dal momento dell'accordo, oppure se la loro intenzione sia stata quella di differire la conclusione del contratto ad una manifestazione successiva di volontà. A tal fine, la valutazione del giudice deve prevalentemente incentrarsi sul documento in ordine al quale si è formato l'accordo delle parti, fermo restando che la parte ha la più ampia facoltà di provare con elementi extratestuali il mancato perfezionamento del contratto e che le risultanze istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte ad iniziativa della quale sono formate, concorrono tutte ed indistintamente alla formazione del convincimento del giudice» (Cass. Civ., sez. III, 14 luglio 2006, n. 16118, in Giust. civ. Mass., 2006, 7-8).

[nota 14] «Posta la natura contrattuale della mediazione, ne discende che, se il contratto di mediazione interviene con un ente pubblico, assoggettato ai canoni dell'evidenza pubblica, non può prescindersi dal ricorso alla forma scritta ad substantiam per il conferimento dell'incarico e/o per la accettazione dell'attività di mediatore, in quanto la semplificazione del procedimento di formazione del contratto di mediazione prevista in linea generale non costituisce una valida ragione per poter debordare dai normali canoni di estrinsecazione dell'attività contrattuale di un soggetto pubblico» (App. Firenze, 3 dicembre 2004, in Giur. merito, 2005, 6, p. 1441). Conf.: «Posta la natura contrattuale del rapporto di mediazione, se detto rapporto interviene con un soggetto erogatore di un servizio pubblico, assoggettato ai canoni dell'evidenza pubblica, è necessaria la forma scritta ad substantiam anche in ordine al conferimento dell'incarico» (Trib. Venezia, 4 giugno 1997, in Foro it., 1997, I, c. 2669). «L'attività di mediazione, i cui effetti scaturiscono per legge dal suo mero esercizio, ove sia espletata nei confronti di un ente pubblico, può essere ritenuta sussistente anche se manchi la necessaria forma scritta ad substantiam per il conferimento dell'incarico» (Cass. Civ., sez. III, 25 ottobre 1991, n. 11384, in Giur. it., 1992, I, 1, p. 1059).

[nota 15] La novità della fattispecie relativa all'obbligo del mediatore non consente riferimenti giurisprudenziali, che sono reperibili con riguardo al notaio. Tra i tanti, v.: «in tema di imposta di registro, l'art. 77 D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 limita il diritto al rimborso delle somme, asseritamente corrisposte in eccedenza, al "contribuente" ed al "soggetto nei cui confronti la sanzione è stata applicata", unici interessati alla corretta determinazione dell'imposta. Tuttavia, nella ipotesi in cui la pretesa tributaria venga avanzata direttamente nei confronti del notaio rogante, quale soggetto che l'ufficio assume obbligato al pagamento dell'imposta - anche prescindendo da ogni considerazione in ordine alla qualificazione del pubblico ufficiale tenuto alla registrazione (mero responsabile di imposta, e come tale estraneo al rapporto tributario ed unicamente fideiussore ex lege per il pagamento, o sostituto di imposta e quindi obbligato in solido con il contribuente e controparte della pretesa tributaria, sia pure ai soli fini di facilitare l'adempimento fiscale) - la legittimazione del notaio medesimo deriva incontestabilmente dalla circostanza stessa che la pretesa del fisco sia azionata nei suoi confronti. Il notaio è legittimato a contestare l'atto di liquidazione notificatogli dal fisco anche se non è il debitore principale dell'imposta di registro e la sua difesa può non limitarsi alla sua personale responsabilità ed estendersi alla stessa sussistenza o quantificazione del tributo preteso» (Cass. Civ., sez. trib., 8 marzo 2006 n. 4954, in Foro it., 2006, 6, c. 1731). «Soggetti passivi del rapporto tributario relativo all'imposta di registro sono esclusivamente le parti dell'atto, e ad esse soltanto compete, ai sensi dell'art. 77 D.P.R. n. 131 del 1986, il diritto al rimborso dell'imposta indebitamente pagata, mentre il notaio - obbligato a chiedere la registrazione dell'atto ed a pagare l'imposta principale in solido con le parti - è solo un responsabile d'imposta; pertanto, il ricorso proposto dal notaio per il rimborso dell'imposta è inammissibile per difetto di legitimatio ad causam» (Cass. Civ., sez. trib., 13 giugno 2005, n. 12694, in Giur. it., 2006, 2, p. 427).

[nota 16] «La "ricchezza visibile" ha sicuramente ceduto il posto a quella "invisibile", perdendo centralità nel sistema e funzione baricentrica nell'equilibrio economico tra gruppi sociali. Ma proprio questa debolezza della proprietà immobiliare ha agevolato la scelta dei ceti economici e politici dominanti di spostare su di essa l'asse degli interessi delle classi subalterne, ancora alla ricerca della soddisfazione dei bisogni primari: la terra da lavorare, la casa da abitare, le infrastrutture pubbliche da utilizzare». Così nel nostro Espropriazione e baratto sociale: il soggetto-proprietario nella morsa delle contraddizioni tra le formule astratte e bisogni concreti del sistema, in corso di pubblicazione in Colloqui in ricordo di Michele Giorgianni, Esi, Napoli.

[nota 17] S. RODOTà, Intorno alla proprietà. Ricerche, ipotesi, problemi dal dopoguerra ad oggi in La civilistica italiana dagli anni '50 ad oggi, Cedam, Padova, 1991, p. 461: «Oggi nessuno proclama che il codice civile non è che la disciplina dei rapporti tra gli uomini misurata sul diritto di proprietà. Anzi, avvertiamo il tentativo di sciogliersi da quella impostazione, lo sforzo di dar spazio ad interessi non sottomessi alla logica proprietaria, di trovare il centro del sistema altrove che non nel privilegio accordato al dominio»; J. RIFKIN, L'era dell'accesso. La rivoluzione della new economy, trad. it. di P. Canton, Mondadori, Milano, 2000, p. 5: «Il ruolo della proprietà privata sta cambiando radicalmente, con effetti di straordinaria portata sulla società», p. 6: «nella nuova era i mercati stanno cedendo il passo alle reti, e la proprietà è progressivamente sostituita dall'accesso. Imprese e consumatori cominciano ad abbandonare quello che è il fulcro della vita economica moderna: lo scambio su un mercato di titoli di proprietà fra compratori e venditori»; N. IRTI, Il salvagente della forma, cit., p. 14: «sta dinanzi la tecnoeconomia, il regno, s-radicato e s-confinato, del produrre e scambiare merci. Il suo orizzonte è planetario, supera ogni frontiera di Stati, si espande nel "dovunque" della rete telematica. Ma la norma, al fine di guidare l'azione degli uomini e di coercirne la volontà, ha bisogno di un "dove" fermo e determinato»; W. BELLO, Il futuro incerto. Globalizzazione e nuova resistenza, trad. it. di R. Patriarca, Baldini e Castoldi, Milano, 2002; A. Boscaro (a cura di), Dizionario della globalizzazione. Le idee e le parole dello sviluppo, Zelig, Milano, 2002, voce Mercati finanziari, p. 153 e ss.

[nota 18] V. modifica introdotta nella legge di conversione all'art. 35, comma 15, lett. c del D.l. n. 223/2006: «le disposizioni del primo periodo non si applicano». Per tutte, vedi la distinzione fatta dalla giurisprudenza: «la risoluzione della locazione finanziaria per inadempimento dell'utilizzatore non si estende alle prestazioni già eseguite, in base alle previsioni dell'art. 1458, comma 1, c.c. in tema di contratti ad esecuzione continuata e periodica, ove si tratti di leasing cosiddetto di godimento, pattuito con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto, e dietro canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell'uso dei beni stessi. La risoluzione si sottrae, invece, a dette previsioni, e resta soggetta all'applicazione in via analogica delle disposizioni fissate dall'art. 1526 c.c. con riguardo alla vendita con riserva di proprietà, ove si tratti di leasing cosiddetto traslativo, pattuito con riferimento a beni atti a conservare alla scadenza un valore residuo superiore all'importo convenuto per l'opzione, e dietro canoni che scontano anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto, rispetto al quale la concessione in godimento assume valore strumentale. Ne consegue che l'indagine, rimessa al giudice del merito, in ordine alla intenzione delle parti tradottasi nell'accordo negoziale, deve mirare ad accertare se, nella fattispecie, i beni concessi in leasing abbiano esaurito le potenzialità di cui erano capaci nel periodo di durata del contratto; a verificare il rilievo del patto di opzione per le parti; stabilire se i canoni versati abbiano costituito il corrispettivo del godimento dei beni e siano stati corrispondenti al valore di consumazione economica degli stessi, ovvero abbiano compreso anche una frazione del prezzo», (Cass. Civ., sez. I, 12 luglio 2001, n. 9417 in Giust. civ. Mass., 2001, p. 1377).

[nota 19] Sono severamente ammonitrici le parole di N. IRTI, Il salvagente della forma…, cit., p. 70: «le figure del nichilismo (il consumatore). La sua figura avanza negli studi economici sociologici giuridici; esige tutela del legislatore; si fa criterio utile e disutile, di bene e male. Il consumatore è colui che consuma: che usa, logora, esaurisce e distrugge le cose. Il contenuto della parole è radicalmente negativo. Il consumo nega la cosa come tale, la nientifica, la sospinge nel buio del non essere …» ( p. 71-72 ).

[nota 20] Questa circostanza contraddice il proposito dichiarato dal legislatore di apprestare maggiori tutele al promissario acquirente sia di immobili in genere, con l'introduzione dell'istituto della trascrizione del preliminare; sia di immobili da costruire, con la nuova disciplina contenuta nel D.lgs. n. 122/2005. Per altro verso, introduce fattori di alterazione degli equilibri sociali, fino ad inverare una profezia marxiana: così N. IRTI, Il salvagente della forma, cit., 70-71, «da un lato la massa anonima e indistinta dei consumatori; dall'altro l'apparato tecnico della produzione. Nel mezzo si allarga e deve allargarsi, una steppa deserta, i luoghi nudi e metallici del mercato. Tutto ciò che è intermedio - antiche comunità, ceti professionali, residui di fedi ed arti ecc. - va eliminato; la sua sopravvivenza non risponde all'interesse né della massa consumatrice né dell'apparato produttivo. La diagnosi di Marx è inconfutabile: l'epoca borghese semplifica la società, la divide in due grandi campi (MARX, ENGELS, Manifesto del partito comunista, I) che allora, nel 1848, si dicevano "avversi" e che ora si tengono insieme, e appaiono solidali nel loro cammino. La borghesia – proseguivano gli autori del Manifesto – ha spogliato del loro manto sacrale tutte quelle attività che in precedenza erano considerate con venerazione e rispettoso timore. Ha trasformato il medico, il giurista, il prete, il poeta, l'uomo scienza in suoi operatori salariati. Non a caso ogni misura legislativa, che sia svolta a colpire e mortificare i ceti intermedi (e che, come è ovvio, si presenti sotto i segni magici di liberalizzazione e concorrenzialità) trova il concorde plauso delle due grandi potenze. Medici avvocati ingegneri ecc. non possono rimanere fuori dalla polarità produrre/consumare, come un che di autonomo ed eccezionale, ma vanno ricondotti entro di essa, attratti nella logica planetaria del mercato».

[nota 21] La rilevanza delle distinzioni è stata oggetto di esame critico nel nostro Il rilievo dei profili soggettivi ed oggettivi nella trascrizione del contratto preliminare, relazione al convegno del Comitato regionale notarile della Sicilia – Taormina, 30-31 marzo 2007 su "Ruolo del notaio nella fase preliminare della contrattazione immobiliare", in corso di pubblicazione.

[nota 22] Forse la questione è solo formale, perché l'interpretazione letterale e restrittiva porterebbe a ritenere che sia soltanto il compenso pagato quello da dichiarare e rilevante fiscalmente, mentre l'evidente ratio "antievasione" dovrebbe indurre a ritenere che la dichiarazione debba ricomprendere il compenso pattuito col mediatore.

[nota 23] Nonostante si sia ritenuto che «la registrazione del contratto preliminare di compravendita non comporta la tassazione proporzionale con l'imposta di registro delle somme costituite a titolo di caparra confirmatoria. La tassazione di tali somme, infatti, compete al momento del loro trasferimento, vale a dire che al verificarsi delle ipotesi di inadempimento contrattuale che legittimano l'appropriazione da parte del prenditore, che fino a quella data rimangono quindi di competenza del debitore» (Cass. Civ., sez. trib., 28 novembre 2000, n. 15276 in Dir. e prat. soc. 2001, 7, p. 87).

[nota 24] L'inserimento anche del soggetto cooperante alla fase iniziale dell'accordo (mediatore o notaio operante in qualità di consulente) costituisce la vera novità della disciplina introdotta con la legge finanziaria del 2007: sul punto, M. KROGH, «I nuovi obblighi a carico dei mediatori introdotti dalla finanziaria 2007», in questo volume; S. GHINASSI, «Contrattazione preliminare ed obblighi di registrazione», in questo volume.

[nota 25] A. DI MAJO, Obbligazioni solidali (e indivisibili), in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, p. 328: «15. La solidarietà tributaria come ius singulare.

In tema di solidarietà con riferimento alle obbligazioni tributarie l'indirizzo dominante fino all'anno 1967 era quello del carattere speciale di tale forma di solidarietà rispetto a quella di diritto comune e dovendosi porre tale specialità in relazione con le particolari caratteristiche della "solidarietà fiscale", la quale si diceva influenzata dalla natura e dalle finalità pubblicistiche del rapporto di imposta. L'apporto teorico a questo indirizzo era nell'insistenza sul carattere "unitario" dell'obbligazione solidale, cosicché unico avrebbe dovuto apparire il vincolo giuridico che univa i coobbligati i quali si sarebbero trovati in un rapporto quasi consortile sin dal sorgere del debito d'imposta. Le ulteriori deduzioni ricavabili da tali premesse sono ben note e ci si può limitare, in questa sede, a riferire il principio della comunicabilità di ogni attività posta in essere da uno dei debitori d'imposta anche agli altri, a prescindere dal carattere favorevole o sfavorevole di essa, e quello, ben più rilevante, dell'efficacia di ogni accertamento o di atto posto in essere dall'amministrazione fiscale anche nei confronti dei coobbligati solidali non diretti destinatari di quell'atto. A tali princìpi si ispiravano disposizioni come quelle contenute negli art. 20 e 21 R.D. 7 agosto 1936, n. 1639, contenenti norme sulla riforma degli ordinamenti tributari. è superfluo sottolineare il carattere di vero e proprio ius singulare di tale forma di solidarietà. Chiamata a verificarne la compatibilità con i princìpi costituzionali e, in particolare, con il principio della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi (art. 24 comma 1 Cost.) la Corte Costituzionale doveva decretarne la incostituzionalità perché espressione di «un sistema che lascia arbitra l'amministrazione finanziaria di porre fuori dal diritto di difesa condebitori interessati ad esplicarla», il che è contrario alla regola inderogabile fissata nell'art. 24 comma 1 cost. E dovendosi sottolineare, dalla stessa Corte, l'opinabilità di un richiamo ai princìpi della «reciproca rappresentanza» tra i vari condebitori sul terreno dei rapporti tributari come altresì la mancanza, nella gran parte dei casi (e sicuramente nell'ipotesi dell'imposta di registro), di un interesse comune al pagamento del debito (d'imposta) - potendo essere quest'ultimo, per disposizione di norma di legge e salvo patto contrario (art. 1475 c.c.) a carico di un solo soggetto (del compratore) -. All'indirizzo costituzionale si è subito adeguata la giurisprudenza, ribadendo il principio dell'inammissibilità di forma di solidarietà diversa da quella del diritto comune ed essendo invece compatibile con quest'ultima anche una normativa in taluni aspetti diversa (come l'art. 17 T.U.I.D., concernente la responsabilità degli eredi del contribuente). La dottrina era da tempo schierata in favore della tesi tendente a ricondurre la solidarietà tributaria nell'alveo del diritto comune. La vicenda della solidarietà in materia di obbligazioni tributarie non si lascia tuttavia giudicare in termini del tutto neutrali e di razionalità scientifica e potendo portarsi argomenti sia in favore di un'accentuazione del carattere "unitario" del debito d'imposta quale debito causalmente ed oggettivamente unitario perché avente la propria causa nell'atto che ha determinato il trasferimento di ricchezza, unitarietà che potrebbe in astratto dare ragione del sacrificio delle singole posizioni debitorie, sia in favore di orientamento più rispettoso dei valori della Costituzione e prospettanti l'esigenza della salvaguardia delle singole posizioni debitorie, anche se tale salvaguardia possa determinare una disparità di trattamento tra i diversi debitori».

[nota 26] Per l'importanza di questa scelta di metodo, v. S. PUGLIATTI, «La giurisprudenza come scienza pratica», in R.I.S.G., 1950, ora in Grammatica e diritto, Milano, 1978, p. 120: «non sembra, infatti, legittimo costruire le figure giuridiche unicamente sulla base della struttura, senza - diciamo così - la terza dimensione funzionale o teleologica»

[nota 27] Su questi aspetti, v. S. GHINASSI, «Contrattazione preliminare», cit.

[nota 28] Sulla nullità relativa, v. R. TOMMASINI , voce Nullità (dir. priv.) in Enc. dir., XXVIII, 1978, p. 896: «Secondo le tradizionali classificazioni elaborate dalla dottrina e talora accolte in giurisprudenza, la nullità può ulteriormente caratterizzarsi come assoluta o relativa, originaria o successiva (o derivata), totale o parziale. Non tutte queste variazioni sono dogmaticamente fondate, sicché appare opportuno individuare, secondo lo schema fin qui fornito, quali risultano in effetti compatibili con la nozione stessa di nullità. La distinzione tra nullità assoluta e nullità relativa ha avuto diverse accezioni dalle quali sono derivate incertezze nella determinazione stessa del concetto di invalidità e dei suoi tipi. è stata perfino utilizzata per differenziare la nullità dalla annullabilità e si è pure parlato di annullabilità assoluta e di annullabilità relativa. Nell'intento di mettere chiarezza la dottrina ha fissato almeno quattro modi di interpretare la distinzione: A) in relazione ai soggetti nei cui confronti la nullità opera; B) con riferimento alla possibile sanatoria della nullità; C) avuto riguardo al carattere deciso o indeciso della nullità; D) in considerazione dei soggetti legittimati ad esperire la relativa azione. Di queste diverse accezioni l'unica utilizzabile è, come vedremo, l'ultima: le altre sono soltanto causa di equivoci sui rapporti tra nullità ed inefficacia, tra nullità ed annullabilità o sullo stesso concetto di fattispecie nulla». Un richiamo a questa categoria, proprio con riferimento alla fattispecie del preliminare di vendita di immobile in costruzione è in G. BARALIS, «Considerazioni sparse sul decreto delegato conseguente alla L. n. 210 del 2004; spunti in tema di: varietà di contratti "garantiti", prestazione di fideiussione "impropria", riflessi sulla trascrizione, contenuto "necessario" del contratto, invalidità speciale e sue conseguenze», in Riv. notariato, 2005, 4, p. 723.

[nota 29] Un recente contributo con riferimento al sistema di formazione della volontà contrattuale è in M.C. CHERUBINI, Tutela del "contraente debole" nella formazione del consenso, Giappichelli, Torino, 2005, e p. 55 e ss. sulla nullità di protezione. Più specificamente, v. M.C. PAGLIETTI, «La nullità della vendita di immobili da costruire per mancata prestazione della garanzia fideiussoria» in Riv. dir. priv., 2007, p. 101 e ss.

[nota 30] A. CIATTI, op. loc. cit.

[nota 31] Teoria del negozio illecito nel diritto civile italiano, [nota 2] Milano, 1914, p. 23.

[nota 32] Sul contenuto dell'obbligo d'informazione secondo le regole codicistiche, v. A. LUMINOSO, La mediazione in Trattato di diritto civile e commerciale Cicu-Messineo, ora diretto da L. Mengoni, Milano, 1993, p. 79 e ss. L'analisi di questo specifico obbligo è condotta, in una prospettiva più generale da D. VALENTINO, Obblighi di informazione, contenuto e forma negoziale, Napoli, 1999, p. 67 e ss.

[nota 33] Le conseguenze dell'introduzione della nuova disciplina sull'impianto codicistico sono evidenziate in A. LUMINOSO, La mediazione, cit., 4-15

[nota 34] Resta sempre valida la sintesi di G.B. FERRI, voce Ordine pubblico (dir. priv.) in Enc. Dir., XXX, Milano, 1980, p. 1055: «La sempre maggior caratterizzazione, in senso economico, delle categorie e degli istituti giuridici, ma soprattutto i sempre più numerosi interventi dello Stato nell'economia, anche nei sistemi di tradizione liberistica, ha fatto ipotizzare, a taluni studiosi, l'emergere di un concetto di "ordine pubblico economico" accanto a quello tradizionale di "ordine pubblico". Rompendo, per diverse ragioni, il criterio dell'esclusiva privatezza dell'iniziativa economica, lo Stato entra, dunque, nel "gioco" dell'economia e vi entra con tecniche e modalità nuove rispetto ai tradizionali, ma generici, interventi "protezionistici", ammessi, se non sollecitati (data la loro peculiare portata) dalle stesse teorie liberistiche … (p. 1056). La cessazione, dunque, della tradizionale neutralità dello Stato di fronte ai fatti economici, ha indotto - come si diceva - taluni scrittori, soprattutto francesi, a elaborare la nozione di un ordine pubblico economico, autonoma dall'ordine pubblico della tradizione di codice. In questo senso la nozione di ordine pubblico economico dovrebbe caratterizzarsi e distinguersi da quella di ordine pubblico, come nozione non più 'eccezionale' (dal contenuto 'proibitivo' o 'negativo'), ma come nozione 'funzionale'. Quanto al 'contenuto' l'ordine pubblico economico «n'est plus définissable par référence aux principes fondamentaux qui gouverneraient la société... mais il constitue, au contraire, la qualification normale des législations nouvelles». Quanto invece alla 'funzione', quella dell'ordine pubblico economico, non sarebbe più - come si diceva - quella dell'interdiction (che caratterizza la funzione dell'ordine pubblico); ma quella 'positiva' che si realizza attraverso «une grande diversité de techniques d' 'intervention'», riassumibili, per altro, in due categorie generali: quella degli interventi di 'direzione' (ad esempio, la politica del credito, il controllo dei prezzi) e quella degli interventi di 'protezione' (ad esempio, la tutela del contraente più debole, le misure a favore del consumatore, ecc.)».

[nota 35] A. LUMINOSO, La mediazione, cit., 1-15, p. 123 e ss. Più di recente: «Quello della esatta individuazione della natura della mediazione pare a chi scrive un falso problema, la cui risoluzione serve più a fare sfoggio di magniloquenza dogmatica, che a risolvere questioni concrete. Infatti, se si sposta l'attenzione dalle disquisizioni teoriche al piano degli effetti, ci si avvede di come la diatriba sulla natura (negoziale e non) della mediazione ha oramai assai poca importanza.

Qualunque modesto conoscitore sia della concreta realtà dei traffici commerciali, sia delle aule di giustizia, sa bene che un rapporto di mediazione tipica è ormai praticamente introvabile. L'attività di mediazione è svolta con carattere imprenditoriale da professionisti o società, i quali si avvalgono sempre di testi contrattuali predisposti, e preventivamente sottoposti ad almeno uno dei soggetti intermediati. L'ipotesi in cui il mediatore agisca di propria iniziativa, senza alcun previo accordo con le parti dell'affare, è nei fatti assolutamente remota, se non addirittura impossibile. Questo stato di cose è determinato da due fattori, che tra loro si intersecano e si sovrappongono.

Il primo fattore è rappresentato dalla L. 3 febbraio 1989, n. 39, la quale ha imposto l'iscrizione nel ruolo dei mediatori, tenuto dalle Camere di commercio, per tutti coloro che intendano svolgere attività di mediazione, anche se discontinua od occasionale (art. 2, 1° comma, L. 39/1989). Il successivo art. 5, 4° comma, della stessa legge ha disposto che il mediatore il quale per l'esercizio della propria attività si avvalga di moduli o formulari, nei quali siano indicate le condizioni del "contratto" deve preventivamente depositarne copia presso l'apposita commissione istituita presso le Camere di Commercio.

Questa modifica normativa, da un lato, rende palese l'intenzione del legislatore di considerare la mediazione un contratto (altrimenti non sarebbe concepibile la predisposizione di "condizioni generali"). Dall'altro, imponendo l'iscrizione nel ruolo anche per lo svolgimento di mediazioni occasionali o discontinue, ha fatto sì che, concretamente, soltanto i soggetti dotati di un minimo di struttura organizzativa si dedichino all'attività di mediazione.

è accaduto quindi - e siamo al secondo dei fattori sopra indicati - che l'attività di mediazione divenuta appannaggio pressoché esclusivo di professionisti ed imprenditori, si sia (come fenotipo sociale) "professionalizzata" sotto vari aspetti:

a) per un verso, attraverso la scomparsa delle figure dei mediatori occasionali (il cui archetipo, specie nelle grandi città, era quello del portiere dello stabile che, per avere mostrato un appartamento in vendita al futuro acquirente, pretendeva il pagamento della provvigione);

b) per un altro verso, attraverso la messa a punto di strumenti contrattuali standard, predisposti dagli stessi mediatori, volti a salvaguardare ovviamente gli interessi di quest'ultimi;

c) per un altro verso ancora, attraverso la creazione di "marchi" diffusi su tutto il territorio nazionale (specie nel settore immobiliare), attraverso i quali offrire al cliente intermediato l'"illusione" che il mediatore agisca sotto il controllo e la supervisione di una più ampia ed affidabile organizzazione (mentre ovviamente, l'attività di mediazione è e resta un'attività personale: art. 3, 2° comma, L. 3 febbraio 1989, n. 39, secondo cui l'iscrizione nel ruolo dei mediatori è a "titolo personale").

d) è significativo che questa trasformazione in senso (esclusivamente) professionale dell'attività di mediazione è stata colta e ribadita dalla stessa Corte di Cassazione, la quale ha affermato che «nell'attuale sistema normativo, quale risulta delineato dalla legge 3 febbraio 1989 n. 39 … il mediatore è un operatore specializzato, il quale, proprio perchè tale, deve osservare nello svolgimento della sua attività non la comune diligenza, ma la diligenza qualificata richiesta all'operatore professionale (Cass. 22 marzo 2001, n. 4126, inedita)».

La "professionalizzazione" dell'attività di mediazione, a sua volta, ha fatto sì che praticamente tutti coloro che la svolgono si cautelano contro il rischio di ripensamenti (o di vere e proprie frodi) da parte dei soggetti intermediati attraverso l'uso costante e generalizzato di schemi contrattuali uniformi, nei quali sono presenti talmente tante e tali deroghe alla disciplina legale che questa, di fatto, non viene mai applicata integralmente.

Ecco, quindi, per quale motivo si diceva che la diatriba sulla natura negoziale o meno della mediazione non ha più ragion d'essere; quand'anche, infatti, si volesse negare natura contrattuale alla mediazione (il che, tuttavia, appare difficilmente conciliabile coi dettami della L. 3 febbraio 1989, n. 39), resta il fatto che la mediazione qua omnes utuntur è una mediazione:

a) contrattuale, perché sempre preceduta da un accordo tra mediatore ed intermediati od almeno uno di essi;

b) difforme sotto vari aspetti dallo schema legale.

La mediazione come prevista dal codice è un contratto di fatto "estinto"; la mediazione concretamente praticata, pur non disciplinata dal codice, è invece un contratto che presenta alcune clausole assolutamente costanti e, per ciò, socialmente tipiche (ad esempio, le clausole di irrevocabilità e di esclusiva in favore del mediatore).

In sintesi, quindi, si può affermare che la mediazione normativamente tipica è un contratto socialmente atipico, mentre quella socialmente tipica è un contratto normativamente atipico». Così testualmente M. ROSSETTI, Mediazione atipica, in I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale, XVI, Utet, Torino, 2004, p. 12-13.

[nota 36] è questa l'indicazione, ancor oggi valida, che viene dalla dottrina tradizionale: F. MESSINEO, voce Contratto innominato (atipico) in Enc. dir., X, Milano, 1962, p. 95: «il vario contenuto dei contratti singoli discende dalle statuizioni delle norme, che contemplano e disciplinano figure concrete, le quali - proprio perché disciplinate dalla legge e, di regola (ma non necessariamente), contenute sotto il titolo del codice civile "Dei singoli contratti" - sogliono chiamarsi contratti nominati, o tipici.

Il carattere di "nominato", ossia la tipicità (arg. ex art. 1322 c.c.), deriva al contratto dall'elemento "causa": elemento centrale come è noto - per il cui tramite, il contratto è riconosciuto e sanzionato dall'ordinamento giuridico e, quindi, munito di azione in giudizio e di efficacia. Pertanto, allorché il cpv. dell'art. 1322 c.c. allude indirettamente alle figure di contratto, che appartengono a «tipi aventi una disciplina particolare» (cioè: legali), mostra di riporre, nel carattere legale del tipo - cioè nell'assoggettamento di esso alla detta disciplina particolare - la peculiarità di ogni singola figura. Tale disciplina, che è improntata, come si è detto, sulla corrispondente causa, la quale è anch'essa tipica, è articolata in misura tale, da non lasciar luogo (quanto meno, di regola) a vuoti (o lacune), dal punto di vista tecnico-giuridico».

[nota 37] A. LUMINOSO, La mediazione, cit., p. 77 e 87 e ss.; G. DI CHIO, Mediazione e mediatori, in Dig. com., IX, 1993, p. 374 e ss.; M. ROSSETTI, Mediazione atipica, cit., p. 15.

[nota 38] A. LUMINOSO, La mediazione, cit., p. 155 e ss.

[nota 39] A. LUMINOSO, La mediazione, cit., p. 10 e ss.

[nota 40] V. M. KROGH, «I nuovi obblighi a carico dei mediatori…», cit.; S. GHINASSI, «Contrattazione preliminare…», cit.

[nota 41] A. MARINI, La mediazione in Il codice civile - Commentario, diretto da Schlesinger, artt. 1754-1765, Milano, 1992.

[nota 42] G. DI CHIO, op. cit., p. 399-400.

[nota 43] Di questa consapevolezza c'è già la riprova in A. LUMINOSO, La mediazione, cit., che dedica molta attenzione alle forme di mediazione che si sono evidenziate nel tempo (p. 123 ss.).

[nota 44] Questo è il problema, ancor più generale, della corrispondenza tra contratto preliminare e definitivo, che ha acquistato maggior rilevanza dopo l'introduzione della disciplina sulla trascrizione del contratto preliminare, per verificare il limite della protezione nascente dall'adempimento dell'onere di pubblicità, in caso di modifica di clausole nel contratto definitivo: V. sul punto, M. MUSTO - G. RECCIA, «Funzione ed efficacia della trascrizione del contratto preliminare», in Riv. notariato, 1998, 3, p. 379: «Al fine della tutela dell'affidamento dei terzi, sembra doversi escludere la possibilità di apportare con il definitivo modifiche oggettive, salvo che le stesse non siano state preventivamente contemplate nel preliminare (esempio: preliminare di vendita alternativa o con facoltà alternativa). Al di fuori di questa ipotesi, si ritiene (Cian, Gabrielli) che non possono esservi modifiche in relazione al tipo di diritto trasferito o costituito a favore del promissario, né in relazione al bene che forma oggetto di preliminare. Se ad esempio in luogo dell'immobile promesso in vendita ne viene trasferito un altro diverso, può ben darsi che in tal modo l'obbligazione di trasferire del promittente si estingua, ma l'estinzione si verifica, eventualmente, in forza di datio in solutum e non di adempimento.

Diverso è chiaramente il discorso nel caso in cui non si ha un mutamento dell'oggetto ma semplici variazioni quantitative dell'oggetto. Si ritiene (Cian, Gabrielli), infatti, che esse non rompano il nesso tra preliminare e definitivo, ma consentano il dispiegarsi degli effetti prenotativi limitatamente a ciò che nel preliminare era indicato. Se ad esempio sono stati promessi in vendita più beni immobili e ne viene poi venduto uno soltanto, la trascrizione del contratto definitivo retroagisce al momento della prenotazione limitatamente a tale immobile e la trascrizione del contratto preliminare conserva, per la parte non adempiuta, l'efficacia prenotativa fino allo spirare del termine massimo di adempimento previsto dal comma 3 dell'art. 2645-bis c.c.

A conclusione non diversa bisogna pervenire nel caso in cui il contratto definitivo abbia un oggetto più ampio di quello del contratto preliminare: in tal caso la trascrizione del definitivo retroagisce al tempo della prenotazione solo in relazione al bene o alla parte di bene che ha formato oggetto del preliminare trascritto.

Particolari problemi in ordine alla corrispondenza dell'oggetto si pongono, poi, in caso di preliminare di cosa futura disciplinato dall'art. 2645-bis comma 4 e 5 c.c.».

[nota 45] L'alternativa teorica tra procedimento e fattispecie a formazione progressiva è radicale e la dottrina si è molto impegnata a sostegno delle due prospettazioni. Un significativo ed ormai classico metodo di distinzione è in A. FALZEA, La condizione e gli elementi dell'atto giuridico, Milano, 1941, p. 177 e ss. In termini suggestivi prospettava la progressione di attività negoziale (da quella preliminare a quella conclusiva, a quella esecutiva) S. ROMANO, Introduzione allo studio del procedimento giuridico nel diritto privato italiano, Milano, 1961, p. 4, a proposito del quale, v. le osservazioni di L. RICCA, Contratto e rapporto nella permuta atipica, Milano, 1974, p. 64 e ss. Utilizza la dicotomia per analizzare la fase preparatoria del rapporto G. GABRIELLI, Il rapporto giuridico preparatorio, cit., p. 6 e ss.

V. anche le osservazioni fatte da G. PALERMO, Il contratto preliminare, Padova, 1991, p. 101 e ss.

[nota 46] Rilevante è anche il problema dell'identificazione dell'affare concluso con quello intermediato, ai fini della provvigione: v. A. LUMINOSO, La mediazione, cit., p. 92 e ss.

[nota 47] Oltre alle considerazioni già richiamate di N. IRTI, Il salvagente della forma, cit., v. la ricostruzione di M.C. CHERUBINI, in Tutela del "contraente debole"…, cit., p. 21: «le nuove disposizioni si inseriscono in una linea di tendenza che privilegia la regolamentazione dell'attività rispetto a quella dei singoli atti, nel perseguire un generale obiettivo di razionalità e di correttezza nelle relazioni economiche».

[nota 48] Sui problemi connessi alle tecniche di definizione dei contenuti contrattuali, v. G. BELLANTUONO, I contratti incompleti nel diritto e nell'economia, Padova, 2000.

[nota 49] Vale la pena di riprendere le riflessioni di V. SCALISI, «Contratto e regolamento nel piano d'azione delle nullità di protezione» in Riv. dir. civ., 2005, I, ora in Categorie e istituti del diritto civile nella transizione al postmoderno, Milano, 2005, p. 720-724: «10. Il declino del contratto da "regola" a mera "tecnica" (realizzativi di interessi umani a rilevanza inattuosa) … non vi è dubbio che con l'entrata del regolamento contrattuale nell'orbita e nella disponibilità dell'ordinamento e di un ordinamento tra l'altro anche sovranazionale, la teoria del contratto risulta letteralmente sconvolta.

è stato giustamente ricordato di recente che «in uno stato sociale di diritto contratto e controllo sono destinati a convivere» Ma quello di cui le nullità di protezione riferiscono è altro dal mero controllo, è qualcosa di più grave ed eversivo: è l'emancipazione, il distacco dalla sua fonte genetica, del regolamento contrattuale, ormai interamente piegato alle logiche del sistema e sempre più soggetto alla inarrestabile e pervasiva forza conformativa e modellatrice di norme e principi su di esso confluenti dai più diversi e anche distanti settori dell'ordinamento, quali volta a volta richiamati e resi applicabili dalla complessiva situazione di cui il singolo atto di autonomia privata non è più che un frammento, un segmento, una parte.

Il contratto risulta così colpito direttamente e immediatamente nella sua essenza di atto di autonomia privata, di atto cioè capace «di regolare, liberamente da sé e in modo vincolante i propri interessi», anzi, si è detto, il più tipico e il più importante per antonomasia atto di autoregolamentazione di privati interessi patrimoniali.

A ben riflettere, tale fenomeno non è poi così dissimile e neppure molto distante da quello, in anni recenti, segnalato su altro piano dalle fini, impietose e insuperabili analisi irtiane, che ci descrivono un'autonomia privata ridotta dalla disciplina di mercato a mero "potere di scelta dei privati"e un contratto, che, quando non negoziato né sostenuto da accordo, si dissolverebbe nella combinazione di due atti unilaterali leciti (l'esporre e il preferire), atti binari convergenti sull'identica cosa. Il profilo ricostruttivo di tale vicenda divide - com'è noto - gli studiosi, ma un dato risulta incontestabile: il contrarsi del momento regolativo pattizio - sino a ridursi in alcuni casi a regola dettata da una sola parte (come in ipotesi di c.d. contratti di massa), e in molti altri casi a scomparire del tutto (come nei segnalati scambi televisivi, elettronici o telematici). Ed è naturale poi che tale contrazione, riduzione o scomparsa della regola pattizia non resti senza effetto e anzi reagisca sulle stesse modalità di formazione del contratto, inducendo una sensibile alterazione del normale dispiegarsi della vicenda contrattuale quale delineato dagli art. 1326 e ss. c.c. con conseguente notevole rarefazione del momento dell'accordo, a dimostrazione che ogni compromissione del potere di autoregolamentazione destabilizza anche (la struttura del)1'atto e ne altera fisionomia e natura.

Interrogarsi allora sulla sorte del contratto nel tempo presente appare più che legittimo, anzi ineludibile.

L'invito, formulato da altri con puntiglioso rigore, a non farsi irretire da fuorvianti tentazioni omologative, va nella giusta direzione e dev'essere raccolto. Non tutti i contratti sono non negoziati o carenti di accordo ed è vero che ormai «l'orizzonte contrattuale è vasto e mostra scenari diversi». L'antica categoria rivela il segno tutto post-moderno del "polimorfismo", il segno cioè di una pluralità di forme e modi di apparire e di proporsi secondo la nota e ricorrente formula della "diversità nell'unità".

Ma se non si vuole fare un discorso di puro "elogio" del contratto, uno sforzo teorico adeguato alla prassi non può fare a meno, anzi deve chiarire e spiegare quale sia o debba essere il punto di confluenza e di risoluzione delle diverse figure e dei diversi procedimenti nell'unità di una categoria, quale appunto il contratto, che voglia continuare a svolgere una reale funzione ordinante di settori e campi assai vasti dell'agire privato e della relativa disciplina. Il riferimento allo schema dell'autonomia privata come autoregolamento è ormai pregiudicato; il ricorso alla libertà, anche intesa come Abschlussfreiheit,è a sua volta troppo generico e privo di reale capacità qualificativa e selettiva. Come ci avverte autorevolmente il teorico generale dei fatti e dei comportamenti giuridici (Falzea), persino l'autoregolamentazione stessa di privati interessi (la c.d. Inhaltsfreiheit) si ritroverebbe ormai anche fuori del contratto, nell'atto non negoziale e addirittura anche nell'atto reale, in cui presenterebbe anzi i caratteri ancora più incisivi dell'autorealizzazione di interessi. E allora?

Va recuperata, a mio avviso, in tutta la sua potenzialità euristica la lezione pugliattiana sulla storicità e relatività delle categorie e dei concetti giuridici e soprattutto raccolto anche in questa materia il perentorio invito formulato da A. Falzea in anni ormai risalenti, ma sempre più attuale che mai, a trasporre il problema dall'ordine dei concetti all'ordine degli interessi.

Valutato in termini di interessi e valori reali di vita, ciò che connota e identifica il contratto rispetto a tutte le altre figure di atti e comportamenti giuridici è ormai solo e soltanto la particolare natura degli interessi che con il contratto prendono vita e si costituiscono. Trattasi di interessi a rilevanza inattuosa o programmatica, di interessi, cioè, che i soggetti possono limitarsi soltanto a enunciare e a prospettare al diritto, spettando poi a quest'ultimo apprestare le necessarie e opportune garanzie della loro realizzazione.

Ora la forma organizzativa che individua siffatti interessi e la peculiare modalità tecnica che ne definisce e determina la realizzazione è - come altre volte abbiamo avuto modo di spiegare - la negozialità. Sicché è la negozialità, a mio avviso, che, tornando nel luogo da cui ha preso le mosse ma modernamente reinterpretata, può prestare soccorso al contratto del terzo millennio per restituirgli nuova dignità di autonoma categoria unitaria e ordinante nel sistema dei fatti e degli atti giuridici. Non è un nuovo vichiano esempio di corso e ricorso storico, ma il solo modo coerente, in epoca di c.d. pancontrattualismo, in cui tutto sembra essere divenuto contratto ma al tempo stesso e per ciò stesso nulla sembra essere più contratto, il solo modo - dicevo - di restituire all'antica figura una rinnovata identità.

Il contratto, in ultima analisi, come species del più ampio genus negoziale, tecnica organizzativa e realizzativa a un tempo di determinati e particolari interessi umani (quelli a rilevanza inattuosa o programmatica), che in tale sua propria e specifica essenza assiologico-pratica rinviene il tratto identificativo unitario delle sue diverse manifestazioni. E in quanto tale, ossia come tecnica, esso prescinde da ogni spirito cooperativo come pure da ogni atteggiamento antagonista:le regole, come tutte le regole, sia quelle legali (imperative o dispositive), sia quelle pattizie, come pure le altre aventi carattere eventualmente sostitutivo integrativo o correttivo, restano sempre a dipendere dalla sostanza reale degli interessi in campo, secondo una legge universale propria di ogni efficacia giuridica, che è il principio di convenienza dell'effetto al fatto».

[nota 50] V. le distinzioni e la ricostruzione delle singole figure in L.V. MOSCARINI, voce Prelazione in Enc. dir., XXXIV, Milano, 1985, p. 981 e ss.; v., anche, G. CASU, Prelazione urbana, Studio n. 226-2006/C - Approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 9 giugno 2006.

[nota 51] «Il segno cioè di una pluralità di forme e modi di apparire e di proporsi secondo la nota e ricorrente formula della "diversità nell'unità»: così V. SCALISI, op. loc. ult. cit.

[nota 52] «Il diritto del mediatore alla provvigione non sorge nell'ipotesi in cui il contratto preliminare di compravendita di fondo rustico condizionato al mancato esercizio - che la sentenza definisce condicio iuris sospensiva negativa - della prelazione ex art. 8 della L. 26 maggio 1965 n. 590, da parte del coltivatore del fondo venduto, venga a caducarsi in conseguenza dell'esercizio della prelazione stessa. Poiché la provvigione del mediatore - nel caso di prelazione agraria esercitata - non è comunque dovuta, resta inoperante, per il venir meno del suo oggetto, l'accollo della provvigione - dovuta dal venditore - assunto dai coltivatori che hanno esercitato la prelazione, tanto più se tale obbligazione essi assunsero con l'espressa riserva che la mediazione fosse dovuta» (Trib. Reggio Emilia, 22 marzo 1979 in Riv. notariato, 1979, p. 636 ). «L'atto di vendita a terzi di un fondo, in ordine al quale il coltivatore affittuario può esercitare - qualora il proprietario ometta di notificargli la proposta di alienazione o indichi un prezzo superiore, per l'esercizio del diritto di prelazione - il diritto di riscatto nei confronti dell'acquirente e di ogni altro successivo avente causa, entro un anno dalla trascrizione del contratto, ai sensi dell'art. 8 L. 26 maggio 1965 n. 590, deve considerarsi sottoposto alla condicio iuris negativa dell'esercizio del detto diritto potestativo, nelle forme e nei termini previsti dalla legge. Pertanto, il diritto del mediatore alla provvigione, nascente da tale contratto sorge soltanto al momento in cui la condizione sospensiva negativa si avvera» (Cass. Civ., sez. III, 20 febbraio 1979, n. 1092 in Giust. civ. Mass., 1979, fasc. 2).

[nota 53] Il fenomeno è noto e se ne riscontrano tracce in giurisprudenza: «La fornitura di servizi finalizzata allo sviluppo e all'ampliamento di reti commerciali realizzate con contratti di franchising ed operanti nel settore della mediazione immobiliare e finanziaria costituisce attività strumentale, la quale non può farsi coincidere con l'attività di mediazione finanziaria cui è preordinata, nè comprende l'attività creditizia e bancaria, non potendosi far rientrare detta attività nella fornitura di servizi in favore delle imprese sopra indicate» (Appello Roma, 12 gennaio 1998, in Giur. it., 1999, p. 340).

[nota 54] V. i primi commenti in Codice del consumo, a cura di G. Alpa e L. Rossi Carleo, Esi, Napoli, 2005; G. VILLANACCI, Manuale del diritto del consumo, Napoli, 2007.

[nota 55] V. M.C. CHERUBINI, op. cit., p. 145-146.

[nota 56] Il fenomeno è già segnalato in T. ASCARELLI, Problemi giuridici, II, Milano, 1959, p. 883 e ss., e già in Proprietà e controllo della ricchezza, 1950, al quale S. RODOTA', (Intorno alla proprietà…, cit., p. 461) fa risalire un tentativo "fragile" «pur tinto di realismo, di dislocare e ridurre la funzione della proprietà».

[nota 57] D.lgs. n. 122 del 20 giugno 2005.

[nota 58] Per osservazioni critiche, oltre ai contributi degli AA. riportati in Tutela dell'acquirente di immobili da costruire: applicazione del D.lgs. 122/2005 e prospettive, I Quaderni della Fondazione del Notariato, Il Sole 24 Ore, 2006, 1, v. anche il nostro Il rilievo dei profili soggettivi…, cit.

[nota 59] I dati, riportati sulla stampa economica specializzata, fanno riferimento ad una percentuale di polizze fideiussorie effettivamente accese non superiore al 12%.

[nota 60] V. la ricostruzione della struttura in A. LUMINOSO, La mediazione, cit., p. 60 e ss. per l'esame dell'articolazione dei ruoli dei soggetti interessati al rapporto.

[nota 61] Questa è la conseguenza della scelta a favore della struttura procedimentale dell'attività negoziale in cui si articola la trattativa, dall'inizio alla conclusione del contratto.

[nota 62] Questa ipotesi diventa rilevante proprio con riferimento alla questione della simulazione a fini fiscali: «l'amministrazione finanziaria, quale terzo interessato alla regolare applicazione delle imposte, è legittimata a dedurre (prima in sede di accertamento fiscale e poi in sede contenziosa) la simulazione assoluta o relativa dei contratti stipulati dal contribuente, o la loro nullità per frode alla legge, ivi compresa la legge tributaria (art. 1344 c.c.); la relativa prova può essere fornita con qualsiasi mezzo, anche attraverso presunzioni» (Cass. Civ., sez. trib., 26 ottobre 2005, n. 20816 in Giust. civ. Mass., 2005, 10).

[nota 63] F. GAZZONI, «Trascrizione del preliminare di vendita e obbligo di dare», in Riv. not., 1997, p. 19; ID., La trascrizione immobiliare in Il Codice civile Commentario diretto da Piero Schlesinger, t. I, Milano, 1998, p. 708.

[nota 64] Per tutti, v. GAMBARO, Jus aedificandi e nozione civilistica della proprietà, Milano, 1975; ID., Proprietà privata e disciplina urbanistica, Bologna, 1977; ID., Il diritto di proprietà, in Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 1995. Più in generale, con riferimento al contratto, V. SCALISI, «Contratto e regolamento nel piano d'azione delle nullità di protezione», cit., p. 720, osserva: il «regolamento contrattuale, (è) ormai interamente piegato alle logiche del sistema e sempre più soggetto alla inarrestabile e pervasiva forza conformativa e modellatrice di norme e principi su di esso confluenti dai più diversi e anche distanti settori dell'ordinamento, quali volta a volta richiamati e resi applicabili dalla complessiva situazione di cui il singolo atto di autonomia privata non è più che un frammento, un segmento, una parte».

[nota 65] G. DI CHIO, Mediazione e mediatori, cit., p. 386-387.

[nota 66] Di «pretesa imparzialità del mediatore» parla A. LUMINOSO, La mediazione, cit., p. 69 e ss.

[nota 67] G. DI CHIO, op. cit., p. 387: « giustamente si è detto che la configurazione di un ulteriore obbligo accanto a quello di comunicazione, espressamente sancito dalla legge, si dimostrerebbe inutile, se non addirittura fuorviante».

[nota 68] Già in dottrina è radicata la consapevolezza dell'esigenza di ricostruire le diverse fattispecie di rapporti riconducibili alla mediazione, oggetto di approfondita analisi: v. A. LUMINOSO, op. cit., p. 123 e ss.

[nota 69] Questi aspetti sono stati evidenziati nel nostro Il rilievo dei profili soggettivi ed oggettivi…, cit.

[nota 70] La distinzione classica tra rilevanza ed efficacia resta sempre valida, nel solco dell'insegnamento di A. FALZEA (La condizione…, cit., p. 21 e ss., p. 39 e ss.), nel momento in cui si assegna alla prima una funzione protettiva di interessi in formazione, nella fase interinale fino al momento del loro pieno dispiegamento e del conseguente riconoscimento, cioè dell'efficacia, consistente nell'attribuzione di un'apposita corrispondente situazione giuridica soggettiva.

[nota 71] In pratica, è ciò che accade tutte le volte che occorre verificare se l'inattuazione del programma negoziale, che non perviene alla fase del completamento, sia imputabile a responsabilità di una o entrambe le parti rispetto al blocco della progressiva definizione del loro assetto di interessi.

[nota 72] Questa conclusione è sostanzialmente negativa, perché porta a far coincidere il "preliminare aperto" col contratto preliminare tout court, fatti salvi i problemi di contenuto necessario e di eventuale nullità relativa nel caso di immobile da costruire.

[nota 73] V. la ricostruzione critica delle varie posizioni in R. SACCO, Il contratto in Trattato di diritto civile diretto da F. Vassalli, Torino, 1975, p. 678 e ss., spec. p. 680, nota 1, dove si ricorda il contributo di F. CHIOVENDA («Dell'azione nascente dal contratto preliminare», in Riv. dir. comm., 1911, I, p. 96 e ss.); e p. 683, per la constatazione che «il contratto preliminare si è affermato vivacemente nella pratica di tutti i paesi, ben prima che i legislatori lo regolassero, e prima ancora che la dottrina lo classificasse».

Il passo successivo fu quello della trascrivibilità del preliminare, oggetto di un dibattito dottrinale ben sintetizzato nelle pagine di F. GAZZONI, La trascrizione immobiliare, cit., p. 694. Dello stesso A., v. il più recente contributo in Il contratto preliminare. Estratto da «Il contratto in generale», 2aed., Giappichelli, Torino, 2003.

[nota 74] è il caso della contrattazione relativa ad immobili da costruire, ovvero soggetti a prelazione, in cui il minimum richiesto per la concretizzazione dell'obbligo di registrazione non corrisponde alla fattispecie minima valida, specie quando essa non contiene gli elementi indispensabili previsti dal D.lgs. n. 122/2005.

[nota 75] Viceversa, la forma scritta è essenziale nei rapporti con la Pubblica Amministrazione: v. giurisprudenza citata in nota 14.

[nota 76] «Il mediatore, in quanto terzo rispetto al contratto concluso per effetto del suo intervento, è ammesso a provare con testimoni l'esistenza del contratto stesso, come fatto storico, al fine del riconoscimento del diritto alla provvigione, ancorché si verta in tema di negozio soggetto alla forma scritta ad substantiam (nella specie: compravendita immobiliare)» (Cass. Civ., sez. II, 5 ottobre 1983, n. 5795 in Giust. civ. Mass., 1983, fasc. 9).

[nota 77] Sostanzialmente in questi termini è il parere pro-veritate reso da A. ZACCARIA, Risposta al quesito "Se e quando le scritture private recanti accordi raggiunti grazie all'intervento di un agente immobiliare siano soggette a registrazione", Ferrara, 8 febbraio 2007 (citato in M. KROGH, op. cit.), il quale così argomenta: «Può risolversi, però, veramente, il "preliminare di preliminare", in una struttura contrattuale (piuttosto che precontrattuale) e (in caso affermativo) autonoma (diversa dal preliminare)? Di ciò è lecito, invero, dubitare. A ben guardare, se l'esigenza è quella di "fissare" l'affare in attesa di ulteriori approfondimenti, i casi sono due: o gli elementi essenziali dell'affare sono già stati sufficientemente definiti, ma allora il "preliminare di preliminare" rappresenterà, in realtà, un preliminare rispetto al quale il successivo "preliminare" svolgerà la funzione (non di preliminare di compravendita, bensì) di negozio integrativo - modificativo, rispetto agli elementi ancora da definire, del vero e proprio preliminare già concluso. Oppure gli elementi essenziali dell'affare non sono stati ancora sufficientemente definiti, ma allora non vi si sarà materia sufficiente per la conclusione di un contratto, e il "preliminare di preliminare" si risolverà in una semplice intesa precontrattuale, inidonea a fare sorgere obbligazioni e rilevante solo sul piano, appunto, precontrattuale. In realtà, non sembrerebbe esistere, dunque, alcun reale spazio per la figura del contratto "preliminare di preliminare" … Ma ammettiamo pure che le considerazioni appena svolte non siano conclusive: ammettiamo pure, in ipotesi, che un "preliminare di preliminare", nella veste di struttura contrattuale e autonoma (diversa, cioè, dal preliminare) sia effettivamente configurabile. Dubbi ben potrebbero essere prospettati, a questo punto, con riguardo alla sua validità, dal punto di vista della causa. Un contratto dev'essere dotato, come noto, a pena di nullità, di una causa apprezzabile: dev'essere idoneo a svolgere, in altre parole, una funzione apprezzabile. Come poco fa si diceva, la funzione del "preliminare di preliminare" dovrebbe essere quella di "cristallizzare" l'intenzione di concludere l'affare, in attesa, di precisazioni e integrazioni. è, questa, una funzione apprezzabile? In verità, la funzione di "cristallizzare" l'affare, la funzione di dare certezza all'impegno delle parti di realizzare l'effetto giuridico programmato è quella propria del preliminare. Se le parti sono pronte a porre in essere l'effetto giuridico divisato, sono pronte ad abbandonare il terreno precontrattuale e ad impegnarsi in questo senso, hanno già, a loro disposizione, lo strumento del preliminare. Se ci si pone in quest'ottica, è difficile riconoscere, nel "preliminare di preliminare", una causa autonoma, utile a sorreggerlo, e si dovrebbe perciò concludere nel senso della sua nullità, per difetto, appunto, di causa».

Per la dottrina precedente, v. R. RASCIO, Il contratto preliminare, Napoli, 1967, p. 174, nota 11, in quanto «l'obbligo di contrarre si evolverebbe non nella creazione di un'obbligazione "finale" ma in un nuovo rapporto strumentale eguale al precedente». In giurisprudenza si erano avute sia pronunce favorevoli di giudici di merito: «deve ritenersi del tutto ammissibile e meritevole di tutela nel nostro ordinamento, in virtù del principio dell'autonomia della volontà negoziale, il contratto preliminare del preliminare qualora lo stesso costituisca un momento ben caratterizzato dell' "iter" progressivo per il raggiungimento del compiuto regolamento di interessi» (Trib. Napoli, 28 febbraio 1995, in Dir. e giur., 1995, p. 463 con nota contraria di P. CARBONE, «Contratto preliminare di preliminare: un contratto inutile?»).

«è ammissibile e meritevole di tutela, in virtù del principio dell'autonomia privata, il contratto preliminare di preliminare, qualora lo stesso costituisca un momento ben caratterizzato dell'"iter" progressivo per il raggiungimento del compiuto regolamento di interessi, ben potendo le parti addivenire dapprima ad un contratto in cui siano precisati i soli elementi essenziali della futura vendita, e poi ad un contratto che, pur non costituendo ancora vendita definitiva, puntualizzi con precisione tutti gli elementi della stessa, giungendo infine alla stipulazione della vendita definitiva con effetti reali» (Trib. Napoli, 11 gennaio 1994, in Dir. e giur., 1996, p. 501); che decisioni contrarie: «l'accordo con il quale le parti s'impegnano rispettivamente a vendere e ad acquistare un immobile, prevedendo tutti gli elementi essenziali della futura vendita, deve qualificarsi come contratto preliminare "formale" o "chiuso", non rilevando in contrario che sia anche prevista la necessità di sottoscrivere un successivo preliminare o "compromesso" notarile, dovendosi ritenere che quest'ultimo ha natura meramente riproduttiva di un accordo già completo. Il diritto del mediatore alla provvigione, nel caso in cui l'affare consista nella conclusione di un preliminare, è configurabile nelle sole ipotesi in cui la prestazione dedotta in contratto sia suscettibile di esecuzione ai sensi dell'art. 2932 c.c.» (Pret. Bologna, 9 aprile 1996, in Giur. it., 1997, I, 2, p. 250 con nota di MAGNI ed in Nuova giur. civ. commentata, 1997, p. 795 con nota di AL MUREDEN).

[nota 78] Così mutuando l'espressione da V. SCALISI, «Contratto e regolamento nel piano d'azione delle nullità di protezione», cit., p. 721.

[nota 79] N. IRTI, Il salvagente della forma, cit., introduzione p. IX.

[nota 80] N. IRTI, op. loc. ult. cit.

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