Gli aumenti di capitale in materia di Srl: alcune specifiche questioni
Gli aumenti di capitale in materia di Srl: alcune specifiche questioni
di Salvatore Mariconda
Notaio in Genzano di Roma
Introduzione. I diritti particolari
L'aumento di capitale in presenza di soci titolari di diritti particolari e la delega all'organo amministrativo dell'aumento di capitale sono temi nuovi posti dalla riforma del diritto societario in materia di Srl e verranno qui sviluppati con specifica attenzione ai profili più strettamente attinenti all'attività notarile.
La necessità di avere una guida sicura alla soluzione delle questioni che si pongono in materia di aumento del capitale in presenza di soci titolari di diritti particolari impone alcune brevi considerazioni di carattere introduttivo.
L'articolo 2468, terzo comma, c.c., che prevede la possibilità che vengano attribuiti a singoli soci diritti particolari riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili, stabilisce che, salva diversa previsione dell'atto costitutivo, eventuali modifiche a tali diritti devono essere decise con il consenso di tutti i soci.
Il legislatore, nel tratteggiare un modello di Srl elastico e con ampia autonomia riconosciuta ai soci nel definirne l'organizzazione, ha voluto consentire di dare rilievo a peculiari caratteristiche personali di alcuni di essi o comunque garantire la possibilità di ancorare a determinate partecipazioni specifiche prerogative nel campo dell'amministrazione della società ovvero della acquisizione degli utili prodotti attraverso lo svolgimento dell'attività.
Nel caso in cui siano stati attribuiti diritti particolari, è necessario valutare se tali prerogative siano riconducibili all'individuo che ne è titolare, in quanto legate alla sua posizione nel contratto costitutivo della società, ovvero se esse, ancorchè riferite alla posizione individuale di uno o più soci, siano comunque attinenti al profilo dell'organizzazione della società. è di tutta evidenza come la scelta tra le due possibilità prospettate sia dirimente ai fini di offrire risposte alle molteplici questioni pratiche che si possono porre in presenza di diritti particolari e, nel nostro caso, alle questioni in tema di aumento di capitale in presenza di soci titolari di tali diritti.
L'analisi, anche sistematica, dell'articolo 2468 c.c. ci induce ad escludere che i diritti particolari siano annoverabili nella categoria dei diritti individuali, e cioè quei diritti che appartengono ai soci per il semplice fatto di essere membri della società (diritti generali di socio) o che, addirittura, appartengono solo ad alcuni, personalmente (diritti speciali di socio), perchè così stabilito nel contratto di costituzione della società, e che sono modificabili esclusivamente con il consenso del titolare, in quanto legati alla sua posizione individuale nel contratto di società e quindi non sottoposti alle regole della organizzazione sociale [nota 1].
La norma in questione, infatti, contribuisce a collocare i diritti particolari proprio nel diverso ambito della organizzazione della società, con tutte le conseguenze che da tale collocazione derivano.
In primo luogo si deve osservare che la previsione della necessaria unanimità per la modifica dei diritti particolari, lungi dal determinare una loro "individualità", li sottopone al controllo da parte di tutti i soci che partecipano all'iniziativa imprenditoriale. Una modifica dei diritti particolari, anche con il consenso del socio titolare degli stessi, non sarebbe possibile nel caso di opposizione da parte di uno degli altri soci, anche non titolare di tali diritti.
È evidente quindi che l'attribuzione di specifiche prerogative al socio non si può ricondurre esclusivamente alla sua sfera personale, ma diviene un elemento dell'organizzazione di quella società, rilevante non solo per il titolare ma per tutti i soggetti che fanno parte dell'organizzazione, al punto che ciascuno di essi può paralizzare la modifica proprio perchè essa costituirebbe un sovvertimento di quella organizzazione di interesse comune [nota 2].
Altro argomento particolarmente significativo è dato dalla possibilità di prevedere che la modifica dei diritti particolari avvenga a maggioranza, e quindi anche contro la volontà del soggetto titolare; in questo caso egli neppure avrebbe il diritto di recesso previsto dall'articolo 2473, primo comma c.c., per le modifiche "indirette" dei diritti particolari e non in relazione ad una delibera che, sul presupposto che ciò sia consentito dalla deroga alla regola dell'unanimità resa ammissibile dall'articolo 2468 c.c., sia finalizzata direttamente a modificare o sopprimere il diritto particolare [nota 3].
Si può infine osservare come le vicende dell'amministrazione della società e della distribuzione degli utili siano riconducibili all'ambito del funzionamento del gruppo più che a quello della posizione del singolo.
Diritti particolari ed aumento oneroso
L'attinenza al profilo organizzativo della società piuttosto che alla posizione individuale del singolo socio costituisce un punto di riferimento per la soluzione delle diverse questioni che si possono porre in tema di aumento di capitale.
La fattispecie dalla quale è opportuno procedere è quella più semplice, direi fisiologica, dell'aumento oneroso in presenza di soci con diritti particolari. Il titolare di tali diritti potrà decidere di sottoscrivere l'aumento di capitale, con la conseguenza che la sua quota di partecipazione rimarrà inalterata o, addirittura, in caso di mancata sottoscrizione da parte di altri soci, potrà accrescersi.
Data la varietà di diritti particolari concepibili ed anche le numerose modalità di collegamento con la quota detenuta, non è possibile analizzare tutte le diverse fattispecie ipotizzabili e basterà porre il principio per cui i diritti particolari, se fissati in proporzione alla partecipazione, si estendono alla nuova quota sottoscritta nel caso in cui il socio, in occasione dell'aumento di capitale, mantenga inalterata la sua quota di partecipazione. Si pensi, ad esempio, all'ipotesi di un privilegio nella distribuzione degli utili che si estenderà anche alla nuova quota sottoscritta.
Più complesso è il discorso nel caso in cui, a seguito dell'aumento di capitale, la partecipazione del socio titolare di diritti particolari si accresce. è chiaro che nessun problema si pone ove il diritto particolare prescinda dalla misura della partecipazione (ad esempio nominare uno o più amministratori indipendentemente dalla quota posseduta); se, invece, la misura del diritto è collegata alla quota di partecipazione, potrebbe essere utile stabilire, in sede di attribuzione del diritto medesimo, se esso possa estendersi o meno alla maggior quota eventualmente acquisita dal socio che ne è titolare.
Nel caso in cui, invece, il socio titolare di diritti particolari decida di non esercitare il diritto di sottoscrivere l'aumento, le quote eventualmente sottoscritte da terzi non porteranno al nuovo sottoscrittore diritti particolari.
Una ulteriore, diversa, fattispecie è quella della cessione del diritto di sottoscrizione, che ci conduce al tema più generale della cessione delle quote dotate di diritti particolari.
Si tratta infatti di verificare se tali diritti siano necessariamente legati al soggetto che ne è titolare ovvero possano essere resi inerenti alla quota di Srl cui afferiscono.
Nessun dubbio sul fatto che, se nulla di specifico è previsto, i diritti particolari si devono ritenere collegati alla persona del socio e quindi, in caso di cessione, sono destinati ad estinguersi, conclusione del resto già raggiunta dalla dottrina ante riforma affrontando l'analoga questione in materia di società di persone.
L'indagine però deve proseguire per valutare se, con una espressa previsione in tal senso, si possa decidere di legare determinate prerogative alla quota, indipendentemente dalla persona che ne sia titolare. Contro questa possibilità, secondo alcuni autori, sarebbe la tipologia stessa della Srl, nella quale appare difficile immaginare l'esistenza di "quote speciali"; questa impostazione sembra però non tener conto delle significative novità introdotte dalla riforma, che ha aperto all'autonomia privata spazi estremamente vasti, con la conseguenza di rendere difficilmente ipotizzabile che per le quote di Srl siano stabilite in modo vincolante norme più rigide rispetto a quelle dettate per le azioni [nota 4].
A ciò si aggiunga, solo per anticipare il tema che verrà successivamente trattato, che l'argomento secondo il quale la Srl costituirebbe uno schema che, riferendosi ad una base sociale più ristretta, non dovrebbe consentire l'emissione di quote speciali, rende difficile giustificare le ragioni della nuova previsione della facoltà di delegare l'aumento di capitale all'organo amministrativo, anch'essa tradizionalmente riconducibile a schemi societari più complessi.
Lo spazio indubbiamente riconosciuto all'autonomia privata e le considerazioni svolte in ordine alla valenza organizzativa delle previsioni in tema di diritti particolari orientano quindi verso la ammissibilità di un loro eventuale collegamento con le quote sociali anzichè con il soggetto titolare, con gli ovvi riflessi in ordine alle fattispecie della cessione del diritto di sottoscrizione e della cessione della quota a terzi nel caso in cui il diritto particolare, per espressa volontà in tal senso, sia stato reso oggettivamente inerente alla quota e non semplicemente legato alla persona del titolare.
L'aumento di capitale, sul presupposto della avvenuta esecuzione di tutti i passaggi richiesti ai fini della assunzione di una tale delibera, potrebbe poi prevedere l'esclusione del diritto di sottoscrizione.
In questo caso, non si verifica una modifica di tipo programmatico del diritto particolare, che rimane inalterato per il futuro, ma dalla delibera deriva soltanto un effetto indiretto sul socio titolare dei diritti particolari, consistente nella eventuale riduzione della misura della sua quota di partecipazione, con la conseguenza di rendere operativa la previsione dell'articolo 2473 c.c., che riconosce al socio la facoltà di esercitare il diritto di recesso [nota 5].
Un'ultima annotazione è opportuna per le ipotesi di aumento di capitale quale effetto di operazioni di fusione o scissione; in tal caso le considerazioni appena svolte possono essere ribadite in quanto l'operazione straordinaria può produrre un'analoga modifica indiretta della posizione del socio titolare di diritti particolari e pertanto lo legittima al recesso [nota 6].
Diritti particolari ed aumento gratuito
Passando alla fattispecie dell'aumento gratuito, l'ipotesi che si pone certamente in primo piano è quella dell'accantonamento di utili a riserva e successiva imputazione a capitale in presenza di un socio con privilegio nella ripartizione degli utili.
Appare necessario, al fine di procedere con ordine, distinguere due momenti: in prima battuta, quello dell'accantonamento dell'utile e, successivamente, quello della imputazione della riserva, così costituita, a capitale.
Nella prima fase, quella dell'accantonamento, il socio potrebbe rinunciare al suo privilegio acconsentendo alla pura e semplice imputazione a riserva, senza ulteriori specificazioni; la delibera potrà essere presa a maggioranza in quanto non determina una modifica programmatica del diritto particolare, che continuerà a valere per il futuro, ma semplicemente una rinuncia "una tantum" al privilegio da parte del socio, il cui consenso sarà pertanto necessario.
La riserva così formata spetterà infatti a tutti i soci in proporzione alla partecipazione di ciascuno al capitale e quindi senza privilegi a favore di alcuno.
In mancanza di una clausola statutaria che legittimi il socio a pretendere la sua quota privilegiata di utile, la maggioranza, anche senza il consenso del socio titolare del diritto particolare, potrebbe decidere di non distribuire l'utile imputandolo a riserva. La previsione di un diritto particolare nella acquisizione degli utili non può infatti incidere sul principio generale per cui l'assemblea è libera di distribuire o meno gli utili, fatta salva l'applicazione del principio di buone fede.
In questo caso ritengo che l'esigenza di protezione dell'interesse del socio titolare del diritto particolare imponga che la riserva così costituita debba essere "targata" [nota 7], in quanto dovrà rivelare la maggior quota spettante al socio privilegiato rispetto agli altri, con le naturali conseguenze in sede di distribuzione della riserva ovvero al momento della liquidazione della società, fasi nelle quali il privilegio potrà essere fatto valere.
Laddove, però, e qui passiamo alla seconda fase, si dovesse decidere di imputare tale riserva "targata" a capitale, si aprirà la questione, particolarmente complessa, della derogabilità o meno del principio di proporzionalità posto dall'articolo 2481-ter, secondo comma, c.c.
Parte della dottrina [nota 8], sul presupposto che l'aumento gratuito postuli «la perdita di ogni collegamento con la posta utilizzata e coloro che contribuirono a formarla», nega la possibilità di deroga alla previsione dell'articolo 2481-ter, secondo comma, c.c.; conseguentemente la delibera di aumento gratuito, pur potendo essere presa a maggioranza, necessiterà del consenso del socio titolare del diritto particolare che, per effetto di tale decisione, si vede sottratto il privilegio sugli utili ancora testimoniato dalla riserva "targata".
Ove il socio titolare del diritto particolare non presti il suo consenso, ritengo che l'aumento gratuito possa essere eseguito solo previa attribuzione al medesimo della sua quota privilegiata di utili. è evidente, infatti, che il diritto particolare, visto nella astratta previsione statutaria è, come detto, legato alla vicenda organizzativa della società, ma quando esso si concretizza, come nel caso del diritto a percepire una somma di denaro qui preso in esame, diviene un diritto individuale a tutti gli effetti e quindi sottratto ai meccanismi decisionali della società e disponibile soltanto dal soggetto che ne è titolare.
Altri autori [nota 9] optano invece per la derogabilità della previsione dell'art. 2481-ter, secondo comma, c.c., seppure all'unanimità; con il consenso di tutti i soci sarebbe consentito imputare a capitale la riserva non proporzionalmente, con ciò riconoscendo il privilegio al socio titolare del diritto particolare ed allo stesso tempo accrescendo la misura della sua partecipazione.
L'aumento delegato nelle Srl: limiti e modalità
Passando al tema dell'aumento delegato nelle Srl va subito rilevato che, in tale tipo di società, la possibilità di attribuire all'organo amministrativo la facoltà di aumentare il capitale non era prevista dalla disciplina ante riforma. Il mancato richiamo dell'articolo 2443 c.c., norma dettata per disciplinare la delega nelle SpA, era ritenuto coerente con la struttura stessa della Srl, priva di una base sociale diffusa che giustificasse la deroga alla competenza assembleare in tema di aumento di capitale.
La nuova previsione dell'articolo 2481, primo comma, c.c. rende ora necessaria una riflessione sulle caratteristiche che la delega all'aumento di capitale assume nel tipo Srl.
Tale riflessione non può prescindere dalla considerazione dello spazio ampio che il legislatore ha voluto lasciare ai soci nel fissare le regole organizzative nella Srl, che si presenta nella fattispecie di cui all'articolo 2481 c.c. sotto forma di minori vincoli rispetto alla analoga norma dettata in materia di SpA.
La valutazione circa il significato da attribuire alla espressione "limiti e modalità" che l'assemblea deve fissare in sede di attribuzione della delega all'organo amministrativo, va effettuata collocando sistematicamente l'articolo 2481 c.c. nell'ambito dei rapporti tra i due organi nella Srl.
È chiaro, infatti, che, se si ritiene che la norma in questione rappresenti un'eccezione al principio di ripartizione delle competenze, essa andrà interpretata in senso restrittivo; se, come ritengo più corretto, si considera la disposizione come volta a creare in materia di aumento di capitale una competenza concorrente in capo all'organo amministrativo, lo spazio lasciato aperto sia in sede di attribuzione di poteri da parte dell'assemblea che, ancor di più, nella fase di esercizio della facoltà di delega da parte dell'organo amministrativo, sarà molto più ampio [nota 10].
La lettura preferibile dell'articolo 2481 c.c. è quindi nel senso di considerarlo quale una deroga strutturale alla necessaria competenza assembleare per la decisione di aumento di capitale; il legislatore ha infatti voluto prevedere, anche in una società a ristretta base sociale, che non conosce esigenze di collocazione sul mercato delle partecipazioni, una vera e propria competenza concorrente dell'organo amministrativo, e ciò appare coerente con la volontà di configurare il tipo Srl quale strumento duttile, idoneo anche a consentire di organizzare le rispettive competenze dell'organo assembleare e di quello amministrativo in tema di aumento di capitale con le modalità ritenute più utili al perseguimento dell'oggetto sociale.
Tale potenzialità dello schema Srl verrà presumibilmente utilizzata nelle società con base sociale più ampia e nelle quali, ovviamente, vi sia una diversificazione tra soci ed amministratori.
Partendo dalla affermazione di una competenza "forte" in capo all'organo amministrativo delegato all'aumento disporremo di un punto di riferimento utile per affrontare le principali questioni che si pongono nell'interpretazione dell'articolo 2481 c.c.
In primo luogo, la definizione della espressione "limiti e modalità", in esso contenuta, e, in secondo luogo, l'individuazione dei poteri dell'organo amministrativo in relazione a tutte le possibili modalità di esecuzione dell'aumento nel caso in cui l'assemblea non abbia impartito direttive vincolanti.
Sulla prima questione si può rilevare come la formulazione dell'articolo 2481 c.c., certamente più ampia di quella risultante dall'articolo 2443 c.c., ed in genere la maggiore elasticità dello schema della Srl, inducono a propendere per un'interpretazione meno rigida in tema di vincoli imposti dall'assemblea all'organo amministrativo al momento della delega.
La configurabilità di una competenza concorrente dell'organo amministrativo in tema di aumento di capitale va comunque raccordata con la previsione dei "limiti e modalità" di cui all'articolo 2481 c.c.; la possibilità di attribuire una delega in bianco sembra preclusa proprio dalla formulazione della nuova norma.
Il fatto che l'assemblea possa fissare limiti ed indicare modalità dell'aumento è infatti indiscutibile a prescindere dalla previsione della norma citata e pertanto, se a tale previsione si vuole dare un significato, si deve concludere che è posta affinchè la competenza attribuita all'organo amministrativo a deliberare l'aumento di capitale non sia generica e senza confini, ma abbia comunque un ambito entro il quale essere esercitata [nota 11].
In linea generale si deve ritenere che l'espressione "limiti" vada riferita alle indicazioni dell'assemblea sul periodo di tempo entro il quale l'organo amministrativo può esercitare la facoltà di aumentare il capitale nonchè all'ammontare dell'aumento; quanto alle "modalità", solo a titolo esemplificativo, le direttive dell'assemblea potrebbero attenere all'eventuale scindibilità dell'aumento, alla sua onerosità o gratuità, ovvero ancora alla fissazione di un sovrapprezzo ed ai criteri per determinarlo.
Nell'articolo 2481 c.c. manca la previsione del limite di cinque anni di cui all'articolo 2443 c.c. e questo ci consente di ritenere ammissibile la fissazione di un limite di tempo anche più ampio, purchè ragionevole, eventualmente anche certus an ma incertus quando [nota 12].
Quanto all'ammontare dell'aumento potrebbe anche essere determinabile sulla base di parametri prefissati, magari riferendosi ad una percentuale del capitale esistente al momento dell'aumento, in modo tale che non si consumi il potere dell'organo amministrativo ove l'assemblea, nel periodo di vigenza della delega, abbia deliberato essa stessa un aumento.
Per la stessa ragione, e cioè evitare la consumazione del potere in capo agli amministratori in caso di decisione assembleare, potrebbe essere opportuno in sede di attribuzione della delega conferire all'organo amministrativo la facoltà di procedere ad un aumento "di euro" e non "fino ad euro" [nota 13].
A questo punto è opportuno giungere ad una conclusione in ordine alle questioni, con ovvi risvolti pratici per l'attività notarile, della possibile ampiezza della delega conferita dall'assemblea.
Da un lato la competenza concorrente dell'organo amministrativo, dall'altro la difficoltà di ammettere una delega "in bianco": tra questi due poli la migliore conclusione, in coerenza con le considerazioni svolte in relazione alla necessaria duttilità della organizzazione nel tipo Srl, sembra quella di riconoscere la conferibilità di una delega estremamente ampia all'organo amministrativo, che preveda esclusivamente limiti giustificati dall'esigenza di garantire un minimo di certezza in ordine all'esercizio della delega medesima.
I requisiti minimi che la delega deve obbligatoriamente avere sembrerebbero pertanto attenere al tempo entro il quale esercitare la facoltà ed all'importo dell'aumento, che deve essere almeno determinabile.
Specialmente nel caso di aumento oneroso, la facoltà di deliberarlo attribuita all'organo amministrativo comporta la possibilità di incidere in modo significativo sulla posizione dei soci, chiamati ad un nuovo esborso di denaro per mantenere la loro posizione all'interno della compagine sociale, con la conseguente necessità di stabilire dei limiti di importo e delimitare nel tempo tale facoltà.
Al di là di tali indicazioni, che appaiono necessarie, l'assemblea potrebbe non fissare ulteriori requisiti dell'aumento, lasciando agli amministratori la scelta delle migliori modalità attraverso le quali procedere; si deve ritenere quindi che il legislatore abbia voluto delineare la struttura della Srl in modo talmente elastico da consentire ai soci di lasciare tutto lo spazio possibile all'organo amministrativo nel valutare, fatti salvi i limiti di cui si è detto, i tempi ed i modi più opportuni per acquisire nuove risorse alla società ovvero, nel caso di aumento gratuito, imputare al capitale risorse già esistenti ma destinate a riserva.
Data la molteplicità delle forme che la Srl tratteggiata dalla riforma può assumere, è difficile tracciare i casi concreti nei quali tale potenzialità del tipo potrà essere sviluppata, ma di certo, come detto, ciò avverrà più facilmente, e per ovvie ragioni, nelle Srl più strutturate, nelle quali esista una differenziazione più marcata tra base sociale ed amministratori.
Descrivendo i limiti minimi che la delibera di delega deve avere nelle Srl abbiamo sviluppato solo sotto un profilo le tematiche proposte dall'articolo 2481, primo comma, c.c.; va infatti considerato un secondo aspetto, anch'esso di stretta attinenza con l'attività notarile, e cioè la valutazione di quali siano i poteri degli amministratori nel caso in cui la delega contenga soltanto le prescrizioni minime di tempo e di importo di cui abbiamo detto.
Ebbene, anche sotto questo secondo profilo, si deve ritenere che i poteri dell'organo amministrativo debbano essere molto ampi. Gli amministratori potranno decidere se procedere ad un aumento oneroso o gratuito, se prevedere la scindibilità per l'aumento oneroso ovvero, per il medesimo, fissare un sovrapprezzo, stabilire quali riserve tra quelle disponibili destinare all'aumento gratuito; potranno, se tale possibilità è prevista dallo statuto, decidere se collocare o meno la parte di aumento oneroso non sottoscritta presso terzi.
Se si interpreta l'articolo 2481 c.c. nel senso precedentemente esposto, e cioè quale norma orientata a consentire la creazione di una competenza concorrente in capo all'organo amministrativo in materia di aumento di capitale, non si può che propendere per il riconoscimento delle più ampie facoltà per gli amministratori, tali da legittimarli a tutte le scelte sopra elencate nonchè alla determinazione delle possibili modalità dell'aumento. Resta ovviamente ferma sia la possibilità per l'assemblea di fissare limiti più rigorosi ai poteri delegati agli amministratori, sia quella di revocare la delibera attributiva di tali poteri. Rimane, infatti, in capo all'assemblea sia la legittimazione a deliberare l'aumento, della quale i soci non si sono spogliati, avendo semplicemente creato una competenza concorrente in capo agli amministratori, sia la possibilità di revocare la delega ove non sia considerato più utile per la società il riconoscimento di tale facoltà agli amministratori.
Aumento delegato ed esclusione del diritto di sottoscrizione
Nel quadro dei rapporti tra soci ed organo amministrativo che abbiamo delineato, è necessario un approfondimento per l'ipotesi di aumento oneroso del capitale con esclusione del diritto di sottoscrizione.
Data per scontata l'esistenza dei presupposti statutari, si deve ritenere che, considerato l'effetto dirompente nei rapporti di forza all'interno della società che tale delibera può determinare, la competenza alla decisione di sopprimere il diritto di sottoscrizione debba rimanere dell'assemblea e non possa essere rimessa alla valutazione dell'organo amministrativo. Ciò non vuol dire che un aumento con tali caratteristiche non possa essere oggetto di delega, ma soltanto che la delega dovrà contenere la previsione specifica della facoltà per gli amministratori di aumentare il capitale sopprimendo il diritto di sottoscrizione. In assenza di una previsione in tal senso si deve escludere infatti la possibilità per gli amministratori di sopprimere il diritto di sottoscrizione.
La delibera assunta dall'organo amministrativo, debitamente autorizzato dall'assemblea ad escludere il diritto di sottoscrizione, apre questioni estremamente complesse in ordine alle modalità attraverso le quali i soci possono esercitare il diritto di recesso loro riconosciuto in questa ipotesi, ma ciò non sembra una valida motivazione per escludere la legittimità della delega all'organo amministrativo di un aumento con tale caratteristica.
Sulle modalità per l'esercizio del diritto di recesso le opinioni in dottrina sono molteplici: alcuni autori ritengono che il diritto di recesso nasca per effetto della delibera assembleare attributiva della delega mentre altri riconducono la facoltà di uscita dalla compagine sociale alla delibera dell'organo amministrativo di aumento del capitale [nota 14]. In quest'ultimo caso da alcuni si sostiene che il diritto spetterebbe ai soli soci non amministratori in quanto non partecipi della decisione [nota 15]; altri, infine, affermano che la delega sarebbe ammissibile solo previa introduzione di una clausola statutaria che preveda un diritto di recesso convenzionale nella fattispecie in esame.
Sul punto a me sembra che la delibera che legittima il socio al diritto di recesso non possa essere quella attributiva della delega, in quanto con essa non si produce l'effetto che giustifica la facoltà di exit per il socio; tale diritto spetterà nel momento in cui l'organo amministrativo, nell'esercizio del potere attribuitogli con la delega, delibera l'aumento di capitale con esclusione del diritto di sottoscrizione.
Quanto ai soggetti legittimati ad esercitare il diritto di recesso, ritengo che debbano essere i soci che non hanno votato a favore della attribuzione della facoltà agli amministratori di deliberare l'aumento di capitale con esclusione del diritto di sottoscrizione, direi anche se rivestono la qualità di amministratori ed anche se hanno votato a favore in sede di delibera dell'organo amministrativo, poichè si deve tenere conto del diverso ruolo nel quale hanno assunto quella decisione. In linea teorica si potrebbe infatti concepire una delibera di aumento di capitale con esclusione del diritto di sottoscrizione particolarmente vantaggiosa per la società che, quindi, gli amministratori hanno il dovere di assumere, ma non altrettanto conveniente per il socio che, in tale veste, potrà decidere di esercitare il diritto di recesso.
Tale ricostruzione tiene conto del fatto che l'evento che origina il diritto di exit è la delibera di aumento di capitale assunta dall'organo amministrativo, mentre il momento in cui il socio può tutelare la propria posizione all'interno della compagine sociale e, nel caso sia in minoranza, maturare almeno il diritto di recedere dalla società, è da collocare al momento della assunzione della decisione di attribuire all'organo amministrativo la facoltà di aumentare il capitale, con il riconoscimento del rilevante potere di farlo senza rispettare la proporzionalità tra i soci nell'offerta delle quote da emettere a fronte dell'aumento.
Modalità di assunzione della delibera e verbalizzazione
Le ultime considerazioni devono essere sviluppate con riguardo alle modalità con le quali la delibera di aumento deve essere assunta, anche tenuto conto delle molteplici possibilità che la riforma ha riconosciuto in tema di articolazione dell'organo amministrativo nelle Srl.
Nessun problema nel caso in cui vi sia un amministratore unico poichè in tal caso sarà questi, attraverso una sua determinazione, ad aumentare il capitale.
Nel caso di organo amministrativo pluripersonale è opportuno tenere conto della disposizione dettata dall'articolo 2479, quarto comma, c.c., che prevede per le modifiche statutarie la necessità di una delibera assembleare adottata in forma collegiale. Sembra che tale norma debba operare anche nell'ipotesi di aumento di capitale deliberato dagli amministratori per il quale, poi, è specificamente dettato l'articolo 2475, ultimo comma, c.c., che attribuisce all' "organo amministrativo" la competenza a deliberare l'aumento di capitale ai sensi dell'articolo 2481 c.c.
È chiaro che nessun dubbio sorge in ordine alla competenza alla delibera nell'ipotesi in cui vi sia un consiglio di amministrazione, così come con certezza si può dire che non è ammissibile l'attribuzione della facoltà di decidere l'aumento di capitale ad un amministratore delegato.
Più complessa appare la questione nell'ipotesi in cui la Srl abbia un organo amministrativo pluripersonale con poteri disgiunti o, addirittura, regolato con richiamo alle norme dettate in materia di società di persone (articoli 2257 - 2258 c.c.).
La conclusione nel senso di escludere l'ammissibilità della delega in queste ipotesi non mi sembra condivisibile; tenuto conto del complessivo impianto normativo e della specifica previsione dell'articolo 2481, primo comma, c.c., che prescrive la verbalizzazione notarile della decisione degli amministratori, la migliore soluzione appare quella di considerare necessaria, a prescindere dal modello di amministrazione prescelto dalla società, la collegialità della decisione, con relativa verbalizzazione notarile [nota 16].
Vengono in questo modo risolte anche le difficoltà sotto il profilo della documentazione della delibera, resa necessaria dalla disposizione sopra citata, che deriverebbero da una decisione presa attraverso il consenso degli amministratori manifestato in tempi e luoghi diversi.
La decisione di aumento, che dovrà quindi essere assunta collegialmente, risulterà da verbale notarile e dovrà essere iscritta nel Registro delle imprese ai sensi dell'articolo 2436 c.c.; il verbale, recita l'articolo 2481 c.c., deve essere redatto "senza indugio" il che sembrerebbe riconoscere la possibilità di procedere alla stesura differita, così come del resto riconosciuto per l'ipotesi della verbalizzazione delle delibere assembleari.
[nota 1] A. MIGNOLI, Le assemblee speciali, Milano, 1960, p. 180.
[nota 2] A. DACCO', I diritti particolari del socio nelle Srl, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum G.F. Campobasso diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, III, Torino - Milano, 2007, p. 407.
[nota 3] Per la tesi della rilevanza organizzativa del diritto particolare G. OPPO, «Patto sociale, patti collaterali e qualità di socio nella società per azioni riformata», in Riv. dir. civ., II, 2004, p. 60 e ss., A. DACCO', op. cit., p. 410.
[nota 4] Contro la possibilità di creare categorie di quote alla luce della nuova disciplina, M. STELLA RICHTER in Diritto delle società di capitali, Manuale breve, Milano, 2003, p. 188, a favore vedi M. NOTARI, «Diritti particolari dei soci e categorie speciali di partecipazioni», in An. giur. ec., 2003, p. 326 e ss., e M. MALTONI, Sub. art. 2468, in Il nuovo diritto delle società a cura di Maffei Alberti, III, Padova, p. 1837.
[nota 5] G.A.M. TRIMARCHI, L'aumento del capitale sociale, in Notariato nuovo diritto societario, collana diretta da Giancarlo Laurini, 2004, p. 333.
[nota 6] Parte della dottrina, vedi C.A. BUSI, SpA - Srl, operazioni sul capitale, Milano, 2004, p. 344, ritiene che l'unanimità dei consensi sia richiesta soltanto nell'ipotesi in cui il riconoscimento dei diritti particolari sia legato alla titolarità di una certa quota di capitale, che viene meno per effetto della esecuzione dell'aumento con esclusione del diritto di sottoscrizione.
[nota 7] Sulle riserve c.d. "targate" vedi G.B. PORTALE, «Appunti in tema di versamenti in conto futuri aumenti di capitale eseguiti da un solo socio», in Vita not., 2, 1994, p. 591.
[nota 8] P. MARCHETTI, L'aumento di capitale, cap. II, destinato al volume 6 del Trattato delle società per azioni diretto da Colombo e Portale.
[nota 9] Così M. MAUGERI, «Quali diritti particolari per il socio di società a responsabilità limitata?», in Riv. soc., 2004, p. 1501, F. TASSINARI, «Aumento gratuito del capitale e parità di trattamento tra i soci», in Argomenti di diritto societario, Nuovi Quaderni, 18, 1996, p. 36 e ss., C.A. BUSI, op. cit., p. 382.
[nota 10] G.A.M. TRIMARCHI, op. cit., p. 343.
[nota 11] A. POSTIGLIONE, «La delega all'aumento del capitale sociale del Srl», in Società, 7, 2006, p. 829 e ss.
[nota 12] F. MAGLIULO, La riforma delle società a responsabilità limitata, in Notariato e nuovo diritto societario collana diretta da Giancarlo Laurini, 2004, p. 425.
[nota 13] F. MAGLIULO, op. cit., p. 425.
[nota 14] G.A.M. TRIMARCHI, op. cit., p. 345.
[nota 15] F. MAGLIULO, op. cit., p. 427.
[nota 16] G. GIANNELLI, «Le operazioni sul capitale nella società a responsabilità limitata», in Giur. comm., 2003, p. 788/I.
|