Il trattamento fiscale degli atti di destinazione
Il trattamento fiscale degli atti di destinazione [nota *]
di Franco Formica
Notaio in Roma

Art. 2645-ter c.c.:

«Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell'articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall'articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo».

Due interpretazioni della dottrina civilistica:

· Interpretazione critica [nota 1]: il legislatore ha dettato una norma per la pubblicità, ma non ha dato una definizione dell'istituto, come invece aveva fatto per il fondo patrimoniale (art. 167 comma 1, c.c.), per il contratto preliminare (art. 2645-bis comma 1, c.c.), per i patrimoni destinati dalle SpA ad uno specifico affare (art. 2447-bis c.c.).

· Interpretazione favorevole [nota 2]: i negozi di destinazione erano già ammissibili ai sensi dell'art. 1322 c.c.; è stata solo confermata testualmente la possibilità della loro pubblicità.

Legge 24 novembre 2006, n. 286.

"Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, recante disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria".

Art. 2, commi:

«47. è istituita l'imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54».

«La nuova formula definitoria, innanzi tutto, riprende in parte il testo tradizionale, menzionando, naturalmente, i «trasferimenti di beni e diritti per causa di morte» - ma omettendo l'accenno pleonastico alla "successione" e quelli per "donazione", cioè compiuti mediante l'atto liberale per eccellenza, solennemente paludato; sostituisce inoltre il riferimento alle "liberalità" con quello agli atti "a titolo gratuito" ed estende, infine, il tributo ad un'ipotesi prima del tutto ignorata, cioè alla costituzione "di vincoli di destinazione" patrimoniale» [nota 3].

La normativa sopra citata introduce nel nostro ordinamento tributario una nuova imposta, come sopra definita, e applicabile alla "costituzione di vincoli di destinazione".

«In tale categoria sono riconducibili i negozi giuridici mediante i quali determinati beni sono destinati alla realizzazione di un interesse meritevole di tutela da parte dell'ordinamento, con effetti segregativi e limitativi della disponibilità dei medesimi … l'effetto segregativo, conseguente alla costituzione del vincolo di destinazione, consiste nel far confluire i beni vincolati in un patrimonio separato rispetto al patrimonio del disponente, il quale ne perde la libera disponibilità» [nota 4].

Per trovare i criteri di interpretazione della normativa anzidetta, vengono in aiuto quattro principi:

· Principio di ragionevolezza: che richiede la necessità di un attento esame, anche agli effetti fiscali, delle varie norme (Corte Costituzionale, 3 luglio 2006, n. 274 [nota 5]: affinché «la [interpretazione] trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti»);

· Principio della capacità contributiva: art. 53, primo comma, della Costituzione - «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Inteso, secondo la nozione tradizionale, quale manifestazione di ricchezza dalla quale è possibile trarre i mezzi per fronteggiare il carico tributario [nota 6];

· Principio dell'articolo 20 della imposta di registro:

Comma 1: «l'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponde il titolo o la forma apparente».

La prevalenza che questa norma attribuisce, ai fini della interpretazione degli atti registrati, alla natura intrinseca ed agli effetti giuridici degli stessi, rispetto al loro titolo e alla loro forma apparente, vincola l'interprete a privilegiare il dato giuridico reale, rispetto ai dati formalmente enunciati in atto.

Si noti la grande capacità espansiva di questo principio, il quale – anche secondo la costante opinione della stessa amministrazione finanziaria – deve ritenersi applicabile anche a tutte le altre imposte indirette [nota 7].

· Principio dell'incremento stabile del patrimonio del beneficiario:

- quantitativo (arricchimento) del patrimonio del beneficiario;

- stabile, non temporaneo né transitorio;

- attuato mediante il trasferimento di un bene o di un diritto a titolo gratuito.

«L'accrescimento patrimoniale del destinatario o comunque un suo vantaggio apprezzabile di identica natura è una componente necessaria della disciplina relativa al tributo, perché l'atto gratuito in tanto è tassabile – conformemente al testo normativo – in quanto determini un trasferimento di ricchezza, almeno nella forma di una utilità percepibile ed economicamente significativa. Anzi, il bene trasferito, che arricchisce il soggetto gratificato, è non solo il presupposto imponibile, ma anche il parametro di commisurazione del tributo» [nota 8].

Infatti, l'art. 2, comma 49, della L. 286/06, prescrive che:

«49. Per le donazioni e gli atti di trasferimento a titolo gratuito di beni e diritti e la costituzione di vincoli di destinazione di beni l'imposta è determinata dall'applicazione delle seguenti aliquote al valore globale dei beni e dei diritti … ».

E con aliquote modulate secondo il grado di parentela o meno tra il disponente ed il beneficiario.

Quindi, anche per i vincoli di destinazione, per essere soggetti all'imposta, devono essere presenti [nota 9]:

- arricchimento stabile;

- di un beneficiario;

- diverso dal disponente;

- tassato con aliquote diverse secondo il grado di parentela o meno disponente-beneficiario;

- sulla base imponibile del valore dell'arricchimento del beneficiario.

Naturalmente, non è detto che l'arricchimento debba essere attuale: una dissociazione tra il prelievo fiscale e l'attualità dell'arricchimento, non è estranea al nostro ordinamento; e una conferma la si rinviene nello stesso tributo successorio, il quale può essere preteso e liquidato ancor prima che il destinatario della successione acquisti i beni accettando l'eredità. Infatti, ai sensi dell'art. 28 del D.lgs. 346/1990, sono obbligati a presentare la dichiarazione i chiamati all'eredità, che possono non averla ancora accettata ed essi rispondono solidalmente dell'imposta, ai sensi del successivo art. 36.

Le conclusioni, alle quali eravamo allora pervenuti, sono state parzialmente condivise dall'Amministrazione finanziaria.

Infatti, la circ. 3/E distingue:

- gli atti di destinazione "non traslativi";

- gli atti di destinazione "traslativi";

e giustamente ne trae la conclusione che «le diverse modalità (traslativa e non) con cui l'effetto segregativo viene conseguito rilevano ai fini dell'applicazione delle imposte indirette» e come principio interpretativo richiama il dettato dell'art. 20 del T.U.R., nella più ampia applicazione sopra da noi richiamata.

Pertanto, l'Amministrazione conclude che «con specifico riferimento all'imposta sulle successioni e donazioni, tale principio comporta la necessità di verificare, volta per volta, gli effetti giuridici che la costituzione di un vincolo di destinazione produce, per modo che l'imposta possa essere assolta solo in relazione a vincoli di destinazione costituiti mediante trasferimento di beni. Diversamente, il vincolo realizzato su beni che, seppur separati rispetto al patrimonio del disponente, rimangano a quest'ultimo intestati, non può considerarsi un atto dispositivo rilevante ai fini dell'applicazione dell'imposta».

Una critica sostanziale può muoversi, secondo noi, a questa interpretazione.

È vera la distinzione tra atti traslativi e atti non traslativi, come categorie generali.

Ma non è altrettanto vero che un vincolo di destinazione costituito mediante trasferimento di beni equivalga a quell'arricchimento definitivo e stabile dell'onorato che, come abbiamo visto sopra, è un elemento essenziale di ogni atto a titolo gratuito, rilevante agli effetti dell'imposta in oggetto.

Applicando i quattro parametri interpretativi sopra individuati, ciò significa che non è ragionevole, di fronte ad un atto di destinazione traslativo, interpretarlo come arricchimento del beneficiario, indicativo di capacità contributiva.

A questo punto del ragionamento, occorre aprire una parentesi.

Sulla rilevanza delle circolari e delle risoluzioni della Agenzia delle entrate ed, in genere, del Ministero delle finanze.

Recentemente la Corte di Cassazione - Sezioni Unite civili [nota 10] ha avuto modo di rilevare che le pronunce dell'Agenzia delle entrate e in genere dell'Amministrazione finanziaria sono l'espressione della interpretazione giuridica di una parte (l'Amministrazione finanziaria) del procedimento di accertamento dei tributi.

Pertanto, secondo la Corte, le circolari, con le quali l'Agenzia interpreta una norma giuridica in ambito tributario non sono vincolanti, in quanto esprimono esclusivamente un parere dell'Amministrazione finanziaria.

Secondo la Corte, la circolare, anche se impartisce direttive agli uffici gerarchicamente subordinati, affinché si uniformino ad essa, può essere disattesa sia dagli stessi uffici dell'Agenzia, che dal contribuente.

Il contribuente, viceversa, non può impugnarla né davanti al giudice amministrativo né davanti al giudice tributario, in quanto non si tratta di un atto generale di imposizione o di esercizio di potestà impositiva.

In particolare, rileva la Corte, un provvedimento non può considerarsi illegittimo per violazione di quanto affermato nella circolare. Se l'interpretazione contenuta nella circolare è corretta, il provvedimento sarà illegittimo per violazione di legge, in caso contrario, esso sarà legittimo. Di questa importante precisazione, occorre tener conto, per valutare, con molta attenzione, la interpretazione che l'Amministrazione finanziaria ha dato, con le circolari in esame, anche nella nostra materia.

Conseguenze:

Esaminiamo alcune fattispecie, secondo una graduazione dei loro effetti immediati, mediati o successivi:

A. atti di destinazione "puri e semplici": il conferente impone un vincolo di destinazione, meritevole di tutela, su un bene che rimane di sua proprietà:

- assenza di capacità contributiva;

- assenza di arricchimento;

- applicazione dell'art. 20 della imposta di registro, sopra richiamato.

Esempi:

- atti d'obbligo edilizi (destinazione di un terreno al servizio di un erigendo fabbricato; destinazione urbanistica di un fabbricato, per esempio vincolo alberghiero);

- atti costitutivi del fondo patrimoniale, quando la proprietà dei beni destinati rimane in capo ai costituenti;

- atti di destinazione dei patrimoni di una SpA destinati ad uno specifico affare, poiché la proprietà di essi rimane alla SpA;

- atti di destinazione di terreni agricoli a "compendio unico", ai sensi del D.lgs. 29 marzo 2004, n. 99;

- atto unilaterale di destinazione, per un interesse meritevole di tutela dello stesso conferente, senza trasferimento di proprietà a favore di alcun beneficiario, con solo effetto segregativo del bene, che rimane di proprietà del conferente (per chi ammette questa fattispecie, come P. Spada, che parla di «atto neutro» [nota 11]);

- atto unilaterale o bilaterale di destinazione, da parte di uno, di due o più conviventi, di beni "a far fronte ai bisogni" della convivenza, quando la proprietà dei beni destinati rimane in capo ai conferenti (si tratta sostanzialmente della medesima fattispecie del fondo patrimoniale non traslativo, applicato alla convivenza);

- atto unilaterale o bilaterale di destinazione, relativo al mantenimento dei figli, fino al raggiungimento della loro autonomia economica, senza trasferimento di proprietà [nota 12].

Tutti atti non traslativi, secondo la terminologia fiscale.

Tassazione: imposta fissa di registro.

B. Il conferente conserva la titolarità dei beni, pone in essere il negozio di destinazione, ne affida l'attuazione a terzi, attraverso il conferimento di un mandato gestorio.

Se il mandato è conferito a titolo gratuito, senza corrispettivo o compenso per il mandatario, esso rientra fiscalmente nella categoria degli atti non aventi contenuto patrimoniale, per cui sarà soggetto alla imposta fissa di registro, ex art. 11 della Tariffa – parte prima del D.P.R. 131/1986.

Ove sia stato pattuito un compenso a favore del mandatario, esso dovrà essere annoverato fra gli atti a contenuto patrimoniale e dovrà scontare l'imposta proporzionale di registro con l'aliquota del 3% su una base imponibile costituita dal corrispettivo pattuito per l'attività gestoria, ai sensi dell'art. 9 Tariffa – parte prima del D.P.R. 131/1986.

Ove poi il mandatario gestore fosse una società, il corrispettivo sarà assoggettato ad Iva.

Nessun problema alla luce delle circolari in esame, in quanto non si pone in essere alcun atto di destinazione traslativo: imposta fissa di registro sull'atto di destinazione.

C. Il conferente pone in essere un atto di destinazione, raggiungendo gli stessi risultati attraverso un negozio bilaterale, con il quale attribuisce la proprietà strumentalmente all'attuatore, quale semplice veicolo della destinazione del bene.

In questo caso, si determina un normale trasferimento fiduciae causa.

Al riguardo, A. Gambaro opportunamente nota che «per quanto concerne la proprietà fiduciaria, ossia la proprietà nell'interesse altrui, si deve osservare anzitutto che l'art. 2645-ter codice civile rappresenta la prima inequivocabile emersione legislativa di tale figura nel diritto interno ove sino a qui rinvenibile, ma non senza contrasti, in altre disposizioni di legge, prima fra tutte quella di cui all'art. 1706 codice civile … » [nota 13].

In questo caso:

- l'attuatore acquista il bene, quale mero fiduciario del proprietario;

- acquisto non definitivo, perché il bene è destinato alle finalità previste dal proprietario;

- nessun incremento del patrimonio dell'attuatore, perché il bene è "segregato" in un altro patrimonio diverso dal suo;

Conseguenze sotto l'aspetto fiscale:

- la nuova legge prevede gli atti a titolo gratuito distinti dagli atti di destinazione;

- gli atti di destinazione devono evidentemente avere una disciplina fiscale loro propria, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di creare una nuova fattispecie; bastava tassare i singoli atti del programma come atti a titolo gratuito;

- quindi, anche alla luce dei quattro principi interpretativi sopra enunciati, l'atto di destinazione in questo caso deve scontare una imposta fissa di registro, ai sensi dell'art. 11 della Tariffa allegata al T.U.R.

Tale assunto è contestato dalla circ. 3/E, la quale ricomprende tra i negozi traslativi il negozio fiduciario: «di cui prevalentemente si avvalgono le società fiduciarie disciplinate dalla legge 23 novembre 1939, n. 1966 ... che si propongono di assumere l'amministrazione dei beni per conto di terzi»; e, quindi, vi ricomprende anche la fattispecie che stiamo esaminando, per la quale prevede la tassazione con le aliquote della imposta di successione, modulate secondo il rapporto di parentela o meno conferente-fiduciario.

A questo punto è necessario aprire una parentesi per riflettere sulla natura giuridica del negozio fiduciario e quindi sulla validità o meno della ricostruzione della sua disciplina fiscale, proposta dall'Amministrazione.

La dottrina civilistica, pressoché unanime, ricostruisce come segue la fattispecie: il fiduciante, sulla base di un rapporto fiduciario (c.d. pactum fiduciae) con il fiduciario, trasferisce a quest'ultimo un suo bene, affinché il fiduciario stesso lo amministri e lo ritrasferisca al fiduciante o a terzi, in conformità alle istruzioni che il fiduciante gli ha già impartito o si riserva di impartirgli successivamente [nota 14].

La conformazione giuridica dell'istituto, a sua volta, si suddivide tra le due note tesi:

Tesi a) - fiducia c.d. romanistica -

- il trasferimento del bene ha efficacia reale, la proprietà si trasferisce realmente, ma il trasferimento ha un carattere meramente strumentale rispetto al patto che intercorre tra il fiduciante ed il fiduciario (la cui natura viene accostata all'atto con il quale il mandante fornisce al mandatario, ex art. 1719 c.c., i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato);

- il trasferimento del bene non determina alcun arricchimento definitivo e stabile del fiduciario, in quanto il pactum fiduciae costituisce la causa stessa del trasferimento ed il vincolo essenziale che limita la piena disponibilità del bene trasferito;

- l'eventuale trascrizione del vincolo destinatorio del bene, ex art. 2645-ter c.c., permette l'effetto segregativo del bene rispetto al patrimonio del fiduciario e del sfiduciante.

Tesi b) - fiducia c.d. germanistica -

- il negozio fiduciario non determina alcun trasferimento reale, piuttosto attribuisce al fiduciario una mera legittimazione all'esercizio del diritto sul bene;

- non vi è alcun arricchimento del fiduciario, in quanto la titolarità del bene rimane in capo al fiduciante;

- l'atto di destinazione imprime solo un vincolo destinatorio sul bene stesso con effetto "segregativo" del bene rispetto al patrimonio dello stesso fiduciante e del fiduciario.

Conseguenze sotto l'aspetto fiscale:

- stesse considerazioni della fattispecie sub B), riguardo alla gratuità o meno dell'eventuale mandato gestorio, per quanto riguarda l'attività del fiduciario;

per la tesi a):

- alla luce dei quattro principi interpretativi sopra enunciati, il trasferimento strumentale dal fiduciante al fiduciario non è un atto traslativo, secondo la terminologia fiscale, e pertanto non può essere tassato con l'imposta di successione e donazione, in quanto:

- è evidentemente irragionevole dedurre che il fiduciario sia divenuto proprietario del bene;

- non vi è la emergenza di nessuna capacità contributiva a carico del fiduciario per il bene trasferitogli;

- la ricostruzione giuridica degli effetti, ai sensi dell'art. 20 del T.U.R., è evidentemente contraria alla ricostruzione della amministrazione;

- e, per quanto riguarda la nostra imposta, non si determina alcun arricchimento del patrimonio del fiduciario.

per la tesi b):

- valgono a maggior ragione tutte le conclusioni sopra esposte.

D. Il conferente pone in essere un atto di destinazione, attraverso un negozio bilaterale, con il quale attribuisce la proprietà strumentalmente all'attuatore, quale semplice veicolo della destinazione del bene ad uno o più beneficiari determinati da lui stesso (è in sostanza lo stesso schema del trust, con la sequenza settlor-trustee-beneficiary).

Conseguenze sotto l'aspetto fiscale:

I singoli negozi attuativi della sequenza conferente-attuatore-beneficiario sono frammenti di un unico programma contrattuale ed in questo, e solo in questo, ciascun negozio trova la sua causa, come esattamente ha rilevato la circ. 48 sul trust, confermata dalla circ. 3/E.

Secondo la più recente accezione della nozione di causa, essa è l'insieme degli interessi che contraddistinguono la fattispecie [nota 15].

Quindi, sembra ragionevole ritenere che debba essere tassato immediatamente il trasferimento del bene, ma con l'aliquota relativa al rapporto di parentela o di coniugio o meno tra il conferente e il destinatario finale. Nessuna tassazione si determinerà al momento del trasferimento effettivo dall'attuatore al beneficiario.

Alla stessa conclusione è arrivata l'Amministrazione nella corrispondente ipotesi di trust.

Invece, nella circ. 48, l'Amministrazione, relativamente agli atti di destinazione, ritiene che: «nell'ipotesi in cui il bene trasferito in sede di costituzione del vincolo debba essere successivamente ritrasferito a terzi si verificherà che:

- il primo negozio traslativo della proprietà sarà assoggettato alla imposta sulle successioni e donazioni;

- il secondo trasferimento, in base alla sua natura giuridica, sarà anch'esso assoggettato all'imposta sulle successioni e donazioni ovvero all'imposta di registro».

E. Il conferente trasferisce un suo bene ad un terzo, vincolandolo alla realizzazione di un certo interesse, naturalmente meritevole di tutela giuridica.

Per esempio, Tizio attribuisce a Caio un immobile con il vincolo del suo utilizzo come sede di un museo per trent'anni, disponendo che, alla cessazione del vincolo, l'immobile sia attribuito in proprietà a coloro che saranno eredi di Tizio ove egli morisse in quel momento [nota 16].

Quanto all'atto di trasferimento da Tizio a Caio, esso non manifesta ragionevolmente alcuna capacità contributiva in capo al destinatario, il quale, anche alla luce di una interpretazione degli effetti giuridici del negozio, si trova in una condizione di fiduciario: egli deve infatti temporaneamente utilizzare il bene, segregato in un'area "riservata" del suo patrimonio generale, per un dato scopo (destinazione a museo per trent'anni), in vista di devolverlo ai beneficiari finali (quelli che saranno gli eredi a quel tempo di Tizio).

Pertanto, l'atto di destinazione a museo andrà tassato a tassa fissa e, una volta verificatasi, dopo trent'anni, la devoluzione del bene agli eredi, dovrà essere applicata la relativa imposta di successione, con le aliquote congruenti con i rapporti di parentela o meno di Tizio con i suoi eredi.

Anche in questo caso la soluzione dell'Amministrazione è per la tassazione immediata al fiduciario e il successivo trasferimento sarà tassato secondo la fattispecie che verrà posta in essere.

Una posizione intermedia - prospettata da autorevole dottrina - potrebbe essere quella di liquidare l'imposta con l'aliquota maggiore tra quelle contemplate dalla legge, come se i beneficiari fossero estranei rispetto al conferente, salva la restituzione della parte esuberante, che l'attuatore dovrà richiedere nel termine decadenziale decorrente dalla individuazione degli eredi al tempo della morte di Tizio, se questi fossero legati con il disponente da un rapporto di parentela o di coniugio che attenui il prelievo [nota 17].

F. Costituzione del fondo patrimoniale, nell'ipotesi in cui quest'ultimo sia costituito, ai sensi dell'art. 167 c.c., «con beni di un terzo» o «di proprietà di uno solo dei coniugi che non se ne riserva la proprietà», vale a dire quando la convenzione matrimoniale comporti il trasferimento del diritto di proprietà dei beni conferiti in capo a uno o entrambi i coniugi.

La medesima fattispecie si può configurare tra più conviventi, nell'ipotesi in cui il vincolo di destinazione sia costituito con i beni di un terzo o di proprietà di uno o più dei conviventi che non se ne riservano la proprietà.

In questo caso, si può concordare certamente con l'interpretazione dell'Amministrazione, che fa rientrare questa fattispecie negli atti di destinazione traslativi.

G. Il conferente procede ad una attribuzione transitoria a favore del soggetto attuatore della destinazione, a termine o risolutivamente condizionata alla realizzazione della destinazione stessa.

Tizio attribuisce la proprietà di un immobile a Caio, con il vincolo del suo utilizzo come sede di un museo per trent'anni.

In questo caso, il vincolo di destinazione è sostanzialmente un modus. Per l'adempimento dell'onere, ai sensi dell'art. 793, comma 3, c.c., «può agire, oltre il donante, qualsiasi interessato, anche durante la vita del donante stesso». Proposizione che è identica a quella dell'art. 2645-ter c.c., il quale prevede che «per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso». Nelle due norme, corrispondono esattamente i concetti di donante e conferente. In questa fattispecie, riconosciamo certamente una donazione a favore di Caio, con conseguente tassazione nei modi ordinari e la costituzione di un vincolo di destinazione, che non deve essere assoggettato a tassazione, perché trattasi di disposizioni che derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura le une dalle altre, e, pertanto, ai sensi dell'art. 21, comma 2, del T.U.R., l'imposta si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all'imposta più onerosa.

H. Il conferente procede ad una attribuzione a favore di un soggetto di un bene immobile, gravato da un certo vincolo di destinazione, però sospensivamente condizionata alla realizzazione della destinazione stessa.

Sempre per rimanere nello stesso esempio, Tizio attribuisce la proprietà di un immobile a Caio, sotto la condizione sospensiva del suo utilizzo come sede di un museo per trent'anni.

L'articolo 58, comma 2, del testo unico D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, dispone che «per le donazioni sottoposte a condizione si applicano le disposizioni relative alla imposta di registro». La disciplina prevista dall'imposta di registro, per la fattispecie in oggetto, è dettata dall'articolo 19 del T.U.R., il quale prevede che tutti gli eventi successivi alla registrazione e, quindi, alla stipula dell'atto, ove diano luogo ad una "riliquidazione" dell'imposta, debbano essere denunciati a cura delle parti entro venti giorni dal loro verificarsi. Caso tipico di eventi successivi da denunciarsi, come rileva autorevole dottrina [nota 18], è proprio l'avveramento della condizione sospensiva.

Pertanto, l'atto di destinazione sarà tassato immediatamente con l'imposta fissa; solo all'avveramento della condizione sospensiva, a seguito della prescritta denuncia delle parti all'Agenzia delle entrate competente, si applicherà l'imposta di donazione relativa.

I. Tizio dona al figlio Caio l'azienda, di sua proprietà, avente per oggetto l'attività di segheria di legnami, destinando il taglio del bosco anch'esso di sua proprietà, confinante con l'azienda, all'azienda medesima, per l'approvvigionamento della sua materia prima.

In questo caso, la donazione dell'azienda seguirà le regole normali della tassazione relativa.

Dall'atto di destinazione, sebbene esso non determini l'effetto traslativo della piena proprietà del bene destinato (il bosco), tuttavia, dalla costituzione del vincolo, deriva pur sempre, per l'azienda e, quindi, per Caio, una liberalità, costituita dal vantaggio, di carattere economico, di utilizzare i frutti del bene destinato (la legna tagliata periodicamente, secondo i ritmi delle diverse essenze).

La tassazione dell'atto di destinazione è certamente quella prevista per gli atti a titolo gratuito. Per il calcolo della base imponibile si applica ora l'art. 17 del D.lgs. 346/1990, riesumato.

Naturalmente, se è vera la ricostruzione della fattispecie sostanziale che siamo venuti elaborando, il collegamento atto di destinazione-trasferimento importerà, nel caso di trasferimento a titolo oneroso, la tassazione applicabile a quest'ultimo, con assorbimento in essa della tassazione dell'atto di destinazione, ai sensi dell'art. 21 T.U.R., e ciò proprio per la unicità della causa, come sopra rilevata.

Un ulteriore approfondimento della costituzione di un vincolo di destinazione, riguarda i beneficiari della destinazione stessa. Con una precisazione importante dal punto di vista fiscale: vale a dire, la natura della persona del beneficiario ultimo del bene, soggetto al vincolo di destinazione.

Infatti:

i. se il destinatario finale è una persona fisica, nessun problema: tutte le conclusioni a cui siamo arrivati sopra rimangono valide;

ii. se il destinatario finale è una persona giuridica, occorre distinguere:

- se la persona giuridica, destinataria finale della disposizione, sarà una Onlus, lo Stato, enti pubblici territoriali, gli enti non commerciali di cui al D.lgs. n. 460/1997, le imprese sociali di cui al D.lgs. 155/2006, godrà delle agevolazioni fiscali rispettivamente previste dalla legislazione vigente.

Il tutto anche ai sensi dell'art. 3 della resuscitata imposta di successione e donazione, il quale prescrive testualmente che «1. Non sono soggette all'imposta i trasferimenti a favore dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni, né quelli a favore di Enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l'assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l'educazione, l'istruzione o altre finalità di pubblica utilità. 2. I trasferimenti a favore di Enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, diversi da quelli indicati nel comma 1, non sono soggetti all'imposta se sono stati disposti per le finalità di cui allo stesso comma».

Poiché nello stesso articolo 6 della novella, il comma 4 dispone l'applicabilità, ove compatibili, delle disposizioni previste dal D.lgs. 346/90, non si rilevano cause ostative alla conferma della esenzione per i soggetti non profit. è, pertanto, da ritenersi, in assenza di una esplicita norma contraria, che l'esenzione continui ad operare e che quindi non si debba applicare alcuna imposta alle donazioni o ai trasferimenti in via successoria o ai negozi di destinazione a favore delle organizzazioni del privato sociale [nota 19];

- se il destinatario finale è una persona giuridica, diversa da quelle sopra menzionate, ovviamente il negozio di destinazione assumerà, dal punto di vista fiscale, le medesime configurazioni sopra previste per le persone fisiche, con la sola particolarità che, in caso di trasferimento, l'aliquota applicabile sarà quella massima.


[nota *] La presente relazione riproduce la lezione tenuta dall'autore, nel mese di luglio 2007, nel corso e-learning prodotto dalla Fondazione Italiana per il Notariato. Essa è stata aggiornata a seguito delle successive circolari della Agenzia delle entrate 6 agosto 2007, n. 48 e 22 gennaio 2008, n. 3/E (che nel testo, verranno più brevemente citate come "circ. 48" e "circ. 3/E").

[nota 1] Cfr. GAZZONI, «Osservazioni sull'art. 264-ter c.c.», in Giust. civ., 2006, p. 105.

[nota 2] Cfr. LENZI, «Le destinazioni atipiche e l'art. 2645-ter c.c.», in Contr. e impr., 2007, p. 229; LENZI, «I vincoli di destinazione ex art. 2645-ter: casi pratici», in questo volume.

[nota 3] GAFFURI, «Note riguardanti la novellata imposta sulle successioni e donazioni», in Rass. trib., 2007, p. 441.

[nota 4] Agenzia delle entrate, circolare 22 gennaio 2008 n. 3/E.

[nota 5] In www.giurcost.org/decisioni/2006/0274s-06.html.

[nota 6] GAFFURI, op. cit.

[nota 7] Ministero delle finanze, risoluzione 26 aprile 1988, n. 310088; risoluzione 1 agosto 2000, n. 126/E e da ultimo circ. 3/E della Agenzia delle entrate.

[nota 8] GAFFURI, op. cit. Il quale chiaramente continua affermando che «non è dunque concettualmente ammissibile per motivi di coerenza, prescindere nella definizione dell'atto a titolo gratuito soggetto al prelievo, da un tangibile vantaggio economico per il destinatario dell'atto medesimo. Anche nel profilo del gesto liberale, riconducibile all'area delle gratuità, l'accrescimento di patrimonio è una componente essenziale. Il codice civile assoggetta la gratificazione di carattere informale alle stesse regole riguardanti la donazione, le quali, per l'appunto tendono a correggere l'eccesso nella attribuzione disinteressata di beni rispetto ai diritti concorrenti dei legittimari e quindi presuppongono l'arricchimento del beneficiato: in tal senso dispone, tra l'altro, l'art. 809 del c.c. … il presupposto del tributo, che in apparenza afferisce al trasferimento quale fattispecie giuridica, in realtà è costituito proprio da quel vantaggio al quale danno origine alcuni eventi tipici … La subordinazione del prelievo ad un reale arricchimento del soggetto obbligato a sopportare il peso del tributo rende, altresì, più sicuramente congruente il peso fiscale, di cui si tratta, col principio di capacità contributiva … ».

[nota 9] Conforme GAFFURI, op. cit.

[nota 10] Cassazione, Sezioni Unite, 9 ottobre 2007, n. 23031 (depositata il 2 novembre 2007), in Rass. trib., 6, 2007, con nota di DI SIENA, «La valenza delle circolari interpretative della Amministrazione finanziaria e la prospettiva di tutela del contribuente».

[nota 11] SPADA, «Articolazione del patrimonio da destinazione iscritta», in Negozio di destinazione: percorsi verso un'espressione sicura dell'autonomia privata, in I Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, 1, 2007.

Conforme, con estrema chiarezza, GAMBARO, «Appunti sulla proprietà nell'interesse altrui», in Trust ed attività fiduciarie, 2007, p. 171, secondo il quale, «per quanto riguarda la struttura dell'atto di disposizione, si può solo accennare che, in base al testo della norma codicistica, essa può ricalcare sia quella dell'atto unilaterale, in cui il disponente imprime il vincolo sui propri beni di cui rimane titolare … si contempla una situazione giuridica analoga a quella del trust auto-dichiarato, il cui effetto è quello di trasformare il disponente da proprietario pieno in proprietario nell'interesse altrui».

[nota 12] Un'applicazione di questa fattispecie è stata offerta recentemente da una sentenza del Tribunale di Reggio Emilia (Trib. di Reggio Emilia, I sez. civ., 26 marzo 2007, in Famiglia e minori, 5, 2007, mensile di Guida al diritto del Il Sole 24 Ore), che ha accettato la modifica dell'accordo di separazione, già omologato, di due coniugi, con il quale essi avevano sostituito l'obbligo per il mantenimento dei figli da parte di un genitore, con il trasferimento della casa di abitazione all'altro coniuge, gravata dal vincolo di destinazione.

Rileva il Tribunale che una intesa tra genitori separandi, la quale preveda un trasferimento di proprietà espressamente finalizzato a garantire il benessere dei figli, fino al raggiungimento della loro autosufficienza economica, è «con ogni evidenza una pattuizione favorevole per la prole».

Con la trascrizione nei registri immobiliari, ex art. 2645-ter del codice civile, infatti, il vincolo di destinazione risulta erga omnes, offrendo ai minori una significativa tutela, sia con riguardo ai frutti dei beni che debbono essere destinati al mantenimento, sia con riguardo al vincolo che grava sulla casa anche nel caso di una sua alienazione.

[nota 13] E continua «proprio quest'ultima esperienza [il trust] dovrebbe rendere piuttosto chiaro che quella nell'interesse altrui è una forma di proprietà conformata a tale scopo, così come esistono altre forme di proprietà conformate in vista di uno scopo sia sul lato oggettivo, sia su quello soggettivo», GAMBARO, op. cit., p. 171.

[nota 14] Ex plurimis, TORRENTE-SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, 2007, p. 583; GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006, p. 981.

[nota 15] SPAGNA MUSSO, La successione nella famiglia di fatto e nelle convivenze. Tecniche negoziali e validità degli accordi tra conviventi. La validità della clausola di rescissione, in Paradigma, Convegno tenutosi a Milano 25-26 febbraio 2008.

[nota 16] L'esempio è prospettato da BUSANI, «Nessun onere sul fiduciario», in Il Sole 24 Ore, 2 novembre 2006, p. 19.

[nota 17] è la soluzione proposta da GAFFURI, op. cit.

[nota 18] LANZILLOTTI–MAGURNO, Il notaio e le imposte indirette, IV edizione, Roma, 2004, p. 25.

[nota 19] Conforme MAZZINI, «Enti non profit, resta l'esenzione», in Il Sole 24 Ore, 2 novembre 2006, p. 19

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