I decreti legislativi di attuazione della III direttiva in materia di antiriciclaggio ed antiterrorismo nell’attività notarile - Relazione introduttiva
Relazione introduttiva
di Giuseppe Maresca
Ministero dell'economia e delle finanze

Permettetemi innanzitutto di ringraziare il Notariato, la Fondazione, il Presidente Piccoli e il Presidente Frediani, per l'invito a prendere parte al seminario, che sento come una naturale continuazione del lavoro che è stato fatto insieme nella fase di predisposizione del decreto legislativo 231/07.

Ero presente a un vostro seminario nel 2004 a Roma, dove si esaminavano le implicazioni del decreto legislativo 56/2004, da poco emanato. Fu giustamente rilevato che il decreto legislativo era stato costruito aggiungendo gli obblighi per i professionisti su un impianto costruito per gli intermediari finanziari. Sono convinto che il decreto legislativo 231/07 sia un prodotto di migliore qualità. Innanzitutto perché, abbandonato l'impianto ormai datato della legge 197/91, è stato costruito sui nuovi principi di approccio basato sul rischio che hanno ispirato la direttiva 2005/60/Ce (c.d. terza direttiva antiriciclaggio), quindi perché vi è stato il tempo di utilizzare al meglio la collaborazione offerta da alcuni dei soggetti obbligati, i notai tra questi.

Il lavoro di recepimento della direttiva non si è concluso con l'adozione della normativa primaria. Certamente abbiamo messo le fondamenta e le mura portanti. La complessità della materia, i diversi soggetti e competenze coinvolte, i numerosi obblighi contemplati, richiedono tuttavia un'attenta valutazione degli aspetti applicativi e, se sarà necessario, aggiustamenti normativi. Tutto ciò non può essere fatto soltanto a tavolino, ragionando su come scrivere norme semplici e chiare (e già è qualcosa), ma necessita di una interazione con chi è chiamato, giorno per giorno, ad applicare la norma.

Nel mio intervento esaminerò alcuni aspetti di tre temi di particolare interesse: la matrice internazionale della normativa antiriciclaggio, il titolare effettivo, la segnalazione di operazione sospetta. Concluderò l'intervento avanzando alcune ipotesi sul ruolo che il Notariato potrà avere nell'azione di prevenzione di riciclaggio e finanziamento del terrorismo.

La normativa antiriciclaggio e contro il finanziamento del terrorismo è tipicamente il frutto dell'esperienza internazionale.

Lo è per l'idea che sia possibile, e utile, costruire una rete di protezione intorno al sistema finanziario (internazionale). Il sistema finanziario permette oggi di effettuare transazioni sicure ad una velocità impressionante. Ha di fatto abolito le distanze fisiche nei movimenti di denaro. Allo stesso tempo si presta ad oscurare il collegamento tra iniziatore e beneficiario di una transazione, rendendo estremamente arduo l'enforcement di regole civili e penali. Gli standard di trasparenza e tracciabilità evitano l'effetto opacizzante dell'intermediazione finanziaria, ad impedire che il sistema finanziario sia utilizzato a fini illeciti. Le 40+9 Raccomandazioni del Gafi, riviste nel 2003, sono gli standard Aml-Tf riconosciuti a livello internazionale; questi standard informano le direttive dell'Unione europea in materia, le quali assicurano uniformità di applicazione nei diversi Stati membri.

Sempre di matrice internazionale è l'estensione degli obblighi ai gatekeepers, soggetti che, pur non facendo parte del sistema finanziario in senso tecnico, svolgono attività di trait-d'union tra clienti e intermediari finanziari. La definizione di gatekeepers (controllori dei punti di accesso) del sistema finanziario è particolarmente suggestiva: basti pensare che senza l'opera di accountants o lawyers, l'esistenza dei centri offshore sarebbe impensabile. C'è da dire che l'estensione ai gatekeepers, seppure raccomandata negli standard del Gafi, è stata per molti aspetti una decisione pionieristica, con pochi precedenti in Paesi importanti. La normativa europea è, in effetti, il primo test importante sull'applicabilità pratica degli obblighi antiriciclaggio ai professionisti. La stessa Commissione europea intende valutare attentamente l'efficacia di questa normativa, tanto che nella terza direttiva la parte specifica delle professioni legali è stata mantenuta inalterata, proprio per permettere una valutazione su un congruo periodo di tempo della validità delle scelte fatte con la seconda direttiva (2001/97/Ce). La normativa peraltro ha già passato un primo test di costituzionalità davanti alla Corte di giustizia delle Comunità europee: gli avvocati belgi, e il Consiglio degli ordini dell'Unione europea, avevano infatti eccepito la violazione dei diritti di riservatezza e quelli di difesa dei clienti. La Corte, con sentenza del 26 giugno 2007 (causa C-305/05), ha invece stabilito che «gli obblighi di informazione e di collaborazione con le autorità responsabili per la lotta contro il riciclaggio non violano il diritto ad un equo processo, come garantito dagli artt. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu) e 6, n. 2 del Trattato Ue».

Questo naturalmente non risolve tutti i problemi: se da un punto di vista giuridico il confine tra attività di difesa del cliente e attività di consulenza economica è stato tracciato, nella pratica questa linea divisoria diventa labile, in quanto il rapporto fiduciario tra il professionista e il cliente è percepito come unitario e non vi sono interruttori a seconda delle materie trattate.

Su questo molto può essere fatto con norme applicative intelligenti, di buon senso, e con comportamenti prudenti e coerenti delle autorità responsabili.

Il concetto di titolare effettivo è di pronta comprensione. L'articolo 1, comma 2, lettera u) del decreto legislativo 231/07 lo definisce come «la persona o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano il cliente nonché la persona fisica per conto della quale è realizzata un'operazione o un'attività». Rinviando poi all'allegato tecnico per i criteri di individuazione. La sua introduzione in materia di prevenzione del riciclaggio è l'estensione naturale del principio di conoscenza del cliente, al fine di superare le opacità create da rappresentanti, prestanome, schermi societari, ecc. Non possiamo ritenere che sia sufficiente l'accertamento dell'identità di chi si presenta a instaurare il rapporto o a fare l'operazione. Senza l'individuazione del titolare effettivo, ad esempio, l'utilizzo di veicoli societari che sono estinti immediatamente dopo aver fatto l'operazione blocca senza possibilità di rimedio la possibilità di ricostruire l'operazione.

Individuare il titolare effettivo può non essere sempre agevole. Tuttavia la normativa ci dà una guida abbastanza precisa. L'articolo 19, lettera b), del decreto stabilisce che «l'identificazione e la verifica dell'identità del titolare effettivo è effettuata contestualmente all'identificazione del cliente e impone, per le persone giuridiche, i trust e soggetti giuridici analoghi, l'adozione di misure adeguate e commisurate alla situazione di rischio per comprendere la struttura di proprietà e di controllo del cliente».

Che cosa deve fare il professionista? Innanzitutto evitare una lettura burocratica dell'adempimento richiesto: non abbiamo certo bisogno di tracciare la mappa degli azionisti della Fiat nel momento in cui si fa un'operazione per un'azienda del gruppo. L'assetto proprietario della Fiat è noto e le misure di adeguata verifica sono quelle solite della verifica dei poteri di rappresentanza di chi effettua l'operazione. Ben diverso è il caso di una società fiduciaria, strumento di amministrazione dei beni di soggetti che intendono mantenere riservata la loro identità. Non c'è dubbio che dovrà essere individuato il fiduciante, cioè colui che è il titolare effettivo degli interessi amministrati dalla fiduciaria, che a questa solo formalmente sono intestati.

Come si ottiene l'informazione sul titolare effettivo? La stessa lettera b) continua: «per identificare e verificare l'identità del titolare effettivo i soggetti destinatari di tale obbligo possono decidere di fare ricorso a pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque contenenti informazioni sui titolari effettivi, chiedere ai propri clienti i dati pertinenti ovvero ottenere le informazioni in altro modo». Il professionista può dunque fare ricorso a un'ampia gamma di strumenti. Vorrei sottolineare che il cliente ha l'obbligo di fornire tale informazione. L'articolo 21 stabilisce: «ai fini dell'identificazione del titolare effettivo, i clienti forniscono per iscritto, sotto la propria responsabilità, tutte le informazioni necessarie e aggiornate delle quali siano a conoscenza».

La segnalazione di operazione sospetta è importante perché, insieme alla identificazione del cliente, è uno degli strumenti che possono ostacolare l'attività di riciclaggio: non solo l'origine del denaro può essere svelata seguendone a ritroso le tracce, il riciclatore può essere anche individuato nel momento in cui effettua l'operazione se il "mascheramento" non è fatto bene.

Cosa deve fare il professionista? Dovrà esaminare l'operazione nella sua logicità, confrontandone le caratteristiche con il profilo del cliente. Non c'è in tutto ciò alcun elemento di investigazione. Tutto si ferma all'analisi delle informazioni in suo possesso, in ragione dell'attività svolta. Potrà, eventualmente, chiedere delucidazioni o maggiori informazioni al cliente. Se il dubbio sulla liceità dell'operazione permane (a maggior ragione se vi è la certezza di illiceità della stessa) il professionista dovrà segnalare l'operazione all'Unità di informazione finanziaria (Uif).

Cosa deve segnalare, cos'è il sospetto? Il sospetto non può essere basato su elementi puramente soggettivi, e dipendere magari dalla più o meno forte propensione a fidarsi/sospettare dell'operato altrui. La specificazione «o motivi ragionevoli per sospettare» non amplia il campo di applicazione; ne chiarisce invece i contorni, indicando la necessità di legare il "sospetto" a motivi ragionevoli, ovvero a determinati criteri. Il sospetto non nasce quindi da un'ispirazione, ma da un esame proceduralizzato del binomio operazione/soggetto. I parametri per svolgere questa analisi derivano dall'esperienza e sono formalizzati in indici di anomalia: la presenza di uno o più indici consiglia di fare la segnalazione a meno che l'obbligato non abbia altre informazioni che escludano la rilevanza dell'indice. Esempio di tipo bancario: il pensionato che ha un conto corrente dove affluisce esclusivamente una modesta pensione. Un improvviso importante versamento dà origine a un sospetto. Se tuttavia so che il pensionato ha vinto alla lotteria l'indice perde rilevanza.

Il D.M. 141 del 2006 e le istruzioni applicative del 24 febbraio 2006 dell'Uic stabiliscono taluni indici di anomalia specifici per le professioni legali. è stato da più parti correttamente rilevato che tali indici sono alquanto generici e non sempre forniscono una guida adeguata al professionista. Onestamente, era difficile fare qualcosa di meglio: nel D.M. sono stati fissati i criteri generali, l'esperienza dell'Uic è stata finora per lo più di matrice finanziaria. Gli indicatori provengono da quell'esperienza e sono stati adattati alle fattispecie più rilevanti per le professioni legali. Gli indici saranno progressivamente affinati sulla base dell'esperienza delle segnalazioni e aggiornati incorporando le risultanze delle più recenti investigazioni. In altre parole le procedure e i parametri evolveranno attraverso la collaborazione dei soggetti che fanno le segnalazioni e i feedback di coloro che le ricevono (Uif e investigatori). In tutto ciò non ci sono scorciatoie o ricette magiche: l'esperienza osservata per il settore bancario e gli intermediari finanziari ci dice che il tempo è un fattore ineludibile e che occorre utilizzarlo al meglio.

L'art. 41, comma 2 dispone che: «al fine di agevolare l'individuazione delle operazioni sospette, su proposta della Uif e sentito il Comitato di sicurezza finanziaria, per i professionisti, saranno emanati e periodicamente aggiornati indici di anomalia con decreto del Ministro della giustizia, sentiti gli ordini professionali». La Uif ha quindi la responsabilità tecnica della costruzione degli indici. Il decreto del Ministro della giustizia dà la forza legale necessaria. Il Comitato di sicurezza finanziaria - cui spetta il coordinamento sulle policy - assicurerà la dovuta omogeneità tra i diversi documenti contenenti gli indici. La collaborazione dei soggetti obbligati non è meramente formale. Ci attendiamo una collaborazione attiva nella costruzione degli indici e nel loro aggiornamento periodico.

Alcune considerazioni sulle segnalazioni. In campo bancario abbiamo ogni anno un numero elevato di segnalazioni, non sempre di qualità adeguata. Questo significa due cose: a) con le inevitabili differenze geografiche (e a volte di istituto bancario), l'obbligo di segnalazione è ampiamente accettato e parte della cultura delle banche; b) non c'è ancora sufficiente dialogo tra segnalanti e destinatari delle segnalazioni sulla tipologia delle segnalazioni utili. Dovendo cominciare oggi a costruire questi indici, personalmente riterrei opportuno individuare un numero limitato di indici, mirati su operazioni o su settori che siano maggiormente a rischio di riciclaggio. Cercare di immaginare tutte le possibili fonti di rischio è un esercizio inutile, anzi dannoso: è inutile perché difficilmente si riesce a dare uno strumento veramente utile al segnalante; è dannoso perché tende a creare adempimenti privi di riscontro e a rendere meccanico, burocratico, un adempimento che invece ha senso solamente se fatto ragionando.

Nell'ultima parte del mio intervento vorrei esaminare il ruolo che può avere l'ordine professionale, il Notariato in particolare, nella prevenzione del riciclaggio. Cominciamo con le segnalazioni di operazione sospetta: l'articolo 23 della direttiva 2005/60/Ce stabilisce che «gli Stati membri possono designare un idoneo organismo di autoregolamentazione della professione in questione come autorità cui trasmettere le informazioni in prima battuta in luogo dell'Uif. Fatto salvo il paragrafo 2, l'organismo di autoregolamentazione designato trasmette in questi casi le informazioni all'Uif, tempestivamente e senza alcun filtro». Si tratta di una disposizione già presente nella precedente direttiva, inserita su richiesta del Parlamento europeo durante la ricerca di un testo di compromesso tra quest'ultimo e la Commissione/Consiglio. Questa norma era stata richiesta da alcune organizzazioni di professionisti legali, come strumento per evitare una diretta intromissione sull'attività dei singoli professionisti. La norma tuttavia non era stata recepita nel decreto legislativo 56/2004: era stata infatti percepita come un pericolo per la unitarietà della Uif e come problematica per la riservatezza del segnalante.

La decisione di inserire la norma nel decreto legislativo 231/2007 è stata fatta con convinzione, ripensando criticamente la scelta del 56/04. L'art. 43 stabilisce che: «i professionisti … trasmettono la segnalazione di cui all'articolo 41 direttamente alla Uif ovvero agli ordini professionali … Gli ordini professionali che possono ricevere … la segnalazione di operazione sospetta dai propri iscritti sono individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia … Gli ordini che hanno ricevuto la segnalazione provvedono senza ritardo a trasmetterla integralmente alla Uif priva del nominativo del segnalante. Gli ordini che hanno ricevuto la segnalazione custodiscono il nominativo del segnalante per le finalità di cui all'articolo 45, comma 3».

Due sono i compiti apparenti che l'Ordine potrebbe svolgere: la custodia del nominativo del segnalante, che non si vede così esposto direttamente nelle investigazioni finanziarie o criminali che possono seguire la segnalazione, e l'ordinato invio alla Fiu delle segnalazioni ricevute. Mentre è evidente l'utilità del primo punto, non deve essere sottovalutata quella del secondo. Infatti, se la funzione di tramite esclude qualsiasi sindacato sulla segnalazione inviata dal professionista, l'analisi aggregata delle segnalazioni e il confronto con i feedback informativi provenienti dalla Uif e dagli investigatori dà agli ordini la possibilità di fornire ai loro associati informazioni precise e affidabili su cosa è utile segnalare. L'ordine diviene così un attore importante nella costruzione degli indici di anomalia. Le sue indicazioni non solo aiutano tecnicamente il professionista nella segnalazione ma soprattutto non lo lasciano solo in una scelta che può non essere facile.

In un intervento all'assemblea annuale dell'Associazione bancaria italiana del 2006, il Ministro Padoa Schioppa ha paragonato l'Abi a una corporazione, precisando di aver «usato di proposito una parola nobile e antica … Per secoli e secoli, prima che nel suo uso, e poi nel suo significato, s'insinuassero i connotati negativi del privilegio, della difesa chiusa e incondizionata dei suoi membri, dell'ostruzione a nuovi ingressi e a cambiamenti, per secoli e secoli la parola ha significato spirito innovatore, qualità, severa selezione dei partecipanti, capacità di darsi norme rigorose, controllo intransigente delle virtù professionali ed etiche del mestiere … La giustificazione ultima di una corporazione, ciò che le dà legittimità e garanzia di sopravvivenza, è la capacità di imporre ai suoi membri canoni più severi di quelli che la legge stessa richiede e che la società nel suo complesso si aspetta».

Se dunque l'ordine dei notai è una corporazione nel significato antico richiamato dal Ministro, non troverà arduo assumere le funzioni proposte nel decreto legislativo.

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