Il frazionamento dell'ipoteca nel credito edilizio
Il frazionamento dell'ipoteca nel credito edilizio
di Pietro Sirena
Ordinario di Istituzioni di Diritto Privato e di Diritto Privato Europeo, Università degli Studi di Siena

La correlazione tra la suddivisione del finanziamento in quote e il frazionamento dell'ipoteca

Per quanto riguarda il credito edilizio, il frazionamento dell'ipoteca è espressamente disciplinato dalla legge, e in particolare dall'art. 39 del T.U. bancario, così come esso è stato rimaneggiato dal decreto legislativo sulla tutela degli acquirenti di immobili da costruire (il n. 122 del 2005) [nota 1]. In breve, quando possa ottenersi l'accatastamento delle singole porzioni dell'edificio o del complesso condominiale ipotecato [nota 2], il mutuatario ovvero l'acquirente o promissario acquirente, ovvero ancora l'assegnatario di tali porzioni, può pretendere che la banca mutuante suddivida il finanziamento in quote e, correlativamente, frazioni l'ipoteca a garanzia [nota 3].

Sulla correlazione tra la suddivisione del finanziamento in quote e il frazionamento dell'ipoteca si è recentemente pronunciato il giudice di legittimità, prendendo tuttavia una decisione che è non solo oggettivamente irrazionale, ma anche pericolosa dal punto di vista applicativo: secondo la sentenza della Corte di Cassazione n. 7453 del 2008, infatti, sarebbe illegittima la suddivisione del finanziamento che non abbia rispettato le quote di accollo pattuite dal mutuatario con i terzi acquirenti, aumentandone l'ammontare.

Al fine di rilevare subito l'erroneità di tale principio di diritto, si può prendere in considerazione un semplice esempio: avendo ottenuto un credito fondiario di 100 al fine di costruire un edificio, l'imprenditore mutuatario successivamente vende le cinque unite abitative che ne fanno parte, convenendo con il compratore di ciascuna che si accolli una quota del mutuo pari a 10.

Se si seguisse il più recente insegnamento del giudice di legittimità, il successivo frazionamento del mutuo fondiario non potrebbe non rispettare tali quote di accollo: quindi, nell'esempio che si è fatto, frazionata l'ipoteca, quest'ultima risulterebbe gravare su ciascun appartamento per una somma non superiore a 10.

Ora se è vero che, sempre per stare all'esempio, gli appartamenti sono 5, e che il compratore di ciascuno si è accollato una quota del mutuo pari a 10, ne consegue che, frazionata l'ipoteca, la banca si vede ridurre il complessivo montante ipotecario da 100 (ossia, l'importo originario del mutuo ipotecario) a 50 (ossia, la somma delle quote che i terzi acquirenti si sono accollati): si vede quindi dimezzare la garanzia ipotecaria.

E' appena il caso di rilevare che tale soluzione è assurda.

La (duplice) rinuncia all'indivisibilità dell'ipoteca: dal punto di vista dell'oggetto e da quello del credito

Intanto, si può osservare che la suddivisione del finanziamento in quote è stata qualificata dalla dottrina come un pactum de non petendo, mediante il quale il finanziatore rinuncerebbe non al diritto di credito, ma all'azione correlata, assumendosi l'obbligo di non richiedere a ciascun mutuatario un pagamento superiore alla quota rispettivamente attribuitagli [nota 4]. è una tesi difficilmente accettabile, anzitutto perché qualifica come pactum un atto che è dichiaratamente considerato come unilaterale [nota 5], e che è quindi per definizione irriducibile alla struttura bi- o plurilaterale dell'accordo.

E infatti l'impegno a non esercitare la pretesa creditoria, ossia, appunto, il pactum de non petendo, ha un senso solo se è preso nei confronti di un soggetto determinato, laddove la suddivisione del finanziamento in quote non avviene affatto nei confronti di coloro che se le siano eventualmente accollate, anche perché essa, com'era espressamente previsto dalle leggi previgenti in materia di credito fondiario, e come deve ritenersi tuttora sulla base della disciplina dettata dal T.U. bancario, può avvenire contestualmente all'erogazione del finanziamento al mutuatario originario, e perciò prima che possano essere vendute o promesse in vendita le singoli porzioni dell'immobile.

Ora, se è concesso a Tizio un mutuo di 100, e se contestualmente all'erogazione del denaro la banca suddivide tale finanziamento in dieci quote eguali, in che senso si può dire che la medesima banca si è obbligata a non richiedere un pagamento superiore a ciascuna quota?

Questa impostazione concettuale avrebbe un senso solo se più soggetti si fossero già singolarmente accollati quelle quote, cosicché si potrebbe dire che la banca si è obbligata nei confronti di ciascuno di essi a non chiedere più dell'importo corrispondente. Peraltro, anche in questo caso, l'impegno di non esercitare il credito ha una sua autonoma rilevanza solo se è limitato a un determinato tempo o è subordinato a determinati presupposti; altrimenti, almeno secondo l'opinione dottrinale preferibile [nota 6], esso ha senz'altro il significato di una remissione del debito.

Per tornare comunque al punto che maggiormente interessa in questa sede, la suddivisione del finanziamento non presuppone affatto che le quote siano state già accollate a una pluralità di acquirenti, anche perché, come si è già rilevato, tale suddivisione può essere effettuata contestualmente all'erogazione del denaro mutuato. Essa si limita piuttosto a modificare oggettivamente il rapporto contrattuale intercorrente tra la banca e l'originario mutuatario, segnatamente scomponendo il debito di quest'ultimo in una pluralità di debiti pro quota. Che poi questi ultimi siano già stati accollati o meno, ovvero che lo siano successivamente, è irrilevante: ciò che conta è semplicemente che, là dove prima c'era un'obbligazione pecuniaria, ora ce ne sono tante, ciascuna delle quali ha a oggetto una quota di quella originariamente esistente.

Proprio perché tale suddivisione è correlativa al frazionamento dell'ipoteca, essa avverrà in rapporto al numero delle porzioni immobiliari in cui il complesso originario è ripartito e in proporzione alla garanzia potenziale di ogni singola porzione, cosicché il montante ipotecario complessivo risulti inalterato. Così, per fare un esempio, se l'edificio è ripartito in cinque unità abitative diseguali, non basterà che il finanziamento sia suddiviso in cinque quote, ma occorrerà che ciascuna di esse sia determinata in rapporto alla garanzia potenziale della corrispondente unità abitativa: se un appartamento vale 50 e un altro vale 100, quest'ultimo dovrà assorbire una quantità doppia di ipoteca, per così dire, e perciò corrispondere a una quota doppia del finanziamento complessivo.

Sotto questo profilo, la rinuncia all'indivisibilità dell'ipoteca avviene propriamente dal punto di vista dell'oggetto, derogando così all'art. 2809, comma 2, c.c. Tale disposizione legislativa prevede infatti che l'ipoteca gravi per l'intero su ogni parte dell'immobile ipotecato; e perciò, affinché si realizzi l'operazione economica programmata dalle parti contraenti nel credito edilizio, è necessario che essa sia derogata e che ciascuna porzione dell'immobile sia ipotecata soltanto fino a una determinata quota del finanziamento.

Ma ciò non basta, perché l'ipoteca è generalmente indivisibile anche da un altro punto di vista, quello del credito [nota 7]. Come si desume dall'art. 2799 c.c., infatti, la garanzia reale assiste il credito finché questo non è integralmente soddisfatto, anche se il bene gravato dalla garanzia stessa è divisibile: e perciò, ancora una volta, affinché si realizzi l'operazione economica programmata dalle parti contraenti nel credito edilizio, è necessario che si deroghi a tale indivisibilità e che ciascuna porzione dell'immobile risponda soltanto dell'eventuale inadempimento della corrispondente quota di finanziamento, e non risponda invece dell'eventuale inadempimento di altre quote.

I due atti correlativi in cui l'art. 39, comma 6, T.U. bancario ha scomposto il frazionamento del mutuo ipotecario individuano pertanto la rinuncia all'indivisibilità dell'ipoteca sotto due diversi aspetti, tra loro complementari: quello dell'oggetto e quello del credito [nota 8].

L'estraneità del frazionamento dell'ipoteca rispetto all'eventuale accollo del mutuo da parte del terzo acquirente

Rispetto a tutto questo, come si è già detto [nota 9], l'accollo non rileva, e non può rilevare, già perché esso si perfeziona mediante un accordo tra il debitore accollato (il costruttore) e il terzo accollante (l'acquirente), laddove il frazionamento del mutuo ipotecario, come la stessa Corte di Cassazione ha costantemente affermato, si perfeziona mediante un atto unilaterale del mutuante [nota 10].

Questa puntualizzazione concettuale, apparentemente ovvia, è stata tuttavia messa in crisi proprio dalla già citata sentenza della Corte di Cassazione n. 7453 del 2008, la quale ha affermato il principio di diritto secondo cui sarebbe illegittima la suddivisione del finanziamento che «non abbia rispettato le quote di accollo pattuite dal mutuatario con i terzi acquirenti, aumentando l'ammontare».

Se è così, è chiaro che la giurisprudenza di legittimità in questa materia è bruscamente mutata con la sentenza n. 7453 del 2008, perché, sotto il profilo del credito, la rinuncia all'indivisibilità dell'ipoteca non dipende più dalla volontà della banca mutuante, bensì dall'accordo tra il proprietario del bene ipotecato e gli acquirenti delle singole porzioni dell'immobile. Il revirement è stato motivato dalla Corte di Cassazione facendo leva sull'avverbio «correlativamente» che, come si è già detto [nota 11], è impiegato nel dettato letterale dell'art. 39, comma 6, T.U. bancario per qualificare il rapporto tra la suddivisione del mutuo e il frazionamento dell'ipoteca a garanzia.

Tale rapporto dovrebbe essere inteso nel senso che il frazionamento non possa alterare la correlazione tra garanzia e debito, cosicché il vincolo reale sulla singola unità immobiliare frazionata possa garantire soltanto il debito di cui l'acquirente sia effettivamente divenuto titolare: posto allora che, in mancanza di altri titoli, la suddivisione del finanziamento non potrebbe avere in nessun caso l'effetto di rendere il terzo acquirente debitore della banca per una quota di mutuo che non si sia accollato, o per una quota maggiore di quella che si è accollato, se ne desume che il frazionamento è efficace soltanto se è fatto in base alle quote di accollo pattuite dal mutuatario con il terzo acquirente.

Questo significa che, se l'edificio è suddiviso in due unità abitative diseguali, una avente potenziale copertura ipotecaria di 100 e l'altra di 50, ma ciascun acquirente si accolla il mutuo di 150 per la metà, la quota di ipoteca gravante sulla prima unità non potrà coprire più della metà di 150, ossia 75 (la quota che l'acquirente si è accollato): posto quindi che l'altra unità non ha un valore superiore a 50, il montante ipotecario complessivo sarà di 125, e quindi diminuito di 25 a seguito del frazionamento dell'ipoteca.

A questa possibile obiezione, la Corte di Cassazione risponde che, così stando le cose, l'originario mutuatario avrebbe allora diminuito la garanzia data alla banca mutuante, e sarebbe perciò decaduto dal beneficio del termine ai sensi dell'art. 1186 c.c., cosicché la banca avrebbe potuto agire nei suoi confronti.

è facile replicare che per la banca si tratta di una ben magra consolazione, dato che l'ipoteca sarebbe comunque venuta meno!

Per questa ragione, e tenuto conto che il consolidamento dell'ipoteca di primo grado costituisce un elemento indefettibile del credito fondiario, che qui verrebbe invece successivamente a mancare, la banca coinvolta nella causa così infelicemente decisa dalla Corte di Cassazione, ha ipotizzato che le norme in materia siano allora illegittime, per contrasto con la tutela del risparmio di cui all'art. 47 Cost.

Tali dubbi sono stati ritenuti manifestamente infondati, ma, in realtà, la soluzione prospettata dalla Corte di Cassazione non regge comunque. Che un atto unilaterale della banca non possa accollare a un terzo una quota del contratto di mutuo è ovvio [nota 12], ma ciò non implica affatto che l'immobile acquistato da quel terzo non possa essere gravato da un'ipoteca a favore della banca. Quell'immobile faceva infatti parte di un complesso più ampio sul quale era stata iscritta ipoteca e pertanto è ipotecato anch'esso ai sensi dell'art. 2809, comma 2, c.c.: l'eventuale restrizione dell'ipoteca, in quanto dipende da una rinuncia alla sua indivisibilità, può quindi essere disposta proprio e solo dalla volontà del creditore ipotecario [nota 13]. Che la quota di finanziamento così garantita risulti superiore al debito che l'acquirente si è accollato non è affatto giuridicamente impossibile: l'acquirente di un bene ipotecato subisce infatti l'ipoteca, che egli si sia accollato o meno il debito garantito.

In realtà, la questione si pone in termini praticamente rovesciati rispetto a quelli che sono stati individuati dalla Corte di Cassazione, nel senso che il frazionamento del mutuo ipotecario deve normalmente precedere, e non seguire l'accollo, cosicché l'acquirente o promissario acquirente di una porzione dell'immobile ipotecato possa conoscere con esattezza la quota di ipoteca che risulterà gravare su quella parte del bene. Se ciò non accade, l'ipoteca gravante sulla singola porzione non può essere che quella risultante dal frazionamento del mutuo ipotecario, anche nel caso in cui essa risulti garantire un debito superiore a quello che l'acquirente di quella porzione si è accollato, e fermo restando che a favore di quest'ultimo, quando abbia pagato il creditore ipotecario, opera la surrogazione di diritto fino alla concorrenza del prezzo di acquisto (art. 1203, n. 2, c.c.). Più problematico è che, quando abbia pagato i creditori iscritti ovvero abbia rilasciato l'immobile o sofferto l'espropriazione, il terzo acquirente abbia il diritto di subingresso nelle ipoteche costituite a favore del creditore soddisfatto sulle altre porzioni dell'immobile, considerato che queste ultime non saranno più generalmente di proprietà del debitore, com'è invece presupposto dall'art. 2866, comma 2, c.c.

Per considerazioni analoghe a quelle svolte prima, non vi è alcuna ragione convincente per ritenere che, qualora non si accolli o non prometta di accollarsi pro quota il mutuo ipotecario, il terzo acquirente o promissario acquirente non abbia il diritto di ottenerne il frazionamento [nota 14]: tale frazionamento si pone infatti come un presupposto necessario affinché il terzo acquirente o promissario acquirente, provvedendo senz'altro al pagamento della quota corrispondente alla porzione immobiliare spettantegli, possa pretendere la liberazione di quest'ultima dall'ipoteca. A questo proposito, com'è noto, si pone peraltro il disposto dell'art. 8 del D.lgs. sulla tutela degli acquirenti di immobili da costruire, il quale vieta al notaio di ricevere l'atto di compravendita se non è preventivamente o contestualmente posto in essere un titolo utile alla cancellazione dell'ipoteca, ed è altresì noto come sia tutt'altro che agevole coordinare tale norma con quella che disciplina la cancellazione c.d. automatica dell'ipoteca bancaria (art. 13 del D.lgs. Bersani-bis, così come modificato dalla legge finanziaria per il 2008) [nota 15].

I profili di responsabilità professionale del notaio

La diversa tesi seguita dalla Corte di Cassazione potrebbe avere qualche ricaduta sull'esercizio dell'attività notarile, segnatamente per quanto riguarda la responsabilità professionale del notaio, e questo sia che egli riceva dalla banca l'atto di frazionamento del mutuo ipotecario, o, in ipotesi, ne autentichi la sottoscrizione, sia che egli predisponga il frazionamento del mutuo ipotecario in quanto designato dal presidente del Tribunale a seguito dell'inerzia della banca, così come prevede l'art. 39, comma 6-ter, T.U. bancario.

Infatti, se si ammettesse che sia illegittima la suddivisione del finanziamento che non abbia rispettato le quote di accollo pattuite dal mutuatario con i terzi acquirenti, così com'è stato affermato appunto dalla Corte di Cassazione, il notaio dovrebbe accertare in quale misura sia eventualmente divenuto debitore nei confronti della banca mutuante ciascuno degli acquirenti delle singole porzioni immobiliari e dovrebbe curare che il frazionamento del mutuo ipotecario sia previsto proprio per le quote corrispondenti.

Mancando tale corrispondenza, il frazionamento del mutuo ipotecario sarebbe illegittimo secondo la Corte di Cassazione e comunque inopponibile agli acquirenti delle singole porzioni immobiliari, cosicché, secondo quanto si è detto, la banca correrebbe il rischio di vedere diminuito il montante ipotecario complessivo e di perdere così una parte della garanzia originaria.

In tal caso, si potrebbe quindi ipotizzare che la banca possa agire nei confronti del notario a titolo di responsabilità contrattuale.


[nota 1] La norma non è applicabile ai contratti stipulati anteriormente all'entrata in vigore del T.U. bancario, con la conseguenza che in tal caso il frazionamento dell'ipoteca non può essere preteso dal mutuatario o dal terzo acquirente, ma dipende esclusivamente dalla volont; della banca (Cass. 11 gennaio 2006, in Giur. it., 2007, p. 861 e ss.; Trib. Napoli 23 novembre 1998, in Banca borsa, tit. cred., 2000, II, p. 601 e ss., con nota di TARDIVO); ciò vale anche nel caso in cui, come frequentemente accadeva nella prassi immobiliare, il (promittente) venditore si sia obbligato nei confronti del (promissario) compratore a curare il frazionamento e a liberare dall'ipoteca la porzione immobiliare alienata (Cass. 13 dicembre 1990, n. 11916, in Vita not., 1991, p. 429 e ss., con nota di TARDIVO, «A proposito del frazionamento di mutui fondiari ed edilizi»; Cass. 13 dicembre 1980, n. 6471). Se ne è ad es. dedotto che, trattandosi appunto di un mutuo fondiario stipulato anteriormente all'entrata in vigore del T.U. bancario, il terzo acquirente non può pretendere che la banca gli risarcisca il danno cagionato dal ritardo nel frazionamento dell'ipoteca (Cass. 12 febbraio 2003, n. 2073; Cass. 14 dicembre 1990, n. 11916, cit.). Si è altresì deciso che, nel caso in cui il promissario compratore si sia accollato il mutuo, il ritardo della banca nel frazionamento dell'ipoteca non lo legittima a sospendere il pagamento del prezzo ai sensi dell'art. 1482 c.c., considerato che la garanzia reale assiste allora un'obbligazione (non gi; del promittente venditore o di altri soggetti, bensì) dello stesso promissario compratore (Cass. 29 maggio 1982, n. 3325).

[nota 2] Tenendo conto di tale dato letterale, si è escluso che la norma sia applicabile l; dove si tratti di altri immobili, ad es. di terreni lottizzati (v. CHIANALE, L'ipoteca, in Tratt. dir. civ. diretto da Sacco, Torino, 2005, p. 67).

[nota 3] Sull'ipotesi che si possa generalizzare la regola a qualsiasi fattispecie di ipoteca, v., sia pure cautamente, RAVAZZONI, Le ipoteche, in Tratt. dir. civ. e comm., gi; diretto da Cicu, Messineo e Mengoni, continuato da Schlesinger, Milano, 2006, p. 82 e ss.

[nota 4] FERRUCCI et alii, La tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire ed istituti collegati. Manuale e applicazioni pratiche dalle lezioni di Guido Capozzi, Milano, 2008, p. 204 e ss.

[nota 5] FERRUCCI et alii, ibidem.

[nota 6] C.M. BIANCA, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano, 1993 (rist.), p. 730.

[nota 7] RUBINO, L'ipoteca immobiliare e mobiliare, in Tratt. dir. civ. e comm. diretto da Cicu e Messineo, XIX, Milano 1956, p. 91.

[nota 8] RUBINO, op. cit., p. 93. Tale duplicit; della rinuncia all'indivisibilit; dell'ipoteca non sembra invece sufficientemente precisata da FERRUCCI et alii, op. cit., p. 205.

[nota 9] V. supra, nota 2.

[nota 10] Cass. 10 novembre 1993, n. 11088. Con riguardo alla disciplina del credito fondiario anteriore al T.U. bancario, Cass. 11 gennaio 2006, n. 264, cit., ha precisato che solo formalmente il frazionamento dell'ipoteca si perfezionava mediante un contratto con il mutuatario, «perché esso, consistendo in una rinuncia all'indivisibilit; dell'ipoteca, costituiva un diritto del creditore ipotecario, al quale solo quest'ultimo poteva rinunciare».

[nota 11] V. supra, nota 1.

[nota 12] Con specifico riguardo alla norma che era dettata dall'art. 20 del R.D. 16 luglio 1905, n. 646 in materia di credito fondiario, il giudice di legittimit; ha precisato che il c.d. principio dell'indifferenza ai fini esecutivi del trasferimento dell'immobile ipotecato opera solo sul piano processuale e ha carattere funzionale al compimento dell'esecuzione, «senza riflessi sulla posizione di estraneit; dell'acquirente dell'immobile al rapporto di debito da cui nasce l'esecuzione» (Cass. 10 marzo 1998, n. 2638; Cass. 15 aprile 1997, n. 3228, in Banca borsa tit. cred., 1998, II, p. 1 e ss., con nota di TARDIVO). Il R.D. 16 luglio 1905, n. 646 è stato peraltro abrogato dall'art. 161, comma 1, del T.U. bancario, e tale abrogazione è stata successivamente ribadita dall'art. 24, comma 1, del D.lgs. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, in L. 6 agosto 2008, n. 133); resta fermo che, secondo quanto prevede l'art. 161, comma 6, T.U. bancario, la disciplina dettata dal suddetto R.D. resta applicabile ai contratti gi; conclusi e ai procedimenti esecutivi in corso alla data di entrata in vigore del T.U. bancario.

[nota 13] Cfr. tuttavia CHIANALE, op. cit., p. 67, secondo cui, quando non sia applicabile l'art. 39 del T.U. bancario, il frazionamento dell'ipoteca richiede il consenso del creditore e del debitore, nonché dell'eventuale terzo datore.

[nota 14] Per la tesi criticata nel testo, cfr. invece FERRUCCI et alii, op. cit., p. 324 e ss.

[nota 15] Per tutti v. ampiamente FERRUCCI et alii, op. cit., p. 207 e ss.

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