Casi pratici in tema di aumento gratuito del capitale nelle società per azioni non quotate
Casi pratici in tema di aumento gratuito del capitale nelle società per azioni non quotate
di Nicola Atlante
Notaio in Roma

Premessa

Si dà per presupposto che le problematiche relative all'aumento gratuito del capitale non possono essere riportate de plano alle società di persone, almeno nel caso in cui alle stesse si applichi il regime legale.

Infatti nelle società di persone la legge da un lato non prevede la formazione di riserve e dall'altro, salvo il patto contrario ex art. 2262 c.c., ricollega automaticamente all'approvazione del bilancio il sorgere del diritto del socio a percepire l'utile, con la conseguenza di eliminare di fatto la possibilità che gli utili siano portati a nuovo.

Tuttavia, oltre alla cennata facoltà di pattuire ex art. 2262 c.c. l'accantonamento degli utili, si segnala che la recente legge finanziaria 2008 (art. 1 commi 40-41-42 L. 24 dicembre 2007, n. 244) prevede un regime agevolativo per le persone fisiche titolari di partecipazioni in società in nome collettivo o in accomandita semplice (tassazione separata con aliquota fissa) a condizione che i redditi non siano prelevati o distribuiti dalla società.

Inoltre, poichè altre relazioni toccheranno i temi dell'aumento del capitale nelle società quotate e dell'aumento del capitale nelle Srl, si affronteranno qui alcuni dei problemi pratici più ricorrenti in materia di aumento di capitale gratuito, limitatamente alle SpA non quotate.

Qualche rilievo potrebbe presentare, nella scelta delle soluzioni che via via saranno prospettate in relazione ai singoli casi concreti, il dibattito circa la funzione del capitale sociale. Sono note le tesi al riguardo: da quella che individua nel capitale uno strumento di garanzia dei creditori sociali a quella che attribuisce al capitale funzione produttivistica, da quella che gli attribuisce funzione informativa a quella che gli assegna il ruolo di segnalare all'esterno l'insolvenza dell'impresa, da quella che gli attribuisce la funzione di organizzare la spettanza dei diritti dei soci verso la società, a quella, infine, che vi scorge il limite al potere dei soci in ordine alla distribuzione dei valori del netto. Per l'approfondimento di tali tesi si rimanda alla dottrina specialistica in materia, non senza prima ricordare la recente tendenza, ispirata ad esperienze di ordinamenti diversi dal nostro, che suggerisce di fare a meno anche in Italia della disciplina del capitale.

Nessun rilievo mi pare invece possa avere, in ordine alla soluzione dei singoli casi pratici, l'individuazione degli scopi astrattamente perseguibili attraverso l'aumento gratuito del capitale: consolidazione della situazione patrimoniale della società, anche al fine di aumentare la sua capacità di credito; eliminazione degli svantaggi dovuti alla pletorica presenza di riserve, quali la lievitazione dei corsi azionari o l'impossibilità di svolgere una adeguata politica dei dividendi; modalità pratica per consentire l'ingresso dei nuovi soci, legata alla possibilità di cedere a terzi i diritti di assegnazione delle azioni.

Ancora si deve premettere, e qui siamo sul piano della tecnica redazionale del verbale, che sarà necessario in occasione della delibera di aumento gratuito almeno individuare con chiarezza e specificità la riserva o le riserve da utilizzare, indicando il rispettivo ammontare prima e dopo l'aumento: tale elemento costituisce a mio avviso il contenuto minimo necessitato della delibera di aumento gratuito, potendo (non necessariamente come si dirà) essere affiancato sia dalla redazione di un bilancio infra annuale straordinario sia dalla messa a disposizione dell'assemblea di altra documentazione informativa circa la delibera da adottare.

Infine giova ricordare che, per quanto riguarda l'articolo 2442 c.c. dedicato dal codice all'aumento gratuito del capitale, le modifiche apportate dalla riforma del diritto societario consistono unicamente nella sostituzione al primo comma dell'inciso «imputando a capitale la parte disponibile delle riserve e dei fondi speciali iscritti in bilancio» con la nuova formulazione «imputando a capitale le riserve e gli altri fondi iscritti in bilancio in quanto disponibili»: non mi pare che la modifica possa assumere rilievo nella scelta della soluzione da adottare nei casi dubbi di individuazione delle riserve e dei fondi utilizzabili per l'aumento gratuito, come invece sostenuto da alcuni commentatori dopo la riforma.

Problemi in tema di aumento gratuito del capitale nelle SpA non quotate

L'individuazione delle riserve e degli altri fondi iscritti in bilancio, utilizzabili ai fini dell'aumento del capitale

In generale può dirsi che sono disponibili (e dunque utilizzabili per l'aumento gratuito del capitale) le riserve ed i fondi la cui iscrizione in bilancio non dipende né dall'intento di fare fronte a specifici oneri futuri né da un obbligo espressamente previsto dalla legge. Tenendo presente questo principio generale, si affrontano le più ricorrenti fattispecie pratiche:

- riserva legale: tradizionalmente si reputa non utilizzabile la riserva legale. La tesi restrittiva si fonda sia sulla lettera della legge, sia su argomenti sostanziali (imputando a capitale la riserva legale sarebbe possibile aggirare il divieto di sua distribuzione ai soci, stante la nuova disciplina della riduzione volontaria del capitale, meno stringente di quella pre riforma). Al più, per alcuni autori e per una parte della giurisprudenza, per aumentare il capitale potrà essere utilizzata la parte della riserva legale eccedente il quinto. Esiste tuttavia un'opinione contraria che argomenta la propria scelta sia in base alla distinzione tra non distribuibilità e non disponibilità (imputare la riserva legale a capitale è cosa diversa dal distribuirla direttamente agli azionisti) sia in base alla considerazione, di carattere più sostanziale, che gli interessi tutelati dalla obbligatorietà della formazione della riserva legale non vengono danneggiati se al vincolo della riserva legale si sostituisce quello, ancora più pregnante, del capitale. A sostegno della tesi tradizionale si deve da un lato ribadire che l'ultimo argomento appare superato dalla disciplina post riforma della riduzione volontaria del capitale e dall'altro considerare che lo scopo primario della riserva legale è quello di garantire la stabilità del capitale per evitarne continui adeguamenti che potrebbero da un lato mettere in pericolo la continuità dell'organizzazione interna della società e dall'altro porre a suo carico costi altrimenti evitabili;

- riserve statutarie: sono utilizzabili purchè la delibera di aumento del capitale sia preceduta dalla delibera di modifica dello statuto nella parte in cui prevede la formazione obbligatoria di tali riserve. Si dovrà qui tenere conto dell'impatto dell'art. 2436 quinto comma c.c., al fine di valutare la legittimità della delibera di aumento gratuito, assunta in pendenza dell'iscrizione della delibera di modifica dello statuto, che la precede temporalmente e che ne costituisce il presupposto indefettibile. Il tema è più ampio e sarà trattato più in là nel corso di questa relazione;

- riserve facoltative: sono senz'altro utilizzabili, in quanto formate volontariamente dall'assemblea in occasione dell'approvazione di un precedente bilancio con utili non distribuiti e accantonati. Si può discutere se - nel caso in cui con l'accantonamento sia stata deliberata anche la distribuzione futura di tale riserva nel corso degli esercizi successivi - al fine di deliberare l'aumento gratuito sia necessaria l'unanimità o invece sia sufficiente la maggioranza, sul presupposto che sia sorto o meno il diritto individuale dell'azionista a percepire il dividendo;

- fondi disponibili: corrispondono ad accantonamenti volontari, riserve speciali, fondi rischi per esigenze specifiche. La loro utilizzazione sarà consentita una volta accertato il venir meno definitivo dell'esigenza a fronte della quale furono costituiti;

- riserva da sovrapprezzo: per alcuni non sarebbe utilizzabile, in quanto sottoposta al medesimo regime vincolato della riserva legale; per altri sarebbe invece utilizzabile, tenuto conto che la legge vieta la sua distribuzione fino a che la riserva legale non abbia raggiunto il quinto del capitale, ma non vieta che, anche prima che la riserva legale abbia raggiunto il quinto, il sovrapprezzo sia imputato a capitale; in definitiva anche questa operazione varrebbe ad aumentare la solidità patrimoniale della società, a tutto vantaggio dei soci, dei creditori ed in genere dei terzi;

- riserva azioni proprie: non è utilizzabile, data la natura di posta rettificativa dell'attivo: la legge infatti prevede la sua formazione al fine di controbilanciare il valore di carico delle azioni proprie in portafoglio, con la evidente conseguenza che tale riserva non potrebbe mai rappresentare un plusvalore rispetto al patrimonio esistente. L'art. 2357-ter terzo comma c.c. la battezza dunque non distribuibile «fino a che le azioni proprie non siano trasferite o annullate»;

- riserva ex art. 2359-bis IV comma c.c.: la legge prevede che nel caso di acquisto da parte della società controllata di azioni o quote della società controllante, effettuato ai sensi dei commi I,II,III del citato art. 2359-bis c.c., una riserva indisponibile sia costituita e mantenuta fino a che le azioni o quote acquistate non siano poi trasferite: anche tale riserva è dunque non utilizzabile per l'aumento gratuito;

- riserve da rivalutazione: da alcuni si reputano utilizzabili, nei limiti in cui ciò sia consentito dalla legislazione speciale, tenuto conto che normalmente la normativa prevede il divieto di loro distribuzione, se non a certe condizioni;

- riserve da fusione: sono tali sia quelle liberate in caso di fusione propria, quando il capitale della società risultante è inferiore alla somma dei capitali delle società partecipanti sia quelle che si formano nel caso di fusione per incorporazione di società interamente o parzialmente possedute, con il patrimonio netto della incorporata a cui non corrisponde l'aumento del capitale della incorporante: entrambe si reputano utilizzabili;

- versamenti in conto futuro aumento di capitale e versamenti in conto capitale: pare decisiva l'individuazione della causale per la quale i versamenti senza obbligo di rimborso sono stati effettuati. I secondi (versamenti eseguiti genericamente "in conto capitale") sono senz'altro utilizzabili essendo iscritti tra le poste del netto; per i primi si tratterebbe invece di stabilire se, data la loro particolare causale, si sia mantenuto il collegamento con chi i versamenti ha effettuato, o se invece gli stessi, una volta effettuati siano stati appostati a riserva e siano conseguentemente in tutto e per tutto sottoposti alla medesima disciplina delle altre riserve. Qualora si tratti di "conferimenti anticipati" eseguiti in vista di un futuro aumento di capitale a pagamento, la loro corretta appostazione in bilancio dovrebbe però essere tra le voci del passivo, e ciò giustificherebbe la conclusione del loro trattamento peculiare rispetto a quello delle riserve: l'utilizzo dei versamenti in conto futuro aumento di capitale avverrebbe in definitiva nell'ambito dell'esecuzione di un aumento a pagamento;

- riserve da utili su cambi: ex art. 2426 n. 8-bis c.c. non sono distribuibili fino al momento del realizzo. In sostanza ci si riferisce ad una plusvalenza sperata e non certa che si verificherà solo nel momento in cui il cambio si rivelerà favorevole rispetto all'epoca della iscrizione della riserva. Fino a quel momento la riserva non è utilizzabile per aumentare il capitale;

- riserve ex artt. 6 primo comma lettera b) e secondo comma e 7 D.lgs. 28 febbraio 2005, n. 58 (in materia di principi contabili internazionali): come noto, soggetti obbligati all'applicazione dei principi contabili internazionali nella redazione dei bilanci sono le società quotate, le società che hanno emesso titoli diffusi tra il pubblico pur non essendo quotate, le banche e gli intermediari finanziari, le assicurazioni. Si devono aggiungere ai soggetti obbligati quelli "autorizzati" che pur non essendovi tenuti possono tuttavia scegliere di redigere il bilancio secondo i principi contabili internazionali (ad esempio le società "consolidate" da soggetti obbligati). Espressamente la legge (art. 6 quarto comma D.lgs. 28 febbraio 2005, n. 58) prevede la indisponibilità «anche ai fini dell'imputazione a capitale» delle: i) riserve di patrimonio netto costituite e movimentate in contropartita diretta della valutazione al valore equo di strumenti finanziari e attività (art. 6 primo comma lettera b, D.lgs., 28 febbraio 2005, n. 58); ii) riserve formate con utili corrispondenti alle plusvalenze iscritte nel conto economico, al netto del relativo onere fiscale, e diverse da quelle di cui sopra, che discendono dall'applicazione del criterio del valore equo del patrimonio netto (art. 6 secondo comma D.lgs. 28 febbraio 2005, n. 58); iii) riserve (art. 7 secondo comma D.lgs. 28 febbraio 2005, n. 58) da valutazione relative agli strumenti finanziari disponibili per la vendita e alle attività materiali e immateriali valutate al valore equo in contropartita del patrimonio netto. Sono invece disponibili e dunque immediatamente utilizzabili per l'aumento gratuito le altre riserve di cui all'art. 7 del D.lgs. 58/2005, commi 3, 4, 5, 6. Sono infine utilizzabili a particolari condizioni le riserve di cui al comma 7 del medesimo art. 7. Si rimanda al testo di legge per la loro esatta individuazione.

La delibera e le modalità realizzative

Secondo il dettato del codice, l'aumento può realizzarsi sia mediante l'emissione di nuove azioni che mediante l'aumento del valore nominale di quelle già emesse.

Possono ricorrere nella pratica particolari modalità attuative in relazione a:

- presenza di azioni senza valore nominale: per alcuni in tal caso la delibera di aumento gratuito potrà unicamente prevedere l'emissione di nuove azioni prive di valore nominale (e non anche l'aumento del valore nominale di quelle già in circolazione); mi pare al contrario legittima anche la delibera che si limiti ad aumentare l'importo del capitale (senza emettere nuove azioni e, ovviamente, senza aumentare, se non come effetto indiretto, il valore nominale di quelle in circolazione, che non è espresso), purchè sia seguita dal ritiro dei titoli in circolazione e dalla loro sostituzione con nuovi titoli che riportino l'importo del capitale post aumento gratuito, mentre il numero delle azioni rappresentate dai nuovi certificati sarà lo stesso indicato sui vecchi;

- presenza di clausole statutarie che riservano una determinata quota di utili ai dipendenti, con la facoltà per la società di corrisponderli mediante assegnazione di azioni gratuite (ex art. 2349 c.c.): sono generalmente reputate legittime e comportano che la delibera assemblare (o anche assunta dall'organo delegato ex art. 2443 c.c.) dovrà riservare l'emissione delle nuove azioni ai soggetti beneficiari;

- presenza di azioni proprie: si potrebbe sostenere, sulla base di quanto previsto dalla legge per il caso di aumento a pagamento e spettanza del diritto di opzione, che il risultato dell'aumento gratuito non debba spettare anche alle azioni proprie, dovendo invece essere ripartito tra tutti gli azionisti; tuttavia in assenza di esplicita indicazione contraria, sembrerebbe doversi concludere che del risultato dell'aumento gratuito debba beneficiare anche la società in proporzione al numero di azioni proprie esistente (salvo quanto si dirà in tema di derogabilità del principio di proporzionalità e poteri dell'assemblea che delibera l'aumento gratuito);

- presenza di azioni di godimento: si ritiene che ai titolari di azioni di godimento vadano assegnate azioni ordinarie; altri autori sostengono invece che ai titolari di azioni di godimento vadano assegnate in proporzione altre azioni di godimento con le medesime caratteristiche di quelle in circolazione; infine per un'ultima opinione, ai titolari di azioni di godimento non spetterebbero azioni di alcun tipo; la soluzione è ovviamente influenzata dalla scelta circa la natura delle azioni di godimento e la conseguente qualificazione del rapporto tra società e titolari di tali azioni, per la cui trattazione si rimanda alla dottrina in materia;

- presenza di diritti parziari su azioni: l'art. 2352, III comma c.c. novellato, espressamente prevede che le azioni di nuova emissione saranno assegnate agli azionisti gravate dai diritti dell'usufruttuario, del creditore pignoratizio, del sequestrante già esistenti;

- presenza di obbligazioni convertibili o di warrants: una parte dell'aumento deve essere riservata ai portatori di obbligazioni convertibili o di warrants, al fine di tutelare il diritto di questi soggetti a non vedere potenzialmente diluito il diritto a sottoscrivere azioni in percentuale almeno pari a quella originariamente fissata in occasione della delibera di emissione di obbligazioni o warrants. A tal fine l'art. 2420-bis quinto comma prescrive che in caso di aumento gratuito il rapporto di cambio sia modificato in proporzione alla misura dell'aumento. Ne consegue che qualora l'aumento sia attuato con l'emissione di nuove azioni, sarà aumentato il numero di azioni spettanti in conversione all'obbligazionista, mentre se l'aumento sia attuato intervenendo sul valore nominale delle azioni, il numero delle stesse da attribuire agli obbligazionisti rimarrà immutato. In ogni caso si reputa necessaria la formazione di una riserva indisponibile dedicata alla conversione, con l'avvertenza che, quanto alla sopportazione delle perdite, tale riserva dovrà essere disciplinata come il capitale: in altre parole la perdita intaccherà la riserva per cambio obbligazioni convertibili e il capitale proporzionalmente e non in via successiva;

- volontà dei soci di derogare al principio di proporzionalità previsto dalla legge: pur avvertendo che la dottrina tradizionale è contraria alla derogabilità del principio di proporzionalità (previsto dal secondo periodo del secondo comma dell'art. 2442 c.c.: « … le azioni di nuova emissione … devono essere assegnate gratuitamente agli azionisti in proporzione a quelle da essi già possedute»), mi pare invece che dovrebbe essere possibile derogare a tale principio, senz'altro con delibera assunta da tutti gli azionisti all'unanimità - pur ritenendo che di vera deroga si potrebbe trattare solo una volta che si accedesse all'idea di poterla deliberare a maggioranza - tenuto conto sia della novità della riforma rappresentata dalla possibilità ex art. 2346 quarto comma novellato che, a determinate condizioni, siano eseguiti conferimenti non proporzionali alle azioni ricevute in cambio (sia in sede di costituzione della società ma anche successivamente in occasione dell'aumento del capitale), sia del particolare tipo di aumento di capitale previsto ex art. 2349 c.c. che pure sembrerebbe costituire deroga (anche) al principio di proporzionalità. Tornando alla necessità dell'unanimità di tutti gli azionisti, mi pare si possa valutare con favore la tecnica che, qualora la delibera fosse assunta in assenza di qualche azionista, accordi agli assenti il diritto di aderire o meno all'aumento gratuito non proporzionale entro un termine prestabilito e secondo modalità pure da individuare preventivamente, prevedendo infine le conseguenze della mancata adesione. Altra tecnica consentita per ovviare al difetto di unanimità potrebbe essere quella di prevedere l'aumento gratuito non proporzionale tra le cause di recesso statutarie.

L'esecuzione dell'aumento gratuito, anche prima dell'iscrizione della delibera in Registro imprese

Era opinione comune prima della riforma che l'aumento gratuito avesse efficacia contestuale alla adozione della delibera, con le conseguenze che: i) gli amministratori fossero immediatamente legittimati sia a menzionare il nuovo importo del capitale negli atti e nella corrispondenza della società sia ad emettere le azioni corrispondenti, (al più potendosi discutere degli effetti del diniego di omologa sull'emissione/modifica del valore nominale così avvenute); ii) gli azionisti fossero immediatamente legittimati ad esercitare i propri diritti anche per le azioni di nuova emissione; iii) l'aumento gratuito non fosse revocabile.

Dopo la riforma il discorso è ovviamente influenzato dal nuovo tenore del quinto comma dell'art. 2436 c.c. Si deve premettere che, nonostante il buon funzionamento ormai generalizzato degli uffici preposti ad eseguire le iscrizioni nel Registro delle imprese, tuttavia il problema continua a presentare notevole incidenza nella pratica. Sono ormai note le tesi espresse dalla dottrina al riguardo e dunque non mi soffermerò ad illustrarle. Al fine di mantenere ferme le conclusioni raggiunte pre riforma, vorrei invece tentare di applicare alla questione la teoria - che direi oggi maggioritaria - che vede nell'iscrizione condicio juris della delibera adottata, magari con effetti retroattivi una volta avvenuta l'iscrizione. In tal caso, qualora si riconoscesse efficacia retroattiva alla iscrizione e dunque la delibera modificativa acquistasse immediata efficacia: i) gli amministratori potrebbero dirsi legittimati ad emettere immediatamente le azioni/variare immediatamente il loro valore nominale; ii) gli azionisti a loro volta sarebbero legittimati sia ad esercitare i propri diritti anche per le azioni di nuova emissione sia a disporne in favore di soggetti terzi, il tutto in base ai principi in materia di negozi condizionati (art. 1357 c.c.).

Rimane aperta la questione della sorte dell'aumento gratuito, per il caso in cui l'iscrizione non dovesse seguire alla delibera, per rifiuto dell'omologa notarile. A tal fine potrebbe essere a mio avviso utile - e ovviamente la tecnica di redazione del verbale potrebbe utilizzarsi in ogni caso in cui la delibera modificativa debba avere una efficacia immediata nei rapporti interni alla società o anche all'esterno - non solo menzionare nel verbale che la delibera assunta è sottoposta alla condizione dell'iscrizione nel Registro delle imprese ma anche inserire nel verbale l'attestazione del notaio, riportata in calce al verbale prima delle firme, circa la inesistenza, con riferimento alla delibera appena assunta, di cause ostative all'iscrizione in Registro imprese.

Il bilancio di riferimento

In assenza di una previsione espressa di legge, si deve ritenere che l'aumento gratuito del capitale possa validamente deliberarsi sulla base dell'ultimo bilancio approvato: questa conclusione presenta almeno due eccezioni, ricorrendo le quali dovrà dunque predisporsi un bilancio infrannuale straordinario: i) aumento gratuito deliberato da una società che non abbia ancora approvato il suo primo bilancio; ii) utilizzo di riserve sorte dopo la data di riferimento dell'ultimo bilancio approvato (ad es. utili in formazione). Mi pare che questa opinione sia preferibile rispetto alla contraria opinione più restrittiva che reputa necessaria in ogni caso la predisposizione, quale corredo documentale della delibera di aumento gratuito, di una situazione patrimoniale aggiornata, al riguardo dovendosi stabilire da un lato quale forma minima debba rivestire tale situazione patrimoniale (si va dalla tesi che reputa necessaria la stessa struttura del bilancio di esercizio a quella che invece ritiene sufficiente uno stato patrimoniale semplice, purchè risultino con chiarezza tutte le voci del netto) e dell'altro quale debba essere la data di aggiornamento della stessa (tradizionalmente sulla base di una tralaticia opinione di origine giurisprudenziale, si reputa sufficiente un aggiornamento a quattro mesi, argomentando sia dal termine di legge entro il quale approvare ritualmente il bilancio d'esercizio sia dalla normativa in tema di fusione).

È consigliabile invece predisporre in sede di informativa pre assembleare o almeno assembleare una relazione (che ovviamente potrà essere sostituita da una attestazione resa nel corso dell'assemblea) dell'organo amministrativo circa la sussistenza, anche dopo la chiusura dell'esercizio al quale l'ultimo bilancio si riferisce, delle condizioni per assumere la delibera di aumento e dunque sia la persistenza della riserva che si propone di utilizzare nel suo ammontare fissato dal bilancio di esercizio, sia la circostanza che dalla data di chiusura dell'esercizio fino alla data della assemblea chiamata a deliberare l'aumento non si sono verificate perdite tali da intaccare quella riserva.

L'applicazione dell'art. 2438 c.c. all'aumento gratuito

Per alcuni autori l'art. 2438 è applicabile anche all'aumento gratuito, stante la genericità della prescrizione di legge: «un aumento di capitale non può essere eseguito fino a che le azioni precedentemente emesse non siano interamente liberate». Volendo accogliere questa tesi, il verbale dovrà riportare, per dichiarazione almeno del Presidente della riunione, anche l'attestazione che tutte le azioni emesse sono interamente liberate.

Per altri l'art. 2438 non è invece applicabile, stante la ratio del divieto - individuata, in base al secondo comma del medesimo articolo, nella tutela dei soci e dei creditori rispettivamente a non vedere pregiudicato il proprio investimento ed a non vedere formato fittiziamente il capitale - in quanto l'aumento gratuito non comporta la raccolta di nuove risorse ma invece la appostazione a capitale (con l'applicazione delle regole vincolistiche che ciò comporta) di risorse già esistenti all'interno della società.

Gli aumenti misti

Si discute se, nel caso di aumento in parte a pagamento ed in parte con imputazione di riserve, l'aumento a pagamento debba necessariamente seguire o possa invece anche precedere l'aumento gratuito.

Per la dottrina dominante l'aumento misto è legittimo solo se l'aumento gratuito precede quello a pagamento, considerando intangibile il diritto di ciascun azionista a ricevere azioni derivanti dall'aumento gratuito fermo il suo diritto di decidere se sottoscrivere o meno l'aumento a pagamento. Non pare dunque percorribile la diversa strada di porre l'esito della sottoscrizione dell'aumento a pagamento quale base per la distribuzione delle azioni (o dell'aumento del valore nominale di quelle risultanti dopo l'esecuzione dell'aumento a pagamento) emesse a seguito dell'aumento gratuito.

La delega agli amministratori ex art. 2443 c.c. per deliberare l'aumento gratuito

Senz'altro è ammissibile la clausola statutaria che espressamente delega, nei limiti di legge, all'organo amministrativo la facoltà di aumentare il capitale a titolo gratuito, preventivamente individuando le riserve utilizzabili a tal fine.

Direi che è legittima anche la clausola che, nell'ambito della delega ad aumentare il capitale a titolo gratuito, attribuisce altresì all'organo amministrativo la scelta delle riserve e dei fondi utilizzabili a tal fine: anzi questa tecnica appare preferibile rispetto alla prima , in quanto consente all'organo delegato una maggior flessibilità operativa, tenendo conto che la delibera di aumento potrebbe in concreto seguire di qualche anno la delibera di delega.

Meno certo è che l'organo amministrativo, in presenza di una delega generica ad aumentare il capitale, possa deliberare anche l'aumento a titolo gratuito, anche se la soluzione affermativa appare preferibile.

L'aumento gratuito e la contestuale delibera di emissione di obbligazioni

Prima della riforma si discuteva circa la legittimità della delibera contestuale di aumento gratuito del capitale seguita dalla delibera di emissione di obbligazioni. Il punto era quello di stabilire se la misura del capitale post aumento, valesse a costituire il limite all'emissione delle obbligazioni o se invece si dovesse avere riguardo ancora al capitale precedente. Si risolveva il problema approvando in assemblea un bilancio straordinario che rilevasse il nuovo importo del capitale post aumento, così consentendo che tale nuovo importo fungesse da base per la delibera di emissione delle obbligazioni. Dopo la riforma, stante il nuovo limite all'emissione delle obbligazioni - costituito non più dal solo capitale ma bensì dal (doppio del) capitale maggiorato delle riserve legale e disponibili - il problema non pare più porsi, dato che l'aumento gratuito non farebbe altro che spostare le riserve disponibili (già rilevanti di per sé al fine di stabilire l'importo massimo del prestito obbligazionario) a capitale.

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