Diritti particolari dei soci: i diritti patrimoniali
Diritti particolari dei soci: i diritti patrimoniali
di Lorenzo Salvatore
Notaio in Verona

L'articolo 2468, comma 2, c.c. nell'enunciare che «i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta» (la quale è, a sua volta, proporzionale al conferimento), esprime il principio di proporzionalità secondo il quale chi più conferisce, e quindi, più rischia, trova adeguato riconoscimento sotto il profilo dei diritti sociali (in primis, il voto e gli utili). Tale principio è, a mio avviso, pur sempre riconducibile ad un principio non scritto del diritto societario, ossia la parità di trattamento tra i soci: tutti i soci sono uguali e vanno trattati allo stesso modo (ovviamente nel rispetto delle diverse aliquote di partecipazione al capitale sociale). Si tratta di regole dispositive: il comma 3 del sopracitato articolo, infatti, stabilendo che «l'atto costitutivo può attribuire a singoli soci particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili», dimostra che il principio di proporzionalità ed il principio di parità di trattamento, essendo a tutela dei soci stessi e non di interessi esterni (ad es. ceto creditorio) sono derogabili (con il consenso di tutti i soci).

L'istituto dei diritti particolari del socio consente di rafforzare quindi l'anima personalistica della nuova Srl, di "personalizzare" la partecipazione sociale, dando "peso statutario" all'intuitus personae: il socio di Srl non è un mero "sacco di denaro" fungibile, ma un imprenditore le cui qualità personali possono trovare riconoscimento nello statuto [nota 1]. Il possibile premio statutario alla persona, attraverso l'attribuzione di tali particolari diritti al singolo socio, è l'emblema della "rilevanza centrale" del socio nella nuova Srl. Ciò non deve far dimenticare però che l'attribuzione di tali diritti al singolo socio ha una valenza organizzativa notevole, venendo ad incidere sull'agire societario [nota 2]:

- l'introduzione di tali diritti avviene in sede di atto costitutivo (e quindi con il consenso unanime) o anche successivamente all'unanimità;

- la modifica "diretta" (o la soppressione) richiede l'unanimità;

- la modifica "indiretta", conseguente al compimento di atti gestori, facoltizza l'esercizio del diritto di recesso.

Fatte le doverose premesse, di cui si terrà presente allorquando si andrà ad analizzare il possibile contenuto di tali diritti particolari, è bene partire da un punto fermo pressoché condiviso dagli interpreti: la lettera della norma parla di particolari diritti riguardanti «l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili», ma qual è il significato della disgiuntiva "o"?

Un'interpretazione letterale va esclusa in quanto non vi è una norma di sistema nelle società di capitali che giustifica un divieto di cumulo (nelle SpA le categorie speciali di azioni e gli strumenti finanziari partecipativi non vietano tale cumulo: ad un privilegio patrimoniale non si accompagna necessariamente una privazione sotto il profilo amministrativo); il tipo Srl (una sorta di affare privato dei soci - come testimonia la mancata applicazione dell'etero-tutela di cui all'art. 2409 c.c. - dove regna l'autonomia statutaria che si ferma solo di fronte ad interessi esterni) [nota 3] non vieta il cumulo.

Per cui è possibile il cumulo tra privilegio amministrativo e privilegio patrimoniale, e quindi la disgiuntiva "o" va letta come "o anche".

Venendo ora al fulcro della trattazione, viene da chiedersi quale sia il possibile contenuto patrimoniale dei diritti particolari.

Il dato letterale parla solo di diritti particolari riguardanti la distribuzione degli utili e pertanto si riferisce al solo diritto sociale patrimoniale per eccellenza e cioè al diritto agli utili. Può darsi una lettura estensiva intendendo la norma nel senso che l'atto costitutivo possa attribuire particolari diritti di natura patrimoniale oppure no?

Va dato rilievo innanzitutto alla continuità storica tra il nuovo art. 2468 c.c. e il previgente art. 2492 c.c. che consentiva di derogare al criterio di rigida proporzionalità tra "quota sociale" e "diritto agli utili" e che era letto non solo nel senso di consentire una divisione degli utili in parti uguali, nonostante il diverso ammontare delle quote, ma anche nel senso di attribuire al singolo socio altri privilegi di natura patrimoniale nei limiti del divieto del patto leonino [nota 4].

In questo contesto storico, di per sé favorevole ad una lettura estensiva, si inserisce:

A. una riforma del diritto societario, i cui cardini (elencati nell'art. 3, comma 1, lett. a), b), e comma 2, lett. f), della legge delega 3 ottobre 2001, n. 366) sono: prevedere un tipo societario fondato sulla rilevanza centrale del socio e dei rapporti contrattuali tra soci; prevedere un'ampia autonomia statutaria; ampliare l'autonomia statutaria con riferimento alla disciplina del contenuto della partecipazione sociale;

B. una disciplina della nuova Srl, che, come emerge dalla lettura degli interpreti, delinea:

- un tipo sociale (autonomo dalla SpA) caratterizzato da due anime, l'anima capitalistica (modello legale) e l'anima personalistica (modello statutario), ampiamente "personalizzabile" dall'autonomia statutaria;

- un tipo sociale concepito come una sorta di affare privato lasciato alla libera contrattazione ed in cui non c'è un interesse pubblico/collettivo e quindi esterno al corretto funzionamento degli organi sociali/società (ne è dimostrazione il mancato richiamo all'art. 2409 c.c. che prevede l'etero-tutela del giudice in caso di gravi irregolarità nella gestione) [nota 5].

Se a ciò si aggiunge infine che il tipo SpA, caratterizzato certamente da maggior rigidità di disciplina rispetto al tipo Srl, conosce una norma come l'art. 2348, comma 2, c.c. secondo cui la società, nei limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle azioni delle varie categorie, è facile comprendere perché l'orientamento dottrinario nettamente prevalente [nota 6] è nel senso che i particolari diritti possono avere ad oggetto materie non strettamente riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili cui si riferisce la norma, bensì ulteriori diritti in quanto è concesso all'autonomia statutaria la facoltà di determinare liberamente il contenuto delle partecipazioni sociali nei limiti imposti dalla legge (varrebbe, dunque, anche nella Srl la regola dettata dall'art. 2348 c.c. in tema di SpA).

Diviene quindi un problema individuare quali sono i limiti imposti dalla legge [nota 7]:

- in primo luogo, le norme imperative proprie del tipo Srl (ad es. l'art. 2468, comma 1, c.c. prescrive che le partecipazioni sociali non possono essere rappresentate da azioni e nello specifico è fuori discussione che non si possa attribuire ad un socio di Srl il diritto a far circolare la propria partecipazione secondo le regole proprie dei titoli di credito azionari);

- in secondo luogo, le norme imperative proprie di ogni tipo societario, come l'art. 2265 c.c., che sancisce il divieto di patto leonino [nota 8], e la nozione di contratto sociale di cui all'art. 2247 c.c. per il quale è insito nello status socii la partecipazione allo scopo di lucro e di conseguenza al rischio di impresa [nota 9].

Viene da chiedersi se tra i limiti imposti dalla legge possa annoverarsi il principio di parità di trattamento tra i soci, ma la risposta è negativa per una triplice ragione. In primo luogo, tale principio è posto a tutela dell'interesse esclusivo dei soci e non di interessi esterni (la tutela del ceto dei creditori, ad esempio), ragion per cui, all'unanimità, è sempre derogabile. In secondo luogo, la possibilità di attribuire dei diritti particolari a singoli soci, così come la possibilità di attribuire partecipazioni non proporzionali ai conferimenti, è in sé una deroga "tipologica" (ossia propria del tipo Srl) a tale principio, essendo ammesso dal legislatore "un modello statutario personalistico" di Srl slegato dalla parità di trattamento tra soci; non vi è nella Srl infatti una norma analoga all'art. 2348 c.c. in tema di SpA, che dimostra come il principio di parità di trattamento dei soci sia maggiormente connaturato al tipo SpA [nota 10]. In terzo luogo, il summenzionato principio ha tradizionalmente rilievo non tanto nella fase costitutiva del contratto sociale (dove l'unanimità dei consensi impedisce trattamenti deteriori imposti e non accettati dai soci), quanto durante la vita sociale e mira ad impedire gli abusi della maggioranza assembleare a danno dei soci di minoranza [nota 11].

Una volta visti i limiti, si tratta di analizzare quali possano essere nello specifico i diritto particolari patrimoniali, elencando quindi una casistica in materia.

Il diritto particolare inerente la distribuzione dell'utile

Si prenda in considerazione l'ipotesi classica in cui quattro soci partecipano al capitale sociale in parti uguali (25%); ad uno dei quattro spetta il diritto particolare di partecipare agli utili nella misura del 40%, dovendo gli altri tre soddisfarsi ognuno nella misura del 20%. Se nient'altro è espressamente detto, l'utile cui si fa riferimento è sicuramente l'utile distribuibile (ossia il dividendo), l'utile che l'assemblea, una volta approvato il bilancio, delibera di distribuire. è nota al riguardo la distinzione in materia di diritto agli utili tra società di persone e società di capitali [nota 12]: nelle prime vale la regola dell'art. 2262 c.c. - salvo patto contrario, ciascun socio ha diritto di percepire la sua parte di utili dopo l'approvazione del rendiconto - secondo il quale c'è un preciso diritto del socio alla divisione annuale degli utili: basta l'approvazione del bilancio, che in automatico sorge tale diritto; nelle seconde [nota 13] vale la regola secondo cui è l'assemblea che approva il bilancio che decide in merito alla distribuzione degli utili: è la stessa assemblea che decide a maggioranza se distribuire o meno gli utili e in che misura. Sull'interesse del singolo socio a percepire gli utili prevale l'interesse del "gruppo dei soci" all'autofinanziamento dell'impresa.

Alla luce di quanto in precedenza detto in merito alla possibilità di accentuare l'anima personalistica della nuova Srl, giustamente si tende ad ammettere che il diritto particolare al conseguimento dell'utile, possa riferirsi non all'utile distribuibile (il c.d. dividendo), ma all'utile di bilancio, ossia all'utile conseguito accertato dal bilancio: ecco che il diritto all'utile sorge per la sola approvazione del bilancio ed a prescindere dalla deliberazione assembleare in tema di distribuzione dell'utile. Ciò è esattamente quanto avviene nelle società di persone [nota 14]. Addurre in contrario la lettera della norma (che parla di distribuzione degli utili) [nota 15] o l'appartenenza della Srl al genus delle società di capitali [nota 16] sembra dimenticare la caratteristica propria della nuova Srl di essere un modello capitalistico attenuato, modellabile dall'autonomia statutaria verso il mondo delle società di persone. Quel che è certo è che deve trattarsi di utili realmente conseguiti risultanti da un bilancio regolarmente approvato. È norma imperativa propria di tutti i tipi societari [nota 17] quella che vieta ai soci di ripartirsi somme di denaro in mancanza di utili realmente conseguiti. Ne consegue che non è possibile: né attribuire ad un socio il diritto a percepire annualmente una sorta di rendita (ad es. 60.000 euro all'anno) a prescindere dall'utile realmente conseguito o dall'esistenza di perdite [nota 18]; né attribuire ad un socio il diritto anziché a "conferire in denaro" in cambio di un "possibile utile", a "mutuare" in cambio della percezione di un interesse sulla falsariga dei prestiti subordinati e irredimibili (ossia prestiti con rimborso subordinato al pagamento di tutti gli altri creditori e con durata coincidente con quelli della società) [nota 19].

Si è fatto in precedenza un esempio classico di non proporzionalità tra partecipazione sociale e quote di partecipazione all'utile: quattro soci partecipano al capitale in parti uguali (25% ciascuno), uno dei quattro partecipa all'utile in misura pari al 40% (e quindi non proporzionale) e gli altri tre in misura pari al 20% ciascuno. Ma il privilegio patrimoniale può sganciarsi dalla semplice "non proporzionalità" ed essere diversamente modulabile [nota 20]. Può adottarsi un criterio "prioritario/prededuttivo": ad esempio, al socio privilegiato spetta in prededuzione il 20% dell'utile, ripartendosi il residuo 80% in parti uguali alle rispettive aliquote di partecipazione al capitale sociale. Può adottarsi invece un criterio "preferenziale": ad esempio, al socio privilegiato spetta un dividendo doppio rispetto a quello spettante a tutti gli altri soci. In quest'ottica ci si può sbizzarrire, con il limite ovviamente del divieto del patto leonino. Si è parlato sino ad ora di diritto agli utili, che dire, invece, delle riserve disponibili (e quindi distribuibili) formatesi nel tempo con l'utile non distribuito e accantonato a riserva? Il diritto particolare all'utile ricomprende anche le riserve formatesi nel tempo con l'utile non distribuito? Ad esempio, per cinque anni, l'assemblea non distribuisce utile ma lo accantona a riserva; dopo cinque anni avviene la distribuzione di quella riserva. È bene distinguere a seconda che il diritto particolare sia statutariamente previsto come diritto all'utile distribuibile (e quindi al dividendo) oppure sia statutariamente previsto come diritto all'utile di bilancio (ossia all'utile conseguito). Nel primo caso, in cui un utile non è mai stato distribuito ma è sempre stato accantonato per intero a riserva, essendosi comunque in presenza di una distribuzione di utili (seppur differita), non vi è dubbio che il diritto particolare partecipi alla distribuzione della riserva. Nel secondo caso, ciò non è così scontato. Quando infatti il diritto particolare è configurato come diritto all'utile conseguito, una distribuzione di utili parziale vi è già stata. Infatti, se Tizio è titolare del diritto particolare a percepire l'utile di bilancio in misura pari al 40%, nei cinque anni sopracitati l'accantonamento a riserva non ha riguardo tutto l'utile ma solo il 60% (essendo il 40% andato a Tizio). Ora su quel 60%, di volta in volta accantonato a riserva, può vantare un qualche diritto anche Tizio o solo gli altri soci, che in tal caso beneficerebbero di una sorta di riserva targata a loro favore? Decisiva è sicuramente la modalità in cui è formulata la clausola statutaria. In presenza di una clausola silente o ambigua, è preferibile ritenere che la riserva così formatasi vada a beneficio di tutti i soci (Tizio compreso), secondo le regole proprie in tema di distribuzione delle riserve disponibili, non potendosi l'interprete arrogare a "creatore" di riserve targate in mancanza di una espressa disposizione statutaria in tal senso.

Il diritto particolare patrimoniale correlato (ai risultati dell'attività sociale in un dato settore)

Tra le novità della riforma vi è la previsione delle c.d. azioni correlate (art. 2350, comma 2, c.c.). è possibile in una Srl che svolga la propria attività in più settori attribuire ad un socio un diritto particolare patrimoniale correlato ai risultati di un dato settore prescelto? La risposta è affermativa in quanto non vi sono norme imperative proprie del tipo Srl che ostano a tale possibilità; neppure viene in rilievo il divieto del patto leonino. Sarà semmai un problema di corretta tecnica redazionale: occorrerà indicare i criteri per individuare i costi/ricavi di quel dato settore e le modalità di rendicontarne; si dovrà precisare che il pagamento dei dividendi al socio privilegiato potrà avvenire solo nei limiti degli utili risultanti dal bilancio (altrimenti si violerebbe l'art. 2478-bis, comma 3, c.c. che è una norma imperativa); bisognerà tutelare il socio correlato in caso di cessazione di quel dato settore di attività, ad esempio attribuendogli un diritto amministrativo di veto in merito alla decisione se proseguire o cessare quel dato settore; oppure attribuendogli un diritto di recesso in caso di cessazione dell'attività di quel dato settore; oppure attribuendogli un diritto di conversione in altro diritto patrimoniale [nota 21].

È ancora possibile correlare il diritto patrimoniale, anziché ad un dato settore di attività, ad uno specifico affare? Ad esempio, Tizio e Caio costituiscono una Srl avente ad oggetto l'organizzazione di eventi sportivi con protagonisti personaggi noti dello sport. Tizio, amico di vecchia data di Gigi Buffon, intende riservarsi il 90% dei proventi legati all'organizzazione della partita d'addio al calcio di Buffon. è possibile? La risposta è affermativa: non vi sono norme imperative del tipo societario Srl che vietano tale possibilità. Il divieto di costituire nella Srl un "patrimonio separato" ex art. 2447-bis c.c. non viene in rilievo in quanto nell'esempio fatto non si vuole di certo costituire un patrimonio dedicato ad uno specifico affare.

Anche in questo caso è un problema di tecnica redazionale, nel senso che se, nell'attribuire tale diritto patrimoniale correlato al singolo affare, attingo "troppo" dalla disciplina dei patrimoni dedicati ex art. 2447-bis, c.c. e ss., rischio fortemente la nullità della clausola statutaria, essendo tale istituto non compatibile con il tipo Srl.

Il diritto particolare alla postergazione delle perdite

Ci si chiede se sia possibile attribuire a taluni soci un diritto particolare patrimoniale consistente nella postergazione nelle perdite, vale a dire il diritto a subire gli effetti delle perdite successivamente agli altri soci o, meglio, il diritto a vedersi ridotta/annullata la propria partecipazione per perdite solo dopo l'annullamento delle partecipazioni degli altri soci.

Sappiamo bene che la riforma del diritto societario, relativamente al tipo SpA, ha ammesso espressamente la categoria speciale delle azioni postergate, ponendo così fine ad un lungo dibattito circa la loro ammissibilità alla luce del divieto del patto leonino. Per cui il sistema delle società di capitali ammette la postergazione non ravvisandosi un contrasto col divieto del patto leonino. Si tratta di vedere ora se vi è qualche norma imperativa propria del tipo Srl che vieta la postergazione nelle perdite. Una parte della dottrina [nota 22] ravvisa tale norma nell'art. 2482-quater, c.c., secondo cui «in tutti i casi di riduzione del capitale per perdite è esclusa ogni modificazione delle quote di partecipazione e dei diritti dei soci». Tale norma sancisce un'immodificabilità e quindi un vero e proprio diritto di ogni socio al c.d. rango, ossia a mantenere immutata la propria aliquota di partecipazione al capitale sociale e quindi il proprio peso in società. Pone dunque un vincolo di procedura di modo che qualcuno non approfitti della riduzione per perdite (e quindi delle difficoltà societarie) per fare la parte del leone e "attentare" agli equilibri societari. Vincolo che in realtà era già presente ante riforma del vecchio art. 2496, comma 3, c.c. e che la nuova norma rafforza. La dottrina maggioritaria [nota 23] ritiene tale norma derogabile all'unanimità in quanto a tutela di interessi interni dei soci e come tale disponibile. Tale dottrina trova riconoscimento in due massime notarili: una del Triveneto [nota 24], secondo cui il disposto dell'art. 2482-quater, c.c. è applicabile alle delibere adottate a maggioranza e pertanto è possibile all'unanimità ridurre il capitale per perdite in misura non proporzionale; un'altra Milanese [nota 25], secondo la quale l'art. 2482-quater, c.c. regola gli effetti nominali della riduzione per perdite ma non impedisce che a monte l'atto costitutivo preveda per uno o più soci una diversa incidenza delle perdite sulla propria partecipazione sociale (analogamente all'art. 2348 c.c. per la SpA). Tale massima presta attenzione al divieto del patto leonino, per cui il diritto alla postergazione non può porsi come diritto a non partecipare alle perdite (in tal caso è evidente il contrasto con il divieto del patto leonino) ma va concepito come diritto a vedere ridotta/annullata la propria partecipazione solo dopo l'annullamento delle quote degli altri soci. Se si tiene conto che il c.d. diritto al rango (il diritto a mantenere invariata la propria aliquota di partecipazione al capitale sociale) di cui all'art. 2482-quater, c.c. è pur sempre espressione del principio di parità di trattamento dei soci e che tale altro principio è tipologicamente derogabile nel tipo Srl alla luce di quanto detto in precedenza, non si può non condividere la massima Milanese e concludere per l'ammissibilità del diritto particolare alla postergazione nelle perdite.

Il diritto particolare alla quota di liquidazione

Tra i diritti patrimoniali classici vi è il diritto alla quota di liquidazione, vale a dire il diritto a ricevere, una volta verificatasi una causa di scioglimento e svoltasi la fase di liquidazione, una porzione di residuo attivo pari alla propria aliquota di partecipazione al capitale sociale.

La dottrina pressoché unanime riconosce, sul presupposto che l'avanzo netto di liquidazione altro non sia che utile accantonato e non distribuito, la possibilità di attribuire ad un socio, a titolo di diritto particolare, il diritto di ricevere una porzione di attivo residuo non proporzionale rispetto alla propria partecipazione sociale [nota 26]: tale quota di liquidazione potrebbe essere maggiore o minore, pur sempre però nel rispetto del divieto del patto leonino (e pertanto non potrebbe attribuirsi ad un solo socio l'intero avanzo di liquidazione). Oppure si tende a riconoscere il diritto a ricevere in natura la quota di liquidazione, ossia a vedersi assegnato a titolo di liquidazione un dato bene in natura, ancora presente nel patrimonio sociale [nota 27].

Non vi sono norme imperative che ostano a tale possibilità, purché il tutto avvenga nel rispetto della procedura di liquidazione e della sua inderogabilità. Essendo infatti la liquidazione, in primo luogo, diretta a soddisfare l'interesse dei creditori sociali (e quindi un interesse esterno indisponibile) e, in secondo luogo, a soddisfare il diritto dei soci alla ripartizione del residuo attivo, il diritto particolare alla liquidazione della quota può riguardare esclusivamente l'avanzo netto di liquidazione che risulta dal bilancio finale di liquidazione e che presuppone il pieno soddisfacimento delle ragioni creditorie. Con un'unica eccezione: la possibilità di ricevere dai liquidatori un acconto sui risultati della liquidazione con le cautele previste dal nuovo art. 2491 c.c. [nota 28]

I diritti patrimoniali a contenuto patrimoniale/amministrativo

Passiamo ad analizzare alcuni diritti particolari, che hanno valenza e patrimoniale e corporativa:

Diritto particolare di preferenza nell'ambito di operazioni di aumento del capitale sociale

È possibile attribuire ad unico socio un diritto particolare all'accrescimento della propria quota in misura non proporzionale ogni qual volta vi sia un aumento gratuito del capitale [nota 29]? Oppure è possibile attribuire ad un socio un diritto particolare ad essere preferito agli altri soci in ogni aumento del capitale a pagamento? È da escludere che vi siano interessi esterni che ostano a tale possibilità [nota 30]. Si tratta di vedere se invece vi sono norme imperative del tipo Srl contrarie. Le norme da analizzare sono: l'art. 2481-ter c.c. in tema di aumento gratuito e l'art. 2481-bis c.c. in tema di aumento a pagamento. La prima prevede che, in caso di aumento gratuito, restano invariate le aliquote di partecipazione al capitale sociale. La seconda riconosce a ciascun socio, in caso di aumento a pagamento, il diritto di sottoscriverlo in misura proporzionale (c.d. diritto di opzione). Entrambe, dunque, sono espressione del principio di parità di trattamento dei soci e riconoscono a ciascuno il c.d. diritto al rango, ossia a mantenere invariata la propria aliquota di partecipazione al capitale sociale e quindi il proprio peso economico e amministrativo in società. La risposta affermativa o negativa ai nostri quesiti dipende dalla possibilità di derogare in via preventiva alle regole societarie che sono espressione del principio di parità di trattamento. Per cui alla luce delle considerazioni fatte in precedenza in merito a tale possibilità, che appare fisiologica nel tipo Srl, se in questo senso si orienta il consenso unanime dei soci, la risposta è affermativa [nota 31].

Diritto particolare di recesso

La dottrina pressoché unanime [nota 32] ammette la possibilità di attribuire ad un solo socio il diritto di recedere, creando così una sorta di recesso "ad personam". L'art. 2473 c.c. lascia ampia libertà ai soci nel prevedere causa volontaria di recesso e lascia intendere che inderogabili sono esclusivamente le tecniche di liquidazione poste a tutela del ceto creditorio, per cui non vi sono limiti a creare diritti particolari di recesso, purché la liquidazione del recedente avvenga sempre nel rispetto della procedura di liquidazione prevista dall'art. 2473 c.c.

Diritti particolari relativi alla circolazione delle partecipazioni sociali

Una massima Milanese [nota 33], in nome dell'autonomia statutaria riconosciuta ai soci dalla riforma societaria in merito al possibile contenuto delle partecipazioni sociali, riconosce la possibilità di differenziare il regime di circolazione delle singole partecipazioni sociali. Si immagini una Srl a tre soci in cui: a Tizio è attribuito il diritto particolare di prelazione in caso di circolazione delle partecipazioni sociali degli altri soci; a Caio è attribuito il diritto particolare di esprimere il proprio gradimento in caso di circolazione delle partecipazioni sociali degli altri soci; a Sempronio non è attribuito alcun diritto particolare. Interessi esterni ostativi a tale possibilità non vi sono, ma il bene primario della certezza del diritto invita ad una certa attenzione nel formulare tali clausole. Si pensi solo alla confusione che si creerebbe se, ad esempio, a Sempronio si attribuisse un diritto particolare alla libera circolazione della sua partecipazione. Se Sempronio decide di alienare la sua partecipazione, che succede? Prevale il diritto particolare di Sempronio? O la prelazione particolare di Tizio? O il gradimento particolare di Caio?

Diritto particolare di riscatto

È possibile attribuire ad un socio un diritto particolare di riscatto delle partecipazioni degli altri soci? Tale diritto di riscatto non potrà sicuramente esser arbitrario, in quanto il riscatto si traduce in una sorta di esclusione degli altri soci ammessa solo dall'art. 2473-bis c.c. in presenza di una giusta causa. E così un'ipotesi legittima diviene quella di ancorare la facoltà di riscatto ad un dato oggettivo, qual è lo stallo decisionale (deadlock) [nota 34]. L'importante è poi che il riscatto delle altre partecipazioni (essendo di fatto un'esclusione degli altri soci) avvenga nel rispetto dei criteri fissati dal legislatore per determinare il valore delle quote in caso di recesso: ossia deve avvenire a valore di mercato. L'art. 2473, comma 2, c.c., che fissa tali criteri, è ritenuto infatti correttamente una norma inderogabile.

Diritto particolare all'assegnazione di beni sociali

L'assegnazione di beni ai soci da parte della società [nota 35] è una forma di rimborso del patrimonio ai soci e come tale non può avvenire arbitrariamente. A tutela dell'integrità del capitale sociale e del ceto creditorio vige un principio di tipicità delle ipotesi di rimborso del patrimonio ai soci; tale rimborso è ammesso: a titolo di dividendo; a titolo di riduzione facoltativa di capitale; a titolo di distribuzione del residuo attivo in sede di liquidazione; a titolo di liquidazione della quota in caso di scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio. Tale principio è inderogabile, essendo a tutela di interessi esterni. Ne deriva che è possibile attribuire ad un socio il diritto particolare all'assegnazione di beni sociali da parte della società nelle sole ipotesi tipiche in cui è ammesso il rimborso del patrimonio sociale. La previsione di un tale diritto particolare ha in sé una rinuncia preventiva alla parità di trattamento tra i soci, essendo possibile che i beni in natura che escono abbiano un valore patrimoniale incerto rispetto alla certezza data dal quantum monetario. Per cui a tutela degli altri soci sarà bene prevedere dei meccanismi di computo (ad esempio: perizia di stima) onde evitare discrasie eccessive di valori a danno degli altri soci.

Conclusioni

Dopo questa ampia casistica, vorrei soffermarmi su un punto cui ho già fatto un breve cenno. Ossia il fatto che l'attribuzione ad uno o più soci di diritti particolari ha una notevole incidenza sull'organizzazione societaria: tali diritti, infatti, sono modificabili e quindi eliminabili solo all'unanimità; il compimento di atti gestori modificativi di tali diritti attribuiscono al socio dissenziente il diritto di recesso, che può avere conseguenze devastanti per la compagine sociale. Alla luce di tale incidenza sull'organizzazione societaria, mi pare corretto fare due considerazioni: la prima è che i diritti particolari che vengono creati dall'autonomia statutaria devono avere un qualche legame con il contratto di società, o meglio, deve trattarsi di diritti endo-societari e non extra-societari [nota 36] (ossia di diritti sociali, l'art. 2468 c.c. letto nel suo complesso non lascia dubbi al riguardo).

Mi spiego meglio: in dottrina [nota 37] è stata ammessa la possibilità di creare un diritto particolare consistente nella facoltà di contrattare a condizioni privilegiate con la società: una sorta di diritto ad ottenere sconti su prodotti o servizi resi dalla società. Viene da chiedersi che cosa c'entri tale diritto con il contratto di società e con i diritti sociali che ne derivano. Abbiamo fino ad ora pontificato l'autonomia statutaria, ma deve trattarsi di un'autonomia statutaria che modula il contenuto della partecipazione sociale e i diritti sociali che ne sono connessi. Il diritto a contrattare con la società a condizioni privilegiate attiene a contratti extra-sociali, conclusi dall'organo amministrativo e di cui questi è tenuto a rispondere nei confronti dei soci ex art. 2476 c.c. per cui tale diritto non può essere "istituzionalizzato" attraverso l'istituto dei diritti particolari nell'atto costitutivo. Se così non fosse, sotto le mentite spoglie dei diritti particolari potrebbe "passare" di tutto (ad esempio un diritto particolare a fare le vacanze estive a spese della società), con buona pace per lo scopo di lucro proprio di ogni compagine sociale ex art. 2247 c.c.

La seconda considerazione è che gli operatori del diritto (ed in primis il notaio) devono prestare particolare attenzione e cautela nel redigere le clausole concernenti i diritti particolari. Bisogna evitare formule vaghe e poco chiare in modo da scongiurare i numerosi problemi interpretativi che ne possono derivare. Problemi interpretativi che rischiano di accompagnare la compagine sociale per tutta la durata della società, vista la modificabilità di tali diritti e delle clausole che li concernono solo all'unanimità.


[nota 1] In questo senso, v. A. DACCò, I diritti particolari del socio nelle Srl, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, III, Torino, 2007, p. 396; O. CAGNASSO, La società a responsabilità limitata, in Tratt. dir. comm. diretto da G. Cottino, V,1, Padova, 2007, p. 128.

[nota 2] A. DACCò, op. cit., p. 396.

[nota 3] V., V. DE STASIO, Diritti sociali e "partecipazione": il contenuto dei "particolari diritti", in Codice commerciale delle Srl, diretto da P. Benazzo e S. Patriarca, Torino, 2006, p. 136.

[nota 4] G. SANTINI, Società a responsabilità limitata, in Comm. Scialoja-Branca, 1992, p. 316.

[nota 5] M. MAUGERI, «Quali diritti particolari per il socio di società a responsabilità limitata?», in Riv. soc., 2004, p. 1495.

[nota 6] Vedi, per tutti, M. MAUGERI, op. cit., p. 1495 e ss.; M. MALTONI, La partecipazione sociale, in La riforma della società a responsabilità limitata, a cura di C. Caccavale - F. Magliulo - M. Maltoni - F. Tassinari, 2° ed., 2007, p. 216 e ss.; orientamenti ben recepiti nella massima n. 39 approvata in data 19 novembre 2004 in Consiglio notarile di Milano, Massime notarili in materia societaria, Milano, 2007, p. 131 e ss.

[nota 7] Vedi per tutti la massima n. 39, cit.

[nota 8] Norma di carattere materiale che si applica a tutti i tipi societari e che esclude che un socio posso fare la parte del leone: non si può attribuire ad un socio il diritto a percepire il 100% degli utili o il diritto a non partecipare in alcuna misura alle perdite.

[nota 9] Non si può attribuire ad un socio il diritto, anziché di partecipare agli utili, di ricevere una remunerazione sotto forma di interesse o di rendita regredendo il socio ad una sorta di creditore che non partecipa al rischio di impresa.

[nota 10] All'art. 2348, comma 1, c.c. si legge che tutte le azioni (ordinarie) conferiscono ai loro possessori uguali diritti; l'art. 2348, comma 3, c.c. precisa che tutte le azioni appartenenti ad una categoria conferiscono uguali diritti.

[nota 11] Il principio di parità di trattamento dei soci ha quindi rilievo, principalmente, nelle delibere adottate a maggioranza e non in quelle adottate all'unanimità.

[nota 12] V., per tutti, F. GALGANO, Diritto commerciale, Le società, 2007, p. 19 e ss.

[nota 13] Nello specifico, l'art. 2433 c.c. per le SpA e l'art. 2478-bis, comma 3, c.c. per le Srl.

[nota 14] Così M. MAUGERI, op. cit., p. 1499; V. DE STASIO, op. cit., p. 142; A. DACCò, op. cit., p. 405.

[nota 15] In questo senso, R. ROSAPEPE, «Appunti su alcuni aspetti della nuova disciplina della partecipazione nella Srl», in Giur. comm., 2003, p. 485 e ss.

[nota 16] In questo senso v., L.A. BIANCHI- A. FELLER, in Società a responsabilità limitata, a cura di Luigi A. Bianchi, Milano, 2008, sub art. 2468, p. 332.

[nota 17] Art. 2303 c.c. per le società di persone; art. 2433 c.c. per le società di capitali; art. 2478-bis, c.c. per le società a responsabilità limitata.

[nota 18] In tal caso si violerebbe la sopracitata norma imperativa (artt. 2303, 2433 e 2478-bis, c.c.) in tema di distribuzione dell'utile e verrebbe meno la stessa causa societaria di cui all'art. 2247 c.c., sostituendosi la certezza di una rendita all'incertezza dell'utile di impresa, trasformando il socio in mero creditore.

[nota 19] In tal caso si violerebbe, oltre a quanto sopra, anche la normativa imperativa in tema di titoli di debito che vanno sottoscritti in prima battuta da un intermediario qualificato.

[nota 20] M. CAVANNA, Partecipazione e "diritti particolari" dei soci, in La nuova Srl, diretta da M. Sarale, Bologna, 2008, p. 139 e ss.

[nota 21] M. CAVANNA, op. cit., p. 143 e ss.

[nota 22] P. REVIGLIONO, Il nuovo diritto societario, in Comm. diretto da G. Cottino - G. Bonfante - O. Cagnasso - P. Montalenti, Bologna, 2004, sub art. 2468, p. 1811 e ss.

[nota 23] M. MAUGERI, op. cit., p.1502; M. MALTONI, op. cit., p. 172; M. CAVANNA, op. cit., p. 146; O. CAGNASSO, op. cit., p. 136 e ss.

[nota 24] I.G. 24 - (Riduzione del capitale in misura non proporzionale - 1° pubbl. 9/06), in Comitato Interregionale dei Consigli notarili delle Tre Venezie, Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari, 2007, p. 136.

[nota 25] Massima n. 40 approvata in data 19 novembre 2004, in CONSIGLIO NOTARILE DI MILANO, Massime notarili in materia societaria, Milano, 2007, p. 135 e ss.

[nota 26] V., per tutti, M. MAUGERI, op. cit., p. 1499 e ss.; A. DACCò, op. cit., p. 406.

[nota 27] Quest'ultima ipotesi potrebbe essere apprezzata dal socio che effettua un conferimento in natura e spera, una volta cessata l'attività sociale, di ritornare in possesso del bene conferito.

[nota 28] L'art. 2491 c.c. ammette tali acconti in presenza di un patrimonio congruo al soddisfacimento delle ragioni creditorie.

[nota 29] Così Tizio, che ha un'aliquota pari al 20%, potrà partecipare ad ogni aumento gratuito del capitale sociale in misura pari al 50%.

[nota 30] V., per tutti, M. MALTONI, op. cit., p. 219.

[nota 31] In questo senso la prevalente dottrina; v., per tutti, M. MAUGERI, op. cit., p. 1501 e ss., il quale correttamente sottolinea la necessità di escludere, in ossequio all'art. 2481-bis, comma 1, c.c., che l'opzione preferenziale possa operare nell'ipotesi in cui la delibera di aumento valga a ricostituire il capitale ridottosi al di sotto del minimo di legge in conseguenza di perdite di oltre 1/3.

[nota 32] V., per tutti, M. MALTONI, op. cit., p. 219; O. CAGNASSO, op. cit., p.137.

[nota 33] Massima n. 95 approvata in data 18 maggio 2007, in CONSIGLIO NOTARILE DI MILANO, Massime notarili in materia societaria, Milano, 2007, p. 273 e ss.

[nota 34] Si pensi all'utilità di una tale clausola in caso di società con due soci al 50%; su tali problematiche v., L. SALVATORE, «Stallo decisionale nella Srl a ristretta base sociale: riflessioni e spunti operativi diretti a favorire la continuazione dell'impresa», in Contr. impr., 1999, p. 993 e ss.

[nota 35] V., L. SALVATORE, «Le assegnazioni dei beni ai soci nelle società lucrative», in Contr. impr., 1999, p. 830 e ss.

[nota 36] In questo senso v. CAVANNA, op. cit., p. 148 e ss.

[nota 37] MAUGERI, op. cit., p. 1500.

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