Assegnazioni da cooperative edilizie e ruolo del mediatore
Assegnazioni da cooperative edilizie e ruolo del mediatore
di Francesco Steidl
Notaio in Firenze

Premessa

Scopo di questo breve lavoro è quello di verificare se sia configurabile un ruolo per il mediatore immobiliare, non solo nelle normali compravendite, ma anche per le ipotesi di assegnazione di alloggi da cooperativa edilizia.

La risposta affermativa a questo quesito, com'è evidente, non ha solo come conseguenza la diretta applicazione anche agli atti di assegnazione delle recenti normative [nota 1] che hanno affidato al notaio il compito di ricevere dalle parti dichiarazioni sull'intervento di mediatori nelle transazioni immobiliari, ma significa anche riconoscere agli intermediari immobiliari un campo di azione professionale non tradizionale, quale quello delle cooperative edilizie.

Si tratta infatti di un settore ancora oggi poco praticato dai mediatori, forse per i timori che provoca l'intervento in un ambito così particolare, spesso regolato da norme di tipo pubblicistico.

In via preliminare va affrontato il problema della natura giuridica dell'atto di assegnazione da cooperativa edilizia, attraverso l'esame del suo profilo causale, non senza cercare di chiarire quale autonomia tali trasferimenti assumano rispetto al rapporto sociale; inoltre saranno analizzati i concetti di "conclusione dell'affare", cui è strettamente legato il diritto alla provvigione per il mediatore ai sensi dell'art. 1755 del codice civile e di "messa in relazione" di cui all'art. 1754 del codice civile, per verificare se essi siano tanto elastici da comprendere in sé un procedimento lungo e complesso qual è quello delle assegnazioni da cooperative edilizie.

Non sarà invece oggetto di analisi l'assegnazione di alloggi in proprietà indivisa, perché mi sembra che in questo caso non si possa parlare di contrattazione immobiliare in senso stretto ed un ruolo per il mediatore sia da escludere in radice, data la peculiarità del rapporto che si instaura con la cooperativa, assimilabile per alcuni aspetti a quello di un diritto personale di godimento.

Infine, anche se l'argomento è più strettamente connesso con il tema generale del convegno, e non con quello specifico di questa relazione, cercherò di vedere se la prenotazione possa essere assimilata ad un contratto preliminare di compravendita, e se questa assimilazione possa comportare la diretta applicazione delle norme sulla trascrizione.

La prenotazione e l'assegnazione nelle cooperative a contributo erariale ed in quelle c.d. libere

La cooperativa è da sempre considerata, all'interno dell'ordinamento giuridico italiano, un soggetto economico in bilico tra pubblico e privato, spesso in contraddizione con se stessa, tesa come è tra la "funzione sociale" sancita dalla Costituzione (art. 45) e l'iniziativa economica privata, propria delle imprese.

è caratterizzata dallo "scopo mutualistico" (art. 2511 c.c.), anche a seguito della riforma delle società operata dal D.lgs. 6/03, che ne ha marcato ancor di più la rilevanza con riferimento al requisito della prevalenza. Questo scopo era già definito dalla Relazione ministeriale al codice civile (n. 1025) come quello di «fornire beni o servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membri della organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero dal mercato». La cooperativa nasce quindi per realizzare l'immediato vantaggio dei soci in quanto utenti; in quanto cooperativa edilizia, nasce con il fine principale di realizzare alloggi da cedere ai soci a condizioni più vantaggiose di quelle ottenibili sul mercato.

L'interrogativo ricorrente è quello se le prestazioni della cooperativa edilizia a favore del socio trovino causa nel rapporto sociale o non vengano, invece, eseguite in forza di un ulteriore rapporto contrattuale; più precisamente, se questo rapporto contrattuale possa, e fino a che punto, essere assimilato ad un contratto di compravendita.

L'analisi deve muovere dal dato legislativo. Una delle prime difficoltà risiede nella disomogeneità della disciplina che è frammentata in provvedimenti spesso totalmente scollegati, che si sono stratificati nel tempo ed ai quali non è facile dare una ricostruzione organica [nota 2].

L'iter che conduce al trasferimento di proprietà degli immobili ai soci, trova un'espressa previsione esclusivamente negli artt. 59 e ss. del R.D. 28 aprile 1938 n. 1165, testo unico in materia di edilizia economica e popolare, le cui norme sono direttamente applicabili alle sole cooperative di abitazione a contributo erariale, così definite perché in origine era lo Stato che sovvenzionava direttamente l'attività di costruzione delle cooperative [nota 3], Stato che è oggi prevalentemente sostituito dalle regioni.

Restano quindi escluse dall'ambito di applicazione del testo unico del 1938 le cooperative edilizie c.d. "libere", che non fruiscono dei contributi pubblici, ma che provvedono a finanziarsi con prestiti dei soci o con denaro reperito nell'ambito del mercato finanziario o di speciali fondi di incentivazione edilizia. Per queste cooperative, per le quali, si è detto, la legge non prevede alcun iter obbligatorio, l'analisi del procedimento di attribuzione dell'immobile al socio deve quindi partire dall'osservazione del dato di esperienza, non essendoci una normativa di riferimento, se non quella generale del codice civile.

Cooperative a contributo erariale disciplinate dal Testo Unico

Nei rari casi in cui siano ancora applicabili le sue norme [nota 4] il Testo Unico 1165/38 scandisce il procedimento per l'acquisto dell'alloggio nei seguenti momenti:

1. acquisto della qualità di socio;

2. prenotazione dell'alloggio, ovvero la concreta individuazione di un determinato appartamento;

3. assegnazione dell'alloggio, ovvero "verbale di consegna con occupazione dell'alloggio";

4. stipula del contratto di mutuo edilizio individuale (che coincide con l'acquisto della proprietà);

5. riscatto, solo in seguito al quale il socio acquisisce la piena e libera disponibilità dell'alloggio.

Esiste poi una fase ancora precedente ed eventuale, ovvero l'acquisto della qualità di "aspirante socio" [nota 5], corrispondente al lasso di tempo in cui il soggetto propone domanda di ammissione alla cooperativa e l'organo amministrativo valuta la sussistenza dei requisiti legali o statutari [nota 6].

Dottrina e giurisprudenza si sono interrogate a lungo sulla natura giuridica, sui limiti e sulla funzione del procedimento di cui al T.U. del 1938. Da un lato si è osservato [nota 7] che se lo scopo della cooperativa edilizia a contributo erariale è quello di procurare a condizioni vantaggiose e costi calmierati una abitazione a cittadini bisognosi di un alloggio, di fatto la cooperativa svolge una funzione pubblica, e pertanto la sequenza degli atti che il socio deve compiere ed i controlli cui deve assoggettarsi sono inseriti in un procedimento con notevoli analogie con quello amministrativo, che sarebbe tale da generare nel socio un'aspettativa tutelabile esclusivamente quale "interesse legittimo".

D'altro canto, al principale fine di attribuire al socio, nella fase di attesa per l'acquisto dell'alloggio, una garanzia di sicurezza ed una tutela effettive, ben più forti di quella consentite dal ricorso alla categoria giuridica dell'interesse legittimo, la dottrina si è sforzata di stabilire un parallelo sempre più stretto tra i vari momenti acquisitivi del bene-alloggio, ed alcuni istituti tipici del diritto privato.

In particolare è stato rilevato come il numero e la farraginosità di ciascuna di queste fasi rappresenti un rallentamento nel processo di avvicinamento del singolo socio alla proprietà dell'alloggio, ed è stata sottolineata la necessità di riconoscere al socio il diritto di ricorrere a strumenti di natura privatistica, come la domanda per l'esecuzione specifica dell'obbligo di contrarre.

Fra i contributi specifici della dottrina va ricordato quello di Tatarano [nota 8], al quale è riconducibile la teoria secondo cui il contratto di prenotazione ha efficacia traslativa del suolo e dell'appartamento come bene in corso di costruzione: già con l'acquisto dell'area si creerebbe tra i soci una sorta di comunione sull'area di sedime; la convenzione esistente fra i soci eviterebbe l'operatività dell'accessione; la fase della prenotazione, in quanto traslativa, sarebbe passibile di trascrizione nei registri immobiliari [nota 9] e il socio prenotante avrebbe la possibilità di esperire a tutela della sua posizione le azioni petitorie, possessorie e cautelari sia nei confronti della cooperativa che verso gli altri soci o i terzi [nota 10].

La cessione è quindi risolutivamente condizionata sia dall'accertamento della mancanza dei requisiti soggettivi richiesti dalla legge o dallo statuto, sia dalla riserva di proprietà a favore della cooperativa, in proprio e nell'interesse dell'istituto mutuante. Tale riserva rappresenta "un diritto di garanzia impropria" a favore della cooperativa, che lascia inalterato il carattere reale della posizione giuridica del socio.

Questa teoria, non è a mio parere condivisibile, perché muove da un assunto tutto da dimostrare, e cioè che con l'acquisto del terreno si creerebbe fra i soci una comunione sull'area di sedime del fabbricato, ipotesi smentita dalla natura di persona giuridica della cooperativa, ben distinta dai soci, e dal contenuto evidentemente obbligatorio del contratto di prenotazione. Inoltre non dà conto di un fenomeno economico che ha indubbiamente una sua peculiarità, tanto da potersi dire che al contratto di prenotazione dell'alloggio di cooperativa edilizia può riconoscersi una funzione economico sociale caratteristica, non riconducibile ad altri negozi, ma non per questo esclusa dalla applicazione analogica dei principi relativi a negozi preparatori e preliminari di trasferimento immobiliare [nota 11].

Il secondo specifico contributo della dottrina da ricordare è quello di Colantonio [nota 12] secondo il quale tra cooperativa e socio si crea un duplice rapporto di mutuo e di mandato: il mutuo nasce dal finanziamento della cooperativa da parte dei soci e il mandato impegna la cooperativa ad organizzare, per conto dei soci, la realizzazione degli alloggi. Al socio spetterebbero quindi tutte le tutele connesse agli istituti del mutuo e del mandato, e quindi il diritto al risarcimento del danno ed il diritto alla restituzione delle somme versate, a prescindere dal valore attuale dell'alloggio costruito, o ancora in costruzione e non assegnato in conformità alla prenotazione.

Anche questa teoria, che peraltro mi sembra più convincente perché si distacca meno dall'analisi economica del fenomeno, cerca di scomporre il procedimento di acquisto dell'alloggio in più fasi tra loro distaccate ed indipendenti l'una dall'altra, senza cioè tenere conto della connotazione unitaria del rapporto giuridico che si instaura fra socio e cooperativa.

La giurisprudenza più risalente, ancorata al dato letterale dell'art. 229 del testo unico del 1938 che recita testualmente: «con la stipulazione del contratto di mutuo individuale, il socio acquista irrevocabilmente la proprietà dell'alloggio», riteneva che l'acquisto della proprietà in capo al socio di cooperativa edilizia fruente del contributo erariale non si verificasse per effetto di un contratto, bensì in virtù ed al termine di un complesso procedimento, plurifasico, connotato dell'interesse pubblico durante il quale il socio è titolare di un mero interesse legittimo.

Per dirla con le parole della Cassazione [nota 13] «il socio di una cooperativa edilizia a contributo statale, ancorché prenotatario o assegnatario dell'alloggio, sino a quando non sia stipulato il contratto di mutuo individuale, è titolare soltanto di interessi legittimi, i quali possono essere fatti valere dinanzi alla commissione di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica, alla cui cognizione sono devolute tutte le controversie relative alla qualità di socio, alla prenotazione ed assegnazione di alloggi e, comunque, relative al rapporto sociale, salvo il successivo ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale» [nota 14].

La giurisprudenza più recente, invece, evidentemente resasi conto che una tutela di tipo amministrativo avrebbe condotto a risultati incongrui, ha mutato indirizzo: in particolare Cass. 6 gennaio 1981, n. 61 [nota 15], per la quale la prenotazione dell'alloggio sarebbe assimilabile alla vendita di cosa futura, sorgendo quindi, a carico della cooperativa, l'obbligo di costruire, per poi trasferirlo, un alloggio con le caratteristiche predeterminate, e Cass. 9 luglio 1997, n. 6206 [nota 16], che ricostruisce la vicenda acquisitiva come fattispecie complessa e progressiva che ha inizio con la convenzione tra l'ente territoriale e la cooperativa, attribuendo quindi alla convenzione la natura di «contratto preliminare di compravendita a favore dei terzi assegnatari, tale da consentire alla parte adempiente di ottenere ai sensi dell'art. 2932 c. c. la sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso».

Sono evidenti gli sforzi della giurisprudenza, al di là di palesi forzature interpretative, di concedere ai soci la stessa tutela privatistica propria del sottoscrittore di un qualunque contratto preliminare di compravendita.

Va sottolineato, comunque, al termine di questo breve excursus su dottrina e giurisprudenza in materia di cooperative regolate dal T.U. del 1938 che statisticamente la cosa non ha quasi più rilievo non essendovi praticamente più alcuna cooperativa il cui intervento sia regolato completamente da tali norme, se non quelle finanziate dalla Cassa Depositi e Prestiti a favore di determinate categorie sociali, quali ad esempio alcune cooperative di militari o di dipendenti pubblici.

Cooperative c.d. "libere"

Alle cooperative c.d. libere, come abbiamo visto, ma anche a quelle a contributo pubblico non disciplinate dal T.U. queste norme non sono applicabili; a queste cooperative, ed al procedimento acquisitivo dell'alloggio, si applicano interamente le norme del codice civile integrate dalle norme speciali di carattere generale previste per tutte le cooperative [nota 17].

La dottrina ha ritenuto tuttavia, sulla base del dato della prassi, che siano ugualmente applicabili per analogia alcune norme del testo unico concernenti il procedimento di acquisizione dell'alloggio da parte del singolo socio [nota 18], anche considerato che molte cooperative edilizie libere ritengono di assoggettarsi statutariamente alle norme del testo unico. è da escludere tuttavia che l'acquisto dell'immobile possa qui avvenire a seguito della stipula del mutuo individuale, caratteristica peculiare delle sole cooperative regolate dal T.U.: restano quindi, di quel procedimento, oltre alla fase solo le fasi della prenotazione e dell'assegnazione, né più né meno di quanto avviene per una ordinaria compravendita.

Si può quindi affermare che nelle cooperative libere, in misura maggiore di quelle regolate dal testo unico del 1938, la prenotazione dell'immobile corrisponda ad un contratto preliminare del quale condivide vari elementi fondamentali, fra i quali senz'altro l'assunzione dell'obbligazione reciproca a cedere ed acquistare contro il pagamento di un corrispettivo e l'individuazione dell'alloggio che rende possibile il futuro trasferimento della proprietà.

La giurisprudenza e la dottrina più recenti si sono quindi definitivamente allontanate dalla teoria "amministrativa" del procedimento di acquisto dell'alloggio, per riconoscergli sì natura di procedimento, ma di tipo esclusivamente privatistico, attraverso l'assimilazione dei contratti di prenotazione e di assegnazione rispettivamente al contratto preliminare [nota 19] e di compravendita immobiliare [nota 20].

è eloquente in proposito la massima della Cassazione civile n. 752 del 24 gennaio 1997 [nota 21] che recita: «la domanda di esecuzione specifica, ai sensi dell'art. 2932 c.c., può essere proposta anche nei confronti di una società cooperativa che abbia come oggetto sociale la costruzione di alloggi da assegnare ai soci, di fronte al rifiuto della società di prestarsi all'atto traslativo dell'immobile al socio assegnatario. Il suo accoglimento è, però, condizionato al compiersi della fattispecie complessa e progressiva che prevede, oltre all'assunzione, da parte della società, dell'obbligo a prestare il proprio consenso al trasferimento, anche l'effettuazione della prenotazione dell'alloggio, che accerta la realizzazione dei presupposti concreti per tale assegnazione, individuandone il bene ed il corrispettivo, così da rendere legittimo, e quindi dovuto, il successivo atto traslativo del diritto».

Di questo processo è ulteriore prova anche la disciplina sulla tutela degli acquirenti di immobili da costruire di cui D.lgs. 122/05 che, fino dalle definizioni precisa che per "acquirente" deve intendersi anche chi, benché non socio di una cooperativa edilizia (quindi a maggior ragione se socio), abbia assunto obbligazioni con la società per ottenere l'assegnazione in proprietà o l'acquisto della titolarità di un diritto reale di godimento su un immobile da costruire per iniziativa della cooperativa medesima, con piena assimilazione delle figure del socio e dell'acquirente [nota 22], cui è dedicata espressamente la normativa speciale.

Queste conclusioni, a mio parere, non devono ritenersi in contraddizione con il pacifico riconoscimento che in una cooperativa edilizia il rapporto con il socio non si esaurisce in quello che ha ad oggetto il bene casa, ma deve ritenersi sdoppiato, nel senso che il socio, da una parte partecipa alla vita della società condividendone il progetto imprenditoriale, attraverso la sua eventuale partecipazione agli organi decisionali, dall'altra è attore di un rapporto di tipo sinallagmatico e di scambio, relativo all'alloggio.

Il secondo di tali rapporti, quello di scambio, non può sussistere se non è instaurato anche il primo, quello di natura associativa, mentre può ben accadere che il socio sia tale senza che abbia in programma alcuna acquisizione di alloggio, il che si verifica abbastanza frequentemente nel caso in cui l'alloggio sia stato già assegnato e il socio continui a partecipare alla vita della cooperativa, oppure il socio non abbia ancora scelto su quale intervento edilizio concentrarsi.

Vi è spazio quindi per riconoscere alcune ovvie diversità fra un contratto di vendita ed uno di assegnazione da cooperativa, in special modo fra singoli elementi del negozio, alcuni dei quali restano peculiari del contratto di assegnazione, e non possono trovare riscontro nella vendita.

Il primo degli elementi di un contratto di scambio che viene in mente è quello del prezzo o del corrispettivo. L'osservazione che pare scontata è che alla assegnazione di un alloggio da cooperativa, così come in genere alla fornitura di un servizio al socio, è estraneo il concetto di profitto, che è invece caratteristico della vendita.

Ma questa distinzione non è sufficiente a motivare una diversità di disciplina, perché è da escludere che in un contratto di vendita al prezzo debba necessariamente corrispondere un profitto, posto che si può vendere a "prezzo di costo" senza che ne risulti modificata la natura giuridica del contratto. Nell'assegnazione da cooperativa edilizia, si afferma comunemente che il valore che il socio trasferisce alla cooperativa rappresenta il costo che la società ha sostenuto per la costruzione, comprensivo delle spese amministrative, ed è tanto minore, quanta maggiore è la capacità dei soci (e degli amministratori da essi nominati) di gestire l'intervento in maniera economica. Non si può parlare di prezzo, che, pur non essendo necessariamente correlato al profitto, presuppone comunque la possibilità di una sua libertà di determinazione in alto o in basso, concetto estraneo alla cooperativa, dove il costo sfugge ovviamente alla libera contrattazione delle parti.

Ciò che il socio deve pagare alla cooperativa non potrebbe mai essere qualificato come "corrispettivo", proprio perché il suo sacrificio non trova corrispondenza nel valore del bene ceduto dalla cooperativa (che può essere maggiore o addirittura minore), ma solo in quella che è stata definita [nota 23] una «sintesi di capacità imprenditoriale nel quadro di una successiva ripartizione fra tutti i soci del frutto dell'impresa sociale», assunto che mi sento di condividere solo se da ciò non se ne tragga la conclusione che il socio, nel momento in cui procede alla prenotazione o all'assegnazione non è terzo rispetto alla cooperativa.

In questa sede interessa la qualificazione giuridica dei contratti di prenotazione e di assegnazione, e soprattutto essere giunti a concludere che si tratta di contratti aventi più probabilmente una causa propria, che partecipa di molti elementi della vendita immobiliare, in tutte le sue fasi, preparatoria e definitiva, tanto da derivarne gran parte della disciplina applicabile.

La nozione di affare nella mediazione

Si può quindi ancora discutere sul momento in cui avviene il trasferimento della proprietà dalla cooperativa al socio, ma nessuno dubita che di cessione [nota 24] si tratti.

Il titolo di questa relazione ci propone un quesito: quale può essere il ruolo del mediatore, se c'è, nelle assegnazioni da cooperativa edilizia ?

A questa domanda ne seguono delle altre:

1. è conciliabile l'attività di mediazione con un trasferimento che avviene al termine di una fase procedimentale (di natura privata o amministrativa che sia) che ha inizio con l'acquisizione della qualità di socio?

2. come e dove si può inserire l'attività del mediatore se non nella fase precedente a quella della assunzione della qualità di socio?

3. è compatibile l'attività di mediazione, di natura prettamente privata, con gli interessi pubblicistici che sono alla base della normativa per l'edilizia economica e popolare e sovvenzionata?

L'art. 1754 c.c. definisce il mediatore come «colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, rappresentanza o dipendenza». Il codice quindi, facendo eccezione alle altre definizioni dei contratti tipici, non fornisce una nozione del contratto, ma solo dell'attività, quasi che, ricorrendo ad un'espressione propria del linguaggio economico, piuttosto che di quello giuridico, abbia voluto privilegiare l'aspetto sostanziale dell'operazione, cioè la soddisfazione dell'interesse patrimoniale delle parti, svincolandosi dall'aspetto giuridico-formale [nota 25]. Questa analisi è confermata anche dalla giurisprudenza che nelle sue pronunce sottolinea in maniera univoca che il concetto di "affare" deve essere inteso in senso materiale, facendo concreto riferimento al mondo pratico-sostanziale degli affari [nota 26].

In dottrina sono state usate in proposito diverse espressioni per definire il concetto di affare: c'è chi lo ha inteso come una qualsiasi operazione economica a contenuto patrimoniale [nota 27]; chi lo ha interpretato come sinonimo di ogni generica operazione generatrice di obbligazioni [nota 28]; chi ancora come una composizione di interessi attraverso la realizzazione di una situazione vincolante tra soggetti [nota 29]. Risalta comunque la condivisa considerazione dell' "affare" nel senso comune del termine.

Solo qualche autore ha cercato di circoscrivere il concetto di affare alla nozione di negozio giuridico o, nelle posizioni più rigide, di contratto [nota 30]. In particolare c'è chi ha affermato [nota 31] che «mirando le parti, con la conclusione dell'affare, alla realizzazione di un determinato interesse economico, questa può dirsi raggiunta solo quando siano state adottate le forme necessarie ad ottenere la tutela dell'ordinamento giuridico … perché non si può dire concluso un affare quando, mancando il vincolo giuridico, le parti possono liberamente sottrarsi agli impegni di mero carattere sociale eventualmente assunti».

Negli ultimi anni la Suprema Corte è stata chiamata in più occasioni ad esprimersi sul punto; si è consolidato un indirizzo giurisprudenziale sulla scorta del quale per «affare» si intende l'operazione di natura economica che si risolve in un'utilità patrimoniale, suscettibile di conseguenze giuridiche, in questo modo riconfermando che tale nozione ha un'estensione più ampia rispetto al concetto di contratto, potendo essere riferita ad ogni operazione generatrice di obbligazioni .

Illuminante è quanto afferma Cass. n. 13590/2004 [nota 32] e cioè che «l'affare deve ritenersi concluso ogni volta che, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l'esecuzione specifica del negozio ovvero, anche, per il risarcimento del danno» [nota 33]. Ancora più chiarificatrice, per l'argomento che ci occupa, una recente pronuncia della Suprema Corte [nota 34], che precisa: «l'affare, la cui conclusione per effetto dell'intervento del mediatore genera il diritto di quest'ultimo alla provvigione, deve intendersi in senso generico ed empirico, come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, anche se articolatasi in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti nel loro complesso a realizzare un unico interesse economico, anche se con pluralità di soggetti».

Anche la locuzione riferita all'attività del mediatore che «mette in relazione due o più parti», contenuta nell'art. 1754 c.c. deve essere interpretata, secondo l'opinione della dottrina e della giurisprudenza dominante, in senso molto ampio. Nella pratica, l'opera del mediatore può assumere le forme più svariate, potendo consistere, «in tutte quelle manifestazioni dell'agire umano che possano essere giudicate, secondo una valutazione probabilistica a priori, strumentali ai fini della conclusione di un affare tra le parti stesse» [nota 35].

Quindi alla prima delle domande, e cioè se sia conciliabile l'attività di mediazione con il procedimento che conduce alla assegnazione di un alloggio, direi che deve darsi risposta affermativa, perché anche questo è sicuramente un "affare" alla cui conclusione può rivelarsi strumentale l'attività del mediatore.

Nesso di causalità e ruolo del mediatore nelle assegnazioni

Secondo le previsioni dell'art. 1755 c.c., il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti se l'affare si è concluso per effetto del suo intervento. Parafrasando la norma, il diritto alla provvigione, quale compenso per la mediazione svolta [nota 36], sorge nel momento in cui l'affare è concluso, se ed in quanto si possa ragionevolmente ritenere che l'affare si sia concluso grazie all'intermediazione prestata [nota 37].

L'interpretazione così ampia della nozione di affare ha condotto la giurisprudenza a stabilire in maniera pressoché unanime che «perché il mediatore acquisti il diritto alla provvigione non è necessario il suo concorso fino alla stipulazione del contratto, essendo sufficiente che egli abbia collaborato alla conclusione dell'affare, e che sussista un rapporto di causalità fra l'opera da lui svolta e la sua conclusione » [nota 38]; oppure anche che «nella mediazione anche la semplice attività consistente nella segnalazione dell'affare legittima il diritto alla provvigione, quando tale attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore, successivamente valorizzata dalle parti» [nota 39].

Un'altra recente decisione della Suprema Corte [nota 40] precisa che non è necessaria la partecipazione attiva del mediatore a tutte le fasi successive alla messa in contatto dei soggetti perché sorga il diritto del mediatore alla provvigione. è sufficiente per far sorgere il diritto alla provvigione che il mediatore abbia avuto una parte nell'affare, per quanto piccolo sia stato il suo contributo causale, se comunque si possa sostenere che senza l'attività di messa in relazione svolta dal mediatore, l'affare non si sarebbe realizzato. Queste conclusioni erano già chiare anche alla dottrina più risalente, tanto che un autore [nota 41] già nel 1952 parlava addirittura di «nesso di utilità», ancora una volta per liberare da tecnicismi giuridici il riconoscimento dell'esistenza di un contratto di mediazione: infatti pretendere la sussistenza di un nesso di causalità porterebbe ad escludere dall'ambito della mediazione i casi in cui si possa dimostrare che l'affare si sarebbe comunque concluso per il sopravvenire di una circostanza in concreto determinante anche senza l'intervento di un mediatore.

è risultata quindi dall'esperienza dei traffici giuridici una forte tendenza all'allontanamento del fenomeno della mediazione dal "tipo" contrattuale codicistico, il tutto con l'avallo della giurisprudenza [nota 42], che ha legittimato l'emersione di quella che è stata definita "mediazione atipica", che ha progressivamente svincolato il diritto alla provvigione dalle vicende contrattuali trasformando, in buona sostanza, la mediazione da "obbligazione di risultato" a mera "obbligazione di mezzi" [nota 43].

Da qui a considerare mediazione anche quella che si potrebbe realizzare nell'ambito di una cooperativa edilizia il passo è breve e la risposta agli ultimi due quesiti che ci siamo posti, cioè in quale momento del procedimento del rapporto socio-cooperativa possa inserirsi la mediazione, e se questa sia compatibile con gli interessi pubblicistici che sono alla base della normativa per l'edilizia sovvenzionata, sembra conseguente.

è chiaro che se la condizione necessaria, ma anche sufficiente, perché possa dirsi esistente un rapporto di mediazione è quella che esista un "nesso di utilità" fra attività del mediatore e futuro acquisto dell'immobile, ciò fa sì che egli abbia diritto alla provvigione anche quando abbia solo indirizzato il potenziale acquirente verso un futuro acquisto, magari da realizzarsi attraverso l'assunzione della qualità di socio di una cooperativa edilizia.

Il dato dell'esperienza professionale dimostra in proposito comportamenti assai divergenti: vi sono cooperative edilizie, la maggioranza per la verità, nelle quali il reperimento di nuovi soci avviene con un meccanismo svincolato da qualsiasi attività di mediazione, anche perché il numero dei soci in attesa di un alloggio è sempre di gran lunga superiore a quello degli alloggi disponibili, ed esiste una graduatoria. In altri casi, invece, numericamente meno rilevanti, tuttavia costituenti un dato da tenere presente, il potenziale acquirente viene indirizzato verso la cooperativa esattamente nello stesso modo in cui avviene per un costruttore, e la condizione dell'acquisizione della qualità di socio è vissuta come meramente strumentale per ottenere la proprietà dell'alloggio.

In totale sintonia con l'ampia nozione di affare in relazione al contratto di mediazione ed alla sua riferibilità anche all'acquisto tramite cooperativa, si segnala una recente decisione della Corte d'Appello di Torino [nota 44] in materia di assegnazione da cooperativa, oltretutto di edilizia agevolata, la quale ha ritenuto l'attività informativa svolta dall'agenzia immobiliare preliminarmente all'acquisto della qualità di socio in capo al futuro assegnatario, consistente nella visita dell'alloggio e nell'informativa riguardante la disponibilità di alloggi in capo alla cooperativa sia stata «utile e determinante per la conclusione dell'affare», senza che sia possibile rilevare alcuna violazione di legge in caso di mediazione svolta in tale settore.

La mediazione infatti si svolge nella fase preliminare di presentazione dell'aspirante socio; il diritto alla provvigione sorge invece, secondo la Corte, al momento in cui l'assegnazione (ed eventualmente l'accollo del mutuo, trattandosi di cooperativa a contributo erariale) è realizzata; non interferisce né con le condizioni per l'accesso all'edilizia agevolata, né con il rapporto sociale che si instaura fra socio e cooperativa che, come abbiamo visto, è a se' stante e può prescindere da un immediato acquisto di un immobile. La stessa giurisprudenza rileva infatti che la Suprema Corte [nota 45] ha in passato ritenuto dovuta la mediazione anche agli enti pubblici ed agli istituti di diritto pubblico che stipulano negozi in esecuzione di norme legislative o statutarie che impongono loro di perseguire finalità di pubblico interesse ed anche nell'ipotesi di contratti disciplinati da meccanismi che escludono una libera negoziazione [nota 46], poiché la funzione del mediatore è infatti quella di veicolare conoscenze, di mettere in relazione due parti interessate alla conclusione di un affare, comunque questo sia regolato.

Nel caso di cooperativa edilizia l'intervento del mediatore sarà quindi diretto al reperimento del socio ed alla sua messa in contatto con la società. Se però l'affare, sia pure nella sua ampia accezione, deve essere considerato il futuro acquisto dell'immobile, ne consegue che si potrà parlare di mediazione, e quindi di correlato diritto alla provvigione, solo se al momento del reperimento del socio la cooperativa abbia progettato un intervento edilizio specifico che conduca alla assegnazione di un immobile già individuato al momento dell'ingresso del socio nella cooperativa.

In caso contrario, ritengo che la mediazione non sia dovuta, perché sarebbe indeterminabile perfino l'oggetto dell'affare, che non può riguardare un alloggio qualunque, ancora da progettare, potendo semmai la mediazione coinvolgere solo il modesto importo della sottoscrizione della quota sociale. Il mediatore resterà normalmente estraneo alle vicende successive che riguardano l'instaurazione e lo sviluppo del rapporto sociale, ma la sua "scomparsa" nel lasso di tempo che intercorre fra il suo intervento e la prenotazione dell'alloggio, non può essere ostativa al sorgere del diritto di provvigione.

Ma quand'è che si può dire realizzato l'affare ? Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che il diritto alla provvigione sorge nel momento in cui le parti, con l'intervento del mediatore, si siano legate da un vincolo obbligatorio che impone loro la conclusione dell'affare, a prescindere dalla circostanza che poi l'affare si concluda o meno per volontà delle parti.

Facendo propria questa impostazione dominante, nella materia che ci occupa, il momento nel quale si può affermare che sorga un vincolo obbligatorio del socio a rendersi assegnatario e della cooperativa a trasferire un immobile determinato, è quello della conclusione del contratto di prenotazione, del quale si è detto in precedenza, che individua il momento in cui il socio concentra il proprio sacrificio economico su un bene specifico.

Considerata acquisita la compatibilità dell'intervento dell'intermediario immobiliare nelle assegnazioni da cooperativa, sia libera che a contributo erariale, si pone però il problema della determinazione dell'importo della provvigione che, a meno che non sia preventivamente convenuta in una somma determinata, viene normalmente calcolata in percentuale sul corrispettivo dell'affare. Ci troviamo però in un ambito particolare, nel quale il sacrificio economico del socio, trattandosi di un costo e non di un prezzo, è conoscibile soltanto nel momento della chiusura dei conti, che sarà probabilmente antecedente alla assegnazione definitiva, ma sicuramente successivo alla prenotazione, momento in cui sarà possibile stabilire con certezza l'incidenza dei costi sul singolo alloggio [nota 47].

è evidente che qualora la provvigione non sia stata determinata in una cifra fissa, il mediatore ed il socio dovranno attendere la stipula dell'atto definitivo di assegnazione - o la chiusura dei conti, se precedente - per determinare il suo esatto importo, tenendo però presente che il diritto alla sua corresponsione sorge all'atto della prenotazione e che quindi, almeno in tale sede, sembra legittimo per il mediatore richiedere il pagamento dell'importo correlato almeno al prevedibile costo dell'alloggio, salvo poi procedere agli opportuni conguagli.

Applicazione alle assegnazioni da cooperativa del D.l. 223/2006

Conseguenza logica delle considerazioni sopra svolte non può che essere quella della piena applicabilità del decreto Bersani alle ipotesi in cui vi sia un nesso di causalità (o anche solo di utilità) fra l'assegnazione dell'alloggio e l'intervento del mediatore. Importante corollario è che gli atti di assegnazione di immobili da cooperativa devono contenere alternativamente la dichiarazione delle parti di non essersi avvalse di mediatore immobiliare, ovvero i riferimenti al mediatore ed alle somme riscosse.

Questa affermazione mi sembra in sintonia con le finalità della normativa introdotta con il D.l. 223/2006 che in questo campo sono rivolte al contrasto all'evasione fiscale e che hanno per obiettivo il mondo della contrattazione immobiliare in genere.

A questo proposito c'è spazio per una ulteriore precisazione: la legge parla di mediazione ed una interpretazione letterale e formalistica dovrebbe portare ad escludere quelle ipotesi riconducibili al mandato o, più specificamente, al contratto di agenzia. [nota 48]

Sono note le differenze che esistono tra queste figure contrattuali. Il mandato consiste nel compimento di atti giuridici per conto di un'altra persona (art. 1703 c.c.); il che può realizzarsi sia con il conferimento del potere di rappresentanza del mandante che mediante il compimento di un'attività nel suo interesse, ma senza rappresentanza.

Più specificamente con il contratto di agenzia una parte assume stabilmente l'incarico di promuovere, per conto dell'altra, e verso retribuzione la conclusione di contratti.

è ipotizzabile che una società cooperativa che si trovi in difficoltà nel reperimento di soci, possa affidarsi ad un terzo (agente o procacciatore d'affari, se manchi il profilo della stabilità del rapporto) dandogli l'incarico di reperire nominativi di persone interessate all'assegnazione degli alloggi costruiti. In questo caso il compenso verrà corrisposto da una sola parte e cioè dalla cooperativa.

Tuttavia, considerata la ratio del decreto 223/2006, mi sembra che l'interpretazione restrittiva che tenda ad escludere la rilevanza dell'attività di un mandatario o di un agente per conto della cooperativa, in quanto non riconducibile al contratto nominato di mediazione cui fa espresso riferimento il D.l. 223/2006, sia da sconsigliare.

Ne è la prova quanto prescrive la legge 3 febbraio 1989 n. 39, istitutiva del ruolo dei mediatori.

L'art. 2, comma 4, impone infatti l'iscrizione nel ruolo a «coloro che svolgono, su mandato a titolo oneroso, attività per la conclusione di affari relativi ad immobili ed aziende».

La dottrina [nota 49] ha in proposito evidenziato come tale previsione sia stata dettata allo scopo principale di impedire aggiramenti o elusioni da parte degli intermediari che operino avvalendosi di un mandato in senso stretto; con tale previsione, infatti, si è impedito che tali soggetti, se non iscritti nel ruolo dei mediatori, possano pretendere una provvigione, e li si è inoltre esposti alle sanzioni civili, amministrative e penali previste per l'esercizio abusivo di attività di mediazione anche se occasionale.

Trascrizione del contratto di prenotazione

Se l'assegnazione è un contratto assimilabile ad un contratto di compravendita e la prenotazione assolve allo stesso compito del contratto preliminare, ne consegue che vi deve essere ampio spazio per la sua trascrizione nei registri immobiliari.

Non è qui il caso di riferire dei contributi dottrinali che si sono occupati della disciplina introdotta con l'art. 3 del D.l. 31 dicembre 1996 n. 669 [nota 50], ma valga solo la considerazione che già Mariconda [nota 51], all'indomani dell'entrata in vigore della nuova disciplina, si occupava ex professo delle c.d. "assegnazioni sui libri" e delle "prenotazioni" ritenendo che questi accordi preliminari diretti poi all'assegnazione di un immobile fossero trascrivibili, evidentemente proponendo con lungimiranza rispetto alle discipline di tutela degli acquirenti poi intervenute, una soluzione che potesse dare maggiori sicurezze anche al socio di cooperativa.

In realtà, soprattutto nelle cooperative cui non si applica il T.U. del 1938 (la quasi totalità) e nelle quali, come dottrina e giurisprudenza dominanti affermano, la proprietà viene acquistata con il contratto definitivo di assegnazione, non può che sostenersi l'applicabilità dell'art. 2645-bis del codice civile, che prevede che debbano essere trascritti i contratti preliminari conclusi per atto pubblico o autentico che abbiano ad oggetto la conclusione di un contratto di cui al n. 1 dell'art. 2643 c.c. (cioè di trasferimento di un immobile) trasferimento che è effetto indiscutibile dell'assegnazione da cooperativa edilizia.

è a tutti noto che oggi i casi di trascrizione di contratti di prenotazione di alloggi di cooperativa devono dirsi, a quanto mi consta, pressoché inesistenti. Se però consideriamo che non altrettanto inesistenti, anzi copiosi, sono i casi di trascrizione di domande giudiziali dirette all'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre derivante da una prenotazione, vediamo subito come vi dovrebbe essere ampio spazio per un intervento in funzione preventiva e antiprocessuale da parte del notaio.

Il punto di arrivo dovrebbe essere quello della generalizzata affermazione della prassi di trascrizione dei contratti preliminari e di prenotazione, che certo sarebbe favorita da un opportuno processo di defiscalizzazione e di semplificazione dei formalismi prescritti dalle norme a tutela degli acquirenti di immobili da costruire: un intervento del legislatore in tal senso, credo a costo zero, data la trascurabilità complessiva dei proventi derivanti dalle imposte pagate in sede di registrazione dei preliminari, ne renderebbe praticabile, anzi appetibile l'utilizzo da parte del contraente debole (quale può essere anche il socio di una cooperativa edilizia).

Quanto al profilo fiscale, se si analizzano le norme tributarie attualmente vigenti in materia, possiamo concludere che la "defiscalizzazione" del contratto di prenotazione è già parzialmente diritto positivo e trae spunto dalle seguenti considerazioni:

1. le agevolazioni tributarie per la cooperazione, di qualunque natura esse siano, sono riservate, per espressa previsione legislativa dell'art. 223-duodecies disp. att. c.c. alle sole cooperative a mutualità prevalente;

2. le cooperative edilizie quasi "per definizione" sono a mutualità prevalente, considerato il fatto che lo scambio avviene di norma esclusivamente con i soci e quindi in ambito mutualistico, potendo quindi risiedere l'eventuale non prevalenza, nella incompatibilità di alcune clausole statutarie con gli artt. 2512, 2513 e 2514 c.c. o con l'art. 14 del D.P.R. 601/73;

3. il panorama delle agevolazioni è quindi rimasto sostanzialmente invariato anche dopo la riforma del D.lgs. n. 6/2003 mentre sono cambiate le condizioni per accedere a tali facilitazioni, che oggi non possono prescindere dalla iscrizione della cooperativa all'albo della mutualità prevalente;

4. fra le agevolazioni principali che interessano gli atti di assegnazione da cooperative edilizie, tuttora in vigore, vi è quella prevista dall'art. 6-bis della legge 29 ottobre 1993 n. 427 che stabilisce che «alle società cooperative edilizie di abitazione e loro consorzi disciplinati dai principi di mutualità … si applicano la seguente disciplina in materia di imposte di bollo e di registro:

a) gli atti … relativi alle operazioni previste dai rispettivi statuti … sono esenti dall'imposta di bollo in modo assoluto;

c) gli atti … relativi alle operazioni previste dai rispettivi statuti per i quali sia richiesta la registrazione, sono soggetti all'imposta di registro in misura fissa, assolta una sola volta per ciascun atto registrato, compresi i relativi allegati».

Ma se questa è la disciplina positiva, il contratto di prenotazione che venga stipulato fra cooperativa edilizia e socio deve essere esente da bollo e soggetto all'imposta di registro in misura fissa, anche se contenga la corresponsione di acconti o caparre [nota 52].

Certo, va ancora percorsa la strada della eliminazione dell'imposta fissa e dei costi dell'esecuzione della formalità in conservatoria, che costituisce ancora un ostacolo rilevante alla diffusione della trascrizione, per cui si palesa necessario un intervento legislativo.

Qualora si generalizzi il ricorso alla trascrizione anche il movimento cooperativo dovrà fare la sua parte, sopportando gli inevitabili maggiori oneri organizzativi della presenza del notaio al momento della firma della prenotazione, ma scoprirà che questa presenza conferirà a quel passaggio importante, qual è la prima firma impegnativa per il socio, l'ausilio di una consulenza globale che non potrà che essere gradita, e che muoversi nella direzione della tutela dei soci offrirà vantaggi e chiarezza.

In questa, che è in fondo una proposta di maggior sicurezza per il cittadino, credo che anche il notariato, in punto di riduzione dei costi, possa e debba fare la sua parte.


[nota 1] Come noto l'art. 35 comma 22 del D.l. n. 223 del 4 luglio 2006 (il c.d. decreto Bersani), convertito nella legge n. 248 del 4 agosto 2006, e poi ulteriormente oggetto di modifiche con la legge finanziaria 2007, ha previsto che in sede di atto avente ad oggetto la cessione di un qualunque immobile, anche se assoggettata ad Iva, le parti «hanno l'obbligo di rendere apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà recante l'indicazione analitica delle modalità di pagamento del corrispettivo. Con le medesime modalità, ciascuna delle parti ha l'obbligo di dichiarare:

a) se si è avvalsa di un mediatore e, nell'ipotesi affermativa, di fornire i dati identificativi del titolare, se persona fisica, o la denominazione, la ragione sociale ed i dati identificativi del legale rappresentante, se soggetto diverso da persona fisica, ovvero del mediatore non legale rappresentante che ha operato per la stessa società;

b) il codice fiscale o la partita Iva;

c) il numero di iscrizione al ruolo degli agenti di affari in mediazione e della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di riferimento per il titolare ovvero per il legale rappresentante o mediatore che ha operato per la stessa società;

d) l'ammontare della spesa sostenuta per tale attività e le analitiche modalità di pagamento della stessa».

In caso di omessa, incompleta o mendace indicazione dei predetti dati è prevista la sanzione amministrativa da €. 500,00 ad €. 10.000,00, e l'assoggettamento dell'atto di cessione ad accertamento di valore ai sensi dell'art. 52 D.P.R. 131/1986 ai fini delle imposte indirette, anche qualora le parti si siano avvalse della facoltà di chiedere la tassazione dell'atto secondo il principio del c.d. prezzo-valore.

[nota 2] La stessa definizione di "cooperativa edilizia" è stata sottoposta a critiche, venendo più propriamente da taluno definita come cooperativa di abitazione, destinata a costruire alloggi per i propri soci, per distinguerla dalle cooperative che hanno come precipuo compito di costruire alloggi da cedere a terzi. In questo senso COLANTONIO, Le cooperative edilizie. Regime Fiscale in La casa di abitazione tra normativa vigente e prospettive, vol. III, Milano, 1986 p. 417.

[nota 3] è noto qual è prezzo, in termini di autonomia, che queste cooperative pagano per usufruire del finanziamento pubblico: il R.D. n. 1165/1938 prevede una serie di limiti e di forme di controllo amministrativo sul loro funzionamento. Sul punto e diffusamente in tema di analisi del T.U. del 1938 e delle successive evoluzioni normative vedi lo studio del Cnn 85/2006 a cura di CASU, Le cooperative edilizie tra leggi speciali e codice civile, reperibile in banca dati del Cnn; vedi anche CALIFANO, «Nota a commento della sentenza della Corte di Appello di Milano del 16 marzo 1993», in Giur. it., 1995, 10.

[nota 4] Dall'entrata in vigore della legge n. 136 del 1999, che con norma interpretativa ha chiarito il significato del D.l. 6 settembre 1965 n. 1022, il T.U. sull'edilizia economica e popolare ha perso quasi completamente ambiti di applicazione, restando confinato ai pochi casi di cooperative sovvenzionate dallo Stato quali quelle di militari, mentre tutte le cooperative a contributo pubblico oggi trovano la loro disciplina nel codice civile e nelle norme di legge successive all'entrata in vigore del D.l. 1022/1965, con particolare riferimento alle varie leggi di finanziamento.

[nota 5] Dove il termine "aspirante socio" trova una disciplina specifica in relazione alla graduatoria che viene a stabilirsi fra coloro che aspirano a diventare soci di una cooperativa a contributo erariale disciplinata dal T.U. 1165/38, ed in particolare dall'art. 108, mentre nelle cooperative c.d. libere l'eventuale graduatoria che venga stilata, corrisponde all'applicazione del principio della "porta aperta", e si conforma normalmente ad eventuali norme statutarie o a disposizioni specifiche dei bandi comunali di concessione delle aree edificabili.

[nota 6] La fase di aspirante socio si concreta in una sorta di attesa, connessa con la cautela che caratterizza l'ingresso del socio nella cooperativa. Uno dei caratteri essenziali della cooperativa è quello della c.d. "porta aperta" che, secondo l'ideale cooperativo, consiste nella possibilità di divenire socio data a «ogni persona che chiede di aderire alle stesse condizioni dei soci già ammessi» (così LAVERNE, «Il socialismo cooperativo», in Riv. coop 1955, p. 1109). Il T.U.del 1938 adotta soluzioni in linea con questo principio, per cui risulta sottratto agli organi della cooperativa un potere discrezionale nell'attribuire la qualità di socio. Dal disposto dell'art. 94 consegue che i terzi che facciano domanda per entrare nella cooperativa edilizia e che presentino tutti i requisiti richiesti possono essere respinti dal consiglio di amministrazione, per mancanza di alloggi disponibili, ma in tal caso hanno diritto ad essere iscritti in un apposito elenco degli aspiranti soci. Qualora dovesse rendersi vacante qualche alloggio hanno diritto all'assegnazione gli iscritti in detto elenco, secondo l'ordine di graduatoria stabilito (art. 108). Sul punto cfr. GROSSO, «Il principio della porta aperta nell'organizzazione cooperativa», in Riv. soc., 1982, p. 45 e ss.

[nota 7] Cass. 10 maggio 1969, n. 1611, in Giust. civ. Mass., 1969, p. 832.

[nota 8] TATARANO, Scambio e mutualità nella cooperazione edilizia, Napoli 1984; ID., La casa di abitazione tra normativa vigente e prospettive, Milano 1986, p. 41.

[nota 9] Si noti che la teoria della possibilità di trascrivere il contratto di prenotazione proposta da Tatarano, contenuta in studi della metà degli anni '80, non ha nulla a che vedere con la successiva normativa sulla trascrizione del contratto preliminare introdotta nel 1997, essendo basata sul preteso immediato effetto traslativo dell'area.

[nota 10] Sul punto, in accordo con la teoria sopra citata, cfr. SERVODIDIO, «La tutela del socio prenotatario-assegnatario nelle cooperative edilizie», in Riv. giur. edil., 1994, fasc. n. 4-5, II, p. 161; sul punto cfr. anche CASU, Le cooperative edilizie tra leggi speciali e codice civile, cit.

[nota 11] Si pensi infatti che lo stesso contratto preliminare di compravendita immobiliare, prima dell'introduzione dell'art. 2645-bis c.c. in materia di trascrizione e della disciplina degli immobili da costruire di cui al D.lgs. 122/2005 che ne hanno in qualche modo disciplinato il contenuto in relazione a determinati effetti, trovava la sua unica disciplina nell'art. 1351 c.c. in punto di forma e nell'art. 2932 c.c. in materia di esecuzione in forma specifica.

[nota 12] COLANTONIO, Sistema e prassi dei finanziamenti della cooperativa edilizia e tutela del socio prenotatario, in AA.VV., Diritto all'abitazione, a cura di Tatarano, p. 49.

[nota 13] Cass. 10 maggio 1969, n. 1611, cit. in nota 7.

[nota 14] Cfr. Cass. 4 maggio 1964, n. 1058, in Foro it., 1964, I, c. 2182; Cass. 10 giugno 1968, n. 1791, in Giust. civ., 1968, I, p. 961; Cass. 28 aprile 1976, n. 1494, in Dir. fall., 1977, II, p. 226; Cass. 4 marzo 1977, n. 874, in Riv. not., 1977, p. 610.

[nota 15] In Foro it., 1981, I, c. 2246.

[nota 16] In Giur. it., 1998, 8-9 con nota di CAPUTO.

[nota 17] In particolare la legge n. 59/1992 che ha istituito l'Albo nazionale delle Cooperative di Abitazione.

[nota 18] VIGNERI, Le cooperative di abitazione come strumento di edilizia residenziale, in Atti del XXXI Congresso Nazionale del Notariato, Roma 1990, p. 230; TATARANO, Scambio e mutualità nella cooperazione edilizia, cit., p. 41.

[nota 19] VIGNERI, Cooperative edilizie, in Falzone-Alibrandi, Dizionario Enciclopedico del Notariato, IV, Roma 1993, p. 239 e ss. In giurisprudenza, cfr. Cass. 26 settembre 2000 n. 12749, in Riv. giur. ed., 2001, I, p. 58; Cass. 13 giugno 2000 n. 8021, in Foro it., Rep. 2000, voce Edilizia popolare, n. 69; Cass. 4 settembre 1999 n. 9395, in Foro it., Rep. 1999, voce Edilizia popolare, n. 61.

[nota 20] PETRUCCI, «Rapporto sociale e mutualistico nella cooperativa edilizia», in Coop. e consorzi, 2005, p. 117; TRENTINI, «Collegamento tra contratto di cooperativa edilizia e atto di assegnazione degli alloggi ai soci», in Contratti, 2004, p. 1034; CASCARDO, «Cooperativa edilizia: il duplice rapporto del socio», in Coop. e consorzi, 2004, p. 592; FAUCEGLIA, «Note sul rapporto mutualistico tra socio e cooperativa», in Riv. coop., 2001; Cass. 23 marzo 2004 n. 5724, in Contratti, 2004, p. 1034; Cass. 18 gennaio 2001 n. 694, in Società, 2001, p. 945.

[nota 21] Reperibile nella banca dati del Ced della Cassazione.

[nota 22] In generale cfr. MINUTOLI, Edilizia economica e popolare e cooperative edilizie, in Le insinuazioni al passivo, a cura di M. Ferro, Padova, II, 2005, p. 679-687, AA.VV. La redazione del preliminare – profili operativi – Studio n. 19-2007 a cura della commissione degli studi civilistici del Cnn, in Banca dati Cnn; APRILE, «Acquisti di immobili da costruire, nuova tutela», in Fallimento, 2005, 10, p. 1117; DE DONATO, «La trascrizione del contratto preliminare: fattispecie di interesse notarile», in Riv. no.t, III, p. 413 e ss.

[nota 23] CASU, studio del Cnn in corso di pubblicazione.

[nota 24] Ricordo che anche la disciplina fiscale sull'Iva assimila il contratto di assegnazione ad una qualsiasi cessione da parte di impresa, differenziandola solamente sotto il profilo della base imponibile, a determinate condizioni.

[nota 25] PERFETTI, La mediazione profili sistematici e applicativi, Milano, 1996, p. 33.

[nota 26] Cass. 30 luglio 1951 n. 2226, in Giur. it. 1952, I, p. 22 e ss.

[nota 27] VISALLI, La mediazione, Padova, 1992, p. 264.

[nota 28] LUMINOSO, La mediazione, in Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 1993, p. 23.

[nota 29] MINASI, voce Mediatore (dir. priv.), in Enc. dir., vol. XXVI, Milano, 1983.

[nota 30] CATAUDELLA, Mediazione , in Enc. giur. , Roma, 1990, p. 10.

[nota 31] CARRARO, La mediazione, Padova, 1960 p. 259-269.

[nota 32] La massima è reperibile in Contratti, 2005, 6, p. 569.

[nota 33] Vedi anche Cass. 29 aprile 2004, n. 8216, in Guida al diritto, 28/2004, 62; Cass. 11 dicembre 2002, n. 17628, in Corr. giur., 2003, p. 153 e in Foro it., 2003, I, c. 1098; Cass. 25 ottobre 2002, n. 15104, in Giur. it., 2003, p. 1348 e ss.; Cass. 8 agosto 2002, n. 12022, in Giur. it. Mass., 2002, p. 918.

[nota 34] Cass. 6 settembre 2001 n. 11467, la cui massima è pubblicata in Contratti, 2202, I, p. 75.

[nota 35] GIAMMARINO, «Il patto di opzione come presupposto del diritto alla provvigione», in Contratti, 2005, 6, p. 569.

[nota 36] Vi sono in dottrina teorie contrastanti sulla natura contrattuale o non contrattuale della mediazione. In sintesi si ricorda che la tesi assolutamente dominante in giurisprudenza e ampiamente seguita in dottrina è quella contrattuale «sia nel caso in cui gli interessati conferiscano preventivamente l'incarico al mediatore, sia nel caso in cui accettino comunque l'attività da lui prestata, in quanto in entrambi i casi, essa trae origine e fondamento dalla volontà dei soggetti, manifestata esplicitamente o implicitamente mediante fatti concludenti» così LUMINOSO, La mediazione, op. cit., p. 37; secondo la teoria non contrattuale invece la fonte del diritto alla provvigione, e quindi della stessa mediazione, sarebbe legale ed all'attività di interposizione tra i contraenti dovrebbe riconoscersi natura di fatto giuridico volontario. In questo senso vedi G. MIRABELLI, «Promessa unilaterale di mediazione», in Riv. dir. comm. 1953, II, p. 165 e ss.

[nota 37] Il diritto alla provvigione risulta altresì subordinato all'iscrizione al ruolo del mediatore, ai sensi dell'art. 6 comma 1 della legge n. 39 del 1989.

[nota 38] Cass., 18 marzo 2005, n. 5952, in Guida dir., 2005, 17, p. 50; nello stesso senso, Cass., 17 maggio 2002, n. 7253, in Arch. civ., 2003, p. 326; Cass., 5 luglio 2001, n. 9078, in Contratti, 2001, p. 1020; Cass., 24 ottobre 1988, n. 5560, in Giur. it. Mass., 1988, 10.

[nota 39] Cass. n. 7253 del 2002, in Notariato, 2003, 1, p. 34.

[nota 40] Cass. n. 28231 del 2005 in Obbl. e Contr., 2006, 11 con nota di FORTINA, «La provvigione senza (quasi) mediazione».

[nota 41] CARRARO, La mediazione, Padova, 1952 p. 286. Solo isolata giurisprudenza (Cass., 13 agosto 1990, n. 8245, in Giur. it., 1991, I, 1, p. 581, con nota di CHITO, «In tema di contratto di mediazione»; e Cass. 9 ottobre 1971, n. 2784, in Mass. Giur. it., 1971, p. 1531), sostiene che il mediatore, per avere diritto alla provvigione, deve provare che in seguito al contatto iniziale, ed eventualmente all'ulteriore opera di mediazione da lui svolta, è stata possibile la conclusione dell'affare.

[nota 42] Cfr. Tribunale di Venezia 5 marzo 1998 con nota di VIERO, «Appunti sulla mediazione atipica», in Foro pad. 1999, I, p. 76; Cass. n. 2631/1982, in Giur. it. Mass., 1982.

[nota 43] Cfr. BINELLI, «Fondamento e limiti del diritto del mediatore alla provvigione», in Notariato, 2003, 1, p. 34. e TOSCHI VESPASIANI, «La dissoluzione pattizia del binomio diritto alla provvigione-conclusione dell'affare» in I contratti, 2006, 3, p. 287.

[nota 44] App. Torino, 16 gennaio 2004, in Giur. merito, 2004, 2005.

[nota 45] Cass., 23 settembre 1980, n. 5326 in Giur. it. Mass., p. 1306.

[nota 46] Quali quelli stipulati dagli enti pubblici a trattativa privata con il sistema della gara e dell'offerta segreta a busta chiusa, poiché, a differenza di quelli stipulati col sistema dell'asta pubblica, per i quali l'iter di formazione del negozio è incompatibile con qualsiasi presa di contatto diretta tra le parti prima della conclusione del contratto, la gara tra i concorrenti attiene unicamente alla determinazione del prezzo e pertanto non preclude l'ipotizzabilità di un lecito contratto di mediazione. In senso conforme: Cass., 3 novembre 1978, n. 4989 in Giur. it. Mass., p. 1199; Cass. 11 aprile 1972, n. 1124 in Foro it. Mass., c. 422; la S.C. ha altresì ritenuto configurabile la mediazione nella vendita forzata immobiliare effettuata in sede fallimentare (Cass., 10 agosto 1966, n. 2184 in Giur. it. Mass., p. 970).

[nota 47] Anche se in materia di cooperative edilizie resta aperto il problema della eventuale sopravvenienza di costi che la società debba sopportare, eventualmente anche riferiti ad altri interventi, e dei quali i soci siano costretti a farsi carico.

[nota 48] Sul punto cfr. diffusamente BATTELLI, «Sulla differenza tra mandato e mediazione», in I contratti, 2005, 8-9, p. 770.

[nota 49] NATALE, «Sul cumulo delle attività di mandatario e mediatore unilaterale», in I contratti, 1988, p. 497 e ss.

[nota 50] Fra i contributi di dottrina notarile in particolare DE DONATO, «La trascrizione del contratto preliminare: particolari fattispecie di interesse notarile», in Riv. not., 1998, I, p. 415 la quale si esprime per la trascrivibilità della prenotazione se ed in quanto si riconosca all'atto di assegnazione natura traslativa e non divisionale.

[nota 51] MARICONDA, «La trascrizione del contratto preliminare: fattispecie trascrivibili», in Notariato, 1997, p. 366.

[nota 52] La questione è rilevante considerata la posizione dell'amministrazione finanziaria che pretende di tassare la caparra versata in sede di contratto preliminare con l'aliquota dello 0,50% anche qualora l'atto, come nel caso di cooperativa edilizia, sia poi assoggettato ad Iva e quindi escluso dal pagamento dell'imposta di registro proporzionale per il noto principio dell'alternatività.

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