Srl: entità conferibili e conferimenti atipici
Srl: entità conferibili e conferimenti atipici
di Filippo Zabban
Notaio di Milano

Premessa

La formulazione dell'articolo 2464 del codice civile, al secondo comma, consente il conferimento in Srl di «tutti gli elementi dell'attivo suscettibili di valutazione economica».

Questa previsione voleva dare concretezza al contenuto della legge delega, secondo cui il Governo doveva provvedere ad una disciplina dei conferimenti tale da consentire l'acquisizione di ogni elemento utile per il proficuo svolgimento dell'attività di impresa svolta dalla Srl.

La finalità della nostra chiacchierata odierna sarà quella di verificare se - tenuto conto dell'enunciazione "aperta" della legge delega, sostanzialmente confermata, seppure con diverse sfumature, dalla legge delegata - l'operatore possa effettivamente ritenere applicabile la regola che segue: può essere oggetto di conferimento tutto quanto, a giudizio del perito, è suscettibile di valutazione economica, senza altre verifiche; il che determinerebbe una nuova centralità, rispetto alla vicenda dell'aumento in natura, del ruolo peritale, non più soltanto estimativo, bensì tale da certificare la fattibilità stessa del conferimento, in relazione alle caratteristiche del suo oggetto.

Accompagneremo quindi, all'esito di questa indagine, alcune osservazioni - molto pratiche - relative ad aspetti particolari del conferimento in natura.

Legge delega e legge delegata

Mi pare meritevole di accenno preliminare, tuttavia, una "lettura comparata" di legge delega e legge delegata; non certo per fare le pulci al governo, cioè per rilevare eventuali disallineamenti fra i due testi, quanto piuttosto per ricavarne indicazioni circa la nostra indagine principale, di cui dicevo.

La legge delega, come dicevo, disponeva nel senso di prevedere l'acquisizione di ogni elemento utile per l'impresa, a condizione che fosse garantita l'effettività del capitale sociale; sembra possibile notare che la delega volesse favorire la valenza produttiva dei conferimenti, e ciò, se non sbaglio, quasi in una prospettiva di natura soggettiva, cioè di interesse di una certa impresa, per quel certo conferimento.

La prospettiva, evidentemente, si coniuga con una profonda revisione in ordine alla natura del capitale sociale; capitale che realizza la funzione di garanzia dei creditori sociali non più quale aggregato di beni espropriabili, bensì in quanto vincolo, iscritto al passivo del bilancio, su pari valore dell'attivo, di cui impedisce la distribuzione ai soci.

Questa "personalizzazione" dell'utilità dell'apporto, evidentemente, potrebbe portare acqua, ai fini della nostra indagine, alle tesi favorevoli a particolari ipotesi di conferimento, quali quelli aventi ad oggetto, per esempio, l'obbligo di non concorrenza, o comunque di altre utilità il cui valore sia correlato agli interessi di una particolare impresa.

Il Governo non ha ritenuto di riprodurre letteralmente il testo della delega; il secondo comma dell'articolo 2464, certamente affermativo, come dicevamo, di una nuova prospettiva di apertura, ha tuttavia precisato che di elementi dell'attivo deve trattarsi; considerato che evidenti motivi di necessario pareggio contabile, in fase costitutiva della società, imporrebbero comunque che il valore iscritto a capitale trovi pari importo all'attivo, l'esplicita previsione del legislatore delegato potrebbe autorizzare il dubbio che di elementi tipicamente previsti come componenti dell'attivo debba trattarsi, cioè, ad esempio, di diritti di brevetto industriale (numero 3 delle immobilizzazioni immateriali previste al 2424), ovvero di attrezzature industriali (numero 3 delle immobilizzazioni materiali previste dalla stessa norma).

In realtà così non è: elementi dell'attivo sono - sempre a mente dell'articolo 2424 - anche le "altre" immobilizzazioni immateriali, come previsto al numero 7 per individuare quelle diverse dalle immobilizzazioni precedentemente elencate; lo stesso vale per il numero 4 delle immobilizzazioni materiali, dove sono previsti "altri beni"; quindi questa particolare indicazione della legge delegata nulla toglie ai principi di apertura di cui la norma stessa deve nel suo complesso intendersi portatrice.

Principio di libertà dei conferimenti in Srl e regole sui conferimenti in denaro ed in natura

è da vedere, invece (e quindi torniamo al quesito posto in apertura, se cioè possa essere oggetto di conferimento tutto quanto, a giudizio del perito, sia suscettibile di valutazione economica, senza altre verifiche) se l'art. 2464, comma 2, non trovi una qualche invalicabile perimetrazione, un limite, negli altri principi e nelle altre regole che disciplinano il conferimento nella Srl.

Questi limiti esistono, a mio parere, sia in relazione ai conferimenti in numerario, sia con riferimento ai conferimenti in natura.

Con riferimento ai conferimenti in denaro, la loro disciplina è rigidamente quella risultante al comma 4 dello stesso articolo 2464: versamento dell'intero capitale, se si tratta di società unipersonale, ovvero versamento dei venticinque centesimi, se si tratta di società con più soci; ma in tale ultimo caso, è nel potere dei soli amministratori scegliere il momento del richiamo dei centesimi non liberati, non potendosi in alcun modo ipotizzare di disciplinare diversamente l'obbligo di versamento del residuo.

Sembra quindi di dover escludere che fra le entità dell'attivo consentite dal comma 2 dell'articolo 2464, pur se suscettibile di valutazione economica, possa ritenersi compreso un diritto di credito pecuniario nei confronti del socio, articolato secondo termini non coincidenti con gli obblighi dedotti dalla norma che regola i conferimenti in denaro.

Con riferimento ai conferimenti in natura, il vincolo e quindi il limite al principio di cui all'art. 2464, comma 2, consiste nelle disposizioni di cui al comma 5 dello stesso articolo: le quote corrispondenti ai conferimenti in natura (e di crediti) devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione.

Questa regola, secondo la ricostruzione che chi vi parla preferisce, è eccepita nel solo caso, regolato al comma successivo, del conferimento di opere e servizi. L'ipotesi, a mio parere, concreta infatti conferimento in natura, e - avuto riguardo alla natura del suo oggetto, opera o servizi evidentemente ancora da erogare al momento della sottoscrizione - è chiaro che non sia possibile ipotizzare una contestuale liberazione; il legislatore, opportunamente, individua nel mezzo tecnico della fideiussione bancaria o della polizza assicurativa lo strumento "parallelo", idoneo a garantire - secondo il precetto contenuto nella legge delega - la corretta formazione del capitale.

La permanenza - quale regola - della previsione della contestuale integrale liberazione modifica in modo profondo, assai probabilmente restringendola, l'area dei conferimenti in Srl, rispetto alla ampia previsione dell'art. 2464, comma 2.

In altri termini, al nostro iniziale quesito dobbiamo dare risposta negativa, nel senso che l'apertura di cui al comma 2 dell'articolo 2464 non pare escludere la rilevanza delle regole fondamentali sui conferimenti, nelle Srl.

Vediamo di cogliere i profili di questa contrazione, allorchè la stessa sia correlata alle situazioni di presenza, nel conferimento, di effetti obbligatori non adempiuti al momento della sottoscrizione.

Se volessimo tentare una indicazione di carattere generale, in relazione alla applicazione di questa indicazione del legislatore, suggerirei questa regola:

la persistenza di effetti obbligatori, in capo al conferente, non contrasta con il principio di cui al comma 5 dell'articolo 2464, purchè si tratti di obblighi aventi natura accessoria;

la persistenza di profili obbligatori, in capo a soggetti diversi dal conferente, non contrasta con il principio dell'integrale liberazione, indipendentemente dalla loro natura (accessoria o meno), una volta che il conferente e la società conferitaria abbiano assolto ad ogni attività idonea a trasferire alla seconda l'intera posizione del conferente.

A queste due affermazioni mi pare corretto dare corpo; in relazione alla prima indicazione, poniamo il caso che il conferimento abbia ad oggetto la proprietà di un immobile: la liberazione del conferimento matura, in termini generali, dalla prestazione del consenso traslativo di cui all'art. 1376, reso nelle forme previste dalla legge; non è invece impedita, la liberazione, dalla persistenza, al momento della sottoscrizione, degli obblighi di garanzia o di consegna, per il cui adempimento la società potrà eventualmente agire giudizialmente.

In relazione alla seconda indicazione, ed ai fini della dimostrazione della sua correttezza, è decisamente proficuo notare che il legislatore prevede espressamente, allo stesso comma 5, l'ipotesi della liberazione immediata di un conferimento che, pure, vede naturalmente persistenti obblighi a favore della società e a carico di un terzo: mi riferisco alla norma sui conferimenti di crediti, per i quali vige la stessa regola di contestuale liberazione disposta per i beni in natura.

In altri termini, la struttura negoziale della cessione di credito, per espressa previsione del legislatore, è idonea alla produzione del risultato della contestuale liberazione del conferimento di credito, non rilevando che la soddisfazione dell'interesse finale della società conferitaria (la riscossione del credito) sia rinviata ad un momento successivo, e si articoli sulla presenza - medio tempore - di obblighi a carico del debitore ceduto.

Che il legislatore "abbia a cuore" questo interesse finale (la riscossione del credito), è peraltro vero: se ne avverte chiaramente testimonianza dal regime delle garanzie che accompagna il trasferimento del credito; a norma dell'articolo 2255, il conferente è tenuto ex lege (ed in via inderogabile, direi) a quella particolare garanzia sulla solvenza del debitore ceduto che l'articolo 1267 prevede solo quale effetto di specifica pattuizione, in relazione alle ipotesi di trasferimento del credito diverse dal conferimento.

Principio di immediata liberazione del conferimento in natura e persistenza di obblighi di terzi

Constatare che la cessione del credito realizza la prescrizione dell'articolo 2464, comma 5, secondo periodo, costituisce importante viatico verso la affermazione di legittimità (e di iscrivibilità a capitale) di quei conferimenti caratterizzati dalla esistenza di profili obbligatori, in capo a soggetti diversi dal conferente; è il caso, ad esempio, del conferimento di contratto, che evidentemente sarà possibile allorchè la società conferitaria - con la posizione contrattuale - assuma una posizione creditoria rispetto al contraente ceduto; potrà ben darsi che - in una con la posizione creditoria - essa acquisti in realtà anche quella di debito (perché il conferente non ha reso, in tutto o in parte la propria controprestazione), ma si tratterà di una circostanza rilevante solo sotto il profilo del valore da attribuirsi al conferimento.

Conferimento che - giova precisarlo - avrà ad oggetto esclusivo la posizione contrattuale: questa infatti è suscettibile, con la partecipazione al conferimento del contraente ceduto, o mediante il preventivo consenso di questi, di essere trasferita in piena contestualità con la sottoscrizione.

La valutazione peritale riguarderà dunque questo bene, ed è questo bene che - secondo le adeguate tecniche contabili - sarà iscritto all'attivo del bilancio.

Possiamo provare ad accennare anche a qualche profilo di disciplina di questo tipo di conferimento; avuto riguardo alla disciplina della garanzia prevista in tema di conferimento del credito di cui all'articolo 2255, a me pare ragionevole che in caso di conferimento del contratto il conferente presti la particolare garanzia prevista dall'art. 1410, comma 2, a tenore del quale se il cedente ha assunto la garanzia dell'adempimento del contratto, egli risponde come un fideiussore per le obbligazioni del contraente ceduto: questo in relazione all'attenzione del legislatore alla soddisfazione dell'interesse finale della società conferitaria, a ben vedere confermato dalla disciplina dei conferimenti di opere e servizi, ed in particolare dalla prestazione della fideiussione a garanzia del loro adempimento.

Da un punto di vista pratico, il conferimento del contratto dovrebbe avere ambiti applicativi non ristretti, potendosene ipotizzare l'applicazione alla sola condizione, già sopra richiamata, della persistenza, al momento del conferimento, di posizioni attive a favore del conferente, e quindi - in esito al conferimento stesso - della società.

Si potrà trattare anche di contratto preliminare, per esempio di acquisto di un certo bene, ed in tale caso il relativo valore - fatto salvo l'esborso di anticipi, da parte del conferente - sarà sostanzialmente coincidente con la differenza positiva tra il valore di mercato del bene in acquisto e le evidentemente più convenienti condizioni pattuite nel contratto preliminare.

Potrà trattarsi, ancora, di contratto che abbia ad oggetto diritti personali di godimento in favore del conferente; ed il relativo valore (sempre fatto salvo il caso del pagamento di canoni anticipati) sarà il consueto "delta" tra condizioni di mercato e condizioni contrattuali.

In questo ultimo ambito, quello del diritto personale di godimento, la presenza della vicenda contrattuale elide le problematiche evidenziate dalla dottrina in ordine al giudizio di conferibilità di questa categoria di diritti: è piuttosto costante, tra gli autori, la posizione che pone in correlazione questo giudizio con il principio di immediata e contestuale liberazione del conferimento in natura. La dottrina si riferisce, evidentemente, al caso in cui il conferente costituisce ex novo a favore della società diritto personale di godimento su di un bene di cui il conferente stesso ha disponibilità, normalmente a titolo di proprietà.

Ebbene, quale che sia l'opinione cui si preferisce accedere, in relazione a tale ultimo caso (e di cui ci occuperemo tra poco) resta evidente che esso non coincide con la diversa ipotesi del conferimento del contratto di locazione, ipotesi nella quale il conferente - secondo quanto finora esposto - può liberare la sua sottoscrizione immediatamente, una volta che si sia procurato il consenso del contraente ceduto, cioè del soggetto che mette a disposizione il bene a titolo di locazione.

Principio di immediata liberazione del conferimento in natura e persistenza di obblighi "principali" del conferente

Le succinte considerazioni che abbiamo svolto evidenziano, anche da un punto di vista applicativo, la persistente incidenza del principio di contestuale liberazione dei conferimenti in natura.

Ipotesi, quale quella sopra accennata, di conferimento consistente nella costituzione di un diritto personale di godimento sul bene del conferente continuano ad essere meritevoli di ampia indagine e riflessione, alla stregua di quel principio.

Lo stesso pare necessario ritenere in ordine ad altri tipi di conferimento, quali quelli consistenti in obbligo di astensione dalla concorrenza, (pure ragionevolmente accettabili, secondo quanto sopra accennato a commento dei contenuti della legge delega) o comunque caratterizzati dalla persistenza di obblighi di natura non accessoria a carico del conferente.

Per tutte queste situazioni, a mio parere, si pone un'unica alternativa: considerarli ammissibili, in quanto sostanzialmente consistenti in prestazioni di opere o servizi (e quindi da assoggettare alla disciplina della fideiussione a garanzia), ovvero negarne la possibilità, o - forse più esattamente - la rilevanza ai fini della formazione del capitale, per considerarli invece oggetto di quei conferimenti cosiddetti "atipici", e destinati cioè a rilevare quale motivo di attribuzione della partecipazione non proporzionale al conferimento.

Vediamo di chiarire meglio.

La loro ammissibilità (ed imputazione a capitale) potrebbe avere spazio, dunque, ove si ritenesse di poter attribuire alla locuzione "opere e servizi" un significato ampio, trascendente - rispettivamente - la realizzazione di un opus e la prestazione di un servizio in senso stretto, probabilmente continuato nel tempo, cui la lettera della legge pare in prima battuta riferirsi.

Se è vero che ricondurre (a titolo di esempio) la concessione di un diritto personale di godimento o - peggio - l'obbligo di non concorrenza alla natura di "servizio" non pare facilissimo, resta tuttavia necessario attribuire qualche peso al principio espresso dal comma 2, dal quale l'intera nostra chiacchierata trae spunto; è in questi termini che - fra l'altro - sembra possibile delineare una portata applicativa ed effettiva del principio, anche finalizzata a dare corpo ad una più netta distinzione fra beni conferibili in Srl e beni conferibili in Spa.

Ecco dunque evidenziarsi, in modo netto, la necessità di verificare, di volta in volta e per ogni diverso tipo di conferimento, la possibilità di includere il medesimo nella nozione di "opere e servizi" di cui al comma 6 dell'oramai mille volte ripetuto articolo 2464.

Con la conseguenza - in caso che questo giudizio abbia esito positivo - di poter ammettere il conferimento stesso, assoggettando tuttavia lo stesso alla regola della prestazione della garanzia fideiussoria.

A questa attività di verifica potrebbe utilmente accompagnarsi un intervento (del notaio) inteso ad escludere la formazione di clausole che - nel regolare il rapporto tra socio obbligato e società conferitaria - siano in contrasto con i principi secondo i quali devono essere assicurate alla società le più ampie possibilità di realizzare il credito verso il socio, ancora prima di attivare le garanzie bancarie o assicurative: penso, per restare nell'ambito del diritto personale di godimento sul bene del socio conferente, all'esigenza di evitare poteri di disdetta, o se preferiamo di recesso a favore del socio conferente.

Viene in altri termini in considerazione l'esigenza di scansare quelle censure, consuete fra gli autori, relative alla formazione di un capitale sociale composto esclusivamente o prevalentemente di crediti verso il socio conferente; crediti "delicati" da amministrare, più delicati di quelli verso un terzo, anche a ragione della mancanza - prima della riforma Vietti - di una garanzia coincidente con quella cui il socio conferente un credito verso un terzo è tenuto, a norma dell'articolo 2255.

Queste censure, come è noto, riguardano sia il timore di un exit, a favore del socio, (quale la disdetta di cui si è fatto cenno, che quindi non potrà essere pattuita) quanto il rischio che eventi dispositivi della res da parte del socio stesso, volontari o forzati, finiscano per pregiudicare la realizzazione del credito della società.

Rischio che - nella prospettiva dell'assoggettamento di questi conferimenti alla disciplina delle opere e servizi - dovrebbe ora ritenersi coperto dalla fideiussione bancaria, che molto utilmente dovrà garantire sia rispetto al rischio dell'inadempimento, che a quello dell'impossibilità sopravvenuta, alla quale ultima appare meglio riconducibile la vicenda espropriativa a danno del socio, con conseguenze a carico della società che fruisce del diritto personale di godimento.

La diversa prospettiva dei conferimenti atipici

L'esito negativo del giudizio di cui dicevamo al paragrafo precedente, di converso, porterà ad escludere che questi apporti possano avere luogo secondo le modalità descritte, cioè con rilascio della fideiussione e imputazione a capitale.

Per gli stessi, tuttavia, si aprono - come dicevo - le porte di una diversa lettura dei contenuti della legge delega; vi ricordo che questa disponeva affinchè il governo legiferasse in modo tale da consentire l'acquisizione di ogni elemento utile per l'impresa, a condizione che fosse garantita l'effettività del capitale sociale.

Sembra quindi possibile convenire sulla loro assunzione in società, in quanto utili all'impresa, in una diversa forma, cui il legislatore delegato ha fatto ricorso - nel rispetto delle regole sulla formazione del capitale - proprio per consentirne l'acquisizione a titolo di mezzi propri, cioè senza doverli pagare: mi riferisco all'attribuzione di partecipazioni non proporzionale al conferimento, di cui all'art. 2468, comma 2.

La fattispecie concreta è facilmente delineabile: il socio che apporta - insieme al conferimento suscettibile di imputazione a capitale - altra entità non suscettibile, secondo quanto sopra esposto, di tale imputazione, si vedrà attribuita partecipazione sociale superiore a quella corrispondente al conferimento di capitale, "compensata" dal maggior conferimento di altro socio (che riceverà quindi partecipazione meno che proporzionale al suo conferimento). In tali termini pare trovare attuazione in via globale, e non "per singolo conferimento", in queste situazioni, l'indicazione del legislatore delegante circa la corretta formazione del capitale.

Non vedo motivi per i quali l'atto costitutivo non debba esplicitare queste situazioni, e così regolare le condizioni di questo ulteriore apporto cui il socio è tenuto; ulteriore apporto che - se non sbaglio - potrebbe anche essere tipizzato nella figura della prestazione accessoria.

L'apposizione di termini iniziali al conferimento in natura; il conferimento di beni immobili collocati nei Comuni dove vige il sistema tavolare e di beni soggetti alla prelazione disciplinata dal Codice dei beni culturali

Vorrei concludere, in modo meno impegnativo, con alcune considerazioni di carattere realmente applicativo, che - abbandonando il pur stimolante tema dei conferimenti atipici - maturano dal già verificato, persistente rigore della norma relativa all'obbligo della contestuale liberazione dei conferimenti in natura.

Mi riferisco ai casi in cui il conferimento debba essere assoggettato ad elementi accidentali, al conferimento di particolari beni, quali quelli situati nei territori dove vige il sistema tavolare, e al conferimento di quei beni sui quali gravi il diritto di prelazione ai sensi del Codice dei beni culturali.

La prima situazione, evidentemente, è gestibile secondo un rigido profilo di simmetria tra efficacia della sottoscrizione ed efficacia del conferimento: in altri termini, la condizione, il termine iniziale non potranno accompagnare il solo conferimento, ma dovranno invece riguardare anche la sottoscrizione.

La seconda situazione genera dubbi, forse, solo ai notai che non hanno sede presso i Comuni dove vige il tavolare, nel senso che chi opera in quelle sedi il problema probabilmente non se lo pone proprio, per una maggiore frequentazione di quelle regole: mi riferisco alla previsione del R.D. 499 del 1929, secondo cui i diritti reali riferiti agli immobili collocati in quelle zone si acquistano solo con l'iscrizione nel libro fondiario, in deroga all'articolo 1376 c.c. La domanda, in breve, è se qualcosa ostacoli il conferimento in natura di questi beni, posto che il trasferimento della proprietà a favore della società avverrebbe solo in un momento successivo alla sottoscrizione.

I più rigorosi potrebbero sempre optare per l'inserimento di un termine iniziale, nella sottoscrizione, coincidente con il momento della intavolazione; a me, tuttavia, pare che l'obbligo della contestuale liberazione, in situazioni del genere, nelle quali l'effetto dell'acquisto consegue secondo regole di diritto e per effetto dell'ordine di un giudice, possa ritenersi adempiuto allorchè il conferente abbia correttamente svolto ed ultimato tutte le attività giuridiche intese al trasferimento.

Il conferimento del bene soggetto alla prelazione del Codice dei beni culturali, invece, pare implicare qualche problema in più: l'esercizio del diritto di preferenza, da parte dello Stato, ovvero da parte degli enti pubblici locali, determina il pagamento al conferente di un prezzo, mentre la conferitaria andrebbe a patire un depauperamento non tollerabile, considerato che si tratta di operazioni cui si accompagna aumento della cifra iscritta a capitale.

A meno di non immaginare l'apposizione di condizioni, alla sottoscrizione, coincidenti con l'accertamento del mancato esercizio dell prelazione (condizioni peraltro normalmente destinate a sussistere per i canonici 60 giorni previsti dal Codice dei beni culturali, e quindi assai spesso non armonizzabili con le oramai normali esigenze di tempestività) l'alternativa certamente più adeguata al principio stabilito dall'art. 2464, comma 5, è quello di prevedere che un valore di cassa corrispondente a quello attribuito all'immobile vincolato, ai fini della formazione del capitale, "scenda" nella conferitaria, e ci resti fintanto che non sia accertato il realizzarsi della condizione sospensiva, cioè il mancato esercizio della prelazione.

Di questa procedura potrebbe utilmente fare menzione la perizia di stima, in modo da escludere che la (probabilmente) temporanea "surrogazione" del bene vincolato con l'equivalente in denaro si concreti senza il conforto del parere peritale, specie qualora il bene vincolato sia inserito in un contesto aziendale e la sua valorizzazione, a ragione di tale appartenenza, non si esaurisca in termini esclusivamente patrimoniali.

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