Famiglia e successioni. Considerazioni generali
Famiglia e successioni. Considerazioni generali
di Franco Salerno Cardillo
Notaio in Palermo
Il presente intervento tratterà, in particolare, il problema della opponibilità ai terzi dei regimi patrimoniali tra coniugi regolati da legge straniera in materia di diritti immobiliari. La norma di riferimento è l’art. 30 terzo comma della legge di riforma del d.i.p., il quale stabilisce nella prima parte una regola di carattere generale sulla opponibilità ai terzi ossia che il regime di rapporti patrimoniali fra coniugi, regolato dalla legge straniera, è opponibile ai terzi solo se questi ne abbiano avuto conoscenza o lo abbiano ignorato per colpa (principio della cosiddetta ‘scusabilità dell’ignoranza incolpevole del terzo’). Intanto, il regime regolato dalla legge straniera è opponibile in quanto il terzo lo conosca o avrebbe dovuto conoscerlo adottando criteri di ordinaria diligenza. Il legislatore non stabilisce quali siano questi criteri, quindi sarà una valutazione da fare caso per caso; sarà una questione di merito rimessa al giudice quella di stabilire se quel regime è o meno opponibile ai terzi. Cosa ben diversa, fortunatamente, è prevista per i beni immobili. La seconda parte del terzo comma dell’art. 30 stabilisce, relativamente ai diritti reali sui beni immobili, che l’opponibilità è limitata ai casi in cui siano state rispettate le forme di pubblicità prescritte dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano. Per gli immobili, quindi, il legislatore crea una regola speciale a tutela delle parti e della certezza del traffico giuridico degli immobili. Il primo problema che ci dobbiamo porre è quello di stabilire quali siano le forme di pubblicità alle quali questa seconda parte del terzo comma fa riferimento e rispettando le quali si possa opporre ai terzi il regime regolato dalla legge straniera. Sappiamo che, in materia di opponibilità dei regimi patrimoniali, secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, il sistema di riferimento in Italia è quello dei registri di stato civile e non invece al sistema di pubblicità presso i registri immobiliari. La Cassazione, in materia di fondo patrimoniale, ha più volte affermato che l’opponibilità ai terzi è data dall’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e non dalla trascrizione del fondo patrimoniale nei registri immobiliari, per quanto vi sia anche una parte della dottrina e della giurisprudenza che ritiene che le due pubblicità - presso i registri di stato civile e presso i registri immobiliari - siano concorrenti: la prima con una portata di carattere generale, la seconda con una portata limitata al singolo bene. Tuttavia, è una dottrina minoritaria e, quindi, è giusto ritenere che la forma di pubblicità a cui fare riferimento debba essere quella presso i registri di stato civile. Ricordo che questa forma determina due tipi di pubblicità: una pubblicità cosiddetta ‘negativa’, quando non ci sono annotazioni a margine, per cui ciò che è opponibile è il regime legale; e una pubblicità positiva che si ha, invece, quando esistono delle annotazioni a margine (convenzioni matrimoniali, scelta del regime, fondo patrimoniale e oggi, in particolare, si può annotare a margine anche la convenzione di scelta della legge applicabile.. L’art. 69 del d.p.r. 396 del 2000 - che è il nuovo Regolamento sullo stato civile - ha introdotto espressamente questa possibilità).
Detto questo, bisogna verificare se tutti i coniugi possono avvalersi della pubblicità presso i registri di stato civile, quindi quali sono i matrimoni trascrivibili in questi registri. Certamente, tutti i matrimoni dei cittadini italiani, indipendentemente dal fatto che questi abbiano contratto matrimonio in Italia o all’estero, visto che anche il matrimonio di cittadini italiani contratto all’estero va trascritto automaticamente nei registri di stato civile. Sono trascritti nei registri di stato civile anche i matrimoni celebrati in Italia da parte di stranieri. L’art. 19 del suddetto Regolamento sullo stato civile ha previsto anche la possibilità per i coniugi stranieri, ancorché si siano coniugati all’estero ma purché almeno uno di essi sia residente in Italia, di fare richiesta che l’atto di matrimonio sia trascritto nei registri di stato civile del comune di residenza. Sul punto vorrei aprire una breve parentesi, perché si è creata una notevole difficoltà interpretativa in ordine alla funzione di questa trascrizione di matrimonio di cittadini stranieri coniugati all’estero, ma residenti in Italia. C’è una Circolare del Ministero degli Interni (la MIACEL n. 2 del 2001) che stabilisce che questa trascrizione consente soltanto ai coniugi la possibilità di chiedere poi le copie dell’atto di matrimonio e non consente, invece, di effettuare annotazioni a margine. La cosa è evidentemente grave. Immaginate il caso di due cinesi sposati in Cina, che ora vivano in Italia e desiderino stipulare una separazione dei beni, oppure un fondo patrimoniale, vogliano scegliere la legge italiana come legge regolatrice dei loro rapporti patrimoniali. Essi potranno trascrivere il loro matrimonio nei registri di stato civile italiani con una traduzione giurata e l’atto di matrimonio dovrà essere anche legalizzato, in quanto proveniente dall’estero. Secondo la dottrina e secondo la giurisprudenza sinora unanimi (anche se ho sentito che adesso c’è una pronunzia in senso difforme) potranno anche effettuare le annotazioni a margine: la giurisprudenza è stata molto chiara nell’affermare che questa trascrizione assolve alle funzioni pubblicitarie tipiche della trascrizione del matrimonio nello stato civile e, quindi, ben potranno anche effettuare annotazioni a margine di questo atto di matrimonio trascritto.
Chiusa questa breve parentesi, chi rimane completamente fuori dalla possibilità di trascrivere i matrimoni nei registri di stato civile sono i coniugi stranieri che abbiano contratto matrimonio all’estero e siano residenti all’estero. Tipico il caso del cittadino francese, inglese o tedesco che vuole comprare la casa estiva in Italia: come faranno questi coniugi ad opporre ai terzi il loro regime patrimoniale, posto che non possono avvalersi del sistema pubblicitario nei registri di stato civile? Dire che non possono farlo sarebbe ammettere una lacuna inaccettabile da parte del legislatore, con disparità di trattamento tra il cittadino italiano che può opporre ai terzi il proprio regime e il cittadino straniero, che invece non può in alcun modo. Per cui, si è cercato di elaborare una tesi per ricostruire la possibilità di consentire anche a questi coniugi di opporre ai terzi il loro regime patrimoniale. Intanto, da un punto di vista letterale, il terzo comma parla di forme di pubblicità al plurale e ciò è perfettamente compatibile con l’idea che esistano più sistemi di pubblicità; poi, c’è l’orientamento della Cassazione (sentenza n. 12.098 del 1998) che afferma il principio secondo il quale, tutte le volte in cui non è possibile ai coniugi effettuare la pubblicità per opporre ai terzi il loro regime attraverso i registri di stato civile, possono farlo, in materia immobiliare e relativamente al singolo immobile, avvalendosi della pubblicità nei registri immobiliari. Il caso della Cassazione era ovviamente diverso da quello di cui ci stiamo occupando. Si trattava di una coppia che, nel 1976, si era separata con separazione consensuale; in quegli anni, non era possibile, stante la tassatività degli atti soggetti ad annotazione a margine del matrimonio, annotare a margine dell’atto di matrimonio la separazione consensuale. La moglie, negli anni successivi, aveva comprato degli immobili e aveva riportato nell’atto di acquisto e nella nota di trascrizione la circostanza di essere separata legalmente e di essere, quindi, in regime di separazione dei beni. Successivamente, i creditori del marito avevano pignorato la metà dei beni, adducendo che la coppia si trovava, ai fini della opponibilità del regime, in comunione dei beni, perché dai registri dello stato civile non risultava nulla. La Cassazione, invece, affermò che, poiché quel coniuge non aveva in alcun modo la possibilità di avvalersi dei registri di stato civile, stante la tassatività degli atti soggetti ad annotazione, bene aveva, invece, potuto utilizzare i registri immobiliare per la opponibilità ai terzi. La Cassazione stabilisce che, a seguito della riforma dell’art. 2659 n. 1 avvenuta nel 1985 che ha introdotto l’obbligo di indicare nella nota di trascrizione il regime patrimoniale delle persone fisiche, a maggior ragione anche in altre ipotesi (vedi l’art. 179 per l’acquisto di beni personali) per opporre ai terzi il carattere personale del bene non si utilizza il registro di stato civile, ma il registro immobiliare (la trascrizione ex 2647). Quindi, non è estranea al nostro ordinamento l’idea che, limitatamente al singolo bene, si possa realizzare l’opponibilità del regime patrimoniale. Facciamo un esempio: abbiamo due cittadini stranieri che, ancorché comunitari, hanno contratto matrimonio all’estero e sono residenti all’estero, e che, in virtù del regime legale o di una convenzione matrimoniale, si trovano soggetti ad un regime di separazione dei beni; uno di essi intende acquistare un immobile in Italia e ha interesse a che il regime di separazione dei beni sia opponibile ai terzi (ad esempio, agli eventuali creditori del coniuge non acquirente): in che modo i predetti coniugi potranno opporre ai terzi il loro regime patrimoniale? Come principio di carattere generale, nell’ipotesi in cui i coniugi stranieri non possano accedere al sistema di pubblicità nei registri di stato civile, in quanto coniugatisi all’estero ed entrambi residenti all’estero, in materia di diritti reali su beni immobili l’opponibilità ai terzi si realizza, pur se limitatamente al singolo bene, attraverso la pubblicità immobiliare. Come andrà effettuata questa pubblicità? Se possibile, mediante trascrizione ai sensi degli artt. 2643, 2645 e 2647 ossia, se c’è un atto, ad esempio una convenzione matrimoniale stipulata all’estero, con la quale si realizza un trasferimento di proprietà da un coniuge all’altro, si esclude un bene dalla comunione, si farà la trascrizione ordinaria; diversamente, utilizzando il 2659 n. 1. , cioè utilizzando il quadro C e D, soprattutto il quadro D. Nell’atto avrò cura di creare un articolo dedicato al regime patrimoniale dei coniugi, dove dirò che i coniugi sono coniugati, che hanno la cittadinanza in un determinato Stato, che sono residenti in un determinato Stato, che possibilmente hanno stipulato una convenzione matrimoniale e, quindi, che si trovano soggetti ad un regime regolato dalla legge, e altro ancora. Si potrebbe dire che, essendo una dichiarazione di parte, i coniugi possono dire quello che vogliono.
Vediamo allora qual è la posizione del notaio rispetto alle dichiarazioni che i coniugi rendono in questa sede e rispetto alla posizione del notaio in caso di rivendita del bene, prima di passare alle conseguenze nei confronti dei terzi e del coniuge assente che non ha partecipato all’atto. Personalmente ritengo, in accordo con il gruppo di studio della Commissione Affari Europei e Internazionali del Consiglio Nazionale del Notariato, che occorra distinguere nettamente la posizione del notaio nel caso del coniuge acquirente rispetto a quella del coniuge alienante o del coniuge che iscrive ipoteca. Nel caso di coniuge acquirente, vi sarà una responsabilità di tipo deontologico del notaio di verificare la dichiarazione resa in atto, perché attraverso essa si crea l’affidamento nei confronti dei terzi, non ultimo nei confronti del notaio che andrà a stipulare la rivendita. Il notaio potrà anche, eccezionalmente, esimersi da questo dovere deontologico, ma avrà cura o dovrebbe avere cura di darne atto, in modo da avvertire che non si è potuto occupare, per ragioni di urgenza o di difficoltà, della verifica delle dichiarazioni dei coniugi. Cosa ben diversa si ha nell’ipotesi della rivendita, in cui il notaio avrà un obbligo professionale di accertare qual è il regime patrimoniale al quale i coniugi sono soggetti e dovrà, quindi, realizzare la vendita sulla base di quella che è la sostanza delle cose, non di quello che appare da una eventuale precedente trascrizione. La dichiarazione non veritiera resa dal coniuge può essere anche frutto di ignoranza. Ad esempio, in un caso che ho seguito di recente, si trattava dell’acquisto di un bene da parte di un cittadino dello Sri Lanka, che dichiara di essere in regime di separazione dei beni. Nello Sri Lanka, vige il sistema di tipo anglosassone, dove non c’è neanche la nozione di regime patrimoniale e c’è una separazione assoluta dei beni, quindi sembrerebbe coniugato in separazione dei beni; ma lo Sri Lanka, proprio perché adotta un sistema di tipo anglosassone, nel suo diritto internazionale privato applica, ai fini dei regimi patrimoniali, la lex rei sitae, quindi la legge del luogo, dove si trova l’immobile. L’immobile si trovava a Palermo, quindi questo cittadino dello Sri Lanka, dal nostro punto di vista, si trova in regime di comunione legale dei beni. Quindi, sarà necessario far intervenire anche l’altro coniuge nell’atto di vendita. Sarebbe opportuno rettificare questa dichiarazione inesatta dell’atto precedente, anche nel corpo dell’atto di vendita, perché potrebbe ingenerare affidamento in altri terzi e, quindi, caso per caso, può essere opportuno anche effettuare una rettifica di una tale dichiarazione non veritiera. Rettifica che potrebbe fare anche il coniuge stesso che l’ha resa, con un successivo atto unilaterale, essendo una rettifica di stati personali. Del resto, di fronte ad una dichiarazione non veritiera, il terzo potrebbe comunque far valere il regime effettivamente operante nei confronti del coniuge; si tratterebbe, comunque, di una pubblicità dichiarativa non costitutiva, non avrebbe mai l’effetto di rendere quello in maniera assoluta il regime effettivo. Passiamo ora all’altra ipotesi di opponibilità ai terzi: ossia il caso in cui i coniugi abbiano trascritto il loro matrimonio nei registri di stato civile. Il discorso si fa molto semplice, se a margine dell’atto di matrimonio c’è anche un’ annotazione, che può essere una convenzione matrimoniale o, e questo è il consiglio da dare ai coniugi stranieri, la dichiarazione di scelta delle legge applicabile, la quale è utilissima, perché in maniera inequivocabile individua la legge applicabile - cosa che può essere resa molto difficile applicando i criteri oggettivi di collegamento, in particolare quello della localizzazione della vita matrimoniale - e perché impedisce l’operatività dell’istituto del rinvio: quando noi crediamo di avere trovato la legge applicabile (vedi il caso dello Sri Lanka) siamo a metà dell’opera, perché dobbiamo verificare cosa dice il diritto internazionale privato di quel Paese. Nell’esempio fatto, c’è un rinvio indietro all’Italia e quindi è applicabile la legge italiana, ma potrebbe essere un rinvio oltre, e in questo caso accettato o meno, con le complicazioni che questo comporta. La scelta di legge applicabile impedisce la operatività del rinvio. L’opinione prevalente almeno nell’ambito del Notariato, almeno nel caso in cui la scelta venga fatta in Italia presso un notaio italiano e si scelga la legge italiana, è che venga fatta nelle forme della convenzione matrimoniale, cioè con l’atto pubblico e i testimoni. Ovviamente, una volta trascritto il matrimonio, si potranno trascrivere le convenzioni e quant’altro. Ci sono problemi, invece, in assenza di annotazione in merito a una convenzione matrimoniale di scelta. La domanda, infatti, è: che cosa presumiamo se vediamo una trascrizione del matrimonio nei registri di stato civile di uno straniero, senza annotazioni? Presumiamo che sia operante il regime legale della comunione dei beni regolata dalla legge italiana oppure no? Fermarsi qui, a mio avviso, è un errore. Il fatto che non ci siano annotazioni non significa che siano soggetti al regime della comunione legale dei beni, bensì che sono soggetti ad un regime legale, ma della legge loro applicabile. Cioè, bisogna a volte fare una verifica a monte della legge applicabile e, una volta individuata, di essa applicheremo il regime legale. Quindi, se un cittadino italiano è sposato con una cittadina austriaca, si sono sposati in Austria e l’Austria è il luogo dove hanno localizzato la loro vita matrimoniale, l’informazione che io ho dallo stato civile è che sono coniugati e che si trovano ai fini della opponibilità in un regime legale, ma non necessariamente quello italiano; in questo caso, sarà quello austriaco. Diversamente, se questi coniugi di diversa cittadinanza avessero localizzato la loro vita matrimoniale in Italia, allora sarebbero soggetti al regime legale della legge italiana, perché è quella applicabile ai loro rapporti patrimoniali e quindi, in questo caso, della comunione legale dei beni. E questo è il secondo caso che avevo presentato: due stranieri contraggono matrimonio all’estero, senza effettuare, con riferimento ai propri rapporti patrimoniali, alcuna scelta di legge; uno di essi stabilisce la propria residenza in Italia e chiede la trascrizione del proprio atto di matrimonio presso i registri di stato civile del comune di residenza, ai sensi dell’art. 19 del d.p.r. 396/2000. Oppure, due stranieri contraggono matrimonio in Italia, senza effettuare, con riferimento ai propri rapporti patrimoniali, alcuna scelta di legge. In entrambi i casi, avremo una trascrizione di matrimonio non seguita da annotazioni a margine. Quale sarà il regime patrimoniale opponibile ai terzi in materia di diritti immobiliari? La trascrizione dell’atto di matrimonio determina la opponibilità ai terzi del regime legale e per determinare in concreto quale sia il regime legale occorre individuare a monte la legge regolatrice dei rapporti patrimoniali dei predetti coniugi.
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