Le convenzioni urbanistiche: dall'edilizia convenzionata agli strumenti di pianificazione urbanistica
Le convenzioni urbanistiche: dall'edilizia convenzionata agli strumenti di pianificazione urbanistica
di Giovanni Rizzi
Notaio in Vicenza

Le caratteristiche generali delle convenzioni urbanistiche

Per facilità di trattazione si propone la seguente distinzione nell'ambito delle convenzioni urbanistiche:

Convenzioni "di piano attuativo": strumenti di collaborazione tra Pubblica amministrazione e privati nell'attività di pianificazione del territorio. Si inseriscono ovviamente al livello più basso dell'intero procedimento di pianificazione ossia al livello attuativo (là dove i margini di discrezionalità nelle scelte urbanistiche sono ridotti al minimo, dovendosi dare mera attuazione alle scelte operate negli strumenti urbanistici di livello superiore ed in particolare nel Piano regolatore generale). Tra le convenzioni di Piano rientra anche la convenzione per l'attuazione del Peep, la cui funzione è anche quella di attuare i programmi di edilizia residenziale pubblica. A dette convenzioni, particolarmente importanti e rilevanti per l'attività notarile, dedicheremo ampio spazio;

Convenzioni "edilizie": convenzioni che vengono stipulate al fine di ottenere il rilascio del titolo abilitativo edilizio a condizioni di favore.

Queste le caratteristiche delle convenzioni urbanistiche:

Causa.

- per le convenzioni "di piano attuativo" lo scopo delle stesse consiste nel disciplinare l'attività urbanistica ed edilizia da attuarsi mediante i mezzi e le risorse dei privati al fine di garantire il rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, concretando una sorta di collaborazione tra P.A. e privati nel contemperamento dei rispettivi interessi;

- per le convenzioni "edilizie" lo scopo delle stesse consiste nel disciplinare gli obblighi ed i comportamenti a cui è tenuto il privato affinchè possa ottenere il rilascio del titolo abilitativo edilizio (permesso di costruire o denuncia di inizio attività nei casi di cui all'art. 22 comma 3 T.U. in materia edilizia di cui al D.P.R. 380/1993) a condizione di favore (ad esempio con l'esonero dal pagamento del costo di costruzione).

Finalità similari alle convenzioni che abbiamo definito "edilizie" hanno invece gli atti costitutivi di vincoli urbanistici il cui scopo è quello di fissare i limiti entro i quali viene rilasciata la concessione edilizia (ad esempio il vincolo della destinazione d'uso per gli annessi rustici da costruire in zona agricola) [nota 1].

Natura giuridica.

In dottrina di discute circa la natura delle convenzioni urbanistiche; si parla al riguardo di:

- contratti ad oggetto pubblico;

- accordo procedimentale;

- atti di programmazione;

- atto accessorio a provvedimento amministrativo.

Alla posizione che propende più per l'aspetto pubblicistico si contrappone quella che propende più per l'aspetto privatistico: comunque non si contesta la natura contrattuale delle convenzioni con la conseguente applicabilità della disciplina codicistica in materia di contratti: si discute, invece, sui confini oltre i quali le norme privatistiche non possano più operare e si debba far uso degli strumenti pubblicistici.

In giurisprudenza si attribuisce alle convenzioni la natura di contratti di natura peculiare che si inseriscono nell'ambito di un procedimento amministrativo ma che lasciano integra la potestà pubblicistica del Comune di sciogliersi dal vincolo contrattuale per sopravvenute esigenze pubbliche (Cass. 30 gennaio 1985, n. 580).

Forma.

Solo per le convenzioni Peep e Pip gli artt. 35 e 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 prescrivono a pena di nullità l'atto pubblico. Per tutte le altre convenzioni la legge non prescrive forme particolari. Tuttavia poiché le varie norme che disciplinano le convenzioni urbanistiche ne prescrivono la trascrizione presso la Conservatoria dei RR.II. ne discende che è comunque necessario che dette convenzioni risultino o da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, al fine di precostituire titolo idoneo alla trascrizione (art. 2657 c.c.).

Competenza di rogito.

La competenza di rogito già spettante in via esclusiva al notaio, a seguito dell'entrata in vigore della legge 15 maggio 1997, n. 127 (c.d. legge Bassanini) e successivamente del T.U. degli Enti locali di cui al D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (art. 97 comma 4, lett. c) deve ritenersi estesa anche ai segretari comunali la cui figura è stata completamente riformata a seguito della legge Bassanini che ha trasformato i segretari da "vertice dell'apparato burocratico negli enti locali" e da "tutori della legalità dell'azione degli organi collegiali di tali enti" a "consulenti e coordinatori dell'attività degli enti", la cui nomina e revoca dipende dalla scelta del Sindaco.

In precedenza la competenza dei Segretari Comunali a rogare le convenzioni urbanistiche veniva esclusa sulla base delle disposizioni degli artt. 87, 89 T.U. delle leggi comunali e provinciali n. 383/1934, disposizioni che fissavano:

- la tassatività dei tipi contrattuali (dai quali erano escluse le convenzioni urbanistiche. Cons. Stato 13 maggio 1983);

- come criterio fondamentale l'esclusivo interesse del Comune (formula che la Cassazione interpretava come corrispondente all'ipotesi che il Comune dovesse sostenere le spese dell'atto; dal che si arguiva che il segretario non potesse rogare tali convenzioni nelle quali le spese sono sempre poste a carico dei concessionari).

L'art. 97 T.U. di cui al decreto legislativo 267/2000 [nota 2] dispone che il segretario può inoltre «rogare tutti i contratti nei quali l'ente è parte…» pertanto a seguito di tale normativa la facoltà di rogito del segretario è più ampia ed infatti:

- concerne tutti i contratti e non solo alcuni tipi di contratto come in precedenza venivano tassativamente elencati;

- non dipende più dall'esclusivo interesse del Comune nel contratto, ma è sufficiente che il Comune sia parte del contratto indipendentemente del fatto che sia il Comune o la controparte a dover sostenere le spese dell'atto.

Ovviamente la competenza di rogito del Segretario Comunale viene meno ogniqualvolta spetta al Segretario rappresentare il Comune nei contratti e nelle convenzioni a norma dell'art. 97 comma 4, lett. d) del T.U. 267/2000.

Trascrizione.

Tutte le convenzioni vanno trascritte per espressa disposizione normativa (la previsione espressa che impone la trascrizione manca solo negli artt. 27 e 35 legge 865/1971 (nell'art. 35 peraltro solo per la convenzione comportante il trasferimento della proprietà mentre sussiste la previsione per la convenzione comportante la costituzione del diritto di superficie) e nell'art. 9 legge 24 marzo 1989, n. 122: tuttavia anche in questi casi la convenzione va trascritta in quanto comportando la convenzione anche il trasferimento della proprietà o del diritto di superficie relativamente a beni immobili torna applicabile la norma generale degli art. 2643 e 2645 c.c.

Funzione della trascrizione:

- risolvere il conflitto tra più acquirenti a sensi dell'art. 2644 c.c. se si tratta di convenzioni comportanti il trasferimento della proprietà o del diritto di superficie relativamente a beni immobili (ad es. convenzioni per il trasferimento della proprietà o per la costituzione del diritto di superficie di aree Peep ex art. 35 legge 865/71);

- semplice pubblicità notizia in tutti gli altri casi, avendo lo scopo di portare a conoscenza anche dei terzi quella che è la destinazione economica ed urbanistica dei beni.

Rappresentanza del comune.

I Comuni, come ben noto, sono ora disciplinati dal T.U. degli Enti locali di cui al D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (che ha recepito gran parte delle disposizioni della legge 8 giugno 1990, n. 142 ora abrogata).

L'art. 107 del T.U. 267/2000 (che ricalca l'abrogato art. 51 della legge 142/90 così come successivamente modificato dalle leggi 127/1997 e 191/1998 leggi Bassanini) stabilisce che la competenza a stipulare i contratti spetta ai Dirigenti e nei Comuni ove non ci sono i dirigenti i compiti di questi ultimi possono essere attribuiti a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici e servizi indipendentemente dalla loro qualifica professionale anche in deroga ad ogni diversa disposizione (la necessità del provvedimento sindacale già prevista dalla legge 191/1998 é pure confermata dall'art. 109 T.U. 267/2000) a meno che tali compiti non siano stati attribuiti dallo statuto, dai regolamenti o sempre dal Sindaco al Segretario Comunale (art. 97 comma 4, lett. d).

Il Consiglio Nazionale del Notariato, in un suo studio (apparso in Strumenti 1992) aveva sostenuto che la competenza a stipulare i contratti (e quindi anche le convenzioni) non spetterebbe, per la legge 142/90, in via esclusiva ai soli dirigenti (o in mancanza ai responsabili dei servizi), persistendo sempre una concorrente competenza del Sindaco, al quale la legge 142/90 attribuisce pur sempre la rappresentanza legale dell'Ente. Tuttavia questa tesi del Consiglio Nazionale del Notariato è stata disattesa sia dal Consiglio di Stato (Sez. I - Parere 1620 del 10/7/91) che dal Ministero degli Interni (circolare 6/92 del 13/4/1992 ribadita dalla Circolare n. 4 del 10 ottobre 1998), che escludono qualsiasi competenza concorrente del Sindaco (la legge 142/90 avrebbe infatti perseguito lo scopo di separare nettamente il potere politico/decisionale dal potere rappresentativo).

Ne deriva che alle convenzioni urbanistiche, in rappresentanza dei Comuni, interverrà il Dirigente competente (ovvero nei comuni più piccoli il responsabile degli uffici e dei servizi incaricato dal Sindaco o il Segretario Comunale) che agirà in esecuzione di apposita delibera del Consiglio Comunale competente ad approvare i provvedimenti in materia urbanistica (piani territoriali ed urbanistici e programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione) (art. 42 T.U. 267/2000).

Da segnalare che ai sensi dell'art. 53, comma 23, della legge 23 dicembre 2000 n. 388, come modificato dall'art. 29, comma 4, lettere a) e b), della legge finanziaria 2002 (legge 28 dicembre 2001 n. 448), gli enti locali con popolazione inferiore a cinquemila abitanti (fatta salva l'ipotesi di cui all'articolo 97, comma 4, lettera d), del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo n. 267/2000 in ordine alle competenze attribuibili al Segretario Comunale con Statuto, regolamento o provvedimento del Sindaco) senza necessità di riscontrare e dimostrare la mancanza non rimediabile di figure professionali idonee nell'ambito dei dipendenti (come previsto nel testo originario della legge 388/2000) anche al fine di operare un contenimento della spesa, possono adottare disposizioni regolamentari organizzative, se necessario anche in deroga a quanto disposto all'articolo 107 del predetto testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, attribuendo ai componenti dell'organo esecutivo (sindaco, assessori, ecc.) la responsabilità degli uffici e dei servizi ed il potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale.

L'edilizia convenzionata

Il settore dell'edilizia convenzionata si caratterizza per la presenza di una convenzione tra Amministrazione pubblica e soggetto attuatore dell'intervento edilizio con la quale viene sancita l'auspicata collaborazione tra i suddetti soggetti finalizzata all'attuazione del programma edificatorio.

Le convenzioni che vengono in considerazione, nelle fattispecie previste dalle disposizioni vigenti, sono quelle disciplinate:

- dall'art. 35 legge 22 ottobre 1971, n. 865: è la convenzione "cardine" dell'intero settore che si inserisce nel più ampio "procedimento di Edilizia residenziale pubblica" tracciato dalla legge 865/1971 che parte dall'esproprio dell'area per giungere sino alla disciplina della successiva alienazione o locazione dell'alloggio assegnato e/o venduto;

- dall'art. 18 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) che dal 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del T.U. suddetto, ha sostituito la precedente disposizione dell'art. 8 della legge 28 gennaio 1977, n. 10; trattasi della convenzione mediante la quale è possibile, nei casi previsti dall'art. 31 comma 46, legge 448/1998, sostituire o modificare la convenzione stipulata a sensi dell'art. 35 legge 865/1971.

Per le caratteristiche generali di entrambe le convenzioni (natura giuridica, forma, competenza di rogito, trascrizione, rappresentanza del comune) si rinvia a quanto sopra riportato in ordine alle caratteristiche generali delle convenzioni urbanistiche.

Procedimento ex legge 865/1971

Come sopra ricordato la convenzione disciplinata dall'art. 35 legge 865/1971 è la convenzione "cardine" dell'intero settore che si inserisce nel più ampio "procedimento di edilizia residenziale pubblica" tracciato dalla legge 865/1971.

Il particolare il procedimento tracciato dalla legge 865/1971 a cui si è fatto sopra riferimento si articola in tre fasi:

- in primo luogo esiste una fase di acquisizione dell'area al patrimonio indisponibile del Comune caratterizzata da procedure di carattere pubblicistico attinenti al procedimento espropriativo; è chiaro che in questa fase l'intervento del notaio è escluso qualora il procedimento acquisitivo si svolga esclusivamente nell'ambito del diritto pubblico per sfociare poi nel decreto di esproprio; l'intervento del notaio (peraltro in via non esclusiva ma in "concorrenza" col Segretario comunale come sopra ricordato) può riguardare il solo caso in cui il procedimento si concluda con la cessione volontaria;

- in secondo luogo esiste una fase di disposizione dell'area a favore del soggetto attuatore dell'intervento edilizio (in proprietà o in diritto di superficie) fase caratterizzata dalla stipula della convenzione comportante per l'appunto il trasferimento della proprietà o la costituzione del diritto di superficie e contenente la disciplina (termini, modalità, caratteristiche, garanzie) dell'intervento edilizio ed urbanistico; per la stipula di detta convenzione è richiesto l'intervento del notaio anche se non in via esclusiva bensì in "concorrenza" col Segretario Comunale come sopra precisato;

- in terzo luogo viene disciplinata la fase della "gestione" dell'alloggio da parte dell'assegnatario/acquirente con i vincoli e le limitazioni alla libera disponibilità che discendono dalla peculiare natura dei beni (pur sempre ottenuti a condizioni di favore quanto meno inerenti la fase di acquisizione dell'area); in questa fase, nel caso di alienazione dell'alloggio, vi è il pieno coinvolgimento dell'attività del notaio chiamato di volta in volta a verificare i limiti e le condizioni cui è subordinato il trasferimento proposto.

La convenzione a sensi dell'art. 35 della legge n. 865 del 1971

Lo strumento col quale la P.A. dispone delle aree espropriate a favore dei soggetti attuatori degli interventi di edilizia economica popolare è un atto complesso, disciplinato dall'art. 35 legge 865/1971, avente natura di:

- concessione/contratto per la parte che realizza il trasferimento in capo al concessionario del diritto (superficie o proprietà) che lo autorizza all'uso dell'area.

La qualificazione come "concessione" di tale parte dell'atto si impone in relazione alla natura di bene indisponibile di tali aree, quale unico strumento per l'utilizzazione di un bene pubblico;

- convenzione urbanistica per la parte che determina il sorgere in capo al concessionario, di una serie di obbligazioni aventi tutte riferimento all'utilizzazione del territorio in modo conforme alla prescrizioni urbanistiche.

Per le caratteristiche di detta convenzione (natura giuridica, forma, competenza di rogito, trascrizione, rappresentanza del comune) si rinvia a quanto sopra riportato in ordine alle caratteristiche generali delle convenzioni urbanistiche, con queste puntualizzazioni:

Forma.

è prescritto a pena di nullità l'atto pubblico.

Trascrizione.

L'art. 35 legge 865/71 prescrive espressamente la trascrizione solo per la convenzione comportante la concessione del diritto di superficie; l'obbligo della trascrizione anche per la convenzione comportante il trasferimento in piena proprietà discende comunque dall'art. 2643 c.c.

Oggetto.

La convenzione ex art. 35 legge 865/1971 può avere per oggetto il trasferimento della piena proprietà dell'area Peep ovvero la concessione del diritto di superficie su tale area.

La disposizione dell'art. 35 legge 865/1971 che prevedeva la concessione in diritto di superficie di aree ricomprese nel Peep per una quota non inferiore al 60% e non superiore all'80% in termini volumetrici è stata modificata dall'art. 3 comma 63 legge 23 dicembre 1996, n. 662 la quale non prevede più quote minime da destinare in superficie o proprietà ma lascia ai Comuni la facoltà di scegliere liberamente quale forma di cessione/concessione adottare, fissando peraltro due principi da osservare:

- i corrispettivi della concessione in superficie al metro cubo non possono essere superiori al 60% dei prezzi di cessione in proprietà riferiti allo stesso volume e possono essere dilazionati per un massimo di 15 anni;

- i corrispettivi della concessione in superficie ed i prezzi delle aree cedute in proprietà debbono nel loro insieme assicurare la copertura delle spese sostenute dal Comune per l'acquisizione delle aree.

Cessionari.

Possono essere cessionari per la piena proprietà o concessionari per il diritto di superficie gli Ater, le cooperative edilizie, i singoli ed anche le imprese di costruzione e i loro consorzi, con preferenza per i proprietari espropriati, in possesso dei requisiti per l'assegnazione di alloggi di edilizia agevolata.

Nel caso di concessione in superficie se vengono presentate più domande hanno precedenza gli Ater e le cooperative edilizie a proprietà indivisa.

Contenuto convenzione (per la concessione del diritto di superficie)

La concessione viene deliberata dal consiglio comunale: con la stessa delibera viene inoltre determinato il contenuto della convenzione da stipularsi; il contenuto della convenzione è quello prescritto dall'art. 35 comma 8 legge 865/1971; pertanto la convenzione in oggetto deve prevedere:

a) il corrispettivo della concessione e le modalità del relativo versamento (i corrispettivi della concessione in superficie al metro cubo non possono essere superiori al 60% dei prezzi di cessione in proprietà riferiti allo stesso volume e possono essere dilazionati per un massimo di 15 anni ad un tasso annuo non superiore alla media mensile dei rendimenti lordi dei titoli pubblici soggetti a tassazione (Rendistato) accertata dalla Banca d'Italia);

b) il corrispettivo delle opere di urbanizzazione da realizzare a cura del Comune ovvero se tali opere dovranno essere realizzate dal concessionario le relative garanzie finanziarie, gli elementi progettuali e le modalità di controllo sulla loro esecuzione, e le modalità per il loro trasferimento al comune (il corrispettivo delle opere di urbanizzazione sia per le aree concesse in diritto di superficie che per quelle cedute in proprietà è determinato in misura pari al costo di realizzazione in proporzione al volume edificabile);

c) le caratteristiche costruttive e tipologiche degli edifici da realizzare;

d) i termini di inizio e ultimazione degli edifici e delle opere di urbanizzazione;

e) l'obbligo a praticare prezzi di cessione e canoni di locazione concordati sulla base di parametri da riportare in convenzione;

f) le sanzioni a carico del concessionario per l'inosservanza degli obblighi stabiliti nella convenzione ed i casi di maggiore gravità in cui tale inosservanza comporta la decadenza dalla concessione e la conseguente estinzione del diritto di superficie.

La decadenza è un istituto di diritto amministrativo che incide sul rapporto facendolo venir meno ex nunc; è uno strumento di autotutela della P.A. e può essere prevista non per ogni tipo di inadempimento bensì nei soli casi di maggior gravità, casi che devono essere esplicitati (non bastano formule generiche ed è necessaria una previsione espressa delle cause di decadenza). I casi che causano la decadenza vanno preventivamente deliberati dal Consiglio Comunale e debbono essere gli stessi per tutte le convenzioni.

I casi più ricorrenti sono:

- l'inosservanza dei termini prescritti per l'esecuzione delle opere;

- la cessione prima del completamento delle opere senza l'autorizzazione del Comune;

- l'inosservanza di un eventuale patto di prelazione.

Con la decadenza vengono travolti i diritti dei terzi in quanto viene meno il diritto di superficie con conseguente consolidamento alla proprietà che diventa piena ed esclusiva in capo al Comune.

g) i criteri per la determinazione del corrispettivo in caso di rinnovo della concessione la cui durata non può essere superiore a quella prevista nell'atto originario.

La durata del diritto di superficie è prevista a tempo indeterminato nel caso in cui concessionari siano enti pubblici per la realizzazione di impianti e servizi, altrimenti la durata non potrà essere inferiore a 60 e non superiore a 99 anni.

Nel caso di concessione del diritto di superficie non sono previsti divieti di alienazione tuttavia non è escluso che in alcune convenzioni vengano inserite clausole volte a limitare la facoltà di alienazione con la previsione di divieti temporanei di alienazione con efficacia ex art. 1379 c.c. ovvero in cui l'alienazione sia altrimenti sanzionata (ad es. con la decadenza). In assenza di alcuna clausola convenzionale, per legge l'alienabilità è libera, salvo osservare le clausole relative al prezzo massimo imposto per la cessione.

Contenuto della convenzione (per la cessione della proprietà)

La cessione viene deliberata dal Consiglio Comunale: con la medesima delibera è approvata anche la convenzione da stipulare contestualmente alla cessione; il contenuto della convenzione è quello prescritto dall'art. 35 tredicesimo comma legge 865/1971 così come integrato dall'art. 3 comma 63 legge 662/1996 che richiama il contenuto della convenzione ora disciplinata dall'art. 18 T.U. in materia edilizia di cui al D.P.R. 380/2001 (e già disciplinata dall'art. 8 legge 10/1977); pertanto la convenzione in oggetto deve ora prevedere:

a) gli elementi progettuali degli edifici da costruire e le modalità del controllo sulla loro costruzione;

b) le caratteristiche costruttive e tipologiche degli edifici da costruire;

c) i termini di inizio e ultimazione lavori degli edifici;

d) i casi nei quali l'inosservanza degli obblighi previsti dalla convenzione comporta la risoluzione dell'atto di cessione;

La risoluzione è un istituto civilistico (artt. 1453 e ss. c.c.). Trattandosi in concreto nel caso di specie di una clausola risolutiva espressa essa opera di diritto ancorchè debba essere previamente dichiarata dal Comune la volontà di avvalersene (art. 1456 c.c.).

Vanno espressamente indicati in convenzione i casi di inadempimento che portano alla risoluzione; i casi che causano la risoluzione vanno preventivamente deliberati dal Consiglio Comunale e debbono essere gli stessi per tutte le convenzioni; i più ricorrenti sono:

- mancato rispetto termini ultimazione opere;

- cessione area senza autorizzazione Comune.

La risoluzione ha effetto retroattivo tra le parti ma non pregiudica diritti di terzi in buona fede salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione.

e) il corrispettivo delle opere di urbanizzazione da realizzare a cura del Comune (corrispettivo determinato in misura pari al costo di realizzazione in proporzione al volume edificabile); nonchè per effetto dell'art. 3 comma 63 legge 23 dicembre 1996, n. 662 che ha richiamato espressamente la convenzione di cui all'art. 8 legge 10/1977 norma ora sostituita dall'art. 18 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico in materia edilizia) vanno pure indicati i seguenti ulteriori elementi (non previsti nell'impianto originario dell'art. 35 legge 865/1971);

f) la determinazione dei prezzi di cessione degli alloggi sulla base del costo dell'area, della costruzione, delle opere di urbanizzazione, nonché delle spese generali comprese quelle di progettazione e degli oneri di preammortamento e di finanziamento;

g) la determinazione dei canoni di locazione in percentuale del valore desunto dai prezzi fissati per la cessione degli alloggi;

h) la variabilità dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione con frequenza non inferiore al biennio in base agli indici Istat dei costi di costruzione;

i) la nullità di ogni pattuizione stipulata in violazione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione vincolati per la parte eccedente;

l) la durata di validità della convenzione non superiore a 30 e non inferiore a 20 anni.

Con la disposizione dell'art. 3 comma 63 legge 662/1996 si sono voluti porre dei vincoli alla alienazione degli alloggi assegnati in proprietà, a seguito della "liberalizzazione" degli stessi conseguita alla abrogazione dei vincoli decennali e ventennali di alienazione in origine fissati dall'art. 35 legge 865/971 ed abrogati con la legge 17 febbraio 1992, n. 179, abrogazione che aveva reso meno gravosa, ai fini della commerciabilità degli alloggi, la posizione degli alloggi acquisiti in piena proprietà rispetto a quelli acquisiti in proprietà superficiaria.

Con la modifica introdotta dall'art. 23 legge 179/1992 non sono pertanto più previsti divieti di alienazione per gli alloggi in proprietà. Tuttavia non è escluso che in alcune convenzioni vengano inserite clausole volte a limitare la facoltà di alienazione con la previsione di divieti temporanei di alienazione con efficacia ex art. 1379 c.c. ovvero in cui l'alienazione sia altrimenti sanzionata (ad es. con la risoluzione). In assenza di alcuna clausola convenzionale, per legge l'alienabilità è libera, salvo osservare le clausole relative al prezzo massimo imposto per la cessione.

La convenzione per la cessione in proprietà si differenzia dalla convenzione per la concessione in diritto di superficie principalmente in quanto:

- non è prevista espressamente la trascrizione (tale obbligo discende comunque dall'art. 2643 c.c.);

- non sono previsti sconti sul corrispettivo né dilazioni di pagamento;

- la durata della convenzione e dei vincoli che ne discendono è prevista per un minimo di 20 ed un massimo di trent'anni (contro una durata pari a quella del diritto di superficie minimo 60 e massimo 99 anni);

- la sanzione prevista per i casi di inosservanza degli obblighi discendenti dalla convenzione è quella della risoluzione anziché della decadenza;

- non è prevista la possibilità dell'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione (anche se generalmente ammessa).

Clausole particolari

Patto di non alienazione.

L'art. 35 legge 865/1971 nel suo testo originale prevedeva un divieto di alienazione degli alloggi realizzati su aree cedute in piena proprietà sanzionato con la nullità dell'atto.

A seguito dell'abrogazione di tale divieto disposta dall'art. 23 della legge 17 febbraio 1992, n. 179 attualmente la legge non prevede più né per la cessione in diritto di superficie né per la cessione in proprietà divieti di alienazione sanzionati con la nullità.

Ciò non toglie che nelle convenzioni ex art. 35 legge 865/1971 possano comunque essere inserite clausole comportanti il divieto di alienazione temporanea degli alloggi. Si tratterà ovviamente di clausole di natura puramente pattizia, riconducibili al disposto dell'art. 1379 c.c., e quindi con effetto limitato solo tra le parti. Gli stessi divieti, a norma dell'art. 1379 c.c. dovranno essere contenuti entro convenienti limiti di tempo (certamente non superiori a quelli fissati nel settore dell'edilizia sovvenzionata pari a 10 anni - vedasi al riguardo la legge 560/1993) e dovranno rispondere ad un apprezzabile interesse di una delle parti (in questo caso ovviamente il Comune non avendo alcun interesse il cessionario/concessionario a limitare la successiva possibilità di alienazione dei propri aventi causa). Stante la natura puramente pattizia di detto divieto la rivendita avvenuta in sua violazione non determina l'invalidità del contratto stesso, e ciò indipendentemente dalla buona o mala fede del subacquirente, salvo evidentemente il diritto del Comune al risarcimento del danno; ed evidentemente salve le norme sulla decadenza amministrativa (per le cessioni in diritto di superficie) e sulla risoluzione per inadempimento (per le cessioni in proprietà) qualora la violazione del divieto di alienazione sia stata sanzionata nella convenzione con la decadenza o la risoluzione

C'è peraltro al riguardo chi [nota 3] manifesta forti dubbi sulla possibilità di inserire in una convenzione dopo il 15 marzo 1992 una clausola convenzionale di divieto temporaneo di cessione dell'alloggio che come tale sarebbe assoggettata alla disciplina dell'art. 1379 c.c. e ciò in quanto:

- l'art. 1379 c.c. per la validità del divieto richiede la sussistenza di un "apprezzabile interesse di una delle parti" (ossia il Comune): ma una volta che la legge sopprimendo la nullità connessa al divieto ritenendo soddisfatto per altra via l'interesse generale in materia riesce difficile comprendere come il Comune possa avere un interesse;

- il divieto verrebbe a riguardare non il bene acquistato (area edificabile) ma la futura costruzione.

Patto di prelazione.

è assai frequente l'inserimento nelle convenzioni sia per il trasferimento della proprietà che per la concessione del diritto di superficie del patto di prelazione a favore del Comune per il caso di trasferimento degli alloggi al prezzo "imposto" dalla convenzione.

Come per ogni patto di prelazione convenzionale si tratta di un patto ad effetti meramente obbligatori, con efficacia limitata tra le parti, e ciò malgrado la trascrizione della convezione, con la conseguenza che non trova applicazione l'istituto del riscatto previsto solo per le prelazioni legali e non anche per quelle convenzionali.

Stante la natura puramente pattizia di detta prelazione la rivendita avvenuta in suo dispregio non dà luogo a riscatto a favore del Comune, e ciò indipendentemente dalla buona o mala fede del subacquirente, per cui al Comune spetterà solamente il diritto al risarcimento del danno; ed evidentemente salve le norme sulla decadenza amministrativa (per le cessioni in diritto di superficie) e sulla risoluzione per inadempimento (per le cessioni in proprietà) qualora la violazione della prelazione sia stata sanzionata nella convenzione con la decadenza o la risoluzione.

Da segnalare che contrariamente al divieto di alienazione che deve essere contenuto entro "convenienti limiti di tempo", secondo un'opinione manifestata dalla giurisprudenza della Cassazione (vedi Cass. 13 maggio 1982, n. 3009) il patto di prelazione non è soggetto a termine in quanto non incide sull'autonomia contrattuale ma si limita a prevedere la preferenza di un soggetto ad un altro a parità di condizioni.

Modifica delle convenzioni già stipulate

La possibilità di modificare le convenzioni ex art. 35 legge 865/1971 già stipulate, mediante stipulazione di nuova apposita convenzione, é riconosciuta espressamente dall'art. 31 comma 46 legge 23 dicembre 1998, n. 448 (finanziaria 1999).

Lo stesso art. 31 al comma 45 prevede, inoltre, la possibilità di "trasformare" il diritto di superficie in proprietà.

La legge 448/1998 sopra citata è stata peraltro solo l'ultima, in ordine di tempo, a prevedere disposizioni in tema di edilizia convenzionata, abrogando al contempo gran parte delle disposizioni dettate in precedenza dalla legge finanziaria del 1996 (legge 28 dicembre 1995, n. 549) e dalla legge finanziaria 1997 (legge 23 dicembre 1996, n. 662) che avevano a loro volta inciso sulla materia con norme peraltro che avevano suscitato non pochi problemi interpretativi e preoccupazioni negli operatori, in quanto coinvolgenti la nullità degli atti di trasferimento e quindi la commerciabilità dei beni di edilizia convenzionata.

Si tratta in genere di norme (come denota chiaramente la loro collocazione in leggi finanziarie) dettate per lo scopo principale di trovare nuove entrate per i bilanci comunali e purtroppo senza preoccuparsi di cercarne un coordinamento con le norme emanate in precedenza. Dal ché sono emersi problemi interpretativi di non poco conto.

L'art. 31 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (legge finanziaria 1999) così dispone [nota 4]:

- il comma 45 sostanzialmente conferma per i Comuni la possibilità già prevista dalle precedenti leggi 549/1995 e 662/1996, di cedere in proprietà le aree comprese in Piani Peep già concesse in diritto di superficie.

Si ricorda anche che l'art. 3, comma 64 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, una delle poche norme in tema di edilizia convenzionata non abrogate dalla legge 448/1998, disponendo che «gli enti locali territoriali possono cedere in proprietà le aree, già concesse in diritto di superficie, destinate ad insediamenti produttivi delimitate ai sensi dell'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865», estende anche ai Pip la possibilità di trasformazione del diritto di superficie in proprietà

- il comma 46 prevede la possibilità di sostituire le convenzioni sia in diritto di superficie, sia in diritto di proprietà (queste ultime peraltro limitatamente a quelle stipulate precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 179: la c.d. legge Ferrarini-Botta) con la convenzione di cui all'art. 18 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico in materia edilizia) (norma che con effetto dal 30 giugno 2003 ha sostituito l'art. 8 legge 10/1977, espressamente richiamato nel suddetto comma 46) [nota 5].

In tale norma vengono previsti:

a) la durata massima della convenzione edilizia così posta in essere per una durata pari a quella massima prevista dalle citate disposizioni della legge n. 10 del 1977 (ora art. 18 T.U., D.P.R. 380/2001) diminuita del tempo trascorso fra la data di stipulazione della convenzione che ha accompagnato la concessione del diritto di superficie o la cessione della proprietà e quella di stipulazione della nuova convenzione; (la durata massima stabilita dall'art. 18 T.U. è pari a trent'anni; nel nostro caso da questa durata va detratto il periodo di tempo che è trascorso dalla data della convenzione da modificare e la data della nuova convenzione modificativa);

b) un corrispettivo per ogni alloggio edificato calcolato ai sensi del comma 48.

- al comma 47 sostanzialmente si ammette che in un condominio la sostituzione della convenzione ex art. 35 della legge 865/1971 con la convenzione ex art. 18 T.U. (già art. 8 della legge 10/1977) possa avvenire anche ad opera del singolo condomino senza chiamare in causa il condominio o una deliberazione assembleare (come invece previsto dalle precedenti leggi 549/1995 e 662/1996);

- al comma 48 vengono stabilite le modalità per il calcolo del corrispettivo dovuto sia per la convenzione comportante la trasformazione in proprietà del diritto di superficie in precedenza concesso, sia per le altre modifiche alle convenzioni già stipulate (la competenza per la determinazione di detto corrispettivo viene attribuito all'Ufficio Tecnico Comunale);

- al comma 50, infine, vengono abrogati:

- in ordine all'art. 3 della legge 549/1995, i commi 75 (che prevedeva la trasformazione del diritto di superficie in proprietà), 76 (che attribuiva al consiglio comunale l'obbligo di individuare le aree da trasformare entro 6 mesi dal 1° gennaio 1996), 77 (che affidava all'Ute il compito di stabilire il prezzo di trasformazione), 78 (concernente la modifica delle convenzioni attinenti all'assegnazione dell'area in diritto di proprietà), 78-bis (che, inserito dalla legge 662/1996, applicava alle convenzioni trasformate la norma sul convenzionamento stabilita dalla legge 10/1977) e 79 (che stabiliva le modalità per approvare in assemblea condominiale la trasformazione in discorso);

- in ordine all'art. 3 della legge 662/1996, i commi 61 (che modificava il comma 77 dell'art. 3 legge 549/1995) e 62 (che estendeva le disposizioni di cui all'art. 3 commi da 75 a 81 legge 549/1995 anche alle aree concesse in diritto di superficie nell'ambito dei Pip).

Ci si chiede, al riguardo, quale sia l'ambito "temporale" di applicazione delle disposizioni dei commi 45 e 46 dell'art. 31 legge 448/1998.

Per quanto riguarda gli atti di "trasformazione" del diritto di superficie in proprietà di cui al comma 45, si può fondatamente ritenere che non vi siano "limiti" temporali nel senso che detti atti possono riguardare sia aree concesse in superficie con convenzioni stipulate prima della data di entrata in vigore della legge 448/1998 che aree concesse in superficie con convenzioni stipulate dopo tale data, non essendovi nella norma in commento limiti di sorta che possano indurre a limitare nel tempo l'applicazione della facoltà di "conversione" (ovviamente la conversione presuppone pur sempre un'iniziativa del Comune cui spetta fare la "proposta" ai singoli proprietari degli alloggi ai sensi del successivo comma 47).

La stessa soluzione non sembra, invece, proponibile con riguardo alle convenzioni sostitutive/modificative di cui al comma 46 per le quali bisogna operare, stante il tenore letterale della disposizione, una distinzione:

- se si tratta di modificare convenzioni con le quali l'area è stata concessa in proprietà, la possibilità della sostituzione/modificazione è limitata, per espressa previsione normativa, alle sole convenzioni stipulate precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 179 (ossia prima del 15 marzo 1992);

- se si tratta di modificare convenzioni con le quali l'area è stata concessa in superficie, stante la mancanza di limitazioni di sorta nella disposizione in commento, sembra plausibile ritenere che la possibilità della sostituzione/modificazione riguardi sia le convenzioni stipulate prima che le convenzioni stipulate dopo l'entrata della legge 448/1999 (al pari di quanto sopra ritenuto con riguardo agli atti di "trasformazione" disciplinati dal comma 45).

La convenzione per la trasformazione del diritto di superficie in piena proprietà

Oggetto della cessione.

Originariamente in base alla legge 549/1995 era consentita la cessione delle sole aree espressamente individuate dal Comune con apposita delibera del Consiglio Comunale. La legge 662/1996 ha invece modificato sul punto la legge 549 stabilendo che «il consiglio comunale può individuare le aree escluse dalla cessione entro il 31 dicembre 1997» e «che sono fatte salve le domande di acquisto presentate prima dell'approvazione della delibera comunale». Tali disposizioni sono state abrogate: non sono più previsti termini entro i quali i Comuni debbano adottare delibere per l'individuazione delle aree da cedere o da escludere dalla cessione.

Il passaggio al diritto di proprietà può quindi riguardare tutte le aree già concesse in diritto di superficie che siano ricomprese nei Peep (art. 31 comma 45 legge 448/1998) (tale facoltà è stata estesa anche alle aree ricomprese nei Pip dall'art. 3 comma 64 legge 662/1996 successivamente modificata ed integrata dall'art. 11 legge 12 dicembre 2002, n. 273).

La trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà presuppone sempre un nuovo incontro di volontà tra Comune e proprietario dell'alloggio, così come è stabilito nell'art. 31, comma 47, della legge 448/1998: «la trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà sulle aree può avvenire a seguito di proposta del Comune e di accettazione da parte dei singoli proprietari degli alloggi e loro pertinenze…».

Cessionari.

Può essere cessionario della proprietà del suolo anche il singolo condomino titolare della proprietà superficiaria dell'alloggio «per la quota millesimale corrispondente». In questo senso la legge 448/1998 ha innovato profondamente rispetto alle leggi precedenti (549/95 e 662/96) che in presenza di un condominio richiedevano la delibera dell'assemblea dei condomini (per la quale peraltro era richiesta una maggioranza ridotta rispetto a quella del codice civile) e quindi la cessione a favore di tutti i condomini anche se dissenzienti (nei cui confronti la delibera condominiale costituiva titolo esecutivo per il Comune).

Con la nuova disciplina potranno aversi nello stesso condominio soggetti che hanno la piena proprietà dell'alloggio e soggetti che invece mantengono la proprietà superficiaria (con la conseguenza che il Comune manterrà rispetto a questi ultimi la proprietà del suolo per la corrispondente quota millesimale).

Corrispettivo.

Per le aree ricomprese nei Peep il prezzo di cessione delle aree non viene più determinato dall'Ufficio tecnico erariale (Ute) come previsto dalle precedenti leggi bensì a sensi del comma 48 art. 31 legge 448/1998 la determinazione del prezzo di cessione dell'area è stata affidata all'ufficio tecnico del Comune, sempre con i criteri stabiliti per il calcolo dell'indennità di espropriazione, peraltro con riduzione al 60 per cento dello stesso valore, ed al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie rivalutati in base agli indici Istat, con l'ulteriore limitazione che il prezzo così stabilito non deve essere superiore a quello in concreto utilizzato per la cessione in prima battuta dell'area in diritto di proprietà.

Modalità del trasferimento.

La legge 549/1995 all'art. 3 comma 78-bis come introdotto dalla 662/1996 prevedeva espressamente che in occasione del trasferimento di tali aree andava stipulata una convenzione a sensi dell'art. 8 legge 10/1977: tale norma é stata abrogata dalla legge 448/1998.

Per le modalità di trasferimento, in mancanza di una norma espressa quale era l'abrogata disposizione dell'art. 3 comma 78-bis legge 549/95 bisogna distinguere a seconda che il Comune si limiti a "trasferire" la proprietà dell'area o intenda anche modificare i vincoli ed i patti di cui alla convenzione originaria.

Si rammenta, proprio con riguardo alla convenzione originaria di concessione del diritto di superficie, che l'art. 35 legge 865/1971 stabilisce che la convenzione per la concessione del diritto di superficie su area Peep debba essere redatta per atto pubblico e debba contenere:

a) il corrispettivo della concessione;

b) il corrispettivo delle opere di urbanizzazione da realizzare a cura del Comune ovvero se tali opere dovranno essere realizzate dal concessionario le relative garanzie finanziarie;

c) le caratteristiche costruttive e tipologiche degli edifici da realizzare;

d) i termini di inizio e ultimazione degli edifici e delle opere di urbanizzazione;

e) l'obbligo a praticare prezzi di cessione e canoni di locazione concordati sulla base di parametri da riportare in convenzione;

f) le sanzioni a carico del concessionario per l'inosservanza degli obblighi stabiliti nella convenzione ed i casi di maggiore gravità in cui tale inosservanza comporta la decadenza dalla concessione e la conseguente estinzione del diritto di superficie;

g) i criteri per la determinazione del corrispettivo in caso di rinnovo della concessione la cui durata non può essere superiore a quella prevista nell'atto originario e non prevede divieti di alienazione o altre limitazioni alla trasferibilità della proprietà superficiaria degli alloggi. Tuttavia non è escluso (anzi nella prassi è assai ricorrente) che in alcune convenzioni vengano inserite clausole volte a limitare la facoltà di alienazione con la previsione di divieti temporanei di alienazione con efficacia ex art. 1379 c.c. o in cui l'alienazione sia altrimenti sanzionata (ad es. con la decadenza) ovvero con la previsione di diritti di prelazione a favore del Comune (sempre con efficacia obbligatoria salva la sanzione della decadenza). In mancanza di alcuna clausola convenzionale, per legge l'alienabilità è libera, salvo osservare le clausole relative al prezzo massimo imposto per la cessione.

Si può pertanto distinguere tra un contenuto "necessario" in quanto imposto dall'art. 35 legge 865 ai fini della validità stessa della convenzione ed un contenuto "pattizio" rimesso all'autonomia delle parti.

Non vi è alcun dubbio che i vincoli attinenti al c.d. "contenuto pattizio" possano essere modificati in qualsiasi tempo per effetto di una nuova convenzione intervenuta tra le medesime parti (Comune e superficiario), convenzione per la quale non è prescritto alcun particolare requisito (così come tali vincoli potevano essere liberamente introdotti nella convenzione così altrettanto liberamente possono essere modificati o soppressi).

Lo stesso peraltro sembra non possa dirsi per i vincoli attinenti al c.d. "contenuto necessario": se tali vincoli erano stati ritenuti essenziali dal legislatore nella fase genetica del rapporto, per la qualificazione stessa del rapporto così instaurato, non possono poi essere modificati o addirittura soppressi, per effetto di una autonoma e libera attività negoziale delle parti. Ciò sarà possibile solo se una nuova legge lo consenta ed ovviamente alle condizioni stabilite dalla legge.

E la legge che consente di modificare il c.d. "contenuto necessario" della convenzione ex art. 35 legge 865/1971 c'è ed è l'art. 31 comma 46 legge 448/1998, là dove stabilisce che le vecchie convenzioni possono essere sostituite da una nuova convenzione da stipularsi a sensi dell'art. 8 legge 10/1977 (norma ora abrogata e sostituita dalla corrispondente disposizione dell'art. 18 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia).

E la norma, ed in particolare l'inciso «possono», vanno interpretati nel senso che qualora il Comune si avvalga di questa nuova "possibilità" concessa dalla norma, e si vada ad intaccare il c.d. "contenuto necessario", debba necessariamente essere stipulata una nuova convenzione ex art. 8 legge 10/1977 (ora art. 18 T.U.) (non si può invece condividere l'interpretazione data da alcuni Comuni, nel senso che qualora si intenda modificare la vecchia convenzione si possa ma non si debba necessariamente stipulare una nuova convenzione ex legge 10/1977);

Ovviamente se invece ci si limita a modificare o sopprimere il solo contenuto c.d. "pattizio" non sarà necessaria la stipula di una convenzione ex art. 8 legge 10/1977 (ora art. 18 T.U.).

In pratica si possono prospettare queste soluzioni:

1) Il Comune si limita a cedere la proprietà con conseguente trasformazione della proprietà superficiaria in piena proprietà, senza null'altro disporre.

In questo caso non va stipulata la convenzione ex art. 8 legge 10/1977 (ora art. 18 T.U.); si rientra nella fattispecie dell'art. 31 comma 45 e non in quella del successivo comma 46; rimangono peraltro in vigore tutti i vincoli contenuti nella convenzione originaria. Andrà stipulato un normale atto di trasferimento della proprietà (forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata ai fini della trascrizione).

2) Il Comune oltre a cedere la proprietà con conseguente trasformazione della proprietà superficiaria in piena proprietà, elimina i vincoli attinenti al c.d. "contenuto pattizio" (ad esempio un divieto di alienazione, ovvero un diritto di prelazione).

Anche in questo caso non va stipulata la convenzione ex art. 8 legge 10/1977 (ora art. 18 T.U.); si opera infatti sul solo contenuto pattizio, rimesso alla libera disponibilità della parti; rimangono peraltro in vigore tutti i vincoli contenuti nella convenzione originaria attinenti al contenuto c.d. "necessario" (limiti massimi del prezzo di cessione, decadenze relative alle violazioni più gravi). Andrà stipulato un normale atto di trasferimento della proprietà (forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata ai fini della trascrizione) contenente anche le modifiche del c.d. contenuto pattizio.

3) Il Comune oltre a cedere la proprietà con conseguente trasformazione della proprietà superficiaria in piena proprietà, elimina tutti vincoli attinenti sia al c.d. "contenuto pattizio" che al c.d. "contenuto necessario".

In questo caso deve essere necessariamente stipulata la convenzione ex art. 8 legge 10/1977 (ora art. 18 T.U.); si rientra nella fattispecie di cui all'art. 31 comma 46 legge 448/1997; né le limitazioni discendenti dalla convenzione ex art. 8 legge 10/1977 (ora art. 18 T.U.) possono considerarsi incompatibili con il diritto (piena proprietà) risultante dalla trasformazione, se è vero che, a seguito della modifica introdotta con la legge 662/1996, la convenzione ex art. 35 legge 865/1971 per la cessione di aree in piena proprietà deve contenere, a "regime", le prescrizioni previste proprio dall'art. 8 legge 10/1977 (ora art. 18 T.U.).

Si rammentano i principali requisiti della convenzione ex art. 18 T.U. (già art. 8 legge 10/1977):

Forma: non è prescritta una forma ab sustantiam: peraltro dovendo essere trascritta (ex art. 2643 c.c. comportando il trasferimento di un diritto reale) sarà necessario l'atto pubblico o la scrittura privata autenticata.

La competenza di rogito già spettante in via esclusiva al notaio, a seguito dell'entrata in vigore della legge 15 maggio 1997, n. 127 (c.d. legge Bassanini) disposizione recepita e confermata anche nel T.U. degli Enti locali di cui al D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (art. 97 comma 4 lett. c) deve ritenersi estesa anche ai Segretari comunali, come sopra ricordato (salva sempre la competenza esclusiva del notaio nei casi in cui il Comune debba essere rappresentato proprio dal segretario Comunale a sensi dell'art. 97 comma 4 lett. d) T.U. 267/2000).

Rappresentanza comune: la convenzione dovrà essere sottoscritta, in rappresentanza del Comune, dal Dirigente competente ovvero nei comuni sprovvisti della figura del Dirigente, dal responsabile dei servizi indicato nel provvedimento motivato del Sindaco o dal Segretario comunale, i quali agiranno in esecuzione di apposita delibera del Consiglio comunale competente in materia.

Contenuto della convenzione: il contenuto della convenzione è quello prescritto dal succitato art. 18 D.P.R. 380/2001 (T.U. in materia edilizia); in particolare la convenzione deve prevedere:

a) la determinazione dei prezzi di cessione degli alloggi sulla base del costo dell'area, della costruzione, delle opere di urbanizzazione, nonché delle spese generali comprese quelle di progettazione e degli oneri di preammortamento e di finanziamento;

b) la determinazione dei canoni di locazione in percentuale del valore desunto dai prezzi fissati per la cessione degli alloggi;

c) la variabilità dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione con frequenza non inferiore al biennio in base agli indici Istat dei costi di costruzione;

d) la nullità di ogni pattuizione stipulata in violazione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione vincolati per la parte eccedente (per Cass. 2 ottobre 2000, n. 13006 la nullità si applica solo a carico della ditta convenzionata e non a carico dei successivi proprietari);

e) la durata di validità della convenzione pari a quella massima (30 anni) diminuita del tempo trascorso fra la data di stipulazione della convenzione di concessione del diritto di superficie a suo tempo stipulata e la stipula della nuova convenzione.

L'art. 18 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) (già art. 8 legge 10/77) prevede tra le indicazioni della convenzione anche le caratteristiche tipologiche e costruttive degli edifici ma ovviamente tale disposizione non può trovare applicazione in questo caso in cui si opera con un'area già edificata.

Ulteriore ambito applicativo

Come già si è ricordato la convenzione ex art. 18 D.P.R 380/2001 (Testo Unico in materia edilizia) (già art. 8 legge 10/1977) oltre che nel caso di trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà purchè venga modificato anche il c.d. "contenuto necessario" dell'originaria convenzione, può essere stipulata in ogni altro caso in cui a sensi dell'art. 31 comma 46 legge 448/1998 si intenda "sostituire" la convenzione stipulata a sensi dell'art. 35 legge 865/1971 (se comportante la cessione dell'area in proprietà solo se stipulata prima del 15 marzo 1992).

Ma quali potrebbero essere i motivi che inducono taluno a voler procedere a tale sostituzione?

Innanzitutto per la ragione che la convenzione ex art. 18 T.U. (già art. 8 legge 10/1977) è una convenzione che non pone mai a rischio la validità integrale del negozio posto in essere, mentre le convenzioni ex lege 865 possono prevedere o la decadenza (per le aree in diritto di superficie) o la risoluzione di diritto della cessione (per le aree in diritto di proprietà). Costituisce pertanto un notevole vantaggio per il cessionario dell'area non dover più temere che il Comune, o appellandosi alla decadenza, o appellandosi alla risoluzione di diritto, metta nel nulla l'atto di concessione del diritto di superficie o di cessione della proprietà con l'evidente rischio di dover ritrasmettere al Comune l'area con tutta la costruzione che la sovrasta.

In secondo luogo potrebbe essere più conveniente per l'assegnatario accettare le limitazioni poste dall'art. 18 T.U (già art. 8 legge 10/1977) in tema di prezzi di rivendita e di canoni di locazione in luogo di eventuali limitazioni pattizie contenute nell'originaria convenzione (ad esempio diritto di prelazione a favore del Comune, divieti temporanei di alienazione, limitazioni varie in ordine ai requisiti dei possibili acquirenti, ecc.).

Limiti al successivo trasferimento

Nessun limite al successivo trasferimento delle aree ricomprese nei Peep, per le quali sia intervenuto l'acquisto dal Comune del diritto di proprietà con conseguente "trasformazione" del diritto di superficie in piena proprietà, è previsto dalla vigente normativa. Per cui, una volta perfezionata tale "trasformazione" la alienazione in piena proprietà dell'alloggio (in presenza delle altre condizioni di legge o di convenzione) è libera.

Solo per le aree ricomprese nei Pip l'art. 11 legge 273/2002 che ha modificato l'art. 3 comma 64 legge 662/1996 fissa un limite al successivo trasferimento. Infatti tale norma stabilisce che «la proprietà delle suddette aree non può essere ceduta a terzi nei cinque anni successivi all'acquisto».

I piani urbanistici attuativi e le convenzioni urbanistiche

La vigente disciplina in materia urbanistica prevede in sostanza tre livelli di pianificazione del territorio attraverso i seguenti strumenti urbanistici:

Primo livello

Piani di direttiva: dettano direttive generali per l'assetto del territorio con ambito sovracomunale (ad esempio Piano territoriale di coordinamento Regionale, Piano territoriale di coordinamento Provinciale, ecc.).

Secondo livello

Piani operativi - conformativi: con i quali vengono specificate per aree comunali le linee generali previste dai piani di direttiva (ad esempio Piano regolatore generale).

Terzo livello

Piani attuativi - conformativi: con i quali viene data attuazione alle prescrizioni generali dei Piani di livello superiore; da essi pertanto discendono precisi vincoli a carico dei beni oggetto di pianificazione al fine di realizzare gli obiettivi fissati dai piani dei livelli superiori. (ad esempio Piano particolareggiato esecutivo - Piano di lottizzazione - Piano di recupero - Piano di edilizia economico popolare, Peep - Piano per insediamenti produttivi, Pip). Taluni dei Piani attuativi possono prevedere l'intervento dei privati (proprietari delle aree interessate dai Piani medesimi) (si parla al riguardo di Piani urbanistici attuativi "ad iniziativa privata"). L'intervento dei privati trova la sua disciplina in apposita convenzione da stipularsi con il Comune (convenzione che abbiamo definito in precedenza come "convenzione di piano attuativo").

Le convenzioni "di piano attuativo", pertanto, si inseriscono al livello più basso dell'intero procedimento di pianificazione ossia al livello attuativo (là dove i margini di discrezionalità nelle scelte urbanistiche sono ridotti al minimo, dovendosi dare mera attuazione alle scelte operate negli strumenti urbanistici di livello superiore ed in particolare nel Piano regolatore generale).

Vediamo ora le caratteristiche peculiari di talune di dette convenzioni (dopo aver trattato diffusamente della convenzione Peep ex art. 35 legge 865/1971 esaminiamo ora altre tre diffuse convenzioni: la convenzione per l'attuazione del Pip, la convenzione di attuazione del Piano di lottizzazione e la convenzione di attuazione del Piano di recupero).

Pip (Piano Insediamenti Produttivi)

La convenzione di attuazione del Pip è lo strumento col quale la P.A. dispone delle aree espropriate a favore dei soggetti attuatori degli interventi di edilizia produttiva è un atto complesso, disciplinato dall'art. 27 legge 865/1971, avente natura di:

- concessione/contratto per la parte che realizza il trasferimento in capo al concessionario del diritto (superficie o proprietà) che lo autorizza all'uso dell'area; la qualificazione come "concessione" di tale parte dell'atto si impone in relazione alla natura di bene indisponibile di tali aree, quale unico strumento per l'utilizzazione di un bene pubblico;

- convenzione urbanistica per la parte che determina il sorgere in capo al concessionario, di una serie di obbligazioni aventi tutte riferimento all'utilizzazione del territorio in modo conforme alla prescrizioni urbanistiche.

Per le caratteristiche di detta convenzione (natura giuridica, forma, competenza di rogito, trascrizione, rappresentanza del comune) si rinvia a quanto sopra riportato in ordine alle caratteristiche generali delle convenzioni urbanistiche, con queste puntualizzazioni:

Forma.

è prescritto a pena di nullità l'atto pubblico.

Trascrizione.

L'art. 27 legge 865/71 non prevede espressamente la trascrizione; tuttavia tale obbligo discende dalla norma generale dell'art. 2643 c.c. posto che la convenzione in oggetto comporta il trasferimento della proprietà di immobile o la costituzione di un diritto di superficie.

Oggetto.

La convenzione ex art. 27 legge 865/1971 può avere per oggetto la cessione della piena proprietà dell'area Pip ovvero la concessione del diritto di superficie su tale area.

La disposizione dell'art. 27 legge 865/1971 che prevedeva la cessione della proprietà di aree ricomprese nel Pip per una quota non superiore al 50% è stata modificata dall'art. 49 legge 27 dicembre 1997, n. 449 la quale non prevede più quote minime da destinare in superficie o proprietà ma lascia ai Comuni la facoltà di scegliere liberamente quale forma di cessione/concessione adottare.

Nel caso di più richieste concorrenti, la preferenza va data ad enti pubblici e aziende a partecipazione statale nell'ambito di programmi approvati dal Cipe.

Contenuto convenzione.

La concessione/cessione viene deliberata dal consiglio comunale: con la stessa delibera viene inoltre determinato il contenuto della convenzione da stipularsi; il contenuto della convenzione è quello prescritto dall'art. 27 ultimo comma legge 865/1971; pertanto la convenzione in oggetto deve prevedere:

- gli oneri a carico del concessionario o dell'acquirente (ad esempio assunzione dell'onere di eseguire in proprio le opere di urbanizzazione se non già realizzate dal Comune; termini per l'esecuzione dei lavori; modalità di trasferimento delle opere al Comune ecc.; non è infrequente inoltre la previsione di un divieto di svolgimento di particolari attività in genere altamente inquinanti o insalubri);

- le sanzioni per la loro inosservanza (sanzioni pecuniarie ovvero in applicazione analogica dell'art. 35 medesima legge 865/1971 relativo al Peep la decadenza, in caso di concessione del diritto di superficie, o la risoluzione in caso di cessione in proprietà).

Tali prescrizioni sono normalmente integrate dalle seguenti previsioni (peraltro non prescritte dall'art. 27 legge 865/1971):

- previsione termini inizio ultimazione lavori singoli edifici;

- caratteristiche tipologiche e costruttive degli edifici;

- destinazioni particolari per gli edifici.

Patto di non alienazione

Nelle convenzioni ex art. 27 legge 865/1971 possono essere inserite clausole comportanti il divieto di alienazione temporanea degli edifici produttivi realizzati. Si tratterà ovviamente di clausole di natura puramente pattizia, riconducibili al disposto dell'art. 1379 c.c., e quindi con effetto limitato solo tra le parti. Gli stessi divieti, a norma dell'art. 1379 c.c. dovranno essere contenuti entro convenienti limiti di tempo e dovranno rispondere ad un apprezzabile interesse di una delle parti (in questo caso ovviamente il Comune non avendo alcun interesse il cessionario/concessionario a limitare la successiva possibilità di alienazione dei propri aventi causa). Stante la natura puramente pattizia di detto divieto la rivendita avvenuta in sua violazione non determina l'invalidità del contratto stesso, e ciò indipendentemente dalla buona o mala fede del subacquirente, salvo evidentemente il diritto del Comune al risarcimento del danno; ed evidentemente salve le norme sulla decadenza amministrativa (per le cessioni in diritto di superficie) e sulla risoluzione per inadempimento (per le cessioni in proprietà) qualora la violazione del divieto di alienazione sia stata sanzionata nella convenzione con la decadenza o la risoluzione

Patto di prelazione

è assai frequente l'inserimento nelle convenzioni Pip del patto di prelazione a favore del Comune per il caso di trasferimento degli edifici produttivi

Come per ogni patto di prelazione convenzionale si tratta di un patto ad effetti meramente obbligatori, con efficacia limitata tra le parti, e ciò malgrado la trascrizione della convezione, con la conseguenza che non trova applicazione l'istituto del riscatto previsto solo per le prelazioni legali e non anche per quelle convenzionali.

Stante la natura puramente pattizia di detta prelazione la rivendita avvenuta in suo dispregio non dà luogo a riscatto a favore del Comune, e ciò indipendentemente dalla buona o mala fede del subacquirente, per cui al Comune spetterà solamente il diritto al risarcimento del danno; ed evidentemente salve le norme sulla decadenza amministrativa (per le cessioni in diritto di superficie) e sulla risoluzione per inadempimento (per le cessioni in proprietà) qualora la violazione della prelazione sia stata sanzionata nella convenzione con la decadenza o la risoluzione.

La convenzione per la trasformazione del diritto di superficie in piena proprietà

Il passaggio al diritto di proprietà previsto per le aree Peep , come sopra ricordato, può riguardare anche le aree già concesse in diritto di superficie che siano ricomprese nei Pip e ciò in forza dell'art. 3 comma 64 legge 662/1996 successivamente modificata ed integrata dall'art. 11 legge 12 dicembre 2002, n. 273 che così dispone: «I comuni possono cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie nell'ambito dei piani delle aree destinate a insediamenti produttivi di cui all'articolo 27 legge 22 ottobre 1971, n. 865 …».

Per le aree ricomprese nei Pip l'art. 11 legge 273/2002 (che ha modificato l'art. 3 comma 64 legge 662/1996) stabilisce che il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato con delibera del Consiglio Comunale in misura non inferiore alla differenza tra il valore delle aree da cedere direttamente in diritto di proprietà e quello delle aree da cedere in diritto di superficie valutati al momento della trasformazione.

Per quanto concerne le modalità di trasferimento, la norma dell'art. 3 comma 64 legge 662/1996 successivamente modificata ed integrata dall'art. 11 legge 12 dicembre 2002, n. 273 non pone particolari prescrizioni [nota 6]; sarà sufficiente quindi un atto avente per oggetto il trasferimento della proprietà del suolo, senza ulteriori prescrizioni (atto ovviamente che dovrà essere trascritto e che quindi dovrà essere redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata).

Continueranno ad applicarsi tutti i vincoli e le prescrizioni discendenti dalla convenzione originaria (infatti per le convenzioni Pip la legge non distingue il contenuto a seconda che la convenzione stessa comporti la cessione della proprietà o la concessione del diritto di superficie).

Per le aree ricomprese nei Pip (e solo per le aree ricomprese nei Pip non essendo prevista una analoga disposizione per le aree Peep) l'art. 11 legge 273/2002 che ha modificato l'art. 3 comma 64 legge 662/1996 fissa un limite al successivo trasferimento di quelle aree per le quali sia intervenuto l'acquisto dal Comune del diritto di proprietà con conseguente "trasformazione" del diritto di superficie in piena proprietà. Infatti tale norma stabilisce che «la proprietà delle suddette aree non può essere ceduta a terzi nei cinque anni successivi all'acquisto».

Tuttavia la norma non precisa quali siano le conseguenze per il caso di violazione di tale divieto.

Tuttavia se si ritiene il divieto posto a tutela di interessi pubblici (evitare forme di speculazione) l'atto di cessione in violazione del divieto stesso deve considerarsi nullo, in quanto contrario a norme imperative, e ciò a sensi dell'art. 1418 c.c.

Piano di lottizzazione (ad iniziativa privata)

La convenzione di lottizzazione trova la sua disciplina nell'art. 28 legge 17 agosto 1942, n. 1150 così come introdotto con legge 6 agosto 1967, n. 765.

Scopo della convenzione consiste nel disciplinare l'attività urbanistica ed edilizia da attuarsi mediante i mezzi e le risorse dei privati al fine di garantire il rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, concretando una sorta di collaborazione tra P.A. e privati nel contemperamento dei rispettivi interessi.

Per le caratteristiche di detta convenzione (natura giuridica, forma, competenza di rogito, trascrizione, rappresentanza del comune) si rinvia a quanto sopra riportato in ordine alle caratteristiche generali delle convenzioni urbanistiche, con queste puntualizzazioni.

Forma:

La legge non prescrive alcuna forma ab substantiam. Pertanto la forma, ai fini della validità della convenzione è libera; tuttavia poiché la legge ne prescrive la trascrizione presso la Conservatoria dei RR.II. ne discende che è comunque necessario che detta convenzione risulti o da atto pubblico o da scrittura privata autenticata. (art. 2657c.c.).

Trascrizione.

L'art. 28 legge 1150/1942 sancisce l'obbligo di trascrivere (a cura del proprietario) la convenzione di lottizzazione.

Funzione della trascrizione è di semplice pubblicità notizia avendo lo scopo di portare a conoscenza anche dei terzi quella che è la destinazione economica ed urbanistica dei beni (non comportando il trasferimento di diritti reali non vi è la necessità di risolvere conflitti tra più acquirenti).

Contenuto.

Con riguardo al contenuto della convenzione di lottizzazione la dottrina distingue:

- una parte necessaria concernente la pianificazione urbanistica, non negoziabile in quanto di stretta applicazione delle norme e delle previsioni della legge e del Prg;

- una parte disponibile concernente la determinazione dei modi e dei tempi esecutivi suscettibile di accordi ricollegabili ad elementi di opportunità e convenienza.

In particolare la convenzione deve avere il contenuto prescritto dall'art. 28, comma 5, legge 1150/1942 e più precisamente deve prevedere:

a) la cessione gratuita, entro termini prestabiliti, da parte dei proprietari lottizzatori delle aree necessarie per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

b) la assunzione a carico dei proprietari lottizzatori degli oneri finanziari per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione e delle opere necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è determinata in proporzione all'entità ed alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni;

c) i termini non superiori a dieci anni entro cui devono essere compiute le opere di urbanizzazione;

d) congrue garanzie finanziarie (normalmente fidejussione bancaria o assicurativa) o ipotecarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione.

Inoltre, normalmente, le convenzioni di lottizzazione contengono anche le seguenti prescrizioni (previste il più delle volte dalle norme delle leggi regionali):

- l'impegno dei lottizzanti a realizzare gli interventi previsti e, in proporzione al volume e alla superficie edificabile, le relative opere di urbanizzazione primaria e secondaria espressamente descritte in base ai progetti di piano, quando il Comune non preveda già di realizzarle per conto proprio;

- il vincolo di destinazione delle opere di urbanizzazione qualora non ne sia prevista la cessione gratuita al Comune;

- le modalità di controllo e vigilanza circa l'attuazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria e le modalità per il collaudo delle stesse una volta ultimate;

- le sanzioni per il caso di inadempimento degli obblighi discendenti dalla convenzione;

- l'obbligo per i lottizzanti, in caso di cessione delle aree a terzi, di porre a carico degli acquirenti tutti gli obblighi discendenti dalla convenzione, salva la responsabilità solidale dei lottizzanti originari verso il Comune per l'adempimento nei termini.

Anche se non previsto dalla legge, è molto frequente l'inserimento nella convenzione di lottizzazione di clausole volte a:

- prevedere l'obbligo del trasferimento del Comune di una certa percentuale dell'area lottizzata a prezzo convenzionato o addirittura a titolo gratuito, al fine di consentire al Comune di attuare programmi alternativi di edilizia convenzionata (residenziale o produttiva a seconda della destinazione urbanistica dell'area interessata dal Piano) al di fuori degli schemi rigidi delle procedure fissate per l'edilizia convenzionata "tradizionale" dagli artt. 27 (per interventi in zona produttiva) o 35 (per interventi in zona residenziale) della legge 865/1971;

- limitazioni (in caso di aree industriali) con divieto di certi tipi di insediamenti industriali particolarmente inquinanti o insalubri.

Effetti.

L'assunzione da parte del proprietario lottizzante degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione è qualificata dalla dottrina come una obbligatio propter rem con la conseguenze che dette opere debbono essere realizzate da coloro che sono proprietari delle aree al momento del rilascio del permesso a lottizzare anche se diversi da coloro che avevano a suo tempo sottoscritto la convenzione di lottizzazione (in questo senso anche Cass. 26 novembre 1988, n. 6382) [nota 7].

Da qui l'opportunità, in caso di atto di trasferimento di area ricompresa in un Pdl ancora in fase di attuazione di inserire nell'atto stesso apposite clausole nelle quali specificare i termini del subentro dell'acquirente negli oneri di urbanizzazione (oppure l'esclusione da tale subentro).

La stipula della convenzione non dà diritto a dare attuazione al programma lottizzatorio, essendo la stessa subordinata al rilascio del permesso a lottizzare.

Pertanto la stipula della convenzione:

- da un lato è condizione per il rilascio del permesso a lottizzare (a sua volta condizione per dare attuazione al programma lottizzatorio);

- dall'altro non comporta un vero e propri diritto per i proprietari lottizzanti ad ottenere il rilascio del permesso a lottizzare: infatti «l'esistenza di una convenzione di lottizzazione non priva l'amministrazione del potere di adottare in prosieguo di tempo scelte urbanistiche di segno opposto, a condizione che siano persuasive ed esplicitate le ragioni di pubblico interesse che inducono a ritenere superato l'assetto precedente e che sia dimostrata la prevalenza dell'interesse pubblico rispetto a quello del privato proprietario» (Cons. Stato 20 febbraio 1989, n. 113).

Piano di recupero (ad iniziativa privata)

La convenzione per l'attuazione del Piano di recupero è disciplinata dagli artt. 27-30 legge 5 agosto 1978, n. 457 (che per il procedimento rinvia alle disposizioni dettate per la convenzione di lottizzazione).

Scopo della convenzione consiste nel disciplinare l'attività urbanistica ed edilizia da attuarsi mediante i mezzi e le risorse dei privati al fine di garantire il rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, concretando una sorta di collaborazione tra P.A. e privati nel contemperamento dei rispettivi interessi.

Per le caratteristiche di detta convenzione (natura giuridica, forma, competenza di rogito, trascrizione, rappresentanza del comune) si rinvia a quanto sopra riportato in ordine alle caratteristiche generali delle convenzioni urbanistiche, con queste puntualizzazioni:

Forma.

La legge non prescrive alcuna forma ab substantiam. Pertanto la forma, ai fini della validità della convenzione è libera; tuttavia poiché la legge ne prescrive la trascrizione presso la Conservatoria dei RR.II. ne discende che è comunque necessario che detta convenzione risulti o da atto pubblico o da scrittura privata autenticata (art. 2657c.c.).

Trascrizione.

L'art. 28 legge 1150/1942, richiamato per i Piani di recupero dall'art. 30 comma 3 legge 457/1978, sancisce l'obbligo di trascrivere (a cura del proprietario) la convenzione di attuazione del piano di recupero.

Funzione della trascrizione è di semplice pubblicità notizia avendo lo scopo di portare a conoscenza anche dei terzi quella che è la destinazione economica ed urbanistica dei beni (non comportando il trasferimento di diritti reali non vi è la necessità di risolvere conflitti tra più acquirenti).

Contenuto.

Con riguardo al contenuto della convenzione di lottizzazione la dottrina distingue:

- una parte necessaria concernente la pianificazione urbanistica, non negoziabile in quanto di stretta applicazione delle norme e delle previsioni della legge e del Prg;

- una parte disponibile concernente la determinazione dei modi e dei tempi esecutivi suscettibile di accordi ricollegabili ad elementi di opportunità e convenienza.

In particolare la convenzione, per effetto del richiamo effettuato dall'art. 30, comma 3, legge 457/1978, deve avere il contenuto prescritto dall'art. 28, comma 5, legge 1150/1942 e più precisamente deve prevedere:

a) la cessione gratuita, entro termini prestabiliti, da parte dei proprietari delle aree necessarie per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

b) la assunzione a carico dei proprietari degli oneri finanziari per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative al piano e delle opere necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è determinata in proporzione all'entità ed alle caratteristiche degli insediamenti del Piano;

c) i termini non superiori a dieci anni entro cui devono essere compiute le opere di urbanizzazione;

d) congrue garanzie finanziarie (normalmente fidejussione bancaria o assicurativa) o ipotecarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione.

Inoltre, normalmente, le convenzioni di attuazione dei Piani di recupero contengono anche le seguenti prescrizioni (previste il più delle volte dalle norme delle leggi regionali):

- l'impegno dei proprietari a realizzare gli interventi previsti e, in proporzione al volume e alla superficie edificabile, le relative opere di urbanizzazione primaria e secondaria espressamente descritte in base ai progetti di piano, quando il Comune non preveda già di realizzarle per conto proprio;

- il vincolo di destinazione delle opere di urbanizzazione qualora non ne sia prevista la cessione gratuita al Comune;

- le modalità di controllo e vigilanza circa l'attuazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria e le modalità per il collaudo delle stesse una volta ultimate;

- le sanzioni per il caso di inadempimento degli obblighi discendenti dalla convenzione;

- l'obbligo per i proprietari, in caso di cessione delle aree a terzi, di porre a carico degli acquirenti tutti gli obblighi discendenti dalla convenzione, salva la responsabilità solidale dei proprietari originari verso il Comune per l'adempimento nei termini.

Effetti.

L'assunzione da parte del proprietario lottizzante degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione è qualificata dalla dottrina come una obbligatio propter rem con la conseguenze che dette opere debbono essere realizzate da coloro che sono proprietari delle aree al momento del rilascio del permesso abilitativo anche se diversi da coloro che avevano a suo tempo sottoscritto la convenzione di attuazione del Piano di recupero.

Da qui l'opportunità, in caso di atto di trasferimento di area ricompresa in un Piano di recupero ancora in fase di attuazione di inserire nell'atto stesso apposite clausole nelle quali specificare i termini del subentro dell'acquirente negli oneri di urbanizzazione (oppure l'esclusione da tale subentro).

Forme alternative di edilizia convenzionata

Come abbiamo visto nella convenzione di attuazione di un Piano di lottizzazione si può anche prevedere l'obbligo del trasferimento al Comune di una certa percentuale dell'area lottizzata a prezzo convenzionato o addirittura a titolo gratuito, al fine di consentire al Comune di attuare programmi alternativi di edilizia convenzionata (residenziale o produttiva a seconda della destinazione urbanistica dell'area interessata dal Piano) al di fuori degli schemi rigidi delle procedure fissate per l'edilizia convenzionata "tradizionale" dagli artt. 27 (per interventi in zona produttiva) o 35 (per interventi in zona residenziale) della legge 865/1971. Tale previsione costituisce parte integrante del cosiddetto procedimento della "concertazione", procedimento che si sta sempre più diffondendo nella pratica, ed in forza del quale le varianti al Piano regolatore generale comportanti modificazioni della destinazione urbanistica di vaste aree (da inedificabile ad edificabile) vengono preventivamente "concertate" tra le parti (Comune e proprietari). La "concertazione" intesa come accordi che i Comuni possono concludere con soggetti privati nell'attività di pianificazione urbanistica, ha ora trovato, nell'ambito della regione Veneto, espresso riconoscimento legislativo, negli artt. 5 e 6 della legge Regione Veneto 23 aprile 2004, n. 11 (Norme per il governo del territorio). Il Comune propone al proprietario la variante urbanistica; il proprietario se interessato a sfruttare le nuove opportunità che la variante può offrire, si impegna da un lato a dare attuazione alla variante urbanistica (presentando il prescritto Piano urbanistico attuativo) e dall'altro a cedere al Comune, a prezzo simbolico o addirittura a titolo gratuito, una certa percentuale dell'area interessata dalla variante, affinchè il Comune possa procedere all'attuazione dei propri programmi di edilizia convenzionata senza i vincoli posti dalla normativa della legge 865/1971, acquisendo le aree a tal fine necessarie a prescindere dall'avvio di una procedura di esproprio. L'impegno del privato normalmente viene sancito, prima dell'adozione della variante da parte del Consiglio comunale, in un apposito atto unilaterale d'obbligo debitamente registrato e trascritto. L'individuazione dell'area che in concreto deve essere ceduta al Comune (corrispondente alla percentuale promessa con l'atto unilaterale d'obbligo) viene poi effettuata, una volta approvata la variante urbanistica, in sede di approvazione del Piano urbanistico attuativo; contestualmente alla stipula della convenzione di attuazione del Piano verrà anche trasferita al Comune l'area di sua spettanza ovvero con la convenzione verrà riconfermato l'obbligo del privato a cedere l'area appositamente individuata negli elaborati di Piano. Si procederà in quest'ultimo senso sia nel caso in cui al momento della convenzione l'area non sia ancora stata catastalmente frazionata sia nel caso in cui il trasferimento dell'area debba avvenire direttamente dal proprietario al terzo attuatore del programma di edilizia convenzionata a tal fine indicato dal Comune sulla base delle risultanze di apposito bando ad evidenza pubblica (nel quale vanno indicati gli obiettivi che con lo specifico programma di edilizia convenzionata il Comune si prefigge di realizzare). Nel caso di cessione diretta, il soggetto assegnatario dell'area dovrà assumersi tutti gli obblighi posti dal bando (termini di inizio e fine costruzione, eventuali divieti di alienazione, eventuali patti di prelazione a favore del Comune ecc.) con apposito atto unilaterale d'obbligo, contestuale all'atto di acquisto (o anche ricompreso nel corpo dell'atto di acquisto medesimo)

Nel caso invece di acquisizione dell'area da parte del Comune e di successivo trasferimento della stessa dal Comune al soggetto attuatore del programma di edilizia convenzionata, sempre da individuarsi sulla base delle risultanze di apposito bando ad evidenza pubblica, il soggetto assegnatario dell'area si assumerà formalmente tutti gli obblighi posti dal bando (finalizzati al conseguimento degli obiettivi che con lo specifico programma di edilizia convenzionata il Comune si prefigge di realizzare) con lo stesso atto/convenzione di trasferimento dell'area.

Atti di ricomposizione fondiaria

Inevitabilmente l'attuazione di un Piano urbanistico attuativo crea degli squilibri di carattere economico tra i vari proprietari. La configurazione urbanistica del piano non può infatti rispettare i "confini" delle singole proprietà ma deve rispondere essenzialmente a canoni di compatibilità urbanistica e di corretto assetto del territorio.

Ad esempio nel caso di un Piano di lottizzazione, mentre l'edificabilità complessiva riconosciuta al Piano è calcolata sulla base dell'intera superficie territoriale espressa dal Piano, una volta attuata la lottizzazione, con la individuazione dei lotti e delle aree destinate alle opere di urbanizzazione (strade, parcheggi, marciapiedi, verde pubblico, impianti pubblici ecc.) la edificabilità (espressa dal Piano nel suo complesso) si va a concentrare solo nei lotti edificabili, stante la inedificabilità delle aree destinate a finalità pubbliche.

Ora può capitare (anzi è inevitabile che ciò succeda) che Tizio si veda destinata l'intera o gran parte della sua proprietà a finalità pubbliche con conseguente inedificabilità della stessa, mentre Caio si veda destinata l'intera o gran parte della sua proprietà a lotto edificabile, godendo di una volumetria maggiore rispetto a quella di partenza.

Facciamo un esempio concreto: in base al Prg un'area di complessivi mq. 10.000 (per mq. 3.000 di proprietà di Tizio e per mq. 7.000 di proprietà di Caio) è classificata residenziale di espansione soggetta a Piano urbanistico attuativo e con indice di edificabilità di 1mc/1mq. All'intera area spetta pertanto una edificabilità di 10.000 mc (di cui 3.000 mc di spettanza di Tizio e 7.000 mc di spettanza di Caio). Le strade e le altre opere di urbanizzazione, in base alla configurazione assunta dal Piano, vanno ad incidere sull'intera area di proprietà di Tizio mentre l'intera capacità edificatoria pari a mc 10.000 si è concentrata sulla proprietà di Caio; è evidente come in questo caso il Piano Urbanistico abbia prodotto degli effetti "distorsivi" nei rapporti tra i lottizzanti, in quanto Tizio è stato privato della sua capacità edificatoria iniziale di 3000 mc a tutto vantaggio di Caio che invece si è arricchito di 3.000 mc in più rispetto a quelli di sua spettanza.

Tuttavia se è vero che il Piano urbanistico deve innanzitutto realizzare interessi di carattere pubblicistico, è altrettanto vero che tutto ciò non può avvenire a discapito dei diritti dei privati.

Al fine di ovviare agli effetti distorsivi che inevitabilmente un Piano di lottizzazione o comunque un Piano urbanistico attuativo produce, nella pratica si è venuto affermando il c.d. "atto di ricomposizione fondiaria".

Scopo.

Scopo dell'atto di ricomposizione fondiaria è per l'appunto quello di riequilibrare la capacità edificatoria del piano tra i lottizzanti nonché di far coincidere i lotti urbanistici (quali individuati dal Piano) con i lotti di proprietà dei singoli lottizzanti, attraverso una ricomposizione dell'assetto proprietario delle aree ricomprese nell'ambito del Piano stesso.

Così ritornando all'esempio di cui sopra scopo dell'atto di ricomposizione fondiaria sarà quello di far acquisire a Tizio una porzione dell'area di proprietà di Caio corrispondente ad un lotto urbanistico con capacità edificatoria di mc 3000 (cosicchè Tizio avrà alla fine del procedimento di lottizzazione un'area che seppur non corrispondente sotto il profilo territoriale e catastale a quella originariamente posseduta comunque gli attribuisce la medesima capacità edificatoria che aveva prima dell'inizio della lottizzazione).

Oggetto.

Nella pratica l'atto di ricomposizione fondiaria è stato variamente configurato:

1) come una serie di cessioni reciproche tra i vari lottizzanti senza corrispettivo in quanto poste in essere per le finalità di riequilibrare la capacità edificatoria del piano;

2) come una serie di permute senza conguaglio;

3) come una assegnazione ai singoli lottizzanti dei lotti urbanistici finali in proporzione alla capacità edificatoria di spettanza in base alla superficie territoriale di proprietà;

4) come trasferimento di tutte le aree ad un Consorzio costituito tra tutti i lottizzanti e successivo ritrasferimento dei lotti urbanistici ai lottizzanti consorziati.

Tra le varie soluzioni riteniamo preferibile la soluzione sub 1) che ci appare la più rispondente alla struttura ed alla causa dell'atto in questione.

La soluzione 2 non sempre è percorribile perché non sempre chi trasferisce a un lottizzante riceve qualcosa da quello stesso lottizzante, ma può invece ricevere da un altro lottizzante.

La soluzione 3 deve, per avere un fondamento giuridico, essere preceduta da una preventiva messa in comproprietà di tutte le aree, in proporzione ai diritti edificatori, il che rende la soluzione nella pratica molto complicata o comunque più complicata della soluzione 1).

La soluzione 4 è la più lineare ma implica un doppio trasferimento (lottizzanti/Consorzio, Consorzio/lottizzanti) dagli incerti risvolti fiscali (soprattutto per quanto concerne le imposte dirette).

Ovviamente non sempre risulta possibile ottenere una esatta corrispondenza tra lotti urbanistici e situazione originaria di ripartizione della capacità edificatoria tra i lottizzanti (nel nostro esempio tale ipotesi si verificherebbe qualora il piano non prevedesse lotti urbanistici con capacità edificatoria di 3000 mc ma solo lotti da 2500 mc o 3500 mc). In questo caso quindi si dovrà procedere:

- o ad una cessione tra i lottizzanti di diritti (cessione onerosa per la quale valgono le norme, anche fiscali, dettate per la compravendita di diritti);

- ovvero ad una cointestazione del lotto urbanistico indivisibile in proporzione ai rispettivi diritti edificatori.

Tornando al nostro esempio:

- Tizio potrebbe accettare un lotto da 2.500 mc cedendo a Caio i suoi diritti pari ad una capacità edificatoria di 500 mc (la cessione in oggetto può configurarsi alla stregua di una "cessione di cubatura");

- Caio potrebbe trasferire a Tizio un lotto da 3.500 mc cedendo allo stesso i suoi diritti pari ad una capacità edificatoria di 500 mc (anche in questo caso la cessione in oggetto può configurarsi alla stregua di una "cessione di cubatura");

- Caio potrebbe trasferire a Tizio un lotto da 3.500 mc, per una quota indivisa di 30/35, riservandosi la residua quota indivisa di 5/35.

Causa.

A giustificazione dell'atto di ricomposizione fondiaria (secondo la configurazione sopra proposta sub 1) è stato ritenuto applicabile, sulla base di quanto disposto dall'art. 11 della legge 241/1990 (legge fondamentale in materia di procedimento amministrativo) il principio dell'art. 2041 c.c., principio che «mira a riparare quegli squilibri che pur essendo determinati dall'applicazione del sistema non sono adeguatamente giustificati sul piano della giustizia sostanziale», ed in forza del quale «a nessuno è consentito di arricchirsi senza giusta causa provocando uno depauperamento altrui» [nota 8].

Pertanto l'atto in questione è stato ritenuto un «atto atipico la cui causa è la ricomposizione fondiaria al fine di prevenire ingiustificati arricchimenti determinati dall'effetto conformativo della convenzione di piano di lottizzazione; quest'atto è autonomo causalmente ma collegato geneticamente e funzionalmente alla convenzione e quindi legato alle sorti della convenzione medesima» [nota 9].

Stante lo stretto collegamento che esiste tra convenzione urbanistica e atto di ricomposizione, che ha fatto ritenere il secondo, ad esempio ai fini della disciplina fiscale, come una sorta di atto di attuazione della convenzione stessa [nota 10], ne discende che eventuali cause di invalidità o inefficacia della convenzione finiranno per ripercuotersi anche sulla validità e l'efficacia dell'atto di ricomposizione fondiaria, il quale pertanto non potrà "esistere" giuridicamente in mancanza di una valida convenzione di attuazione di Piano Urbanistico, che ne costituisca il fondamento causale.

La "ricomposizione fondiaria" ha ora ottenuto, nell'ambito della Regione Veneto, espresso riconoscimento legislativo nell'art. 35 della legge Regione Veneto 23 aprile 2004, n. 11 (Norme per il governo del territorio) ove si parla di «perequazione urbanistica» come strumento per perseguire «l'equa distribuzione tra i proprietari degli immobili interessati dagli interventi, dei diritti edificatori riconosciuti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali».

Forma.

Essendo atto che comporta trasferimento della proprietà di immobili è prescritto l'atto scritto a pena di nullità (art. 1350 c.c.). Tuttavia proprio perché si tratta di atto che comporta trasferimento della proprietà di immobili se ne rende necessaria la trascrizione per cui ne discende che è comunque necessario che detto atto risulti o da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, al fine di precostituire titolo idoneo alla trascrizione (art. 2657 c.c.).

La competenza di rogito è esclusiva del notaio posto che il Comune non è parte di questo atto (che interviene esclusivamente tra i lottizzanti e segue necessariamente la stipula della convenzione urbanistica).


[nota 1] Tali vincoli da costituirsi con atto unilaterale da trascrivere presso i RR.II. sono molto spesso richiesti per la costruzione di fabbricati in zone agricole, proprio per assicurare la destinazione a servizio della conduzione dei fondi di tali fabbricati e sono normalmente disciplinati dalla legge regionale che regola per l'appunto l'attivit; edificatoria in zona agricola.

[nota 2] E gi; prima di esso l'art. 17 comma 68 legge 127/1997, poi abrogato dal suddetto T.U. 267/2000

[nota 3] G. CASU in L'edilizia residenziale pubblica nell'attivit; notarile, Casa editrice Stamperia Nazionale.

[nota 4] Si riporta il testo integrale dell'art. 31 commi da 45 a 50 legge 23 dicembre 1998, n. 448.

«45. I comuni possono cedere in propriet; le aree comprese nei piani approvati a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167, ovvero delimitate ai sensi dell'articolo 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, gi; concesse in diritto di superficie ai sensi dell'articolo 35, comma 4, della medesima legge n. 865 del 1971. Le domande di acquisto pervenute dai proprietari di alloggi ubicati nelle aree non escluse, prima della approvazione della delibera comunale, conservano efficacia.

46. Le convenzioni stipulate ai sensi dell'articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, e precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 179, per la cessione del diritto di propriet;, possono essere sostituite con la convenzione di cui all'articolo 8, commi 1, 4 e 5, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, alle seguenti condizioni:

a) per una durata pari a quella massima prevista dalle citate disposizioni della legge n. 10 del 1977 diminuita del tempo trascorso fra la data di stipulazione della convenzione che ha accompagnato la concessione del diritto di superficie o la cessione in propriet; delle aree e quella di stipulazione della nuova convenzione;

b) in cambio di un corrispettivo, per ogni alloggio edificato, calcolato ai sensi del comma 48.

47. La trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena propriet; sulle aree può avvenire a seguito di proposta da parte del comune e di accettazione da parte dei singoli proprietari degli alloggi, e loro pertinenze, per la quota millesimale corrispondente, dietro pagamento di un corrispettivo determinato ai sensi del comma 48.

48. Il corrispettivo delle aree cedute in propriet; è determinato dal comune, su parere del proprio ufficio tecnico, in misura pari al 60 per cento di quello determinato ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 1, del decreto legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, escludendo la riduzione prevista dall'ultimo periodo dello stesso comma, al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie, rivalutati sulla base della variazione, accertata dall'Istat, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi tra il mese in cui sono stati versati i suddetti oneri e quello di stipula dell'atto di cessione delle aree. Comunque il costo dell'area così determinato non può essere maggiore di quello stabilito dal comune per le aree cedute direttamente in diritto di propriet; al momento della trasformazione di cui al comma 47.

49. è esclusa in ogni caso la retrocessione, dai comuni ai proprietari degli edifici, di somme gi; versate da questi ultimi e portate in detrazione secondo quanto previsto al comma 48.

50. Sono abrogati i commi 75, 76, 77, 78, 78-bis e 79 dell'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e successive modificazioni, nonché i commi 61 e 62 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662».

[nota 5] Dubbi interpretativi, in realt;, sono sorti in relazione alla effettiva portata di detta disposizione di cui al comma 46, art. 31, legge 448/1998; ci si è chiesti infatti se tale norma si riferisce esclusivamente alle convenzioni in diritto di propriet;, oppure anche a quelle in diritto di superficie. Il dubbio sorge a causa dell'inciso «e precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 179, per la cessione del diritto di propriet;». Vuole esso significare che l'intera norma in commento si riferisce soltanto alle convenzioni in diritto di propriet; anteriori alla legge Ferrarini-Botta, oppure questo inciso vuole limitare l'applicazione della norma, nel caso di convenzioni in diritto di propriet;, solo a quelle anteriori alla legge Ferrarini-Botta, ferma restando la sua applicabilit; anche alle convenzioni in diritto di superficie? Appare preferibile questa seconda soluzione: sembra infatti che la norma intenda far riferimento sia alle convenzioni in diritto di superficie che a quelle in diritto di propriet;. Lo si può desumere dalla norma contenuta nella lettera a) del comma in discorso, che recita testualmente: «per una durata pari a quella massima prevista dalle citate disposizioni della legge n. 10 del 1977 diminuita del tempo trascorso fra la data di stipulazione della convenzione che ha accompagnato la concessione del diritto di superficie o la cessione in propriet; delle aree e quella di stipulazione della nuova convenzione». Il riferimento sia alle convenzioni in diritto di superficie sia a quelle in diritto di propriet; è testuale e pertanto occorre tener conto di quanto ha formalmente disposto il legislatore.

[nota 6] L'art. 31 comma 50 legge 448/1998 infatti ha abrogato l'art. 3 comma 62 legge 662/1996 che aveva esteso anche alle aree Pip la disposizione dell'art. 3, comma 78-bis, legge 549/1995 che richiedeva per il caso della trasformazione del diritto di superficie in propriet; la stipula di una convenzione ex art. 8 legge 10/1977.

[nota 7] Da segnalare anche Cass. 27 agosto 2002, n. 12571: «L'assunzione, a carico del proprietario del terreno, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione costituisce un'obbligazione propter rem. Ciò comporta che essa va adempiuta non solo da colui che ha stipulato la convenzione con il Comune, ma anche da colui (se soggetto diverso) il quale richiede la concessione edilizia, e - inoltre - che colui che realizza opere di trasformazione edilizia, valendosi della concessione rilasciata al suo "dante causa", è solidalmente obbligato con quest'ultimo per il pagamento degli oneri anzidetti. La natura reale dell'obbligazione non riguarda, invece, i soggetti che utilizzano le opere di urbanizzazione da altri realizzate per una loro diversa edificazione, senza avere con i primi alcun rapporto, e che, per ottenere la loro diversa concessione edilizia, devono pagare al Comune concedente, per loro conto, i relativi oneri di urbanizzazione».

[nota 8] In questo senso A. BRIENZA, «Consorzi di Urbanizzazione: un mistero svelato?», in Federnotizie, 1996, p. 103 e ss.

[nota 9] Vedi nota precedente.

[nota 10] In questo senso la Direzione generale tasse - Risoluzione n. 250666 del 3 gennaio 1983, in Federnotizie, 1996, p. 110.

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