Il coacervo delle donazioni: casi pratici
Il coacervo delle donazioni: casi pratici
di Michele Labriola
Notaio in Bari

Premessa

L'art. 57, II comma del testo unico delle successioni e donazioni, recita che:

«Negli atti di donazione e negli atti di cui all'art. 26 del testo unico sull'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986 n. 131, devono essere indicati gli estremi delle donazioni anteriormente fatte dal donante al donatario o ad alcuno dei donatari e i relativi valori alla data degli atti stessi. Per l'omissione, l'incompletezza o l'inesattezza di tale indicazione si applica, a carico solidalmente dei donanti e dei donatari, la pena pecuniaria da una a due volte la maggiore imposta dovuta».

Senza addentrarsi nell'esame dell'evoluzione normativa del coacervo relativo alle donazioni, possono qui evidenziarsi gli aspetti principali presi in esame dalla circolare 3/E 2008.

a) Le donazioni fatte in vita rilevano ai soli fini dell'applicazione della franchigia sulla quota devoluta all'erede o al legatario e non più per la determinazione delle aliquote, stabilite in misura proporzionale.

b) Tutte le donazioni, anche quelle effettuate durante il periodo di abrogazione dell'imposta (25 ottobre 2001-29 novembre 2006) rilevano ai fini della norma in esame.

c) Le donazioni pregresse rilevano nei limiti di valore relativamente al quale il beneficiario abbia fruito della franchigia.

Trattasi di problemi sui quali già da tempo si interroga la dottrina e che saranno oggetto della relazione dedicata alle problematiche fiscali del coacervo.

In sede civilistica, invece, è opportuno soffermarsi sull'applicazione della disciplina del coacervo con riferimento ad alcuni casi pratici.

Donazioni espressamente escluse della legge

Il D.lgs. 346/1990 regola autonomamente alcune fattispecie che non sono soggette all'imposta sulle successioni e donazioni.

In particolare il I comma dell'art. 57, pur prevedendo che «il valore globale netto dei beni e dei diritti è maggiorato di un importo pari al valore complessivo di tutte le donazioni anteriormente fatte dal donante al donatario», esclude nel contempo le donazioni indicate nell'art. 1, comma 4, dello stesso D.lgs. e quelle registrate gratuitamente o a tassa fissa ai sensi degli articoli 55 e 59 [nota 1].

L'art. 1 comma 4 fa riferimento agli artt. 742 e 783 c.c.

La prima ipotesi è quella delle spese non soggette a collazione (art. 742 c.c.).

In base alla norma «non sono soggette a collazione le liberalità previste dal secondo comma dell'articolo 770».

L'ultimo comma dell'art. 742, quindi, fa espresso riferimento alle liberalità di cui al II comma dell'art. 770, per il quale «non costituisce donazione la liberalità che si suole fare in occasione di servizi resi o comunque in conformità agli usi».

La norma è ricompresa nell'articolo dedicato alla donazione rimuneratoria.

Lo scopo rimuneratorio del donante costituisce, nelle varie articolazioni possibili, un particolare motivo che è alla base dell'attribuzione a favore del donatario, motivo al quale il legislatore ha attribuito rilevanza sociale prevedendo una apposita disciplina.

In particolare il donante potrà procedere ad effettuare l'attribuzione:

a) per riconoscenza;

b) per particolari meriti del donatario;

c) per speciale rimunerazione [nota 2].

La distinzione tra donazioni rimuneratorie (I comma) e liberalità d'uso (II comma) è di particolare rilevanza, considerato che solo le prime sono assoggettate al rispetto dei canoni formali previsti dall'art. 782 c.c. nonchè espressamente qualificate dal legislatore come atti di donazione, diversamente da quanto avviene per le seconde, con tutte le conseguenze sostanziali e fiscali derivanti da tale differenziazione [nota 3].

Trattasi di distinzione, peraltro, alquanto sottile e sulla quale vi è stato ampio dibattito in dottrina.

Secondo una interpretazione, le due figure si differenziano per la proporzionalità o meno rispetto al servizio effettuato dal donatario-beneficiario.

Più precisamente il concetto di "speciale rimunerazione" di cui al I comma dell'articolo in esame corrisponderebbe ad una effettiva sproporzione tra quanto donato ed i servizi resi, mentre nell'ipotesi di cui al II comma si registrerebbe una equivalenza economica tra donatum e attività svolta dal donatario [nota 4].

In realtà criterio di distinzione più convincente appare quello non basato su un dato meramente quantitativo, bensì sulla ricorrenza della conformità o meno all'uso [nota 5].

Dovrà pertanto ravvisarsi, perchè possa parlarsi di una liberalità d'uso, la conformità all'uso sia nell'an sia nel quantum [nota 6].

D'altro canto la norma non riproduce il limite del modico valore previsto dall'art. 783 c.c.; pertanto una liberalità d'uso potrà sicuramente avere valore rilevante [nota 7].

Ne consegue che, pur dovendosi tendenzialmente individuare la ricorrenza della fattispecie in esame con riguardo ad elargizioni effettuate in occasione di festività particolari o per occasioni speciali (es.: conseguimento di un titolo o della laurea), non può in via di principio escludersi che l'attribuzione possa consistere anche in un bene immobile [nota 8].

Tale trasferimento di immobile ove si ravvisi, dal punto di vista causale, la sua conformità all'uso e la sua compatibilità con una posizione economico-patrimoniale rilevante del disponente, dovrà ritenersi a pieno titolo sottratto dall'ambito di applicazione di cui all'art. 57.

Altra espressa esclusione, prevista dall'art. 57, è quella relativa alle donazioni di modico valore (art. 783 c.c.).

Tale ipotesi presenta a prima vista minori problemi, ove si consideri che, secondo l'orientamento prevalente, la donazione di modico valore si sostanzia in una donazione manuale, relativa a beni mobili [nota 9].

Nel contempo tale contratto viene escluso per legge dagli obblighi di rispetto della forma prevista per la donazione, ove si tratti di donazione di beni mobili, purchè vi sia stata la traditio.

Tuttavia alcune perplessità sorgono in relazione al concetto di "modicità" del bene donato ed al significato che occorre attribuire allo stesso.

In via di principio a tale concetto va riconosciuta una rilevanza oggettiva, nel senso che il bene donato deve essere di ridotto valore economico.

Frequentemente, però, la giurisprudenza ha dato maggior risalto al criterio soggettivo, nel senso cioè di parametrare l'oggetto della donazione ed il suo valore alla capacità economico-patrimoniale del donante [nota 10].

Portando alle estreme conseguenze tale seconda impostazione, peraltro confermata dal II comma dell'art. 783 c.c., appare legittimo interrogarsi sull'ipotesi di una donazione di danaro perfezionata con atto pubblico notarile per volontà espressa dalle parti (anche al fine di regolamentare eventuali profili familiari e di distribuzione del patrimonio).

Con riguardo ad un notevole patrimonio personale del donante può fondatamente sostenersi che una donazione di danaro di entità non ridotta (ad es. con la consegna di assegni circolari intestati al donatario) in astratto sottoposta alla disciplina del coacervo, potrebbe invece esserne sottratta attraverso l'inserimento nel novero delle donazioni di modico valore [nota 11].

Le altre esclusioni normativamente previste sono quelle di cui agli articoli:

- 55 del D.lgs. 346/1990, in virtù del rinvio all'articolo 3 dello stesso D.lgs., che disciplina le donazioni registrate gratuitamente a favore dello Stato, delle regioni, delle provincie e dei comuni; a favore di enti pubblici, di fondazioni o associazione legalmente riconosciute che hanno finalità di pubblica utilità, di organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus) e a favore di fondazioni previste dal D.lgs. emanato in attuazione della legge 461/1998; nonchè a favore di movimenti e partiti politici;

- 59 del D.lgs. 346/1990, che disciplina le donazioni registrate a tassa fissa aventi per oggetto, beni culturali vincolati ai sensi degli artt. 10 e ss. del D.lgs. 42/2004 a condizione che sia presentata all'Ufficio del registro apposita certificazione rilasciata dalla competente Sovrintendenza ai beni culturali ed ambientali dalla quale risulti attestata l'esistenza del vincolo e l'assolvimento degli obblighi di conservazione e protezione e ogni altro bene o diritto dichiarato esente dall'imposta a norma di legge, ad eccezione dei titoli del debito pubblico, compresi i buoni ordinari del tesoro ed i certificati di credito del tesoro e degli altri titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati.

Donazioni e relativo atto di mutuo dissenso

La prassi negoziale, come è noto, ha previsto la possibilità dello scioglimento di un precedente contratto di donazione, ai sensi dell'art. 1372 c.c., facendo ricorso al mutuo dissenso.

In particolare la necessità di salvaguardare l'acquisto del terzo - avente causa del donatario -, ponendolo al riparo da eventuali azioni di restituzione del bene da parte dei legittimari, ha originato un notevole dibattito dottrinario in ordine agli strumenti più idonei per assicurare tale tutela [nota 12].

Tra le soluzioni proposte per risolvere il problema vi è, per l'appunto, quella del mutuo dissenso, che si sostanzia in un atto stipulato tra gli stessi donante e donatario, con il quale le parti risolvono la precedente donazione, ne annullano gli effetti e ripristinano con efficacia retroattiva la situazione preesistente.

I sostenitori della validità della figura in esame ritengono che anche nell'ipotesi del contratto di donazione le parti possano sciogliere il contratto con l'effetto della restituzione del bene donato nella sfera giuridica del donante.

La configurazione del mutuo dissenso come contratto eliminativo consente alle parti, nell'esplicazione ampia della loro autonomia privata, non già di porre in essere un trasferimento in senso inverso, ma propriamente considerare come mai avvenuto il primo trasferimento negoziale.

Con riferimento alla donazione, pertanto, dovrebbe ritenersi che tanto il primo (poichè eliminato), quanto il secondo contratto non possano mai essere valutati alla stregua di atti di liberalità [nota 13].

Di contrario avviso altra parte della dottrina, secondo la quale il mutuo dissenso di precedente atto di donazione, lungi dal consentire una risoluzione dell'originario contratto ad effetti reali già perfezionato ed eseguito, finirebbe per rappresentare non un negozio risolutorio, bensì un contrarius actus, ossia una contro-donazione che duplicherebbe, anzichè eliminarle, le problematiche relative alla tutela dell'avente causa del donatario di bene immobile [nota 14].

Non è questa, evidentemente, la sede per approfondire un problema di così ampia portata, ma è possibile formulare alcune considerazioni in relazione al tema in oggetto.

Anche l'orientamento dell'Amministrazione finanziaria, peraltro, non è univoco, nel senso che in alcune decisioni sottopone il secondo negozio alle stesse aliquote fiscali del contratto di donazione, avvalorando l'ultimo degli orientamenti su ricordati, in altre ritiene applicabile l'imposta fissa di registro del negozio risolutorio, ed in altre ancora l'imposta proporzionale ex art. 28, II comma T.U. imposta di registro [nota 15].

In ogni caso, in attesa di una decisione della Cassazione che consenta di fare chiarezza sulla natura giuridica della figura in esame, sorge il dubbio sulla necessità di indicare negli atti di donazione e in quelli presunti tali, ai sensi dell'art. 26 del T.U. dell'imposta di registro, la donazione originaria ed il relativo atto di mutuo dissenso.

Infatti ove si accolga la tesi della ammissibilità di un atto eliminativo e risolutorio di precedente donazione, verrebbe completamente meno il presupposto per l'applicazione dell'art. 57 in materia di coacervo, non potendosi computare ai fini fiscali nè una donazione ormai risolta (e rispetto alla quale non può più ravvisarsi alcun arricchimento del donatario), nè tantomeno uno scioglimento contrattuale che non trova la sua causa in un diretto spirito di liberalità [nota 16].

Trasferimenti a favore dei figli in esecuzione degli accordi di separazione e divorzio

Un problema si pone relativamente ai trasferimenti immobiliari in sede di esecuzione di accordi tra coniugi in materia di separazione personale o divorzio, in particolare quando gli stessi siano perfezionati con atto notarile.

Vengono qui in rilievo due ordini di considerazioni.

Il primo concerne il trattamento fiscale degli accordi.

L'art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 stabilisce che «tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa».

Nel contempo l'art. 8 lett. f) Tariffa parte I allegata al T.U. imposta di registro assoggetta ad imposta fissa di registro gli atti dell'Autorità giudiziaria aventi ad oggetto lo scioglimento, la cessazione degli effetti civili del matrimonio o la separazione personale.

Dopo diverse pronunce della Corte Costituzionale [nota 17], tendenti ad eliminare ogni disparità di trattamento fiscale per gli atti di trasferimento, con riferimento a separazione personale da un lato e divorzio dall'altro, oggi il trattamento fiscale di favore concernente l'esenzione da tutte le imposte e tasse dovrebbe senza alcun dubbio risultare applicabile ai casi di separazione e divorzio nonchè anche alle attribuzioni a favore dei figli, pur permanendo alcune contrarie decisioni dell'Amministrazione finanziaria [nota 18].

Il secondo profilo riguarda, invece, la causa dell'attribuzione patrimoniale.

Sul punto permangono notevoli dubbi interpretativi, anche in relazione ai diversi indirizzi della giurisprudenza e della dottrina.

A fronte di orientamenti che hanno qualificato tali accordi come vere donazioni [nota 19] e di altri che hanno, invece, posto in risalto principalmente una funzione transattiva [nota 20], appare preferibile un diverso punto di vista secondo cui i trasferimenti in oggetto hanno una loro causa autonoma rappresentata dall'intento comune dei coniugi di regolare le proprie posizioni personali e patrimoniali [nota 21].

Tanto premesso, occorre chiedersi se i trasferimenti effettuati a favore dei figli (essendo difficile ipotizzare la necessità di indicare un trasferimento tra coniugi separandi o divorziandi in un eventuale e improbabile successivo atto di donazione tra gli stessi soggetti) in esecuzione degli accordi citati, debbano trovare sede nella previsione di cui all'art. 57 del D.lgs. 346/1990.

In realtà la particolare causa dell'attribuzione dei beni nella fattispecie in esame nonchè il riferimento all'esenzione da ogni tassa, contenuta nell'art. 19 della legge 74/1987 ed esteso alle ulteriori ipotesi su ricordate, deve fare propendere per la non necessità di indicare i trasferimenti a favore dei figli, ai fini del coacervo.

Trasferimenti a favore di discendenti e coniuge di aziende, quote sociali e azioni

L'art. 1 comma 31 della legge finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) ha modificato l'art. 3, comma 4-ter del D.lgs. 346/1990, introdotto dalla recente legge 296/2006 (legge finanziaria 2007).

È opportuno ricordare il testo dell'articolo, a seguito della detta modifica, per le notevoli implicazioni che la norma ha con riferimento alla problematica del coacervo nelle donazioni.

Art. 3, comma 4-ter:

«I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all'imposta. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all'articolo 73, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l'esercizio dell'attività d'impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data di trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all'atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. Il mancato rispetto della condizione di cui al periodo precedente comporta la decadenza dal beneficio, il pagamento dell'imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista dall'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l'imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata».

Il legislatore fiscale ha previsto che non sono soggetti ad imposta i trasferimenti di aziende o rami di aziende, di quote sociali o azioni effettuate, anche attraverso patti di famiglia (ai sensi degli artt. 768-bis e ss. c.c.), se a favore del coniuge e dei discendenti.

Non vi è dubbio, quindi, che tali trasferimenti, se ovviamente effettuati a titolo gratuito, non vadano computati ai fini del coacervo, rientrando a pieno titolo nelle donazioni registrate gratuitamente per le quali l'art. 57 esclude l'applicazione dello stesso coacervo.

Naturalmente per poter godere dell'esenzione dell'imposta, è necessario che siano rispettati i requisiti previsti dalla norma, che in parte si sostanziano in elementi di fatto da accertare con riferimento al singolo caso concreto (acquisizione del controllo ex art. 2359 n. 1 c.c.) ed in parte, invece, impongono al notaio alcune cautele di carattere redazionale (dichiarazione delle parti conforme a quanto richiesto dalla legge).

Sotto il primo profilo, in ordine ai trasferimenti di quote sociali, il beneficio spetta solo se, a seguito del trasferimento, il donatario abbia acquisito o integrato il controllo ai sensi dell'art. 2359, I comma, n. 1 c.c.

La circolare 3/E precisa, peraltro, che in ipotesi di donazione a tre figli di una partecipazione di maggioranza, l'agevolazione spetterà solo se la donazione sia effettuata in comproprietà ai figli, e non anche in caso di donazione separata a ciascuno singolo figlio che non consenta ad alcuno di essi di acquisire il controllo.

Va preliminarmente osservato che il rinvio, contenuto nella disposizione, al D.P.R. 917/1986, art. 73, I comma, lett. a) impone testualmente di limitare l'applicazione delle norme alle società per azioni, alle società a responsabilità limitata, alle società cooperativa e di mutua assicurazione residenti nel territorio italiano.

Può quindi sicuramente concludersi che per le società di persone l'agevolazione spetti indipendentemente dall'entità della partecipazione in società raggiunta dal donatario a seguito del trasferimento [nota 22].

Il concetto di controllo, ai sensi dell'art. 2359 n. 1 c.c., va inteso nel senso che dovrà necessariamente verificarsi se quel determinato trasferimento di quote o azioni consenta al socio-donatario di disporre della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria.

In realtà il riferimento al controllo nell'assemblea ordinaria non appare del tutto felice, ove si consideri che l'espresso richiamo normativo a questa tipologia di assemblea permane, dopo la riforma del diritto societario, unicamente per le società per azioni e per le società modellate su tale disciplina, e non per le società a responsabilità limitata, ove la distinzione tra assemblea ordinaria e straordinaria non è più prevista [nota 23].

Dovrebbe pertanto giungersi alla conclusione che nelle società a responsabilità limitata debba farsi riferimento alla maggioranza dei voti necessari per tutte quelle delibere non comportanti direttamente o indirettamente modifiche delle norme di funzionamento, secondo quanto previsto dall'art. 2479-bis, III comma, c.c., modifiche per le quali il legislatore ha richiesto un quorum rafforzato, salva sempre diversa disposizione dell'atto costitutivo.

Maggiori perplessità sorgono in relazione al richiamo relativo alle società cooperative, dove la norma, di fatto, non può trovare alcuna applicazione.

Infatti poichè nelle società cooperative, come è noto, vale il principio "una testa, un voto" (art. 2358, II comma, c.c.) il rinvio a tale tipo di società deve ritenersi non pertinente in assoluto, non potendosi ipotizzare una donazione di quote di società cooperativa (figura peraltro che non ricorre nella prassi) che consenta di controllare il voto assembleare.

Il beneficio fiscale, inoltre, si applica a condizione che coniuge o discendenti proseguano l'esercizio dell'impresa o ne detengano il controllo per un periodo non inferiore al quinquennio dalla data del trasferimento.

È importante rilevare che l'esenzione viene meno e quindi si rientrerebbe nella disciplina del coacervo, se di tale ultima circostanza non venga fatta espressa menzione nell'atto di trasferimento: pertanto il notaio dovrà opportunamente chiarire alle parti la necessità di rendere idonea dichiarazione nell'atto di donazione.

La circolare 3/E, inoltre, conformemente a quanto già deciso dalla Agenzia delle entrate con la risoluzione 23 novembre 2007, n. 341, prevede che la condizione della prosecuzione dell'attività d'impresa è da ritenersi comunque assolta anche nell'ipotesi in cui, prima del decorso di cinque anni dalla avvenuta donazione (o successione):

- il donatario conferisca l'azienda donatagli in una società di persone, senza che assuma rilievo il valore della partecipazione a lui assegnata a fronte del conferimento;

- il donatario conferisca l'azienda donatagli in una società di capitali, purchè azioni o quote assegnategli gli consentano di conseguire o integrare il controllo ex art. 2359, n. 1 c.c.;

- si abbia una trasformazione, fusione o scissione che diano origine a società di persone, senza rilievo della partecipazione assegnata al donatario;

- si abbia una trasformazione, fusione o scissione che diano origine o incidano in società di capitali consentendo il controllo ex art. 2359 n. 1 c.c.

Il problema delle donazioni indirette

L'art. 1 comma 4-bis del D.lgs. 346/1990 prevede che:

«Ferma restando l'applicazione dell'imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, l'imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l'atto sia prevista l'applicazione dell'imposta di registro, in misura proporzionale, o dell'imposta sul valore aggiunto».

Può quindi sostenersi che le donazioni e le libertà indirette che siano collegate ad atti di trasferimenti di immobili o di aziende, per i quali già sia prevista l'applicazione dell'imposta proporzionale di registro o dell'Iva, siano esenti da imposta di donazione e pertanto vadano ritenute escluse dal coacervo.

Occorre però interrogarsi, seppur sinteticamente, sui meccanismi di applicazione pratica di tale principio: in altri termini è opportuno tentare di definire il quadro delle ipotesi che a pieno titolo ricadono tra le donazioni indirette e pertanto fuoriescono dall'applicazione del coacervo.

Vanno annoverati tra le c.d. liberalità atipiche o donazioni indirette tutti quegli atti, diversi dalla donazione in senso proprio, attraverso i quali, in vista della soddisfazione di un interesse non patrimoniale del disponente (animus donandi) si giunge ugualmente al risultato prodotto dalla donazione, ossia l'altrui arricchimento [nota 24].

I riferimenti normativi previsti nel codice civile per le donazioni indirette sono quelli degli artt. 737, I comma e 809.

Ai sensi dell'art. 809 c.c., le liberalità possono risultare anche da atti diversi da quelli previsti dall'art. 769 c.c. (donazione tipica); in particolare, quindi, nella donazione indiretta un soggetto utilizzerà uno schema negoziale determinato per raggiungere un effetto analogo a quello della donazione.

Nota è la tesi, proposta da autorevole dottrina, in base alla quale nel negozio indiretto e quindi nella donazione indiretta, si avrebbe un collegamento negoziale tra due negozi diversi: un negozio-mezzo, con il quale le parti giungono all'accordo previsto per la conclusione del contratto ed un negozio-fine che rappresenta l'effettivo ed ulteriore risultato perseguito dalle parti [nota 25].

Da un punto di vista formale il negozio-mezzo conserva la sua disciplina applicativa, mentre il negozio-fine è sottoposto alla disciplina sostanziale riferita allo scopo perseguito, pur senza l'osservanza dei requisiti formali del primo [nota 26].

L'individuazione delle ipotesi di donazione indiretta ha originato un ampio dibattito dottrinario.

Sono state ricomprese tra le donazioni indirette:

- il pagamento del debito altrui, la rinunzia all'azione di regresso, la vendita a prezzo irrisorio (negotium mixtum cum donatione), il contratto a favore del terzo, l'intestazione di beni a nome altrui, la remissione del debito, l'assicurazione sulla vita a favore di terzo, la rendita vitalizia a favore di terzo, il versamento su conti correnti cointestati [nota 27].

Ipotesi estremamente ricorrente nella prassi è quella nella quale il genitore fornisca al figlio il danaro occorrente per l'acquisto immobiliare.

Qui occorre operare una necessaria distinzione.

Un primo caso è quello del genitore che doni al figlio-donatario una somma di danaro con atto pubblico notarile, e successivamente il figlio in un momento diverso e con altro atto notarile acquisti un immobile utilizzando l'importo donatogli.

Si avrà, in presenza di questi elementi, una donazione diretta del danaro che sarà senz'altro assoggettata alla disciplina del coacervo.

Un secondo caso è quello nel quale il figlio acquirente del bene immobile riconosca, nell'atto di acquisto, che tutto o parte del prezzo gli è stato fornito dal genitore ad espresso titolo di liberalità, con l'intervento del genitore in atto volto a confermare la natura gratuita dell'attribuzione.

Questa ultima ipotesi va inquadrata tra le donazioni indirette ed è esclusa dall'ambito di imponibilità delle donazioni e quindi del coacervo [nota 28].

Tale fattispecie è riconducibile alla figura dell'adempimento del terzo ex art. 1180 c.c.

Nell'ipotesi del pagamento del prezzo della compravendita immobiliare, salva l'opposizione del debitore, il creditore non potrà rifiutare la prestazione che gli viene offerta dal terzo considerata la fungibilità della prestazione stessa [nota 29].

L'ordinamento riconosce legittimità alla sostituzione di un terzo al debitore nella realizzazione del rapporto obbligatorio, in quanto non può non dar rilievo al fatto che il creditore raggiunga ugualmente il risultato economico previsto.

Nei rapporti tra terzo adempiente e debitore, invece, occorre superare la mera valutazione del raggiungimento del risultato economico, dovendosi fare riferimento a considerazioni di carattere più strettamente giuridico.

Pertanto non vi è identità tra l'adempimento del terzo e la prestazione del debitore, nel senso che contenuto dell'obbligo del debitore è la prestazione, ove, invece, l'adempimento del terzo non importa mai attuazione di tale obbligo, pur comportandone molto spesso l'estinzione [nota 30].

Và però evidenziato che la dottrina prevalente ha qualificato la figura dell'adempimento del terzo come negozio astratto, nel senso che la giustificazione dell'istituto è data dal rapporto esterno, consistente per l'appunto nella prestazione eseguita dal terzo a favore del creditore [nota 31].

Si è pertanto operata una distinzione tra efficacia diretta ed efficacia riflessa nell'ambito dell'adempimento del terzo: la prima tendente all'estinzione del debito e la seconda concernente i rapporti tra terzo e debitore.

Se infatti è certamente vero che l'adempimento del terzo trova giustificazione in sè, senza connessione causale con il rapporto tra terzo e debitore, appare opportuno chiedersi quali possano essere le conseguenze giuridiche sostanziali inerenti la sfera privata del debitore.

In realtà, al fine del perfezionamento della fattispecie dell'adempimento del terzo, non pare avere alcuna rilevanza il motivo per il quale il terzo proceda al pagamento, nè che lo stesso abbia in ciò un proprio interesse, nè che agisca per mandato del debitore [nota 32].

Potrà trattarsi di un incarico conferito dal debitore al terzo, ed in tal caso il primo sarà obbligato verso il secondo per le regole del mandato, rimborsando al mandatario quanto lo stesso abbia versato al creditore.

In ipotesi, invece, di inesistenza di rapporti interni tra solvens e debitore, potrà operare la surrogazione, ai sensi dell'art. 1201 c.c. del terzo nei diritti del creditore, ovvero, in assenza di espressa manifestazione di volontà prevista dallo stesso art. 1201 c.c., il terzo potrà agire nei confronti del debitore originario per ottenere la ripetizione dell'indebito [nota 33].

Potranno, invece, sussistere casi di evidente rilevanza gratuita, nei quali nell'atto di compravendita, per volontà delle parti, sarà evidenziato che il denaro dell'acquisto è fornito dal genitore e si avrà pertanto, come detto, una donazione indiretta.

Tutto ciò, senza entrare nel merito del complesso problema se si ci trovi in presenza di una donazione indiretta in favore del figlio del danaro o dell'immobile [nota 34].

Occorre comunque rilevare che lo strumento dell'adempimento del terzo, proprio per la sua già accennata astrattezza causale, si presta ad essere valutato in maniera differente in relazione al singolo caso concreto.

In altri termini, al momento della conclusione del contratto di compravendita, non è necessariamente dato sapere se il pagamento da parte del genitore del prezzo della compravendita costituisca una donazione (indiretta) a favore del figlio, ovvero costituisca un pagamento anticipato del padre cui dovrà seguire una restituzione di quanto versato da parte del figlio stesso.

Peraltro tale pagamento del terzo potrebbe, per volontà delle parti, anche non emergere direttamente dall'atto, salvo quanto previsto dalla legge Bersani circa la descrizione delle modalità di pagamento, normativa avente però carattere strettamente fiscale e non sostanziale.

La figura dell'adempimento del genitore-terzo, quindi, può consentire alle parti di non inquadrare immediatamente nell'ambito delle liberalità (con tutte le conseguenze sostanziali derivanti sia nei rapporti tra genitore, figlio ed altri soggetti legittimari, sia nei confronti di eventuali terzi acquirenti dal figlio del bene in oggetto) la fattispecie in esame.

Infatti solo attraverso una contestuale rinunzia all'azione di ripetizione compiuta nel medesimo atto di acquisto del bene potrebbe giungersi immediatamente alla conclusione della natura donativa dell'intervento del terzo [nota 35], salvo, come detto, che l'intervento liberale sia riconosciuto dal figlio e confermato dal genitore nell'atto; in caso contrario, secondo quanto avviene il più delle volte, le parti potranno regolamentare i loro rapporti successivamente all'atto notarile di compravendita, senza che dallo stesso scaturiscano immediate conseguente sostanziali.

In ogni caso nessun profilo fiscale relativo alle donazioni dirette può essere applicabile all'ipotesi in oggetto, che è quindi sottratta alla tassazione ed alla disciplina del coacervo.

Il ruolo del notaio con riferimento alle attestazioni di cui al II comma dell'art. 47 D.lgs. 346/1990

L'art. 57, II comma del D.lgs. 346/1990, come ricordato, prevede che negli atti di donazioni e negli atti presunti tali ai sensi dell'art. 26 del T.U. imposta di registro, devono essere indicati gli estremi delle donazioni fatte dal donante al donatario con i relativi valori attualizzati.

La norma prevede, inoltre, una espressa sanzione solidale a carico di donanti e donatari.

Occorre rapidamente interrogarsi sul ruolo del notaio con riferimento alle disposizioni in esame.

Vengono qui in evidenza due ordini di problemi.

In primo luogo va considerato che la circolare 3/E, come detto, ha previsto che rilevino tutte le donazioni pregresse effettuate dal donante, anche durante il periodo di abrogazione dell'imposta di donazione e successione.

Pertanto, considerata anche l'ampiezza del periodo da prendere in esame, non sembra che possa attribuirsi al notaio rogante l'obbligo di procedere ad una ricerca retroattiva completa, attraverso la consultazione dei registri immobiliari.

Ne consegue che lo stesso notaio dovrà, in via di principio, basarsi sulle dichiarazioni delle parti, cooperando con esse in ordine alla valutazione di tutti gli elementi necessari per rispettare quanto richiesto dalla norma in esame.

In secondo luogo può verificarsi la circostanza in forza della quale, in presenza di una precedente donazione (che origina dubbi interpretativi circa la necessità della sua indicazione), le parti interessate, solidalmente responsabili, non intendano evidenziarla.

Anche in questo caso il notaio dovrà basarsi sulle dichiarazioni del donante e del donatario, riportando in atto una dichiarazione di tenore negativo formulata dalle parti.

In ossequio a quanto previsto dall'art. 27 della legge notarile, che impone al notaio di prestare il suo ministero ogni volta che ne è richiesto, quest'ultimo, rese edotte le parti sulle possibili conseguenze fiscali derivanti dalla loro omissione, dovrà comunque procedere alla stipula dell'atto di donazione.


[nota 1] Circostanza ribadita nella circolare 3/E 2008.

[nota 2] Elencazione che la dottrina ritiene essere tassativa, pur dovendosi attribuire alle varie categorie un certo grado di elasticità. Cfr., per tutti, B. BIONDI, Le donazioni, in Tratt. dir. civ. ital., diretto da F. Vassalli, Torino, 1961, p. 712, per il quale i termini adoperati dal legislatore consentono di abbracciare svariatissimi casi.

[nota 3] Sul necessario rispetto della forma per l'ipotesi della donazione rimuneratoria e sulla differenza, con riferimento al caso concreto, tra donazione rimuneratoria e adempimento di obbligazione naturale, cfr. App. Genova, 18 gennaio 1988, in Vita not., 1988, p. 128, con nota di A. FONTANA, «Adempimento di obbligazione naturale o donazione rimuneratoria?».

[nota 4] Così A. TORRENTE, La donazione, in Tratt. dir. civ. e comm., a cura di A. Cicu e F. Messineo, Milano, 1956, p. 181.

[nota 5] V. B. BIONDI, Le donazioni, cit., p. 764. Così anche Cass. 24 ottobre 2002, n. 14981, in Riv. not., 2003, p. 964 con nota di S. GISOLFI, «Distinzione tra donazione remunerataria e adempimento di obbligazione naturale»; in base a tale sentenza, si avrà donazione rimuneratoria, ove ricorra la consapevolezza di non dover adempiere alcun obbligo giuridico, morale o sociale per compensare i servizi resi dal donatario.

[nota 6] Cfr. P. GALLO, La donazione rimuneratoria, in La donazione, Tratt. diretto da G. Bonilini, Torino, 2001, p. 549.

[nota 7] Di questo tenore, Cass. 10 dicembre 1988, n. 6720, in Foro it. Rep., 1988, voce Donazione, p. 768, n. 5; Cass. 9 dicembre 1993, n. 12142, in Foro it. Rep., 1993, voce Donazione, p. 798, n. 8.

[nota 8] Così P. GALLO, La donazione rimuneratoria, cit., p. 550.

[nota 9] In questo senso, tra gli altri, V.R. CASULLI, voce Donazione, in Enc. dir. (dir. civ.), Milano, 1964, p. 986 - 987.

[nota 10] Propone la individuazione di un criterio misto, oggettivo e soggettivo, A. TORRENTE, Le donazioni, cit., p. 455. In giurisprudenza, v., per tutti, Cass. 30 dicembre 1994, n. 11304, in Giust. civ. Mass., 1994, p. 1719.

[nota 11] Si sofferma diffusamente sulla donazione di modico valore attuata a mezzo traditio di titolo di credito, L. GARDANI CONTURSI LISI, Delle donazioni, in Comm. cod. civ. a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna - Roma, 1976, p. 274 e ss.

[nota 12] Sul punto, v. F. MAGLIULO, «L'acquisto dal donatario tra rischi ed esigenze di tutela», in Notariato, 1, 2002, p. 93 e ss.; M. IEVA, «Retroattività reale dell'azione di riduzione e tutela dell'avente causa del donatario tra presente e futuro», in Riv. not., 1998, p. 1129; C. CACCAVALE, «Riducibilità del titolo di provenienza e distribuzione del rischio contrattuale nella compravendita immobiliare», in Giust. civ., 2001, p. 457.

[nota 13] V. A. LUMINOSO, Il mutuo dissenso, Milano, 1980, p. 275 e ss; G. CAPOZZI, «Il mutuo dissenso nella pratica notarile», in Vita not., 1993, p. 635; F. GRADASSI, «Requisiti formali della risoluzione consensuale di compravendita immobiliare», nota a Cass. 7 marzo 1997, n. 2040, in Notariato, 6, 1997, p. 518.

[nota 14] Di questo avviso, tra gli altri, G. MIRABELLI, Dei contratti in generale, in Comm. cod. civ., Torino, 1980, p. 290; F. CARRESI, Il contratto, in Tratt. dir. civ. e comm. diretto da A. Cicu e F. Messineo, continuato da L. Mengoni, Milano, 1987, p. 874.

[nota 15] Così per Commiss. trib. centr. 3 novembre 1998, n. 5439, in Foro it. Rep., 1999, voce Registro (imposta), p. 1893, n. 107 e Commiss. trib. centr. 23 febbraio 1995, n. 692, in Foro it. Rep., 1997, p. 1804, n. 210, l'atto va registrato a tassa fissa. Viceversa per Cass. 21 maggio 1998, n. 5075, in Foro it. Rep., 1998, voce Registro (imposta), p. 1802, n. 84, l'atto di risoluzione di precedente contratto è assoggettato ad imposta proporzionale (art. 28, II comma, D.P.R. 131/1986). Per alcuni Uffici, invece, l'atto è soggetto ad imposta di donazione, come contrarius actus.

In dottrina, S. LANZILLOTTI - F. MAGURNO, Il notaio e le imposte indirette, Roma, 2004, p. 321, propendono per la tesi della registrazione dell'atto a tassa fissa, come negozio risolutorio.

[nota 16] Si segnala, però, la recentissima risoluzione 329/E del 14 novembre 2007 dell'Agenzia delle entrate, con la quale, con riferimento ad una istanza di interpello presentata da un notaio, è stato deciso che un atto di risoluzione di donazione da stipularsi tra l'originario donante e gli eredi del donatario vada assoggettato all'imposta sulle successioni e donazioni. Tale decisione viene argomentata dall'impossibilità di trasmettere agli eredi la facoltà di risolvere il contratto di donazione perfezionatosi tra donante e donatario; più esattamente si evidenzia che tale facoltà è di esclusiva competenza del donatario. Nella stessa risoluzione, viene evidenziato che nell'ipotesi di contratto risolutorio tra le parti originarie, l'atto andrà assoggettato all'imposta proporzionale di registro, ai sensi dell'art. 28 comma 2 del D.P.R. 131/1986.

[nota 17] Sentenze 15 aprile 1992, n. 176, in Giust. civ., 1992, p. 1658; 10 maggio 1999, n. 154, in Vita not., 1999, p. 1225; 11 luglio 2002, n. 202, in Dir. giust., 2003, p. 42.

[nota 18] Sul problema in esame, e più in generale sulla lunga evoluzione fiscale e giurisprudenziale, cfr. P. GIUNCHI, Dei trasferimenti a favore dei figli in occasione della crisi del matrimonio. Trattamento fiscale, in Studi e materiali del Consiglio Nazionale del Notariato, 2006, I, p. 494 e ss. L'A. lamenta che con la risoluzione n. 151/E del 19 ottobre 2005 dell'Agenzia delle entrate, è stato di fatto disatteso il pronunciato della Cass. 30 maggio 2005, n. 11458 in Fam. dir., 2006, p. 83, che, aveva previsto l'esenzione da tributi del trasferimento ai figli in sede di separazione, riproponendo, invece, ancora un volta la tesi, non condivisibile, della liberalità da parte del genitore al figlio-assegnatario dell'immobile. Cfr. anche, G. TRAPANI, «Il trasferimento dei beni in esecuzione degli accordi di separazione e divorzio», in Riv. not., 2007, p. 1437.

[nota 19] Opinione peraltro isolata e minoritaria, che non appare convincente.

[nota 20] Cass. 12 maggio 1994, n. 4647, in Vita not., 1994, p. 1357; Cass. 5 settembre 2003, n. 12939, in Riv. not., 2004, p. 467, con nota di G. FESTA FERRANTE, «Brevi note in tema di corresponsione dell'assegno di divorzio in unica soluzione e successive vicende legate ai coniugi».

[nota 21] V. G. TRAPANI, «Il trasferimento…», cit., p. 1424; P. CARBONE, «I trasferimenti immobiliari in occasione della separazione e del divorzio», in Notariato, 6, 2005, p. 627.

[nota 22] In tal senso, anche la circolare 3/E 2008, ove ricorrano gli ulteriori requisiti previsti dalla legge.

[nota 23] Cfr. S. MARCIANO, I processi decisionali dei soci e le modifiche statutarie nella Srl (tecniche di verbalizzazione), in La riforma delle società. Aspetti applicativi, a cura di A. Bortoluzzi, Torino, 2004, p. 69; F. MAGLIULO, Le decisioni dei soci, in La riforma della società a responsabilità limitata, a cura di C. Caccavale, F. Magliulo, M. Maltoni, F. Tassinari, Milano, 2003, p. 292.

[nota 24] Definizione consolidata della fattispecie, tratta dal recente lavoro di S. DELLE MONACHE, Successione necessaria e sistema di tutele del legittimario, Milano, 2008, p. 103.

[nota 25] Cfr. A. TORRENTE, La donazione, cit., p. 19 e ss.; G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 1982, p. 882.

[nota 26] V. Cass. 10 aprile 1999, n. 3499, in Fam. dir., 1999, p. 404, per la quale per la validità delle donazioni indirette non è richiesta la forma dell'atto pubblico, attuandosi un negozio tipico diverso da quello di cui all'art. 782 c.c.

[nota 27] Elencazione ovviamente non esaustiva. Si sofferma su una vasta gamma di situazioni che possono comportare una donazione indiretta, R. RINALDI, «Sulla tassazione delle donazioni indirette», in Il Notaro, 2007, p. 5; v. anche, G. PETTERUTI, «Le liberalità non donative nell'imposizione indiretta», AA.VV., Liberalità non donative e attività notarile, in I Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, 1, 2008, p. 184.

[nota 28] Sul punto, v. U. FRIEDMANN, «La tassazione di trasferimenti mortis causa in attesa della riforma», AA.VV., Novità nell'imposizione tributaria relativa agli immobili ed ai trasferimenti per causa di morte o a titolo gratuito, in I Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, 4, 2006, p. 19 (appendice).

[nota 29] In questo senso, A. TORRENTE, Manuale di diritto privato, Milano, 1985, p. 451; A. DI MAJO, Adempimento in generale, in Comm. cod. civ. a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma, 1994, p. 62. Per C.A. CANNATA, L'adempimento delle obbligazioni, in Tratt. dir. priv. diretto da P. Rescigno, 9, Torino, 1984, p. 81, l'interesse del creditore a che la prestazione sia eseguita direttamente dal debitore, deve avere carattere oggettivo. Così, per Cass. 28 aprile 1982, n. 2651, in Giur. it. Mass., 1982, il creditore può legittimamente rifiutare la prestazione effettuata dal terzo, se a condizioni economiche più onerose.

[nota 30] V. R. NICOLò, voce Adempimento, in Enc. dir., Milano, 1958, p. 565, per il quale in tale ipotesi mancherebbe la prestazione, intesa come comportamento personale dell'obbligato.

[nota 31] Così, R. NICOLò, voce Adempimento, cit., p. 566, per il quale considerando necessariamente il negozio di adempimento avulso da ogni preesistente rapporto giuridico, non sarà possibile trovare al suo interno la giustificazione del verificato spostamento patrimoniale.

[nota 32] In questo senso C.A. CANNATA, L'adempimento delle obbligazioni, cit., p. 82. In giurisprudenza, v. Cass. 7 luglio 1980, n. 4340, in Giust. civ., 1981, I, p. 111, con nota di A. BREGOLI, «Legittimazione a ripetere l'indebito oggettivo, tra l'adempimento del terzo e pagamento rappresentativo»; secondo tale sentenza si ha adempimento del terzo quando tale intervento avviene al di fuori di ogni rapporto di rappresentanza, è spontaneo ed unilaterale e non determinato da precedenti accordi o convenzioni.

V. anche Cass. 23 ottobre 1999, n. 11929, in Dir. e prat. soc., 2000, II, p. 64, con nota di E. GUERINOMI, «Adempimento del terzo, imputazione di pagamento e onere della prova», secondo la quale in nessun caso è attribuita al creditore la facoltà di sindacare i motivi di intervento del terzo e tale facoltà neppur spetta al giudice.

[nota 33] Cfr. Cass. 1 agosto 2002, n. 11417, in Contratti, 2003, II, p. 167.

[nota 34] Sul punto, cfr. il noto orientamento della Cassazione, per la quale o il denaro è stato donato senza alcun collegamento con un successivo negozio, o è stato dato come mezzo per l'acquisto dell'immobile, ed allora si avrà donazione indiretta di immobile. Così, tra le altre, Cass. S.U., 5 agosto 1992, n. 9282, in Riv. not., 1993, p. 144; Cass. 24 febbraio 2004, n. 3642, in Riv. not., 2005, p. 583.

[nota 35] In questo senso, A. TORRENTE, La donazione, cit., p. 42; U. CARNEVALI, Le donazioni, in Tratt. dir. priv. diretto da P. Rescigno, 6, Torino, 1982, p. 448.

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