Liberalità non donative e mandato professionale del notaio
Liberalità non donative e mandato professionale del notaio
di Michele Nastri
Notaio in Ercolano (NA)

Il tema di questo convegno costituisce un campo di prova della solidità e dell'accuratezza delle teorizzazioni della funzione del notaio ed in particolare del rapporto tra attività di adeguamento, doveri di informazione e consulenza alle parti, e doveri nei confronti dell'ordinamento, riconducibili, il più delle volte, alla funzione pubblica delegata dallo Stato od a funzioni pubblicistiche in genere.

In questo senso il notaio chiamato ad affrontare professionalmente tali tematiche si trova in una situazione più difficile di quella del suo immaginario collega Don Sebastiano, protagonista de "Il giorno del giudizio" di Salvatore Satta che, resosi conto di un'immorale contrattazione in sede di patti nuziali, è costretto dalla sua coscienza, in mancanza di elementi certi, a concludere la stipula, facendo, solo così, il suo dovere [nota 1].

La presenza di un fine mediato dell'attività negoziale pone infatti delicate questioni riguardanti il ruolo del notaio nelle vicende della contrattazione, ed alla sua estensione sia dal punto di vista dell'attività libero professionale, sia dal punto di vista della funzione pubblica, i cui contorni tendono sempre più a sfumare, anche a causa di recenti vicende normative.

Si tratta di individuare come si atteggino da una parte la funzione di adeguamento, e dall'altra le attività consulenziali dovute o facoltative, in presenza di fattispecie negoziali complesse, spesso non unitarie e nelle quali il più delle volte l'intervento diretto del notaio è solo un frammento, di per sé non qualificante, di un'articolata operazione, connotata tuttavia, in modo rilevante per l'ordinamento, dal fine ultimo che colora tutti gli atti e negozi che concorrono a configurarla.

In primissima istanza potrebbe immaginarsi che la liberalità non donativa (o più facilmente la donazione indiretta), al di là della fattispecie utilizzata strumentalmente per realizzare il fine mediato, pone il notaio in una posizione di consulenza meramente eventuale, che diviene attuale solo se ed in quanto viene a conoscenza del più ampio disegno.

Una simile configurazione contrasta però con una corretta interpretazione della funzione notarile, nel suo complesso atteggiarsi, così come emerge da un esame complessivo di doveri, oneri ed obblighi che sono posti a carico del notaio. L'ordinamento infatti, nella sua attuale articolazione, non consente una posizione così distaccata e impone al notaio, quale pubblico ufficiale e quale professionista, di intervenire nel complessivo disegno negoziale al di là di quanto enunciato in atto, ed anche in assenza di una richiesta del cliente in tal senso.

Una posizione estremamente restrittiva quale quella enunciata, può trovare una formale giustificazione nella mancata definizione nel nostro ordinamento, ed a differenza di altri ordinamenti, come quello tedesco [nota 2], della funzione e degli obblighi del notaio in materia di consulenza ed assistenza. Si tratta di un elemento di ambiguità che è stato di volta in volta, anche di recente, utilizzato per tentare di definire in modo restrittivo o espansivo ruolo, compiti e responsabilità del notaio, in relazione ad esigenze di limitazione o ampliamento dei relativi ambiti, derivanti da considerazioni più di politica di categoria che di corretto inquadramento sistematico. Tali contrastanti correnti interpretative sono tuttavia accomunate dalla presenza di un presupposto comune, che consiste nell'unicità ed immutabilità del ruolo del notaio (almeno in linea generale) nei rapporti con le parti, e dalla scarsa considerazione del possibile diverso atteggiarsi del rapporto in relazione a soggetti ed operazioni.

Tenterò di rilevare alcuni elementi che inducono a ritenere che occorre prendere atto della mutevolezza del ruolo del notaio in operazioni complesse, provando ad ipotizzare le linee direttrici per l'individuazione delle diverse possibili ampiezze dell'incarico e delle modalità di espletamento, allo scopo di evidenziare i criteri di una corretta definizione del rapporto con il cliente, nei limiti stabiliti dall'ordinamento, al fine di rendere quest'ultimo cosciente della prestazione possibile e di quella effettivamente richiesta.

Tale operazione non può prescindere dalla preliminare individuazione degli elementi da utilizzare per una ricostruzione sistematica dei compiti del notaio nei confronti del cliente, sia pure al limitato fine propostoci di individuare i compiti obbligatori, facoltativi e possibili nell'ambito delle liberalità non donative, delle donazioni indirette e del negozio indiretto in genere.

Si tratta di un sistema complesso che non emerge più solo dall'ordinamento del notariato e dai codici, ma anche dall'insieme delle normative che delineano compiti e responsabilità del notaio, quale pubblico ufficiale o quale libero professionista, in numerosi settori, attribuendogli un ruolo attivo ed obbligatorio in materia, ad esempio, di liquidazione e riscossione delle imposte, ma anche di contrasto dell'evasione fiscale, e di lotta al riciclaggio dei proventi rivenienti da reato. Va detto sin d'ora, ed emergerà in prosieguo, che occorre prendere atto che, in molti casi, le norme di più recente emanazione considerano il notaio come libero professionista unitamente ad altre categorie professionali, o quanto meno senza valorizzare le peculiarità della pubblica funzione.

Cercherò quindi, sia pure in breve, di esaminare come si atteggia il ruolo del notaio rispetto alle finalità ultime perseguite dalle parti ed ai doveri imposti dall'ordinamento, articolando le considerazioni su alcuni punti fondamentali:

- il dovere di informazione, circa le conseguenze giuridiche, fiscali e patrimoniali degli atti;

- il dovere di consulenza e la sua estensione dal campo del diritto civile in senso stretto, alle attività volte a garantire la piena realizzazione non solo dell'intento negoziale ma del risultato economico-funzionale previsto, in assenza di inconvenienti ed al minor costo fiscale lecito, nella piena valutazione di tutti i profili rilevanti;

- i doveri di controllo pubblicistico, e mi riferisco qui in particolare alla stretta interconnessione tra la normativa volta a consentire il controllo dei mezzi di pagamento in sede di compravendita immobiliare, e la normativa che impone doveri in materia di antiriciclaggio;

- infine la consulenza di natura professionale non necessariamente connessa alla funzione notarile.

Tali attività impegnano il notaio nei confronti delle parti in un modo che può essere diverso in relazione alla concreta determinazione dell'incarico, ma anche nei confronti degli interessi pubblicistici genericamente tutelati dall'ordinamento, e di quelli affidati alla cura del notaio da specifiche norme di legge.

Il dovere di informazione del notaio inteso come segnalazione dei possibili esiti per la via prescelta tra le parti, costituisce un frammento della più ampia funzione di adeguamento della volontà delle parti ai dettami dell'ordinamento. Esso si inserisce in quell'attività di reciproco scambio di notizie che consente di giungere alla determinazione dello strumento negoziale più adatto al raggiungimento degli interessi concretamente perseguiti (il carneluttiano cavére [nota 3]) e si atteggia in modo particolare a fronte di fattispecie di incerta classificazione ed incerte conseguenze (si pensi all'irrisolto problema della riducibilità delle donazioni indirette, o agli effetti della miniriforma degli artt. 561-563 c.c. sulle donazioni anteriori). Salvo il caso in cui non sia assolutamente a conoscenza della possibilità di una liberalità non donativa, ipotesi questa che il contesto normativo attuale tende a relegare nel campo della mera eventualità, il notaio sarà tenuto a dare un'informativa adeguata delle possibili conseguenze, tenendo conto delle incertezze esistenti. In ogni caso possiamo ritenere che il dovere di informazione sia il contenuto minimo necessitato della prestazione notarile, in base al quale, anche in assenza di esplicite richieste o indicazioni delle parti, il notaio dovrà rendere edotte le stesse delle possibili conseguenze mediate, in base all' id quod plerumque accidit.

Al dovere di informazione è connesso, il più delle volte in modo inscindibile perché rientrante nella funzione di adeguamento, il dovere di consulenza [nota 4]. Esso si realizza in quell'opera di approfondimento e consiglio che, partendo dall'indagine della volontà delle parti, individua il risultato ultimo che si intende ottenere in relazione anche alla qualità delle parti ed ai rapporti tra le stesse. Il dovere di consulenza, secondo i più recenti orientamenti giurisprudenziali, peraltro frutto di una tendenza all'interpretazione estensiva [nota 5] del contenuto tipico dell'incarico professionale al notaio, si estende dal campo della consulenza civilistica a quello tributario, almeno nell'accezione dell'individuazione del miglior regime fiscale applicabile al negozio prescelto [nota 6].

Il tema dell'estensione, nella ricostruzione giurisprudenziale, dei compiti di consulenza del notaio all'ambito della consulenza fiscale sembra seguire un percorso analogo a quello seguito in materia di obbligo di visure ipocatastali, tendente all'affermazione progressiva del ruolo e della responsabilità del notaio, attraverso la valorizzazione dei doveri di diligenza di cui al secondo comma dell'art. 1176 c.c. [nota 7], ma si differenzia per la necessità, in questo caso, di un rapporto di collaborazione e di scambio di informazioni tra parti e notaio che risente sì della diligenza del notaio, ma anche del comportamento delle parti e del concreto atteggiarsi dell'attività professionale [nota 8]. Va riconosciuto che le pronunzie giurisprudenziali che si sono espresse positivamente sull'obbligo di consulenza da parte del notaio in materia fiscale si sono basate sul dato di comune esperienza, e riconducibile pertanto alla sfera applicativa dell'art. 1176 c.c., consistente nella estrema rilevanza, nella realizzazione degli interessi delle parti, di un equo bilanciamento tra grado di realizzazione dell'interesse sostanziale perseguito ed i costi, soprattutto fiscali, da sostenere. Ciò rende il profilo fiscale elemento determinante che colora le scelte concrete delle parti ed il consiglio del notaio, sulla base, abitualmente, di un ventaglio di possibilità nelle quali il vantaggio fiscale comporta il sacrificio, o la minore sicurezza di un interesse. La valutazione del profilo fiscale non segue meccanicamente quindi la scelta dello strumento negoziale, ma è parte integrante di questa scelta, al punto che molti dei contributi del notariato all'individuazione di nuovi meccanismi negoziali [nota 9] sono frutto di tali spinte.

La consulenza del notaio si spingerà quindi, almeno di norma, all'individuazione della complessiva operazione che le parti intendono portare a termine [nota 10]. Nei casi di maggiore complessità, e certamente tra questi rientra l'ipotesi delle operazioni negoziali indirette, la prestazione dipenderà necessariamente dalla richiesta (implicita o esplicita) delle parti, e dalla quantità e qualità di informazioni fornite.

Una liberalità non donativa richiederà quindi di norma una consulenza complessiva del notaio, anche nelle parti per la cui realizzazione non è necessaria la partecipazione del notaio, e potrà riguardare:

- lo strumento o gli strumenti negoziali da utilizzare;

- la possibilità di far emergere la liberalità indiretta dall'insieme della documentazione negoziale;

- il trattamento tributario del negozio mezzo posto in essere;

- la possibile tassazione del negozio indiretto.

Ciò tuttavia costituisce solo un possibile modello; in molti casi il rapporto consulenziale potrà limitarsi ad un frammento dell'operazione, o l'attività notarile potrà essere svolta nell'ambito di operazioni complesse nelle quali siano coinvolte altre competenze professionali. In quest'ultima ipotesi non è scandaloso ammettere che il coordinamento generale, dal punto di vista della consulenza professionale, delle operazioni, possa spettare anche ad altri professionisti.

In un esempio concreto, l'acquisto di un immobile di ingente valore da parte di un soggetto appena maggiorenne che non ha mai percepito un reddito imponibile farà sì che il notaio, in mancanza di un rifiuto dell'interessato, approfondisca il tema della provenienza del danaro; qualora si appuri che tale danaro sia fornito, come tipicamente accade, da un genitore, occorrerà valutare l'opportunità di far emergere documentalmente la liberalità indiretta in relazione ai seguenti fini:

- l'assoggettamento a collazione e riduzione [nota 11];

- la sicurezza dell'acquisto nei trasferimenti successivi;

- la dichiarazione della liberalità ai fini fiscali di cui all'art. 1, comma 4-bis, del reintrodotto testo unico sull'imposta sulle successioni e donazioni, [nota 12]e la problematica applicazione di tale norma [nota 13], che disegna la liberalità non donativa in stretta aderenza alla disciplina civilistica, ma proprio perciò limita il proprio ambito di applicazione, in presenza di una vasta serie di fattispecie in cui l'enunciazione ai fini fiscali trasforma quasi automaticamente la liberalità indiretta in liberalità diretta;

- l'opportunità (o necessità) di tale dichiarazione in relazione alle problematiche di fiscalità diretta ed in particolare alla possibilità di accertamento induttivo di cui all'art. 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Sono tutti temi questi che si presentano in ogni ipotesi di liberalità indiretta, e che, dal notaio devono essere trattati in modo unitario con una soluzione che contemperi le varie esigenze astrattamente tutelabili.

Lo stesso ordine di riflessioni dovrà essere riservato in massima parte ad altre tipologie di liberalità indirette, quali, ad esempio:

- le liberalità indirette attuate mediante il meccanismo contratto per persona da nominare - adempimento del terzo - rinunzia alla restituzione [nota 14];

- il contratto a favore di terzo [nota 15];

- il patto di famiglia;

- il negotium mixtum cum donatione;

- l'adempimento del terzo;

- la rinunzia;

- la prestazione di garanzie reali e personali.

Un'attenzione ancora maggiore, ed una consulenza ancora maggiormente qualificata, andrà prestata in relazione a fattispecie di minor frequenza applicativa o di maggiore originalità o complessità, come ad esempio l'utilizzazione di strumenti societari variamente atteggiati, il trust [nota 16], o le operazioni complesse cui concorrano negozi abitualmente formati con atto notarile pubblico o autenticato e negozi aventi diversa forma, quali il comodato, e la locazione mixta cum donatione17.

Oltre ai doveri di informazione e consulenza nei confronti del cliente, al notaio competono numerosi doveri di natura pubblicistica, sia come professionista che come pubblico ufficiale, da contemperare necessariamente con la tutela dell'interesse del cliente, che anzi, in taluni casi deve necessariamente soccombere.

Il notaio ha il dovere di procedere alla liquidazione ed al pagamento delle imposte indirette dovute in sede di registrazione dell'atto, e delle altre al cui pagamento è obbligato [nota 18]. Tale dovere si atteggia in modo più pregnante a seguito delle modifiche al procedimento impositivo derivante dall'introduzione del cosiddetto Adempimento Unico [nota 19]: la liquidazione dell'imposta principale è infatti ormai demandata al notaio e non all'ufficio, che interviene nella fase successiva di controllo e di riliquidazione di un'imposta che è definita principale al solo fine di mantenere ferma la responsabilità primaria (e solidale con le parti del notaio) anche allo scopo di dissuadere da comportamenti scorretti [nota 20]. Il notaio quindi non deve più procedere più alla sola qualificazione di massima del negozio ai fini fiscali, rimettendo all'ufficio la liquidazione vera e propria, ma è autonomamente abilitato all'interpretazione negoziale ai fini delle imposte; conseguentemente deve applicare l'imposta sulla base della natura e degli «effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente», secondo il dettato dell'art. 20 del D.P.R. 131/1986 richiamato dall'art. 58 del D.P.R. 346/1990, e quindi dovrà sottoporre all'imposta le liberalità indirette, ove presenti, anche indipendentemente dalla tassazione del c.d. negozio mezzo; un esempio concreto potrebbe essere l'enunciazione di una liberalità indiretta in un trasferimento di partecipazioni sociali, che non rientra nella fattispecie di esenzione d'imposta di cui all'art. 1 comma 4-bis D.lgs. 346/1990, che riguarda solo immobili e aziende.

Negli atti notarili relativi a cessioni di diritti immobiliari, a norma del comma 22 dell'articolo 35 del decreto legge n. 223 del 4 luglio 2006, convertito con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 devono essere indicati, a pena di gravi conseguenze di carattere fiscale [nota 21], i mezzi di pagamento utilizzati; ciò, è noto, non comporta l'obbligo di indicare in atto il soggetto che dispone il pagamento [nota 22], ma introduce uno strumento di facile ricostruzione della provenienza delle somme utilizzate per il pagamento, sia dal punto di vista civilistico che fiscale. La sussistenza della liberalità indiretta, può facilmente immaginarsi in base anche agli orientamenti della giurisprudenza civile, sarà accertata, in tali tipologie di atti, ogni qualvolta i mezzi di pagamento siano stati forniti da soggetti formalmente estranei alla transazione in mancanza di idonea motivazione, o non venga dimostrata la riconducibilità dei fondi alla sfera patrimoniale dell'acquirente. A ciò si aggiunga la possibilità più che concreta che in tali ipotesi possa essere effettuato, a carico dell'acquirente, e di colui che ha fornito i fondi per l'acquisto, un accertamento induttivo a norma dell'art. 38, commi 4 e 5, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 [nota 23].

Infine la normativa antiriciclaggio (art. 9 D.M. 3 febbraio 2006, n. 141) impone al professionista di agire «tenuto conto anche della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto a cui è riferita». Si tratta quindi della possibilità per il cliente di dimostrare la disponibilità nella propria sfera patrimoniale della somma di denaro che risulta spesa in relazione all'operazione documentata nell'atto notarile. In aggiunta a ciò l'Ufficio italiano dei cambi, nel proprio provvedimento del 24 febbraio 2006, riprendendo il passaggio normativo contenuto nel D.M. sopra citato, precisa, al punto IV 3, che i professionisti «individuano eventuali incongruenze rispetto alla capacità economica, alle attività svolte, e al profilo di rischio di riciclaggio». Lo stesso art. 9 del D.M., inoltre, precisa che, ai fini dell'obbligo di segnalazione, il professionista deve tenere conto di «qualsivoglia altra circostanza conosciuta a ragione delle funzioni esercitate». Questo quadro normativo, destinato forse ad essere integrato con ulteriori incombenze relative all'individuazione del titolare effettivo dell'operazione e dei mezzi di pagamento nella normativa che sarà emanata in attuazione della direttiva 2005/60/CE e della direttiva 2006/70/CE (prevenzione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento al terrorismo) pone il notaio, in quanto professionista, nella condizione di dover conoscere la provenienza delle somme utilizzate per l'operazione oggetto di atto notarile, o in mancanza di dover valutare i limiti a tale conoscibilità al fine di valutare la sussistenza del sospetto di riciclaggio. L'esigenza è tanto sentita che è stata valutata positivamente la prospettiva di far rendere ai clienti una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà in relazione alla provenienza delle somme, in mancanza di una chiara indicazione in atto o di una conoscenza autonoma da parte del notaio [nota 24].

Sotto questi tre diversi profili risulta chiaro che il notaio deve tenere conto (o non può non venire a conoscenza) di indici che tipicamente rivelano la sussistenza delle liberalità non donative, in virtù di obblighi che gli sono imposti dalla legge. Né può sostenersi, in questo ambito, una scissione tra la funzione pubblica, nella quale rientrerebbero i doveri appena elencati, e l'attività di consulenza libero professionale, che renderebbe il notaio libero di delineare nel modo più utile per le parti l'operazione senza tenere conto, nell'esercizio della funzione pubblica, di ciò che viceversa conosce nell'espletamento dell'incarico libero professionale. Ciò non solo per la necessaria unitarietà della prestazione del notaio, che assomma in un unicum inscindibile e perciò peculiare la funzione pubblica e quella professionale di assistenza alle parti, ed in ciò trova la sua ragione ultima, ma anche per ragioni di carattere squisitamente tecnico.

Allo stato attuale dell'evoluzione dell'ordinamento non può infatti affermarsi in modo categorico che le tre attività di rilevanza pubblicistica appena enunciate siano espressione della funzione pubblica affidata al notaio, ma solo che sono espressione dei compiti di interesse pubblico affidati dall'ordinamento a determinate categorie professionali ed, in taluni casi, nemmeno ad appartenenti ad ordini professionali.

L'obbligo di registrazione degli atti, anche se non ancora l'autoliquidazione, è ormai sancito non più solo per le parti dell'atto e per i pubblici ufficiali roganti o depositari, ma anche per soggetti che non svolgono alcun ruolo nella fase di redazione dell'atto né assumono alcuna responsabilità nella sua conservazione, come gli intermediari immobiliari a seguito della recente modifica del testo unico dell'imposta di registro.

L'indicazione in atto dei mezzi di pagamento è costruita come dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà resa dalle parti, e l'atto notarile ne è solo il necessario contenitore. Il ruolo del notaio è in questo caso, è necessario dirlo, di mera certificazione.

Gli obblighi in materia di antiriciclaggio sono affidati non al notaio in quanto tale, ma in quanto professionista legale rientrante in un settore di cui fanno parte anche avvocati e commercialisti. L'ordinamento ha inteso affidare dei compiti a soggetti non in quanto depositari della pubblica funzione, ma solo in quanto genericamente individuati come affidabili.

Inoltre, e qui è questione anche di responsabilità professionale, determinate conoscenze, indipendentemente dalle ragioni per cui si verificano, o la loro mancanza, non possono non orientare l'attività di consulenza. Ciò pone conseguentemente la delicata questione di definire, nel rapporto con il cliente, le circostanze effettivamente conosciute, quelle che si sarebbero dovute o potute conoscere e le ragioni per le quali ciò non è avvenuto, ed i limiti della prestazione richiesta rispetto a quella fornita. E stiamo tornando, quindi al punto iniziale della carente definizione legislativa dell'attività consulenziale del notaio. Le costruzioni della giurisprudenza e della dottrina al riguardo sono insoddisfacenti, e molto spesso orientate ad un risultato predefinito. Esse peraltro sono accomunate da un presupposto mai messo in discussione, che consiste nell'omogeneità ed invariabilità dell'incarico professionale al notaio. In fattispecie complesse come le donazioni indirette l'affermazione di tale omogeneità appare a dir poco apodittica, ed incurante della realtà.

Prima però di affrontare in modo diretto questo punto occorre sgombrare il campo da un'ultima questione. Vi sono obblighi del notaio, anche solo deontologici, in relazione alla (mancata) enunciazione delle liberalità non donative ed alle conseguenze negative che possono derivare a legittimari pretermessi o lesi dalla mancata documentazione delle stesse, beninteso nel caso in cui il notaio ne sia a conoscenza?

La domanda, che può apparire superflua sulla base di una visione tradizionale del problema, merita tuttavia una breve risposta. La liberalità non donativa, e la donazione indiretta in particolare, sono pienamente riconosciute e tutelate dall'ordinamento e per esse non è necessaria o richiesta alcuna attività di documentazione. è pur vero che la mancata documentazione può comportare il pregiudizio di altri interessi giuridicamente protetti, ma non è richiesto al notaio di assicurare la tutela di interessi di terzi estranei al negozio, in assenza di una precisa statuizione al riguardo, ed in presenza anzi di un'operazione pienamente lecita. Inoltre occorre affrontare la questione senza dimenticare che il notaio interviene, nella maggior parte dei casi, solo in una limitata parte delle operazioni di sistemazione dei patrimoni, e che la enunciazione o meno di una liberalità non donativa può dipendere, ed in molti casi dipende, solo da esigenze che rispondono ad un'istanza di equità, come la simmetria tra più operazioni simili a vantaggio di diversi soggetti.

Vedo un solo limite a quanto sin qui affermato: mi pare infatti contrario ai doveri di correttezza e di equidistanza tra le parti, che sono propri della funzione notarile, ed al generale dovere di contribuire all'attuazione dell'ordinamento, un comportamento del notaio volto a favorire non l'effettuazione della liberalità indiretta senza documentazione notarile, ma il vero e proprio occultamento della stessa. A tale comportamento osta inoltre, nella maggior parte dei casi, il necessario rispetto della normativa richiamata in materia di documentazione dei mezzi di pagamento e di antiriciclaggio che indirizzano l'attività del notaio e ne impediscono, in fatto e in diritto, un comportamento ambivalente.

Per giungere ad una conclusione anche operativa provo ad elencare, in ordine di più probabile incidenza statistica, le possibili definizioni del contenuto dell'incarico professionale del notaio in relazione ad ipotesi di liberalità indirette:

- l'intenzione di realizzare liberalità indirette emerge nel corso dell'istruttoria a seguito delle normali indagini sulla volontà delle parti, od in quelle connesse all'adempimento di altri obblighi imposti dal legislatore, come quelli relativi alla normativa antiriciclaggio od alla enunciazione dei mezzi di pagamento; in tal caso è necessario che alle parti siano chiarite possibilità e rilevanza della documentazione in atto della liberalità indiretta, sue conseguenze civilistiche e fiscali, possibilità e conseguenze di una documentazione non pubblica, o della mancata documentazione;

- al notaio è espressamente richiesto di realizzare una liberalità indiretta; il comportamento del notaio sarà analogo alla precedente ipotesi, fermo restando che sarà necessario prospettare le possibili alternative e consigli la documentazione delle operazioni effettuate a latere dell'atto notarile;

- al notaio viene taciuta la reale natura dell'operazione; in tal caso il notaio, qualora vi siano elementi tali da far ritenere, in relazione ai soggetti (es. rapporti tra famigliari) o alle attività (es. mancante o carente documentazione dei mezzi di pagamento o notizie sulla provenienza delle somme) farà presente le conseguenze alle parti di tale carenza di notizie necessarie o utili per la corretta qualificazione dell'attività da effettuarsi, fermo restando l'obbligo di effettuare gli adempimenti previsti dalla normativa (es. antiriciclaggio), ricorrendone le condizioni.

La pratica insegna però, che la distinzione tra le diverse modalità pratiche di svolgimento del rapporto tra notaio e cliente sin qui elencate, e le innumerevoli altre intermedie che si possono immaginare, non è affatto chiara, e soprattutto è difficilmente individuabile "a posteriori". La più volte citata mancanza, nello statuto del notaio, di una regola circa l'individuazione e lo svolgimento dell'attività di consulenza, ed il rincorrersi di normative che impongono, spesso al di fuori della pubblica funzione, attività di rilievo pubblicistico, rendono necessaria una riflessione circa la definizione non tanto degli obblighi del notaio, che possono variare in relazione ad esigenze ed intenzioni delle parti, anch'esse suscettibili di variazioni nel corso dello svolgimento, quanto sulla possibilità e sulla necessità che il rapporto tra notaio e cliente non sia improntato ad un unico possibile paradigma, oggetto spesso di interpretazioni e contestazioni, ma ad una varietà di possibili esplicazioni, che abbiano come limite interno il contenuto delle prestazioni indiscutibilmente obbligatorio, e come limite esterno il mantenimento della terzietà del notaio intesa come perseguimento non solo di interessi leciti, ma delle finalità generali dell'ordinamento, nel rispetto delle competenze attribuite. Presupposto di questa impostazione è l'affermazione della possibilità di riempire di contenuti qualitativamente e quantitativamente diversi la prestazione professionale complessa del notaio, in relazione ad esigenze e tipologie di clienti. Ne deriva che il contenuto della prestazione può non essere individuato in relazione al semplice criterio di diligenza professionale di cui all'art. 1176 secondo comma c.c. [nota 25], né tantomeno necessariamente integrato facendo ricorso agli usi normativi di cui all'art. 1374 c.c. [nota 26] od agli usi contrattuali di cui all'art. 1340 c.c. [nota 27], ipotesi quest'ultima che riterrei di prendere in considerazione solo in relazione a fattispecie che presentino entrambe queste caratteristiche: si tratti di attività pacificamente considerate come costituenti contenuto necessario della prestazione notarile e siano eseguibili senza la collaborazione del cliente.

Conseguenza di questa impostazione è la proposta di un rapporto con il cliente (quanto meno in fattispecie complesse come le liberalità indirette) che si basi sulla definizione del contenuto dell'incarico [nota 28] all'atto del suo conferimento o nel corso del suo espletamento, e sulla relativa documentazione, abbandonando pratiche che si basano sull'indefinizione reciproca dei ruoli e, talvolta delle responsabilità. In tal modo, nella valutazione del corretto assolvimento dei compiti professionali potrà rientrare un'analisi del comportamento di entrambe le parti del rapporto professionale, oggi meramente eventuale, secondo il principio della buona fede nell'esecuzione dei contratti (art. 1375 c.c.). Ovviamente questa prassi, già utilizzata in alcuni limitati ambiti [nota 29], non può che essere modulata in relazione alla complessità dell'incarico, ed andrebbe quindi incoraggiata in settori carichi di incertezze come quello delle liberalità non donative. La mancanza di una norma che consenta al notaio formalmente, come in altri ordinamenti [nota 30], di menzionare in atto eventuali suggerimenti che siano stati da lui fatti alle parti e da queste rifiutati [nota 31], e la possibilità limitata dell'indicazione in modo indiretto di tali attività nell'atto [nota 32], rende necessario rimeditare le modalità di formulazione e svolgimento dell'incarico professionale, e di documentazione dei contenuti dello stesso, non solo quando lo stesso viene limitato mediante convenzioni di esonero di responsabilità, ma tendenzialmente in ogni caso.


[nota 1] «Don Sebastiano … Aveva lavorato tutto il giorno, e sul tardi gli si erano presentati due sposi per stipulare un contratto nuziale. Venivano da un paese della Costera, e lui aveva passato da molto i settanta, lei era una ragazza di vent'anni. Era accompagnata dai genitori, molto più giovani dello sposo, i cui abiti lisi denunciavano la modesta condizione. Don Sebastiano aveva ascoltato la volontà delle parti, e aveva cominciato a scrivere. Come sempre. Ma sentiva la mano pesante, e la penna recalcitrava. Egli non era certo un sentimentale, e ne aveva viste di tutti i colori. A un certo punto si era alzato, e aveva chiamato nella stanza vicina, che era la sua stanza da letto, i genitori, e gli aveva detto: Sono pronto a rimetterci la carta bollata purché non vendiate questa vostra figliola- Lei faccia il suo dovere, gli avevano risposto. Dopo il bianco viene il nero. Ed egli aveva fatto il suo dovere, come sempre lo faceva…». S. SATTA, Il giorno del giudizio.

[nota 2] Dienstordnung f,r Notariat 1937 §30/1, ora Bundesnotarordnung 24 febbraio 1969, §26.

[nota 3] CARNELUTTI, «La figura giuridica del notaro», in Riv. trim. dir. proc. civ., 1950, p. 950 e ss.

[nota 4] Su tali doveri, e sulla distinzione tra gli stessi, TONDO, Dovere per il notaio di informazione e consulenza, in Studi e materiali, 2002, I, p. 315.

[nota 5] Paradigmatico è il caso delle visure ipocatastali, le cui obbligatorietà, un tempo dubbia, è stata via via estesa dall'atto pubblico alla scrittura privata, fino alla predisposizione di preliminari non autenticati. Una disamina degli orientamenti interpretativi che hanno giustificato, in dottrina e in giurisprudenza, tale estensione, in «Il "punto" su la fonte dell'obbligo del notaio di procedere alle visure ipo-catastali» (a cura di BARCA), in Riv. not., 1999, p. 209.

[nota 6] Cass., Sez. II civ., 13 gennaio 2003, n. 309, con nota di SALITO, «Il notaio diventa consulente fiscale delle parti», in Riv. not., 2003, p. 986 e ss.

[nota 7] Tra le altre, Cass. civ. 26 febbraio 2000, n. 5232, in Dir. e giust., 2000, 17, p. 7 e ss.; Cass. civ. 18 gennaio 2002, n. 547, in Vita not., 2002, I, p. 496 e ss.; App. Milano 10 giugno 1997, in Dir. ed econ. delle assicurazioni, 1998, p. 610 e ss.

[nota 8] FUCCILLO, «Agevolazioni, deve chiederle il cliente. La lettura dell'atto dispensa il notaio da colpa», in Dir. e giust., 2003, 9, p. 33, che affronta il caso di chi dichiara di non avere altre case di abitazione acquistate con le agevolazioni della prima casa ed evidenzia la difficoltà per il notaio di accertare la veridicità di una simile dichiarazione. Nega un obbligo del notaio di fornire consulenza fiscale al cliente App. Roma, 4 giugno 1996, in Giust. civ., 1997, I, p. 539 e ss., che nega la configurabilità di un «generico obbligo per il notaio rogante, salva l'ipotesi ... di uno specifico incarico conferito ad opera del cliente, di tenere informato quest'ultimo in ordine a quale possa essere la disciplina fiscale più favorevole per il cliente medesimo, esorbitando tale attività da quelli che sono i compiti istituzionali del notaio, connessi alla preparazione dell'atto».

[nota 9] Il c.d. condominio precostituito, ed una parte consistente dell'elaborazione di dottrina e giurisprudenza sulle tematiche dei diritti reali su edifici da costruire prendono le mosse da problematiche di carattere fiscale.

[nota 10] In tal senso i anche i Principi di deontologia professionale dei notai che, all'art. 42, dispongono: «In particolare il notaio è tenuto a svolgere in modo adeguato e fattivo le seguenti attività:

a) informare le parti sulle possibili conseguenze della prestazione richiesta, in tutti gli aspetti della normale indagine giuridica demandatagli e consigliare professionalmente le stesse, anche con la proposizione di impostazioni autonome rispetto alla loro volontà e intenzione;

b) scegliere la forma giuridica più adeguata alle decisioni assunte dalle parti, accertandone la legalità e la reciproca congruenza, svolgendo le richieste attività preparatorie e dirigendo quindi la formazione dell'atto nel modo tecnicamente più idoneo per la stabilità del rapporto che ne deriva e per la completa efficacia dell'atto;

c) dare alle parti i chiarimenti richiesti o ritenuti utili a integrazione della lettura dell'atto, per garantire ad esse il riscontro con le decisioni assunte e la consapevolezza del valore giuridicamente rilevante dell'atto, con speciale riguardo ad obblighi e garanzie particolari e a clausole di esonero o limitative di responsabilità, nonché agli adempimenti che possono derivare dall'atto, valendosi per questo ultimo aspetto anche di separata documentazione illustrativa.

d) prestare alle parti la propria assistenza con diligenza ed impegno professionale, se necessario anche dopo il perfezionamento dell'atto».

[nota 11] Certo, secondo la giurisprudenza dominante, l'assoggettamento a collazione, incerto quello a riduzione e restituzione. Considerano non soggette a restituzione le liberalità indirette DI MAURO, «Ancora sull'individuazione dell'oggetto della liberalità ai fini della riunione fittizia (art. 556 c.c.) della imputazione ex se (art. 564 comma 2 c.c.) e della collazione (art. 737 comma 1 c.c.)», in Giust. civ., 1991, I, p. 2981 e ss.; MAGLIULO, «L'acquisto dal donatario tra rischi ed esigenze di tutela», in Notariato, 2002, p. 93 e ss. Nello stesso senso recentemente IACCARINO, «Donazioni indirette. Profili tributari e disciplina dell'imputazione, della collazione e della riduzione», in Notariato, 2007, p. 272; DE CARLO, «Profili dell'azione di riduzione nelle donazioni indirette», in Gazz. not., 2007, p. 325 e ss.; per l'innapplicabilità degli artt. 561-563 CARNEVALI, Sull'azione di riduzione delle donazioni indirette che hanno leso la quota di legittima, in Le ragioni del diritto, Scritti in onore di L. Mengoni, I, Milano, 1995, p. 145.

[nota 12] Al riguardo va notato che tale norma non ha avuto sinora applicazioni significative in quanto, introdotta con legge 21 novembre 2000, n. 342 (art. 69), è stata travolta dall'abrogazione dell'imposta sulle successioni e donazioni con legge 383/2001, ed è tornata all'attenzione della dottrina e della pratica solo con la reintroduzione dell'imposta sulle successioni e donazioni (D.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2006, n. 286, e L. 27 dicembre 2006 n. 296). Sulla reintroduzione dell'imposta sulle successioni e donazioni, BELLINI: «La "nuova" imposta sulle successioni e donazioni: reintroduzione delle disposizioni del D.lgs. 346/1990 e coordinamento con i provvedimenti successivi», in Il fisco, 47, 2006, p. 7230; GAFFURI, «Note riguardanti la novellata imposta sulle successioni e donazioni», in Rass. trib., 2, 2007, p. 441 e ss. Sulle liberalità indirette nell'originario vigore della legge 342/2000, gli interventi, tutti ancora attuali in virtù del limitatissimo periodo di originario vigore di tale provvedimento, in AA.VV. L'imposta sulle successioni e donazioni fra crisi e riforme, Milano, 2001, ed in particolare: GAFFURI, Le liberalità informali, p. 281 e ss.; LUPI, I trasferimenti non formali: dalle scelte rinunciatarie del legislatore del 1973 all'imbarazzo di quello del 2000, p. 289 e ss.; MONTELEONE, Il nodo delle liberalità indirette, p. 331 e ss.; NASTRI, Liberalità indirette e prassi negoziale, p. 305 e ss.; STEVANATO, La nuova presunzione di liberalità per i trasferimenti di partecipazione societarie, tra simulazione e accertamento di una donazione indiretta (negozio misto con donazione), p. 185 e ss.; STEVANATO, Le liberalità tra vivi nella riforma del tributo successorio, p. 245 e ss.; nonché di poco anteriore, in una prospettiva de iure condendo STEVANATO, Donazioni e liberalità indirette nel tributo successorio, Padova, 2000.

[nota 13] Ci sia consentito dichiarare sul punto un certo scetticismo in relazione alla possibilità che l'enunciazione in atto di liberalità indirette, nelle ipotesi di cui all'art. 1 comma 4-bis del reintrodotto D.P.R. 346/1990 non configuri una liberalità diretta, e pertanto non rientrante nell'esenzione di cui al citato comma 4-bis, in presenza di una giurisprudenza civilistica che ormai pacificamente, almeno ai fini della collazione, configura l'acquisto con danaro altrui come donazione indiretta dell'immobile; sul punto, in particolare, Cass., Sez. Un., 5 agosto 1992, n. 9282, in Giust. civ., 1992, I, p. 2991, con nota di AZZARITI, «Somma erogata per l'acquisto di un immobile intestato a soggetto diverso dall'acquirente e collazione»; Cass. 15 novembre 1997, n. 11327, in Foro it., 1999, I, c. 994; Cass. 14 dicembre 2000, n. 15778, con nota di CIANCI, in Fam. e dir., 2001, p. 136 e ss.; meno netta Cass. 8 maggio 1998, n. 4680, in Fam. e dir., 1998, p. 323, con commento di GIOIA; per la giurisprudenza di merito Trib. Milano, 6 novembre 1996, in Fam. e dir., 1997, p. 469, con commento di D'ADDA;

[nota 14] Vedasi la relazione di MAGLIULO in questo volume.

[nota 15] Sul punto ampia disamina in IACCARINO, op. cit., p. 284.

[nota 16] Su cui vedasi la relazione di BARTOLI, in questo volume.

[nota 17] GATT, «Ricostruzione dell'asse ereditario e liberalità», nota a Tribunale di Napoli 9 maggio 2005, in Dir. giur., 2007, I, p. 133 ss.

[nota 18] Si pensi all'imposta sostituiva sulle plusvalenze immobiliari di cui al comma 496 dell'articolo unico della L. 23 dicembre 2005, n. 266 (Finanziaria 2006), al cui pagamento il notaio è obbligato non in quanto soggetto obbligato alla registrazione, ma in relazione ad uno specifico obbligo imposto in tale legge;

[nota 19] Art. 1 D.lgs. 18 gennaio 2000, n. 9, che ha aggiunto tra l'altro gli articoli 3-bis, 3-ter e 3-sexies del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 463 riguardanti l'utilizzazione di procedure telematiche per gli adempimenti in materia di registrazione, trascrizione, iscrizione, annotazione e di voltura degli atti relativi a diritti sugli immobili; D.P.R. 18 agosto 2000, n. 308; Decreto Ministero delle Finanze 13 dicembre 2000.

[nota 20] Art. 3-ter D.lgs. 463/1997, introdotto dal D.lgs. 18 gennaio 2000 n. 9; sul punto MONTELEONE - SANTANGELO, L'imposta principale applicata dopo la registrazione, in Assonotai Campania, 2002, p. 20;

[nota 21] Sanzione amministrativa da euro 500 ad euro 10.000 ed accertamento di valore ai sensi dell'art. 52 comma 1 del D.P.R. 131/1986 anche nei casi in cui si potrebbe ancora fruire della c.d. valutazione automatica. Cfr. sul punto circolare 28/E dell'Agenzia delle Entrate, Direzione Generale Normativa e Contenzioso, del 4 agosto 2006.

[nota 22] In tal senso, sul punto, IACCARINO, op. cit., p. 271.

[nota 23] Cfr. la Circolare n. 49/E del 9 agosto 2007 dell'Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Accertamento, per una disamina dell'attuale posizione dell'Amministrazione finanziaria, che prende in considerazione, per gli accertamenti induttivi, la posizione reddituale complessiva del nucleo familiare, e non solo quella del singolo.

[nota 24] TASSINARI, Risposta a quesiti della Commissione Commissione Studi Civilistici del Consiglio Nazionale del Notariato - Gruppo di studio sull'antiriciclaggio, «Il notaio, a seguito dell'entrata in vigore per i professionisti della normativa antiriciclaggio, è obbligato ad assumere informazioni in tema di capacità economica del cliente in relazione alla spesa da esso sostenuta nell'operazione e di attività lavorativa dal medesimo svolta? II) In ogni caso, quali cautele è opportuno che il notaio adotti, in via generale nell'esercizio della propria attività, al fine di evitare responsabilità in relazione ai predetti elementi della capacità economica e dell'attività lavorativa svolta dal cliente?» in Banca Dati Notarile (BDN).

[nota 25] In tal senso la giurisprudenza dominante citata in precedenza, chiamata però ad esprimersi in relazione a fattispecie concrete in cui l'incarico professionale non aveva avuto adeguata definizione.

[nota 26] ROSSI, «La responsabilità del notaio per violazione del dovere di informazione», in Dir. e giur., 1998, p. 239; CANDIAN, «La responsabilità civile del notaio nella fase preparatoria dell'atto di trasferimento immobiliare», in Resp. civ. e prev., 1984, p. 263; ANGELONI, La responsabilità civile del notaio, Padova, 1990, p. 162 e ss.

[nota 27] BIGLIAZZI GERI, voce Buona fede nel diritto civile, in Dig. it., dir. priv., sez. civ., IV, Torino, 1988, p. 154 e ss.; PETRELLI, Visure ipotecarie, Milano, 1994, p. 2 e ss.; ancora PETRELLI, «Atto pubblico e scrittura privata: funzione notarile e responsabilità», in Riv. not., 1994, p. 1429, individua la fonte dell'obbligo di effettuare le visure ipotecarie «nel meccanismo di integrazione del contratto d'opera professionale mediante gli usi (art. 1340 c.c.)».

[nota 28] Non è oggetto di questo intervento, ma necessita senz'altro di apposite riflessioni, l'applicabilità del codice del consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206), al mandato professionale al notaio.

[nota 29] Mi riferisco al conferimento di incarichi di particolare complessità, o anche di incerta esecuzione finale. A mo' di esempio si possono citare le certificazioni ipocatastali in sede di esecuzioni immobiliari, il cui svolgimento soffre dei ristretti limiti temporali imposti dal legislatore e delle divergenze interpretative sul contenuto necessario di tali atti.

[nota 30] In Francia, il notaio che riceve un atto di vendita, permuta o divisione deve informare le parti delle sanzioni stabilite dagli artt. 850 e 1837 del codice generale delle imposte, e dall'art. 366 del codice penale, e deve fare menzione di ciò nell'atto: art. 863 del codice generale delle imposte.

[nota 31] Problematica correttamente segnalata da TONDO, op. cit.

[nota 32] Alcune indicazioni in tal senso si ritrovano nelle regole dell'attività notarile che, nel momento in cui si scrive, sono state approvate in prima lettura dal Consiglio Nazionale del Notariato.

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