Il preliminare di vendita per persona da nominare. Le implicazioni e le correlazioni con la normativa fiscale
Il preliminare di vendita per persona da nominare. Le implicazioni e le correlazioni con la normativa fiscale
di Thomas Tassani
Professore Aggregato di Diritto Tributario, Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo"
Il riconoscimento tributario del contratto preliminare tra imposta di registro ed Iva
La disciplina dell'imposta di registro riconosce i tratti che caratterizzano giuridicamente il contratto preliminare, ossia la portata propedeutica nel porre il "programma contrattuale" [nota 1] e, quindi, l'effetto scissorio della sequenza tipica preliminare-definitivo [nota 2]. Che, esaminato da un distinto punto di vista, può esprimersi nella separazione dei due momenti della conclusione dell'affare e della produzione degli effetti, in particolare reali [nota 3].
In termini schematici, è da sottolineare come l'apprezzamento della capacità contributiva complessiva sia legato alla previsione dell'imposizione in misura fissa per il contratto preliminare (art. 10, Tariffa D.P.R. 131/1986); alla tassazione proporzionale per la previsione di caparre (0,50%) ed acconti (3%); alla imputazione dell'imposta proporzionale così pagata all'imposta principale dovuta per il contratto definitivo [nota 4].
è quindi possibile affermare che, di per sé, la conclusione del preliminare non costituisce un valido indice di capacità contributiva per quanto riguarda gli effetti giuridici che sono, in esso, solo programmati e che la tassazione proporzionale, collegata al contratto definitivo, può essere determinata per quelle clausole che assumono una natura anticipatoria rispetto al definitivo.
Analogamente, con riferimento all'Iva, pur mancando una norma che disciplini specificamente il contratto preliminare, l'interprete desume facilmente dal sistema che il ruolo programmatico del contratto non è in grado di integrare né una cessione di beni né una cessione di servizi [nota 5].
L'imposizione può però realizzarsi in caso di dazione anticipata del corrispettivo. Come è noto, il comma 4 dell'art. 6, D.P.R. 633/72 dispone che l'operazione si considera effettuata se, anteriormente al prodursi degli eventi di cui ai commi precedenti, è pagato in tutto o in parte il corrispettivo (o sia emessa fattura). In questa ipotesi, al momento del pagamento, si verificherà il presupposto d'imposta con il sorgere dell'obbligo di emissione della fattura da parte del cedente o del prestatore.
Simile fattispecie, relativamente al contratto preliminare, può verificarsi qualora quest'ultimo preveda il versamento di somme a titolo di acconto sul prezzo e, ovviamente, il cedente (o il prestatore) sia un soggetto passivo Iva [nota 6].
In questi casi, l'Iva non si aggiunge alla imposta proporzionale di registro, se si considera che l'art. 10, Tariffa D.P.R. 131/1986, prevede la tassazione proporzionale sugli acconti solo quando non vi sia assoggettamento ad Iva degli stessi.
Così come accade per l'imposta proporzionale di registro, anche nell'Iva la tassazione può realizzarsi in un momento precedente alla conclusione del contratto definitivo ma solo in relazione a fattispecie qualificabili in termini "anticipatori" rispetto a quest'ultimo.
Non solo, ma l'effettivo regime di imposizione si perfeziona solo con riferimento al momento in cui il definitivo è stipulato.
Come nel caso in cui avvenga un cambio di destinazione dell'immobile dopo la conclusione del preliminare ma prima del definitivo, con conseguente mutamento dell'aliquota e della detraibilità. Come affermato dall'Agenzia delle entrate, la tassazione deve essere riferita allo stato dell'immobile al momento in cui il contratto definitivo è stipulato [nota 7].
Diverse sono le questioni ancora aperte rispetto alla tassazione del contratto preliminare nell'imposizione indiretta.
Tra queste, si segnala quella della "rimborsabilità" della imposta proporzionale di registro relativa alla caparra confirmatoria, in caso di operazione soggetta ad Iva, quando la caparra sia successivamente stata imputata al prezzo di acquisto. A seguito della conclusione del contratto definitivo, per la natura funzionale di acconto sul prezzo che la caparra confirmatoria viene ad assumere [nota 8], l'importo della stessa concorre alla formazione della base imponibile relativamente alla quale è emessa fattura ed è calcolata e corrisposta l'Iva.
L'assoggettamento definitivo anche ad imposta proporzionale di registro realizzerebbe evidentemente una violazione del principio di alternatività che, come noto, regola i rapporti tra i due tributi. La soluzione preferibile sarebbe quindi quella di ammettere il diritto del contribuente al rimborso ma simile conclusione, allo stato, non può ritenersi consolidata in giurisprudenza, anche se diverse pronunce muovono in questa direzione [nota 9].
Così come rimane insoluto il problema della rimborsabilità della imposta di registro relativa alla caparra confirmatoria in caso di mancata conclusione del contratto definitivo, ammesso dalla prassi amministrativa e dalla giurisprudenza [nota 10] solo per l'imposta relativa agli acconti versati [nota 11].
La complessiva diversità del trattamento tributario rende poi ancora più importante individuare precisi criteri per la distinzione delle singole clausole negoziali in termini di caparra oppure di acconto. In questo senso, si segnala come la prassi amministrativa, nel fondare correttamente la distinzione sull'aspetto causale, sembra propendere, nei casi dubbi, per una qualificazione della previsione contrattale quale "acconto" [nota 12].
Il preliminare per persona da nominare e lo schema impositivo nell'imposta di registro
L'interpretazione consolidata di diritto civile è nel senso di ammettere l'apposizione, nel contratto preliminare, della riserva di nomina [nota 13], clausola che può essere riferita, in linea tendenziale, a qualsiasi schema contrattuale [nota 14].
A fronte dell'efficacia solo obbligatoria del contratto preliminare, da cui deriva l'assunzione dell'obbligo di concludere un nuovo contratto, di cui è predeterminato il contenuto, la riserva di nomina consente allo stipulante di riservarsi, nei confronti dell'altro contraente (promittente), la facoltà di nominare successivamente un soggetto diverso nei cui confronti faranno capo i diritti e le obbligazioni nascenti dallo stesso contratto preliminare con effetto ex tunc.
Occorre in primo luogo considerare, per quanto attiene il tributo di registro, che l'apposizione della riserva di nomina non risulta in grado di provocare alcuna alterazione della regola della tassazione fissa sul preliminare e di quella proporzionale sugli acconti e caparre, con imputazione di quest'ultima all'imposta proporzionale sul definitivo.
Simile conseguenza non è alterata per il fatto che, a seguito della dichiarazione di nomina, si provochi un mutamento tra i soggetti del contratto preliminare e di quello definitivo [nota 15].
è in questo senso sufficiente notare come gli effetti della dichiarazione di nomina retroagiscano, ai sensi dell'art. 1404 c.c., al momento in cui il contratto è stato stipulato. Con la conseguenza che è il soggetto nominato che acquista «i diritti e assume gli obblighi derivanti dal contratto» [nota 16].
La dichiarazione di nomina e gli effetti che le sono propri consentono, dunque, di affermare che non vi è nessuna alterazione nella normale sequenza negoziale preliminare-definitivo.
La tassazione della dichiarazione di nomina ex art. 32 D.P.R. 131/1986
L'art. 32, D.P.R. 131/86 dispone l'assoggettamento ad imposta fissa di registro per la dichiarazione di nomina della persona «per la quale un atto è stato in tutto o in parte stipulato», a condizione che la facoltà di nomina derivi dalla legge o da espressa riserva contenuta nell'atto cui la dichiarazione si riferisce e sia esercitata entro tre giorni dalla data dell'atto, «mediante atto pubblico ovvero mediante scrittura privata autenticata o presentata per la registrazione entro il termine stesso» [nota 17].
In ogni altro caso, per la dichiarazione di nomina è dovuta l'imposta «stabilita per l'atto cui si riferisce la dichiarazione».
Le condizioni previste dall'art. 32 per la dichiarazione di nomina differiscono da quelle di cui all'art. 1402 c.c. In particolare, tale ultima disposizione ammette la possibilità di prevedere negozialmente un termine superiore ai tre giorni e che la dichiarazione di nomina non ha effetto se non è accompagnata dall'accettazione del nominato oppure se non esiste procura anteriore al contratto.
è però evidente che la finalità della disciplina fiscale non è quella di introdurre condizioni e termini di efficacia che si aggiungono o sostituiscono a quelli codicistici, bensì regolare le conseguenze di ordine tributario [nota 18], per ragioni di cautela fiscale [nota 19].
Ne consegue che il mancato rispetto, nella dichiarazione di nomina, delle condizioni di cui all'art. 32 D.P.R. 131/198 non impedisce che la stessa sia considerata, anche fiscalmente, pienamente efficace, se effettuata ai sensi degli artt. 1402/3 c.c. e produttiva dei relativi effetti [nota 20].
La tutela dell'interesse fiscale ha però spinto il legislatore ad apprezzare la dichiarazione di nomina effettuata senza i requisiti di forma oppure il rispetto dei termini di cui all'art. 32, D.P.R. 131/86, alla stregua della conclusione di un nuovo contratto, avente gli stessi effetti di quello precedente, tra il soggetto stipulante ed il soggetto nominato [nota 21].
è però da sottolineare che, in relazione al contratto preliminare, la tassazione della dichiarazione di nomina (avvenuta oltre i tre giorni) con l'imposta prevista «per l'atto cui si dichiarazione si riferisce», dovrebbe condurre alla imposizione comunque fissa, visto l'art. 10, D.P.R. 131/86.
Simile conclusione porta, da una parte, alla necessità di configurare chiaramente, nelle previsioni negoziali, il contratto preliminare per persona da nominare.
In modo da poterlo distinguere dalla fattispecie di contratto definitivo già perfezionato, ma in relazione al quale le parti si impegnano a ritrovarsi per riprodurre il contratto in un documento avente la forma necessaria (atto pubblico o scrittura privata autenticata) per la formalità della trascrizione [nota 22].
E, ulteriormente, per distinguere l'ipotesi del contratto preliminare per persona da nominare da quella di contratto preliminare relativo ad un definitivo per persona da nominare [nota 23].
Infatti, in tutti i casi in cui la dichiarazione di nomina, compiuta dopo i tre giorni, è giuridicamente riferibile ad un contratto definitivo, si realizzerà sostanzialmente una seconda imposizione proporzionale di tale ultimo contratto.
Segue: l'imposizione in caso di acconti e caparre
Anche con riferimento al contratto preliminare, però, la dichiarazione di nomina che avvenga oltre il termine posto dall'art. 32 D.P.R. 131/86 potrebbe condurre ad ipotizzare una imposizione proporzionale, quando sia previsto il pagamento di caparre oppure di acconti sul prezzo.
Si potrebbe infatti sostenere, così come fatto da alcuni Uffici fiscali, che per determinare le modalità di tassazione della dichiarazione di nomina, si debba dare rilievo alla proporzionalità dell'imposizione (dello 0,50% oppure del 3%) di cui all'art. 10 della Tariffa.
Simile conclusione non risulta però corretta, dovendo invece affermarsi la tassazione della dichiarazione di nomina in ogni caso con l'imposta fissa, se relativa ad un contratto preliminare.
Nel caso di contratto preliminare che preveda acconti o caparre confirmatorie, l'imposizione proporzionale di cui all'art. 10 della Tariffa non attiene al contratto preliminare in quanto tale, bensì ad elementi negoziali che risultano autonomi ai fini della tassazione e che assumono rilevanza, ai sensi della norma citata, in funzione della propria portata "anticipatoria" rispetto al contratto definitivo.
La stessa previsione di cui all'art. 10 della Tariffa si giustifica proprio alla luce della considerazione delle pattuizioni di acconti e di caparre confirmatorie, in quanto disposizioni diverse ed autonome rispetto al contratto preliminare. La possibilità dello scomputo dalla imposta proporzionale relativa al contratto definitivo si motiva in quanto trattasi di negozi che attuano una «anticipazione parziale dell'imposta dovuta sull'intero prezzo» [nota 24].
In questo senso, dunque, l'imposizione prevista per gli acconti e le caparre confirmatorie non è relativa, nella logica di una imposta d'atto, al contratto preliminare.
Così, anche la lettera dell'art. 32, D.P.R. 131/86, disposizione che, per la propria portata antielusiva dovrebbe essere applicata in una logica di «stretta interpretazione» [nota 25], individua inequivocabilmente l'imposta da versare sulla dichiarazione di nomina (che non rispetti le condizioni poste) come l'imposta che attiene all'atto in quanto tale.
La stessa Corte di Cassazione [nota 26] ha recentemente avuto modo di affermare che, in caso di contratti preliminari, la sola imposta «sull'atto» è quella fissa, mentre la tassazione proporzionale agli acconti (oggetto della controversia) deve intendersi quale imposta dovuta «in relazione ad un atto ancora da stipulare».
L'affermazione della Corte di Cassazione avvalora la soluzione interpretativa avanzata che però, lo si sottolinea, deve estendersi anche alla previsione di caparre confirmatorie. Se, infatti, la tassazione delle stesse in funzione di "anticipazione" della tassazione del contratto definitivo è configurabile solo qualora quest'ultimo sia concluso, deve però considerarsi che, sia nella ricostruzione civilistica sia in quella fiscale, la caparra confirmatoria si qualifica come una disposizione negoziale autonoma rispetto al contratto preliminare [nota 27].
Il preliminare per persona da nominare e l'Iva (parziale rinvio)
Nel settore dell'Iva il principale problema interpretativo nasce nelle ipotesi in cui siano versati acconti in base al preliminare per persona da nominare e, successivamente alla nomina, il definitivo sia concluso ed il saldo versato dal soggetto nominato. In queste ipotesi, si hanno infatti due distinti rapporti, rilevanti ai fini Iva: quello tra stipulante e promittente venditore, al momento dell'acconto; quello tra nominato e venditore, al momento del contratto definitivo.
Il problema è quindi quello di riuscire a raccordare questi due segmenti, ai fini dell'applicazione dell'imposta e del diritto di detrazione.
Il tema è specificamente affrontato in un altro contributo [nota 28], cui dunque si rinvia. Come però già rilevato in altra sede [nota 29], è possibile accennare che lo strumento della variazione Iva (art. 26 D.P.R. 633/72), appare il più idoneo per poter apprezzare, ai fini fiscali, il tipico effetto retroattivo della dichiarazione di nomina, come quello risolutivo-sostitutivo con riferimento alla posizione dello stipulante. In modo tale che, al momento della stipula del definitivo, sia possibile per il venditore emettere fattura per intero nei confronti del nominato, senza doppia imposizione e, al tempo stesso, consentire la detrazione per intero in capo al nominato.
Altri strumenti per la "circolazione": il contratto preliminare con autorizzazione preventiva alla cessione
è noto come ciascuna parte di un contratto a prestazioni corrispettive possa sostituire a sé un terzo, se le prestazioni non sono state eseguite [nota 30] e purché «l'altra parte vi consenta» (art. 1406 c.c.). Attraverso il consenso preventivo alla cessione, ammesso dall'art. 1407 c.c., è possibile dare immediata efficacia [nota 31] alla comunicazione della sostituzione, con uno schema che pare ripetere quello della dichiarazione di nomina a seguito di riserva contenuta nel preliminare.
La profonda distinzione tra preliminare per persona da nominare e preliminare con autorizzazione preventiva alla cessione si individua, però, proprio negli effetti, da una parte, della dichiarazione di nomina e, dall'altra, della cessione del contratto al terzo.
Nel primo caso, infatti, il terzo subentra quale parte sostanziale del rapporto con effetto ex tunc, estromettendo totalmente lo stipulante; nella cessione del contratto, invece, la sostituzione avviene a titolo derivato [nota 32] e con effetto ex nunc. In questa seconda ipotesi la complessiva operazione economica è frazionata giuridicamente in due momenti, cui corrispondono diverse parti del contratto [nota 33].
Per quanto attiene la tassazione ai fini dell'imposta di registro, è da notare come per la cessione del contratto sia prevista una imposizione analoga a quella del contratto ceduto, come dispone l'art. 31 D.P.R. 131/86. Quindi, nel caso in esame, si dovrebbe assoggettare l'atto alla imposta fissa, ex art. 10 della Tariffa [nota 34].
Sennonché, si potrebbe ritenere che, nel momento in cui l'art. 31 citato afferma l'imposizione «con l'aliquota propria del contratto ceduto» e quest'ultimo preveda la dazione di somme a titolo di acconto oppure di caparra confirmatoria, la tassazione della cessione del contratto dovrebbe essere proporzionale ex art. 10 Tariffa (con aliquota, rispettivamente, del 3% o dello 0,5%).
Si ripropone sostanzialmente il medesimo dilemma interpretativo su cui ci siamo in precedenza soffermati, trattandosi di individuare se l'imposizione proporzionale su acconti o caparre si possa considerare come imposta relativa al contratto preliminare in quanto tale oppure a vicende negoziali autonome. La soluzione dovrebbe essere la medesima in precedenza accolta.
è inoltre da considerare un ulteriore elemento, legato alla normale onerosità della cessione del contratto. Potrebbe infatti anche sostenersi che la cessione onerosa del contratto preliminare sia di per sé tassata con aliquota del 3%, in quanto atto avente «per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale» di cui all'art. 9, Tariffa allegata D.P.R. 131/86.
A nostro avviso, simile soluzione non risulta però accettabile, visto che la disposizione "residuale" di cui all'art. 9 della Tariffa deve trovare applicazione solo qualora non sia possibile individuare una specifica norma di imposizione che, in questo caso, è l'art. 31, D.P.R. 131/86 che non distingue l'ipotesi della onerosità da quella della non onerosità, evidentemente per assoggettarle al medesimo trattamento.
Ai fini dell'applicazione dell'Iva, diviene invece rilevante la segmentazione del rapporto contrattuale, dal punto di vista soggettivo, in due momenti distinti. Il soggetto cedente, prima della cessione, sarà a tutti gli effetti parte del contratto e questa sua posizione soggettiva deve essere considerata per determinare le conseguenze fiscali di eventuali acconti sul prezzo versati (oppure ricevuti). Nel senso che, verificandosi gli ulteriori requisiti applicativi, il versamento di acconti provoca l'assoggettamento ad imposta e l'obbligo dell'emissione (e della registrazione della fattura) [nota 35].
Se, successivamente, il contratto viene ceduto ed il corrispettivo contrattuale (o, meglio, la differenza tra il corrispettivo contrattuale e gli acconti già versati) è versato (o ricevuto) dal cessionario del contratto, si genererà un ulteriore obbligo di emissione di fattura e di pagamento dell'imposta, del tutto distinto dal precedente.
Sicuramente, la cessione del contratto non è in grado di provocare alcuna variazione Iva, per l'inapplicabilità dell'art. 26, D.P.R. 633/72, con conseguente definitività delle situazioni giuridiche (in termini di rivalsa come di detrazione) facenti capo ai diversi soggetti.
Peraltro, l'operazione sembrerebbe non comportare alcun rischio di doppia imposizione. Occorre però considerare altri aspetti, come quello della riconoscibilità di un "parziale" diritto di detrazione in capo al nominato e quello della normale assoggettabilità ad Iva della stessa cessione del contratto, se effettuata verso corrispettivo, ai sensi dell'art. 3, comma 2, n. 5, D.P.R. 633/72 [nota 36].
Altri strumenti per la "circolazione": la risoluzione del contratto preliminare
Nella pratica, sovente si assiste alla risoluzione del contratto preliminare, soprattutto in quelle situazioni in cui il promittente acquirente abbia individuato un altro soggetto interessato all'acquisto. In termini economici, lo strumento della risoluzione può dunque considerarsi alternativo a quello della riserva di nomina, della cessione del contratto e del contratto a favore di terzi, come primo momento di una sequenza negoziale, però priva di collegamento, che successivamente veda la conclusione di un differente contratto tra il promittente venditore ed il nuovo acquirente.
Diversi sono i profili di problematicità che la risoluzione del preliminare pone.
In primo luogo, quello della rimborsabilità della imposta di registro versata. Non pare possa configurarsi un diritto al rimborso per l'imposta fissa di registro, mentre opposta soluzione deve essere individuata per l'imposta proporzionale pagata in relazione alla previsione di acconti e caparre.
Come si è già avuto modo di esaminare, la Corte di Cassazione (sent. n. 14028/2007) ha affermato la rimborsabilità dell'imposta proporzionale pagata sugli acconti, nei casi in cui il contratto definitivo non venga concluso, proprio basandosi sulla considerazione che l'acconto rappresenta un elemento relativo ad un contratto non ancora stipulato. Non sarebbe quindi applicabile il principio sotteso all'art. 38 del D.P.R. 131/1986, visto che la risoluzione non sarebbe vicenda in grado di investire il contratto definitivo (e quindi lo stesso acconto), bensì il solo contratto preliminare ed i relativi effetti di "programmazione".
A nostro avviso, medesima soluzione deve essere riconosciuta anche con riferimento alla imposta relativa alla caparra confirmatoria, se si valorizza l'autonomia della previsione negoziale rispetto al preliminare e la sua accessorietà al contratto definitivo.
In simile visione, tanto per gli acconti quanto per le caparre, rileverebbe la circostanza oggettiva che il contratto definitivo non è stato stipulato e che, di conseguenza, non si è mai realizzata la fattispecie in grado di giustificare l'imposizione, anche quella "anticipata".
Nel tributo di registro, la risoluzione del contratto è oggetto di una specifica previsione. L'art. 28 D.P.R. 131/1986 prevede l'imposizione in misura fissa quando la risoluzione dipende da clausola o condizione risolutiva espressa contenuta nel contratto oppure quando è stipulata, con atto pubblico o scrittura privata autenticata, entro due giorni dalla conclusione del contratto "principale".
La tassazione proporzionale è disposta nei casi in cui sia previsto un corrispettivo per la risoluzione (0,5% oppure 3%, ai sensi degli artt. 6 e 9 Tariffa) ed in relazione alle «prestazioni derivanti dalla risoluzione» (considerando l'eventuale corrispettivo come maggiorazione delle prestazioni medesime).
è noto come la previsione legislativa abbia fatto sorgere contrasti interpretativi, soprattutto per i casi di risoluzione di contratti di vendita e degli atti di donazione, con riferimento al problema della "retrocessione" dei beni [nota 37].
Il contratto preliminare presenta, però, una propria specificità, ai fini dell'applicazione dell'art. 28. Sia perché non comporta il sorgere di effetti reali, ma solo obbligatori, sia perché l'eventuale previsione ed effettiva dazione di somme di denaro (acconti e caparre) costituisce, come si è più volte avuto modo di sottolineare, una fattispecie di per sé autonoma rispetto allo stesso preliminare, in quanto accessoria al successivo contratto definitivo.
Ecco perché crediamo, nonostante il tema sia quanto mai incerto, che non si possa concludere per l'imposizione proporzionale neppure quando alla risoluzione del preliminare segua la restituzione degli importi versati a titolo di acconti e caparre, non costituendo in senso proprio una «prestazione derivante dalla risoluzione».
E, in ogni caso, come previsto dall'art. 28, in caso di risoluzione del preliminare che dipende da clausola negoziale o da condizione risolutiva espressa, l'imposizione fissa non dovrebbe essere messa in discussione.
Ovviamente, in caso di previsione di un corrispettivo per la risoluzione, questo dovrà essere assoggettato ad imposta proporzionale, così come previsto.
Per quanto riguarda l'Iva, il sistema consente di attribuire rilievo agli effetti risolutivi proprio con il già citato art. 26, D.P.R. 633/72. L'eventuale imposta pagata in relazione agli acconti versati potrà infatti essere oggetto della procedura di variazione, ai sensi del comma 2, che parla di «risoluzione, rescissione e simili». è però da considerare che, ai sensi del comma 3, la variazione non è ammessa, «dopo il decorso di un anno dalla effettuazione della operazione imponibile», quando gli eventi si verificano «in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti». La risoluzione consensuale del contratto preliminare integra sicuramente un caso di accordo sopravvenuto, con, allora, una notevole limitazione sul piano temporale allo strumento della variazione.
Sembrerebbe però non realizzarsi la fattispecie di cui al terzo comma quando la risoluzione sia consentita da una clausola negoziale o da una condizione risolutiva espressa. In questi casi, infatti, l'accordo tra le parti è originario e non sopravvenuto e l'effetto risolutivo consegue all'esercizio di un diritto del singolo contraente.
Altri strumenti per la "circolazione": il contratto preliminare a favore di terzo
Il contratto preliminare a favore di terzo è ammesso dalla giurisprudenza e dalla dottrina civilistiche [nota 38], nonostante dal preliminare possano derivare non solo situazioni di vantaggio (come è tipico nella stipulazione a favore di terzo), ma, complessivamente, diritti ed obblighi, inerenti alla posizione di parte contrattuale che si cede.
In questo senso, risulta estremamente differente la configurazione giuridica della operazione a seconda che le parti del preliminare si impegnino alla conclusione di un contratto definitivo, che avrà effetto a favore di un terzo [nota 39], oppure che l'impegno a contrarre «si intenda, esso stesso, a favore del terzo, avendosi in tal caso, un patto a favore del terzo, di contrarre» [nota 40].
è peraltro da sottolineare come gli orientamenti giurisprudenziali più recenti ravvisino nel preliminare di vendita a favore di terzo «un contratto obbligatorio atipico e gratuito che tramite una sequenza procedimentale di atti, realizza la funzione della vendita: in forza del siffatto contratto sorge a carico dello stipulante l'obbligazione del prezzo ed a carico del promittente l'obbligo di trasferire il diritto sul bene al terzo» [nota 41].
Il terzo beneficiario del preliminare acquista, in altri termini, il diritto ad «un atto traslativo solvendi causa» [nota 42].
In questa prospettiva, il terzo non diviene in nessun momento parte sostanziale del contratto (come invece accade, pur se in modo differente, per effetto della dichiarazione di nomina o la cessione del contratto), che è invece il soggetto stipulante.
La giurisprudenza ammette che il terzo non sia nominato nel contratto ma successivamente, è però necessario che nel contratto tale soggetto sia almeno determinabile [nota 43].
Nel tributo di registro non pare che la individuazione del terzo beneficiario, compiuta nello stesso atto oppure successivamente possa comportare alcuna alterazione nella considerazione unitaria, della sequenza preliminare-definitivo, ai fini dell'imposta di registro.
Anche ai fini Iva, la fattispecie negoziale non comporta particolari difficoltà ricostruttive qualora la si ricostruisca nei termini di «obbligo a contrarre a favore di terzo» e, quindi, di diritto di quest'ultimo a ricevere la prestazione oggetto del contratto definitivo.
Lo stipulante è a tutti gli effetti la parte sostanziale ed è colui che, se venditore, dovrà applicare l'imposta sugli acconti ricevuti così come al momento della stipula del definitivo e, se acquirente, dovrà assolvere la relativa imposta. Con, in questo secondo caso, un diritto alla detrazione (ovviamente, qualora sia soggetto passivo Iva) che non può affermarsi de plano, dovendo indagare l'inerenza della operazione compiuta rispetto all'attività esercitata, visto che il soggetto che acquista diritti rispetto alla spesa compiuta è un soggetto terzo. Sarà allora quantomeno necessario individuare un rapporto sottostante tra terzo beneficiario e stipulante in grado di giustificare la spesa compiuta all'interno dell'attività esercitata dallo stipulante.
Diversamente, invece, accade qualora si ammetta, anche in base alla ricostruzione della volontà delle parti espressa nel contratto preliminare, che il terzo acquisti il diritto (ma non l'obbligo) alla conclusione del contratto definitivo. In tale caso, infatti, il contratto definitivo sarà concluso dallo stesso soggetto beneficiario, che diventerà parte sostanziale del rapporto, pur non avendo partecipato al contratto preliminare. Egli sarà il soggetto cui verrà addebitata l'imposta oppure (se venditore) colui che, sussistendone gli ulteriori requisiti, dovrà emettere fattura ed applicare l'Iva.
Certamente, però, non pare possa essere utilizzato lo strumento della variazione Iva (art. 26, D.P.R. 633/72), per l'imposta relativa agli acconti assolti dallo stipulante del contratto preliminare, se si considera che l'esercizio del diritto da parte del terzo non produce gli stessi effetti retroattivi della dichiarazione di nomina, come si è in precedenza evidenziato.
[nota 1] FORMICA, Il contratto preliminare di vendita nell'imposizione di registro e sul valore aggiunto, in AA.VV., La casa di abitazione tra normativa vigente e prospettive, III, Milano, 1986, p. 629.
[nota 2] BRACCINI, voce Contratto preliminare, II, dir. trib., in Enc. giur., p. 8.
[nota 3] FEDELE, «Trascrizione del contratto preliminare e disciplina tributaria», in Riv. not., 1998, p. 1115.
[nota 4] In generale, su questi profili, si rinvia allo studio della Commissione Studi Tributari del CNN, n. 597-bis, del 13 maggio 1997, est. GHINASSI, Trascrizione del preliminare. Aspetti fiscali.
[nota 5] Ris. Min. Fin., n. 302028 del 19 dicembre 1974; Comm. trib. centr., dec. n. 1597 del 2 marzo 1982, in Comm. trib. centr., 1982, I, p. 503; FORMICA, op. cit., p. 702; BRACCINI, voce Contratto preliminare, cit., p. 5, cui si rinvia anche per il problema della distinzione, e del differente trattamento fiscale, dall'ipotesi di vendita con riserva di proprietà.
[nota 6] Cass. 24 settembre 1997 n. 371, in Fisconline. Così anche Cass., sez. trib., 30 gennaio 2007, n. 6487 e 14 novembre 2002, n. 7348 (entrambe in Fisconline).
[nota 7] Ris. Ag. entrate, n. 196/E/2007.
[nota 8] Su questa duplice funzione, risarcitoria e di acconto del prezzo, della caparra confirmatoria, si veda la ris. Ag. entrate n. 197/E del 1 agosto 2007 citata alla nota successiva.
[nota 9] Cass., sez. trib., 28 novembre 2000, n. 15276; Comm. trib. reg. Roma, 24 novembre 2005, n. 186, in Fisconline; Comm. trib. prov. Milano, 17 luglio 2003, n. 129. In dottrina, BERLIRI, Corso istituzionale di diritto tributario, III, Milano, 1987, p. 96; BRACCINI, voce Caparra, dir. trib., in Enc. giur., Roma, p. 3.
[nota 10] Cass., sez. trib., 17 maggio 2007, n. 14028, in Fisconline. La Corte afferma che l'imposta fissa, in quanto imposta sull'atto, è la sola imposta dovuta sui contratti preliminari. Con la conseguenza che, in caso di mancata conclusione del contratto definitivo, la imposta fissa relativa al preliminare non può essere rimborsata, mentre vi è il diritto al rimborso dell'imposta proporzionale versata in relazione agli acconti di prezzo ex art. 10, Tariffa allegata al D.P.R. 131/86. In considerazione dell'eccezionalità del pagamento anticipato dell'imposta proporzionale dovuta sul contratto definitivo, la Corte ritiene che la stessa debba essere restituito alle parti in quanto non risulta giustificata l'imposizione qualora le parti non pervengano alla «conclusione del contratto definitivo di trasferimento di diritti sul bene».
[nota 11] In dottrina si è giunti ad affermare il diritto al rimborso della imposta proporzionale di registro pagata in relaziona alla caparra confirmatoria nelle ipotesi di mancata, successiva, conclusione del contratto definitivo: RICCI-ZUCCO, «Il contratto preliminare di compravendita e la caparra confirmatoria tra Iva e imposta di registro», in Il fisco, 2005, p. 5782 e ss. In senso opposto è però la prassi amministrativa: Circ. Min. Fin., 10 giugno 1986, n. 37/220391. Sul tema, si vedano BELLINI, «Il contratto preliminare di compravendita immobiliare», in Corr. trib., 1997, p. 4 e ss.; MUGGIA, «Il contratto preliminare e l'imposta di registro», in Corr. trib., 1997, p. 1467; IANNIELLO, «Soggetta a tassazione la caparra confirmatoria anche se al preliminare non fa seguito la vendita», in Guida norm., 2001, p. 18.
[nota 12] Circ. Ag. entrate n. 197/2007.
[nota 13] PATTI, «Contratto preliminare per persona da nominare», in Riv. not., 2001, p. 1341 e ss.; VISALLI, «Contratto per persona da nominare e preliminare», in Riv. dir. civ., 1998, II, p. 361 e ss.; GISOLFI, «Preliminare per persona da nominare: osservazioni in tema di contratto per persona da nominare, cessione del contratto e contratto a favore di terzo», in Riv. not., 2003, p. 1241 e ss.
[nota 14] Salvo che nel caso di contratti intuitus personae e di contratti c.d. "di secondo grado" o che si riferiscono a beni determinati e a diritti appartenenti ai contraenti originari. Sul punto, GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006, p. 1074. Per una analisi approfondita sul punto, VISALLI, op. cit., p. 362 e ss.
[nota 15] Nel caso di mancata effettuazione della dichiarazione di nomina (ed accettazione della stessa) gli effetti giuridici del preliminare si consolidano, infatti, in capo ai soggetti che lo hanno stipulato. Così come accade qualora la dichiarazione non avvenga nei modi e nei termini di cui agli artt. 1402 e ss. c.c. Sul punto Cass. 29 settembre 2006, n. 21254; Cass. 7 luglio 2006, n. 21254, in Fisconline; Cass. 18 luglio 2002, n. 10403, in Soc., 12, p. 1513.
[nota 16] Sull'effetto retroattivo della dichiarazione di nomina Cass. 19 settembre 1965, n. 2142; Cass. 23 luglio 1994, n. 6885; Cass. n. 21254/2006, cit.
[nota 17] Nell'ipotesi in cui la dichiarazione di nomina sia effettuata nello stesso atto o contratto che contiene la riserva, non è dovuta alcuna specifica imposta.
[nota 18] La Corte di Cassazione ha costantemente affermato la diversità della funzione del termine di cui all'attuale art. 32, D.P.R. 131/86, "determinata unicamente da esigenze tributarie", da quello previsto dall'art. 1402 c.c., «che persegue finalità di altra natura e del tutto diverse». Così Cass. 3 luglio 1968, n. 2284 e Cass. 21 giugno 1974, n. 1822 (in Foro it., 1976, I, c. 1845).
[nota 19] FORMICA, op. cit., p. 682; BRACCINI, voce Contratto per persona da nominare, II, dir. trib., in Enc. giur., p. 8.
[nota 20] Nel senso di affermare la validità degli effetti della nomina, ai fini di una costruzione unitaria in termini fiscali, anche oltre i tre giorni di cui all'art. 32 citato, si veda Comm. trib. centr. 21 maggio 2003, n. 9056, in Fisconline.
[nota 21] BRACCINI, Contratto per persona da nominare, cit., p. 8. Si vedano sul punto le sentenze della Cass. 28 febbraio 1972, n. 579 e 21 giugno 1974, n. 1822. Sul tema anche Comm. trib. centr., 21 maggio 2003, n. 9056 (in Fisconline).
[nota 22] Differenza netta sul piano teorico ma che non altrettanto potrebbe esserlo su quello pratico. FORMICA, op. cit., p. 630. La giurisprudenza, in questo senso, tende ad attribuire rilievo anche alla presenza della caparra confirmatoria come indizio nel senso della conclusione di un contratto preliminare, come nella fattispecie esaminata da Comm. trib. centr., 11 luglio 1984, n. 7960, in Banca dati Ipsoa (ma si veda anche Cass. 21 giugno 2002, n. 9079, in Giur. it. Mass., 2002. Sulla distinzione tra preliminare e definitivo, agli effetti del termine di decadenza per accertamento, anche Cass., sez. trib., 6 aprile 2002, n. 4946, in Banca dati Ipsoa, All'interpretazione del contratto, per la qualifica dello stesso quale preliminare piuttosto che come contratto definitivo, procede anche l'Amministrazione nella propria attività di accertamento, come nel caso della Ris. Min. Fin., 5 maggio 1981, n. 251294, in Banca dati Ipsoa. Sul punto, VISALLI, op. cit., p. 398-9.
[nota 23] Occorre richiamare sul punto le considerazioni svolte da GHINASSI, studio n. 597-bis, cit., secondo cui «la clausola normalmente ricorrente nei preliminari di vendita, che consente di effettuare la nomina in sede di definitivo (e quindi per lo più oltre i tre giorni), può dar luogo ad inaspettate e pesanti pretese impositive ai sensi dell'art. 32 citato. Più precisamente il definitivo potrebbe essere tassato come contenente una implicita ancorché inespressa dichiarazione di nomina di altro soggetto e quindi come produttivo di un duplice effetto traslativo. Occorrerà pertanto valutare assai prudentemente l'utilizzo di formule, assai ricorrenti nella prassi, in base alle quali la facoltà di nomina è differita al contratto definitivo e quindi sostanzialmente riferita a quest'ultimo negozio. Assai più rassicurante risulterà infatti utilizzare clausole dalle quali si evinca senza possibilità di dubbi che la clausola è riferita solo ed esclusivamente al preliminare: invero, in tale ipotesi, la nomina successivamente effettuata anche oltre i tre giorni potrà tutt'al più legittimare l'ufficio, ai sensi dell'art. 32 del testo unico, alla percezione di un'ulteriore imposta fissa. Ciò in quanto il medesimo art. 32 dispone che la nomina effettuata in difformità da quanto prevede la norma (e cioè oltre i tre giorni) legittima l'applicazione dell'imposta relativa al contratto cui la nomina stessa si riferisce; trattandosi pertanto di nomina riferita a contratto preliminare sarà in ogni caso dovuta, come si diceva, la sola imposta fissa».
[nota 24] FORMICA, op. cit., p. 644. Si noti, in questo senso, che la caparra confirmatoria assume la natura, sul piano funzionale, di anticipo del prezzo in caso di conclusione positiva del rapporto.
[nota 25] Sul tema, per tutti, FANTOZZI, Il diritto tributario, Torino, 2004, p. 226 e ss.
[nota 26] Cass., sez. trib., 17 maggio 2007, n. 14028, in Fisconline.
[nota 27] Sui caratteri di autonomia e realità della caparra confirmatoria, si vedano, nella dottrina civilistica MARINI, voce Caparra, dir. civ., in Enc. giur. Treccani, V, Roma, 1988; DE NOVA, Caparra, in Dig. disc. priv., sez. civ., II, Torino, 1988; TRIMARCHI, voce Caparra, dir. civ., in Enc. giur., VI, Milano, 1960; D'AVANZO, Caparra, in Noviss. Dig. it., II, Torino, 1958.
[nota 28] Di Paolo Puri.
[nota 29] Studio n. 32-2007/T della Commissione Studi Tributari del CNN, Osservazioni in merito alla tassazione del contratto per persona da nominare, est. Tassani, approvato il 7 settembre 2007, in www.notariato.it.
[nota 30] Per l'ammissibilità della cessione del contratto anche in caso di contratto a prestazioni corrispettive quando una delle stesse sia stata adempiuta: Cass. 23 aprile 1980, n. 2674. Sul punto, FORMICA, op. cit., p. 690. Sul punto BELLINI, Il contratto preliminare, cit., p. 7.
[nota 31] Nel momento in cui la cessione è notificata o accettata.
[nota 32] Sul punto GAZZONI, Manuale di diritto privato, cit., p. 1038 e ss. cui si rinvia anche per la problematica dei contratti non cedibili.
[nota 33] PATTI, op. cit., p. 1352; GAZZONI, Manuale di diritto privato, cit., p. 1036 e ss.
[nota 34] SAMMARTINO, voce Cessione del contratto, II, dir. trib., in Enc. giur., Roma, 2001, p. 2.
[nota 35] Cass., sez. trib., 5 ottobre 2005, n. 19399, in Banca dati Ipsoa.
[nota 36] Sulla onerosità come elemento essenziale per il rilievo ai fini Iva della cessione del contratto, SAMMARTINO, op. cit., p. 1; PERRONE CAPANO, L'imposta sul valore aggiunto, Napoli, 1977, p. 340 e ss. Sulla possibile imponibilità della cessione gratuita del contratto, equiparata all'ipotesi di destinazione a finalità estranee, FORMICA, op. cit., p. 691-2. Dubbi rispetto alla possibilità di cedere contratti eseguiti da una sola parte sono invece espressi da GAZZONI, op. cit., p. 1039. Si noti che il comma 4, lett. c), dell'art. 3, D.P.R. 633/72, prevede che non costituiscano prestazioni di servizi le cessioni di contratti di cui alle lettere a), b) e c) del comma 3 dell'art. 2.
[nota 37] L'Agenzia ha ribadito il proprio orientamento nella Ris. Ag. entrate, n. 329/E del 14 novembre 2007. Si veda però anche la Circ. Min. n. 37 del 10 giugno 1986. In giurisprudenza, Cass. 13 febbraio 1998, n. 5075; Cass. 7 marzo 1997, n. 2040; Cass. 20 dicembre 1988, n. 6959; Comm. Trib. prov. Matera, 29 settembre 2005, n. 157; Comm. Trib. centr., dec. n. 6418 del 10 marzo 1992.
[nota 38] PATTI, op. cit., p. 1348.
[nota 39] Con in questo caso, un obbligo di contrarre a favore del terzo: «è il caso in cui Primo conclude un preliminare con Secondo, con esso obbligandosi a stipulare un definitivo, tra le stesse parti, con effetti a favore di Terzo», così DI LORENZO, «Ammissibilità del contratto di opzione a favore di terzo», in Notariato, 2005, p. 152.
[nota 40] DI LORENZO, op. cit., p. 152. In questo caso la posizione del terzo sarà simile a quella di chi beneficia di un contratto preliminare unilaterale. Distinguono tra contratto preliminare a favore di terzo e «contratto preliminare con il quale una delle parti … assume l'obbligo di contrarre con terzi: il c.d. pactum de contraendo cum terbio», GABRIELLI-FRANCESCHELLI, voce Contratto preliminare, I, in Enc. giur., p. 14.
[nota 41] PATTI, op. cit., p. 1349.
[nota 42] PALAZZO, «Contratto a favore di terzo e per persona da nominare», in Riv. dir. civ., p. 179. Sul tema, e sulla distinzione tra preliminare di vendita a favore di terzo e contratto di opzione a favore di terzo, Cass. 1 dicembre 2003, n. 18321, in Foro it., 2004, I, c. 1464.
[nota 43] GAZZONI, op. cit., p. 950 e ss.
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