Appunti in tema di fallimento del venditore e tutela del promissario acquirente in presenza ed in assenza di preliminare trascritto
Appunti in tema di fallimento del venditore e tutela del promissario acquirente in presenza ed in assenza di preliminare trascritto
di Alberto Morano
Notaio in Torino
Considerazioni preliminari
La disciplina degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici pendenti con particolare riferimento alla fattispecie oggetto del presente intervento è il risultato di una progressiva stratificazione di interventi legislativi [nota 1] che hanno inciso in misura vieppiù rilevante, seppur non coerente e non coordinata, sull'impianto originario delle norme, cercando di dare, invero senza grande successo, veste normativa alla ricostruzione sistematica che, delle norme disseminate nel codice civile e nelle leggi speciali antecedentemente ai vari interventi legislativi di riforma, è stata offerta dalla dottrina e dalla giurisprudenza [nota 2].
L'evoluzione legislativa ha dimostrato una certa attenzione alla materia, ma ciò non esclude la permanenza di un senso di disagio nell'interprete il quale continua ad imbattersi in un insieme di regole di cui, purtroppo, fatica a cogliere la ragione unificatrice e stenta a trovare i principi e i criteri direttivi alla luce dei quali e sulla cui base leggere l'intero impianto normativo.
Nel tentativo di razionalizzare l'argomento, ritengo non si possa prescindere dalla natura stessa del diritto fallimentare. Si è, infatti, soliti utilizzare l'espressione di «diritto secondo» per descrivere tale materia, alludendo non certamente alla sua importanza (che è sicuramente primaria), ma al fatto che, venendo in questione il "destino del contratto" nel fallimento, la disciplina generale dei contratti [nota 3] dovrebbe costituire il nucleo centrale da cui prendere le mosse per interpretarne principi e criteri direttivi.
La ricostruzione sistematica delle norme, in tal modo operata, dovrebbe quindi consentire di attribuire una maggiore significatività al quadro normativo complessivo: in altri termini, una lettura d'insieme delle norme generali del sistema contrattuale e dei principi e criteri fallimentari dovrebbe essere idonea a chiarire i dubbi interpretativi tenute presenti le linee guida della riforma (sempre che le stesse sussistano e siano individuabili). In realtà, come si vedrà nel prosieguo, così non è. Purtroppo, le norme introdotte dal legislatore non sembrano particolarmente coordinate con il sistema generale dei contratti e, talvolta, neppure coerenti tra di loro, cosicché è difficile inserirle nel contesto del codice civile ed è soprattutto difficile individuare il filo conduttore e la stessa ratio che ha ispirato il legislatore nel tentativo di dettare regole a tutela dell'acquirente cosiddetto contraente debole.
Facendo un esempio pratico, sia sufficiente pensare alla rilevanza della regola contenuta nell'art. 1461 c.c., ai sensi della quale ciascun contraente può sospendere l'esecuzione della prestazione se le condizioni patrimoniali dell'altro sono degenerate al punto da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione. A differenza di quanto previsto per l'eccezione di inadempimento (di cui all'art. 1460 c.c.), la sospensione dell'esecuzione contrattuale non dipende da un comportamento inadempiente del debitore, ma da uno stato di fatto, ovvero il peggioramento delle condizioni patrimoniali di quest'ultimo che concretizza il pericolo dell'insolvenza [nota 4].
La regola della sospensione attribuisce, quindi, alla controparte del contraente (prossimamente) insolvente un potere di autotutela, il cui esercizio scongiura il rischio dell'adempimento nei confronti di chi sarà probabilmente inadempiente. Scopo della norma è, dunque, la conservazione dell'equilibrio sinallagmatico nell'esecuzione del rapporto [nota 5].
Tale regola generale del sistema contrattuale non trova, peraltro, una compiuta applicazione nella disciplina fallimentare dei rapporti giuridici pendenti: infatti, è vero che la stessa ha un coerente svolgimento nella regola contenuta nell'art. 72-bis L. fall., laddove il legislatore consente al promissario acquirente di immobile da costruire di escutere la fideiussione sospendendo, in tal modo, l'efficacia degli impegni assunti nel preliminare, ma allo stesso tempo appare in contrasto con la previsione contenuta nell'art. 72, comma 6, L. fall., ove invece viene sancita l'inefficacia delle clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento di una delle parti.
Ne consegue che il tentativo di razionalizzare il sistema fallimentare attraverso una ricostruzione sistematica delle norme è sicuramente utile, ma non sempre può condurre a risultati certi. Ferma restando tale considerazione, appare peraltro chiaro che la regola sull'arresto dell'esecuzione del contratto bilateralmente inadempiuto e sulla facoltà di scelta del curatore tra subentro o scioglimento, posta come criterio generale per i contratti corrispettivi dall'art. 72 L. fall. [nota 6], diviene di più facile comprensione e condivisione laddove si ponga mente al generale potere di autotutela garantito dall'art. 1461 del codice civile [nota 7].
Laddove, quindi, sia possibile inquadrare le regole fallimentari nel sistema del codice civile, la disciplina appare più coerente. Diviene anche più chiara la ragione per cui la regola generale sui rapporti pendenti (art. 72 L. fall.) finisce per disciplinare essenzialmente i contratti corrispettivi bilateralmente ineseguiti o, comunque, non compiutamente eseguiti [nota 8].
La scelta tra esecuzione e scioglimento del contratto si giustifica laddove la cosa venduta non sia ancora passata in proprietà del compratore, mentre il trasferimento della proprietà al compratore determina una diversa situazione in cui la tutela, consistente nell'attribuzione di un potere di scelta del curatore, non sarebbe più coerente con la regola di sistema contenuta nell'art. 1461 c.c. [nota 9]
Nei contratti traslativi, quindi, ciò che effettivamente rileva non è tanto la bilaterale inesecuzione del contratto e nemmeno l'essere (o meno) avvenuto il passaggio della proprietà, ma più propriamente la sussistenza (o meno), in capo al contraente in bonis, di poteri di autotutela della sua posizione contrattuale; poteri che, ove siano previsti dalle norme del codice civile [nota 10], devono essere tenuti in debito conto nel diritto fallimentare, al fine di armonizzare le disposizioni di tale diritto ("secondo", come si è detto) con il sistema generale del diritto civile.
Alla luce del criterio ora individuato e passando a considerare la fattispecie del contratto preliminare di vendita, appare in realtà difficile ravvisare un potere di autotutela in capo al promissario acquirente, giacché il contratto preliminare finisce per assolvere ad una funzione di autotutela per entrambe le parti che, in sostanza, si cautelano reciprocamente solo «fermando l'affare» [nota 11].
Di conseguenza, secondo il tentativo di ricostruzione del sistema normativo ora prospettato, la tutela del promissario acquirente non può passare per la stabilizzazione dei diritti nascenti dal contratto sulla base delle disposizioni generali contenute nel codice civile: quali sono, quindi, le tutele (a questo punto, endofallimentari) di cui il promissario acquirente si può avvalere?
Le norme di riferimento
La tutela, come vedremo nel prosieguo, è contenuta negli articoli 72 e 72-bis della legge fallimentare, nonché negli articoli 2645-bis c.c. e 2775-bis del codice civile. Tali norme sono state oggetto di diversi interventi legislativi - succedutesi l'uno all'altro in breve tempo.
L'articolo 72 della legge fallimentare: dal 1942 al 1996
Nella sua formulazione originaria, l'art. 72 della legge fallimentare non prevedeva una disciplina generale degli effetti del fallimento sui contratti traslativi pendenti, ma si limitava a regolamentare la sola ipotesi della vendita (non interamente eseguita e nella quale il trasferimento di proprietà non fosse opponibile alla massa) e degli effetti del fallimento del venditore o del compratore in pendenza di tale rapporto giuridico [nota 12].
Lo scioglimento del contratto preliminare
In caso di fallimento del venditore, la norma originaria riconosceva al curatore un potere, sostanzialmente senza limiti, di scelta fra l'esecuzione integrale del contratto e l'abbandono del contratto, attraverso il suo scioglimento e la restituzione degli acconti ricevuti in moneta fallimentare.
In merito, appariva indirizzo univoco della giurisprudenza di legittimità [nota 13] ritenere tendenzialmente applicabile tale disposizione, con gli adattamenti richiesti dalla particolare natura del rapporto negoziale, allorquando l'impegno reciproco di cedere e di acquistare il diritto dominicale non avesse avuto ancora esecuzione, a nulla rilevando che fosse già stato trasferito il godimento dell'immobile o versato il prezzo; tali ultime circostanze, infatti, non valevano a trasformare un contratto con efficacia obbligatoria in un contratto ad effetti reali, ma rappresentavano semplicemente un effetto prodromico ed anticipatorio del definitivo assetto di interessi contenuto nel definitivo.
La dichiarazione di fallimento, in altri termini, non modificava la necessità per le parti contraenti di prestare il consenso alla conclusione del contratto definitivo [nota 14]. Di conseguenza, la manifestazione di siffatto consenso (ai fini del subentro) rientrava nella discrezionalità del curatore della parte fallita [nota 15], il quale poteva optare per lo scioglimento del contratto sino a quando non fosse verificato l'effetto traslativo per effetto della stipula del contratto definitivo o fosse passata in giudicato la sentenza ex art. 2932 c.c. [nota 16]
Il contratto preliminare concluso dal venditore poi dichiarato fallito ricadeva, quindi, nella sfera di applicabilità dell'articolo 72 L. fall., pur se il potere di scelta attribuito al curatore in via generale, doveva essere interpretato cum grano salis [nota 17] .
La rilevanza dell'azione di cui all'art. 2932 c.c.
Con riferimento alla pendenza del giudizio ex art. 2932 c.c. in costanza di fallimento, appare innanzitutto opportuno premettere che la domanda diretta ad ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto è estranea alle previsioni dell'art. 51 L. fall., a norma del quale «nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento», in quanto il provvedimento emesso ai sensi dell'art. 2932 c.c. da concreta attuazione al diritto accertato, indipendentemente da ogni attività riconducibile alla nozione di esecuzione [nota 18].
Escluso, quindi, che il divieto posto dal citato art. 51 L. fall. interferisca con la proposizione della domanda in esame, occorre considerare quali siano gli effetti della trascrizione della domanda giudiziale ex art. 2932 c.c. ante dichiarazione di fallimento, in quanto, sul punto, si registra discordia interpretativa.
Infatti, secondo parte della giurisprudenza [nota 19], la trascrizione della domanda ex art. 2932 c.c., eseguita dal contraente in bonis prima della dichiarazione di fallimento, non precluderebbe, comunque, al curatore di optare per lo scioglimento del contratto preliminare.
In particolare, secondo tale orientamento, dopo la dichiarazione di fallimento del promittente, la domanda del promissario non potrebbe in ogni caso trovare accoglimento per la presenza di un ostacolo insormontabile, consistente nei peculiari effetti della sentenza dichiarativa di fallimento che, "cristallizzando" il patrimonio del fallito al momento dell'apertura della procedura concorsuale (art. 42 L. fall.), impedirebbero il perfezionamento della fattispecie contemplata dall'art. 2932 c.c. Ostacolo che non verrebbe meno neppure in presenza dalla trascrizione della domanda (ante dichiarazione di fallimento), essendo gli effetti di tale adempimento pubblicitario condizionati alla trascrizione della sentenza di accoglimento che, per le ragioni già esposte, non potrebbe più essere pronunciata.
Ne deriverebbe, quindi, la possibilità per il curatore di apprendere nel fallimento il bene promesso in vendita e, per quanto sia ragionevole affermare che la scelta del curatore in ordine allo scioglimento del contratto preliminare può talvolta essere tardiva (incontrando precisi limiti temporali vuoi dalla concreta situazione negoziale, vuoi dal processo), la scelta dello scioglimento del contratto potrebbe essere esercitata, anche e per la prima volta, nel grado di appello del giudizio ex art. 2932 c.c. [nota 20]
Secondo questo orientamento, quindi, solo il passaggio in giudicato della sentenza traslativa della proprietà sarebbe preclusiva della facoltà per il curatore di sciogliere il contratto, mentre non sorgerebbe alcun ostacolo dalla circostanza che la domanda per l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto definitivo sia stata proposta e trascritta prima della dichiarazione di fallimento e sia pendente il relativo giudizio. In altri termini, al passaggio della cosa in proprietà del compratore, quale effetto traslativo prodotto dal contratto, non può essere assimilato l'effetto processuale che la sentenza di trasferimento produce ex art. 2932 c.c. fino al suo passaggio in giudicato.
Il Supremo Collegio, con decisione delle Sezioni Unite del 7 luglio 2004, n. 12505 [nota 21], riconsiderando l'indirizzo interpretativo favorevole alla piena applicazione dell'art. 72 L. fall. nell'ipotesi in commento [nota 22], ha ritenuto non più condivisibili le argomentazioni addotte sul punto dalla giurisprudenza, né persuasivo l'approdo interpretativo cui le stesse sono giunte.
Più in particolare, secondo tale sentenza, alla trascrizione della domanda giudiziale di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto deve riconoscersi effetto preclusivo rispetto alla facoltà del curatore di optare per lo scioglimento del contratto preliminare, semprechè ovviamente la domanda sia stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento. La Corte motiva il suo convincimento sulla base dei seguenti assunti: (i) il sistema della trascrizione e (ii) il necessario coordinamento tra l'art. 45 L. fall. e gli articoli 2652 c.c., 2653 c.c. e 2915, comma 2, c.c.
Con riferimento al sistema della trascrizione, la Corte coglie l'occasione di sottolineare che gli effetti della sentenza di accoglimento, quando la stessa sia trascritta, retroagiscono alla data della trascrizione della domanda: ne consegue che non può esservi dubbio sul fatto che sia la trascrizione della domanda (e non della sentenza) ad assumere rilievo decisivo ai fini dell'opponibilità ai terzi del trasferimento e che l'adempimento di tale formalità sia sufficiente a far prevalere il diritto acquistato dall'attore (una volta trascritta la sentenza) sui diritti contrari o incompatibili venutisi nel frattempo a creare in capo al terzo [nota 23].
La rilevanza centrale del momento della trascrizione della domanda rispetto alla trascrizione della sentenza è confermata altresì dalla norma contenuta nell'art. 2915, comma 2, c.c. in forza della quale, in presenza di un conflitto tra il creditore pignorante (e i creditori che intervengono nell'esecuzione) ed eventuali terzi i cui diritti siano accertati con sentenza successiva al pignoramento, prevale il diritto del soggetto che abbia per primo trascritto la propria domanda (relativa, rispettivamente, al pignoramento o all'introduzione del giudizio avente ad oggetto la proprietà del bene). Anche in tale ultima ipotesi, la trascrizione della domanda ha l'effetto di "prenotare" gli effetti della futura sentenza di accoglimento, che saranno pertanto opponibili ai creditori procedenti se la trascrizione della domanda sia stata effettuata prima del pignoramento.
Per quanto riguarda l'eventuale interferenza della disposizione contenuta nell'art. 45 L. fall. [nota 24], secondo la Suprema Corte è necessario coordinare la disposizione in oggetto con le previsioni contenute negli articoli 2652 e 2653 c.c. e con l'art. 2915, comma 2, c.c.: di conseguenza, sono opponibili ai creditori fallimentari gli atti posti in essere e trascritti dal fallito prima della dichiarazione di fallimento ed anche le sentenze pronunciate dopo tale data, se le relative domande sono state in precedenza trascritte [nota 25].
Quanto detto in precedenza, non esclude che l'argomento a contrariis, tratto dalla formulazione dell'art. 72 L. fall. (che, ricordiamo, riconosce al curatore del contraente fallito il potere di sciogliersi comunque dal contratto), non abbia alcuna rilevanza o non rivesta alcuna concretezza, ma secondo la Corte il ragionamento fondato esclusivamente sulla valenza semantica dell'art. 72 L. fall. non è da solo sufficiente a giustificare l'accoglimento dell'opinione favorevole allo scioglimento del contratto, se si considera che tale disposizione deve pur sempre essere coordinata con quanto stabilito dall'art. 45, L. fall. Ne consegue che, quando la domanda diretta ad ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto è stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento, la sentenza che l'accoglie (anche se trascritta successivamente) è opponibile alla massa dei creditori e ciò impedisce l'apprensione del bene da parte del curatore.
L'articolo 72 della legge fallimentare: dal 1996 al 2006
Premesse le considerazioni che precedono in ordine all'originario contenuto della norma in commento, occorre ricordare che, dapprima, per effetto delle modifiche di cui all'art. 3 del D.l. 31 dicembre 1996, n. 669 (convertito in legge 28 febbraio 1997, n. 30) e, successivamente, per la sostituzione operata dall'art. 57 del D.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, la norma è stata interamente riformulata [nota 26].
L'articolo 72 della legge fallimentare: dal 1° gennaio 2008
La disposizione in commento è stata, infine, emendata dal decreto correttivo di cui al D.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, come segue:
«Articolo 72 (Rapporti pendenti) 1. - Se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il fallimento, l'esecuzione del contratto, fatte salve le diverse disposizioni della presente sezione, rimane sospesa fino a quando il curatore, con l'autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto.
2. Il contraente può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto.
3. La disposizione di cui al primo comma si applica anche al contratto preliminare salvo quanto previsto nell'articolo 72-bis.
4. In caso di scioglimento, il contraente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno.
5. L'azione di risoluzione del contratto promossa prima del fallimento nei confronti della parte inadempiente spiega i suoi effetti nei confronti del curatore, fatta salva, nei casi previsti, l'efficacia della trascrizione della domanda; se il contraente intende ottenere con la pronuncia di risoluzione la restituzione di una somma o di un bene, ovvero il risarcimento del danno, deve proporre la domanda secondo le disposizioni di cui al capo V.
6. Sono inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento.
7. In caso di scioglimento del contratto preliminare di vendita immobiliare trascritto ai sensi dell'articolo 2645-bis del codice civile, l'acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all'articolo 2775-bis del codice civile, a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.
8. Le disposizioni di cui al primo comma non si applicano al contratto preliminare di vendita trascritto ai sensi dell'art. 2645-bis del codice civile avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado».
L'acquisto della prima casa in base a preliminare trascritto
La principale modifica risiede nel nuovo comma 8. Tale disposizione esclude la facoltà di scelta del curatore e, quindi, esclude lo scioglimento del contratto nelle ipotesi in cui il futuro acquisto concerna la c.d. "prima casa", rectius l'abitazione principale del promissario acquirente.
Ad una prima lettura, il significato della norma appare sufficientemente chiaro, così come la ratio della stessa, trattandosi di disposizione che s'inserisce nel solco delle regole volte ad agevolare l'acquirente della "prima casa" in attuazione del particolare rilievo socio-economico del bene in oggetto e del precetto costituzionale contenuto nell'art. 47 della Costituzione che impegna la Repubblica a favorire «l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione» [nota 27]. Peraltro, la previsione contenuta nell'art. 72, comma 8, L. fall. dà adito ad alcuni dubbi interpretativi.
Innanzitutto, la tutela offerta dalla norma in commento è limitata al solo promissario acquirente che abbia trascritto il contratto preliminare e il riferimento alla trascrizione esclude, quindi, ogni altra fattispecie di contratto preparatorio che preceda l'acquisto della casa.
Inoltre, in assenza di un concetto univoco di "prima casa" (o di abitazione principale), occorre chiarire il preciso significato della norma in oggetto. Infatti, ferma l'ipotesi più semplice in cui il promissario acquirente non possiede alcun immobile alla data del preliminare (oppure alla data dell'acquisto) e l'acquisto è proprio volto ad ottenere la proprietà di un alloggio da destinare a propria abitazione (ipotesi sulla quale non sembrerebbe esservi dubbio), si potrebbero verificare altre situazioni nelle quali l'assenza di una definizione del concetto "prima casa" (o di abitazione principale) potrebbe dare luogo a incertezze applicative. Si pensi, ad esempio, al caso in cui l'acquirente sia proprietario di una casa alla data del preliminare e, nel periodo compreso tra la conclusione del preliminare e la stipula del definitivo, venda la sua prima casa per procedere all'acquisto della sua nuova prima casa. In altri termini, l'acquirente di "prima casa" deve essere tale al momento della conclusione del preliminare, oppure al momento del fallimento del venditore, oppure ancora al momento della stipula dell'atto definitivo? Ed inoltre, quid se la casa originaria non è idonea alle mutate esigenze del nucleo familiare o se, per qualunque altro motivo (quale, ad esempio, un affitto particolarmente vantaggioso a seguito di un cambio di destinazione d'uso dell'immobile, oppure a seguito di trasferimento della residenza in altra città), l'acquirente intende abitare nella casa per la quale ha stipulato il preliminare pur restando proprietario di altro immobile? Altri casi controversi potrebbero sorgere qualora il promissario acquirente di un appartamento, che intende destinare a propria abitazione, sia proprietario di un immobile da ristrutturare, oppure di un immobile goduto in usufrutto. Su tutti tali casi occorrerà attendere i primi pronunciati giurisprudenziali per chiarire le ipotesi precise cui il nuovo comma debba applicarsi [nota 28].
Ciò che è sicuro è che la previsione in commento determinerà la necessità di chiarire nel preliminare che si tratta di acquisto di "prima casa", pur se non è chiaro se occorrerà dimostrare in qualche modo tale destinazione affinché la stessa sia opponibile al fallimento (quid iuris, se la dichiarazione non fosse veritiera e, nel contempo, intervenisse il fallimento del venditore?) [nota 29].
Un altro dubbio interpretativo deriva dall'assenza nella norma in commento di alcun riferimento al "giusto prezzo" di acquisto dell'immobile: se, infatti, si considera che il legislatore ha previsto un'ipotesi di esenzione dall'azione revocatoria fallimentare in relazione alle vendite di immobili ad uso abitativo, nelle quali l'acquirente si impegni a stabilire entro dodici mesi dall'acquisto o dalla ultimazione dei lavori [nota 30] la residenza propria o di suoi parenti o affini fino al terzo grado, purchè le stesse siano stipulate «al giusto prezzo da valutarsi alla data della stipula del preliminare» (ex art. 10 del D.lgs. 20 giugno 2005, n. 122), l'assenza del richiamo potrebbe essere letta nel senso della non necessità della previsione di un giusto prezzo per l'applicazione della tutela in oggetto, a differenza di quanto previsto per l'azione revocatoria (con buona pace della coerenza del sistema normativo). In realtà, la criticità potrebbe forse essere superata se si considera che, nei primi commenti al citato articolo 10 del decreto, la dottrina aveva posto in dubbio l'effettiva utilità della disposizione in commento proprio in considerazione del fatto che, in caso di immobile non ultimato, il curatore anzichè esercitare l'azione revocatoria in questione avrebbe trovato ben più semplice recedere dal contratto ai sensi dell'art. 72, commi 4 e 5, L. fall. [nota 31] Ora, la nuova disposizione dell'ottavo comma dell'art. 72 L. fall. può essere letta proprio come una risposta a tali obiezioni della dottrina e, di conseguenza, legittimare un'interpretazione in forza della quale la previsione del "giusto prezzo" nel preliminare sia presupposto implicito della limitazione dell'azione del curatore ai sensi dell'art. 72, comma 8, L. fall.
Il comma ottavo dell'art. 72 L. fall., nella sua attuale formulazione, determina l'insorgere di un ulteriore dubbio legato all'assenza del riferimento al coniuge del promissario acquirente tra i soggetti che possano beneficiare della tutela offerta dalla norma. Infatti, la disposizione fa riferimento alla destinazione a "prima casa" del promissario acquirente o di suoi parenti o affini fino al terzo grado e, di conseguenza, pare limitare ai soli soggetti indicati espressamente le tutele legislative. In realtà, il legislatore pare ultimamente aduso a tali stranezze: la stessa situazione, infatti, si è verificata con riferimento all'art. 9 del D.lgs. n. 122/2005, laddove il diritto di prelazione nella vendita forzata è concesso solo all'acquirente cui sia stato consegnato l'immobile (da costruire) e che abbia adibito lo stesso ad abitazione principale per sè o per un proprio parente in primo grado (ossia figlio o genitore), dimenticandosi in toto del coniuge [nota 32].
L'acquisto della seconda casa in base a preliminare trascritto
L'acquisto di una seconda casa a seguito di preliminare trascritto (sia che si tratti di acquisto da costruttore sia che si tratti di acquisto da altra tipologia di venditore) è disciplinata nel settimo comma dell'attuale art. 72 L. fall. per effetto del quale, nel caso in cui il curatore scelga lo scioglimento del contratto preliminare, l'acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo (senza che gli sia dovuto alcun risarcimento del danno) e gode del privilegio di cui all'art. 2775-bis del codice civile, a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento [nota 33].
Il potere del curatore di optare per lo scioglimento del contratto preliminare pur trascritto si trova, infatti, espressamente riconosciuto nell'art. 72, comma 7, L. fall.
Il disposto dell'art. 2775-bis. Rapporti fra preliminare ed ipoteca
In particolare, l'art. 2775-bis c.c. prevede che i crediti del promissario acquirente di beni immobili oggetto di un preliminare trascritto abbiano il privilegio immobiliare sul ricavato della vendita e che, di conseguenza, prevalendo il privilegio speciale immobiliare sull'ipoteca, essi possano soddisfarsi con preferenza anche rispetto a chi abbia iscritto un'ipoteca anteriormente alla trascrizione del preliminare [nota 34].
Il privilegio immobiliare speciale [nota 35] non è però opponibile ai creditori garantiti da ipoteca (i) per mutui erogati al promissario acquirente per l'acquisto dell'immobile (art. 2775-bis, comma 2, parte prima, c.c.), nonché (ii) ai creditori garantiti ai sensi dell'art. 2825-bis, comma 2, c.c. - istituti di credito che abbiano erogato un mutuo fondiario ai sensi dell'art. 38 T.U. bancario - (art. 2775-bis, comma 2, parte seconda, c.c.) [nota 36].
L'argomento testè riportato richiede una disamina più approfondita in considerazione dei problemi che, specie nella pratica, sono sorti in ordine al concorso tra il privilegio del promissario acquirente e le ipoteche iscritte precedentemente alla trascrizione del contratto preliminare di compravendita [nota 37].
Innanzitutto, appare opportuno ricordare che l'articolo 2825-bis c.c., così come introdotto dalla legge 130/1997, è volto alla tutela delle banche che hanno stipulato un finanziamento per l'intervento edilizio ai sensi dell'art. 38 del T.U. bancario. Ai sensi di tale disposizione, infatti, l'ipoteca iscritta dalla banca su un edificio (o su un complesso condominiale), anche da costruire o in corso di costruzione, prevale sulla trascrizione, pur se anteriore, di contratti preliminari. La tutela dell'ente finanziatore è, tuttavia, limitata dalla norma in commento alla quota di debito, derivante dal finanziamento in essere, che il promissario acquirente si sia accollata con il contratto preliminare o con altro atto successivo. In altri termini, l'ipoteca in oggetto è, in ogni caso, opponibile al promissario acquirente, purchè detta iscrizione avvenga prima della stipula dell'atto definitivo di trasferimento [nota 38].
Inoltre, secondo parte della dottrina [nota 39], la norma si riferirebbe solo a quei finanziamenti erogati al fine di rendere possibile la costruzione o la ristrutturazione dell'immobile destinato al promissario acquirente. Per altri autori [nota 40], invece, si potrebbe argomentare dal dato normativo - che si riferisce ad interventi relativi a edifici o complessi condominiali anche da costruire o in corso di costruzione - per ritenere che la previsione si applichi anche in caso di operazioni inerenti a stabili già costruiti.
Come altra eccezione al sistema di prevalenza individuato al primo comma della norma in commento, il secondo comma dell'art. 2775-bis c.c. garantisce una tutela parimenti forte anche all'ipoteca iscritta a garanzia di mutui erogati al promissario acquirente per l'acquisto del bene immobile. Anche in tal caso, infatti, è sancita la prevalenza di tale ultima ipoteca rispetto al privilegio speciale immobiliare del credito per mancata esecuzione del contratto preliminare.
In realtà, l'operatività della norma è riconosciuta solo nei casi in cui, a tutela del finanziamento concesso al futuro acquirente, l'ipoteca sia iscritta contro il promittente venditore con il suo consenso e il preliminare non venga poi eseguito. In tal caso, potrà effettivamente sorgere un conflitto tra l'ipoteca concessa al mutuante ed il privilegio speciale spettante al promissario acquirente, la cui soluzione viene individuata dal legislatore con la prevalenza dell'ipoteca a tutela del finanziamento, pur se la stessa sia iscritta posteriormente alla trascrizione del preliminare ed alla nascita del privilegio immobiliare.
La decisione del Tribunale di Genova e l'art. 2748 c.c.
Il Tribunale di Genova, con decisione del 2001, ha sancito la prevalenza, ai sensi dell'art. 2748, comma 2, c.c., del privilegio ex art. 2775-bis, comma 1, c.c. rispetto ai crediti garantiti da ipoteca iscritta anteriormente alla trascrizione del preliminare.
Come è noto il secondo comma dell'art. 2748 c.c. prevede la prevalenza, in ipotesi di conflitto, dei creditori che hanno privilegio sui beni immobili rispetto ai creditori ipotecari, salvo che la legge non disponga diversamente.
Con riferimento al privilegio di cui all'art. 2775-bis c.c., è sufficientemente chiaro che si tratta di un privilegio speciale che nasce contestualmente alla trascrizione del contratto preliminare e che è, quindi, sostanzialmente assimilabile ai privilegi c.d. iscrizionali, rispetto ai quali la pubblicità acquista effetto costitutivo per il sorgere del diritto.
Fermo restando che si tratta di un privilegio speciale immobiliare posto a tutela di un interesse privato e che nasce solo in connessione ad un adempimento pubblicitario e ferma restando la regola di prevalenza sancita dal secondo comma dell'art. 2775-bis c.c. nei confronti delle due categorie di creditori ivi indicate, l'assenza di una precisa disposizione normativa in deroga potrebbe effettivamente accreditare la tesi della prevalenza di quest'ultimo rispetto alle ipoteche pur se iscritte prima (tesi fatta propria dal Tribunale di Genova) [nota 41], in applicazione di quanto previsto dall'art. 2748 c.c.
Secondo parte della dottrina invece, una corretta interpretazione dovrebbe muovere dal fatto che, trattandosi di privilegio iscrizionale, non opererebbe la regola di conflitto dettata dall'art. 2748, comma 2, c.c., ma quella generale della priorità dell'iscrizione in virtù della quale il privilegio prevarrebbe esclusivamente sulle ipoteche iscritte successivamente e non su quelle antecedenti [nota 42].
In conclusione, l'art. 2748 c.c. dovrebbe risolvere i conflitti tra ipoteche e privilegi immobiliari non iscrizionali che, proprio in considerazione della particolare causa del credito e dell'assenza di pubblicità, ha senso che prevalgano; mentre, laddove il privilegio si inserisce nel sistema della pubblicità e tutela interessi privati, appare incoerente con il medesimo sistema attribuire una prevalenza priva di giustificazioni giuridiche.
L'articolo 72-bis della legge fallimentare: dal 2005 ad oggi
L'art. 11 del D.lgs. n. 122/2005, che ha dato attuazione alla legge delega del 2 agosto 2004, n. 210 sulla tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, aveva introdotto nella legge fallimentare un nuovo art. 72-bis (rubricato "Contratti relativi ad immobili da costruire").
Successivamente, l'articolo 58 del D.lgs. n. 5/2006 ha modificato, con effetto dal 16 luglio 2006, la norma in oggetto.
La disposizione è stata, infine, emendata dal decreto correttivo (art. 4, comma 8, del D.lgs. n. 169/2007) e nella sua attuale formulazione così recita:
«Articolo 72-bis (Contratti relativi ad immobili da costruire) 1. - I contratti di cui all'art. 5 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122 si sciolgono se, prima che il curatore comunichi la scelta tra esecuzione o scioglimento, l'acquirente abbia escusso la fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore, dandone altresì comunicazione al curatore. In ogni caso, la fideiussione non può essere escussa dopo che il curatore ha comunicato di voler dare esecuzione al contratto».
La fideiussione
L'attuale unico comma dell'art. 72-bis L. fall. rappresenta (come nella sua prima formulazione) il corpus originario della norma introdotta dal D.lgs. n. 122/2005 [nota 43] ed è interamente dedicato a disciplinare il riflesso della situazione di crisi in cui versa il costruttore sul contratto preliminare concluso dal promissario acquirente. Più precisamente, la norma stabilisce che, in caso di fallimento, il contratto preparatorio al trasferimento della proprietà dell'immobile in costruzione si intende sciolto se, prima che il curatore comunichi, nell'ipotesi in cui detta scelta gli è consentita, la scelta tra esecuzione o scioglimento, l'acquirente abbia escusso la fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore [nota 44].
Nei casi in cui la decisione del curatore intervenga prima di quella dell'acquirente, occorre ricordare che la scelta nel senso dell'esecuzione del contratto impedirà all'acquirente di escutere la fideiussione, mentre l'opzione di scioglimento non potrà escludere la possibilità per quest'ultimo di escutere la garanzia [nota 45].
La tutela del promissario acquirente offerta dalla disposizione in commento deve, peraltro, coordinarsi con la disciplina contenuta nel D.lgs. n. 122/2005, di cui costituisce sostanzialmente un rinvio. Pare, quindi, opportuno analizzare brevemente le disposizioni contenute in tale legge al fine di chiarirne l'ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione.
Con riferimento all'ambito soggettivo di applicazione, l'articolo 1, comma 1, lett. a), del D.lgs. n. 122/2005 precisa innanzitutto che l' "acquirente" deve essere una persona fisica che sia promissaria acquirente o che acquisti un immobile da costruire, ovvero che abbia stipulato ogni altro contratto, compreso quello di leasing, che abbia o possa avere per effetto l'acquisto o comunque il trasferimento non immediato, a sè o ad un proprio parente in primo grado, della proprietà o della titolarità di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire. Per quanto sia sorto il dubbio che la nuova disciplina, collocandosi nell'alveo della tutela del consumatore, sia riferibile alle sole persone fisiche, escludendosi dall'area di incidenza della protezione in oggetto tutti coloro che operino per scopi imprenditoriali [nota 46], pare preferibile ritenere che il nuovo regime di tutela si applichi anche a favore di chi svolge attività imprenditoriale, purché in forma individuale, con esclusione invece delle associazioni, degli enti collettivi e delle società (ancorché di persone) [nota 47]. La ratio della diversa tutela, secondo tale ultima opinione, risiederebbe nella maggiore sensibilità del soggetto fisico rispetto alla crisi del costruttore, a causa non soltanto dell'immediato e diretto coinvolgimento di aspetti economici e materiali, ma anche della delusione connessa alla mancata realizzazione di progetti personali; problematiche non riconducibili in pari misura ad un ente collettivo anche spersonalizzato [nota 48].
Passando a considerare l'ambito oggettivo di applicazione della legge, lo specifico riferimento contenuto nell'articolo 1 del decreto in commento alle categorie di soggetti da proteggere ed ai soggetti che realizzano l'immobile ha fatto ritenere che l'ambito di operatività delle norme dovrebbe essere individuato su base soggettiva, piuttosto che in relazione a specifiche tipologie contrattuali [nota 49]. In realtà, se si osservano le norme definitorie contenute nell'art. 1 del D.lgs. n. 122/2005 [nota 50], non si può non rilevare che i destinatari della nuova disciplina vengono individuati non già in base a caratteristiche o requisiti soggettivi, preesistenti rispetto al momento della stipulazione del contratto, bensì in ragione dell'attività contrattuale da loro di volta in volta concretamente posta in essere.
Consegue che la definizione dell'ambito di applicazione della fattispecie procede, in sostanza, sulla base del tipo di contratto stipulato fra le parti, piuttosto che delle caratteristiche di queste ultime. Si può, quindi, ritenere che ricada sotto l'applicazione del D.lgs. n. 122/2005 (e, di conseguenza, dell'art. 72-bis L. fall.) qualsiasi contratto astrattamente idoneo a realizzare un effetto traslativo obbligatorio e, cioè, differito nel tempo, della proprietà o di altro diritto reale su un immobile da costruire: la compravendita, il contratto preliminare ed il leasing sono, in altri termini, solo alcune ipotesi esemplificative e non esauriscono la fattispecie [nota 51].
In considerazione di quanto precede, si può sostenere che potranno rientrare nell'ambito di rilevanza del D.lgs. n. 122/2005 e, di conseguenza, dell'art. 72-bis L. fall., le seguenti fattispecie:
i. la c.d. "vendita a rustico" [nota 52];
ii. la vendita a termine iniziale o subordinata al verificarsi di una condizione [nota 53];
iii. l'attribuzione di diritti reali di godimento a tempo parziale (cioè la cosiddetta "multiproprietà") su beni immobili da costruire;
iv. il patto di opzione in virtù del quale l'acquirente si sia riservata la facoltà di concludere il contratto traslativo di un immobile in costruzione, laddove il costruttore abbia già prestato il proprio definitivo consenso [nota 54];
v. il c.d. "preliminare di preliminare", cioè l'accordo con cui le parti si impegnano alla stipulazione di un successivo contratto preliminare immobiliare; e,
vi. a determinate condizioni, probabilmente la dazione in pagamento e la transazione, quando una delle prestazioni da eseguire consiste nel trasferimento di un diritto reale su un immobile da costruire.
L'immobile può essere considerato "da costruire" (ex art. 1, comma 1, lett. d), del decreto), ove sia stato richiesto il permesso di costruire e la costruzione non risulti ancora ultimata (non sia, cioè, ancora intervenuta da parte del costruttore la dichiarazione di fine lavori prevista dal T.U. 380/2001). Inoltre, il concetto di ultimazione viene ancorato al raggiungimento dello stadio di avanzamento dei lavori «tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità» [nota 55].
In conclusione, sembra corretto affermare che il promissario acquirente riceve una tutela diversa a seconda che abbia stipulato un preliminare trascritto o no, l'acquisto abbia ad oggetto la prima o una seconda casa e l'acquisto avvenga o meno da impresa o società costruttrice. In particolare, in caso di:
a. preliminare trascritto avente ad oggetto acquisto da parte di un privato di prima casa da costruttore: ai sensi dell'art. 72, comma 8, L. fall. è preclusa al curatore la possibilità di dar corso allo scioglimento del contratto. Resta ferma la possibilità per l'acquirente di avvalersi del disposto di cui all'art. 72-bis L. fall., ma in detto caso potrebbe forse dubitarsi che operi la protezione di cui al comma 7 dell'art. 72 L. fall. in termine di privilegio. In relazione a tale fattispecie, appare irrilevante il dibattito sulla operatività dell'art. 2932 c.c. in quanto il curatore non può sciogliere il contratto. In ogni caso, l'azione potrebbe essere proposta anche dopo la sentenza di fallimento se il curatore non coopera;
b. preliminare trascritto avente ad oggetto acquisto di prima casa da soggetto diverso dal costruttore: ai sensi dell'art. 72, comma 8, L. fall. è preclusa al curatore la possibilità di dar corso allo scioglimento del contratto ed è, del pari, esclusa la possibilità per l'acquirente di sciogliere il contratto. In relazione a tale fattispecie, appare irrilevante il dibattito sulla operatività dell'art. 2932 c.c. in quanto il curatore non può sciogliere il contratto. In ogni caso, l'azione potrebbe essere proposta anche dopo la sentenza di fallimento se il curatore non coopera;
c. preliminare trascritto avente ad oggetto acquisto di seconda casa da costruttore: ai sensi dell'art. 72, comma 7, L. fall., in caso di scioglimento del contratto preliminare, l'acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo e gode del privilegio di cui al 2775-bis c.c. Resta ferma la possibilità per l'acquirente di avvalersi del disposto di cui all'art. 72-bis L. fall.; se viene escussa la fideiussione non può essere proseguita l'azione ex art. 2932, ma l'acquirente che prima del fallimento abbia iniziato l'azione ex art. 2932 può rinunziarvi ed escutere la fideiussione? Se si ritiene che la pendenza dell'azione non preclude al curatore del fallito la possibilità di sciogliere il contratto, si potrebbe dare risposta positiva al quesito, per lo meno tutte le volte in cui il curatore si sia avvalso della facoltà di dichiarare sciolto il contratto e ciò gli sia stato consentito;
d. preliminare trascritto avente ad oggetto acquisto di seconda casa da soggetto diverso dal costruttore: ai sensi dell'art. 72, comma 7, L. fall., in caso di scioglimento del contratto preliminare, l'acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo e gode del privilegio di cui al 2775-bis c.c.. Qui il dibattito sull'operatività dell'art. 2932 riveste la massima importanza pur se resta la protezione dell'art. 2775-bis c.c.; inoltre, l'acquirente non può sciogliere il contratto;
e. preliminare non trascritto (o preliminare rispetto al quale gli effetti della trascrizione sono venuti meno) avente ad oggetto acquisto di prima o seconda casa da costruttore: ai sensi dell'art. 72, comma 4, L. fall., in caso di scioglimento del contratto preliminare, l'acquirente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento, in moneta fallimentare. Resta ferma la possibilità per l'acquirente di avvalersi del disposto di cui all'art. 72-bis L. fall.; circa l'operatività dell'art. 2932 c.c. valgono le considerazioni svolte sub c);
f. preliminare non trascritto (o preliminare rispetto al quale gli effetti della trascrizione siano venuti meno) avente ad oggetto acquisto di prima o seconda casa da soggetto diverso dal costruttore: ai sensi dell'art. 72, comma 4, L. fall., in caso di scioglimento del contratto preliminare, l'acquirente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento, in moneta fallimentare. Qui il dibattito sull'operatività dell'art. 2932 riveste la massima importanza pur se resta la protezione dell'art. 2775-bis c.c.; inoltre, l'acquirente non può sciogliere il contratto anche perché non ha la protezione dell'art. 2775-bis c.c.
[nota 1] A partire dai brevi cenni contenuti nel codice di commercio, cui sono seguiti vari progetti organici di riforma, il più famoso dei quali è il "Progetto Bonelli" degli anni '20 (riportato in Riv. dir. comm., 1921, I, p. 522).
[nota 2] Per una ricostruzione organica delle norme, si veda: L. GUGLIELMUCCI, Art. 72, Effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, in Legge fallimentare, Comm. Scialoja-Branca diretto da F. Bricola, F. Galgano e U. Santini, Bologna-Roma, 1979, p. 140 e ss.
[nota 3] Questa l'opzione metodologica seguita da L. GUGLIELMUCCI, Art. 72, Effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, op. cit., p. 6.
[nota 4] Si veda: L. BIGLIAZZI GERI, Risoluzione per inadempimento, in Comm. cod. civ. a cura di V. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma, 1988, p. 59.
[nota 5] Sul punto, cfr.: C.M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994, p. 356.
[nota 6] Si veda, in dottrina: L. GUGLIELMUCCI, Art. 72, Effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, op. cit., p. 5; nella giurisprudenza recente: Cass. 25 febbraio 2002, n. 2754, in Foro it., Rep. 2002, voce Fallimento, n. 461; Cass. 22 maggio 1996, n. 4715, ivi, 1996, I, c. 3129.
[nota 7] In altri termini, il contraente non inadempiente può sottrarsi al rischio dell'altrui inadempimento (ovverosia, al rischio di subire la falcidia fallimentare con riguardo alla prestazione cui ha diritto) rifiutandosi di adempiere e, onde evitare lo stallo che verrebbe così a determinarsi con riguardo all'esecuzione del contratto, al curatore è stato consentito di scegliere tra il subentrare nel contratto, assumendone gli obblighi (e dunque obbligandosi all'esecuzione integrale e non in "moneta fallimentare"), oppure lo sciogliersi dal contratto, sollevando il contraente in bonis dall'obbligazione di adempimento.
[nota 8] Se, infatti, le ragioni del contraente in bonis avessero avuto integrale tutela prima del fallimento per effetto di un atto opponibile alla massa dei creditori, non si determinerebbe una situazione tale da giustificare l'attribuzione di un potere di (auto)tutela al curatore.
[nota 9] Tale regola era stata ribadita nel primo comma dell'art. 72-bis della legge fallimentare nel testo vigente ante decreto correttivo del 2007 ed è ora stata espunta dalla norma, essendosi tenuto conto del rilievo formulato da più parti, secondo cui la riproposizione della stessa non era necessaria trattandosi di disposizione meramente applicativa del principio generale sui rapporti pendenti desumibile dall'art. 72 della legge fallimentare.
[nota 10] Si pensi, ad esempio, alla regola sancita dall'art. 1519 c.c. secondo cui, nella vendita mobiliare, il venditore che non ha ottenuto il pagamento del prezzo può riprendere le cose in possesso dell'acquirente: similmente, l'art. 75 legge fallimentare (accentuando la tutela del fallimento) prevede che, in caso di fallimento del compratore, il venditore in bonis può esercitare tale facoltà quando le cose vendute non sono ancora nel possesso del compratore, evitando così la necessità di insinuarsi nel passivo. Un'altra ipotesi si ritrova nel contratto di leasing. In tal caso, peraltro, l'autotutela è sancita direttamente nella legge fallimentare (cfr.: art. 72-quater, comma 4), secondo cui il fallimento del concedente il bene in leasing non determina lo scioglimento del contratto e l'utilizzatore conserva la facoltà di acquisto della proprietà, pur se questa spetta ancora al fallito.
[nota 11] Sul punto, si veda per tutti: G. GABRIELLI, Il contratto preliminare, Milano, 1970, p. 152 e ss. In realtà, come meglio si vedrà nel prosieguo, le ipotesi in cui il promissario acquirente può sciogliere il contratto sono limitate al caso di acquisto dal costruttore.
[nota 12] La norma originaria era così formulata:
«Articolo 72 ("Vendita non ancora eseguita da entrambi i contraenti") 1. - Se un contratto di vendita è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando il compratore è dichiarato fallito, il venditore ha diritto a compiere la sua prestazione, facendo valere nel passivo del fallimento il suo credito per il prezzo. 2. - Se egli non intende valersi di tale diritto, l'esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando il curatore, con l'autorizzazione del giudice delegato, dichiari di subentrare in luogo del fallito nel contratto, assumendone tutti gli obblighi relativi, ovvero di sciogliersi dal medesimo. 3. - Il venditore può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a otto giorni, decorso il quale il contratto s'intende sciolto. 4. - In caso di fallimento del venditore, se la cosa venduta è già passata in proprietà del compratore, il contratto non si scioglie. Se la cosa venduta non è passata in proprietà del compratore, il curatore ha la scelta fra l'esecuzione e lo scioglimento del contratto. In caso di scioglimento del contratto, il compratore ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo senza che gli sia dovuto risarcimento del danno».
[nota 13] In giurisprudenza, si vedano: Cass., sez. I, 29 Gennaio 2002, n. 1063, in Giust. civ., 11, 2003, p. 2565 (con nota a commento di A. SAGNA, «Fallimento, domanda ex art. 2932 c.c. in sede di gravame e sorte dei rapporti in caso di scioglimento del curatore dal contratto preliminare» (Nota a); Cass. 8 febbraio 2000, n. 1376, in Fallimento, 2001, p. 166; Cass. 16 maggio 1990, n. 4270; Cass. 9 gennaio 1987, n. 70, in Dir. fall., 1987, II, p. 356; Cass. 27 giugno 1985, n. 3867; Cass. 20 luglio 1962, n. 1967. In dottrina, si veda anche: A. CATAUDELLA, Effetti del fallimento: fallito, creditori, rapporti giuridici preesistenti, Milano, 1994, p. 545.
[nota 14] L'esercizio di siffatta facoltà, in quanto avente finalità di conservazione patrimoniale (sul punto, si veda: Cass. 15 novembre 1995, n. 11824, in Giust. civ., 1995, p. 1720), non richiede forme particolari e può avvenire anche per facta concludentia, non essendo espressione di un'impugnativa negoziale da esercitarsi in sede processuale, ben potendo la stessa essere manifestata dal curatore fuori dal processo in via stragiudiziale, specie allorquando non sia possibile la sua manifestazione in sede processuale, come nel caso di pendenza del giudizio di esecuzione in forma specifica in sede di legittimità, in ragione dei limiti propri del processo in tale fase (cfr.: Cass., S.U., 14 aprile 1999, n. 239, in Dir. fall., 1999, p. 679, con nota di A. DI MAJO, «Preliminare di vendita di immobile indiviso e fallimento di uno dei venditori; Patti, fallimento del comproprietario promettente venditore e scioglimento dal preliminare», in Fallimento, 1999, p. 1250).
[nota 15] Si vedano, sul punto: G. RAGUSA MAGGIORE, Diritto fallimentare, Napoli, 1977, p. 488; F. PROVINCIALI, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1970, p. 1121; Trib. Roma 18 giugno 1957, in Dir. fall., 1958, II, p. 814 (il quale stabilì che il compratore in ordine al prezzo versato, sopravvenuto il fallimento ed una volta che l'ufficio fallimentare abbia optato per lo scioglimento del contratto di compravendita immobiliare, non ha altro diritto che quello di insinuarsi al passivo e, avendo ricevuto la consegna della cosa, ne ha acquistato il possesso di buona fede con diritto al rimborso delle spese per le migliorie).
[nota 16] Si vedano, ex plurimis: Cass. 16 novembre 2001, n. 14355; Cass. 26 ottobre 2000, n. 14102; Cass. 22 aprile 2000, n. 5287; Cass. 13 maggio 1999, n. 4747, in Giust. civ. Mass., 1999, p. 1077; Cass. 16 maggio 1997, n. 4358; Cass. 8 marzo 1995, n. 2703. In dottrina, si vedano: G. LO CASCIO, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Milano, 1998, p. 291; L. GUGLIELMUCCI, Effetti del fallimento sui rapporti giuridici pendenti, in Le procedure concorsuali. Il fallimento, Tratt. diretto da Ragusa Maggiore e Costa, II, Torino, 1997, p. 329 e ss.; P. PAJARDI, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1993, p. 454; G. TEMPIERI, «In tema di contratto preliminare e di potere di scioglimento del curatore», in Giur. comm., II, 1994, p. 40.
[nota 17] Infatti, pur seguendo la tesi prevalente che riconosce l'applicabilità del preliminare a tutte le fattispecie di contratto in ossequio al principio di autonomia contrattuale ex art. 1322 c.c., quid iuris se il preliminare stipulato dall'imprenditore poi fallito avesse avuto ad oggetto l'obbligo di concludere un contratto rispetto al quale la disciplina fallimentare prevedeva lo scioglimento automatico? La risposta non poteva che consistere nell'attribuzione della prevalenza alla disciplina fallimentare del contratto-base.
[nota 18] Si è, infatti, ormai chiarito (cfr.: Cass. 15 marzo 1995, n. 3045; Cass. 23 gennaio 1998, n. 615) che tale azione mette capo ad un provvedimento di natura cognitiva che ha la caratteristica di produrre direttamente l'effetto giuridico richiesto indipendentemente da ogni attività riconducibile alla nozione di esecuzione, quale considerata nel libro terzo del codice di rito: proprio per questo, tale sentenza avrebbe potuto essere più propriamente inquadrata tra i provvedimenti "costitutivi" di cui all'art. 2908 c.c.
[nota 19] Orientamento espresso in diverse sentenze della Suprema Corte (Cass. 10 maggio 1958, n. 1542; Cass. 14 febbraio 1966, n. 436; Cass. 18 gennaio 1973, n. 172; Cass. 10 giugno 1982, n. 3509; Cass. 29 maggio 1989, n. 1497; Cass.,,, S.U., 14 aprile 1999, n. 239, in Dir. fall., 1999, II, p. 678; Cass. 12 maggio 1997, n. 4105; Cass. 16 maggio 1997, n. 4358; Cass. 13 maggio 1999, n. 4747, cit.; Cass. 22 aprile 2000, n. 5287), tutte richiamate dalla sentenza a sezioni unite del 7 luglio 2004, n. 12505, in Riv. giur. edilizia, 3, 2005, p. 729.
[nota 20] Qualora il giudice delegato autorizzi il curatore a proporre appello contro la sentenza del Tribunale che ha accolto la domanda di esecuzione del contratto, si ritiene compresa in detto provvedimento autorizzatorio anche l'attribuzione al curatore della facoltà di esercitare lo scioglimento dal contratto preliminare di vendita, proprio perché la curatela viene autorizzata a far valere tutte le ragioni dirette ad opporsi alla domanda di esecuzione in forma specifica del contratto. Esercitata tale facoltà di scioglimento, al giudice non resta che prendere atto dell'intervenuto scioglimento dichiarando inammissibile ogni domanda volta al trasferimento del bene (cfr.: Cass. S.U., 7 luglio 2004, n. 12505, cit.).
[nota 21] Il rinvio alle Sezioni Unite è stato determinato da disarmonie di giudicati, in particolare tra le sentenze: Cass. 4 aprile 1973, n. 934; Cass. 3 giugno 1993, n. 6207; e Cass. 25 gennaio 1995, n. 871 (secondo le quali l'adempimento del contraente non fallito non sarebbe ostativo all'esercizio della facoltà di recesso del curatore ai sensi dell'art. 72, comma 4) e la Cass. 8 novembre 1974, n. 3422 (che avrebbe invece escluso, nell'ipotesi considerata, detta possibilità).
[nota 22] Orientamento fatto proprio anche da una più risalente pronuncia del Supremo Collegio a sezioni unite. Cfr: Cass. S.U., 14 aprile 1999, n. 239, cit., con nota di A. DI MAJO, «Preliminare di vendita di immobile indiviso…», cit.
[nota 23] Conformi sul punto: Cass. 15 gennaio 1990, n. 101; Cass. 5 aprile 1994, n. 3229; Cass. 13 agosto 1996, n. 7553; Cass. 5 gennaio 1998, n. 42; Cass. 14 aprile 2000, n. 4819.
[nota 24] L'articolo 45 L. fall. dispone che «le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, (solo) se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento sono senza effetto rispetto ai creditori» e, ciò, significa che, nel caso opposto, tali formalità sono invece opponibili. L'unica particolarità è data dalla circostanza che, non essendo la sentenza dichiarativa di fallimento oggetto di trascrizione o di iscrizione, l'anteriorità dell'atto dovrà essere verificata in relazione alla data di deposito della sentenza dichiarativa di fallimento e non a quella della sua annotazione nei pubblici registri ai sensi dell'art. 88, comma 2, legge fallimentare essendo tale adempimento previsto per finalità di mera pubblicità - notizia (Cass. 15 gennaio 1990, n. 101).
[nota 25] Giurisprudenza univoca della suprema Corte. Si vedano, ex multis: Cass. 28 gennaio 1966, n. 322; Cass. 19 ottobre 1967, n. 2529; Cass. 5 agosto 1977, n. 3537; Cass. 5 giugno 1987, n. 4915; Cass. 9 dicembre 1998, n. 12396.
[nota 26] La disposizione così prevedeva:
«Articolo 72 ("Rapporti pendenti") 1. - Se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il fallimento, l'esecuzione del contratto, fatte salve le diverse disposizioni della presente Sezione, rimane sospesa fino a quando il curatore, con l'autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo.
2. - Il contraente può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto.
3. - La disposizione di cui al primo comma si applica anche al contratto preliminare salvo quanto previsto nell'articolo 72-bis.
4. - In caso di scioglimento, il contraente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento.
5. - L'azione di risoluzione del contratto promossa prima del fallimento nei confronti della parte inadempiente spiega i suoi effetti nei confronti del curatore, fatta salva, nei casi previsti, l'efficacia della trascrizione della domanda; se il contraente intende ottenere con la pronuncia di risoluzione la restituzione di una somma o di un bene, ovvero il risarcimento del danno, deve proporre la domanda secondo le disposizioni di cui al capo V.
6. - Sono inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento.
7. - Qualora l'immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell'articolo 2645-bis del codice civile e il curatore, ai sensi del precedente comma, scelga lo scioglimento del contratto, l'acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all'articolo 2775-bis del codice civile, a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.
[nota 27] In proposito, correttamente osserva un autore (F. DI MARZIO, «Crisi di impresa e contratto. Note sulla tutela dell'acquirente dell'immobile da costruire», in Dir. fall., 2006, p. 33) che le nuove regole, costituendo attuazione di un precetto costituzionale, devono essere interpretate ed applicate «sulla base della scelta assiologica espressa nella Carta fondamentale», secondo l'indirizzo metodologico elaborato dalla dottrina più sensibile alla rilettura costituzionale del diritto civile (fra i precursori, A. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 1991, spec. p. 214 e ss.; da ultimo, F. LIPARI, Diritto e valori sociali. Legalità condivisa e dignità della persona, Roma, 2004, p. 47 e ss.).
[nota 28] In merito, alla luce del dato letterale della norma, sembra corretto ritenere che essa sia applicabile tutte le volte in cui il promissario acquirente, pur proprietario di altro immobile, intenda destinare l'appartamento che sta acquistando ad abitazione principale propria e del proprio nucleo famigliare, per tali intendendo i parenti e gli affini entro il terzo grado.
[nota 29] Non credo possano sussistere dubbi che l'indicazione della volontà del promissario acquirente di destinare l'immobile a propria abitazione principale debba essere contenuta nel contratto preliminare o in altro contratto collegato avente data certa anteriore al fallimento del venditore.
[nota 30] Come altre norme del decreto in oggetto (cfr. art. 9), anche quella in esame mira a salvaguardare non semplicemente l'investimento del risparmio familiare, ma la sicurezza nell'acquisto del bene-casa, e perciò richiede un esplicito impegno contrattuale dell'acquirente a destinare l'immobile (da costruire) ad abitazione principale.
[nota 31] Si veda: A. LUMINOSO, L'acquisto di immobili da costruire e i presupposti delle nuove tutele legali, Intervento al Convegno "Contrattazione immobiliare e mutui ipotecari", tenutosi a Milano il 20-21 febbraio 2007.
[nota 32] Pur nel silenzio della norma sembra corretto estendere l'applicazione anche al coniuge dell'acquirente.
[nota 33] Sul punto, in dottrina, si vedano: G. PRESTI - L. PATRONI GRIFFI, «Concorso tra il privilegio del promissario acquirente e le ipoteche iscritte precedentemente alla trascrizione del contratto preliminare di compravendita» (nota a Trib. Genova 25 gennaio 2001), in Banca, borsa e tit. cred., 2001, II, p. 487; G. PRESTI, «Privilegio da contratto preliminare ineseguito e ipoteche: tot capita tot sementiae?» (nota a Trib. Genova 25 gennaio 2001), ibidem, 2001, II, p. 495; G. TUCCI, «Conflitto tra privilegio del credito del promissario acquirente per mancata esecuzione del contratto preliminare e ipoteche iscritte prima della trascrizione del preliminare medesimo» (nota a Trib. Genova 25 gennaio 2001), ibidem, 2001, II, p. 475; F. S. IANNASSO, «Preliminare e procedure concorsuali», in Riv. not., 1998, p. 459; A. LUMINOSO, «Il privilegio speciale a garanzia dei crediti restitutori del promissario acquirente», in Notariato, 1998, p. 564; F. MAGLIULO, «Privilegio del promissario acquirente e ipoteche iscritte prima della trascrizione del contratto preliminare», (nota a ord. Trib. Genova, sez. fall., 18 gennaio 2001), ibidem, 2001, p. 585.
[nota 34] Sul privilegio speciale vedi: Cass. 14 novembre 2003, n. 17197, in Giust civ., 2004, I, p. 2987; Tribunale di Reggio Emilia 18 novembre 2002, in Fallimento, 2003, p. 1321.
[nota 35] Sul privilegio speciale vedi: Cass. 14 novembre 2003, n. 17197, in Giust civ., 2004, I, p. 2987; Tribunale di Reggio Emilia 18 novembre 2002, in Fallimento, 2003, p. 1321.
[nota 36] Approvato con D.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e successive modifiche e integrazioni. L'art. 38 ("Nozione di credito fondiario"), più in particolare dispone che: «1. Il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili. 2. La Banca d'Italia, in conformità delle deliberazioni del Cicr, determina l'ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti».
[nota 37] Il problema del conflitto tra privilegio a tutela del credito per mancata esecuzione e l'ipoteca iscritta prima della trascrizione dello stesso preliminare, dopo essere stato ampiamente studiato in dottrina, è stato affrontato per la prima volta in giurisprudenza con un'ordinanza del Tribunale di Genova del 25 gennaio 2001 (in Banca, borsa e tit. cred., 2001, II, p. 476).
[nota 38] Sul punto, si vedano: G. DE NOVA, «La trascrizione del preliminare», in Contratti, 1997, p. 6 e ss.; G. GABRIELLI, «L'efficacia prenotativa della trascrizione del contratto preliminare», in Studium iuris, 1997, p. 459.
[nota 39] In questo senso vedi: G. GABRIELLI, «La pubblicità immobiliare del contratto preliminare», in Riv. dir. civ., 1997, I, p. 538 e ss.
[nota 40] Per la differente posizione si veda: C. TARDIVO, «Trascrizione del preliminare di vendita e finanziamento fondiario», in Vita not., 1997, p. 115.
[nota 41] Anche sulla base di un orientamento dottrinario e di una posizione del Ministero di Grazia e Giustizia espressa a seguito dell'introduzione di tale privilegio speciale (nota del 21 aprile 1997, prot. 291-421/35-2. Per un'amplia bibliografia degli autori che si sono occupati del problema e delle relative tesi, si veda: P. BOERO, Le ipoteche, in Giur. sist., fondata da W. Bigiavi, Torino, 1999, p. 280 e p. 739.
[nota 42] Si veda: G. PRESTI - L. PATRONI GRIFFI, «Concorso tra il privilegio del promissario acquirente…», cit., p. 489.
[nota 43] Nella sua formulazione originaria, l'articolo 72-bis L. fall. così disponeva:
«Articolo 72-bis (Contratti relativi ad immobili da costruire) 1. - In caso di situazione di crisi del costruttore ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. c), della L. 2 agosto 2004, n. 210, il contratto si intende sciolto se, prima che il curatore comunichi la scelta tra esecuzione e scioglimento, l'acquirente abbia escusso la fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore, dandone altresì comunicazione al curatore. In ogni caso la fideiussione non può essere escussa dopo che il curatore ha comunicato di voler dare esecuzione al contratto».
[nota 44] La norma, in sostanza, completa la tutela offerta dall'art. 10 dello stesso D.lgs. n. 122/2005 (dettato in tema di esenzione dalla revocatoria), per tutte quelle ipotesi che non possono avvalersi di tale esenzione: in altri termini, specie per le situazioni caratterizzate dal differimento temporale dell'effetto traslativo, il legislatore ha inteso consentire all'acquirente la possibilità di optare, a sua volta, per lo scioglimento del contratto, escutendo la fideiussione ed uscendo così dalla procedura.
[nota 45] Resta il dubbio sulle conseguenze di una mancata o tardiva comunicazione al curatore dell'avvenuta escussione della fideiussione da parte dell'acquirente.
[nota 46] Siano essi imprenditori individuali o collettivi. Si veda: F. DI MARZIO, «Crisi di impresa e contratto...», cit., p. 36, secondo cui è metodologicamente preferibile non arrestarsi all'interpretazione letterale, ma indagare sulla ragione fondativa della legge, in quanto «una evidente esigenza di coerenza sistematica» sembra imporre «che ogni qual volta il regime protettivo sia apprestato per una persona fisica, debba essere inteso per ciò stesso come apprestato esclusivamente per il consumatore».
[nota 47] L'estensione della tutela agli imprenditori individuali viene motivata ritenendo che, pur nella opinabilità del criterio, il dato dell' "acquirente-persona fisica" non sia del tutto indifferente nella norma e sia sufficiente a fondare una diversità di tutela tra l'imprenditore individuale e il piccolo imprenditore collettivo. Sul punto, cfr.: C.M. D'ARRIGO, «La tutela contrattuale degli acquirenti di immobili da costruire», in Riv. not., 2006, p. 911 e ss. In realtà, da tempo, la dottrina ha additato l'irrazionalità di una tutela contrattuale dei soggetti deboli riservata soltanto a taluni di essi, cioè ai soli consumatori, ma non anche alle imprese deboli. Sul punto, si vedano: A. RE e G. SCALITI, La nuova disciplina degli acquisti di immobili da costruire, Torino-Milano, 2006, p. 13; R. CALVO, I contratti del consumatore, in Tratt. dir. comm. e dir. pubbl. econ. diretto da Galgano, Padova, 2005, p. 18; così pure A. RIZZI, D.lgs. n. 122 del 2005. Il contenuto del contratto preliminare, in Studi civilistici CNN, n. 5814/C, p. 1 e ss., secondo cui l'interpretazione letterale appare quella più prudente e tranquillizzante per l'operatore.
[nota 48] Non bisogna, infatti, dimenticare che gli enti collettivi sono, di regola, assistiti da autonomia patrimoniale (perfetta o imperfetta) e ciò consente di contenere in un ambito circoscritto gli effetti negativi della crisi del costruttore-venditore.
[nota 49] Sul punto, si veda: J. COSTOLA, «Verso nuove forme di tutela degli acquirenti di immobili da costruire: la L. delega 2 agosto 2004, n. 210 (prima parte)», in Studium iuris, 2004, p. 1494 e ss.; F. APRILE, «Acquisti di immobili da costruire: nuova tutela», in Fallimento, 2005, p. 1124.
[nota 50] Mediante l'impiego di formule pressoché identiche, l'art. 1 in oggetto definisce l' "acquirente" ed il "costruttore", rispettivamente, come colui che acquista o è promissario acquirente, ovvero vende o promette in vendita, «un immobile da costruire, ovvero abbia stipulato ogni altro contratto, compreso quello di leasing, che abbia o possa avere per effetto l'acquisto o comunque il trasferimento non immediato … della proprietà o della titolarità di un diritto reale di godimento su un immobile da costruire».
[nota 51] Come rimarcato dall'art. 2 del D.lgs. n. 122/2005, laddove si precisa che la garanzia fideiussoria va rilasciata all'atto della stipula di un contratto che abbia come finalità il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire o di un atto avente le medesime finalità.
[nota 52] A parere di A. RE e G. SCALITI, La nuova disciplina degli acquisti di immobili da costruire, Torino-Milano, 2006, p. 28 e 32, anche la vendita al rustico con effetti traslativi reali rientra nell'ambito di applicazione del D.lgs. n. 122 del 2005, ma solo qualora a carico del venditore siano previsti obblighi di completamento o ristrutturazione.
[nota 53] Anche tutte le altre ipotesi di vendita obbligatoria aventi ad oggetto un immobile rispondente alla descrizione fornita dall'art. 1, lett. d), D.lgs. n. 122 del 2005, sono soggette alla nuova disciplina; ad esempio, la vendita di immobile (in corso di costruzione) di proprietà di terzi (art. 1478 c.c.), la vendita a prova, la vendita con riserva di proprietà e, sebbene poco frequente nella prassi immobiliare, anche la vendita generica o alternativa: A. RE e G. SCALITI, op. ult. cit., p. 26.
[nota 54] Cfr.: A. RE e G. SCALITI, op. cit., p. 26. Di contro, va escluso il patto di prelazione, che non ha ad effetto il trasferimento dell'immobile, giacché l'obbligato resta libero di stipulare o meno il contratto cui si riferisce.
[nota 55] In altri termini, il concetto di immobile da costruire appare formulato in una logica diacronica, che tiene conto delle varie fasi progettuali ed edificatorie che conducono dalla iniziale formulazione del programma di investimento immobiliare alla realizzazione dell'immobile finito in ogni sua parte. E, in questa prospettiva, l'aggettivazione "non ultimato" si riferisce all'arco temporale compreso fra la richiesta del permesso di costruire e la sussistenza delle condizioni per il rilascio del certificato di agibilità.
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