La "circolazione" del preliminare di vendita del costruttore e la fatturazione Iva
La "circolazione" del preliminare di vendita del costruttore e la fatturazione Iva
di Paolo Puri
Associato di Diritto Tributario, Università degli studi del Sannio
Premessa
Il titolo del presente lavoro e gli echi delle precedenti relazioni [nota 1] potrebbero far supporre che lo stesso si muova nell'ambito delle fattispecie circolatorie del contratto preliminare disciplinate dal D.lgs. 20 giugno 2005, n. 122 e aventi ad oggetto immobili da costruire. In realtà il collegamento tra le vicende disciplinate da quest'ultima normativa e la circolazione del preliminare non appare decisivo rispetto alle problematiche Iva. Se è infatti vero che la disciplina protettiva dettata dal citato decreto è soggettivamente limitata nel senso di escludere l'ente collettivo, tale limitazione non vale per la persona fisica che agisca nell'esercizio d'impresa e della professione. Ne discende che per effetto delle vicende circolatorie del contratto preliminare potranno essere coinvolti un promittente venditore soggetto Iva ed un promissario acquirente che rivesta o meno la qualifica di soggetto Iva. Non è dunque la circolazione così come disciplinata dal D.lgs. n. 122/2005 a caratterizzare le questioni tributarie, ed in particolare quelle ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, quanto piuttosto la circolazione tout court del preliminare. Si tratta infatti di questioni interpretative, alcune delle quali dagli esiti ancora "incerti", che nascono, come lucidamente evidenziato [nota 2], dalla complessità della struttura fondamentale della sequenza preliminare-definitivo, composta dalle (almeno) due fasi distinte della conclusione dell'affare, da un lato, e della produzione degli effetti, anche reali, dall'altro.
Ai fini dell'imposta sul valore aggiunto la questione è poi resa più complessa dall'imponibilità della cessione del contratto preliminare (anche in caso di cessione a titolo gratuito) e dei particolari riflessi che sempre ai fini Iva discendono dalle clausole negoziali normalmente utilizzate per superare il problema della cessione del contratto. Di particolare interesse in queste ipotesi la questione dell'imposizione con conseguente possibilità di detrazione e/o recupero dell'imposta pagata sugli acconti di prezzo in occasione della stipula del preliminare. Complicazioni che - come vedremo - ritroviamo anche in alcune figure alternative che la prassi applicativa utilizza per il raggiungimento dei medesimi risultati.
Il preliminare nell'imposta sul valore aggiunto: considerazioni di ordine generale
Il punto di partenza dell'esame delle problematiche Iva in tema di preliminare coincide con la conclusione che ritiene il contratto preliminare privo di rilievo agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto qualora si limiti a contenere l'impegno reciproco alla successiva stipula del contratto definitivo. Si tratta del frutto di un lungo percorso interpretativo non essendo in passato mancato chi ha evidenziato l'attrazione nell'orbita Iva del contratto preliminare che abbia come parte almeno un soggetto esercente attività d'impresa. Sul piano teorico concreta infatti un sinallagma oneroso - almeno nel caso del contratto preliminare bilaterale - la simmetrica assunzione dell'impegno a stipulare il contratto definitivo configurandosi come la reciproca assunzione di un sacrificio e di un vantaggio per ciascuno dei contraenti del preliminare. Il soggetto esercente attività d'impresa che è parte del preliminare assume quindi un'obbligazione "di fare" verso corrispettivo (la reciproca obbligazione della controparte) che rientra nel disposto dell'art. 3, comma 1 del D.P.R. n. 633/1972 in un contesto che tributariamente si qualifica secondo lo schema dell'operazione permutativa astrattamente imponibile secondo il suo valore normale (ex art. 13, comma 2, lett. d) D.P.R. n. 633/1972).
La prassi applicativa dell'Iva, nel dubbio dell'esistenza di un autonomo carattere patrimoniale delle reciproche prestazioni, ha però realisticamente e pragmaticamente trascurato siffatta ricostruzione. Dal regolamento negoziale a contenuto obbligatorio, anche se concluso da imprenditori o esercenti arti e professioni, non discende infatti alcuna cessione di beni o prestazione di servizi non verificandosi quel "momento di effettuazione dell'operazione" che la disciplina Iva (art. 6) considera determinante ai fini dell'applicazione dell'imposta e che, con riferimento alle cessioni di beni, coincide con la realizzazione degli effetti traslativi o costitutivi e per le prestazioni di servizi con quel pagamento del corrispettivo che segue normalmente (salvo il caso degli acconti di prezzo) la stipula del contratto definitivo. Pertanto nessun rilievo assume ai fini Iva il preliminare che si limiti a rappresentare una sequenza programmatica in vista del contratto definitivo [nota 3].
è dunque proprio la portata meramente obbligatoria a recare - direi in via sistematica - l'estraneità dal campo applicativo dell'imposta sul valore aggiunto [nota 4] delle pattuizioni contenute nel preliminare.
L'assoggettamento a tale imposta è dunque riservato all'ipotesi in cui un'operazione di "cessione di beni" o "prestazione di servizi" si realizzi effettivamente (nel caso delle cessioni di immobili la stipulazione o l'effetto traslativo se postergato) ovvero quando comunque si abbia il pagamento di tutto o parte del prezzo (e dunque l'effettuazione dell'operazione). In questo caso (o in quello del preliminare ad esecuzione anticipata) [nota 5], infatti, trova applicazione la regola di carattere generale per cui, se anteriormente al verificarsi degli eventi che normalmente costituiscono "effettuazione" dell'operazione sia pagato in tutto o in parte il corrispettivo, l'operazione si considera effettuata, limitatamente all'importo pagato, alla data del pagamento (art. 6, comma 4, D.P.R. n. 633/1972).
La cessione del contratto preliminare ai fini dell'imposta sul valore aggiunto
L'imposta sul valore aggiunto assume invece rilievo se successivamente alla conclusione del contratto preliminare si proceda ad una sua cessione [nota 6]. La relazione ministeriale al decreto Iva chiarisce che l'imponibilità dell'operazione discende dalla configurazione delle "obbligazioni relative" come obbligazioni in facere [nota 7]; ciò sebbene dalla lettura dell'art. 1406 c.c. la cessione del contratto abbia per oggetto non già un bene, ma le qualità di contraente di una delle parti del contratto a prestazioni corrispettive, cosicché con tale cessione non si attua un trasferimento della cosa già acquistata da parte del cedente, ma unicamente la mera sostituzione di una delle parti nell'ambito dell'unico rapporto.
Il risultato in termini di imponibilità Iva non muta se si utilizza il preliminare con consenso preventivo alla cessione, ammesso dall'art. 1407 c.c.. Se è infatti vero che tale preliminare sembra ripetere uno schema analogo a quello della dichiarazione di nomina a seguito di riserva contenuta nel preliminare, il tratto distintivo tra le due figure si apprezza proprio negli effetti, da una parte, della dichiarazione di nomina e, dall'altra, della cessione del contratto al terzo. Nel primo caso, infatti, il terzo subentra quale parte sostanziale del rapporto con effetto ex tunc estromettendo totalmente lo stipulante; nella cessione del contratto, invece, la sostituzione avviene a titolo derivato e con effetto ex nunc con conseguente frazionamento in due momenti giuridicamente diversi, cui corrispondono differenti parti del contratto.
Ebbene ai fini dell'applicazione dell'Iva diviene rilevante proprio tale segmentazione - dal punto di vista soggettivo - del rapporto contrattuale. Il soggetto cedente prima della cessione sarà a tutti gli effetti parte del contratto e questa sua posizione soggettiva deve essere considerata per determinare le conseguenze fiscali di eventuali acconti sul prezzo versati (oppure ricevuti) nel senso che, verificandosi gli ulteriori requisiti applicativi, il versamento di acconti determinerà l'assoggettamento ad imposta e l'obbligo dell'emissione (e della registrazione) della fattura [nota 8].
Se, successivamente, il contratto viene ceduto ed il corrispettivo contrattuale (o, meglio, la differenza tra il corrispettivo contrattuale e gli acconti già versati) è versato (o ricevuto) dal cessionario del contratto si genererà un ulteriore obbligo di emissione di fattura e di pagamento dell'imposta, del tutto distinto dal precedente.
Così se un soggetto (A) conclude un preliminare di acquisto di immobile da (B), con preventiva autorizzazione alla cessione e corresponsione di un acconto sul prezzo al momento della conclusione del preliminare e successivamente viene comunicata la cessione del contratto preliminare da A ad un terzo soggetto (C) che a sua volta concluderà il contratto definitivo il soggetto B emetterà due fatture, con addebito dell'Iva a due soggetti distinti: la prima nel momento in cui ha ricevuto da A l'acconto, la seconda nel momento della stipula del contratto definitivo con C per la differenza.
In tal caso la cessione del contratto non presenta le condizioni - come meglio vedremo in seguito - richieste dall'art. 26 D.P.R. n. 633/1972 per la nota di variazione con conseguente definitività delle situazioni giuridiche (in termini di rivalsa come di detrazione) [nota 9] facenti capo ai diversi soggetti. Proprio la definitività delle posizioni giuridiche, anche dal punto di vista fiscale, del cedente e del cessionario nei confronti del venditore non consente a quest'ultimo di detrarre l'imposta che è stata addebitata ad un soggetto distinto che, nel momento in cui l'operazione è stata effettuata, era parte sostanziale del rapporto. A parte il problema applicativo del mancato possesso della fattura (che è stata emessa ad un soggetto distinto), appare insormontabile il rilievo per il quale il diritto di detrazione sorge nello stesso momento in cui la operazione è effettuata e di conseguenza anche la sussistenza delle condizioni che sorreggono l'esercizio del diritto devono essere verificate in quel momento [nota 10].
Così la cessione del contratto verso corrispettivo [nota 11] comporta, da un lato, ai sensi dell'art. 3, comma 2, n. 5, D.P.R. n. 633/72, assoggettamento ad imposta ogniqualvolta il cedente rivesta la qualifica di soggetto passivo Iva e, dall'altro, una stabilità in termini di rivalsa e detrazione delle situazioni Iva che faranno capo ai diversi soggetti. Con un conseguente, notevole, innalzamento dell'onere impositivo se l'acquirente non può detrarre l'Iva e si confronta - in termini di identità di risultato - tale schema con quello del preliminare per persona da nominare grazie all'applicabilità - come vedremo meglio in seguito - della procedura di cui all'art. 26, comma 2, D.P.R. n. 633/72.
Inoltre la circostanza che ai sensi del successivo comma 3 anche le cessioni effettuate «a titolo gratuito per altre finalità estranee all'esercizio d'impresa» costituiscano prestazioni di servizi imponibili in base al valore normale [nota 12] rende nei fatti la cessione del contratto preliminare come difficilmente praticabile.
In questo contesto appare dunque opportuno l'esame degli schemi alternativi alla cessione del preliminare.
Il preliminare per persona da nominare
Proprio le problematiche che discendono dalla cessione del contratto preliminare sono una delle cause della diffusione specie nelle compravendite immobiliari del contratto preliminare per persona da nominare [nota 13]; infatti all'assunzione dell'obbligo di concludere un nuovo contratto predeterminato nel contenuto si accompagna la riserva di nomina che consente allo stipulante di riservarsi, nei confronti dell'altro contraente (promittente), la facoltà di nominare successivamente un soggetto diverso nei cui confronti faranno capo i diritti e le obbligazioni nascenti dallo stesso contratto preliminare con effetto ex tunc.
La sequenza preliminare-definitivo, composta dalle (almeno) due fasi distinte della conclusione dell'affare, da un lato, e della produzione degli effetti, anche reali, dall'altro, risulta così complicata dalla riserva di nomina che costituisce una ulteriore vicenda in grado di incidere sugli esiti ultimi del regolamento negoziale, in quanto riferito ad un soggetto differente rispetto a quello che ha concluso il preliminare. Si tratta di una circostanza che ai fini Iva assume rilievo se già in sede di preliminare si è verificato - in tutto o in parte per l'anticipazione del pagamento - il momento di effettuazione dell'operazione con conseguente insorgenza degli obblighi Iva, ma che - come vedremo - sembra riservare esiti diversi da quelli della cessione del preliminare.
Le questioni nascenti dalle "anticipazioni" di pagamenti
Abbiamo visto precedentemente che l'assoggettamento a Iva del preliminare è "riservato" all'ipotesi in cui un'operazione di "cessione di beni" o "prestazione di servizi" si realizzi effettivamente ovvero quando comunque si abbia l'effettuazione dell'operazione (il pagamento di tutto o parte del prezzo). Solo in questo caso, infatti, troverà applicazione la regola di carattere generale per cui, se anteriormente al verificarsi degli eventi che normalmente costituiscono "effettuazione" dell'operazione sia pagato in tutto o in parte il corrispettivo (o sia emessa fattura), l'operazione si considera effettuata limitatamente all'importo pagato, alla data del pagamento (art. 6, comma 4 D.P.R. n. 633/1972).
Si avrà pertanto applicazione dell'Iva, seppur limitatamente all'importo pagato, cui segue l'obbligo di emissione della fattura da parte del promettente venditore soggetto passivo Iva [nota 14] mentre il promissario acquirente se diverso da un consumatore finale e sussistendone gli ulteriori requisiti, avrà diritto alla detrazione dell'imposta [nota 15].
Deve però trattarsi di un vero e proprio pagamento di prezzo. Se infatti in sede di preliminare è stata versata una somma qualificabile come caparra confirmatoria la funzione risarcitoria di tale somma vale a distinguerla dall'acconto ed a giustificarne l'estraneità dal campo applicativo Iva [nota 16].
In tal caso, non si potrà ritenere verificato il presupposto di un pagamento e, dunque, la previsione contenuta nell'art. 6, comma 4, D.P.R. n. 633/72, con assoggettamento alla sola imposta proporzionale di registro (0,5%) [nota 17]. La soluzione adottata dal legislatore è infatti nel senso di prevedere per acconti e caparre confirmatorie un'autonoma tassazione in sede di registrazione del preliminare, ma con imputazione di tali versamenti a detrazione dell'imposta principale dovuta per la registrazione del definitivo.
Più precisamente la nota all'art. 10 della Tariffa parte I° stabilisce che «se il contratto preliminare prevede la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria si applica il precedente articolo 6; se prevede il pagamento di acconti di prezzo non soggetti all'imposta sul valora aggiunto ai sensi degli artt. 5, comma 2, e 40 del T.U. si applica il precedente articolo 9. In entrambi i casi l'imposta pagata è imputata all'imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo». Per la caparra confirmatoria il rinvio all'art. 6 della Tariffa opera come riferimento alla misura dell'aliquota [nota 18] e, dunque, importa il pagamento dell'imposta nella misura dello 0,50 per cento. La stessa imposta è prevista per l'eventuale quietanza che pure può venire rilasciata nel preliminare; va tuttavia rilevato che ciò non comporta una duplicazione d'imposta poiché - almeno per le quietanze c.d. contestuali - l'art. 21, comma 3 del T.U. del registro stabilisce che non sono soggette ad imposta «le quietanze rilasciate nello stesso atto che contiene le disposizioni cui si riferiscono».
è però importante osservare che l'imposta sulla caparra assolta in sede di registrazione non sarà neppure detraibile in sede di definitivo, essendo quest'ultimo soggetto ad Iva scontando l'imposta di registro in misura fissa. Soluzione che appare in contrasto con la natura funzionale di acconto sul prezzo che la caparra confirmatoria assume a seguito dell'adempimento contrattuale (conclusione del contratto definitivo) e che fa sì che lo stesso importo vada normalmente a formare la base imponibile relativamente alla quale è emessa fattura ed è calcolata e corrisposta l'Iva. Con la conseguenza che l'assoggettamento anche ad imposta proporzionale di registro realizzerebbe una violazione del principio di alternatività che, come noto, regola i rapporti tra le due imposte [nota 19].
A soluzione diversa si giunge solo se si enfatizza il principio contenuto nell'art. 6 della Tariffa come rispondente all'esigenza di evitare duplicazioni d'imposta in concerto con il principio dell'alternatività Iva - registro (art. 40 T.U. registro). In particolare il principio di alternatività, attesa la sua ampia formulazione ancorché ormai con qualche limite proprio per le operazioni immobiliari esenti Iva, dovrebbe ricomprendere tutti gli atti che servono a sostanziare il rapporto giuridico espresso dalle parti. La caparra confirmatoria - che in caso di adempimento deve comunque essere imputata ai sensi dell'art. 1385, comma 1, c.c. alla prestazione dovuta - avrebbe la stessa natura ed assolverebbe anche alla stessa funzione di un acconto di prezzo e in sede di definitivo verrebbe assorbita dall'assoggettamento ad Iva, non dovendo così scontare l'imposta proporzionale di registro. In sostanza poiché la pattuizione della caparra confirmatoria costituisce una disposizione accessoria preordinata al negozio definitivo di compravendita assoggetto ad Iva non sarebbe suscettibile di autonoma tassazione rispetto al rapporto principale con conseguente applicazione dell'imposta di registro in misura fissa [nota 20]. Si tratta, tuttavia, di un'impostazione non accettata dall'Amministrazione finanziaria [nota 21], ma che ha avuto l'autorevole avallo della Suprema Corte [nota 22] e della migliore dottrina [nota 23].
Conseguenze sulla tassazione Iva della riserva e della dichiarazione di nomina
La linearità dello schema ipotizzato dal legislatore si fonda sulla identità soggettiva fra chi stipula il preliminare e versa l'acconto e chi poi concluda il contratto definitivo. Linearità che entra in crisi quando alla riserva di nomina segua effettivamente la dichiarazione di nomina in presenza di acconti corrisposti. In questo caso, infatti, l'acconto versato dallo stipulante originario (A) al promittente venditore (B) soggetto Iva, sarà assoggettato ad imposta, così come il prezzo finale corrisposto al momento della stipula del contratto definitivo, laddove però il rapporto di rivalsa sarà questa volta esercitato dal venditore (B) sull'acquirente nominato (C).
La rottura - nel passaggio dal preliminare al definitivo - dell'unità soggettiva promissario acquirente/effettivo acquirente con pagamenti di Iva medio tempore determina la necessità di trovare una qualche regola ai pagamenti di imposta effettuati.
Se infatti si ritiene l'Iva un'imposta che colpisce le singole operazioni intendendo come tali anche i pagamenti parziali o anche quelli solo richiesti con fattura si dovrà configurare come definitiva l'Iva assolta dal promittente acquirente e relativa all'acconto versato ed affermare che, al momento della conclusione del contratto definitivo, al soggetto nominato acquirente debba essere emessa fattura per l'intero importo previsto in contratto o, eventualmente, che, al momento della conclusione del contratto definitivo, al soggetto nominato acquirente debba essere emessa fattura solo per l'importo "residuo", dato dalla differenza tra il corrispettivo previsto e l'acconto versato.
Peraltro le prime due soluzioni non sembrano rappresentare correttamente, dal punto di vista tributario, l'essenza giuridica del preliminare per persona da nominare. Entrambe configurano in termini di definitività il rapporto tra il venditore ed il promissario acquirente (e la conseguente tassazione ai fini Iva), quando, proprio la dichiarazione di nomina provoca un effetto di tipo "risolutivo-sostitutivo" [nota 24] sul rapporto medesimo [nota 25], e così facendo provocano fenomeni di doppia tassazione del medesimo presupposto (in violazione di canoni interpretativi riconosciuti di portata generale nel nostro sistema tributario) ovvero segmentano il rapporto impositivo in termini incompatibili con la configurazione unitaria della fattispecie che, a seguito della dichiarazione di nomina, lega esclusivamente, e per l'intero prezzo previsto in contratto, il venditore al soggetto nominato. Peraltro, seguendo le soluzioni criticate, si giungerebbe a riconoscere il diritto di detrazione in capo al definitivo acquirente soggetto Iva (per il quale si pongono notevoli ostacoli rispetto alla possibile inerenza dell'imposta assolta dal promissario acquirente soggetto Iva) solo su una parte dell'ammontare complessivo, con una possibile violazione del principio di neutralità che, secondo la giurisprudenza comunitaria, connota l'imposta in esame.
Una lettura che non segmenti le operazioni di pagamento parziale, ma sia coerente con la struttura del negozio cui tali pagamenti accedono induce invece a ritenere che, per effetto della dichiarazione di nomina, sorga in capo al venditore il diritto ad attivare la procedura di variazione relativamente all'imposta addebitata allo stipulante sull'acconto. In questo modo, al momento della conclusione del contratto definitivo, al soggetto nominato acquirente dovrà essere emessa fattura per l'intero importo previsto in contratto [nota 26].
La possibilità di ricorrere alla variazione Iva a seguito della dichiarazione di nomina
La soluzione interpretativa da ultimo menzionata presuppone la possibilità per il venditore di procedere alla variazione in diminuzione ai sensi dell'art. 26, D.P.R. n. 633/72.
Il cedente o il prestatore avrebbe quindi «diritto di portare in detrazione ai sensi dell'art. 19 l'imposta corrispondente alla variazione» (registrandola ai sensi dell'art. 25, decreto Iva) ed il cessionario o committente avrebbe diritto alla restituzione dell'importo pagato a titolo di rivalsa ed il dovere, se ha registrato l'operazione, di registrare la variazione ex art. 23 o 24 D.P.R. n. 633/72.
Il ricorso alla procedura di variazione ex art. 26 passa però per la preventiva soluzione di due problemi di ordine interpretativo, che ne potrebbero impedire l'applicazione: si tratta della questione della riconducibilità della fattispecie negoziale in esame ai casi previsti dallo stesso art. 26 D.P.R. n. 633/72 ed il ricorso alla variazione Iva anche oltre il decorso di un anno dalla effettuazione della operazione, ai sensi del comma 3 dell'art. 26.
L'applicabilità dell'art. 26, comma 2, D.P.R. n. 633/72 all'ipotesi di dichiarazione di nomina
L'art. 26, citato, limita la possibilità di ricorrere alla variazione in diminuzione nei casi in cui, successivamente alla emissione e registrazione della fattura si riduca l'ammontare imponibile «in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili» [nota 27]. La possibilità di utilizzare la procedura indicata dalla norma in esame nelle ipotesi di dichiarazione di nomina a seguito di preliminare con versamento di acconti è riconosciuta dall'Amministrazione finanziaria e da gran parte della dottrina [nota 28].
Le osservazioni dell'Amministrazione rispetto all'applicabilità dell'art. 26, secondo comma, D.P.R. n. 633/72, si fondano sulla ricostruzione civilistica dell'istituto della riserva di nomina [nota 29]. Secondo l'Agenzia, infatti, risulta necessaria, qualunque sia la ricostruzione che si ritiene di dover dare, una analisi che si fondi sui punti fermi della disciplina contenuta negli artt. 1401 e ss. c.c., considerandoli alla luce di "situazioni ed interessi propri" del settore Iva. In questa prospettiva è indubitabile che la persona nominata acquisti diritti ed obblighi dal momento della stipula, per la portata retroattiva della dichiarazione di nomina. In modo tale che, confronti dello stipulante, l'effetto della dichiarazione di nomina sia di ordine "risolutivo-sostitutivo".
Tale configurazione giuridica degli effetti della dichiarazione di nomina comporta, a parere dell'Agenzia, l'esigenza di «individuare, documentalmente e contabilmente» i «reali e definitivi soggetti attivi e passivi» dell'operazione compiuta. Come correttamente nota la Direzione regionale, il «riallineamento fiscale dell'operazione» non è solo una esigenza formale, bensì «di natura sostanziale … dipendendo dallo stesso sia l'adeguata soluzione di eventuali problematiche latu sensu collocabili in fenomeni di doppia imposizione, sia la soluzione dei problemi connessi al regolare esercizio del diritto alla detrazione».
La risoluzione citata conclude ritenendo applicabile l'art. 26, comma 2, D.P.R. n. 633/72, e dunque lo strumento della variazione Iva potendo «addivenire alla raffigurazione dell'effetto risolutivo e della definitiva imputazione soggettiva dell'operazione», ricomprendendo così la fattispecie in esame nell'ampia locuzione - e simili - contenuta nella norma. Soluzione condivisibile sulla scorta dell'osservazione per cui la "retroattività degli effetti della nomina" rispetto ai soggetti che possono dirsi parte sostanziale del rapporto non solo risulta innegabile nella configurazione civilistica dell'istituto ma, anche, rappresentativa un evento in grado di incidere sull'efficacia del contratto stesso e, quindi, la piena assimilazione alle altre ipotesi considerate dalla norma.
La fissazione del termine per la dichiarazione di nomina e l'applicabilità dell'art. 26, comma 2, D.P.R. n. 633/72
L'applicabilità dell'art. 26 si fonda sul presupposto che la dichiarazione di nomina venga effettuata rispettando le condizioni poste dagli artt. 1401 e ss. c.c. e, dunque, sia in grado di produrre gli effetti tipici illustrati.
L'Amministrazione ha infatti tradizionalmente [nota 30] ritenuto non configurabili gli effetti propri di un contratto per persona da nominare quando non risulti «fissato un termine preciso per la nomina dell'effettivo acquirente». La giurisprudenza civilistica ritiene infatti che «il diverso termine stabilito dalle parti», rispetto a quello di tre giorni di cui all'art. 1402 c.c., «deve essere certus an et quando, nel senso cioè che non debba sussistere dubbio alcuno che l'adempimento prescritto dalla legge (nomina e comunicazione del contraente nominato) avvenga in un determinato numero di giorni a partire dalla stipulazione del contratto o a scadenza fissa o in altro modo sicuramente determinato» [nota 31].
La certezza nella fissazione del termine, dunque, non corrisponde ad alcuna "specificità" fiscale, dovendosi anzi giustificare proprio alla luce delle prevalenti affermazioni della giurisprudenza civilistica [nota 32].
La certezza nell'indicazione contrattuale del termine per la dichiarazione di nomina [nota 33] è, dunque, condizione per riconoscere efficacia alla dichiarazione stessa, visto che, diversamente, quest'ultima non è in grado di provocare alcun effetto sostanziale di ordine retroattivo. La stessa precisa indicazione del termine risulta una condizione, allora, anche per l'applicazione dell'art. 26, comma 2, D.P.R. n. 633/72 se, come visto, la soluzione interpretativa si giustifica proprio alla luce degli effetti (e, quindi, delle relative condizioni) prodotti dalla dichiarazione di nomina in base alla disciplina codicistica.
La possibilità di effettuare la variazione anche oltre un anno dall'operazione
Un ulteriore limite temporale è invece contenuto nella stessa disciplina tributaria: il comma 3 dell'art. 26, D.P.R. n. 633/72, limita infatti il ricorso alla procedura di variazione di cui al comma 2, che non può esercitarsi «dopo il decorso di un anno dalla effettuazione dell'operazione imponibile», qualora «gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo tra le parti».
Tuttavia accogliendo la ricostruzione prima illustrata rispetto alle ragioni ed alle condizioni di applicabilità dell'art. 26, comma 2, non sembra dubbio che la dichiarazione di nomina non sia riconducibile a casi di «sopravvenuto accordo tra le parti».
L'esercizio della dichiarazione di nomina non configura, infatti, alcun accordo tra le parti originarie del contratto. In questo senso, la riserva di nomina e, dunque, la fonte negoziale degli effetti della dichiarazione di nomina sono da individuarsi nel contratto originario [nota 34] con conseguente estensione dell'applicabilità dell'art. 26, comma 2, D.P.R. n. 633/72 oltre il termine di un anno dalla effettuazione dell'operazione [nota 35].
Osservazioni in merito all'utilizzo di figure negoziali alternative: preliminare a favore di terzo o preliminare di vendita di cosa altrui
Gli effetti pratici del contratto preliminare con riserva di nomina possono essere raggiunti con figure alternative. La possibilità di raggiungere con un solo passaggio il risultato del trasferimento del bene ad un terzo "estraneo" al preliminare appare esaltata dalle figure del contratto preliminare a favore di terzo e dal preliminare di vendita di cosa altrui. Il primo, ammesso dalla giurisprudenza [nota 36] e dalla dottrina civilistiche nonostante dal contratto preliminare possano derivare non solo situazioni di vantaggio (come è tipico nella stipulazione a favore di terzo), ma, complessivamente, diritti ed obblighi inerenti alla posizione di parte contrattuale che si cede, sembra caratterizzato dalla gratuità e da una sequenza procedimentale di atti che realizza la funzione della vendita. Pertanto in forza di siffatto «contratto sorge a carico dello stipulante l'obbligazione del prezzo ed a carico del promittente l'obbligo di trasferire il diritto sul bene al terzo» [nota 37], terzo che acquista il diritto ad «un atto traslativo solvendi causa» [nota 38].
Anche nel preliminare di vendita di cosa altrui [nota 39] il terzo interviene con un pagamento solvendi causa che consente il trasferimento direttamente in suo favore. L'ipotesi più interessante di questo schema negoziale è infatti proprio quella per cui il trasferimento diretto della cosa dal proprietario all'acquirente avviene direttamente attraverso un pagamento che ha funzione solutoria della precedente obbligazione assunta con la sottoscrizione del contratto preliminare di cosa altrui. Si tratterebbe, dunque, di un atto a formazione progressiva in cui l'atto traslativo avviene solvendi causa in adempimento degli obblighi assunti in sede di preliminare.
Ai fini Iva è tuttavia importante sottolineare che in entrambi i casi il terzo non diviene in nessun momento parte sostanziale del contratto preliminare (come invece accade, pur se in modo differente, per effetto della dichiarazione di nomina o la cessione del contratto) [nota 40]. Entrambe le fattispecie non sembrano, così, comportare particolari difficoltà ricostruttive.
In effetti lo stipulante è a tutti gli effetti la parte sostanziale ed è colui che, se venditore, dovrà applicare l'imposta sugli acconti ricevuti così come al momento della stipula del definitivo e, se acquirente, dovrà assolvere la relativa imposta. Con, in questo secondo caso, un diritto alla detrazione (ovviamente, qualora sia soggetto passivo Iva) ogniqualvolta sia riscontrabile l'inerenza della operazione compiuta rispetto all'attività esercitata, visto che il soggetto che acquista diritti in relazione alla spesa (per acconto) compiuta è un soggetto terzo. Sarà allora quantomeno necessario individuare un rapporto sottostante tra terzo beneficiario e stipulante in grado di giustificare la spesa compiuta all'interno dell'attività esercitata dallo stipulante.
Diversamente, invece, accade qualora si ammetta, anche in base alla ricostruzione della volontà delle parti espressa nel contratto preliminare, che il terzo acquisti il diritto (ma non l'obbligo) alla conclusione del contratto definitivo. In tale caso, infatti, il contratto definitivo sarà concluso dallo stesso soggetto beneficiario che diventerà parte sostanziale del rapporto, pur non avendo partecipato al contratto preliminare. Egli sarà il soggetto cui verrà addebitata l'imposta oppure (se venditore) colui che, sussistendone gli ulteriori requisiti, dovrà emettere fattura ed applicare l'Iva. Certamente, però, non potrà essere utilizzato lo strumento della variazione Iva (art. 26, D.P.R. n. 633/72) per l'imposta relativa agli acconti assolti dallo stipulante del contratto preliminare, se si considera che l'esercizio del diritto da parte del terzo non produce gli stessi effetti retroattivi della dichiarazione di nomina, come si è in precedenza evidenziato.
Anche in caso di preliminare di vendita di cosa altrui avremo che l'unico trasferimento di proprietà dell'immobile è assoggettato ad Iva (qualora in capo ai contraenti ricorrano le condizioni soggettive) e che eventuali acconti d'imposta pagati dal promissario acquirente di cosa altrui non potranno essere oggetto della variazione ex art. 26 in quanto non vi è qui alcun profilo risolutivo, ma l'intervento di un soggetto terzo a tutti gli effetti e con efficacia ex nunc. è tuttavia importante segnalare che il promissario acquirente - a differenza di quanto accade nel preliminare a favore di terzo (in quanto contratto essenzialmente gratuito) - assume dietro corrispettivo l'obbligazione di rinunziare all'esercizio dei propri diritti di promissario in ciò compiendo una prestazione di servizi assoggettabile ad Iva che ne sosterrà l'inerenza e gli potrà consentire la detrazione dell'eventuale imposta pagata sugli acconti.
[nota 1] Mi riferisco in particolare alla relazione di PETRELLI, «La circolazione del preliminare di vendita del costruttore e il D.lgs. 122/2005», in questo volume.
[nota 2] FEDELE, «Trascrizione del contratto preliminare e disciplina tributaria», in Riv. not., 1998, p. 1115.
[nota 3] Così BRACCINI, voce Contratto preliminare II, dir. trib., in Enc. Treccani, p. 4 che richiama la tesi civilistica (GABRIELLI, Il contratto preliminare, Milano, 1970, p. 220) per la quale «una precisa rappresentazione in termini monetari dell'utilità conseguita mediante la scelta della sequenza preliminare-definitivo riesca impossibile o quantomeno difficilissima seppure debba riconoscersi l'esistenza di un autonomo carattere patrimoniale della prestazione».
[nota 4] Ris., n. 302028 del 19 dicembre 1974; in giurisprudenza si veda Comm. trib. centr., dec. n. 1597 del 2 marzo 1982, in Riv. comm. trib. centr., 1982, I, p. 503; in dottrina cfr. FORMICA, Il contratto preliminare di vendita nell'imposizione di registro e sul valore aggiunto, in AA.VV., La casa di abitazione tra normativa vigente e prospettive, III, Milano, p. 702; BRACCINI, voce Contratto preliminare, cit., p. 5, cui si rinvia anche per il problema della distinzione, e del differente trattamento fiscale, dall'ipotesi di vendita con riserva di proprietà.
[nota 5] è appena il caso di notare che il preliminare ad esecuzione anticipata - nel quale l'effetto del rinvio al definitivo per gli effetti traslativi e per la definizione del regolamento negoziale si verifica prevalentemente ex uno latere ovvero a solo vantaggio del promittente venditore - è una figura civilisticamente problematica di contratto preliminare. Quest'ultimo, infatti, resta nella titolarità del diritto patrimoniale, mentre il promissario acquirente dà esecuzione anticipata del contenuto del definitivo attraverso il versamento in tutto o in parte dell'obbligazione giuridicamente ed economicamente tipica del compratore (il pagamento del prezzo). In sostanza in questo schema mentre l'atto di disposizione resta di competenza del definitivo con il quale si dà l'effetto dello spostamento patrimoniale riguardo il bene promesso in vendita, il contenuto obbligatorio del preliminare si accresce oltre il suo effetto tipico di obbligo a stipulare il definitivo, essendovi in forza della pattuita anticipata esecuzione di questo, l'attribuzione patrimoniale di un diritto di credito a favore del promissario acquirente.
[nota 6] è peraltro dubbio che tale cessione possa avvenire se le prestazioni sono state eseguite. Per l'ammissibilità della cessione del contratto anche in caso di contratto a prestazioni corrispettive quando una delle stesse sia stata adempiuta: Cass. 23 aprile 1980, n. 2674. Sul punto, FORMICA, op. cit., p. 690 e le osservazioni di BELLINI, Il contratto preliminare, cit., p. 7, il quale nota che «è vero che potrebbe esserci stato già un principio di esecuzione, consegna della cosa, corresponsione di parte del corrispettivo, ma si tratterebbe di parziale anticipata esecuzione del contratto definitivo e tali effetti anticipati possono essere trasferiti dal cedente in capo al cessionario».
[nota 7] Così FILIPPI, Le cessioni di beni nell'imposta sul valore aggiunto, Padova, 1984, p. 201.
[nota 8] Cass., sez. trib., 5 ottobre 2005, n. 19399, in Banca dati Ipsoa: «la cessione della posizione di contraenza relativa ad un contratto preliminare di compravendita rientra tra le cessioni di contratti di ogni tipo ed oggetto, che l'art. 3, comma 2, n. 5 del D.P.R. n. 633/72 qualifica come prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo, con la conseguente applicabilità dell'art. 6, comma 3, secondo cui la prestazione si considera effettuata all'atto del pagamento del corrispettivo».
[nota 9] è stato correttamente osservato (Consiglio Nazionale del Notariato Studio n. 32-2007/T est. Tassani) che se anche si verificasse un'ipotesi in cui la cessione del contratto fosse non imponibile perché, per esempio, effettuata da una persona fisica non imprenditore (né esercente arti e professioni) il cessionario del contratto soggetto passivo Iva avrebbe comunque interesse a detrarre l'intera imposta relativa al complessivo corrispettivo contrattuale e non solo quella assolta dal medesimo soggetto al momento della stipula del contratto definitivo (ovvero anche la parte assolta dal cedente al momento del versamento degli acconti). Detrazione che è, invece, in questi termini possibile nel caso di scelta negoziale per il preliminare con riserva di nomina.
[nota 10] Per tutte Corte di Giustizia Ce, 11 luglio 1991, C-97-90, Lennartz, in Racc. giur. Corte, 1991, p. 3839. Così anche Cass., sez. trib., 16 aprile 2007, n. 8965, in Banca dati Ipsoa.
[nota 11] L'onerosità è ritenuta determinante per l'assoggettamento ad Iva della cessione del contratto da SAMMARTINO, voce Cessione del contratto II, dir. trib., in Enc. giur., Roma, 2001, p. 2; e da PERRONE CAPANO, L'imposta sul valore aggiunto, Napoli, 1977, p. 340 e ss.
[nota 12] Sulla possibile imponibilità della cessione gratuita del contratto, equiparata all'ipotesi di destinazione a finalità estranee, FORMICA, op. cit., 1986, p. 691-2.
[nota 13] D'altra parte è noto che giurisprudenza e dottrina civilistiche ammettono pacificamente l'apposizione, nel contratto preliminare, della riserva di nomina, clausola che - salvo che nel caso di contratti intuitus personae e di contratti c.d. "di secondo grado" o che si riferiscono a beni determinati e a diritti appartenenti ai contraenti originari - può essere riferita a qualsiasi schema contrattuale (cfr. PATTI, «Contratto preliminare per persona da nominare», in Riv. not., 2001, p. 1341 e ss.; VISALLI, «Contratto per persona da nominare e preliminare», in Riv. dir. civ., 1998, II, p. 361 e ss.; GISOLFI, «Preliminare per persona da nominare: osservazioni in tema di contratto per persona da nominare, cessione del contratto e contratto a favore di terzo», in Riv. not., 2003, p. 1241 e ss.).
[nota 14] Cass. 24 settembre 1997, n. 371, in Fisconline e più di recente Cass., sez. trib., 30 gennaio 2007, n. 6487 e 14 novembre 2002, n. 7348 (entrambe in Fisconline) (peraltro relative ad un caso di preliminare di vendita che prevedeva l'obbligo, da parte dell'acquirente, di rilascio di cambiali in cui l'obbligazione di pagare sia già scaduta «in quanto solo in tale caso può ritenersi intervenuto un evento giuridicamente rilevante equiparabile al pagamento»).
[nota 15] è appena il caso di precisare che l'Iva non va ad aggiungersi all'imposta proporzionale di registro, se si considera che l'art. 10 Tariffa allegata al D.P.R. 131/1986, prevede la tassazione proporzionale sugli acconti nei soli casi in cui non vi sia assoggettamento ad Iva degli stessi.
[nota 16] FORMICA, op. cit., p. 650. In giurisprudenza Cass., 12 ottobre 2005, n. 28697, in Fisconline; Cass., 12 dicembre 2006, n. 1320, in Fisconline, in cui la precisazione che spetta al giudice di merito accertare la reale volontà delle parti, in base ad elementi intrinseci ed estrinseci al contratto, per la configurazione della clausola quale acconto piuttosto che quale caparra confirmatoria. Nello stesso senso, infine, Ris. Min. 1 giugno 1974, n. 501824 e Ris. Min., 29 marzo 1976, n. 360321.
[nota 17] Soluzione ribadita da ultimo dalla Risoluzione n. 470/E del 30 ottobre 2008.
[nota 18] Tale tesi, sostenuta tra gli altri da BELLINI («Il contratto preliminare di compravendita immobiliare», inserto del Corr. trib., 1997) è preferibile a quella che assimila la caparra confirmatoria alla quietanza ed alle garanzie. Affermazioni non condivisibili poiché se si trattasse di quietanza la clausola non dovrebbe essere tassata ai sensi dell'art. 21, comma 3 del D.P.R. n. 131/1986, mentre a chi considera la caparra confirmatoria come una garanzia si può opporre che dovrebbe essere tassata solo se "prestata da terzi" ai sensi dell'art. 6 della stessa Tariffa; e ciò non accade nel preliminare dove la caparra è normalmente corrisposta dal promissario acquirente.
[nota 19] Cass., sez. trib., 28 novembre 2000, n. 15276; Comm. trib. Reg. Lazio, 24 novembre 2005, n. 186, in Fisconline; Comm. trib. prov. Milano, 17 luglio 2003, n. 129. In dottrina, BERLIRI, Corso istituzionale di diritto tributario, III, Milano, 1987, p. 96; BRACCINI, op. cit. p. 3. Recentemente l'Agenzia delle entrate è intervenuta sul tema (con la Ris. n. 197/E del 1 agosto 2007) confermando la irrilevanza ai fini Iva della caparra confirmatoria così come il mutamento di natura giuridica della stessa al momento della conclusione del contratto definitivo, divenendo la stessa acconto del prezzo. Non risulta però chiaro, nella ricostruzione fornita dalla Agenzia, se l'eventuale rilevanza ai fini Iva del versamento del corrispettivo sul contratto preliminare possa consentire il rimborso della imposta proporzionale versata precedentemente in relazione alla caparra confirmatoria. A questa espressa affermazione l'Agenzia non giunge, anche se rileva, da una parte, che occorre indagare se le parti vogliano aggiungere, alla funzione risarcitoria tipica della caparra confirmatoria, anche quella, «rilevante a seguito dell'esecuzione, di anticipazione del corrispettivo». Dall'altra parte, l'Agenzia afferma infatti in generale la generale applicabilità del criterio di alternatività, ritenendo che «le disposizioni soggette ad Iva non saranno imponibili agli effetti del registro, risultando dovuta la sola imposta di registro in misura fissa». In questo senso anche lo studio 13-2007/T, I profili fiscali dei nuovi obblighi dei mediatori, cit., par. 5.
[nota 20] Così Comm. trib. prov. Milano, sez. XXIX, n. 129 del 17 luglio 2003 confermata Comm. trib. reg. Lombardia, sez. XVII, 17 dicembre 2004, n. 45 entrambe inedite.
[nota 21] Ris. Min., 3 gennaio 1985, n. 251127, in Corr. trib. 1985, p. 588 che ha ritenuto irrilevante che al momento della stipula del definitivo la somma versata a titolo di caparra divenga parte del corrispettivo pattuito e, come tale, concorra alla formazione della base imponibile ai fini Iva.
[nota 22] Cass., sez. trib., 28 novembre 2000, n. 15276 per la quale se la ratio della disciplina dell'imposta di registro è evitare la duplicazione d'imposta fra caparra e prezzo pagato al definitivo «non si comprende perché non debba trovare applicazione nelle ipotesi in cui, come nel caso di specie, il contratto definitivo sia assoggettato ad Iva, anche in considerazione del fatto che, in tal caso, l'atto non può essere assoggettato all'imposta proporzionale di registro (art. 40, D.P.R. n. 131/1986)». Più debole pare invece la posizione espressa dalla sentenza n. 78 del 23 aprile 2001 della Comm. trib. centr., sez. XXXV, che si è limitata ad escludere l'imposta proporzionale di registro sulla mera scorta della circostanza che la caparra confirmatoria era stata fatturata con Iva. Contra Corte App. Campobasso, 11 aprile 1985, in Boll. trib., 1985, p. 1859.
[nota 23] A. BERLIRI, Corso istituzionale di diritto tributario, III, Milano, 1987, p. 96 afferma che «sebbene dal primo periodo della nota sembri che la caparra confirmatoria sia sempre soggetta all'imposta di cui all'art. 6, dal secondo periodo risulta che, se la caparra confirmatoria è prestata dal promissario acquirente, è dovuta, in adempimento del principio di alternatività, la sola tassa fissa, quando il futuro venditore è un soggetto Iva e, quindi, la somma da lui incassata è assoggettata all'imposta sul valore aggiunto». BRACCINI, voce Caparra, dir. trib., in Enc. giur. Treccani ipotizza invece che l'impossibilità di recuperare l'imposta assolta in sede di preliminare al quale sia seguito un definitivo assoggettato ad Iva lascerebbe aperto lo spazio per un'eccezione di illegittimità costituzionale della disposizione.
[nota 24] Ris. Ag. entrate, Direzione Regionale Emilia-Romagna 9 maggio 2002, n. 909-20845, in Banca dati Ipsoa.
[nota 25] A maggior ragione, queste considerazioni debbono valere se si considera che l'attuale disciplina delle cessioni di fabbricati effettuate da soggetti passivi Iva (incisa dal D.l. n. 223/2006) prende in considerazione la situazione soggettiva del cessionario per determinare il regime impositivo dell'operazione (operazione imponibile oppure operazione esente). Risulta dunque necessario ricostruire la fattispecie unitariamente, avendo riguardo ai definitivi soggetti passivi, cedente e cessionario.
[nota 26] Soluzione accolta anche dal Consiglio Nazionale del Notariato Cfr. Studio Consiglio Nazionale del Notariato n. 32-2007/T, est. Tassani.
[nota 27] «O per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose o in conseguenza dell'applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente». Per una approfondita analisi dell'art. 26, D.P.R. 633/72, si rinvia a CARINCI, «Le variazioni Iva: profili sostanziali e formali», in Riv. dir. trib., 2000, I, p. 196 e ss.
[nota 28] Risoluzione della Agenzia delle entrate, Direzione regionale Emilia-Romagna 9 maggio 2002, n. 909-20845. In dottrina BRACCINI, voce Contratto per persona da nominare, cit., p. 5; FEDELE, Trascrizione del contratto preliminare e disciplina tributaria, cit.; DEL NERO, «Edilizia. Note di variazione Iva in presenza di contratto preliminare per persona da nominare», in Il fisco, 2006, p. 6208; NESSI, «Contratti con clausola per persona da nominare: problematiche Iva», in Il fisco, 2006, p. 7479 e da ultimo la circ. del Cons. Naz. Notariato citata. Contra RICCA, «L'Iva nel contratto per persona da nominare», in Il fisco, 1994, p. 2906 e ss.; COPPOLA, «Iva. Il contratto per persona da nominare», in Boll. trib., 1988, p. 1185 e ss.; Comm. trib. I° grado Pisa, 30 ottobre 1978, in Boll. trib., 1979, p. 241.
[nota 29] Ricostruzioni che prescindono dalla contrapposizione tra la teoria "condizionale" e quella della "rappresentanza in incertam personam"; contrapposizione che, peraltro, la dottrina civilistica più recente tende a superare. Nota infatti VISALLI, op. cit., p. 378, come sia «necessario abbandonare le opzioni teoriche ed anteporre una ricostruzione esegetico-sistematica del dato normativo, oltreché l'analisi del profilo strutturale e funzionale del contratto. Aggiungerei che solo con questo metodo di ricerca l'inquadramento del negozio può essere non solo convincente, ma comportare anche delle conseguenze apprezzabili nelle sue applicazioni pratiche».
[nota 30] Ris. n. 400649 del 29 aprile 1986, in Banca dati Ipsoa.
[nota 31] Con esclusione, prosegue la risoluzione citata, «di determinazione incerta o generica del termine, come quella apposta nell'atto in esame secondo la quale la dichiarazione di nomina doveva essere fatta al momento della stipula del rogito definitivo di compravendita».
[nota 32] Per tutte Cass. n. 6952/2000, secondo cui il termine fissato dal contratto per la dichiarazione di nomina, deve essere certus an et quando, non potendo far «sorgere dubbio alcuno che l'adempimento prescritto dalla legge avvenga in un determinato numero di gironi a decorrere dalla stipulazione del contratto oppure a scadenza fissa o in altro modo sicuramente determinato». «In mancanza di tali caratteristiche la clausola è inidonea a sostituire il termine legale e se l'indicazione del contraente non avviene entro questo termine il contratto produce i suoi effetti tra i contraenti originari». Sul punto anche GAZZONI, Manuale di diritto privato, 2006, Esi, p. 1071, il quale rileva che il termine deve essere certo e non può essere rinnovato prima della sua scadenza. L'eventuale dichiarazione tardiva, pur se accettata dal promittente, «non avrà effetto, salvo che possa essere qualificata come cessione di contratto, operandosi così, peraltro, un ritrasferimento di diritti e di obblighi». Lo stesso Autore, nella voce Contratto per persona da nominare (I), in Enc. giur., p. 7, dubita della fondatezza dell'orientamento giurisprudenziale che ritiene possibile la nomina «fino al momento della stipulazione del contratto definitivo» e che, se tale stipula non interviene per inadempimento del promittente, ritiene il termine «differito fino al momento dell'introduzione del giudizio ex art. 2932 c.c.».
[nota 33] La giurisprudenza ammette la possibilità di prevedere che il terzo possa essere nominato in sede di stipulazione del contratto definitivo (Cass. 10 febbraio 1993, n. 1862, in Giur. it. Mass., 1993; Cass. 12 aprile 1999, n. 3576, in Giur. it. Mass., 1999). Come peraltro nota VISALLI, op. cit., p. 395, risulta importante distinguere tra preliminare per persona da nominare e preliminare rivolto alla stipulazione di un contratto definitivo per persona da nominare. Nel primo caso «lo stipulante deve designare il terzo prima della conclusione del definitivo», nel secondo, «la designazione si verifica, invece, all'atto della conclusione del futuro contratto».
[nota 34] Come nota BRACCINI, voce Contratto per persona da nominare, cit., p. 5, «la dichiarazione di nomina, data la sua natura unilaterale e la sua previsione risalente alla riserva contenuta nel contratto originario, non è per certo in alcun modo assimilabile a sopravvenuto accordo fra le parti inteso a dar luogo all'evento risolutorio in questione».
[nota 35] Si fa riferimento alla risoluzione della Direzione regionale Emilia Romagna del 9 maggio 2002, cit., la quale sottolinea come alla riserva di nomina, in quanto «inserita nell'originaria partizione costituendone suo elemento caratterizzante, non può essere attribuito il carattere di sopravvenuto accordo».
[nota 36] In questo senso, risulta estremamente differente la configurazione giuridica della operazione a seconda che le parti del preliminare si impegnino alla conclusione di un contratto definitivo, che avrà effetto a favore di un terzo, oppure che l'impegno a contrarre «si intenda, esso stesso, a favore del terzo, avendosi in tal caso, un patto a favore del terzo, di contrarre».
[nota 37] PATTI, op. cit., p. 1348.
[nota 38] PALAZZO, «Contratto a favore di terzo e per persona da nominare», in Riv. dir. civ., p. 179, il quale rileva come, «nella prassi notarile ormai consolidata in tema di compravendite immobiliari mediante preliminare il terzo assume la figura di destinatario del trasferimento attraverso l'espressione "destinatario della prestazione pattuita"». Secondo VISALLI, op. cit., p. 397, il preliminare a favore di terzo si fonderebbe su di «un meccanismo che genera due distinte fattispecie: il preliminare di vendita a favore di terzo ed il successivo contratto traslativo solvendi causa, concluso, in esecuzione del precedente accordo fra promittens e stipulans, dal primo dei due in favore del terzo». Sul tema, e sulla distinzione tra preliminare di vendita a favore di terzo e contratto di opzione a favore di terzo, cfr. Cass. 1 dicembre 2003, n. 18321, in Foro it., 2004, I, p. 1464.
[nota 39] Sulla questione della legittimità del preliminare di vendita di cosa altrui si veda amplius FALCONIO, «Preliminare di vendita di cosa altrui o parzialmente altrui ovvero un'aquila che si crede un pollo», in questo volume. è peraltro importante notare che lo schema più interessante è quello che utilizza la sequenza che non prevede la doppia vendita, ma quella della vendita diretta dal proprietario all'acquirente che abbia concluso il preliminare ovvero che abbia stipulato il preliminare per persona da nominare cui sia seguita la dichiarazione di nomina da parte del promissario acquirente in favore dell'effettivo acquirente. Ora è evidente che quest'ultima sequenza non differisce, dal punto di vista fiscale, da una qualsiasi ipotesi di preliminare per persona da nominare e pertanto è alle conclusioni sopra enunciate che si deve rinviare.
[nota 40] è infatti ammesso che il terzo non sia nominato nel contratto ma solo successivamente, a condizione che nel contratto tale soggetto sia almeno determinabile.
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