Ius superveniens e regime circolatorio degli spazi a parcheggio
Ius superveniens e regime circolatorio degli spazi a parcheggio
Considerazioni a margine dell'art. 12, comma 9 della L. 28 novembre 2005, n. 246
di Salvatore Monticelli
Ordinario di Istituzioni di Diritto Privato, Università degli Studi di Foggia
Il regime giuridico previgente e i contrasti interpretativi tra dottrina e giurisprudenza
L'art. 12, comma 9, della L. 28 novembre 2005, n. 246, adoperando una tecnica legislativa assai discutibile e da molti criticata, ha inserito nell'articolo 41-sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (introdotto dall'art. 18 della L. 6 agosto 1967, n. 765, c.d. legge Ponte, e successivamente modificato dall'art. 2 L. 122/1989) un secondo comma nel quale si prevede che «gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse» [nota 1].
L'introduzione di tale disposizione pone fine ad una lunga querelle interpretativa che divideva la dottrina maggioritaria dalla prevalente giurisprudenza circa il regime della circolazione giuridica degli spazi di parcheggio che potremmo definire obbligatori, sussistendo un obbligo di natura pubblicistica del costruttore [nota 2] alla loro realizzazione e del proprietario di non modificarne la destinazione d'uso una volta realizzato l'edificio.
La Giurisprudenza dominante riteneva, infatti, che la legge urbanistica prevedesse un vincolo di servizio necessario tra l'area di parcheggio e la costruzione, vincolo che non si esauriva al momento del rilascio della concessione ma permaneva anche successivamente alla costruzione dell'edificio, quando esso veniva alienato dal costruttore. Sicché, laddove, in sede di vendita delle unità immobiliari, quest'ultimo si fosse riservato la proprietà dei posti auto oppure li avesse ceduti a soggetti terzi rispetto ai proprietari degli immobili del fabbricato, tale clausola o cessione separata fosse affetta da nullità [nota 3]. Si tratterebbe, nell'ipotesi di riserva della proprietà a favore del costruttore, di una nullità parziale che comporterebbe l'integrazione del contratto ex art. 1374 e 1419, comma 2, c.c. con il riconoscimento ex lege in favore dei proprietari-condomini di un diritto reale di uso sullo spazio a parcheggio, salvo l'obbligo di corrispondere al proprietario venditore un'integrazione del prezzo di acquisto ai fini del riequilibrio del sinallagma contrattuale [nota 4].
La prevalente dottrina riteneva, viceversa, che il vincolo previsto dall'art. 41-sexies avesse natura eminentemente pubblicistica, ma non incidesse sullo statuto privatistico dei beni, sicché, salvo l'obbligo al rispetto della destinazione d'uso, il proprietario costruttore mantenesse la facoltà di alienare i posti auto a persone diverse dai condomini o anche ad alcuni soltanto di essi.
Si osservava, infatti, come la previsione di un vincolo assoluto ed inderogabile degli spazi di parcheggio all'uso degli abitanti dello stabile cui essi accedono si riveli del tutto irrazionale, e contrario allo stesso spirito della legge, che era in definitiva quello di liberare le strade dei centri urbani dalla presenza sempre più opprimente dei veicoli. Non ha senso infatti garantire il posto auto ad uno degli abitanti dello stabile, che, magari perché anziano, infermo, indigente o semplicemente affezionato all'uso delle due ruote o del mezzo pubblico, non sia possessore di una vettura, e negarlo a chi possiede lo studio o l'ufficio in un immobile adiacente ed utilizzi l'auto per i suoi spostamenti quotidiani [nota 5].
Un primo intervento normativo (cioè l'art. 5 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, c.d. legge sul condono edilizio) aveva tentato di porre fine ai contrasti interpretativi suscitati dalla disposizione, prevedendo che gli spazi di parcheggio realizzati in conformità allo standard urbanistico (un metro quadro per ogni venti metri di costruzione poi ridotti a dieci per effetto della c.d. legge Tognoli) costituiscono pertinenza delle costruzioni ai sensi degli artt. 817, 818 e 819 c.c.; successivamente all'entrata in vigore di tale norma è apparso dunque indiscutibile, atteso il testuale richiamo all'art. 818 c.c., che il posto auto potesse avere una circolazione separata dall'immobile di cui costituiva pertinenza.
Una nuova pronunzia delle Sezioni Unite [nota 6] aveva tuttavia chiarito che tale intervento «non ha portata innovativa, ma assolve soltanto alla funzione di esplicitare la regola, già evincibile dalla norma interpretata, secondo cui i suddetti spazi possono essere oggetto di atti o rapporti separati, fermo però rimanendo quel vincolo pubblicistico».
Si riteneva dunque possibile, attesa la non equivocità del dato letterale, la circolazione separata dei posti auto ma se ne conservava il vincolo di destinazione d'uso a servizio del fabbricato, vincolo esteso persino al contratto di locazione laddove è stata ritenuta nulla la clausola che escludeva dalla locazione medesima il posto auto accedente all'unità immobiliare [nota 7].
L'art. 5 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 è stato peraltro abrogato dal testo unico sull'edilizia entrato il vigore il 30 giugno 2003, sicché, a partire da tale data, deve ritenersi venuta meno la qualificazione pertinenziale ex lege dei parcheggi in questione.
Per i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto allo standard urbanistico minimo, le stesse Sezioni Unite [nota 8] erano giunte, già poco prima dell'intervento innovativo di cui ci si occupa, a sancirne la piena disponibilità da parte del costruttore.
La nuova disciplina ed i problemi di diritto intertemporale. La negata natura interpretativa della norma e le ipotesi applicative
La nuova disposizione, nel chiarire in maniera definitiva, secondo alcuni proprio al fine di impedire alla giurisprudenza di proseguire nella linea interpretativa sino ad oggi seguita [nota 9], la piena ed autonoma trasferibilità delle aree di parcheggio, pone, tuttavia, una serie di problemi di diritto intertemporale in quanto il legislatore non ha chiarito se essa abbia o meno valenza interpretativa né ha dettato alcuna disciplina circa gli atti già stipulati, i rapporti pendenti ed i giudizi in corso ad essi relativi, né tantomeno ha fissato un dies a quo, diverso da quello che si ricava dal comb. disp. degli artt. 10 e 11 delle preleggi, circa l'efficacia della disposizione.
Su queste premesse, nonostante la discutibile scelta del legislatore di fare ricorso alla particolare tecnica della integrazione additiva della precedente disposizione legislativa (art. 41-sexies, cit.), è stato prevalentemente ritenuto [nota 10] che la norma non possa qualificarsi di interpretazione autentica, difettando il presupposto richiesto dalla prevalente giurisprudenza - insieme alla più rigorosa dottrina - e cioè l'espressa indicazione di tale natura nella rubrica o nel corpo della norma, ed anche la sussistenza di un contrasto interpretativo in ambito giurisprudenziale [nota 11].
Se dunque, sotto tale profilo, dovrebbe escludersi l'efficacia retroattiva della disposizione [nota 12], appare viceversa troppo radicale e non condivisibile la soluzione prospettata dalla Giurisprudenza di legittimità [nota 13], all'indomani dell'intervento normativo, circa l'ambito di operatività della nuova disciplina: secondo la Cassazione, infatti, essa «è destinata ad operare solo per il futuro» e, fin qui, nulla ci sarebbe da eccepire se la Corte non si preoccupasse di puntualizzare che la nuova norma varrebbe «cioè per le costruzioni non ancora realizzate o per quelle realizzate ma per le quali non siano ancora iniziate le vendite delle singole unità immobiliari» [nota 14].
La riferita conclusione è censurabile: ed infatti, deve in primo luogo osservarsi che la formulazione letterale della norma fa riferimento ai parcheggi «realizzati in forza del primo comma» e l'uso del participio passato, unito al riferimento alla pregressa disciplina, porta a ritenere inclusi nell'ambito di applicazione della norma le opere già esistenti [nota 15].
In secondo luogo, come pure è stato osservato, una volta entrata in vigore la nuova disposizione, l'alienazione separata del parcheggio (benché realizzato anteriormente) avviene in un momento in cui «non è in vigore alcuna norma, testuale ovvero di creazione giurisprudenziale, che attribuisca il diritto d'uso al proprietario dell'immobile principale» [nota 16].
Infine, è del tutto ovvia e pleonastica l'affermazione, pure contenuta nella citata pronuncia della Cassazione, secondo cui le leggi che modificano il modo di acquisto dei diritti reali o il contenuto degli stessi non incidono sulle situazioni maturate prima della loro entrata in vigore.
Il problema è, piuttosto, quello di determinare cosa debba intendersi per situazioni maturate antecedentemente all'entrata in vigore della nuova disposizione.
Si pensi all'ipotesi, di frequente sottoposta al vaglio della giurisprudenza, in cui il costruttore abbia ceduto gli immobili costruiti riservandosi la proprietà delle aree di parcheggio e gli acquirenti abbiano agito in giudizio per il riconoscimento della proprietà o del diritto reale di uso del posto auto.
Se, prima dell'entrata in vigore della novella legislativa, è intervenuta una sentenza passata in giudicato, ovvero è stato stipulato un atto transattivo ovvero altro negozio traslativo tra le parti, rimangono evidentemente salvi gli effetti reali già prodottisi.
Se, viceversa, si tratti di un giudizio ancora in corso, la questione dell'efficacia dello ius superveniens si fa più complessa.
Secondo alcuni [nota 17], infatti, la costituzione del diritto reale di uso è da ritenersi condizionata al pagamento del prezzo, sicché, se esso non è ancora avvenuto, la fattispecie costitutiva del diritto non dovrebbe ritenersi perfezionata, e la vicenda dovrebbe ritenersi regolata dalla nuova legge. Tale opinione suscita, tuttavia, non poche perplessità: infatti, lo stesso sorgere di un diritto in favore del venditore ad un'integrazione del prezzo ha incontrato in dottrina molteplici dissensi e non soltanto perché esso costituisce il risultato di una operazione doppiamente integrativa del dettato normativo [nota 18], ma anche perché solo la previsione di un diritto di uso senza corrispettivo scoraggerebbe l'uso di pattuizioni contrarie allo scopo della norma con evidente effetto sanzionatorio-dissuasivo nei confronti della clausola di riserva [nota 19].
Condizionare, dunque, il sorgere del diritto di uso in favore dei condomini-acquirenti al saldo della (presunta) obbligazione di integrare il prezzo, appare il frutto di una lettura azzardata ispirata ad una giurisprudenza già di per sé eccessivamente "creativa", oltre che di un'opzione interpretativa contraria ai principi generali dell'ordinamento ove la costituzione o il trasferimento del diritto reale non risulta siano, se non in ipotesi del tutto eccezionali (si pensi alla vendita a rate con riserva di proprietà), condizionati al pagamento del corrispettivo.
Altra dottrina [nota 20] ha una posizione più articolata distinguendo le possibili soluzioni a seconda che si intenda l'art. 12, comma 9, della L. 246 del 2005 come disposizione non modificativa della precedente disciplina o, piuttosto, come norma innovativa; nel primo caso, opzione interpretativa ritenuta preferibile dall'Autore, ritenuto che, già nel vigore della passata disciplina, doveva riconoscersi al costruttore/proprietario il potere di disporre liberamente degli spazi a parcheggio, salva la destinazione di uso, si rileva che, in assenza del formarsi del giudicato relativamente ad un giudizio avente ad oggetto pretese da parte dei condomini sugli spazi in questione o, comunque, in assenza di un accordo transattivo con il quale sia stata definita la lite, dovrà, in virtù dell'idoneità dello ius superveniens ad incidere sui giudizi in corso, essere riconosciuta la validità della clausola di riserva della proprietà in capo al costruttore o dell'atto di disposizione che riguardi il solo posto auto in favore di un soggetto estraneo al condominio.
Qualora, poi, i condomini acquirenti delle unità immobiliari avessero, nella pendenza del giudizio, occupato i posti auto nel presupposto della acquisita titolarità del diritto reale d'uso, il costruttore che si sia riservato la proprietà delle aree o il terzo (rispetto ai condomini del fabbricato) che abbia acquistato il posto auto, sarebbe legittimato ad agire in giudizio per ottenerne il rilascio per occupazione senza titolo, salvo che non sia, nel frattempo, intervenuta una usucapione [nota 21].
Laddove si attribuisse, invece, all'art. 12, comma 9, L. 246 del 2005, valenza innovativa, ossia una «norma efficace solo per il futuro che lascia ferma per il passato l'operatività dell'art. 41-sexies comma 1 della legge urbanistica secondo l'interpretazione datane dalla giurisprudenza» [nota 22] dovranno ritenersi viziati da nullità tutti quegli atti o clausole in base ai quali sia disgiunto il regime circolatorio delle aree a parcheggio rispetto alle unità immobiliari e, pertanto, vada riconosciuto, anche giudizialmente e malgrado lo ius superveniens, il diritto reale d'uso in favore dei condomini, salvi gli effetti di un'eventuale prescrizione di esso [nota 23] ovvero dell'usucapione della proprietà da parte del costruttore medesimo [nota 24].
Nell'ipotesi, invece, in cui si fosse realizzata una compravendita di posti auto in favore di un singolo condomino in danno di altri o tra condomini del medesimo edificio, già sotto il previgente regime normativo la Giurisprudenza andava orientandosi in senso favorevole alla validità di tale trasferimento [nota 25], con ciò confermandosi l'opinione che il vincolo alla disponibilità dei posti auto fosse previsto dalla legge a servizio dell'edificio cui essi accedevano.
La tesi della c.d. validità sopravvenuta degli atti di separata disposizione degli spazi di parcheggio
La salvezza degli atti di alienazione separata degli spazi di parcheggio confliggenti con il divieto, giova ribadirlo, di pura creazione giurisprudenziale [nota 26], sarebbe invece garantita indiscriminatamente, fatti sempre salvi gli effetti del giudicato, ove si accedesse all'idea della "validità sopravvenuta" per effetto della rimozione legislativa del vincolo alla piena disponibilità dei posti auto.
Si tratta di una figura sostanzialmente misconosciuta in dottrina, la quale viceversa ha avuto modo di occuparsi diffusamente dell'ipotesi opposta, e cioè quella dell'invalidità sopravvenuta, che - sub specie di inefficacia sopravvenuta - ha trovato in diverse occasioni applicazione nei nostri tribunali.
Esemplare, in tal senso, è la giurisprudenza formatasi nei pochi anni trascorsi tra l'entrata in vigore della legge n. 108 del 7 marzo 1996, in tema di usura, e l'approvazione della legge n. 24 del 28 febbraio 2001, non a caso denominata "salva-banche", giurisprudenza che affermava il principio in virtù del quale, in tema di contratto di mutuo, la pattuizione di interessi moratori a tasso divenuto usurario a seguito della legge n. 108 del 1996 è illegittima, anche se convenuta in epoca antecedente all'entrata in vigore di detta legge, limitatamente alla parte di rapporto a quella data non ancora esaurito [nota 27].
In senso del tutto opposto si è viceversa espressa la giurisprudenza laddove ha avuto occasione di pronunziarsi con riferimento ad ipotesi che abbiamo definito di validità sopravvenuta per effetto dell'abrogazione di una norma coercitiva: così è stato statuito che «in base ai principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, l'illiceità (e la conseguente invalidità) del contratto deve essere riferita alle norme in vigore nel momento della sua conclusione e, pertanto, il negozio giuridico nullo all'epoca della sua perfezione, perchè contrario a norme imperative, non può divenire valido e acquistare efficacia per effetto della semplice abrogazione di tali disposizioni, in quanto, perchè questo effetto si determini, è necessario che nuova legge operi retroattivamente, incidendo sulla qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore» [nota 28].
Principio, ad esempio, costantemente ribadito in tema di contratti di locazione stipulati sotto il vigore dell'abrogata legge sull'equo canone nell'ambito dei quali fosse stato pattuito un canone superiore a quello legale [nota 29].
In dottrina [nota 30] è stata viceversa prospettata la tesi secondo cui l'abrogazione della norma imperativa confliggente con la regolamentazione data dai privati al proprio assetto di interessi dovrebbe comportarne la sopravvenuta validità, essendo ormai venuta meno, nella valutazione del legislatore, la preminenza dell'interesse pubblico connesso alla sanzione di nullità.
Un argomento a sostegno di tale tesi, invero, si rinviene nell'art. 1347 c.c. che statuisce che «il contratto sottoposto a condizione sospensiva o a termine è valido se la prestazione inizialmente impossibile diviene possibile prima dell'avveramento della condizione o della scadenza del termine».
Tale validità sopravvenuta incontrerebbe, tuttavia, un limite temporale di efficacia coincidente con quello dell' eventuale proposizione dell'azione giudiziale di nullità. In sostanza la proposizione dell'azione fisserebbe il momento in cui, sottoponendosi il contratto al giudizio di rilevanza e di conformità all'ordinamento statuale, lo ius superveniens rimarrebbe irrilevante.
Al contrario, ove il contratto venga sottoposto al vaglio del Giudice successivamente all'abrogazione della norma imperativa, nulla dovrebbe opporsi al riconoscimento della tutela giuridica dell'accordo medesimo [nota 31].
Disamina delle fattispecie ove potrebbe accreditarsi la sopravvenuta validità dell'atto. Il caso del contratto preliminare e del contratto sottoposto a termine o a condizione
Se la condivisione della tesi appena prospettata potrebbe suscitare, da parte di taluni, qualche riserva con riferimento a fattispecie la cui dinamica effettuale (ed in particolare il trasferimento del diritto reale conseguente alla circolazione autonoma dello spazio a parcheggio) si sia già prodotta nella vigenza della pregressa disciplina, tali riserve o perplessità sembrano invece assolutamente immotivate nella diversa ipotesi in cui gli effetti del contratto o del patto che preveda la separata disposizione dello spazio a parcheggio debbano realizzarsi nella vigenza della nuova disciplina.
Si pensi, ad esempio, al caso di un contratto preliminare di compravendita del posto auto stipulato dal costruttore, anteriormente alla modifica legislativa, con uno soltanto dei condomini, ovvero con un terzo del tutto estraneo al condominio, o ancora si pensi all'ipotesi opposta di preliminare di vendita di un appartamento con espressa riserva della proprietà delle aree di parcheggio in capo al costruttore. Si ipotizza che in entrambe le fattispecie sia convenuto che la data della stipula del contratto definitivo sia successiva all'entrata in vigore della norma all'esame.
Pur con le dovute cautele, può ritenersi in questi casi maggiormente sostenibile la tesi della vincolatività del preliminare alla luce dello ius superveniens, non essendosi ancora perfezionato l'effetto traslativo, che potrebbe giustificare una reazione da parte del soggetto che lamenti la lesione di un proprio diritto.
D'altro canto l'atto definitivo che le parti si determinassero spontaneamente a concludere nel vigore della norma novellata, sarebbe da ritenersi certamente valido. Il problema si porrebbe, dunque, soltanto nel caso in cui uno dei contraenti intendesse sottrarsi alla esecuzione del preliminare. Non appare tuttavia coerente né convincente l'idea di negare la validità di un accordo con il quale ci si è vincolati alla conclusione di un futuro contratto che, al momento previsto per la sua stipulazione, sarà, in ogni caso, pienamente valido per essere venuto meno ogni limite all'autonomia dei privati in relazione al contratto a stipularsi.
In altri termini se il legislatore, mutando la propria valutazione circa la graduatoria degli interessi tutelati, abbia ritenuto non più rispondente ad un interesse pubblico il supposto limite all'autonomia dei privati di disporre come credono dei propri interessi, sembra che solo in ossequio ad uno sterile formalismo, peraltro idoneo a causare non poche speculazioni contrarie a buona fede, possa accreditarsi l'opinione che, in fattispecie come quelle indicate a titolo di esempio, permanga il giudizio di grave disvalore da parte dell'ordinamento in base al principio, di matrice processualistica, tempus regit actum.
è l'assenza dell'attualità dell'interesse pubblico ostativo all'esecuzione del contratto preliminare che suggerisce, invece, l'opportunità di restituire a quest'ultimo piena valenza regolamentare degli interessi in gioco e, pertanto, l'idoneità ad essere stato fondamento di valide obbligazioni tra le parti fin dal momento della stipulazione.
Se si condivide tale conclusione, rispondente ad una lettura in chiave assiologica delle norme oltre che al buon senso, dovrà conseguentemente ritenersi che il giudice possa, se richiesto, pronunciare l'esecuzione in forma specifica del preliminare o dichiararlo risolto per inadempimento.
Analogamente riterrei sopravvenuta la validità, e, dunque, l'idoneità a fondare valide obbligazioni per le parti nonché l'effetto traslativo, del contratto di vendita del solo spazio a parcheggio a persona diversa da uno dei condomini del fabbricato, stipulato, prima dell'intervento legislativo in oggetto ma sottoposto, circa l'intera dinamica effettuale, a termine iniziale successivo a quello dell'entrata in vigore della L. 28 novembre 2005, n. 246 o a condizione sospensiva non ancora verificatasi. Ad accreditare tale conclusione, oltre i rilievi di ordine generale già esposti, contribuisce, peraltro, come già si è fatto cenno, anche il disposto dell'art. 1347 c.c. [nota 32]
L'accogliere la tesi dell'idoneità dello ius superveniens a sanare taluni contratti stipulati nella vigenza della norma proibitiva comporta anche dei riflessi in ordine alla responsabilità del notaio rogante ex art. 28 L.N. Ed infatti, benché ad escludere tale responsabilità possa anche invocarsi la tesi [nota 33] che, argomentando dall'avverbio "espressamente" contenuto nella norma, nega l'ambito di applicazione di essa per le ipotesi in cui ricorra una nullità c.d. virtuale (tanto più, dunque, nella fattispecie in oggetto ove, come si è detto, potrebbe a buon diritto parlarsi di nullità di creazione giurisprudenziale) va aggiunto che, se si ritengono condivisibili le argomentazioni esposte innanzi e, dunque, si accrediti la sopravvenuta validità di taluni contratti, sembra difficile ritenere possa permanere una responsabilità del notaio ex art. 28 L.N.
L'ambito oggettivo di applicazione della nuova disciplina
Esaminata dunque l'efficacia temporale della nuova normativa, resta da fare un breve accenno all'ambito oggettivo di applicazione che, come detto, attiene ai parcheggi realizzati in conformità della c.d. legge Ponte contestualmente ed a servizio degli edifici di nuova costruzione.
Sono invece estranei all'ambito di applicazione della disciplina i locali a parcheggio previsti dall'art. 9 della L. 24 marzo 1989, n. 122, c.d. legge Tognoli e, cioè, quelli realizzabili dai proprietari di costruzioni preesistenti nel sottosuolo o al piano terra, ovvero su aree comunali sulle quali si è ottenuto un diritto di superficie e destinate a pertinenza di abitazioni private [nota 34]. Per tali tipologie di parcheggio permane il vincolo pertinenziale assoluto rispetto all'unità immobiliare e la nullità di ogni atto di cessione separata, peraltro espressamente comminata dal legislatore (art. 9, comma 5).
Rimane dunque valida ed anzi ulteriormente rafforzata la ripartizione tradizionale degli spazi a parcheggio in tre diverse categorie: parcheggi costruiti in base alla legge Ponte, di cui si ammette la libera commerciabilità, fatta salva la destinazione di uso; parcheggi realizzati in base alla legge Tognoli ed alle leggi regionali ad essa collegate, dei quali è espressamente vietata una circolazione separata dalle unità abitative di cui costituiscono pertinenza; infine i c.d. parcheggi liberi, non rientranti in alcuna delle citate categorie, regolati dal diritto comune sotto il profilo privatistico e per i quali la modifica della destinazione d'uso può avvenire in base all'ordinaria disciplina urbanistica.
[nota 1] Il primo comma dell'art. 41-sexies, così prevede: «Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione».
[nota 2] Il comma 1 dell'art. 41-sexies fissa un presupposto per il rilascio della concessione edilizia relativa al fabbricato da costruire, vincolando, di conseguenza, la P.A. competente ed il richiedente (cfr. Cons. St. 11 luglio 1972, n. 697, in Foro amm. 1972, I, 2, p. 905, per la dottrina, DI MARZIO, La nullit; del contratto, II ed., Padova, 2008, p. 776).
[nota 3] L'estensione del vincolo di destinazione, di indubbia natura pubblicistica, anche ai rapporti tra privati si giustificava, secondo l'argomentare della giurisprudenza, in considerazione del fatto che il consentire ai privati di derogare, in ragione della propria autonomia negoziale, al principio della necessaria utilizzazione degli spazi a parcheggio da parte dei proprietari e\o degli utilizzatori del fabbricato, avrebbe, in definitiva vanificato la realizzazione dell'interesse pubblico sotteso alla norma (liberare piazze e strade nell'immediata adiacenza dello stabile dall'invasione di auto in sosta, per il che Cass., S.U., 17 dicembre 1984, n. 6600, in Giust. civ., 1985, I, p. 1385, testualmente sancisce che gli spazi a parcheggio in questione «sono destinati all'uso diretto delle persone che le costruzioni stesse stabilmente occupano»). Di qui la duplice valenza operativa del vincolo, sia tra costruttore e P.A. che, successivamente, nei rapporti interprivati.
[nota 4] In tal senso Cass., S.U., 17 dicembre 1984, n. 6600, cit., secondo cui: «è radicalmente nullo ogni patto diretto comunque a sottrarre ai condomini l'uso del parcheggio ad essi inderogabilmente riservato. Nel particolare caso in cui il costruttore-alienante si riservi, oltre alla propriet;, l'uso esclusivo del parcheggio, la relativa clausola contrattuale è in quest'ultima parte nulla per contrariet; a norma imperativa che, in sostituzione della clausola nulla, viene ad integrare il contenuto del contratto ai sensi dell'art. 1419, comma 2 c.c.; all'acquirente dell'unit; immobiliare deve perciò riconoscersi anche la titolarit; dell'accessorio diritto reale di uso dello spazio di parcheggio e correlativamente l'alienante che se ne riservi la propriet; esclusiva deve subirne il relativo peso. Per una imprescindibile esigenza di equit;, oltre che di logica giuridica, al riconoscimento del predetto diritto di uso esclusivo spettante al proprietario dell'unit; immobiliare, in dipendenza della declaratoria di nullit; della predetta clausola, deve seguire il versamento all'alienante di una integrazione del prezzo di vendita, che porti a ripristinare l'equilibrio del sinallagma contrattuale».
[nota 5] LUMINOSO, Posti macchina e parcheggi, in Contratti del commercio dell'industria e del mercato finanziario, in Tratt. diretto da Galgano, II, Torino, 1995, p. 2286 e ss.
[nota 6] Cass., S.U., 18 luglio 1989, n. 3363, in Giur. it., 1992, I, 1, p. 382.
[nota 7] Così Cass. 25 febbraio 1992, n. 2337, in Vita not., 1992, p. 1175, con la conseguenza che «ove l'edificio e le aree di parcheggio appartengano al medesimo proprietario, la stipulazione del contratto di locazione relativo ad una unit; abitativa comporta il trasferimento al conduttore anche del diritto di godimento dell'area destinata a parcheggio».
[nota 8] Cass., S.U., 15 giugno 2005, n. 12793, in Riv. not., 2005, p. 1163.
[nota 9] Cfr. le considerazioni espresse da V. MARICONDA, «I parcheggi non sono più vincolati», in Corr. giur., 2006, 2, p. 160.
[nota 10] LUMINOSO, «Parcheggi obbligatori: cadono le limitazioni alla libera trasferibilit;», in Riv. not., 2006, I, p. 688; DI MARZIO, La nullit; del contratto, cit., p. 798 e ss.; per la giurisprudenza Cass. 24 febbraio 2006, n. 4264, in Giur. it., 2007, 4, p. 856. In senso contrario, invece, V. MARICONDA, «I parcheggi non sono più vincolati», cit., p. 160 - 161.
[nota 11] Categorica, in tal senso, la pronuncia della Cass. 24 febbraio 2006, n. 4264, in Riv. giur. ed., 2007, I, p. 92, ove si afferma: «da oltre un ventennio la giurisprudenza di questa Suprema Corte si è consolidata nel senso che nel caso di riserva della propriet; degli spazi a parcheggio da parte del costruttore-venditore sorge a favore degli acquirenti ex lege un diritto reale d'uso».
[nota 12] In tal senso Cass. 24 febbraio 2006, n. 4264, cit., ma, anche, App. Salerno, 1 marzo 2006, in Giust. civ., 2007, 4, p. 957, ove si legge: «Il novum normativo dell'art. 12, comma 9, L. 28 novembre 2005, n. 246, che stabilisce che all'art. 41-sexies, L. n. 1150 del 1942 e succ. mod. è aggiunto un ulteriore comma, in base al quale gli spazi per parcheggi realizzati in forza del comma 1 non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta, né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unit; immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse, implica effettivamente un nuovo ed opposto inquadramento dei necessari spazi per parcheggio dimensionati, ex art. 18 L. n. 765 del 1967, alla cubatura dell'edificio sia sotto il profilo statico della configurazione della corrispondente situazione soggettiva, sia sotto il profilo dinamico, della autonoma trasferibilit;, per cui non sembra potersi avallare una lettura di essa tale da indurre a ritenere mantenuto dal legislatore il carattere cogente nei rapporti privati del vincolo pubblicistico di destinazione dell'area di parcheggio. Epperò, è la stessa diversa conformazione della posizione soggettiva degli aventi diritto sulle unit; immobiliari che il costruttore dell'edificio abbia alienate rendendole oggetto di molteplici diritti di propriet; (o di godimento), a far ritenere che l'innovazione non possa operare - in mancanza di alcuna espressa od univocamente desumibile deroga al principio generale fissato dall'art. 11 disp. prel. - in modo retroattivo, dovendosi, tuttavia, riconoscere le diverse possibilit; giuridiche che la nuova legge offre, dal momento della sua entrata in vigore, ai titolari dei beni oggetto della relativa disciplina sulla base di situazioni giuridiche maturate nell'osservanza della disciplina previgente».
[nota 13] Cass. 24 febbraio 2006, n. 4264, cit.
[nota 14] Opinione condivisa da V. MARICONDA, op. cit., p. 161, purché si escluda, così come ritiene la S.C. ma non l'Autore, l'efficacia retroattiva della disposizione in conseguenza della portata innovativa e non interpretativa di essa. L'aderire a tale impostazione, evidenzia Mariconda, comporterebbe la conseguenza che, nell'ambito degli spazi a parcheggio realizzati ai sensi della c.d. legge Ponte, avremmo la coesistenza di una duplice disciplina a seconda del momento temporale in cui sia stato realizzato il fabbricato; ed infatti, qualora esso sia stato edificato nel periodo tra il 1967 ed il 2005 permarrebbe il vincolo di indisponibilit; circa la libera circolazione degli spazi in questione, non così per gli edifici realizzati dopo il 2005 ove, nella vigenza della nuova normativa, detti spazi potrebbero circolare autonomamente.
[nota 15] IZZO, «Gli spazi obbligatori per parcheggi: liberalizzazione normativa e reazione giurisprudenziale apparentemente conservativa», in Giust. civ., 2007, I, p. 972.
[nota 16] MUCCIOLI, «L'attuale disciplina dei posti auto: jus novum e "conflitto" tra fonti del diritto», in Nuova giur. civ. comm., 2007, II, p. 375.
[nota 17] SPAGNUOLO, «La nuova norma sui parcheggi si applica solo alle costruzioni future», in Immobili e diritto, 2006, p. 93.
[nota 18] Come osserva DI MARZIO, La nullit; del contratto, cit., p. 776 e ss., «La norma imperativa, tutt'altro che specifica e omogenea alla clausola nulla, è integrata due volte: prima con l'inserimento del diritto reale di uso poi con l'introduzione della integrazione del corrispettivo».
[nota 19] In tal senso DE MAURO, «Il diritto di uso gratuito delle aree vincolate a parcheggio», in Giur. it., 1998, p. 664.
[nota 20] LUMINOSO, «Parcheggi obbligatori: cadono le limitazioni alla libera trasferibilit;», cit., p. 692 e ss.
[nota 21] Si rileva, LUMINOSO, op. ult. cit., p. 694, che il giudice dovr; tenere conto, anche d'ufficio, dello ius superveniens e, quindi, «rigettare le eventuali domande di nullit; negoziale e petitorie proposte dal proprietario dell'unit; immobiliare (ubicata nello stabile) contro il terzo acquirente dello spazio a parcheggio».
[nota 22] LUMINOSO, op. ult. cit., p. 696.
[nota 23] Cass. 15 novembre 2002, n. 16053, in Giur. it., 2003, p. 2040.
[nota 24] L'opinione riferita nel testo è coerente con la tesi da sempre sostenuta dall'Autore il quale, pertanto, esclude anche la natura interpretativa della nuova disposizione (cfr. LUMINOSO, op. ult. cit., p. 688), non v'è dubbio però che ciò comporta il pericolo, tutt'altro che ipotetico anche alla luce di quanto di recente sostenuto dalla Cassazione nella citata sentenza del 24 febbraio 2006, n. 4264, che la giurisprudenza persista nel ritenere corretto il proprio orientamento e, affermando la natura innovativa della norma in questione, non solo sanzioni con la nullit; tutti i contratti, aventi ad oggetto la separata circolazione degli spazi a parcheggio, stipulati anteriormente all'entrata in vigore della L. 28 novembre 2005, n. 246, ma restringa ulteriormente l'ambito di applicazione della nuova disciplina ritenendola riferibile solo alle costruzioni di fabbricati iniziate dopo il 28 novembre 2005, come, appunto, si sostiene nella sentenza da ultimo citata.
[nota 25] Cass. 08 maggio 1996, n. 4271, in Corr. giur., 1996, p. 1271 e ss., con nota di VANNICELLI, «L' "impertinente" pertinenza parcheggia ancora in Cassazione».
[nota 26] Sull'argomento vedi anche i rilievi di DI MARZIO, «Forme della nullit; nel nuovo diritto dei contratti. Appunti sulla legislazione, sulla dottrina e sulla giurisprudenza dell'ultimo decennio», in Giust. civ., 2000, p. 477, che, con riferimento al vincolo posto dalla giurisprudenza alla libera trasferibilit; delle aree a parcheggio, evidenzia che tale opzione interpretativa «sembra costruire un pezzo di norma che prima non c'era. Si è parlato a riguardo di norma imperativa virtuale, insinuandone l'estraneit; al nostro ordinamento».
[nota 27] Cass., 17 novembre 2000, n. 14899, in Giust. civ., I, p. 3103, con nota di DI MARZIO, «Il trattamento dell'usura sopravvenuta tra validit;, illiceit; e inefficacia della clausola interessi»; per maggiori approfondimenti sull'argomento si rinvia alla trattazione esaustiva di PORCELLI, La disciplina degli interessi bancari tra autonomia ed eteronomia, Napoli, 2003, p. 259 e ss.
[nota 28] Cass. 21 febbraio 1995, n. 1877, Giust. civ. Mass. 1995, p. 394.
[nota 29] Cass. 14 dicembre 2002, n. 17952, in Giur. it., 2003, p. 2035, con nota di NARDELLI, «In tema di nullit; e validit; sopravvenuta».
[nota 30] F. FERRO-LUZZI, «Prolegomeni in tema di "validit; sopravvenuta" (considerazioni a margine delle modifiche al testo unico bancario in tema di anatocismo)», in Riv. dir. comm., 1999, I, p. 878 e ss.
[nota 31] F. FERRO-LUZZI, op. cit., p. 891 e ss.
[nota 32] Si segnala in proposito Cass. 1 dicembre 1972, n. 3477, ove si legge: «Nulla vieta che le parti condizionino l'efficacia di un contratto all'avvento di una nuova disciplina che comporti l'abolizione di un divieto vigente al momento della stipulazione; divieto che, di regola, non può estendersi agli atti la cui efficacia le parti intendano rinviare al momento in cui essi non risulteranno più in contrasto con norme imperative, e la cui funzione non deve quindi esplicarsi sotto il suo impero». è proprio tale ultima considerazione ad essere assorbente di ogni altra valutazione; e riterrei che non possa costituire ostacolo all'opzione interpretativa prospettata la sussistenza della previsione o meno nel contratto della condizione espressa che ne subordini l'efficacia all'avvento della nuova disciplina, essendo sufficiente che esso non abbia prodotto gli effetti nella vigenza del preteso divieto normativo.
[nota 33] Cfr. DI FABIO, voce Notaio, dir. vig., in Enc. dir., vol. XXVIII, Milano, 1978, p. 575, secondo il quale l'utilizzazione da parte del legislatore dell'avverbio "espressamente" non sia meramente causale rappresentando, piuttosto, l'esito di una precisa scelta terminologica atta a delimitare la portata del relativo divieto. Sul punto vedi, anche, GALLO ORSI-GIRINO, Notariato e archivi notarili, in Noviss. Dig. it., vol. XI, che rilevano, significativamente, soprattutto se si considera la fattispecie oggetto di queste riflessioni, che: «Per atto espressamente proibito dalla legge deve intendersi l'atto passibile di nullit; assoluta e vietato in sé e per sé, accedendo alla contraria opinione, si abbandonerebbe il notaio in balia degli incostanti orientamenti giurisprudenziali». Per un resoconto puntuale delle varie ipotesi interpretative della dizione di legge vedi PROTETTI-DI ZENZO, La Legge Notarile, Milano, 1981, p. 120 e ss.
[nota 34] Il differente ambito di applicazione della legge Tognoli rispetto alla c.d. legge Ponte era, peraltro, gi; stato chiaramente evidenziato da Cass. 24 dicembre 1994, n. 11188, in Nuova giur. civ. comm., 1996, I, p. 129 e ss.
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