Rischi di pregiudizio per la banca surrogata e relazione ipotecaria notarile
Rischi di pregiudizio per la banca surrogata e relazione ipotecaria notarile
di Enrico Bevilacqua
Notaio in La Spezia
Premessa
La presente relazione ha lo scopo di illustrare i rischi di pregiudizio per la banca surrogata e la relazione ipotecaria notarile [nota 1].
Per quanto riguarda i rischi di pregiudizio per la banca surrogata (o subentrante), è necessario trattare le seguenti questioni:
a. la prevalenza o meno, nei confronti della annotazione di surrogazione, della sentenza di fallimento (pubblicata anteriormente) e delle formalità pubblicitarie pregiudizievoli (trascritte o iscritte anteriormente);
b. la opponibilità o meno al secondo creditore (finanziatore subentrante), da parte del debitore, delle eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore originario;
c. la permanenza o meno delle garanzie che già assistevano l'originario rapporto esistente fra il primo finanziatore e il debitore, nell'ipotesi di deterioramento della posizione del garante;
d. la circostanza che, a norme vigenti, l'annotazione di surrogazione può essere eseguita presso la Conservatoria dei registri immobiliari [nota 2] ad una certa distanza di tempo rispetto alla surrogazione stessa.
La prevalenza o meno, nei confronti della annotazione di surrogazione, della sentenza di fallimento (pubblicata anteriormente) e delle formalità pubblicitarie pregiudizievoli (trascritte o iscritte anteriormente)
La lettura tradizionale e prevalente
La questione in oggetto coinvolge l'interpretazione dell'art. 2843 c.c.
La grande maggioranza delle pronunce edite ha esaminato la questione relativa al conflitto fra il creditore subentrante (per surroga o per cessione del credito) nell'iscrizione ipotecaria e la massa dei creditori del debitore fallito.
Nell'ambito delle predette pronunce, un numero ampiamente prevalente ha seguito un indirizzo interpretativo che si può riassumere nel modo seguente: a) l'annotazione prevista dall'art. 2843 c.c. ha efficacia costitutiva; b) detta efficacia costitutiva riguarda i terzi (terzi rispetto al rapporto fra creditore originario e creditore subentrante) e fra questi la massa dei creditori, nel senso che la surrogazione (o la cessione del credito) è opponibile ai terzi stessi solo se è eseguita l'annotazione (e se è eseguita prima del fallimento) [nota 3]? [nota 4]; c) i terzi ai quali si fa riferimento sono tutti i terzi, senza distinzioni.
Come si è detto, dette pronunce hanno riguardato (quasi sempre) il conflitto fra il creditore subentrante e la massa dei creditori; tuttavia, spesso si sono espresse in termini generali e spesso hanno affermato che la mancata (o tardiva) annotazione rende inopponibile il subingresso ipotecario nei confronti di tutti i terzi (non solo nei confronti del fallimento).
È opportuno citare alcune di dette pronunce, evidenziando in corsivo il riferimento ad alcune categorie di terzi.
Cass. 27 dicembre 1963, n. 3222 [nota 5] afferma: «nell'ipotesi di surrogazione del coobbligato solvente (art. 1203, n. 3, c.c.) in un credito garantito da ipoteca, l'efficacia costitutiva della formalità dell'annotazione della trasmissione dell'ipoteca per surrogazione (art. 2843 c.c.) ha valore soltanto in rapporto ai terzi che hanno un diritto reale sui beni ipotecati e non incide sulle obbligazioni delle parti del rapporto che dà luogo alla circolazione dell'ipoteca (creditore surrogante e creditore surrogato). Non v'è necessità, quindi, che, per valere tra le suddette parti, la surrogazione debba essere annotata».
Cass. 25 luglio 1992, n. 8983 [nota 6] afferma (al punto 3):
«Questa Corte ha già avuto modo, con le sentenze n. 3241 del 1972 e n. 1060 del 1980, di affermare il principio secondo cui l'annotazione del subingresso del terzo datore solvens nell'ipoteca del creditore soddisfatto è indispensabile, anche nel caso di fallimento del debitore, per l'esercizio del diritto di subingresso; e che il trasferimento dell'ipoteca a favore del creditore che ha soddisfatto il credito munito di prelazione è in tale ipotesi inefficace nei confronti dei creditori concorrenti ai sensi dell'art. 2843 c.c., quando non sia stata effettuata l'annotazione della surrogazione.
Tale disposizione è del tutto chiara sul punto dell'efficacia costitutiva dell'annotazione quando statuisce (al secondo comma) che «la trasmissione e il vincolo dell'ipoteca non ha effetto finché l'annotazione non sia stata eseguita»; effetto che, come è stato chiarito in dette sentenze, riguarda proprio i terzi, siano essi acquirenti dell'immobile ipotecato o creditori concorrenti, considerando che l'annotazione per sua natura è formalità prevista a tale specifico scopo».
Cass. 23 marzo 1995, n. 3387 afferma: il coordinamento degli artt. 1203 e 1949, da un lato, e 2843, dall'altro, «esige di circoscrivere la delineata valenza costitutiva dell'annotazione ai rapporti esterni, come quelli con il terzo acquirente del bene ipotecato, con altri creditori o con il Conservatore dei registri immobiliari. Nel rapporto interno, cioè quello inerente al diritto di credito, non può non prevalere la vicenda successoria, quale evento idoneo alla piena sostituzione di un soggetto all'altro nella titolarità del credito stesso (e dei suoi accessori)».
Cass. 29 marzo 2006, n. 7236 [nota 7], prima di esporre le ragioni della propria decisione, svolge una rassegna della giurisprudenza precedente; nell'ambito di detta rassegna, illustra l'indirizzo che attribuisce all'annotazione un'efficacia costitutiva solo nei confronti dei terzi, ripetendo un'affermazione assolutamente identica all'affermazione contenuta in Cass. 3387/1995; tuttavia, è bene precisare che Cass. 7236/2006 decide in base alla seguente regula iuris: il creditore ha l'obbligo di evitare che siano pregiudicati i diritti di garanzia del fideiussore (solvens surrogato ex art. 1203 c.c.) e quindi non deve prestare il consenso alla cancellazione dell'ipoteca (senza il consenso del fideiussore che non ha ancora eseguito l'annotazione di surroga) [nota 8].
Dalla lettura delle sentenze sopra citate si trae l'impressione che l'obiettivo fondamentale dei giudici sia stato quello di sottolineare con forza che l'annotazione sia necessaria ai fini dell'opponibilità ai terzi del subentro nell'iscrizione ipotecaria, ma che i giudici stessi non si siano posti il problema se i terzi medesimi siano tutti i terzi oppure solo alcune categorie di terzi (aspetto di fondamentale importanza, come si cercherà di spiegare nel paragrafo successivo). Detta impressione è confermata dalla circostanza che, nei ricorsi in Cassazione relativi alle sentenze sopra citate, nessuna parte ha sollevato la questione riguardante quali terzi possano giovarsi della mancata tempestiva annotazione.
Vi sono poi altre sentenze, riconducibili al medesimo indirizzo, che utilizzano formulazioni più sintetiche, quali la seguente: il compimento dell'annotazione «in data anteriore al fallimento è condizione di opponibilità alla procedura» [nota 9]. Altre sentenze ribadiscono le medesime regole, con modeste variazioni lessicali [nota 10].
È interessante notare che, nel giudizio concluso con la sentenza Cass. 21 marzo 2003, n. 4137, la società ricorrente solleva la questione riguardante quali terzi possano giovarsi della mancata tempestiva annotazione. Nella sentenza si legge: «con l'unico motivo d'impugnazione la ricorrente deduce erronea applicazione dell'art. 2843 c.c., sostenendo che la norma richiede l'annotazione della surrogazione al solo scopo di risolvere possibili conflitti tra eventuali plurimi solventes o tra il solvens e il creditore originario, ma non ha alcuna funzione di tutela nei confronti del debitore, la cui situazione può risultare in alcun modo pregiudicata né dalla surrogazione né dalla mancata annotazione». La Suprema Corte non coglie l'occasione per esaminare in modo specifico tale profilo e rigetta il ricorso ribadendo le regole enunciate in decisioni precedenti. Pertanto afferma: «a norma dell'art. 2843 c.c. l'annotazione del trasferimento dell'ipoteca ha valore costitutivo e si configura perciò come un elemento integrativo indispensabile della fattispecie del trasferimento medesimo; ne consegue che il trasferimento dell'ipoteca a favore del creditore che abbia soddisfatto il credito munito di prelazione è inefficace nei confronti dei creditori concorrenti, ove non sia stata effettuata l'annotazione della surrogazione».
Alla luce dell'illustrazione sopra svolta, si comprende come l'indirizzo giurisprudenziale presentato nel presente paragrafo sia definito come l'indirizzo prevalente. Le pronunce riconducibili ad un diverso indirizzo verranno citate nel paragrafo successivo.
L'indirizzo giurisprudenziale illustrato ha subìto l'influenza delle affermazioni di un'autorevole Autore [nota 11], il quale ha sostenuto che l'annotazione ex art. 2843 c.c. ha efficacia di pubblicità dichiarativa (e su questo aspetto la giurisprudenza citata non lo ha seguito), ma poi ha aggiunto che detta formalità serve a risolvere i conflitti rispetto a tutti i terzi, con ciò pervenendo a risultati pratici uguali a quelli ai quali perviene la giurisprudenza medesima. In altri termini, la regola enunciata è diversa, ma la regola operazionale è la stessa. L'Autore citato ha scritto: l'annotazione ex art. 2843 c.c. «verso i terzi serve anzitutto a determinare la prevalenza nei conflitti di acquisto del credito … ma, a differenza di altre pubblicità dichiarative, … è necessaria anche per l'opponibilità a tutte le rimanenti categorie di terzi (altri creditori, anche semplicemente chirografari, acquirenti del bene, datori dell'ipoteca, etc.)» [nota 12].
Le sentenze che inaugurano l'indirizzo prevalente sono Cass. 27 dicembre 1963, n. 3222 e Cass. 27 dicembre 1963, n. 3221 [nota 13].
In realtà, la regola fondamentale che sta alla base di tali decisioni è la seguente: il creditore soddisfatto dal fideiussore (fideiussore il quale si surroga nel credito e nell'ipoteca) perde la disponibilità dell'ipoteca al momento della surrogazione e non al momento dell'annotazione; di conseguenza, i due casi vengono risolti nel modo seguente:
a. il creditore soddisfatto che presti consenso alla cancellazione dell'ipoteca prima che il fideiussore subentrante (surrogato) esegua l'annotazione è responsabile nei confronti di questi (salvo che questi abbia aderito alla cancellazione) (sentenza n. 3222);
b. il creditore soddisfatto che si rifiuti di prestare consenso alla cancellazione dell'ipoteca prima che il solvens subentrante (surrogato) esegua l'annotazione non è responsabile nei confronti del proprietario del bene ipotecato (sentenza n. 3221).
Nella sentenza n. 3222 si afferma testualmente: «l'efficacia costitutiva [dell'annotazione] ha valore soltanto in rapporto ai terzi che hanno diritto reale sui beni ipotecati e non incide sulle obbligazioni delle parti (cedente e cessionario; surrogante e surrogato, ecc.) del rapporto che dà luogo alla circolazione dell'ipoteca»; aggiungendo che la cessione del credito ipotecario e la surrogazione valgono, nei rapporti fra le parti, anche in mancanza dell'annotazione.
L'esame analitico delle due sentenze rende evidente che il Collegio voleva soprattutto sancire la regola dell'efficacia della surroga (nei rapporti fra il surrogante e surrogato) anche in mancanza di annotazione e voleva trarne le relative conseguenze sotto il profilo della responsabilità; esso non si è posto la questione «nei confronti di quali categorie di terzi la surrogazione non ha efficacia in mancanza di annotazione?». Tuttavia, utilizzando la frase sopra indicata in corsivo («… soltanto in rapporto ai terzi che hanno diritto reale sui beni ipotecati»), la sentenza n. 3222 ha avuto, di fatto, una notevole influenza sulle sentenze successive.
L'orientamento illustrato nel presente paragrafo è proprio anche della dottrina tradizionale [nota 14].
Una lettura alternativa
La lettura tradizionale e prevalente è suscettibile di essere oggetto di una serie di critiche. Per economia di esposizione, con l'endiadi "lettura prevalente" si fa riferimento ad entrambe le seguenti posizioni:
a. l'opinione secondo la quale l'annotazione (ex art. 2843) ha efficacia costitutiva nei confronti dei terzi, identificando essi con tutti i terzi (ossia i soggetti estranei al rapporto fra creditore sostituito e creditore subentrante (o surrogato)) (è l'indirizzo ampiamente prevalente);
b. l'opinione secondo la quale l'annotazione (ex art. 2843) ha efficacia dichiarativa nei confronti dei terzi, identificando essi con tutti i terzi (qualificati come sopra).
Una volta compiuta l'analisi, si potrà constatare come, in realtà, la questione fondamentale non sia tanto la scelta fra pubblicità costitutiva e pubblicità dichiarativa quanto la determinazione dei soggetti nei confronti dei quali l'annotazione è necessaria, ai fini della opponibilità ai medesimi della nuova titolarità dell'iscrizione ipotecaria.
La lettura prevalente conduce a conseguenze irragionevoli. Ritenere che l'annotazione (anteriore) sia necessaria per rendere opponibile il subentro nell'ipoteca (in forza di surroga o di cessione del credito) alla massa dei creditori (ossia al fallimento), al creditore pignorante il bene o al terzo acquirente il bene significa svuotare di contenuto il diritto di ipoteca, omettendo di considerare che ciò che è rilevante e che resta fermo è l'originaria iscrizione ipotecaria, con il grado che le è proprio sin dall'origine. Detta iscrizione ipotecaria, risultando dai pubblici registri, era ben conoscibile dai soggetti terzi sopra indicati, i quali non vengono pregiudicati dalla sostituzione (nella titolarità dell'ipoteca) di un soggetto (il creditore subentrante) ad un altro (il creditore sostituito).
Si pensi alle seguenti fattispecie.
Prima fattispecie: CR1 (primo creditore) iscrive ipoteca sull'immobile intestato a DE (debitore); in seguito, CR1 cede il suo credito ipotecario a CR2 (secondo creditore); in base alla lettura prevalente, se DE fallisce dopo l'iscrizione ipotecaria, ma prima dell'annotazione (ex art. 2843) eseguita da CR2, quest'ultimo non potrebbe far valere (opporre) l'ipoteca nei confronti della massa fallimentare [nota 15].
Seconda fattispecie: CR1 (primo creditore) iscrive ipoteca sull'immobile intestato a DE (debitore); in seguito, CR1 cede il suo credito ipotecario a CR2 (secondo creditore); in base alla lettura prevalente, se PI (altro creditore, pignorante il bene) trascrive il pignoramento dopo l'iscrizione ipotecaria, ma prima dell'annotazione (ex art. 2843) eseguita da CR2, quest'ultimo non potrebbe far valere (opporre) l'ipoteca nei confronti di PI (creditore pignorante) e dei creditori intervenuti nell'esecuzione [nota 16].
Naturalmente, le fattispecie sopra illustrate possono essere riferite anche all'ipotesi della surrogazione; è sufficiente che, negli esempi, al posto del soggetto cedente il credito sia indicato il creditore originario (o sostituito) e al posto del soggetto cessionario del credito sia indicato il creditore surrogato (o subentrante in quanto solvens).
Le conseguenze (sopra illustrate) alle quali porta la lettura prevalente sono irragionevoli e illogiche (oltre che inique); inoltre sono non conformi ai dati normativi e al sistema nel suo complesso, come si cercherà di dimostrare.
Una terza fattispecie [nota 17] può concorrere ad evidenziare la debolezza della lettura prevalente. Essa è la seguente: AC1 (acquirente) compra un immobile da VE (venditore) e trascrive l'acquisto; in seguito rivende l'immobile a AC2 (avente causa dall'acquirente); se VE fallisce dopo la trascrizione dell'acquisto di AC1, ma prima della trascrizione dell'acquisto di AC2, si può affermare che la seconda compravendita (quella da AC1 a AC2) è inopponibile alla massa fallimentare? Nessuno lo afferma. Tuttavia, la situazione è analoga a quelle degli esempi sopra indicati (prima fattispecie e seconda fattispecie). Infatti, in tutte e tre le fattispecie, prima del fallimento (o prima della trascrizione del pignoramento sul bene) sono già state compiute le formalità volte a rendere conoscibili al fallimento (o al creditore pignorante) la circostanza che sul bene già grava un'iscrizione ipotecaria e la circostanza che il bene è già stato venduto a terzi.
In altri termini, nelle fattispecie prima e seconda, non vi è alcuna lesione della garanzia patrimoniale della massa dei creditori (o del creditore pignorante il bene), poiché nel momento in cui è pubblicata la sentenza di fallimento (o è trascritto il pignoramento del bene) già esiste, nei pubblici registri, l'iscrizione ipotecaria; l'annotazione (ex art. 2843) della cessione di credito o della surrogazione, limitandosi a sostituire un soggetto ad un altro in una posizione creditoria, non cambia per nulla la situazione dei soggetti sopra citati (massa dei creditori e creditore pignorante), sotto il profilo delle probabilità di soddisfacimento dei propri crediti; l'annotazione è assolutamente neutra, dal punto di vista economico-patrimoniale.
Inoltre, la lettura prevalente conduce a conseguenze fortemente lesive per la situazione e i diritti del creditore subentrante (creditore surrogato o soggetto cessionario del credito), conseguenze non compatibili con il sistema vigente.
Il creditore subentrante, se esegue l'annotazione dopo la trascrizione di un acquisto dell'immobile da parte di un terzo, non può opporre a costui l'iscrizione ipotecaria (nella quale è subentrato), sebbene detta iscrizione sia anteriore; ne conseguirebbe la perdita del diritto di seguito (elemento indefettibile dell'ipoteca), ossia del diritto di procedere all'esecuzione del bene ipotecato nei confronti del terzo acquirente.
Il creditore subentrante, se esegue l'annotazione dopo la trascrizione di un pignoramento del bene da parte di un altro creditore, non può opporre a costui l'iscrizione ipotecaria (nella quale è subentrato), sebbene detta iscrizione sia anteriore; ne conseguirebbe la perdita del diritto di prelazione (elemento indefettibile dell'ipoteca), ossia del diritto di essere soddisfatto in modo preferenziale sull'importo ricavato dall'esecuzione.
La conseguenza irragionevole (e ingiustificatamente penalizzante per il creditore subentrante) sarebbe lo svuotamento dell'ipoteca, il venir meno del suo carattere di diritto reale [nota 18]; poiché un'ipoteca priva dei suoi elementi essenziali non è più tale, si potrebbe affermare che si sia in presenza di una nuova causa di estinzione dell'ipoteca, inammissibile in quanto non prevista dall'art. 2878 c.c.
Per delineare la ricostruzione che qui si propone (per convenzione terminologica, definita "lettura alternativa"), è opportuno indicare le funzioni dell'annotazione prevista dall'art. 2843 c.c.
Nel codice civile del 1865, all'art. 1994, si disponeva che il creditore subentrante avesse la facoltà di procedere all'annotazione; si riconoscevano due funzioni all'annotazione: a) la funzione di impedire al creditore originario di prestare consenso alla cancellazione dell'ipoteca, perché con l'annotazione diveniva conoscibile da tutti i terzi (anche dal Conservatore) la (nuova) titolarità del diritto di ipoteca, titolarità ormai spettante al subentrante; b) la funzione di identificare nel subentrante il soggetto legittimato attivo nel procedimento di esecuzione ed il soggetto destinatario delle notificazioni e delle intimazioni.
In dottrina e in giurisprudenza si discuteva se l'annotazione avesse anche una terza funzione: quella di costituire il criterio di preferenza per risolvere i conflitti fra più soggetti acquirenti o vincolanti un credito ipotecario; risultò prevalente l'opinione che non attribuiva detta ulteriore funzione all'annotazione e che riconosceva determinante, ai fini indicati, la priorità della notificazione (della cessione, del vincolo, del sequestro o del pignoramento del credito) [nota 19].
Con il codice civile del 1942 si volle aggiungere una terza funzione dell'annotazione: quella relativa agli effetti nei confronti dei terzi; nella disposizione, venne inserito il periodo «la trasmissione o il vincolo dell'ipoteca non ha effetto finchè l'annotazione non sia stata eseguita» (frase che non è un esempio di chiarezza, come la dottrina ha sempre riconosciuto) [nota 20].
Con riguardo a detta disposizione, la Relazione di accompagnamento al codice civile, al n. 1159, afferma: «come l'iscrizione ha effetto costitutivo per il sorgere dell'ipoteca, così l'annotazione ha effetto costitutivo per il trasferimento di essa».
Anche il passo della Relazione non ha contribuito ad una esatta ricostruzione del fenomeno.
Esso vuole intendere che l'annotazione è necessaria per gli effetti del subentro nell'ipoteca che stanno al di fuori del mero rapporto bilaterale fra il primo titolare del diritto (sostanziale) di ipoteca e il secondo titolare del diritto (sostanziale) di ipoteca, ossia che essa è necessaria per determinati effetti che interessano anche terzi soggetti; in altri termini, esso vuole affermare che l'annotazione è necessaria al fine del verificarsi dei seguenti effetti del subentro nell'ipoteca: a) legittimazione a prestare il consenso alla cancellazione dell'ipoteca; b) legittimazione a partecipare al procedimento esecutivo con la prelazione ipotecaria (ossia con il diritto di essere soddisfatto in modo preferenziale); c) legittimazione ad essere il destinatario delle intimazioni e delle notificazioni che, per legge, devono essere fatte al titolare dell'iscrizione ipotecaria; d) opponibilità della nuova titolarità dell'ipoteca nei confronti dei terzi (senza accennare però al problema di "quali terzi" siano coinvolti dall'annotazione o siano estranei ad essa).
Il passo della Relazione è costruito in modo tale che (se letto in modo frettoloso e in modo isolato rispetto al sistema) sembra instaurare un parallelismo fra l'efficacia costitutiva dell'iscrizione dell'ipoteca ed una asserita efficacia costitutiva del trasferimento dell'ipoteca; anche esso ha contribuito all'affermarsi della lettura prevalente, la quale ripete con notevole frequenza l'espressione "efficacia costitutiva dell'annotazione", traducendola in un ampliamento degli effetti dell'annotazione nei confronti di tutti i terzi. Invece, una interpretazione sistematica porta a leggere il passo della Relazione in modo diverso; i redattori della Relazione hanno utilizzato una frase enfatica per sottolineare la necessità dell'annotazione ai fini sopra indicati alle lettere a), b), c) e d) (in modo innovativo rispetto al diritto vivente anteriore, il quale riteneva non necessaria l'annotazione rispetto al fine indicato alla lettera d), senza tuttavia pensare ad una estensione indiscriminata della platea dei terzi coinvolti dall'annotazione.
In realtà, ai fini di una ricostruzione che sia in armonia con il sistema, è necessario operare una netta distinzione fra due diverse categorie di terzi (come detto, terzi rispetto al rapporto fra creditore originario e creditore subentrante nella garanzia) [nota 21].
L'annotazione serve a risolvere i conflitti fra i soggetti che subentrano nel medesimo credito ipotecario (per cessione del credito o per surrogazione o per altro), fra i soggetti che vincolano il medesimo credito ipotecario (per sequestro o per pignoramento o per altro) e fra gli uni e gli altri; fra tutti i citati soggetti, prevale il soggetto che per primo esegue l'annotazione. Essa inoltre serve a risolvere i conflitti che possono sorgere in forza di negozi dispositivi del grado (ad esempio, fra due soggetti acquirenti del grado prevale quello che annota per primo); nonché a risolvere i conflitti fra i soggetti subentranti nel credito ipotecario, i soggetti che vincolano il credito ipotecario e i soggetti che acquistano un grado ipotecario.
È questa una prima categoria di terzi, che hanno in comune l'interesse al mantenimento dell'ipoteca.
Vi è poi una seconda categoria di terzi: il debitore, il terzo acquirente del bene ipotecato, il terzo datore di ipoteca, la massa dei creditori del fallimento, il creditore pignorante il bene; essi hanno in comune l'interesse all'eliminazione dell'ipoteca.
Ebbene, l'annotazione non è idonea a risolvere i conflitti fra i terzi della prima categoria e i terzi della seconda categoria, perché se si ammettesse ciò si avrebbero le conseguenze irragionevoli descritte (con alcuni esempi) nelle pagine precedenti (svuotamento del diritto di ipoteca, privato della sua natura di diritto reale, con conseguente ingiustificato pregiudizio per il soggetto subentrante nella titolarità dell'ipoteca).
Inoltre, la lettura prevalente interpreta e applica in modo non condivisibile l'art. 45 della legge fallimentare [nota 22]; secondo detta lettura, in base alla disposizione citata, l'annotazione ex art. 2843 c.c. è inopponibile alla massa dei creditori del fallimento se eseguita dopo la pubblicazione della sentenza di fallimento.
In realtà, l'art. 45 L. fall. dispone l'inopponibilità al fallimento di tutti gli atti idonei a diminuire la composizione del patrimonio dell'imprenditore fallito, atti i quali, benchè posti in essere prima del fallimento, siano stati resi conoscibili (mediante le formalità volta per volta previste: trascrizione, iscrizione o notificazione) dopo il fallimento stesso. Deve trattarsi di atti che abbiano ad oggetto beni del fallito e quindi di atti idonei a ledere la garanzia patrimoniale della massa dei creditori.
L'art. 45 L. fall. non si applica agli atti che comportano la circolazione di un credito ipotecario esistente nei confronti del debitore poi fallito (con iscrizione ipotecaria anteriore al fallimento), perché si tratta di atti che non incidono sul patrimonio del fallito stesso. In altri termini, la cessione del credito esistente nei confronti del debitore fallito (o il fenomeno giuridico che determina la surroga nel credito stesso) non ha ad oggetto un bene del fallito, bensì ha ad oggetto un credito esistente verso il fallito.
Sul piano degli interessi coinvolti, il subentro (per surrogazione) in un credito ipotecario (anteriore al fallimento) verso il fallito è neutro (sotto il profilo economico-patrimoniale) nei confronti della massa dei creditori; pertanto, il creditore subentrante diviene titolare dell'iscrizione ipotecaria (nel grado che essa ha originariamente) e può far valere detta iscrizione nei confronti del fallimento, anche se l'annotazione di surroga è eseguita dopo il fallimento.
Vi è un'altra conseguenza irragionevole che discende dalla lettura prevalente. Se si sostiene che il subentro nell'iscrizione ipotecaria non può essere fatto valere nei confronti del fallimento, in caso di annotazione posteriore alla pubblicazione della sentenza, si determina un beneficio economico del tutto ingiustificato a favore del patrimonio a disposizione della massa dei creditori.
Un ulteriore aspetto va segnalato. Secondo l'indirizzo prevalente, la cessione del credito ipotecario (nei confronti del debitore fallito) annotata dopo il fallimento è inopponibile alla massa dei creditori, così come è a loro inopponibile la cessione del credito chirografario (nei confronti del debitore fallito) notificata al debitore ceduto dopo il suo fallimento. Ma questa posizione, nella sostanza, è in contraddizione con l'art. 56, secondo comma, L. fall., disposizione che ammette la cessione di un credito esistente nei confronti del fallito.
La lettura alternativa trova un riscontro in alcune pronunce di merito.
Trib. Reggio Emilia 31 marzo 1995 [nota 23] svolge un'analisi accurata della questione; in essa si afferma: «l'art. 2843 c.c. non si occupa del conflitto tra subingrediente e creditori (iscritti o chirografari) del proprietario del bene ipotecato» [nota 24]; si afferma inoltre: «funzione della formalità ex art. 2843 c.c. è quella di stabilire un criterio di preferenza tra più aventi causa o vincolanti del credito ipotecario (analogamente a quanto dispongono in tema di cessione del credito gli artt. 1265 e 2914, n. 2 c.c.). L'anteriorità della annotazione assume così rilevanza per la soluzione dei conflitti di titoli relativi all'ipoteca, e dunque nei rapporti tra il subingrediente e gli aventi causa o i creditori dell'originario creditore ipotecario. … In questa prospettiva, la lettera dell'art. 2843, comma 2, … c.c. può essere intesa nel senso che l'annotazione del trasferimento dell'ipoteca è sempre necessaria, ma mentre nei confronti del proprietario del bene (nonché dei suoi aventi causa e creditori) serve ad attestare la legittimazione ad esercitare il diritto di garanzia a seguito della successione nel rapporto ipotecario, nei confronti degli altri acquirenti o pignoranti dell'ipoteca serve a risolvere i conflitti tra titoli di acquisto o di vincolo sull'ipoteca (prevale chi per primo esegue la formalità)» [nota 25].
Trib. Milano 22 maggio 1978 [nota 26] ha una motivazione più sintetica; in essa si afferma: «la surrogazione legale, come quella volontaria, dà luogo ad una successione nel lato attivo del rapporto obbligatorio …»; poiché nella fattispecie concreta tale rapporto obbligatorio preesisteva alla dichiarazione di fallimento, «il mutamento del soggetto attivo non comporta alcuna violazione della par condicio creditorum»; «l'annotazione non mette in essere un nuovo diritto reale di garanzia ma attesta soltanto il subentro in esso di altro titolare».
Vi sono poi altre pronunce che seguono detta linea interpretativa [nota 27].
Per riassumere, la lettura alternativa si snoda attraverso i seguenti passaggi:
a. la cessione del credito si perfeziona con l'accordo fra il cedente e il cessionario (artt. 1260, 1263 e 1376 c.c.); la surrogazione per volontà del debitore si perfeziona, con effetto fra le parti, quando sono presenti tutti gli elementi richiesti dall'art. 1202 c.c.;
b. la notifica della cessione del credito al debitore o l'accettazione della cessione da parte del debitore (con atto avente data certa) sono richieste al seguente fine: prima della notifica o dell'accettazione, il debitore che adempie al cedente è liberato dell'obbligazione (salvo che il cessionario provi che il debitore era a conoscenza della cessione) (art. 1264);
c. nell'ipotesi di credito chirografario, in presenza di più cessioni a soggetti diversi, prevale il cessionario che per primo ha notificato la cessione al debitore o che per primo ha ottenuto dal debitore un'accettazione con atto avente data certa (art. 1265);
d. nell'ipotesi di credito ipotecario, è la priorità dell'annotazione (art. 2843 c.c.) a risolvere i seguenti conflitti: quelli fra i soggetti che subentrano nel medesimo credito ipotecario (per cessione del credito o per surrogazione o per altro), quelli fra i soggetti che vincolano il medesimo credito ipotecario (per sequestro o per pignoramento o per altro), quelli fra gli uni e gli altri, quelli fra i soggetti che acquisiscono un certo grado ipotecario in forza di negozi dispositivi del grado, quelli fra i soggetti subentranti nel medesimo credito ipotecario, i soggetti che vincolano il medesimo credito ipotecario e i soggetti che acquistano un grado ipotecario relativo alla medesima iscrizione ipotecaria [nota 28]- [nota 29];
e. l'annotazione ha ulteriori funzioni:
- la funzione di impedire al creditore originario di prestare consenso alla cancellazione dell'ipoteca, perché in forza di essa diviene conoscibile da tutti i terzi (anche dal Conservatore) la (nuova) titolarità del diritto di ipoteca;
- la funzione di identificare nel subentrante il soggetto legittimato attivo nel procedimento di esecuzione ed il soggetto destinatario delle notificazioni e delle intimazioni.
In conclusione, secondo la lettura alternativa, si può dare la seguente risposta alla questione dalla quale siamo partiti: la sentenza di fallimento (pubblicata anteriormente all'annotazione) e le formalità pubblicitarie (trascritte o iscritte anteriormente all'annotazione) non possono produrre alcun effetto pregiudizievole nei confronti del creditore subentrante (che esegue l'annotazione); ciò, in quanto l'annotazione ha esclusivamente le funzioni sopra indicate alle lettere d) e e) (risoluzione dei conflitti fra i soggetti subentranti nel credito ipotecario, fra i soggetti vincolanti il credito ipotecario, fra i soggetti che acquisiscono un certo grado ipotecario, nonché attribuzione della legittimazione ad esercitare le facoltà derivanti dall'iscrizione ipotecaria).
Secondo detta lettura, l'annotazione non ha la funzione di risolvere i conflitti con i terzi in genere (il debitore, il terzo acquirente del bene ipotecato, il terzo datore di ipoteca, i creditori del fallimento, il creditore pignorante il bene).
Una lettura ulteriore
Una recente dottrina [nota 30] ha proposto una lettura ulteriore.
Essa è distante dalla lettura tradizionale, nei cui confronti esprime un giudizio critico; pertanto, rispetto ad essa, anch'essa è alternativa; per semplice convenzione terminologica, al fine di distinguerla dalla "lettura alternativa" illustrata nel paragrafo precedente, la definiamo "lettura ulteriore".
Rispetto alla lettura alternativa, essa presenta diversi punti di contatto, ma anche delle differenze, per cui è opportuno dedicarle un autonomo paragrafo.
Se è consentito tentare una sintesi di detta ricostruzione, essa, procedendo con grande chiarezza, arriva alle seguenti conclusioni:
a. l'ipoteca (per il suo carattere di accessorietà) viene trasmessa in forza di una vicenda di diritto sostanziale che riguarda il credito garantito (cessione del credito o surrogazione o altra vicenda); l'annotazione (ex art. 2843 c.c.) non è un elemento che condiziona l'efficacia del trasferimento del credito;
b. l'annotazione non ha la funzione di risolvere i conflitti fra più cessionari del credito ipotecario (o fra più surrogati nel credito ipotecario o fra cessionari del credito e vincolanti il credito o fra gli uni e gli altri); detti conflitti devono essere risolti in base alle regole di diritto sostanziale dettate al riguardo; pertanto, il conflitto fra più cessionari del credito va risolto a favore di colui che per primo notifica la cessione al debitore o che per primo ottiene l'accettazione del debitore con atto di data certa (art. 1265 c.c.);
c. l'annotazione non è un elemento che condiziona l'efficacia della trasmissione dell'ipoteca;
d. l'annotazione non ha la funzione di risolvere il conflitto fra il nuovo titolare del credito ipotecario e il creditore pignorante il bene [nota 31];
e. l'annotazione ha le seguenti funzioni; il soggetto che subentra nella titolarità del credito ipotecario ha uno specifico interesse ad eseguire l'annotazione, al fine di impedire che il precedente titolare (del credito) possa esercitare alcuni poteri relativi al rapporto ipotecario:
- in mancanza di annotazione, il precedente titolare del credito potrebbe rilasciare il consenso alla cancellazione dell'ipoteca, la quale sarebbe eseguita perché il Conservatore ignora la trasmissione dell'ipoteca (il nuovo titolare dell'ipoteca avrebbe solo un diritto al risarcimento del danno);
- in mancanza di annotazione, le intimazioni e le notificazioni previste dalla legge verrebbero fatte al precedente titolare del credito e non al nuovo titolare del credito, con pregiudizio per quest'ultimo;
- in mancanza di annotazione (del vincolo), il soggetto pignorante il credito non può partecipare al procedimento di espropriazione del credito e al riparto del ricavato;
- in mancanza di annotazione, il nuovo titolare del credito non può partecipare al procedimento di espropriazione dei beni del debitore;
f. il nuovo titolare del credito ipotecario, se esegue l'annotazione, può insinuarsi nel fallimento con la prelazione derivante dall'iscrizione ipotecaria, senza che abbia alcun rilievo la circostanza che l'annotazione sia eseguita dopo il fallimento; infatti, l'art. 45 L. fall. è inapplicabile alla fattispecie, perché la trasmissione dell'ipoteca (annotata ex art. 2843 c.c.) non è atto pregiudizievole per i creditori del fallimento, in quanto determina soltanto la sostituzione di un soggetto ad un altro nella titolarità di un'iscrizione ipotecaria già esistente;
g. in definitiva, l'annotazione è «un onere per il soggetto che subentra nel credito ipotecario, al fine di ricevere la legittimazione all'esercizio dei poteri e delle facoltà derivanti dall'iscrizione ipotecaria» [nota 32].
Ciò detto, è agevole comprendere come detta interpretazione si ponga con riguardo alla questione dalla quale siamo partiti: la sentenza di fallimento (pubblicata anteriormente all'annotazione) e le formalità pubblicitarie (trascritte o iscritte anteriormente all'annotazione) non possono produrre alcun effetto pregiudizievole nei confronti del creditore subentrante (che esegue l'annotazione); ciò, in quanto l'annotazione ha esclusivamente le funzioni sopra indicate alle lettere e), f) e g) (relative alla legittimazione ad esercitare le facoltà derivanti dall'iscrizione ipotecaria).
Secondo detta lettura, l'annotazione non ha la funzione di risolvere i conflitti con i terzi in genere (il debitore, il terzo acquirente del bene ipotecato, il terzo datore di ipoteca, i creditori del fallimento, il creditore pignorante il bene); su questo aspetto vi è una concordanza di giudizio fra la lettura ulteriore e la lettura alternativa.
Inoltre, l'annotazione non ha la funzione di risolvere i conflitti fra più cessionari del credito ipotecario (o fra più surrogati nel credito ipotecario o fra cessionari del credito e vincolanti il credito o fra gli uni e gli altri), in quanto detti conflitti devono essere risolti in base alle regole di diritto sostanziale dettate al riguardo; su questo aspetto vi è una divergenza di giudizio fra la lettura ulteriore e la lettura alternativa, in quanto quest'ultima attribuisce (anche) detta funzione all'annotazione.
La opponibilità o meno al secondo creditore, da parte del debitore, delle eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore originario
La ricostruzione tradizionale
Il problema relativo alla opponibilità o meno al nuovo creditore, da parte del debitore, delle eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore originario, non è di facile soluzione, sia a causa dei dati normativi sia a causa della ricostruzione della surrogazione che viene operata dalla dottrina e dalla giurisprudenza.
La ricostruzione è la seguente: il primo rapporto obbligatorio non si estingue, esso persiste e rimane uguale (sotto il profilo oggettivo), ma si verifica solo una sostituzione soggettiva (dal lato attivo), per cui all'originario creditore si sostituisce il creditore subentrante (il surrogato), nella stessa posizione che aveva il primo. Il soddisfacimento dell'interesse del creditore non comporta necessariamente l'estinzione del rapporto obbligatorio. Il terzo esegue il pagamento (o fornisce la provvista) [nota 33] nel proprio interesse e non al fine di estinguere un debito altrui [nota 34], semmai al fine di estromettere dal rapporto l'originario creditore e di sostituirlo [nota 35].
La giurisprudenza è orientata nello stesso senso.
Si afferma che la surrogazione non comporta l'estinzione del rapporto obbligatorio originario ma solo la sua modificazione soggettiva dal lato attivo, con la sostituzione del solvens al creditore originario, e senza alterare l'aspetto oggettivo del rapporto, con la conseguenza che il debito mantiene le sue caratteristiche essenziali [nota 36]. In altra occasione si è affermato: il solvens (o surrogato) subentra nella stessa posizione del creditore originario; ne consegue che al nuovo creditore spettano tutte le azioni già spettanti al creditore originario; in altri termini, si verifica il subingresso di un soggetto nella posizione giuridica di un altro soggetto, con tutti i diritti e le azioni relative al rapporto obbligatorio (che permane), ma anche con le limitazioni, le decadenze e le prescrizioni relative al diritto che forma oggetto di surrogazione [nota 37].
Dalle premesse sopra illustrate la dottrina generalmente fa discendere la seguente conseguenza: il debitore può opporre al creditore subentrante le eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore originario; peraltro, va precisato che questa è la posizione di massima, ma poi vari Autori propongono distinzioni fra eccezioni opponibili ed eccezioni non opponibili (prospettando criteri diversi).
Secondo un Autore [nota 38], poiché il secondo creditore (il surrogato) succede negli stessi diritti del creditore originario, egli è da considerare «soggetto passivo di tutte le azioni e le eccezioni del debitore, e soggetto attivo di tutte quelle attinenti alla posizione del creditore originario».
Secondo un altro Autore [nota 39], la questione deve essere risolta tenendo conto della funzione della surrogazione e degli interessi tutelati. Il surrogato è divenuto titolare del credito (con i suoi accessori) e quindi è subentrato nel lato attivo del rapporto obbligatorio, in funzione del recupero di quanto ha fatto conseguire al creditore originario; egli non ha assunto la qualità di parte nel rapporto contrattuale (già) sussistente fra debitore e creditore originario, «perché tale assunzione non sarebbe conforme alla tipica funzione ricuperatoria dell'istituto». Di conseguenza, il surrogato non è legittimato ad esercitare le azioni inerenti alla qualità di parte contraente (azioni di nullità, di annullamento, di rescissione o di risoluzione del titolo contrattuale); invece, «esercitabili ed opponibili sono le azioni e le eccezioni che riguardano, come tale, il semplice rapporto obbligatorio, il semplice credito con i suoi accessori». Questa dottrina non aggiunge altre specificazioni. Da detta posizione interpretativa deriva (anche se non è detto espressamente) che anche il debitore può opporre solo le eccezioni relative al rapporto obbligatorio, mentre non può opporre le eccezioni relative al titolo contrattuale e le eccezioni relative al rapporto contrattuale.
Nella giurisprudenza edita si trovano poche pronunce che fanno riferimento alla questione relativa alla proponibilità delle eccezioni da parte del debitore; esse riguardano l'ipotesi dell'art. 1203 c.c. (salvo una). Nessuna di dette pronunce riguarda in modo specifico l'ipotesi dell'art. 1202 c.c.
Questo aspetto ha un suo rilievo. Infatti, come si cercherà di dimostrare, la figura prevista dall'art. 1202 c.c. ha connotati di autonomia rispetto alle altre figure di surroga; pertanto, con riguardo al citato art. 1202 c.c., non vi è giurisprudenza edita sulla questione della proponibilità delle eccezioni. Si può ricordare la seguente massima: «poiché la surrogazione legale di cui all'art. 1203, n. 3 c.c. importa il subingresso di un soggetto nella posizione giuridica di altro soggetto, con i diritti e le azioni si trasferiscono anche le eccezioni inerenti al diritto che forma oggetto della surrogazione; da tanto consegue che i condebitori, nei cui confronti il debitore che ha adempiuto il debito comune fa valere il suo diritto alla surrogazione nel pagamento, possono opporre nei suoi confronti tutte le eccezioni opponibili al creditore in ordine all'esistenza e alla entità del debito» [nota 40]. Le altre pronunce si pongono sulla stessa linea interpretativa [nota 41].
Una ricostruzione pregevole
Una ricostruzione particolarmente pregevole è stata compiuta da una recente dottrina [nota 42], la quale ha esaminato in modo analitico le diverse eccezioni astrattamente proponibili, al fine di verificare quali eccezioni siano realmente proponibili, in base ai dati normativi e in una prospettiva sistematica.
Rinviando alla lettura integrale del testo citato per una sua completa comprensione, la lucidità della ricostruzione induce ad accennare almeno alle osservazioni principali.
Questa dottrina sottolinea la differenza, anche sotto l'aspetto ora esaminato, fra la cessione del credito e la surrogazione per volontà del debitore. Nell'ipotesi di cessione del credito, si ritiene che il debitore possa opporre al cessionario le eccezioni che avrebbe potuto opporre al cedente, sulla base dell'art. 1263 c.c. e ritenendo che le eccezioni siano accessori del credito; detta opinione è accettabile, se si considera che il consenso del debitore non è richiesto e che quindi è degna di considerazione «l'esigenza di evitare che la sua posizione giuridica ne risulti in alcun modo peggiorata». Nella surrogazione per volontà del debitore, invece, il fenomeno giuridico non si verificherebbe se il debitore stesso fosse contrario ad esso, per cui la modificazione giuridica «è comunque imputabile alla sua sfera di controllo e di iniziativa giuridica»; pertanto, non sussiste l'esigenza di evitare (in modo assoluto) che la sua posizione giuridica ne resti peggiorata.
Di conseguenza, è necessario operare un coordinamento sistematico fra la (asserita) regola dell'opponibilità al nuovo creditore delle eccezioni già spettanti al debitore e altre regole che «proteggono il terzo acquirente dalla caducazione del titolo mediante il quale il suo dante causa era divenuto il titolare del diritto», regole che, anche se più comunemente riferite alla circolazione dei diritti reali, sono applicabili anche alla circolazione dei diritti di credito: gli artt. 1445, 1458 e 1452 c.c.
In questa prospettiva, sulla base dell'art. 1445 c.c., la sentenza di annullamento del primo contratto di finanziamento (salva l'ipotesi di incapacità legale del finanziato) non è opponibile al secondo creditore, sempre che sussistano la buona fede di questi ed il titolo oneroso; inoltre, se sussistono gli stessi presupposti, il debitore non può eccepire l'annullabilità dell'originario contratto.
Sulla base degli artt. 1458 e 1452 c.c., non sono opponibili al secondo creditore la sentenza di risoluzione e la sentenza di rescissione dell'originario contratto; ne consegue che non sono a lui opponibili le relative eccezioni [nota 43].
Invece, la sentenza di nullità e la sentenza di annullamento per incapacità legale (del finanziato) del primo contratto di finanziamento sono opponibili al nuovo finanziatore, così come sono opponibili le relative eccezioni; la dottrina citata osserva giustamente che l'eventuale nullità del primo finanziamento può essere accertata in anticipo mediante l'esame del titolo.
Con riguardo alle eccezioni relative a fatti estintivi, modificativi o sospensivi del rapporto obbligatorio, si propone un'applicazione analogica dell'art. 1248, primo comma, c.c.. In forza di detta disposizione, in caso di cessione del credito, il debitore, se ha accettato senza riserve la cessione, non può opporre al cessionario la compensazione che avrebbe potuto opporre al cedente. A maggior ragione la stessa soluzione deve adottarsi in caso di surrogazione per volontà del debitore, in quanto la nuova situazione (titolarità del credito in capo al secondo creditore) discende da un fenomeno giuridico che è imputabile alla sfera di controllo e di iniziativa giuridica del debitore stesso.
La ricostruzione che si è (sommariamente) illustrata ha il pregio di valutare gli interessi coinvolti dalla surrogazione non con lo sguardo rivolto solamente a detto istituto ma con una visione che colloca gli interessi medesimi all'interno di un panorama più ampio; in virtù di ciò, essa valorizza adeguatamente la tutela che il sistema civilistico appresta a favore del terzo, in particolare quando questi è in buona fede e diventa titolare del diritto a titolo oneroso [nota 44].
Una lettura alternativa
Nella presente relazione si intende proporre una lettura alternativa, la quale può condurre a conclusioni diverse, riguardo al problema della opponibilità delle eccezioni, rispetto a quelle illustrate nei due paragrafi precedenti.
Detta lettura alternativa, se condivisa, può avere dei riflessi anche sul distinto problema relativo alla permanenza o meno delle garanzie che già assistevano l'originario rapporto esistente fra il primo finanziatore e il debitore (problema che sarà esaminato nel paragrafo "La permanenza o meno delle garanzie che già assistevano l'originario rapporto di credito-debito, nell'ipotesi di deterioramento della posizione del garante)".
1. I connotati di autonomia dell'art. 1202 c.c. rispetto agli artt. 1201 e 1203 c.c.
La ricostruzione tradizionale, illustrata precedentemente, non appare soddisfacente.
Essa è stata elaborata con riferimento a tutte le ipotesi di surrogazione: surrogazione per volontà del creditore (art. 1201 c.c.), surrogazione per volontà del debitore (art. 1202 c.c.), surrogazione legale (art. 1203 c.c.); operando una generalizzazione con riguardo ai tre istituti, essa non coglie i forti connotati di autonomia che caratterizzano la figura dell'art. 1202 c.c. rispetto alle altre due figure.
Nell'ipotesi dell'art. 1202 c.c., il debitore contrae un mutuo al fine di estinguere il precedente finanziamento. Pertanto, un contratto di mutuo viene stipulato, un rapporto di mutuo viene ad esistere. Tanto è vero che il rapporto fra il debitore e il nuovo creditore (surrogato) è disciplinato dal nuovo contratto di mutuo; è quest'ultimo che contiene tutte le pattuizioni operanti fra le parti, pattuizioni che prevedono il tasso di interesse, la durata, il piano di ammortamento e tutte le altre condizioni che ordinariamente sono convenute in un contratto di mutuo.
L'osservazione della realtà rende palese la diversità di contenuto fra il rapporto di mutuo (che si instaura fra il debitore e il secondo creditore) e l'originario rapporto obbligatorio, anche quando quest'ultimo è derivante da un precedente mutuo. Ma la diversità è ancora più chiaramente percepibile quando il rapporto originario deriva da un contratto di finanziamento diverso da un mutuo. Ad esempio, come è possibile sostenere che il mutuante surrogato subentra nell'originario rapporto obbligatorio (immutato riguardo agli elementi oggettivi) quando il rapporto originario è un rapporto di apertura di credito o un rapporto di anticipazione bancaria?
Come si può affermare che continua ad esistere il precedente rapporto obbligatorio? Esistono forse, contemporaneamente, due rapporti obbligatori? Si può dire che il debitore è obbligato sia per l'originario rapporto obbligatorio sia per il nuovo rapporto obbligatorio (quello derivante dal mutuo)? Rispondere in modo affermativo a queste domande sarebbe assolutamente irragionevole.
Si può dire che il creditore subentrante può esercitare le sue pretese creditorie sia in base all'originario finanziamento sia in base al nuovo finanziamento? E quindi in base a due titoli? Anche qui, rispondere in modo affermativo sarebbe assurdo.
La dottrina tradizionale (che afferma la persistenza dell'originario rapporto obbligatorio, anche nell'ipotesi dell'art. 1202 c.c.) appare in difficoltà quando deve spiegare che cosa avvenga in ordine al rapporto obbligatorio nascente dal contratto di mutuo (stipulato fra il debitore e il nuovo creditore).
Un Autore [nota 45] si chiede se il mutuante conservi il credito alla restituzione ex mutuo oppure se tale diritto si estingua; egli opta per la seconda soluzione, ma riconosce che non è agevole dimostrarlo. A suo giudizio, il pagamento del debito mediante la somma mutuata e la conseguente surrogazione costituiscono fattispecie estintiva dell'obbligo di restituzione ex mutuo; in altri termini, si ha un adempimento indiretto dell'obbligo di restituzione e la conseguente estinzione del credito (ex mutuo) del mutuante; se invece la surrogazione non si verifica, perché il debitore non adempie (nei confronti dell'originario creditore) impiegando la somma a lui mutuata, il mutuante conserva il credito alla restituzione.
Un altro Autore [nota 46] afferma che la surrogazione «funge, anche, da modo indiretto di estinzione del mutuo», in quanto al credito nascente dal mutuo si sostituisce il credito in cui il mutuante subentra.
Sostenere, come fa la dottrina tradizionale, che anche nell'ipotesi dell'art. 1202 c.c. vi è la sostituzione del soggetto creditore nell'ambito dell'originario rapporto obbligatorio (che rimane uguale nei suoi elementi oggettivi) significa qualificare il fenomeno in modo lontano dalla sua effettività e dalla sua concretezza.
In realtà, l'originario rapporto obbligatorio si estingue e sorge un nuovo rapporto obbligatorio, quello intercorrente fra il debitore e il secondo creditore (il surrogato); detto nuovo rapporto di credito-debito è assistito dalle garanzie (fra le quali l'ipoteca) che assistevano il rapporto obbligatorio originario per una precisa e consapevole scelta legislativa.
La ragione profonda per la quale la dottrina tradizionale ha operato la ricostruzione nel senso della mera successione (nel lato attivo del rapporto) [nota 47] è stata la forte influenza del principio di accessorietà (della garanzia rispetto al credito).
Poiché la nostra tradizione giuridica considerava basilare il principio di accessorietà, si era portati a proporre una ricostruzione della surrogazione che non contrastasse con detto principio; questo spiega le difficoltà ricostruttive sempre incontrate dalla dottrina davanti alla figura in oggetto; questo spiega perché, dopo molti tentativi qualificatori, nell'ultimo mezzo secolo si è formato un consenso unanime sulla soluzione della mera sostituzione del soggetto creditore nell'originario rapporto obbligatorio (e la giurisprudenza ha aderito alla soluzione individuata della dottrina).
Senza accorgersi che detta ricostruzione non era adatta all'ipotesi dell'art. 1202 c.c. e che anzi, rispetto ad essa, portava ad allontanarsi dalla realtà dell'istituto.
Senza accorgersi, inoltre, che il principio di accessorietà non è un principio assoluto, ma un criterio tendenziale, la cui portata effettiva va valutata a seguito di un'attenta analisi dei dati normativi.
Il principio di accessorietà sta a indicare una sorta di connessione fra un credito e una garanzia. Per i temi oggetto della presente relazione, accenniamo brevemente a detto principio con riferimento ai rapporti fra un credito e un'ipoteca.
Fra gli elementi che connotano l'ipoteca, vi sono il principio di specialità, il principio di indivisibilità ed il principio di accessorietà. Nella presente relazione, si preferisce definirli quali caratteri dell'ipoteca, anziché quali principi [nota 48].
Un primo dato interessante è costituito dalla circostanza che, mentre i primi due caratteri (indivisibilità e accessorietà) sono normativamente stabiliti (art. 2809 c.c.), il terzo carattere è frutto dell'elaborazione dottrinale.
Il sistema prevede delle fattispecie che costituiscono delle eccezioni al carattere dell'accessorietà dell'ipoteca rispetto al credito (a garanzia del quale l'ipoteca è stata concessa). è opportuno accennare (in modo sommario) ad alcune di esse.
Art. 2856 c.c. (surrogazione del creditore perdente): il creditore posteriore (titolare di un'ipoteca di secondo grado), se non riesce a soddisfarsi sul bene ipotecato A perché su questo si soddisfa il creditore anteriore (titolare di un'ipoteca di primo grado), qualora l'ipoteca di quest'ultimo si estenda ad altri beni B e C, può surrogarsi nell'iscrizione ipotecaria di cui è titolare il creditore soddisfatto, al fine di soddisfarsi su questi altri beni B e C in modo preferenziale rispetto a creditori posteriori a lui (ossia creditori che abbiano iscritto ipoteca sui beni B e C, ma in data posteriore rispetto alla sua originaria iscrizione ipotecaria, eseguita sul bene A).
Art. 2866 c.c. (terzo acquirente che ha pagato i creditori iscritti): il terzo acquirente del bene ipotecato, che ha pagato integralmente i creditori titolari di iscrizioni ipotecarie sul bene, può surrogarsi nelle iscrizioni ipotecarie costituite a favore dei creditori soddisfatti su altri beni del debitore (salvo che questi beni siano stati acquistati da altri terzi con atti trascritti anteriormente alla trascrizione del suo titolo di acquisto).
Art. 2871 c.c. (terzo datore di ipoteca che ha pagato i creditori iscritti): il terzo datore di ipoteca, che ha pagato integralmente i creditori titolari di iscrizioni ipotecarie sul bene, può surrogarsi nelle iscrizioni ipotecarie costituite a favore dei creditori soddisfatti su altri beni del debitore (salvo che questi beni siano stati acquistati da altri terzi con atti trascritti anteriormente alla iscrizione dell'ipoteca concessa dal terzo datore).
Nelle tre ipotesi sopra ricordate, abbiamo un'iscrizione ipotecaria che in origine garantisce il credito A, di cui è titolare il soggetto A, e che in epoca successiva garantisce il credito B, di cui è titolare il soggetto B.
Tutte rispondono ad interessi meritevoli di tutela. L'art. 2856 c.c. vuole risolvere il problema dei rapporti fra l'ipoteca più estesa e le ipoteche meno estese di grado successivo; realizza un contemperamento di interessi, perché lascia la libertà di azione al creditore avente ipoteca più estesa di grado anteriore, ma nello stesso tempo prevede una tutela anche per il creditore avente ipoteca meno estesa di grado posteriore. Gli artt. 2866 e 2871 c.c. vogliono incentivare il soddisfacimento del credito del titolare dell'ipoteca, consentendo al soggetto terzo (non debitore, bensì terzo acquirente del bene ipotecato o terzo datore), che ha pagato il credito, di subentrare nell'iscrizione ipotecaria che ha il creditore (soddisfatto) su un altro bene (o su altri beni).
Altra figura che interessa (ai fini in esame) è la "postergazione di grado", menzionata dall'art. 2843 c.c.; possono aversi due ipotesi: la posposizione del grado ipotecario (se i due gradi sono immediatamente successivi) e la permuta del grado ipotecario (se i due gradi non sono immediatamente successivi). Al fine di tutelare gli altri creditori ipotecari, la permuta di grado può avvenire solo entro i limiti di importo dell'ipoteca di grado anteriore.
Il legislatore ha ammesso la postergazione del grado perché ha riconosciuto la sua utilità per i soggetti privati (i quali, prima del codice civile vigente, dovevano ricorrere a meccanismi più complessi per raggiungere finalità analoghe); inoltre, ha constatato che la postergazione di grado è neutra rispetto ai creditori ipotecari non coinvolti, in quanto essa non giova e non nuoce ad essi.
Come ha osservato autorevole dottrina [nota 49], la postergazione del grado «è sostanzialmente uno scambio di ipoteche» ed è «un'eccezione ammessa dalla legge … al principio dell'inerenza dell'ipoteca al credito», ossia al carattere dell'accessorietà.
Un'altra disposizione che rappresenta un'eccezione (significativa) al carattere dell'accessorietà della garanzia (anche ipotecaria) rispetto al credito è l'art. 1232 c.c.; secondo detto articolo, nell'ipotesi di novazione, «i privilegi, il pegno e le ipoteche del credito originario si estinguono, se le parti non convengono espressamente di mantenerli per il nuovo credito».
In questa disposizione, si afferma esplicitamente che vi è un "credito originario" (che si estingue, ai sensi dell'art. 1230 c.c.) e vi è un "nuovo credito"; la distinzione fra i due crediti è molto chiara, altrettanto chiara è l'inesistenza di un fenomeno di successione nel solo lato attivo del rapporto obbligatorio. Se le parti pattuiscono di mantenere l'ipoteca, è evidente che si verifica un trasferimento dell'ipoteca da un credito ad un altro credito.
Se i privati, nell'esercizio dell'autonomia negoziale, possono porre una simile eccezione al carattere dell'accessorietà, a maggior ragione lo può fare il legislatore, al fine di realizzare interessi meritevoli di tutela.
Altra eccezione al carattere dell'accessorietà è l'ipotesi che può verificarsi ai sensi dell'art. 1203 n. 2 c.c. Il terzo acquirente di un immobile, il quale, sino alla concorrenza del prezzo di acquisto, abbia pagato un creditore ipotecario, subentra (per surrogazione legale) nell'ipoteca di cui era titolare il creditore da lui soddisfatto; pertanto, egli diventa titolare di un'ipoteca su un bene proprio [nota 50]. Detta ipoteca attribuisce al terzo acquirente il diritto di prelevare l'importo pagato al creditore ipotecario, nei limiti della somma iscritta, in caso di procedimento esecutivo sul bene.
Sulla base delle considerazioni sopra svolte, si deve ritenere che anche l'art. 1202 c.c. costituisca un'ipotesi di eccezione al carattere dell'accessorietà della garanzia [nota 51].
2. I connotati di autonomia dell'art. 8 rispetto all'art. 1202 c.c.
Inoltre, se è vero che l'art. 1202 c.c. ha connotati di autonomia rispetto agli artt. 1201 e 1203 c.c. , è altrettanto vero che l'art. 8 ha connotati di autonomia rispetto allo stesso art. 1202 c.c.
Cerchiamo di esaminare i punti di emersione di detta autonomia.
A) La autonomia riguardo alle finalità (riguardo alla ratio legis)
L'art. 1202 c.c. ha due finalità:
a. realizzare l'interesse del creditore originario ad ottenere il soddisfacimento del proprio credito;
b. realizzare l'interesse del secondo creditore a recuperare la prestazione eseguita.
Riguardo alla prima finalità, l'art. 1202 c.c. cerca di agevolare l'estinzione del credito originario, prevedendo un meccanismo che consente ad un altro soggetto (il quale fornisce al debitore la provvista necessaria all'estinzione del credito) di poter beneficiare delle garanzie che assistevano il credito originario.
Riguardo alla seconda finalità, l'istituto vuole risolvere il seguente problema pratico: la necessità di garantire il recupero della prestazione (effettuata) ad un soggetto che con essa ha reso possibile il soddisfacimento dell'interesse del creditore [nota 52]; sotto questo profilo, l'istituto ha una funzione recuperatoria nell'interesse del secondo creditore [nota 53].
Diverse sono le finalità dell'art. 8, per le quali non si può prescindere da quanto è scritto con chiarezza nella Relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione del decreto legge. Secondo detto documento, l'art. 8 «assolve la funzione di agevolare e di semplificare il trasferimento del rapporto bancario per volontà del mutuatario al fine di consentire la rinegoziazione con una nuova banca delle condizioni di tasso, durata o altri termini contrattuali del contratto originario»; e si prosegue: «sino ad oggi, infatti, una serie di ostacoli di carattere giuridico e di prassi bancaria hanno reso particolarmente gravosa, per il mutuatario, la possibilità di sfruttare i benefici della concorrenza tra banche per rinegoziare i termini e le condizioni del contratto di mutuo».
In altri termini, secondo l'intenzione del legislatore, vengono perseguite due finalità fra loro connesse:
a. favorire il debitore o mutuatario (utente di servizi bancari), consentendogli di concludere, con un diverso operatore creditizio, un nuovo contratto di finanziamento a condizioni più favorevoli (per il tasso, per la durata o per altri profili) e beneficiando di un favorevole trattamento fiscale;
b. favorire una maggiore concorrenza fra gli operatori bancari e creditizi, promuovendo le possibilità di rinegoziazione (in senso economico) e di sostituzione dei finanziamenti, anche con il passaggio del cliente da un operatore all'altro; il tutto con l'obiettivo di aumentare l'efficienza complessiva del mercato creditizio, in quanto il mercato stesso dovrebbe "premiare" i finanziatori che propongono le offerte migliori ai clienti.
Assumono rilievo anche le finalità complessive dell'intero testo legislativo; secondo la citata Relazione di accompagnamento, «il decreto-legge proposto reca talune misure urgenti, necessarie a rimediare ad ostacoli che limitano lo sviluppo economico del Paese, i diritti dei consumatori e la concorrenza»; come si può notare, sono le stesse finalità sopra indicate.
Pertanto, si può affermare con certezza che l'art. 1202 c.c. e l'art. 8 in oggetto hanno finalità diverse. Le finalità specifiche dell'art. 8 non possono non influenzare anche la sua interpretazione.
B) La autonomia riguardo alla causa del fenomeno negoziale
È necessario tenere presente l'effettivo assetto di interessi che le parti intendono porre in essere. Il debitore vuole costruire un nuovo rapporto contrattuale con il nuovo creditore e vuole che venga meno il rapporto contrattuale con l'originario creditore. Il nuovo creditore vuole costruire un rapporto contrattuale (di mutuo) con il debitore, rapporto disciplinato da una propria specifica regolamentazione pattizia, e non vuole subentrare nel rapporto contrattuale originario né nel lato attivo del rapporto obbligatorio originario. Le descritte volontà delle parti, mediante l'insieme degli atti collegati, realizzano un nuovo assetto di interessi, dotato di una propria disciplina negoziale. Il fenomeno conduce al seguente risultato: viene ad esistere un nuovo rapporto di mutuo, corrente fra il nuovo creditore ed il debitore. Detto rapporto di mutuo viene assistito dalle stesse garanzie (compresa l'ipoteca) che assistevano il rapporto obbligatorio originario (ormai estinto), per una precisa scelta del legislatore (art. 8, comma 2), il quale è consapevole del fatto che il trasferimento delle garanzie in capo al secondo creditore è essenziale per le seguenti ragioni: a) è necessario ai fini della concreta operatività dell'istituto, b) è voluto da entrambe le parti (del nuovo rapporto). In definitiva, rispetto all'originario rapporto obbligatorio rimane solo un elemento esterno, anche se collegato (o accessorio): le garanzie che lo assistevano.
Detta lettura del fenomeno è anche maggiormente coerente con il concetto di causa che si sta ormai affermando: la concezione della causa concreta, ossia della causa quale funzione economico-individuale del negozio giuridico (anziché come funzione economico-sociale dello stesso). In questa prospettiva, la causa è la «sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare (al di là del modello, anche tipico, adoperato)»; essa è la «sintesi (e dunque ragione concreta) della dinamica contrattuale» (in questi termini l'importante sentenza Cass. 8 maggio 2006 n. 10490 [nota 54], la quale ha mutato il precedente indirizzo della Corte).
La autonomia riguardo alla causa del fenomeno negoziale può essere affermata anche in relazione all'art. 1202 c.c., il quale si distingue con nettezza dagli artt. 1201 e 1203 c.c., per le ragioni illustrate nel paragrafo precedente. Tuttavia, nell'ipotesi dell'art. 8, detta autonomia emerge in maniera ancora più spiccata.
In ogni caso, molte delle considerazioni già fatte in relazione all'art. 1202 c.c. possono valere anche in relazione all'art. 8: non è ragionevole pensare che il debitore sia soggetto passivo di due rapporti obbligatori, né che il creditore sia soggetto attivo di due crediti, né che permanga unicamente l'originario rapporto obbligatorio (nel quale subentrerebbe il nuovo creditore), dal momento che il nuovo assetto di interessi, voluto e pattuito dalle parti, è quello dato dal nuovo rapporto di mutuo [nota 55].
In definitiva, anche l'art. 8 (come l'art. 1202 c.c.) costituisce un'ipotesi di eccezione al carattere dell'accessorietà della garanzia.
C) La autonomia riguardo alla struttura della disposizione
La disposizione dell'art. 8 ha una sua struttura specifica, diversa dalla struttura che ha l'art. 1202 c.c. Le diversità esistenti possono essere valorizzate, in una prospettiva interpretativa che parte dalla peculiarità più rilevante del nuovo istituto, quella relativa alle finalità perseguite dal legislatore (vedi in precedenza sub A).
La Relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione del decreto legge contiene una indicazione fondamentale. In essa vi è scritto (sempre con riguardo all'art. 8): «il presente articolo individua nell'istituto della surrogazione per volontà del debitore di cui all'articolo 1202 del codice civile, lo strumento attraverso il quale il mutuatario estingue il primo mutuo trasferendo a favore del nuovo mutuante le garanzie accessorie al credito». Il passo è di grande importanza; si afferma esplicitamente che il primo mutuo viene estinto e che al nuovo creditore vengono trasferite le garanzie (compresa l'ipoteca); l'opinione espressa dal legislatore storico rafforza la ricostruzione secondo la quale non si ha il subentro del nuovo creditore nell'originario rapporto obbligatorio, bensì l'estinzione dell'originario rapporto obbligatorio ed il sorgere di un nuovo rapporto obbligatorio, con trasferimento delle garanzie.
Se il legislatore è così chiaro ed esplicito da scrivere (nella Relazione) che «il mutuatario estingue il primo mutuo», dobbiamo pensare che il richiamo all'art. 1202 c.c., contenuto nell'art. 8, abbia una portata più limitata di quanto sia sembrato a molti in un primo momento, all'entrata in vigore della disposizione.
A tal fine, consideriamo un altro aspetto, di natura redazionale. L'art. 8 non è formulato nel modo seguente: vengono dettate alcune disposizioni specifiche e si chiude con una disposizione che recita: «per quanto non sia diversamente disposto in questo articolo, si applica l'art. 1202 c.c. (oppure si applicano gli artt. 1202 e 1204 c.c.)». In questo caso, avremmo avuto un rinvio "pieno" all'art. 1202 c.c., seppure integrato dalle norme specifiche contenute nell'art 8. In altri termini, avremmo avuto una disciplina dell'istituto data dal combinato disposto (dalla lettura congiunta) dell'art. 1202 c.c. e dell'art. 8. Non è così. L'art. 8 è formulato nel modo seguente: al comma 1 si dispone che «… la non esigibilità del credito o la pattuizione di un termine a favore del creditore non preclude al debitore l'esercizio della facoltà di cui all'articolo 1202 del codice civile»; la parte restante dell'art. 8 è costituita da disposizioni specifiche.
La formulazione potrebbe far pensare al seguente fenomeno. L'art. 8 ha voluto richiamare la facoltà del debitore di surrogare il mutuante nei diritti di garanzia spettanti al creditore originario (e la connessa necessità dei tre elementi che consentono all'esercizio della surroga di produrre effetti utili: mutuo, quietanza, surroga), ma non ha voluto richiamare altri elementi dell'art. 1202 c.c.; esso, invece, ha provveduto a dettare nuove norme, volte a disegnare un nuovo istituto, dotato di una sua autonomia. In altri termini, secondo la ricostruzione che si propone, l'art. 8 richiamerebbe l'art. 1202 c.c. solo con riguardo ai profili procedimentali (mutuo, quietanza, surroga) ma non con riguardo ai profili strutturali (disegno complessivo della nuova fattispecie). Si avrebbe non un rinvio "pieno", ma un rinvio limitato ad alcuni aspetti.
Un altro elemento (relativo alla struttura della disposizione) che costituisce un segnale della autonomia della figura è dato dal periodo relativo al mantenimento delle garanzie. Se l'art. 8 effettuasse un rinvio "pieno" all'art. 1202 c.c., non sarebbe necessaria la frase «il mutuante surrogato subentra nelle garanzie accessorie, personali e reali, al credito surrogato», perché l'applicabilità dell'art. 1202 c.c. comporta (in modo naturale e automatico) l'applicabilità dell'art. 1204 c.c.; il periodo è stato inserito proprio perché, in mancanza di un rinvio "pieno", era necessario precisare il subentro nelle garanzie.
3. Conclusione proposta in ordine alla opponibilità delle eccezioni
Dopo aver esaminato i profili di autonomia dell'art. 8, torniamo alla questione relativa alla opponibilità delle eccezioni.
Secondo la lettura qui proposta, si instaura un nuovo rapporto obbligatorio (fra il debitore ed il secondo creditore), rapporto derivante dal contratto di mutuo; inoltre, si estingue l'originario rapporto obbligatorio. Pertanto, il debitore non può opporre le eccezioni relative all'originario rapporto obbligatorio, né può opporre le eccezioni relative al titolo dal quale è sorto l'originario rapporto contrattuale di finanziamento.
Poiché il secondo creditore subentra nella titolarità dell'ipoteca, il debitore può opporre ad esso le eccezioni relative all'ipoteca.
Riguardo all'invalidità dell'ipoteca, è necessario distinguere le ipotesi di invalidità dell'ipoteca derivanti da invalidità del titolo con il quale essa è stata concessa (art. 2824 c.c.) dalle ipotesi di invalidità dell'ipoteca derivanti da vizi intrinseci all'iscrizione ipotecaria (art. 2841 c.c.).
In forza dell'art. 2824 c.c., «l'iscrizione di ipoteca eseguita in virtù di un titolo annullabile rimane convalidata con la convalida del titolo». L'iscrizione ipotecaria eseguita sulla base di un negozio annullabile di concessione (dell'ipoteca) è efficace, ma si trova in una situazione che può avere sviluppi diversi; se interviene una sentenza di annullamento del negozio, l'iscrizione ipotecaria perde efficacia retroattivamente [nota 56]; se interviene una convalida (espressa o tacita) del negozio, l'efficacia dell'iscrizione ipotecaria si consolida definitivamente.
Si ha una convalida tacita del negozio, se il soggetto al quale spettava l'azione di annullamento ha dato volontaria esecuzione al negozio stesso conoscendo la causa di annullabilità (art. 1444, secondo comma, c.c.). Secondo l'orientamento concorde della giurisprudenza, si ha una convalida tacita anche quando il soggetto medesimo ha tenuto un comportamento incompatibile con la volontà di chiedere la pronuncia di annullamento.
Nell'ipotesi dell'art. 8, il debitore contrae un mutuo (per estinguere un finanziamento precedente) e surroga il mutuante nei diritti e nelle garanzie del creditore originario. Poiché detto fenomeno giuridico si attua su impulso del debitore, per una sua libera scelta, si deve ritenere che il comportamento del debitore stesso integri una convalida tacita del negozio (in ipotesi) annullabile con il quale era stata concessa l'ipoteca. Infatti, è da ritenere che il debitore, dando l'avvio al meccanismo descritto, tenga un comportamento incompatibile con la volontà di chiedere l'annullamento del negozio originario, ossia del negozio di concessione dell'ipoteca [nota 57].
L'art. 2824 c.c. non menziona l'iscrizione ipotecaria eseguita in forza di un titolo nullo. La figura dell'iscrizione ipotecaria nulla è frutto dell'elaborazione giurisprudenziale e dottrinale. Secondo Cass. 3 novembre 1962, n. 3079 [nota 58], «se l'iscrizione sia eseguita in base ad un titolo nullo, ovvero oltre i limiti oggettivi di un titolo valido, l'ipoteca è giuridicamente inesistente in tutto o in parte».
In dottrina, il fenomeno dell'iscrizione eseguita sulla base di un titolo nullo è descritto in modo non uniforme. Secondo alcuni [nota 59], si ha nullità (o invalidità assoluta) dell'iscrizione ipotecaria; secondo altri [nota 60], si ha un'iscrizione ipotecaria "inutile", in quanto manca un elemento necessario a costituire la fattispecie complessa costituita dall'iscrizione stessa; secondo altri [nota 61], «la invalidità deve essere riferita direttamente e specificamente» al negozio di concessione, «essa non si comunica all'ipoteca, ma, determinando il mancato completarsi della fattispecie complessa, ne impedisce la venuta ad esistenza»; secondo altri [nota 62], «l'iscrizione in forza di titolo nullo non produce effetto: l'ipoteca perciò non sorge».
Si può ravvisare un minimo comune denominatore nelle diverse posizioni ricordate: se, in base ad un titolo nullo, viene eseguita una iscrizione ipotecaria, detta iscrizione non produce effetti.
In forza dell'art. 2841 c.c., «l'omissione o l'inesattezza di alcune delle indicazioni nel titolo, in base al quale è presa l'iscrizione, o nella nota non nuoce alla validità dell'iscrizione, salvo che induca incertezza sulla persona del creditore o del debitore o sull'ammontare del credito ovvero sulla persona del proprietario del bene gravato, quando l'indicazione ne è necessaria, o sull'identità dei singoli beni gravati»; detta disposizione è comunemente interpretata nel senso che, qualora (per omissioni o inesattezze) vi sia incertezza su almeno uno degli elementi essenziali ivi indicati, l'iscrizione ipotecaria è invalida.
Con detta disposizione, il legislatore ha voluto salvaguardare l'iscrizione ipotecaria in casi nei quali le irregolarità o le carenze non abbiano un rilievo determinante [nota 63]. Infatti, sia qualora omissioni o inesattezze riguardino altri elementi (diversi da quelli essenziali), sia qualora omissioni o inesattezze riguardino gli indicati elementi essenziali ma senza indurre incertezza, l'iscrizione ipotecaria è valida e si verifica una semplice irregolarità della stessa.
Torniamo adesso all'art. 8 e alla questione relativa alla proponibilità delle eccezioni da parte del debitore.
In base alla lettura qui proposta, la situazione è la seguente:
a. il debitore non può opporre le eccezioni relative all'originario rapporto obbligatorio, né può opporre le eccezioni relative al titolo dal quale è sorto l'originario rapporto contrattuale di finanziamento, in quanto l'originario rapporto obbligatorio e l'originario rapporto contrattuale di finanziamento sono ormai estinti;
b. il debitore non può opporre l'eccezione di invalidità dell'iscrizione ipotecaria causata dalla annullabilità del negozio di concessione di ipoteca, perché egli, dando impulso all'operare della surrogazione, ha posto in essere una convalida tacita del negozio stesso;
c. il debitore può opporre l'eccezione di invalidità dell'iscrizione ipotecaria causata dalla nullità del negozio di concessione di ipoteca;
d. il debitore può opporre l'eccezione di invalidità dell'iscrizione ipotecaria causata dall'incertezza su soggetti, oggetto o ammontare del credito, ai sensi dell'art. 2841 c.c.
In definitiva, il debitore può opporre soltanto le eccezioni sopra indicate alle lettere c) e d). Si tratta di ipotesi nelle quali l'iscrizione ipotecaria non si è perfezionata o per la nullità del titolo costitutivo o per la mancanza di elementi essenziali; inoltre, come si può constatare agevolmente osservando la prassi, si tratta di ipotesi che non si verificano con frequenza.
4. L'art. 8 quale ulteriore ipotesi di eccezione al carattere dell'accessorietà della garanzia
In base alla ricostruzione proposta, l'art. 8 determina il seguente fenomeno giuridico. L'originario rapporto obbligatorio si estingue e sorge un nuovo rapporto obbligatorio (derivante da un mutuo) fra il nuovo creditore (mutuante) ed il debitore. Si ha una deroga all'art. 2878, n. 3, c.c., in base al quale il diritto di ipoteca si estingue «con l'estinguersi dell'obbligazione»; infatti, le garanzie (compresa l'ipoteca) vanno ad assistere il nuovo credito.
Si ha un'eccezione al carattere dell'accessorietà della garanzia (e quindi dell'ipoteca). Come nelle altre ipotesi di eccezione a detto carattere [nota 64], esistono interessi meritevoli di tutela, valutati dal legislatore come degni di attenzione. In questa ipotesi, vi sono sia l'interesse del soggetto finanziato ad ottenere un nuovo mutuo a condizioni più favorevoli sia l'interesse generale a favorire una maggiore concorrenza fra le imprese del settore al fine di aumentare l'efficienza complessiva del mercato creditizio [nota 65].
Come si è visto, nel sistema sono previste delle ipotesi che costituiscono altrettante eccezioni al carattere dell'accessorietà dell'ipoteca; invece, non è prevista la cessione dell'ipoteca (indipendentemente dalla cessione del credito garantito); in certe ipotesi concrete, detta figura potrebbe rispondere agli interessi dei soggetti privati: si pensi alla cessione dell'ipoteca da un creditore ipotecario ad un creditore chirografario. Nel sistema codicistico, non vi è una norma che espressamente la preveda, né vi è una norma che espressamente la vieti.
L'ammissibilità dell'istituto ha sempre suscitato discussioni. Ad avviso della dottrina prevalente, la figura non è ammissibile [nota 66]; ad avviso di altra parte della dottrina, la figura è ammissibile [nota 67].
È interessante notare come un Autore dotato di grande consapevolezza in materia ipotecaria [nota 68] ammetta che, se proprio si vuol giustificare l'opinione della non ammissibilità della cessione dell'ipoteca (indipendentemente dalla cessione del credito garantito), l'unica ragione plausibile è la tutela del debitore, il quale potrebbe avere maggiore interesse, per varie ragioni (diverse dalla circostanza che il credito sia garantito), a estinguere il credito originariamente garantito e quindi potrebbe essere penalizzato dalla cessione dell'ipoteca ad un creditore chirografario. Ferma la distinzione fra eccezioni all'accessorietà (previste da diverse norme) e cessione dell'ipoteca (la cui ammissibilità, al momento, è discussa), questa osservazione concorre a spiegare come la sussistenza di un interesse del debitore possa permettere una certa "mobilità" dell'ipoteca. In fondo, anche l'art. 8 costituisce un esempio di ciò; il "passaggio" di un'ipoteca da un credito ad un altro credito avviene, in sostanza, su impulso del debitore e in ragione di un suo interesse; nella fattispecie in oggetto, il debitore vuole liberarsi da un rapporto di finanziamento oneroso per approdare ad un rapporto di finanziamento più conveniente. Infatti, con riguardo all'ipotesi dell'art. 8, il debitore, se non avesse interesse al trasferimento dell'ipoteca, non attiverebbe il meccanismo previsto dalla legge.
Alla luce di quanto detto, si potrebbe fare un'ulteriore riflessione.
Si potrebbe proporre una concezione diversa del carattere dell'accessorietà dell'ipoteca. Si potrebbe intendere l'accessorietà non come vincolo fra l'ipoteca e il credito a garanzia del quale venne concessa in origine, ma come vincolo fra un'ipoteca ed un credito, anche diverso dal credito originariamente garantito dalla stessa ipoteca.
Il discorso relativo all'accessorietà si potrebbe ampliare; per ragioni di economia di trattazione, limitiamoci ad accennare soltanto a due ulteriori aspetti di rilievo.
Un allentamento del carattere dell'accessorietà consentirebbe di valorizzare la circostanza che la garanzia ha un suo valore economico; sotto questo profilo, la garanzia può avere una sua autonomia. Si rinvia quindi alla dottrina che ha esaminato tale aspetto, analizzando la disciplina dell'ipoteca anche con riguardo alla sua efficienza complessiva [nota 69].
Una tendenza all'attenuazione del carattere dell'accessorietà è presente in altri ordinamenti, anche vicini al nostro. In sede di Unione europea, è in corso una riflessione sull'argomento; nel Libro verde della Commissione europea, l'aspetto centrale è proprio la proposta di attenuare il nesso (ossia l'accessorietà) fra l'ipoteca e il credito ipotecario. Anche in questo caso si rinvia alla dottrina che ha esaminato tali aspetti [nota 70].
La permanenza o meno delle garanzie che già assistevano l'originario rapporto di credito-debito, nell'ipotesi di deterioramento della posizione del garante
Se ci si colloca nell'ambito della lettura alternativa
Se ci si colloca nell'ambito della lettura alternativa, in particolare nella parte in cui essa sottolinea i connotati di autonomia dell'art. 8 [nota 71], se ne deve trarre la conseguenza che tutte le garanzie permangono, in quanto ciò è espressamente previsto dalla disposizione in esame.
Infatti, l'art. 8, comma 2, primo periodo, dispone: «nell'ipotesi di surrogazione ai sensi del comma 1, il mutuante surrogato subentra nelle garanzie accessorie, personali e reali, al credito surrogato». Come si è cercato di sostenere [nota 72], proprio la norma desumibile da detto periodo è uno degli indici dell'autonomia dell'art. 8 nel suo complesso. Il legislatore dell'art. 8, mosso dalle finalità già illustrate, ha voluto stabilire in modo inequivoco che le garanzie permangono. Se avesse voluto farsi carico del problema costituito da eventuali deterioramenti della situazione del garante (ai quali accenneremo nel paragrafo successivo), avrebbe dettato una disposizione al riguardo. Il legislatore, consapevolmente, ha operato un bilanciamento degli interessi coinvolti e ha ritenuto preminenti l'interesse del debitore e l'interesse a promuovere la concorrenza nel settore creditizio.
Se ci si colloca nell'ambito della ricostruzione tradizionale
Se ci si colloca nell'ambito della ricostruzione tradizionale o se, pur dando letture diverse, si ritiene di non condividere quanto sostenuto al paragrafo precedente, si deve sviluppare un ragionamento più articolato.
Il sistema induce a distinguere l'ipotesi in cui il credito originario sia assistito da una fideiussione dall'ipotesi in cui il credito originario sia assistito da un'ipoteca concessa da un terzo.
A) La fideiussione
Le ipotesi che determinano maggiori discussioni sono quelle nelle quali, a seguito del mutuo stipulato ai sensi dell'art. 8, si verifichi un deterioramento della posizione del fideiussore. Può accadere che il nuovo mutuo abbia una durata (contrattualmente prevista) che sia tale da andare oltre il (già convenuto) termine di scadenza dell'originario mutuo (o altro contratto di finanziamento). Invero, questa è una eventualità destinata a verificarsi abbastanza spesso, perché è ragionevole prevedere che in molti casi il debitore vorrà "spalmare" la restituzione di capitale e interessi su un periodo più lungo rispetto a quello convenuto in occasione della stipula dell'originario rapporto.
L'eventualità descritta può penalizzare, di fatto, il fideiussore. è vero che l'importo del nuovo mutuo non può essere superiore all'importo capitale residuo del primo mutuo (che si va ad estinguere), ma il fideiussore, al momento di assumere l'obbligazione di garanzia, sapeva che l'obbligazione principale aveva un determinato termine di scadenza (quello convenuto nel primo contratto di finanziamento), mentre viene a trovarsi di fronte ad un nuovo termine di scadenza (quello convenuto nel nuovo mutuo), differito dal punto di vista temporale. Si verifica una modifica delle condizioni dell'originario rapporto obbligatorio che potrebbe essere non gradita dal fideiussore stesso.
Cerchiamo di ricostruire la situazione che può determinarsi, ponendoci nell'ottica della ricostruzione tradizionale.
Si dovrebbe ritenere quanto segue:
a. il secondo creditore (nuovo mutuante) subentra nell'originario rapporto obbligatorio, il quale resta immutato dal punto di vista degli elementi oggettivi, poiché muta solo un elemento soggettivo (dal lato attivo); fra gli elementi oggettivi vi è il termine di scadenza dell'obbligazione;
b. per i rapporti fra la durata della fideiussione e la durata dell'obbligazione principale è necessario fare riferimento all'art. 1957 c.c., disposizione che ha la funzione di contenere entro certi limiti temporali l'operatività della fideiussione; in forza di detto articolo, il creditore ha un onere: deve agire giudizialmente nei confronti del debitore entro un breve termine (sei mesi o due mesi) dalla scadenza dell'obbligazione principale, a pena di decadenza dalla garanzia fideiussoria;
c. per scadenza dell'obbligazione principale deve intendersi il termine di scadenza convenuto nell'originario contratto di mutuo; il nuovo termine, convenuto nel secondo contratto di mutuo, non è opponibile al fideiussore, se questi non ha prestato consenso al termine stesso [nota 73];
d. a prima vista, sulla base di quanto illustrato alle lettere b) e c), si dovrebbe ritenere che normalmente la durata della fideiussione sia collegata (seppure nei termini sopra indicati) alla scadenza (originariamente convenuta) dell'obbligazione principale; tuttavia, nella prassi contrattuale sono molto frequenti le pattuizioni in deroga all'art. 1957 c.c.; infatti, sulla base di un indirizzo consolidato della Cassazione, si ritiene che l'art. 1957 c.c. non sia norma imperativa e quindi sia norma derogabile [nota 74]; al riguardo, le pattuizioni sono generalmente riconducibili alle seguenti ipotesi:
in alcuni casi, si prevede una rinuncia preventiva, da parte del fideiussore, alla possibilità di far valere la decadenza del creditore prevista dall'art. 1957 c.c.;
in altri casi, si prevede una clausola del tipo: il creditore non è tenuto «ad escutere il debitore o il fideiussore … entro i termini previsti dall'art. 1957 c.c., che si intende derogato»;
in altri casi, si prevede che la durata della fideiussione sia correlata non alla scadenza dell'obbligazione principale ma all'integrale soddisfacimento di questa [nota 75].
Per riassumere, nell'ottica della ricostruzione tradizionale, affinchè sia opponibile al fideiussore la durata del nuovo mutuo (ex art. 8) (durata che in ipotesi vada oltre il termine di scadenza del primo contratto di finanziamento), è necessario il consenso del fideiussore stesso; tuttavia, nella prassi contrattuale sono molto frequenti le pattuizioni in deroga all'art. 1957 c.c.; in tali ipotesi, la fideiussione permane senza la necessità di un nuovo consenso del garante.
B) L'ipoteca concessa da un terzo
Anche con riguardo al terzo datore di ipoteca, legittimamente si è posta la domanda se un eventuale deterioramento della posizione del garante richieda la necessità di un nuovo consenso del medesimo. La dottrina e gli operatori hanno richiamato l'attenzione sulla situazione che si verifica quando il nuovo mutuo abbia una durata (contrattualmente prevista) che sia tale da andare oltre il (già convenuto) termine di scadenza dell'originario contratto di finanziamento.
Richiamando le considerazioni sopra svolte sub A), nell'ottica della ricostruzione tradizionale il termine di scadenza dell'obbligazione è il termine di scadenza convenuto nell'originario contratto di finanziamento; pertanto, è necessario affrontare la questione se l'art. 1957 c.c. sia applicabile, per analogia, all'ipotesi dell'ipoteca concessa da un terzo.
Il problema è stato esaminato dalla giurisprudenza e dalla dottrina, le quali hanno concluso per l'inapplicabilità dell'art. 1957 c.c. [nota 76]
Le ragioni addotte al riguardo sono le seguenti:
a. poichè il termine previsto dall'art. 1957 c.c. è un termine di decadenza, la disposizione detta una normativa eccezionale, per cui non è applicabile per analogia a fattispecie diverse da quella considerata (anche qualora sia individuabile una stessa ratio);
b. il legislatore ha espressamente disciplinato la posizione del terzo datore di ipoteca agli artt. 2868-2871 c.c. e non ha ritenuto di operare un rinvio alle norme sulla fideiussione per gli aspetti non regolati; nell'ambito della sezione dedicata al terzo datore di ipoteca, vi sono due disposizioni simili a corrispondenti disposizioni presenti nel capo dedicato alla fideiussione: l'art. 2868 c.c. (che presenta affinità rispetto all'art. 1944 c.c.) e l'art. 2869 c.c. (che presenta affinità rispetto all'art. 1955 c.c.); il primo prevede l'estinzione della garanzia se, per fatto del creditore, il garante non può surrogarsi nei diritti e nelle garanzie del creditore medesimo; il secondo prevede che il garante ha il beneficio della preventiva escussione del debitore solo se ciò è pattuito; se il legislatore non ha dettato altre norme, simili a norme dettate per la fideiussione, lo ha fatto a ragion veduta, perchè consapevolmente non ha voluto che altre norme del genere si applicassero anche nell'ipotesi del terzo datore (naturalmente, salvo un accordo negoziale in tal senso);
c. i due tipi di garanzia hanno una diversa natura giuridica; il fideiussore è titolare di una obbligazione, in capo ad esso sussiste una responsabilità patrimoniale completa ai sensi dell'art. 2740 c.c.; il terzo datore di ipoteca non è titolare di un'obbligazione, ma ha una responsabilità, precisamente risponde dell'inadempimento del debitore solamente con il bene vincolato; considerata la diversità fra le due figure, non è consentita l'estensione indiscriminata delle norme sulla fideiussione all'ipotesi del terzo datore;
d. la ratio dell'art. 1957 c.c. è data dalla «esigenza di evitare che la posizione del fideiussore resti per lungo tempo incerta con evidente pregiudizio» per i suoi interessi, considerata l'ampiezza della responsabilità patrimoniale derivante dalla fideiussione, mentre la stessa esigenza non sussiste nell'ipotesi «del terzo datore di ipoteca, in considerazione del vincolo più ristretto, anche se più intenso, che quest'ultima garanzia impone» (si esprime in questi termini una sentenza di legittimità) [nota 77].
Per riassumere, nell'ottica della ricostruzione tradizionale, anche se la durata del nuovo mutuo (ex art. 8) va oltre il termine di scadenza del primo contratto di finanziamento, non è necessario che il terzo datore di ipoteca presti nuovamente il proprio consenso. Non si nega che egli possa essere penalizzato a causa di tale circostanza; tuttavia, si tratta di un mero pregiudizio di fatto e non della lesione di una situazione giuridicamente tutelata.
Può accadere che il termine di scadenza del nuovo mutuo vada oltre il termine finale di efficacia dell'iscrizione ipotecaria (termine di venti anni, il quale decorre dall'iscrizione). La eventualità non crea problemi, in quanto il secondo creditore, subentrando nel diritto di ipoteca e nell'iscrizione, diventa titolare anche della facoltà di rinnovazione; pertanto, egli potrà procedere alla rinnovazione dell'iscrizione ipotecaria.
C) La prima prassi applicativa
Per completezza di informazione, si deve segnalare che, riguardo alla questione relativa alla permanenza o meno delle garanzie (nell'ipotesi di deterioramento della posizione del garante), alcuni Autori, legittimamente, hanno espresso opinioni diverse da quella qui sostenuta; taluni hanno affermato la necessità della manifestazione di un nuovo consenso da parte dei garanti, altri hanno prospettato le varie possibili soluzioni e hanno avvertito che la questione è ancora dubbia.
In presenza di differenti posizioni interpretative, nella prima prassi applicativa si constata la tendenza a far intervenire di nuovo i garanti, in occasione della stipula del secondo mutuo, affinchè essi confermino il loro consenso (naturalmente, quando siano disponibili a farlo).
La circostanza che, a norme vigenti, l'annotazione può essere eseguita ad una certa distanza di tempo rispetto alla surrogazione
Come è noto, la normativa vigente pone termini diversi per eseguire le annotazioni, da un lato, e le trascrizioni e le iscrizioni, dall'altro.
Per eseguire le annotazioni, la Conservatoria ha un termine di 90 giorni. Di fatto, mentre in una Conservatoria di dimensioni non grandi l'annotazione può avvenire entro pochi giorni, in una Conservatoria di grandi dimensioni l'annotazione può avvenire anche dopo molte settimane. La normativa non prevede una "corsia preferenziale" per le annotazioni richieste dall'art. 8 in oggetto (mentre una previsione del genere sarebbe stata opportuna).
A causa di ciò, aumenta il rischio relativo alla possibilità che intervengano trascrizioni o iscrizioni pregiudizievoli o una sentenza di fallimento prima dell'annotazione di surrogazione (ossia il rischio illustrato nel secondo paragrafo). è vero che si ritiene non condivisibile la lettura prevalente in giurisprudenza [nota 78], lettura che ritiene dette eventualità pregiudizievoli per il surrogato; tuttavia, è ovvio che l'esigenza di tutelare tutti i soggetti coinvolti nell'operazione impone di non sottovalutare i rischi derivanti dalla giurisprudenza ricordata.
Sempre a causa della mancata previsione di un termine breve e perentorio per eseguire l'annotazione in oggetto, sussiste un rischio ulteriore. Può accadere che una banca invii alla Conservatoria la comunicazione di estinzione dell'obbligazione (derivante da mutuo) ai sensi della legge 40/2007 e che in Conservatoria la relativa cancellazione di ipoteca sia eseguita prima che sia eseguita un'annotazione di surrogazione nella stessa ipoteca, benchè la domanda di annotazione sia stata depositata prima dell'invio della comunicazione da parte della banca. Poiché alcune banche utilizzano una procedura automatica per l'invio delle citate comunicazioni ai sensi della legge 40/2007, può accadere il seguente fenomeno: il debitore D stipula un mutuo con la banca B al fine di estinguere l'importo residuo del mutuo in essere con la banca A; quest'ultima riceve il pagamento di quanto ad essa dovuto; il sistema informatico della banca A "legge" che si è verificata l'estinzione del mutuo del debitore D e invia alla Conservatoria la comunicazione di estinzione; sulla base di detta comunicazione, l'ipoteca iscritta viene cancellata; solo in un momento successivo, viene eseguita l'annotazione di surrogazione a favore della banca B.
È evidente la gravità delle conseguenze che possono derivare da vicende di questo genere.
Al fine di evitare queste eventualità, sarebbe opportuno che per l'annotazione di surrogazione (prevista dall'art. 8, comma 2) sia creato un sistema di invio telematico che permetta la massima rapidità di esecuzione.
La relazione ipotecaria notarile
Nel paragrafo "Una lettura alternativa" si sono illustrate le ragioni che inducono a ritenere infondata la tesi dell'efficacia costitutiva dell'annotazione, tesi dalla quale la giurisprudenza maggioritaria fa discendere la prevalenza, nei confronti dell'annotazione di surrogazione, della sentenza di fallimento (pubblicata anteriormente) e delle formalità pubblicitarie pregiudizievoli (trascritte o iscritte anteriormente).
Secondo la ricostruzione che si è proposta, quando viene eseguita un'annotazione di surrogazione, ai sensi dell'art. 2843 c.c. (e anche ai sensi dell'art. 8), il soggetto subentrante (o surrogato) diviene titolare dell'iscrizione ipotecaria e quest'ultima conserva il grado che aveva in origine; di conseguenza, eventuali iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli, che siano eseguite dopo l'iscrizione originaria ma prima dell'annotazione, non sono opponibili al surrogato; in modo analogo, la surrogazione prevale su una sentenza di fallimento, che sia pubblicata dopo l'iscrizione originaria ma prima dell'annotazione.
Da questa ricostruzione dovrebbe derivare la conseguenza della non necessità di una relazione notarile, la quale dia conto dell'esistenza o meno di trascrizioni o iscrizioni intervenute dopo l'iscrizione ipotecaria, nonché dell'esistenza o meno di un fallimento intervenuto dopo l'iscrizione ipotecaria; semmai, dovrebbe derivare la conseguenza della necessità di una diversa relazione notarile, la quale dia conto dell'esistenza o meno di altre annotazioni (di surroga, di cessione del credito, di pignoramento del credito e così via) relative alla stessa iscrizione ipotecaria, annotazioni che quindi siano in conflitto con l'annotazione eseguita e che siano prevalenti (in quanto anteriori) nei confronti della medesima.
Tuttavia, questa è una di quelle ipotesi nelle quali sussistono comprensibili esigenze di cautela che inducono a non seguire una soluzione pratica coerente con la ricostruzione giuridica che si ritiene più plausibile, bensì a seguire una soluzione pratica più prudente; il tutto, al fine di tutelare la posizione del nuovo finanziatore.
Poiché in giurisprudenza è prevalente l'indirizzo sopra ricordato (efficacia costitutiva dell'annotazione, inopponibilità dell'annotazione nei confronti del fallimento anteriore e delle trascrizioni e iscrizioni anteriori), prima che sia posta in essere la surrogazione, è assolutamente opportuno redigere una relazione notarile, la quale dia conto:
a. dell'esistenza o meno di trascrizioni o iscrizioni intervenute dopo l'iscrizione ipotecaria (naturalmente, trascrizioni o iscrizioni contro il proprietario del bene ipotecato e gravanti sul bene medesimo);
b. dell'esistenza o meno di un fallimento intervenuto dopo l'iscrizione ipotecaria (naturalmente, fallimento del debitore contro il quale è iscritta l'ipoteca nella titolarità della quale dovrà subentrare il surrogato);
c. dell'esistenza o meno di annotazioni che siano pregiudizievoli rispetto all'annotazione di surroga che si dovrà eseguire (annotazioni concorrenti e anteriori).
In pratica, si tratta di una relazione che presuppone che le visure ipotecarie siano effettuate a partire dalla data dell'iscrizione ipotecaria (nella titolarità della quale dovrà subentrare il surrogato).
È assolutamente opportuno compiere un aggiornamento delle visure ipotecarie sino al giorno dell'atto di surrogazione; inoltre, è assolutamente opportuno compiere un ulteriore aggiornamento delle visure ipotecarie sino alla data della materiale esecuzione dell'annotazione da parte del Conservatore dei registri immobiliari, al fine di accertare che, sino a detta data, non siano intervenute formalità pregiudizievoli (annotazioni concorrenti anteriori) o formalità che potrebbero risultare pregiudizievoli a causa della giurisprudenza ricordata (trascrizioni e iscrizioni). Accertamenti analoghi dovranno essere fatti in relazione ad un eventuale fallimento (o ad altre eventuali procedure concorsuali), sino alle date sopra indicate.
Naturalmente, nulla impedisce che la banca che concede il nuovo mutuo chieda una relazione notarile ventennale; si tratterà di una scelta autonoma della banca e non di una soluzione suggerita dalla disciplina normativa.
[nota 1] La relazione si colloca nell'ambito dell'analisi dell'art. 8 del decreto legge 31 gennaio 2007 n. 7, nel testo risultante dalla legge di conversione 2 aprile 2007 n. 40. Al fine di evitare ripetizioni, nel presente testo la disposizione viene indicata semplicemente come art. 8. Le evidenziazioni in corsivo sono dell'Autore della relazione; talvolta, nelle note, quando si indica un'opera già citata, si indica fra parentesi la nota nella quale l'opera è citata per esteso.
[nota 2] Denominata anche Agenzia del territorio - Servizio Pubblicità immobiliare - Ufficio del territorio.
[nota 3] Nelle ipotesi in cui è necessario stabilire l'anteriorità o la posteriorità fra un'iscrizione (o una trascrizione) ed un fallimento, con riguardo a quest'ultimo è necessario considerare la data di pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento (ossia la data del deposito in cancelleria della sentenza) e non la data della successiva trascrizione. Secondo Cass. 27 ottobre 2006, n. 23264, «la sentenza dichiarativa di fallimento è, infatti, opponibile ai terzi sin dal momento della sua emissione … e la pubblicità della sentenza è richiesta soltanto per dare ai terzi la possibilità di conoscere della dichiarazione di fallimento, comunque ad essi opponibile» (si vedano anche Cass. 5 giugno 1985, n. 3358, in Fallimento, 1986, p. 150, e Cass. 17 marzo 2000, n. 3106, in Giust. civ. Mass., 2000). Si ritiene che, anche dopo la riforma della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267), la normativa sul punto non sia cambiata; infatti, è stato modificato l'art. 16 L. fall. (ora la sentenza dichiarativa di fallimento produce effetti per i terzi dalla data di iscrizione nel Registro delle Imprese), ma non è stato modificato l'art. 45 L. fall. (che regola i rapporti fra fallimento e atti soggetti a pubblicità).
[nota 4] Poiché fra i rischi di pregiudizio per il creditore subentrante vi è anche il fallimento del debitore, è opportuno qualche cenno sull'ambito di applicabilità dell'art. 8 sotto il profilo soggettivo.
Ad avviso di una prima opinione, il debitore deve essere un consumatore. La ragione è principalmente la seguente: l'art. 8 è inserito nel capo I, intitolato "Misure urgenti per la tutela dei consumatori", e non nel capo II, intitolato "Misure urgenti per lo sviluppo imprenditoriale e la promozione della concorrenza"; si deve ritenere che il legislatore abbia operato detta collocazione a ragion veduta, consapevole dell'importanza che ha la struttura interna di un testo legislativo.
Ad avviso di una seconda opinione, il debitore può essere un qualsiasi soggetto. Le ragioni sono le seguenti: a) fra le finalità della disposizione, vi è quella di stimolare la concorrenza fra le banche ai fini di una maggiore efficienza complessiva del mercato creditizio, finalità che prescinde dalla circostanza che il debitore agisca quale consumatore o agisca quale imprenditore o professionista; b) il testo dell'art. 8 adopera il termine (ampio) "debitore"; c) la Relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione del decreto legge, nell'illustrare l'art. 8, fa riferimento più volte al "mutuatario" e mai al "consumatore"; d) l'intitolazione del capo I (all'interno del quale è collocato l'art. 8) ha un peso non determinante, in quanto all'interno dello stesso capo è collocato l'art. 7, il quale è applicabile sia ai consumatori sia agli imprenditori individuali sia ai professionisti.
Entrambe le opinioni hanno elementi di plausibilità. Dovendo esprimere una preferenza, essa va alla seconda opinione.
L'intitolazione del capo I perde una parte del suo rilievo proprio in ragione della presenza, all'interno del capo stesso, dell'art. 7 (relativo al divieto di prestazioni a favore del mutuante in caso di estinzione anticipata del mutuo).
In forza dell'art. 3, comma 1, lettera a), del D.lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (codice del consumo), come modificato dall'art. 3 del D.lgs. 23 ottobre 2007 n. 221 (in G.U. n. 278 del 29 novembre 2007), «ai fini del presente codice, ove non diversamente previsto, si intende per: a) consumatore o utente: la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta» (si tratta del testo vigente con decorrenza dal 14 dicembre 2007). è vero che all'interno del codice del consumo l'espressione "consumatore" è impiegata, in altri luoghi, con significati diversi, ma per esigenze di razionalizzazione del sistema è preferibile attenersi alla definizione "propria" contenuta nell'art. 3.
Ebbene, non vi è dubbio che l'art. 7 si applichi anche alle persone fisiche che agiscono per scopi relativi alla propria attività imprenditoriale o professionale, sempre che ricorra una delle fattispecie previste dalla norma; in particolare, ciò accade in caso di «mutuo per l'acquisto o per la ristrutturazione di unità immobiliari adibite … allo svolgimento della propria attività economica o professionale da parte di persone fisiche».
Se l'art. 8 si applica anche al debitore imprenditore, il rischio di fallimento sussiste; pertanto, è necessario porsi il problema dei rapporti fra l'annotazione e il fallimento.
Ma anche se si segue la prima opinione (riferibilità della norma soltanto al debitore consumatore), l'indicato problema deve essere posto. Infatti, la circostanza che il mutuatario sia un consumatore dipende non solo dal fatto che egli sia una persona fisica ma anche dal fatto che egli abbia stipulato il contratto per finalità estranee all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Una persona fisica che sia imprenditore individuale può stipulare un contratto di mutuo per scopi estranei alla sua attività imprenditoriale; in tal caso, può certamente dirsi che il contratto di mutuo sia stipulato fra una banca e un consumatore. Se detta persona fisica (in quanto imprenditore) incorre in un fallimento, le conseguenze di questo esplicano i propri effetti con riguardo a tutte le operazioni negoziali da essa compiute, compresi eventuali contratti di mutuo stipulati al di fuori dell'attività di impresa.
[nota 5] In Foro it., 1964, I, c. 515, in Giust. civ., 1964, I, p. 268.
[nota 6] In Giur. comm., 1993, II, p. 485, con nota di PRESTI, in Giur. it., 1993, I, 1, c. 1281.
[nota 7] In Riv. not., 2007, p. 956, con nota di DI PINTO, in Corr. giur., 2007, 2, p. 239, con nota di CARRATO.
[nota 8] La fattispecie concreta che ha dato luogo al giudizio deciso da Cass. 7236/2006 è simile alla fattispecie concreta che ha dato luogo al giudizio deciso da Cass. 3222/1963.
[nota 9] Cass. 7 maggio 1992, n. 5420, in Giur. comm., 1993, II, p. 485, con nota di PRESTI, in Giur. it., 1993, I, 1, c. 84, con nota di PETRUCCI; Cass. 21 marzo 2003, n. 4137, in Fallimento, 2004, p. 164, in Foro it. Rep., 2003, voce Ipoteca, n. 4.
[nota 10] Cass. 14 febbraio 1980, n. 1060, in Foro it., 1981, I, c. 1166, con nota di SILVESTRI; Cass. 12 settembre 1997, n. 9023, in Vita not., 1998, p. 929; Cass. 26 luglio 2004, n. 14003; Cass. 9 settembre 2004, n. 18188, in Foro it., 2004, I, c. 2689, in Vita not., 2005, p. 275. Nella giurisprudenza di merito, fra le altre, Trib. Firenze 23 marzo 2001, in Foro tos., p. 167, con nota di BREGGIA.
[nota 11] RUBINO, L'ipoteca immobiliare e mobiliare, in Tratt. dir. civ. e comm. diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1956, p. 39.
[nota 12] RUBINO, loc. cit.
[nota 13] In Foro it., 1964, I, c. 515, in Giust. civ., 1964, I, p. 268.
[nota 14] Fra gli altri, RUBINO, L'ipoteca immobiliare e mobiliare, cit., p. 39; FRAGALI, voce Ipoteca, in Enc. dir., dir. priv., XXII, Milano, 1972, p. 823-824; TAMBURRINO, Le ipoteche, in Comm. cod. civ., Torino, 1976, 2^ ed., p. 248. Confrontando i vari Autori si notano delle differenze, ma esse sono più terminologiche che effettive, in quanto le varie opinioni sono sostanzialmente omogenee con l'indirizzo giurisprudenziale prevalente, secondo il quale l'annotazione è necessaria affinchè la trasmissione dell'ipoteca sia opponibile ai terzi (senza distinguere fra le diverse categorie di terzi).
[nota 15] L'esempio è fatto da BIANCHI, «La surroga del fideiussore nel credito ipotecario nel caso di fallimento del debitore», in Quadrimestre, 1991, p. 195.
[nota 16] L'esempio è affine al caso deciso da Trib. Reggio Emilia 31 marzo 1995, in Dir. fall., 1996, II, p. 557; la fattispecie concreta era relativa ad una surrogazione ex art. 1201 c.c. e non ad una cessione di credito; l'organo giudicante non seguì la lettura prevalente bensì la lettura alternativa che si cercherà di illustrare nel presente paragrafo.
[nota 17] Esemplificata da BIANCHI, «La surroga del fideiussore nel credito ipotecario nel caso di fallimento del debitore», cit., p. 194-195.
[nota 18] Sin dall'entrata in vigore dell'art. 8, la non ragionevolezza dell'interpretazione prevalente (dell'art. 2843 c.c.) è stata evidenziata da FAUSTI, Legge Bersani bis: riflessioni sugli articoli 7 e 8, relazione al Convegno Paradigma "Il contratto di mutuo nella «manovra liberalizzazioni»", Milano, 15 e 16 maggio 2007, p. 33-34, lavoro poi ulteriormente sviluppato e pubblicato, con il titolo «Mutui e clausole vessatorie», in Notariato, 2007, p. 509 e ss., in particolare p. 529-530.
[nota 19] L. COVIELLO, Delle ipoteche, p. 222-223; Cass. 28 luglio 1932, in Foro it., 1933, I, c. 375.
[nota 20] La ragione della scarsa chiarezza del periodo citato è dovuta alla seguente circostanza. Nel corso dei lavori preparatori del codice civile, la Commissione incaricata discusse anche la proposta di prevedere la cessione dell'ipoteca (indipendentemente dalla cessione del credito ipotecario); precisamente, la figura era presente nel Progetto Coviello. A seguito del dibattito svoltosi e dei dissensi emersi, la figura venne eliminata nel progetto definitivo. La disposizione (che poi divenne l'art. 2843 c.c.) subì diverse modifiche, con il risultato che il testo finale risente in parte delle formulazioni precedenti.
[nota 21] La distinzione, già in nuce nel pensiero di Gorla, ora in GORLA-ZANELLI, Del pegno - Delle ipoteche, in Comm. cod. civ. Scialoja-Branca, a cura di F. Galgano, Bologna-Roma, 1992, 4^ ed., p. 365-367, è stata sviluppata da BIANCHI, «La surroga del fideiussore nel credito ipotecario nel caso di fallimento del debitore», cit., p. 186-187.
[nota 22] L'art. 45 L. fall., avente la rubrica "Formalità eseguite dopo la dichiarazione di fallimento", dispone: «le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori».
[nota 23] In Dir. fall., 1996, p. 557.
[nota 24] A p. 562.
[nota 25] A p. 563.
[nota 26] In Giur. comm., 1979, II, p. 878.
[nota 27] Trib. Perugia 13 marzo 1998, in Rass. giur. umbra, 1998, p. 702; Trib. Monza 28 febbraio 2002, in Fallimento, 2002, p. 1367.
[nota 28] L'elencazione dei fenomeni giuridici suscettibili di annotazione ai sensi dell'art. 2843 c.c. è un'elencazione esemplificativa e non tassativa, secondo opinione concorde (GORLA-ZANELLI, Del pegno - Delle ipoteche, cit., p. 368; BOERO, «Le ipoteche», in Giur. sist. dir. civ. e comm., Torino, 1999, 2^ ed., p. 141-142).
[nota 29] L'opinione secondo la quale, nell'ipotesi di credito ipotecario, il conflitto fra più soggetti, cessionari del credito o vincolanti il credito, è risolto in base alla priorità dell'annotazione (e non in base alla priorità della notifica al debitore) non è pacifica. Sostengono detta opinione GORLA-ZANELLI, Del pegno - Delle ipoteche, cit., p. 366-367; RUBINO, L'ipoteca immobiliare e mobiliare, cit. (alla nota 11), p. 37-39; MARIANI, Della ipoteca immobiliare, Milano, 1958, p. 469 e p. 474; BOERO, Le ipoteche, cit., p. 136-137. Sostengono l'opinione contraria [ossia la rilevanza delle regole (di risoluzione dei conflitti) di diritto sostanziale] PERLINGIERI, Della cessione dei crediti, in Comm. cod. civ. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1982, p. 137; RAVAZZONI, Le ipoteche, in Tratt. dir. civ. e comm. diretto da Cicu-Messineo-Mengoni continuato da Schlesinger, Milano, 2006, p. 360 e p. 424-425; CHIANALE, L'ipoteca, in Tratt. dir. civ. diretto da Sacco, Torino, 2005, p. 89-92 (per la ricostruzione operata da detto Autore, si veda il paragrafo successivo).
[nota 30] CHIANALE, L'ipoteca, cit., p. 87-96.
[nota 31] CHIANALE, L'ipoteca, cit., nota 48 a p. 94. In questa nota l'Autore conferma quanto già risulta dal testo, ossia il suo dissenso nei confronti della ricostruzione tradizionale, la quale, in modo improprio, vuole applicare anche nei confronti del creditore subentrante (che esegue l'annotazione) le regole di risoluzione dei conflitti tra creditore pignorante e aventi causa dal proprietario del bene pignorato; egli evidenzia l'incongruità della tesi tradizionale, per effetto della quale «si produrrebbe l'assurdo esito di degradare a mero chirografo il credito ipotecario, a causa del tardivo annotamento, con una sorta di inefficacia sopravvenuta dell'ipoteca, estranea ai meccanismi di pubblicità immobiliare».
La ricostruzione tradizionale è stata illustrata nel paragrafo "La lettura tradizionale e prevalente".
[nota 32] CHIANALE, L'ipoteca, cit., p. 95.
[nota 33] Nell'ipotesi prevista dall'art. 1202 c.c.
[nota 34] Come avviene nell'ipotesi di adempimento del terzo (art. 1180 c.c.). Questa affermazione, presente in dottrina, deve essere precisata. Con riguardo alla figura prevista dall'art. 1180 c.c., nei rapporti fra terzo e debitore, l'adempimento eseguito dal terzo può essere eseguito a titolo gratuito o a titolo oneroso (in quest'ultima ipotesi, la giustificazione causale può essere la più varia); pertanto, gli interessi perseguiti mediante l'adempimento del terzo non possono essere definiti a priori e in astratto ma possono essere individuati soltanto valutando complessivamente la fattispecie concreta.
[nota 35] Per la ricostruzione illustrata si vedano, fra i molti, CARPINO, voce Surrogazione (pagamento con), in Noviss. Dig. it., XVIII, Torino, 1971, p. 964 e ss; PROSPERETTI, Il pagamento con surrogazione, in Tratt. dir. priv. diretto da Rescigno, 9, Torino, 1984, p. 125 e ss.; MAGAZZù, voce Surrogazione per pagamento, in Enc. dir., vol. XLIII, Milano, 1990, p. 1519-1537; O. CAGNASSO, voce Surrogazione per pagamento, in Enc. giur. Treccani, vol. XXX, 1993, p. 1 e ss.; GIANOLA, voce Surrogazione (pagamento con), in Dig. disc. priv., sez. civ., XIX, Torino, 1999, p. 233.
[nota 36] Cass. 20 settembre 1984, n. 4808, in Foro it. Rep., 1984, voce Obbligazioni in genere, n. 24, pronunciata con riferimento all'art. 1201 c.c., della quale è nota solo la massima; Cass. 14 aprile 1988, n. 2960, in Foro it., 1988, I, c. 2957.
[nota 37] Cass. 22 maggio 1969, n. 1796, in Giust. civ. Rep., 1969, voce Obbligazioni contr., n. 432.
[nota 38] PROSPERETTI, Il pagamento con surrogazione, cit., p. 124 e ss.
[nota 39] MAGAZZù, Surrogazione per pagamento, cit., p. 1528.
[nota 40] Cass. 30 marzo 1981, n. 1818, in Foro it. Rep., 1981, voce Obbligazioni in genere, n. 22, in Giur. it. Mass., 1981.
[nota 41] è opportuno riportare le altre massime reperite. «I condebitori, nei cui confronti il debitore che ha adempiuto il debito comune fa valere il suo diritto alla surrogazione legale nel pagamento di cui all'art. 1203, n. 3, c.c., possono opporre nei suoi confronti non soltanto le eccezioni relative al rapporto interno fra i debitori solidali, ma anche quelle opponibili al creditore in ordine all'esistenza ed alla entità del debito pagato e che si concretino nella deduzione di fatti estintivi, limitativi o impeditivi della pretesa creditoria» (Cass. 21 giugno 1971, n. 1952, in Giur. it. Mass., 1971). «Nell'azione di regresso fra condebitori, prevista dall'art. 1299 c.c., il debitore che ha adempiuto il debito comune fa valere il suo diritto alla surrogazione legale a norma dell'art. 1203 n. 3 c.c., con la conseguenza che diventano a lui opponibili non solo le eccezioni relative al rapporto interno di solidarietà, ma anche quelle opponibili al creditore in solido, relative a limitazioni, decadenze e prescrizioni inerenti al diritto che ha formato oggetto di surrogazione. In tale azione, inoltre, il termine d'inizio della prescrizione coincide con quello in cui il debitore in solido abbia adempiuto l'intera obbligazione» (Cass. 28 marzo 2001, n. 4507, in Giur. it. Mass., 2001). «L'assicuratore che, avendo risarcito il danno, agisce in surroga nei confronti del terzo responsabile chiedendo il rimborso di quanto pagato, subentra nella posizione giuridica che competeva all'assicurato ed è soggetto alle stesse eccezioni che avrebbero potuto essere opposte a quest'ultimo, fra le quali non rientrano, quando il danno sia stato causato da fatto illecito, le eccezioni attinenti alla data certa del contratto assicurativo, il quale viene in rilievo, nei confronti dell'autore del danno, non come negozio o atto giuridico, ma come mero fatto, cioè come il presupposto da cui, a seguito del pagamento dell'indennizzo, sorge il diritto di surrogazione e può, pertanto, essere provato con qualunque mezzo, anche per testi e presunzioni, senza limitazione alcuna» (Cass. 17 luglio 1987, n. 6300, in Foro it., 1987, I, c. 3262, in Giust. civ., 1987, I, p. 2796) (pronunciata in riferimento all'art. 1201 c.c.). «In caso di pluralità di fideiussioni autonome per un medesimo debitore e a garanzia di un medesimo debito, il fideiussore che abbia pagato non può esercitare il regresso ex art. 1954 c.c., ma, in virtù della norma generale dell'art. 1203 c.c., si surroga nella posizione creditoria dell'accipiens verso gli altri fideiussori. Resta comunque esposto alle medesime eccezioni che questi ultimi avrebbero potuto opporre al creditore soddisfatto» (Trib. Milano 11 settembre 1997, in Banca borsa, tit. cred., 1999, II, p. 528, con nota di PICARDI).
[nota 42] SIRENA, «Alcuni problemi sistematici in materia di c.d. portabilità del mutuo bancario», in questo volume.
[nota 43] Nelle ipotesi previste dagli artt. 1458 e 1452 c.c., ai fini della tutela del nuovo titolare del diritto, non sono richieste né la buona fede né la natura onerosa del titolo d'acquisto.
[nota 44] Come è noto, la tutela del terzo è funzionale all'esigenza più generale di assicurare la sicurezza dei traffici giuridici ed economici.
[nota 45] CARPINO, Del pagamento con surrogazione, in Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, a cura di F. Galgano, Libro quarto. Delle obbligazioni (Artt. 1201-1205), Bologna-Roma, 1988, p. 61 e ss.
[nota 46] MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, III, Milano, 1959, p. 258.
[nota 47] Si veda il paragrafo "La ricostruzione tradizionale".
[nota 48] Vi è una tendenza ad impiegare con una certa frequenza il termine "principio", anche oltre il perimetro suo proprio, come accade quando esso viene utilizzato con riferimento a norme di particolare importanza (e può trattarsi non solo di clausole generali ma anche di norme non dotate di generalità). Si ritiene di non seguire questa tendenza e di aderire alla concezione «che ritiene il principio una regola generale che si fonda sulle (o si induce dalle) regole espresse dall'ordinamento», concezione così definita da ALPA, I principi generali, in Tratt. dir. priv. a cura di Iudica e Zatti, Milano, 2006, 2^ ed., p. 9-10). In particolare, si ritiene che i principi siano esclusivamente gli "assi portanti" di un ordinamento giuridico.
[nota 49] GORLA-ZANELLI, Del pegno - Delle ipoteche, cit. (alla nota 21), p. 370.
[nota 50] MAGAZZù, voce Surrogazione per pagamento, cit. (alla nota 35), p. 1535.
[nota 51] Si può accennare ad un altro argomento a favore dell'opinione secondo la quale, con la surrogazione, si ha l'estinzione dell'originario rapporto obbligatorio (anche se va riconosciuto che si tratta di un argomento debole). L'art. 1238, secondo comma, del codice civile del 1865 disponeva: le obbligazioni possono essere estinte con il pagamento fatto da un terzo (che non vi abbia interesse) «purchè questo terzo …, ove agisca in nome proprio, non venga a sottentrare nei diritti del creditore»; da questa disposizione si poteva desumere che l'adempimento del terzo avesse in genere effetto estintivo dell'obbligazione, salvo che nell'ipotesi di surrogazione, nella quale invece l'obbligazione permaneva. La circostanza che la disposizione richiamata non sia stata riprodotta nel codice civile del 1942 può far ritenere che il legislatore di quest'ultimo abbia avuto (quanto meno) delle perplessità in ordine alla persistenza dell'originario rapporto obbligatorio in caso di surrogazione.
[nota 52] MAGAZZù, voce Surrogazione per pagamento, cit., p. 1525.
[nota 53] BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, III, 2-IV, Milano, 1955, p. 59 e ss. e p. 62. Secondo questa dottrina, la previsione della surrogazione può trovare un fondamento nell'esigenza più generale a che i rapporti giuridici si realizzino comunque, anche mediante l'intervento di terzi estranei; sotto questo profilo, essa è un "incentivo" nei confronti del secondo creditore (solvens), è una sorta di "premio" per costui (op. cit., p. 67). Viene protetto un interesse al recupero (dei valori patrimoniali erogati) esistente in capo al terzo, mediante uno strumento più efficace, più spedito e «più energico di una comune azione di regresso» (op. cit., p. 67).
[nota 54] La sentenza è in Corr. giur., 2006, p. 1718, con nota di ROLFI, in Studium iuris, 2006, p. 1457, in Riv. not., 2007, p. 180, con nota di UNGARI TRASATTI. L'elaborazione della causa quale funzione economico-individuale del negozio giuridico risale a G.B. FERRI (Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, p. 371 e ss.), il quale sposta l'indagine sulla causa sul piano degli interessi perseguiti dai contraenti (op. cit., p. 123 e ss.).
[nota 55] Per gli aspetti di incongruenza della ricostruzione tradizionale, si rinvia al paragrafo "1. I connotati di autonomia dell'art. 1202 c.c. rispetto agli artt. 1201 e 1203 c.c."
[nota 56] Si caduca retroattivamente, secondo RUBINO, L'ipoteca immobiliare e mobiliare, cit. (alla nota 11), p. 327.
[nota 57] Naturalmente è necessario che anche nella fase della convalida tacita il debitore sia «in condizione di concludere validamente il contratto» (art. 1444, terzo comma, c.c.), ossia che non sussistano situazioni di incapacità, vizi della volontà o altre circostanze idonee a pregiudicare la validità degli atti giuridici.
[nota 58] In Foro it., 1962, I, c. 1856.
[nota 59] MAIORCA, voce Ipoteca, in Noviss. Dig. it., dir. civ., IX, Torino, 1963, p. 89-90; TAMBURRINO, Le ipoteche, cit. (alla nota 14), p. 182.
[nota 60] RUBINO, L'ipoteca immobiliare e mobiliare, cit., p. 327 e p. 301 (nota 2).
[nota 61] RAVAZZONI, Le ipoteche, cit. (alla nota 29), p. 22.
[nota 62] CHIANALE, L'ipoteca, cit. (alla nota 29), p. 241.
[nota 63] RAVAZZONI, Le ipoteche, cit., p. 348.
[nota 64] Illustrate nel paragrafo "1. I connotati di autonomia dell'art. 1202 c.c. rispetto agli artt. 1201 e 1203 c.c,"
[nota 65] Si veda il paragrafo "2. I connotati di autonomia dell'art. 8 rispetto all'art. 1202 c.c.", punto A).
[nota 66] Le ragioni addotte per sostenere l'inammissibilità sono ricordate da CHIANALE (il quale è invece per l'ammissibilità) a p. 298 del volume L'ipoteca, cit. Limitiamoci a ricordare una delle conseguenze pratiche pregiudizievoli evidenziate dagli Autori che affermano l'inammissibilità. Può accadere che un creditore ipotecario, titolare di un credito prossimo alla scadenza, ceda l'ipoteca ad un creditore chirografario, titolare di un credito avente una scadenza più lontana; in tal caso, l'ipoteca acquisirebbe un nuovo peso, maggiore di quello esistente.
[nota 67] Le ragioni addotte per sostenere l'ammissibilità sono illustrate in modo efficace da CHIANALE, L'ipoteca, cit., p. 297-300. In questa sede, si può fare solo un breve cenno ai ragionamenti svolti dall'Autore. A suo avviso, «gli artt. 1232 e 1275 c.c. dimostrano che la volontà dei soggetti del rapporto obbligatorio ben può rendere l'ipoteca accessoria ad altro credito rispetto a quello in origine garantito»; «… specie nel caso della novazione, possono verificarsi quegli inconvenienti pratici sopra ricordati, lamentati da alcuni Autori, ed i terzi devono subire la modifica del credito garantito»; «… però gli artt. 1232 e 1275 c.c. … impongono il consenso di chi ha concesso la garanzia, affinchè l'ipoteca assista il nuovo credito, derivante dalla novazione, o il nuovo debitore, nei casi di espromissione, delegazione o accollo»; pertanto, non è consentito «condurre l'ipoteca a garanzia di un credito diverso da quello originario, senza il consenso del debitore concedente» (p. 299).
Le riportate considerazioni consentono di constatare le affinità esistenti fra la cessione dell'ipoteca (ritenuta ammissibile, già a norme vigenti, dall'Autore citato) e la portabilità dell'ipoteca (definizione più corretta rispetto a quella di portabilità del mutuo) prevista dall'art. 8 in esame (e quindi espressamente prevista dalla legge); un punto in comune, assai importante, che qui si intende sottolineare, è la necessità del consenso del debitore, affinchè dette operazioni giuridiche producano i propri effetti (sul consenso del debitore, vedi infra nel testo). In ogni caso, è opportuno precisare che si può ravvisare una affinità e (assolutamente) non una identità.
[nota 68] GORLA-ZANELLI, Del pegno - Delle ipoteche, cit. (alla nota 21), p. 371.
[nota 69] CHIANALE, L'ipoteca, cit., p. 41-44 e p. 297-298. A giudizio dell'Autore, «la garanzia immobiliare ha un valore tanto maggiore quanto più facilmente il creditore può immetterla sul mercato sia mediante la sua cessione sia mediante subcontratti di garanzia» (p. 41); inoltre, «vietare la cessione autonoma dell'ipoteca, separatamente dal credito garantito, provoca due conseguenze: da un lato, si rinuncia ad un possibile incentivo alla concessione del credito al debitore e si aumenta la staticità delle cause di prelazione esistenti verso il debitore; d'altro lato, si impedisce al creditore ipotecario di ricorrere egli stesso al credito, mediante la subipoteca, cioè offrendo in garanzia l'ipoteca di cui è titolare» (p. 297).
[nota 70] FAUSTI, «Mutui e clausole vessatorie», in Notariato, 2007, p. 509 e ss., in particolare p. 546-547 (sulla recente legislazione francese) e p. 547-548 (sulle proposte in sede di Unione europea); FIORENTINI, «La riforma francese delle garanzie nella prospettiva comparatistica», in Europa e dir. priv., 2006, p. 1155 e ss.
[nota 71] Si veda il paragrafo "2. I connotati di autonomia dell'art. 8 rispetto all'art. 1202 c.c."
[nota 72] In particolare, alla lettera C) del paragrafo "2. I connotati di autonomia dell'art. 8 rispetto all'art. 1202 c.c."
[nota 73] La regola si desume dalla giurisprudenza che si è pronunciata in tema di proroga accordata dal creditore al debitore, affermando che il creditore concede a proprio rischio le proroghe che non gli consentono di agire entro i termini previsti dall'art. 1957 c.c. Si vedano: Cass. 5 febbraio 1958, n. 330; Cass. 27 ottobre 1972, n. 3315; Cass. 23 maggio 1980, n. 3411; Cass. 28 dicembre 1993, n. 12901, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 1308. Secondo quest'ultima sentenza, non è opponibile al fideiussore l'accordo, intercorso fra creditore e debitore, con il quale venga dilazionato il termine di pagamento per il debitore, spostando il termine di decadenza previsto dall'art. 1957 c.c.
[nota 74] Si vedano Cass. 2 maggio 1980 n. 2901, in Giur. it., 1980, I, 1, c. 1416; Cass. 12 novembre 1988, n. 6142, in Banca borsa, tit. cred., 1989, II, p. 412; Cass. 8 febbraio 1989, n. 786, in Giur. it., 1989, I, 1, c. 1517; Cass. 6 aprile 1992, n. 4208; Cass. 20 agosto 1992, n. 9719, in Foro it., 1993, I, c. 2173; Cass. 22 giugno 1993, n. 6897. In senso conforme, la prevalente giurisprudenza di merito. In dottrina sono presenti sia l'opinione nel senso della derogabilità sia l'opinione nel senso della inderogabilità. Senza entrare nel merito delle argomentazioni a sostegno dei due orientamenti, sia consentita almeno una considerazione. Una clausola di deroga all'art. 1957 c.c. può rispondere ad interessi meritevoli di tutela: possono esservi dei casi nei quali la mancata proposizione delle istanze giudiziarie nei termini (alquanto brevi) previsti dalla legge non dipende da negligenza del creditore ma da valutazioni compiute dal creditore stesso secondo criteri professionali; in tali casi, azioni giudiziarie affrettate potrebbero far precipitare situazioni ancora recuperabili; evitare tali sviluppi può essere nell'interesse di tutti i soggetti coinvolti: creditore, debitore e fideiussore.
[nota 75] Si vedano Cass. 20 agosto 1992, n. 9719, cit.; Cass. 24 marzo 1994, n. 2827, in Banca borsa, tit. cred., 1995, II, p. 558; Cass. 19 luglio 1996, n. 6520.
[nota 76] Cass. 13 aprile 1960, n. 846, in Foro it., 1960, I, c. 1741, in Giur. it., 1961, I, 1, c. 340; Cass. 9 aprile 1982, n. 2200, in Giur. it. Rep., 1982, voce Ipoteca, n. 3; App. Milano 29 dicembre 1992, in Banca borsa, tit. cred., 1994, II, p. 35; Cass. 23 aprile 1999, n. 4033, in Banca borsa, tit. cred., 2000, II, p. 534, con nota di BELTRAMI; RAVAZZONI, Le ipoteche, cit. (alla nota 29), p. 572.
[nota 77] Cass. 846/1960, citata alla nota precedente.
[nota 78] Per le ragioni spiegate al paragrafo "Una lettura alternativa".
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