Limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore nell'attività notarile (decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231)
Limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore nell'attività notarile
(decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231)
di Mauro Leo
Ufficio Studi del Consiglio Nazionale del Notariato
Premessa
Le nuove disposizioni sulle limitazioni all'uso del contante, dei titoli al portatore e degli assegni bancari introdotte dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 (Pubblicato sul supplemento ordinario n. 268 alla Gazzetta Ufficiale del 14 dicembre 2007, n. 290), in vigore dal 30 aprile 2008, (art. 49 ultimo comma), sono collocate nel titolo III agli articoli 49, 50 e 51, mentre le sanzioni sono state raggruppate nell'art. 58.
Queste disposizioni vengono indicate dal legislatore come misure "ulteriori" ai fini della prevenzione del riciclaggio, ma il termine non deve evocare una loro concezione "ancillare" rispetto alle altre misure che le precedono nell'ordine disposto dal decreto.
L'Italia è infatti un Paese nel quale il ricorso al contante è ancora molto diffuso e che la colloca al secondo posto in Europa, dopo la Germania, fra i Paesi che emettono il maggior volume di banconote. Si pensi che alla fine del 2006 le transazioni regolate non in contante erano 62 per abitante a fronte di 150 registrate nell'eurosistema già nel 2004. Nello stesso periodo risultavano in circolazione 2.149 milioni di banconote per un valore di circa 120 miliardi di euro. Sono ben note le cause di tutto ciò: i ritardi nello sviluppo di alcune aree geografiche; l'ancora limitata diffusione di conti bancari; l'abitudine radicata a percepire redditi in contante; le preoccupazioni circa la sicurezza dei pagamenti elettronici; la frammentazione del commercio al dettaglio; le dimensioni dell'economia sommersa e altri ancora [nota 1] .
È in tale contesto che lo scorso anno il Governatore della Banca d'Italia, nella sua audizione dinanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata, osservava che in un Paese come l'Italia, caratterizzata per lo scarso ricorso a mezzi di pagamento diversi dal contante, «le limitazioni all'uso del contante costituiscono un fondamentale presidio antiriciclaggio, che andrebbe confermato e reso più efficiente, abbassando la soglia di liceità di utilizzo».
È fuori discussione, quindi, la centralità delle limitazioni dei mezzi di pagamento tra gli strumenti che consentono di condurre una efficace lotta alle operazioni vietate. L'individuazione dei movimenti di denaro come strumento per le indagini è sempre il primo passo nell'attività degli inquirenti.
Quelle limitazioni, obbligando gli operatori a utilizzare il canale bancario per i trasferimenti di valuta, consentono di lasciare traccia dei pagamenti e quindi permetterne l'acquisizione agli archivi degli istituti di credito, consultabili per l'acquisizione di ogni informazione utile.
La nuova disciplina
Il decreto legislativo n. 231 abroga in modo pressoché totale la legge antiriciclaggio (D.l. del 3 maggio 1991, n. 143, convertito in legge 197 del 1991) e riproduce nell'art. 49, con significativi adeguamenti, l'art. 1 della vecchia disciplina.
Sul piano operativo va ancora ricordato che le nuove disposizioni limitative entreranno in vigore il 30 aprile 2008, per i pagamenti eseguiti a partire da quella data.
Ecco in rassegna, le nuove disposizioni di maggiore interesse notarile.
• Il divieto di trasferire denaro contante, libretti di deposito bancario o postali al portatore o titoli al portatore, tra soggetti diversi e a qualsiasi titolo, scatta ora non più in occasione del mero trasferimento di una determinata quantità di contante o titoli, ma con riferimento al valore dell'operazione - "anche frazionata" - che quel trasferimento di contante o titoli giustifichi, quando tale operazione è complessivamente pari o superiore a 5.000 euro (art. 49 comma 1). La "soglia" quindi scende da 12.500 a 5.000 euro. Il trasferimento di contanti o titoli oltre la nuova soglia è consentito tramite banche, istituti di moneta elettronica e Poste italiane SpA.
• L'obbligo generalizzato per gli assegni bancari e postali di importo pari o superiore a 5.000 euro, di indicare il beneficiario e la clausola di non trasferibilità. Tale prescrizione è operativa "semplicemente" per l'emissione (e quindi anche se il titolo non venga poi "trasferito") di questi assegni che superino la soglia dei 5.000 euro, non siano intestati al beneficiario e non portino la clausola "non trasferibile". è da ritenere che la fattispecie vietata si realizzi alternativamente con l'una o con l'altra circostanza (mancata intestazione al beneficiario o mancata apposizione della clausola di non trasferibilità).
• I moduli di assegni bancari e postali sono rilasciati dalle banche e da Poste italiane SpA muniti della clausola di non trasferibilità. Il cliente può comunque richiedere, per iscritto, il rilascio di moduli di assegni bancari e postali in "forma libera".
• L'emissione degli assegni all'ordine del traente (noti come assegni "a me medesimo"), viene fortemente limitata, essendo possibile solo la girata per l'incasso ad una Banca o a Poste italiane SpA. La norma pone un limite importante ad una prassi che consentiva di fatto una circolazione "al portatore" di titoli all'ordine.
• A corollario di tale prescrizione è stabilito, per gli assegni trasferibili, che la girata è valida solo se riporti l'apposizione del codice fiscale del girante. La girata "in bianco" non potrà essere più eseguita con modalità che assicurano di fatto, come gli assegni a favore del traente, una circolazione del titolo "al portatore", garantendo l'anonimato dei vari soggetti che hanno ricevuto l'assegno in pagamento.
• Gli assegni circolari, vaglia postali e cambiari, emessi per importo pari o superiore a 5.000 euro, devono indicare il beneficiario e la clausola di non trasferibilità; solo se di importo inferiore a 5.000 euro possono richiedersi senza la clausola "non trasferibile".
• Analoghe disposizioni limitative sono disposte per i libretti di deposito bancari o postali al portatore d'importo pari o superiore a 5.000 euro e per il loro trasferimento.
L'art. 49 fa salve, comunque, le disposizioni relative ai pagamenti effettuati allo Stato o agli altri enti pubblici e alle erogazioni da questi comunque disposte verso altri soggetti.
è fatta salva altresì la possibilità di versamento a mani dell'ufficiale giudiziario, prevista dall'articolo 494 del codice di procedura civile.
Il nuovo divieto sulla limitazione del contante e dei titoli al portatore
Il precetto contenuto nel primo comma dell'art. 49, è quello destinato ad avere un impatto immediato sull'attività notarile fin dal 30 aprile prossimo.
I requisiti che devono concorrere per attivarlo sono rappresentati:
- dal "trasferimento" di denaro contante, libretti di deposito o di titoli al portatore oltre una certa soglia;
- dal fatto che i soggetti destinatari dell'obbligo della segnalazione dell'infrazione del divieto ne abbiano avuto "notizia" in relazione ai loro compiti di servizio e nei limiti delle loro attribuzioni e attività;
- dalla circostanza che il trasferimento sia avvenuto "tra soggetti diversi". Il Ministero dell'economia e delle finanze nel documento sull'antiriciclaggio messo a punto dopo il D.lgs. 56/2004 [nota 2] ha precisato che "soggetti diversi" sono quelli costituenti distinti centri di interesse. Si è quindi considerato come effettuato tra "soggetti diversi" il trasferimento di denaro intervenuto tra il socio e la società di cui questi fa parte (ad es. a titolo di conferimento di capitale o di pagamento dei dividendi), quello tra società controllata e società controllante o quello intervenuto tra società appartenenti allo stesso gruppo, le quali sotto il profilo soggettivo rimangono entità tra loro distinte.
- dal fatto che - come detto - l'operazione a base del trasferimento di valuta abbia un valore pari o superiore a 5.000 euro.
Il riferimento al valore dell'operazione
Il valore dell'operazione rappresenta una delle maggiori novità introdotte dal decreto n. 231: l'avverbio "complessivamente" non è più riferito al valore dei mezzi di pagamento trasferiti, ma al valore dell'operazione che quel trasferimento giustifica.
Mentre secondo la vecchia disciplina era sanzionato il semplice trasferimento di denaro o di titoli al portatore oltre la soglia consentita, in base all'art. 49 comma 1 è vietato lo stesso trasferimento, ma solo «quando il valore dell'operazione, anche frazionata, è complessivamente pari o superiore a 5.000 euro».
Ciò impone una verifica delle conclusioni a cui si era pervenuti sulla legge antiriciclaggio; in particolare sull'interpretazione del termine "complessivamente" già contenuto nel comma 1 dell'art. 1 del D.l. n. 143 del 1991, volto a comprendere quando debba intendersi superata la soglia di legge, al di sopra della quale si verifica l'infrazione in parola e scatta l'obbligo di rapporto in capo al notaio, oggi disciplinato dall'art. 51 comma 1 del decreto (ex art. 7 del D.lgs. n. 56 del 2004).
Va ricordato che sulla scorta di un noto parere del Consiglio di Stato [nota 3] si è espressamente ritenuto che all'avverbio in parola potesse ricondursi un duplice significato:
a. temporale, nel senso di dover sommare i valori di tutte le singole operazioni di trasferimento di contante e titoli, ciascuno di importo inferiore al limite consentito, eseguiti in un determinato periodo di tempo;
b. oggettivo, nel senso di dover sommare i valori di tutte le singole operazioni di trasferimento di contante e titoli, ciascuno di importo inferiore al limite, eseguite con riferimento ad un unico progetto negoziale.
Avendo presente l'attività notarile, e l'attuale soglia a 12.500 euro, si è fatto l'esempio di un'operazione negoziale del valore complessivo di 100.000 euro, rispetto alla quale siano state già pagate anticipatamente due tranches da 10.000 euro ciascuna, in denaro contante.
Facendo applicazione del criterio temporale, in assenza di un preciso periodo di riferimento delineato dalla legge o dalla volontà delle parti, non si sarebbe mai avuta infrazione alla disciplina antiriciclaggio, dal momento che i pagamenti già eseguiti, pur essendo da riferire ad unico "progetto negoziale", non potevano a questo essere imputati. Gli stessi giudici amministrativi, del resto, hanno evidenziato la difficoltà di adottare in concreto tale metodo, in mancanza di un riferimento normativo che individui - con precisione - quando un determinato pagamento è all'interno oppure all'esterno del periodo temporale di riferimento.
Al contrario, l'applicazione all'esempio del criterio oggettivo, imporrà il cumulo dei due versamenti in contanti in quanto da riferire "complessivamente" all'intera operazione, prescindendo da qualunque arco temporale.
Ma anche tale criterio appare eccessivamente rigido e sproporzionato nelle conseguenze. Se infatti il valore "complessivamente" da trasferire deve riferirsi a quello dell'intero negozio, ogni singolo trasferimento di denaro o titoli, anche ben al di sotto della soglia massima consentita, si porrebbe in violazione con il precetto normativo, concorrendo il valore di ciascun singolo trasferimento di denaro o titoli, a costituire il "complessivo" valore del negozio.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto comunque di preferire tra i due criteri quello oggettivo, benché aprisse - in ultima analisi - ad una soluzione sostanzialmente intermedia, affermando che non sembrava giustificata l'applicazione del divieto all'uso di denaro contante o di titoli al portatore (nei termini indicati dal criterio oggettivo) «nell'ipotesi in cui sia convenuto un pagamento rateizzato o comunque dilazionato nel tempo, con previsione di una pluralità di pagamenti per somme comunque inferiori al limite di legge».
Su questa base interpretativa la novità legislativa dell'espresso riferimento al valore dell'operazione – per quanto sarà da ricercare una lettura dell'art. 49 che non ne impedisca l'applicazione, nel caso di operazioni di valore indeterminato – risiede probabilmente nell'esigenza di colmare più lacune che effettivamente esistevano nella vecchia legge antiriciclaggio.
a. Innanzitutto, dovendosi stabilire se a fronte del cumulo di più trasferimenti di denaro o titoli al portatore si fosse "complessivamente" superata la soglia consentita, il dato base per ogni tipo di indagine era sempre rappresentato dall' "operazione" che ne era a base, ovvero, così come ritenuto dal Consiglio di Stato, «con riferimento all'unicità del progetto negoziale». Per tale indagine l'interprete era costretto a ricorrere ad un dato (l'operazione, appunto) assente dall'art. 1 della legge antiriciclaggio.
b. In secondo luogo il legislatore è intervenuto offrendo agli operatori coinvolti, una nuova chiave di lettura del termine "complessivamente", che fosse maggiormente razionale rispetto al nuovo concetto di operazione semplice e frazionata.
Si noti che questo diverso comportamento richiesto ai professionisti in generale, e ai notai in particolare, di valutare la "sostanza" dell'operazione ai fini della limitazione dei mezzi di pagamento, non è una novità assoluta del decreto 231.
Già in fase di recepimento della II direttiva si era osservato che non era più possibile «scindere l'analisi finalizzata alla individuazione dell'infrazione sull'uso del contante e dei titoli al portatore, da quella condotta sulla "posizione" del portatore per l'eventuale segnalazione di operazioni sospette» [nota 4].
Si segnalava come il D.lgs. n. 56 del 2004 avesse cambiato la "cultura" della lotta al riciclaggio, coinvolgendo i notai nei compiti di prevenzione e legittimandoli ad una maggiore "incisività" nella conoscenza dei clienti e dei loro affari, facendo venir meno quegli ostacoli che impedivano di vedere alcune operazioni come sospette.
La conseguenza che da ciò sembra discendere è che il notaio è oggi dotato, per il principale ruolo affidatogli di segnalare le operazioni sospette, di una serie di strumenti di conoscenza che all'indomani della legge antiriciclaggio non aveva, ma che oggi può certamente impiegare anche per chiarire il significato di determinate utilizzazioni del denaro e dei titoli.
In questa prospettiva basti pensare alla serie di informazioni utili che può ricevere dal cliente stesso o ritrarre «nel corso dell'esame della posizione giuridica» di questo; alla valutazione complessiva, nel tempo, dei «rapporti intrattenuti con i clienti, rilevando eventuali incongruenze rispetto alla capacità economica, alle attività svolte e al profilo di rischio di riciclaggio», nonché alla possibilità di verificare «la reale titolarità dell'operazione».
Apparirebbe pertanto come una svista concettuale pensare che l'ordinamento abbia mantenuto in capo al notaio il ruolo di "passivo" registratore delle operazioni che viòlino - oppure non viòlino - la disciplina sull'uso del contante.
Segue: l'operazione frazionata
c. In terzo luogo il legislatore era ben conscio del fenomeno in base al quale, calate le norme sulla limitazione del contante nella prassi operativa, questa aveva determinato diversità di applicazioni concrete che non si poteva continuare a trattare in modo identico, e quindi era già matura l'idea di distinguere tra tipi di operazione a seconda se riferite o meno ai professionisti.
Il criterio temporale ad esempio, in assenza di una previsione legale o pattizia che lo determinasse, appariva di difficile trasposizione nell'ambito dell'attività notarile. è fin troppo evidente che quel criterio nasce con specifico riferimento alla prassi degli istituti bancari, in cui il riferimento ad un arco temporale è necessario per delimitare l'inizio e la fine della "lavorazione" di una determinata operazione.
è per questo motivo che nel nuovo decreto troviamo – alla lettera l) dell'articolo 1 – prima una definizione generale di operazione che non si riferisce ai professionisti e che è rappresentata dalla "trasmissione" o dalla "movimentazione" di mezzi di pagamento e, subito dopo - nella stessa lettera - una definizione "ad hoc" per questi ultimi, consistente in un'«attività determinata o determinabile, finalizzata a un obiettivo di natura finanziaria o patrimoniale modificativo della situazione giuridica esistente, da realizzare tramite una prestazione professionale».
Nella lettera m), invece, viene descritta l'operazione a struttura complessa definita come "operazione frazionata", costituita da «un'operazione unitaria sotto il profilo economico, di valore pari o superiore ai limiti stabiliti dal … decreto, posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni ferma restando la sussistenza dell'operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale».
A ben vedere quindi la definizione di operazione frazionata appare come l'innesto di più operazioni semplici in un determinato periodo di tempo. Per cui la ricorrenza del progetto economico unitario sarà certa se le operazioni semplici si verificheranno nei sette giorni e, solo eventuale, se le stesse si produrrano oltre quel periodo, ma sempre che si riesca a dimostrare l'unitarietà dell'operazione sotto il profilo economico.
Se per la definizione di operazione semplice viene scelta la strada della differenziazione tra i professionisti e gli altri soggetti, per l'operazione frazionata la definizione adottata torna ad essere unica per tutti i destinatari del provvedimento, compresa l'estensione del periodo di riferimento utile (sette giorni) per l'individuazione delle singole operazioni che convergono verso l'operazione unitaria.
Proprio partendo dalle diverse tipologie di comportamento a cui sono tenuti i vari soggetti, l'analisi combinata dell'art. 49 con le definizioni ora ricordate, conduce il notaio ad una nuova lettura dell'avverbio "complessivamente".
Per cui «se la fattispecie sanzionata sarà la medesima per qualunque soggetto ed attiene ad un generale divieto di utilizzo di denaro contante per effettuare pagamenti relativi alla medesima operazione anche se frazionati in più importi, ciascuno inferiore a 5.000 euro, sul piano del rilevamento dell'infrazione il legislatore dà un diverso rilievo all'attività svolta dal professionista rispetto a quella compiuta da un ente di area finanziaria» [nota 5].
E ciò benché non si possa nascondere che per il professionista la ricostruzione della nozione di operazione frazionata può apparire come un procedimento più complesso rispetto a quanto non sembra per gli altri soggetti, ed in particolare quelli esercenti attività finanziaria.
Il riferimento all' "operazione frazionata" sembra quindi destinato a colorare diversamente i pagamenti effettuati a seconda dei vari soggetti segnalatori.
Si faccia l'esempio dell'addetto alle operazioni di sportello bancario. Per questo soggetto l'operazione frazionata è un'operazione unitaria sotto il profilo economico posta in essere attraverso più «trasmissioni o movimentazioni di mezzi di pagamento» realizzate in sette giorni; in questo caso è sufficiente che quel soggetto individui dei semplici trasferimenti di denaro avvenuti nel periodo considerato.
Il professionista invece è tenuto - per la necessità di ricorrere al concetto di operazione semplice a lui riferibile - a rintracciare all'interno del pagamento i requisiti che, per la lettera l) dell'art. 1, costituiscono il "nocciolo duro" dell'operazione semplice rilevante ai fini dell'antiriciclaggio. Vale a dire la capacità di «modificare la situazione giuridica esistente», la finalizzazione «ad un obiettivo di natura finanziaria o patrimoniale» e che la sua realizzazione si verifichi «tramite una prestazione professionale» [nota 6].
Sicchè - per restare all'esempio fatto - una sequenza di trasferimenti di denaro per un cassiere di banca può non integrare un'operazione unitaria sotto il profilo economico (ad esempio perché compiuti oltre i sette giorni), mentre la stessa sequenza analizzata con gli occhi del notaio e con gli strumenti a sua disposizione, può assumere una connotazione unitaria rilevante ai fini della limitazione dei mezzi di pagamento.
Come anche potrebbe accadere che a fronte di una sequenza di operazioni apparentemente semplici, il notaio sia in grado di comprendere (e decidere di conseguenza quanto alle relative segnalazioni) di essere dinanzi ad una operazione "frazionata".
Sul piano operativo quindi, per il notaio, il primo passaggio è volto ad accertare se i singoli trasferimenti di contante e titoli, da porre "complessivamente" sotto osservazione, siano avvenuti nei sette giorni, sorgendo in caso positivo la necessità – in ogni caso – di inoltrare la comunicazione ex art. 51.
Siano infatti quei pagamenti quali frazioni o segmenti di un'operazione semplice, siano essi autonome operazioni costituite dall'operazione frazionata, vi sarà comunque l'obbligo di inoltrare la comunicazione se (complessivamente) superata la soglia di legge. è come se, per i pagamenti eseguiti nei sette giorni, la posizione del notaio sia stata equiparata dal legislatore a quella degli operatori finanziari.
Verificato invece che i trasferimenti di contante o titoli siano avvenuti oltre i sette giorni, il secondo passaggio imporrà al notaio di ricostruirne il significato; e ciò per stabilire se possano intendersi ciascuno come un' "operazione" avente una propria causa giustificativa idonea ad integrare un'operazione frazionata, ovvero come parti di una operazione semplice.
Tale verifica potrebbe dare come risultato che i singoli pagamenti in sequenza, non costituiscono autonome operazioni, e cioè ognuno di essi non è caratterizzato da quella finalizzazione all'obiettivo di natura finanziaria o patrimoniale presupposto dalla lettera l) dell'art. 1. Saremmo in presenza quindi di più trasferimenti di denaro o titoli che rilevano quali frazioni o segmenti di un'operazione semplice e per i quali, non valendo il limite temporale dei sette giorni, la cumulabilità anche oltre questo periodo sarebbe pienamente giustificata.
Oppure potrebbe emergere, al contrario, che i pagamenti effettuati rilevino come singole operazioni autonome, ritornando in questo caso nuovamente applicabile il limite dei sette giorni (che potrebbe comunque non valere se, oltre quel periodo, come dice la norma, ricorrano gli elementi per considerare l'operazione come frazionata).
Con tutti i dubbi del caso, potrebbe ritenersi che laddove il singolo trasferimento esaurisca i suoi effetti nel momento in cui viene effettuato, "chiudendo" la sottostante vicenda a se stante, a sua volta costitutiva, modificativa o estintiva di rapporti giuridici, vi potrebbe essere un forte indizio per considerarlo quale parte di una più ampia operazione frazionata.
Non è questa la sede per una dettagliata ricostruzione di una casistica che solo il tempo consentirà di avere a disposizione, ma - solo per fare un esempio ricorrente nella pratica notarile - il semplice "frazionamento del corrispettivo" in un certo arco di tempo, con difficoltà potrà ricollegarsi ad una operazione frazionata ai sensi dell'art. 1 lett. m) ma semmai ad una operazione semplice come definita alla precedente lettera l).
Sicché gli acconti di prezzo che abbiano preceduto il rogito del contratto di compravendita, andrebbero considerati come frazioni o segmenti di un'operazione semplice disciplinata dalla lettera l) e non invece quali operazioni costituenti un'operazione frazionata [nota 7].
Allo stesso modo, pur ammettendo che l'acconto sul prezzo ha una funzione diversa dalla caparra, se al momento del rogito risulta versata una caparra ma questa viene comunque fatta confluire nel prezzo pagato - e quindi solo in quel momento diviene rilevante al fine del "valore dell'operazione" - non potremmo non tenerne conto ai fini della ricostruzione dell'operazione come semplice. è la "prestazione professionale" del notaio infatti che contribuisce a qualificare diversamente e definitivamente il pagamento eseguito che da caparra, diviene parte del prezzo.
Va quindi precisato che - sulla base di quanto fin qui ritenuto - la ricostruzione della natura del pagamento non può che essere compiuta al momento del rogito e non prima, all'epoca in cui fu eseguito.
I presupposti oggettivi del cumulo
Non appare necessaria alcuna verifica, invece, in ordine agli altri presupposti oggettivi da considerare ai fini della cumulabilità dei mezzi di pagamento previsti dal primo comma dell'art. 49.
Quanto al "trasferimento" considerato dalla norma, deve sempre trattarsi dell'operazione materiale (o virtuale) di consegna del denaro contante e dei titoli al portatore.
Come per il passato non rilevano quindi i trasferimenti di somme di denaro che si verificano quale conseguenza di negozi giuridici e che non si traducono in una trasmissione o movimentazione di mezzi di pagamento (es. accollo di mutuo o remissione del debito)
Si registra inoltre la conferma dell'intenzione del legislatore, di sanzionare il trasferimento vietato di valuta relativo alla medesima operazione, non solo se trattasi di mezzi di pagamento omogenei (solo tra denaro o solo tra titoli al portatore), ma anche eterogenei tra loro (denaro e titoli al portatore).
Il nuovo decreto, pertanto, ha ribadito l'esclusione della possibilità di sommare ai mezzi di pagamento del primo comma gli assegni bancari, postali e circolari emessi come titoli all'ordine con le modalità lecite sopra ricordate, ed ammettendolo invece solo per gli assegni bancari e postali che circolano "al portatore" (anche lecitamente, sotto la soglia dei 5.000 euro) ai quali l'avverbio "complessivamente" potrebbe essere riferibile nella ricostruzione dell'operazione unitaria sotto il profilo economico.
Solo per questi ultimi dunque (assegni bancari e postali emessi al portatore) sarebbe possibile procedere al cumulo con i mezzi di pagamento previsti dal primo comma dell'art. 49, restando infatti esclusa la riferibilità dell'avverbio "complessivamente" ai mezzi di pagamento dei commi 5 e 7 se emessi lecitamente.
Segue: titoli formalmente all'ordine ma sostanzialmente al portatore
Se nulla quaestio in ordine al trasferimento di denaro contante, per il trasferimento dei titoli al portatore, sembra ormai evidente che la prescrizione dell'art. 49 ha ad oggetto un titolo che fin dall'inizio nasce "al portatore", e circola secondo i meccanismi di quei titoli, in base a quanto disposto dagli artt. 2003 e seguenti c.c.; escludendosi pertanto che rientrino nel divieto dell'art. 1 comma 1 della legge antiriciclaggio, i titoli emessi fin dall'origine come all'ordine o nominativi (nello stesso senso il citato documento sull'antiriciclaggio del Mef).
Questa era un conclusione già sostenuta (ma sulla quale era legittimo dubitare) prima dell'entrata in vigore del comma 6 dell'art. 49, in base al quale «gli assegni bancari e postali emessi all'ordine del traente possono essere girati unicamente per l'incasso a una banca o a Poste italiane SpA».
In assenza di questa previsione, infatti, si riteneva [nota 8] che se il titolo veniva emesso con l'indicazione del nominativo del beneficiario ed era anche in grado circolare come titolo all'ordine (come appunto l'assegno bancario), la circostanza che l'apposizione di una girata in "bianco" da parte del beneficiario o la mancata intestazione, rendessero "di fatto" il titolo al portatore (cfr. art. 2011 comma 2, c.c.) non mutava la natura del titolo, che restava pur sempre all'ordine.
Tale ipotesi, conseguentemente, impediva il perfezionamento della fattispecie sanzionatoria del comma 1 dell'art. 1 della legge antiriciclaggio, con l'ulteriore corollario che il trasferimento così eseguito del titolo (e inferiore alla soglia dei 12.500 euro), non avrebbe contribuito al cumulo con gli altri eventuali trasferimenti di contante e titoli (pur restando comunque impregiudicata la possibilità che il trasferimento, così come attuato, potesse rilevare quale indice di anomalia per una eventuale operazione sospetta a carico dei soggetti obbligati).
Una diversa interpretazione, volta a racchiudere nel precetto dell'art. 1 comma 1 anche i titoli all'ordine, sebbene ispirata chiaramente alle finalità repressive del riciclaggio previste della legge, non avrebbe spiegato la dizione della norma. Se infatti lo scopo fosse stato quello di vietare il trasferimento non solo dei titoli al portatore, ma anche dei titoli all'ordine o nominativi di importo inferiore ai 12.500 euro, ma complessivamente superiori a quel valore, il legislatore lo avrebbe detto espressamente, o comunque non avrebbe impiegato la sola dizione "al portatore".
L'operatore giuridico doveva pertanto presumere che il legislatore, nel primo comma dell'art. 1 del D.l. n. 143 del 1991, intendesse riferirsi volutamente al regime dei titoli al portatore nel senso sopra illustrato, non fosse altro per il rispetto dovuto al principio di legalità e tassatività operante anche in materia di sanzioni amministrative, così come discendente dall'art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689 [nota 9]. Come noto tale principio impedisce di applicare una «disciplina sanzionatoria ad un bene e ad una condotta non considerati dal legislatore, non sulla base di una interpretazione estensiva, ma attraverso una vera e propria analogia, non consentita in tema di sanzioni amministrative, operando per esse il principio di legalità ed il divieto di interpretazione analogica» [nota 10].
Ecco quindi l'importanza del comma 6 dell'art. 49 che impedisce la fattispecie dell'emissione di assegni "formalmente" all'ordine ma "sostanzialmente" al portatore.
La possibilità di girare gli assegni bancari e postali emessi all'ordine del traente ("a me medesimo") solo per l'incasso, con preclusione della facoltà di girarli in bianco e renderli quindi come titoli al portatore, impedisce che i titoli contemplati dal primo comma dell'art. 49 che nascono legittimamente all'ordine possano circolare anche come titoli al portatore.
Segue: la notizia dell'infrazione e il decreto legge 4 luglio 2006, n. 223
Il soggetto obbligato alla comunicazione deve aver avuto notizia delle infrazioni all'art. 49, in relazione ai suoi "compiti di servizio" e nei limiti delle sue "attribuzioni e attività".
Con questa previsione il legislatore sembra aver messo in relazione, il momento conoscitivo della violazione della norma da parte dei soggetti chiamati a collaborare nell'attività di controllo, con la tipica attività da essi espletata.
Più precisamente, in risposta alla necessità di circoscrivere in termini precisi il solo obbligo della comunicazione al Mef delle limitazioni sull'uso del contante (ma non invece l'altro obbligo di effettuare le segnalazioni di operazioni sospette all'Uif), viene stabilito che è rilevante l'infrazione alla limitazione sull'uso del contante, solo se il soggetto che è tenuto a comunicarla, ne abbia notizia in occasione dello svolgimento dell'attività che qualifica il proprio ruolo e che ne ha giustificato l'inserimento tra i destinatari del decreto.
Il notaio pertanto, in occasione dell'attività di rogito, deve aver assistito direttamente alla consegna del denaro, dei libretti o dei titoli con modalità contra legem; ovvero, se l'operazione è una cessione di immobili e avviene dinanzi al lui, per avere appreso dalle parti che la consegna del denaro o di titoli è avvenuta prima del rogito con modalità contra legem, dovendo le parti rendere dinanzi al pubblico ufficiale la dichiarazione sostituiva richiesta dal comma 22 dell'art. 35 del D.l. n. 223 del 2006.
Sembrano queste dunque, le modalità giuridicamente rilevanti per il citato art. 51 comma 1, con le quali il notaio può aver avuto "notizia" dell'infrazione in parola, dovendosi escludere invece che essi possano dirsi obbligati a porre in essere un'attività di indagine volta ad acquisire le stesse "notizie", per comprendere se il trasferimento di denaro o titoli si sia svolto secondo le prescrizioni di legge.
L'esclusione di tale attività di indagine, ovviamente, lascia immutato il rigore che deve accompagnare l'attività del pubblico ufficiale nel pretendere dalle parti che la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, nell'atto pubblico o nella scrittura privata autenticata, indichi in modo analitico "le modalità" di pagamento del corrispettivo.
Le sanzioni
Per la violazione del divieto contenuto nel primo comma dell'art. 49, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria dall'1 al 40 per cento dell'importo trasferito (art. 58 comma 1) a carico di chi commette l'infrazione.
è prevista inoltre la salvezza dell'efficacia degli atti, ciò a conferma del disinteresse del legislatore a sanzionare anche le vicende giuridiche che hanno occasionato il trasferimento di contante o titoli al portatore. Più in generale è ribadito che non rilevano ai fini della sussistenza dell'illecito in esame, le ragioni che hanno determinato il trasferimento: vietando infatti la norma il trasferimento "a qualsiasi titolo", la liceità dell'operazione sottostante non costituisce circostanza esimente.
Sul piano dell'accertamento della violazione il primo comma dell'art. 51 pone a carico dei soggetti destinatari del decreto - sempre tenuti, come ricordato, «in relazione ai loro compiti di servizio e nei limiti delle loro attribuzioni» - all'obbligo di segnalarla entro trenta giorni al Ministero dell'economia e delle finanze per le contestazioni e gli altri adempimenti previsti dall'art. 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Viene riprodotto quindi per tale infrazione, lo stesso obbligo di segnalazione già previsto nella prima parte del comma 1 dell'art. 7 del D.lgs. n. 56 del 2004, anche in ordine ai limiti per i soggetti obbligati. Anche per la violazione dell'obbligo di segnalazione è prevista a carico dei soggetti obbligati, una sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 30 per cento dell'operazione (art. 58 comma 7).
Una novità assoluta è quella contenuta nel terzo comma dell'art. 51, in base al quale se oggetto dell'infrazione è un'operazione di trasferimento già segnalata quale operazione sospetta ai sensi dell'art. 41 comma 1, per evitare la sovrapposizione delle segnalazioni, non dovrà essere eseguita anche la segnalazione ex art. 51 comma 1 [nota 11].
In generale deve essere ribadito che l'art. 51 conferma l'apparato sanzionatorio contenuto nel comma 1 dell'art. 7 del D.lgs. n. 56 del 2004, a presidio dei precetti che erano contenuti nell'art. 1 della legge antiriciclaggio.
Continuano infatti ad essere enunciati in modo espresso, i soli confini della segnalazione a carico degli istituti bancari, dai quali è possibile circoscrivere a contrario l'obbligo di rapporto a carico del notaio.
Mentre il primo comma dell'art. 51 stabilisce che «i soggetti indicati nell'articolo 2» (e quindi istituti bancari e notai) che hanno notizia di determinate infrazioni alle disposizioni di cui agli articoli 49 e 50, ne riferiscono entro trenta giorni al Ministero dell'economia e delle finanze, nel periodo successivo aggiunge che «in caso di infrazioni riguardanti assegni bancari, assegni circolari, libretti al portatore o titoli similari, le segnalazioni devono essere effettuate dalla banca che li accetta in versamento e da quella che ne effettua l'estinzione».
In via generale quindi le infrazioni per le quali l'obbligo di segnalazione è posto a carico degli istituti bancari, sono tutte quelle che violino una o più regole di comportamento nell'emissione e nell'impiego illecito dei titoli; mentre quelle a carico del notaio riguardano l'utilizzazione in modo illecito - nei traffici commerciali - di quegli stessi titoli, anche se formalmente regolari.
Pertanto a carico degli istituti vi è l'obbligo di segnalare:
- l'emissione in modo vietato dei titoli contemplati dall'art. 49 commi da 5 a 8 (vaglia postali, vaglia cambiari, assegni postali, assegni bancari, assegni circolari);
- l'impiego di libretti di deposito al portatore in violazione dell'art. 49 comma 12.
A carico del notaio invece, l'obbligo di segnalazione riguarderà:
il trasferimento di denaro contante che in una o più tranches superi "complessivamente" il valore di operazioni - anche frazionate - di valore pari o superiore a 5.000 euro;
il trasferimento dei titoli al portatore contemplati dall'art. 49 quinto comma, emessi con modalità consentite dalla legge, ma impiegati "complessivamente"per finalità contra legem. Si tratta dei titoli di importo inferiore ai 5.000 euro, regolarmente emessi al portatore e quindi non censurabili da alcun istituto bancario: tuttavia se impiegati complessivamente per finalità illecite, possono essere individuati a "monte" dal solo notaio che valuterà anche l'eventualità di segnalare l'operazione come "sospetta". Nè in senso contrario può argomentarsi dall'inciso contenuto nel secondo comma dell'art. 51 che fa riferimento alla possibilità che la comunicazione al Mef per le violazioni di cui all'art. 49 comma 5 possa non essere effettuata dalla banca (o dalle Poste Italiane SpA) se già effettuata «dall'altro soggetto obbligato». Appare chiaro infatti che tale soggetto è da riferirsi - alternativamente - all'istituto trattario (banche, Poste che accetta il titolo «in versamento») o emittente (banche o Poste che «ne effettua l'estinzione»).
Tale delimitazione degli obblighi di comunicazione appare probabilmente più funzionale agli scopi della legge che con riguardo alle operazioni di trasferimento di valuta in contanti o a mezzo di titoli al portatore in grado di svolgersi nel più completo anonimato, ha imposto un arretramento della soglia di vigilanza fino al notaio.
[nota 1] A. FINOCCHIARO (vice direttore generale Bankitalia), Il ruolo della Banca centrale nella gestione del contante, relazione al Convegno su "Contante e istituzioni" tenutosi in Roma il 14 dicembre 2007.
[nota 2] Reperibile all' indirizzo .
[nota 3] Parere n. 1504 del 19 dicembre 1995 emesso dalla terza sezione, ma dettato in relazione a fattispecie lontane da quelle notarili ed in cui i soggetti coinvolti nella disciplina antiriciclaggio erano gli istituti bancari.
[nota 4] M. LEO, Decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 e limitazioni sull'uso del contante e dei titoli al portatore, in CNN Studi e Materiali, 2, Milano, 2006.
[nota 5] Cfr. M. KROGH, I decreti legislativi di attuazione della direttiva 26 ottobre 2005, n. 2005/60/Ce (c.d. III direttiva) in materia antiriciclaggio ed antiterrorismo, in CNN Notizie del 4 gennaio 2008.
[nota 6] Ritengo che tutti questi elementi - data la loro genericità - possano rintracciarsi all'interno dei pagamenti eseguiti in contante o con titoli al portatore, anche quello riferito alla realizzazione dell'operazione tramite una prestazione professionale, se quest'ultima - come detto più avanti nel testo - viene considerata come il veicolo che consente al pagamento precedentemente eseguito di essere impiegato per le finalità considerate dalla norma.
[nota 7] Vedrei invece l' "operazione unitaria", ad esempio, nell'ipotesi della cessione di un unico complesso immobiliare realizzato a seguito di una pluralità di "micro" cessioni di immobili nel tempo, di valore inferiore alla soglia di legge.
[nota 8] M. LEO, op. cit., p. 1453.
[nota 9] F. MANTOVANI, Principi di diritto penale, Padova, 2002, p. 466.
[nota 10] Cass. 22 gennaio 2004, n. 1081, in Dir e giur. agr., II, 2004, p. 550.
[nota 11] Ma non viceversa. Pertanto il fatto di aver inoltrato la comunicazione al Mef ex art. 51, non solleva il notaio dall'obbligo di procedere alla eventuale segnalazione all'Uif.
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