Il coacervo nelle donazioni e nelle successioni
Il coacervo nelle donazioni e nelle successioni
di Ugo Friedmann
Notaio in Milano
Atteso che manca nel testo normativo un riferimento esplicito al termine coacervo ho dapprima pensato fosse cosa utile vedere quale fosse il significato e quali fossero i sinonimi di tale termine Ho consultato un dizionario dei sinonimi ed ecco il risultato: assieme, accozzaglia, accumulo, complesso, massa, conglomerato, insieme, tutto, ammasso, gruppo, unione, ammassamento, catasta, intrico, mucchio.
Il risultato è emblematico, ma potrà aiutarci nelle riflessioni che seguiranno.
L'imposta sulle successioni e donazioni quale oggi reintrodotta dal legislatore del 2006 nel testo in vigore al 21 ottobre 2001 è diversa da quella regolata dal D.lgs. 346/90 e dalle norme che avevano preceduto la legge 342/2000 che prima aveva operato una sostanziale modifica dell'impianto normativo che regola l'imposta.
Invero il sistema dell'imposta di successione sino alla legge 342/2000 che ridisegnò il tributo era impostato sulla dicotomia tra la cosiddetta imposta "globale" (anche detta "tassa sul morto") che colpiva l'attivo ereditario nella sua integrità al netto delle passività e la imposta per quote che colpiva le attribuzioni fatte ai vari beneficiari.
La imposizione poi era di tipo "progressivo" a scaglioni.
Tale meccanismo si prestava a una evidente possibile manovra elusiva mediante la successione di donazioni in vita di importo tale da rientrare nel minimo scaglione imponibile al fine di evitare l'operare della progressività al momento del decesso.
Proprio per evitare tale possibile, ma anche immaginabile manovra elusiva da parte del contribuente il testo normativo conteneva e contiene (seppur modificate in sede di reintroduzione del tributo) le norme sul cosiddetto "coacervo".
Tali norme prevedevano, sia in caso di successione che in caso di donazione che "ai soli fini dell'aliquota" dovesse tenersi conto sia nella tassazione della successione che di eventuali donazioni delle donazioni precedentemente fatte ai medesimi soggetti con valore attualizzato al momento del decesso e/o della nuova donazione e per il caso di donazione di nuda proprietà che si tenesse conto del valore della piena proprietà dei beni donati.
Tale principio veniva interpretato dall'amministrazione finanziaria in termini spesso equivoci con effettivo recupero a tassazione del donatum anzichè, come la dottrina ha avuto modo di affermare più volte ed il Supremo Collegio ha avuto modo di confermare con la applicazione al solo relictum dell'aliquota propria di relictum più donatum.
Successivamente la materia della imposizione successoria ha subito una fondamentale e drastica modifica con la legge 342/2000 che ha soppresso la imposizione sulla globale, ha sostituito la tassazione con aliquote progressive con una tassazione proporzionale e ha istituito una franchigia generalizzata di trecentocinquantamilioni di lire.
A seguito di tale novella è parso discutibile che la norma sul coacervo, nata per contrastare manovre elusive riferite alle aliquote applicabili continuasse a trovare applicazione.
Peraltro il disposto dell'articolo 7 del D.lgs. 346/90 quale allora modificato prevedeva esplicitamente che non si applicasse la franchigia in caso di successione sino a concorrenza di quella eventualmente goduta in sede di donazione, con ciò legittimando una lettura che, nonostante la norma dell'articolo 8 mantenesse un riferimento alle aliquote, spostava l'attenzione dalle aliquote alla franchigia e che in pratica intendeva evitare che si potesse fruire della franchigia più di una volta tra i medesimi soggetti.
La legge 383/2001, che come è noto ha soppresso la imposta sulle successioni, ha creato un sistema ibrido di tassazione per le donazioni a seconda di chi ne fossero i destinatari.
Per quanto riguardava peraltro il coniuge, i discendenti e gli ascendenti in linea retta, i parenti entro il quarto grado non vi era tassazione alcuna quale che fosse l'importo della donazione e la stessa Amministrazione finanziaria aveva avuto occasione di confermare che detti atti venivano registrati gratuitamente (senza applicazione nemmanco della tassa fissa).
La legge 286/2006 modifica ulteriormente il regime delle successioni, "istituendo" la imposta sulle successioni, donazioni, nel testo in vigore al 24 ottobre 2001, con le modifiche apportate dal D.l. 3 ottobre 2006 convertito nella suddetta legge.
La norma poi allarga le fattispecie colpite dalla imposizione in esame agli atti a titolo gratuito e a quelli portanti costituzione di vincoli di destinazione.
Personalmente, argomentando dal tenore letterale della norma, ero giunto alla convinzione che gli atti portanti vincolo di destinazione soggetti a imposta fossero solo quelli inter vivos, ma la lettura che viene data dalla dominante dottrina è che essa riguardi sia gli atti inter vivos che quelli mortis causa.
La norma tra le modifiche apportate al testo originariamente in vigore alla data del 24 ottobre 2001 prevede la soppressione della franchigia generalizzata e la creazione di franchigie "mirate" a favore di determinati soggetti che sono di un milione di euro per il coniuge e i parenti in linea retta, di centomila euro per i fratelli e di unmilionecinquecentomila euro per i soggetti handicappati quali indicati dalla legge 342/2000 a prescindere dal grado di parentela.
Questo è, in brevissima sintesi, lo scenario nel quale dovrebbe oggi trovare applicazione la norma sul coacervo.
Proverò a meglio chiarire dopo questa breve premessa il processo logico che mi porta, anche in contrasto con ciò che afferma la circolare 3/E 2008, a ritenere che ben difficilmente il coacervo possa operare per le successioni e che per le donazioni difficilmente possa operare per il passato e che, laddove si ritenga che operi, ciò debba riguardare solo le donazioni fatte nel periodo di vigenza della legge 342/2000.
Risulta infatti difficile accettare che la norma possa operare tra sistemi tra loro profondamente disomogenei come quello della imposta di successione ante 2000, basato su una imposizione progressiva che colpiva dapprima l'attivo ereditario nella sua interezza con la imposizione globale e poi incideva le singole quote e quello attuale sopra descritto nelle sue linee fondamentali.
In tale sistema esisteva una quota non tassata, ma non mi sentirei di definirla tecnicamente come una franchigia rilevante ai fini della applicazione o meno del coacervo e pertanto le donazioni fatte prima della entrata in vigore della legge 342/2000 dovrebbero intendersi come donazioni "tassate" e pertanto non rilevanti ai fini dell'attuale coacervo.
Non può negarsi che le donazioni fatte in costanza della legge 342/2000 avevano invece una franchigia "generalizzata" di trecentocinquantamilioni e che pertanto, nel vigore della norma introdotta dall'articolo 69 della legge 342/2000 avesse senso sostenere che la norma degli articoli 57 e 8 del D.lgs. 346/90 da norma finalizzata ad evitare comportamenti elusivi per sottrarsi alla progressività delle aliquote fosse divenuta norma finalizzata a sterilizzare la franchigia una volta usata, onde evitare il riutilizzo delle franchigie.
Ciò era peraltro sostenuto da un dato normativo. L'articolo 7 del T.U. modificato dall'articolo 69 della legge 342/2000 prevedeva espressamente che chi aveva usato della franchigia in sede di donazione non potesse riutilizzarla in sede di successione.
Tale aspetto sarà successivamente meglio esaminato.
Il sistema della franchigia generalizzata è stato cancellato dalla legge 383/2001 che, come detto, ha "soppresso" la imposta di successione, ancorchè abbia previsto che le norme relative a franchigie, base imponibile previste dal D.lgs. 346/90 continuavano ad applicarsi, senza che, diversamente da quanto argomenta la circolare, ciò possa avere una qualche influenza sulla soluzione del problema qui esaminato.
Anche se non è questa la sede per stabilire se la norma della legge 383/2001 avesse anche abrogato il D.lgs. 346/90 o lo avesse "congelato", va considerato che le conseguenze dell'una o dell'altra ipotesi sono rilevanti anche ai fini dell'esame della norma che qui ne occupa.
L'articolo 57 del D.lgs. 346/90 quale attualmente "di nuovo" in vigore esclude dal novero delle donazioni pregresse di cui si deve tenere conto per determinare «il valore globale di quanto donato» quelle registrate gratuitamente.
Se si volesse ritenere che la legge 286/2006 ha introdotto una "nuova" imposta di successione il sistema risulterebbe sicuramente più coerente, ma anche se si volesse ritenere che così non è sicuramente un forte argomento letterale militerebbe contro la applicabilità del coacervo alle donazioni poste in essere nel vigore della legge 383/2001 con quelle poste in essere sotto il vigore della nuova legge.
Invero nel sistema della legge 383/2001 le donazioni fatte a favore dei soggetti per i quali oggi è prevista una franchigia (coniuge, parenti in linea retta, fratelli) con la sola eccezione di quelle fatte a favore del soggetto portatore di handicap grave erano registrate gratuitamente (senza neanche la applicazione della imposta fissa) e pertanto è difficile seguire la circolare quando afferma che le stesse sono soggette a coacervo con argomentazioni riferite alle donazioni fatte a soggetti diversi (soggette allora per la quota eccedente la franchigia alla tassazione prevista per gli atti a titolo oneroso).
Già ho chiarito e la stessa circolare sembra, anche se la sua formulazione è alquanto contorta, affermare che non vi è coacervo con le donazioni soggette a tassazione e pertanto ho già sopra esposto le ragioni per cui non dovrebbe esservi coacervo con le donazioni fatte prima della entrata in vigore della legge 342/2000.
Non posso poi che confermare la mia assoluta contrarietà ritenere assoggettabili a coacervo gli atti a titolo gratuito e quelli portanti vincolo di destinazione.
Sono due autonome e nuove fattispecie assoggettate a tassazione nel sistema della legge sulle successioni e donazioni, tanto che autorevole dottrina ha tacciato il legislatore della novella del 2006 di eccesso di delega e pertanto, mancando un dato normativo che possa anche solo analogicamente aiutare la interpretazione proposta dalla circolare non se ne può che contestare in pieno le conclusioni.
Non pare in alcun modo argomento condivisibile quello che vuole giustificare la applicabilità basandosi sul testo del comma 50 dell'articolo 2 della legge 286/2006 che appare invero assolutamente ultroneo.
E poi questo vorrebbe dire che quando si vada a tassare un atto portante vincolo di destinazione o un atto a titolo gratuito si dovrebbe tenere conto delle donazioni pregresse o di quelle presunte a sensi dell'art. 26 del D.P.R. 131/86. Con quali conseguenze è facile immaginare.
Comunque, volendo riprendere e riassumere quanto sopra si andava esponendo non ritengo che possano essere paragonati sistemi così diversi tra loro e che si possa ridurre ad unità un criterio che prevede per la sua applicabilità una omogeneità di tassazione tra le varie fattispecie.
Il che fa sì che se coacervo vi può essere (e stiamo qui parlando solo della fattispecie regolata dall'articolo 57 del D.lgs. 346/90) lo stesso dovrebbe riguardare solamente le donazioni pregresse fatte nella vigenza della norma modificata dalla legge 342/2000 e limitatamente alla parte non tassata e proporzionalmente adeguata in sede di attualizzazione del valore della donazione pregressa.
Il condizionale è d'obbligo considerato che la circolare fiscale da un lato afferma che vanno considerate al fine del coacervo "tutte" le donazioni pregresse, ma poi precisa che "altresì" va considerato che rilevano solo le donazioni per le quali vi fosse franchigia e limitatamente alla parte per cui la franchigia era stata utilizzata e quindi non per la parte già allora tassata.
In occasione dell'incontro cui il presente scritto è dedicato l'Amministrazione finanziaria non si è dimostrata del tutto insensibile alle affermazioni che precedono, ma ha praticamente affermato che una lettura "sistematica" della norma non può che essere nel senso dalla stessa proposto.
Che è come dire che la norma continua a dire una cosa perché il legislatore non l'ha modificata, che l'abrogazione di un'altra norma su cui la prima si reggeva è una svista cui la prassi amministrativa deve porre tempestivo rimedio.
Certamente, per concludere questa prima parte della trattazione, il sistema ritroverebbe una sua razionalità e probabilmente la posizione della amministrazione si rivelerebbe al sicuro da inevitabili contenziosi se si concludesse che solo le donazioni fatte nel vigore della norma così come reintrodotta dal 2006, laddove fatte ai soggetti per i quali oggi vi è franchigia potrebbero essere sottoposte al "coacervo" o meglio all"intrico" come lo definisce il dizionario dei sinonimi.
In attesa che l'Amministrazione finanziaria meglio chiarisca il suo punto di vista al riguardo, specie riguardo alle donazioni fatte nella vigenza della soppressione dell'imposta la prudenza degli operatori sarà d'obbligo.
Non posso trascurare che molti autori per ragioni squisitamente sistematiche ritengono che tutte le sopraesposte considerazioni siano superate da una superiore ratio della norma fiscale volta a combattere i comportamenti elusivi, ma credo che proprio il fatto che la norma nel tempo si sia atteggiata in modi tra loro così differenti non consenta di considerare elusivo con riferimento a una regolamentazione successiva un comportamento tenuto in presenza di una norma diversa.
Quanto sopra esposto lascia impregiudicate le perplessità che anche autorevole dottrina notarile ha ribadito con riferimento alla normativa in tema di successioni.
Qui il dato letterale assume connotati ancora più espliciti.
È infatti emblematico il fatto che il legislatore fiscale con la legge 286/2006 abbia abrogato i commi da 1 a 2-quater dell'articolo 7 del D.lgs. 346/90 come novellato nel duemila e al tempo stesso non abbia apportato modifica alcuna al testo dell'articolo 8.
Dato che la norma del comma 2-quater prevedeva l'inapplicabilità della franchigia nel caso in cui il beneficiario si fosse avvalso delle previsioni dell'art. 56 commi 2 e 3 (cioè nel caso in cui avesse usufruito della franchigia in sede di donazioni o liberalità indirette), nei limiti di valore in cui ne avesse usufruito, il venire meno dell'unico appiglio letterale alla applicabilità del coacervo ai fini della erosione della franchigia nelle successioni è venuto meno.
A questo argomento letterale gli autori favorevoli al coacervo rispondono che la abrogazione è stata dettata dalla abrogazione della prima parte dell'articolo, per una esigenza di coerenza interna della norma.
Se anche così fosse il legislatore avrebbe comunque potuto riprodurre la norma del comma 2-ter e quater in una autonoma disposizione.
Conseguentemente, anche se la prudenza è d'obbligo, dovrebbe coerentemente ritenersi implicitamente abrogato l'ultimo comma dell'art. 8 del D.lgs. n. 346/1990, il quale, dopo aver stabilito che «il valore globale netto dell'asse ereditario è maggiorato, ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell'art. 7, di un importo pari al valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari» e che «il valore delle singole quote ereditarie o dei singoli legati è maggiorato, agli stessi fini, di un importo pari al valore attuale delle donazioni fatte a ciascun erede o legatario», prevede che per «valore attuale delle donazioni anteriori si intende il valore ... riferito alla piena proprietà anche per i beni donati con riserva di usufrutto o altro diritto reale di godimento».
Tale lettura che trova la sua giustificazione sia nel dato letterale che in quello logico sistematico non è condivisa da parte della dottrina e soprattutto dall'Amministrazione finanziaria che nella circolare 3/E del 22 gennaio 2008 "logicamente" ritiene che relativamente ai trasferimenti mortis causa per i quali sia possibile applicare una franchigia, ai soli fini della erosione della stessa, si debba tenere conto di tutte le donazioni pregresse per le quali non si è pagata imposta perchè soggette a franchigia o per altro motivo (e quindi anche di quelle non soggette a tassazione a seguito dell'articolo 13 della legge 383/2001) il cui valore attualizzato alla data di apertura della successione concorre ad erodere la franchigia che eventualmente spettasse.
La Amministrazione fiscale inoltre, superando il dato normativo ritiene anche in tema di successioni oggetto di coacervo dal novembre 2006 anche gli atti portanti vincoli di destinazione e gli atti a titolo gratuito valgano al riguardo le considerazioni critiche sopra riportate.
L'amministrazione fonda le sue considerazioni forse anche sul disposto dell'articolo 28 lettera f del D.lgs. 346/90 che dispone l'obbligo di indicare nella dichiarazione di successioni le donazioni precedentemente fatte dal de cuius agli eredi, con il valore attualizzato, ma ciò prova troppo.
Se comunque non fosse accettata la lettura proposta per cui anche in tema di successioni esiste ancora ed è pienamente operante il coacervo se ne potrà dedurre quantomeno la esistenza di una doppia franchigia ai fini donativi e successori essendo venuta meno la norma che la escludeva?
Il fatto che sia venuta meno l'unica norma di cesura tra i due sistemi che affermava la non applicabilità della franchigia in tema di successioni quando e fino a concorrenza di quanto se ne fosse fruito in sede di donazione è ora venuta meno e pertanto sembra mancare un appiglio normativo che giustifichi la non spettabilità della doppia applicazione della franchigia.
Non si può negare che la ricostruzione sopra proposta, coerente con quanto risulta dalle modifiche al dato normativo può sembrare urtare con una interpretazione sistematica delle norme ed evidenziare un difetto di ragionevolezza o quantomeno di parità di trattamento rispetto a quanto dispone l'articolo 57 in tema di donazioni e quindi occorrerà grande prudenza nell'applicare le tesi di che sopra, che in parte si schierano in apparente contrasto con quanto affermato dalla citata circolare 3/E del 2008.
Pertanto il pratico del diritto non potrà esimersi dall'indicare ai propri clienti la vischiosità della situazione che deriva dalle modifiche normative e dalla recente circolare ed attenersi a quella che riterrà la interpretazione più tuzioristica nei confronti del proprio cliente.
Non si può da ultimo nascondere la delicatezza della posizione del notaio pubblico ufficiale, responsabile di imposta ed autoliquidatore della imposta medesima a mezzo del modello "unico" nel caso di donazione e, forse tra non molto anche di quella di successione.
Sarà infatti caso per caso assai complesso stabilire quali donazioni e una volta individuate quelle soggette a coacervo quale percentuale del valore di queste ultime vada ad erodere la franchigia "oggi" spettante con gravi rischi di responsabilità professionale laddove si vada ad "erodere più del dovuto".
Sarà pertanto opportuno, atteso che l'obbligo di legge è nel senso sia di indicare gli estremi delle donazioni precedenti che il loro valore alla data del nuovo atto o della successione, che il notaio acquisisca dichiarazione delle parti (la omessa indicazione è sanzionata a termini dell'articolo 57 in capo sia al donante che al donatario) che sono state messe a conoscenza delle conseguenze della suddetta menzione nell'atto di donazione e/o nella successione.
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