Le fonti comunitarie e l’attività notarile
Le fonti comunitarie e l’attività notarile
di Anselmo Barone
Avvocato in Roma
I. Lo scopo del mio intervento è dimostrare che il rapporto tra attività notarile e diritto comunitario non è occasionale né teorico, ma necessario. La costruzione europea è divenuta una realtà con la quale cittadini, istituzioni, imprese e professionisti si devono misurare concretamente ogni giorno e che influenza in forma diretta e profonda i più consolidati modi di pensare e di agire. Per il mondo del diritto, in particolare, mutano a volte in modo radicale i più familiari strumenti di analisi, di interpretazione e di ricerca sistematica, in conseguenza della straordinaria incidenza che le norme comunitarie esercitano nei riguardi di tutti i settori dell’ordinamento interno, “attraendoli” nella loro sfera di operatività. In disparte ogni riferimento alle ormai note implicazioni, sul piano dell’ampliamento dei diritti individuali, delle libertà fondamentali garantite dal Trattato, basti pensare, per fare solo qualche esempio, agli appalti pubblici, alla disciplina della concorrenza, al diritto delle società, alla proprietà intellettuale e industriale, al diritto del lavoro, alla disciplina delle banche e delle borse, a quella delle imprese e delle professioni, al diritto dei contratti, alla responsabilità aquiliana, alla tutela dei consumatori, al settore dei servizi finanziari o dell’informazione; nonché, in tempi più recenti, a materie quali il diritto di famiglia e delle successioni, in passato sottratte all’azione armonizzatrice del legislatore comunitario. In tutti questi settori, principi materiali e interpretativi o anche un vero e proprio corpo di norme comuni sono intervenuti o si preparano ad intervenire per modificare, integrare o sovrapporsi alla precedente normativa nazionale. Ed è un diritto che tanto più incide profondamente nei confronti dei sistemi giuridici nazionali sui quali insiste, in quanto si avvale delle caratteristiche e della peculiare forza del sistema comunitario: autorità sopranazionali che emanano le relative norme e che dispongono di strumenti per controllarne ed imporne il rispetto; la posizione di supremazia (il c.d. primato) di dette norme rispetto a quelle degli Stati membri che, nella disciplina delle fattispecie, devono “cedere il passo” alle disposizioni comunitarie costituenti le uniche regulae iuris del caso concreto; la diretta applicabilità delle stesse all’interno di tali Stati, con la parallela attribuzione di diritti – azionabili in giudizio - ai soggetti che ne sono destinatari; e soprattutto la predisposizione di meccanismi di interpretazione autonomi, riservati alla Corte di Giustizia, cui spetta di assicurare l’uniformità non solo interpretativa ma anche applicativa del diritto comunitario negli ordinamenti di tutti gli Stati membri dell’Unione europea. In questo contesto, l’ordinamento comunitario coinvolge in modo crescente anche la professione notarile, così come confermato da una serie di pronunzie della Corte di giustizia rese in fattispecie interessanti, a vario titolo, l’attività del notaio. Si pensi, ad esempio, alla sentenza nel caso Trummer e Mayer (16 marzo 1999, causa C-222/97) che riguarda le Conservatorie immobiliari e che dà attuazione concreta ad una delle più importanti regole contenute nel Trattato. Un Notaio (austriaco) aveva ricevuto un atto con il quale il venditore (austriaco) cedeva un immobile ad un cittadino tedesco inserendo nell’atto il prezzo espresso in marchi tedeschi. La Conservatoria di Vienna rifiutava l’iscrizione dell’ipoteca legale affermando che il valore dell’ipoteca stessa dovesse essere espresso nella moneta nazionale del luogo dove si chiede l’iscrizione. Il venditore si era trovato quindi nella situazione di non più né il denaro (ovviamente l’ipoteca era collegata alla dilazione di pagamento), né la garanzia del pagamento, né l’immobile venduto. Per tale ragione il venditore si è rivolto alla Corte di giustizia la quale, con la pronuncia summenzionata, ha fatto proprie le ragioni del venditore sostenendo che il divieto posto da una legislazione nazionale di accettare una iscrizione ipotecaria il cui valore sia espresso in valuta straniera costituisce una palese violazione delle regole comunitarie sulla libera circolazione dei capitali. Si pensi, ancora, ad una successiva decisione concernente la medesima normativa austriaca (sent. 11 gennaio 2001, causa C-464/98, Stefan), con cui la Corte, pronunciandosi nell’ambito di una controversia instaurata (per fatti accaduti prima dell’adesione dell’Austria all’Unione europea) da una banca nei confronti di un notaio austriaco responsabile, secondo l’istituto di credito, di aver iscritto un’ipoteca in marchi tedeschi in una data in cui la legge austriaca imponeva invece l’iscrizione delle ipoteche in moneta nazionale, ha ribadito la contrarietà della disciplina nazionale controversa alla libertà di circolazione dei capitali, costituente uno dei principi cardine dell’ordinamento comunitario. Si rammenti, altresì, con specifico riferimento al nostro Paese, la vicenda che ha condotto alla modifica della disciplina del trasferimento d’immobili situati in zone di confine o di importanza militare, nella quale, solo grazie all’intuizione iniziale di un notaio, si è instaurata una controversia sfociata in una sentenza della Corte di giustizia (13 luglio 2000, causa C-423/98, Albore) che ha accertato la contrarietà alla libertà di circolazione dei capitali della anzidetta disciplina, nella parte in cui discriminava gli acquisti effettuati da persone fisiche o giuridiche “straniere” sottoponendoli ad un regime di autorizzazione preventiva non previsto per gli acquirenti di nazionalità italiana. Né può trascurarsi la sentenza della Corte di giustizia dell’11 ottobre 2007 relativa al caso Möllendorf (causa C-117/06), concernente gli obblighi dei notai nei casi in cui questi ultimi intervengano per la conclusione di atti che mettono a disposizione risorse economiche a persone fisiche o giuridiche incluse nelle cosiddette blacklists, ossia elenchi di presunti terroristi adottati in ambito comunitario, anche su indicazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Nel caso all’esame della Corte, a un notaio tedesco era stata impedita la trascrizione di un atto di compravendita di un immobile perché uno degli acquirenti era incluso in un regolamento comunitario che elenca appunto liste di presunti terroristi destinatari di provvedimenti restrittivi. La Corte di giustizia ha chiarito che ogni atto che comporta la messa a disposizione di una risorsa economica a vantaggio di persone colpite da misure di congelamento dei beni perché incluse in queste liste è in contrasto con i regolamenti comunitari adottati nella subiecta materia e quindi invalido. Conclusione, questa, che, con specifico riguardo all’Italia, trova consacrazione normativa nel D.lgs. n. 109/2007, le cui disposizioni pongono il divieto – assistito dalla sanzione della nullità – del compimento di atti di trasferimento o utilizzazione di fondi “congelati”. L’illustrazione di questa casistica di interesse notarile potrebbe continuare con la menzione del tema dell’affidamento dei servizi pubblici in house o a società miste. Qui il ruolo del notaio, nell’attività di assistenza e consulenza all’ente locale che voglia procedere all’affidamento, diventa fondamentale per garantirne la conformità alle regole comunitarie, impositive, in principio, di criteri di concorrenzialità derogabili solo nel rispetto di requisiti assai rigorosi, la cui sussistenza va verificata già in sede di redazione degli statuti delle società affidatarie e dei relativi contratti di servizio. Sono solo alcuni esempi che testimoniano la rilevanza tutt’altro che teorica del diritto comunitario nell’ambito dell’attività notarile, confermando l’esigenza, per il notariato, di una approfondita e puntuale conoscenza di quel diritto e dei suoi meccanismi di operatività all’interno del nostro ordinamento.
II. Le considerazioni che ho svolto finora confermano le interferenze del diritto comunitario sull’oggetto dell’attività del notaio. È però di grande attualità il tema della possibile incidenza delle regole comunitarie sulla stessa conformazione della professione notarile. Appare addirittura superfluo ricordare i periodici interventi, per esempio dell’Autorità garante della Concorrenza, tesi a prospettare una sorta di “incompatibilità” della disciplina nazionale delle libere professioni – e del notariato in particolare – con le norme comunitarie e, in particolare, con le norme (comunitarie e nazionali) dettate a tutela della concorrenza e del mercato. Anche sotto questo profilo, la conoscenza del diritto comunitario si rivela indispensabile, anzitutto per cogliere le forzature e le manipolazioni interpretative spesso insite nelle ricostruzioni che accreditano la “incompatibilità” sopra accennata. Come dimostrano i ripetuti interventi della Corte di giustizia e del legislatore comunitario, infatti, l’applicabilità delle norme sulla concorrenza alle attività professionali non comporta, di per sé, il disconoscimento delle peculiarità di tali attività, né tantomeno implica l’inammissibilità di previsioni derogatorie, a condizione che queste siano giustificate da ragioni di interesse generale correlate all’esigenza di garantire l’integrità e l’esperienza del professionista, nonché la qualità della sua prestazione a beneficio dei consumatori finali cui viene resa. E se ciò è vero in generale, con riferimento cioè al complesso delle libere professioni, è ancor più vero per l’attività notarile la quale, anche secondo il diritto comunitario, gode di una propria peculiare collocazione correlata alla natura pubblicistica del munus del notaio. Ne è prova una recente pronunzia della Suprema Corte di Cassazione (la n. 9878/2008) la quale, proprio in considerazione della or ricordata natura della funzione notarile (come detto riconosciuta anche a livello comunitario), e del suo rapporto del tutto peculiare con la concorrenza ed il mercato, nel sancire la piena compatibilità della previsione di tariffe notarili inderogabili con l’ordinamento comunitario e, in particolare, con le norme sulla concorrenza dettate dagli artt. 81 e 82 del Trattato CE, ha affermato in termini inequivoci che «è sicuramente da escludere che, in relazione all’attività notarile – concretantesi nello svolgimento di una pubblica funzione, per l’esercizio della quale l’ordinamento prevede l’istituzione di pubblici ufficiali, in possesso di particolari requisiti soggettivi, nominati a seguito di un esame di idoneità, soggetti a vigilanza e periodici controlli ispettivi, sottoposti a rigorose regole disciplinari – sia ipotizzabile la possibilità di una libera prestazione di servizi, in regime di concorrenza, da parte di altri professionisti dello stesso paese o di altri paesi della Comunità, la quale renda incompatibile l’inderogabilità delle tariffe con le menzionate disposizioni CE». I principi sopra enunciati appaiono dotati di una precisa rilevanza sistematica, derivante non solo dalla funzione nomofilattica della Corte di Cassazione (nelle cui decisioni la risoluzione del caso specifico si coniuga con l’interesse generale all’esatta osservanza ed all’uniforme interpretazione della legge, necessarie per garantire l’unità del diritto oggettivo nazionale, in conformità a quanto prescritto dall’art. 65 del R.D. 30 gennaio 1941 n. 12), ma anche dalla constatazione – di portata generale – che, nell’attuale fase di evoluzione del sistema comunitario, l’applicazione ed il controllo dell’osservanza delle relative norme devono ancora far conto sull’apparato giuridico-istituzionale degli Stati membri. Sicché, quando applicano il diritto comunitario, i giudici nazionali agiscono come una sorta di organi decentrati della giurisdizione comunitaria, in quanto concorrono a garantire l’osservanza di quel diritto.
III. Concludo il mio intervento con due citazioni.
Nel 1957, quando la allora Comunità economica europea era appena stata creata e pochi ne prevedevano i successivi sviluppi, un importante esponente del notariato italiano scrisse che: «il Trattato istitutivo della Comunità europea si impone all’attenzione del notariato italiano ed europeo per ragioni di indole generale e specifiche, che riguardano in un tempo i soggetti, i notai nel loro aspetto di liberi professionisti, e l’oggetto dell’attività professionale», con ciò mostrando di intuire i riflessi della integrazione giuridica comunitaria sull’attività notarile. A distanza di mezzo secolo Giovanni Maria Flick, Presidente Emerito della Corte Costituzionale, in un recente convegno promosso dall’Accademia del Notariato, ha ribadito che «la dimensione del diritto comunitario, che impone un approccio culturale assolutamente nuovo , necessita di una forte assunzione di responsabilità da parte del notaio, che è un professionista chiamato ad individuare la norma in funzione obiettiva di garanzia degli interessi delle parti e dell’ordinamento e che deve operare la scelta nella norma da applicare in conformità ad un principio, la prevalenza, del diritto comunitario, che non è sempre agevole cogliere». Ebbene il filo rosso che unisce la or riportata considerazione dell’Alto magistrato alla ricordata “previsione” del Vostro collega a me pare esattamente questo:il diritto comunitario rappresenta sicuramente una sfida per il notariato, ma costituisce anche una straordinaria opportunità di crescita professionale, che, se colta, può consentire al singolo notaio di svolgere al meglio la propria funzione, garantendo un controllo di legalità adeguato ai mutamenti della realtà giuridica. Credo di poter dire che la vostra presenza qui dimostri la capacità – e la volontà - del notariato italiano di raccogliere la sfida.
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