Ausiliari all'intermediazione finanziaria e creditizia e riserve di attività
Ausiliari all'intermediazione finanziaria e creditizia e riserve di attività
di Marco Sepe
Notaio in Roma, Straordinario di Diritto dell'Economia Università di Roma Tel.M.A.

Attività d'intermediazione finanziaria, attività finanziaria e attività di finanziamento: una premessa definitoria …

Chi si avvicina allo studio dell' "attività finanziaria" (intesa in senso lato) è chiamato a confrontarsi da, un lato, con la mancanza di una sua definizione normativa che ne circoscriva puntualmente l'ambito concettuale, dall'altro, con la polisignificatività che la locuzione stessa assume nella disciplina positiva, financo in un medesimo provvedimento normativo quale il testo unico bancario (D.lgs. 1 settembre 1993, n. 385) [nota 1].

Né tantomeno è dato rinvenire nel diritto positivo una definizione di «attività d'intermediazione finanziaria», pur se il D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, nella vulgata noto come "testo unico della finanza", nella sua rubricazione in Gazzetta Ufficiale reca l'intitolazione di "Testo unico delle leggi in materia di intermediazione finanziaria", locuzione questa mai presente nel concreto contenuto delle sue disposizioni (ove invece, talora, si parla di attività finanziaria).

Vi è dunque innanzitutto da chiedersi se "attività finanziaria" e "attività d'intermediazione finanziaria" possano essere assunte ragionevolmente, su base convenzionale, come sinonimi, in assenza di una codificazione univoca della prima e della mancanza di qualsivoglia codificazione della seconda, ciò anche ove si abbia presente che l'ordinamento conosce e disciplina le "attività di mediazione" sia creditizia che in strumenti finanziari.

Riterrei che, almeno in ambito finanziario (sempre lato sensu inteso), la locuzione di "attività d'intermediazione" non possa essere considerata sinonimo di "attività di mediazione" e vada da essa distinta. Infatti, secondo la nozione codicistica, ripresa dalla disciplina speciale, il mediatore finanziario o creditizio non è legato ad alcuna delle parti da rapporti di collaborazione, dipendenza o rappresentanza, nella conclusione del contratto relativo alla prestazione del servizio dell'attività finanziaria (amplius infra), mentre l' "intermediario finanziario" è controparte diretta del servizio o dell'attività stessa, come emerge dai servizi e dalle attività considerati nel testi unici bancario e della finanza.

In altri termini "intermediario" è colui che non riveste nella vicenda contrattuale o nello svolgimento dell'attività una posizione neutrale, ma assume una "posizione di rischio" in ordine allo svolgimento dell'attività presa in considerazione [nota 2], mentre il mediatore non assume posizione alcuna "posizione di rischio" in ordine all'attività medesima; nello svolgimento dell'attività mediativa la sua responsabilità resta inoltre limitata alla comunicazione alle parti delle circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare, che possono influire sulla conclusione di esso (cfr. art. 1759 c.c.) [nota 3].

In relazione a quanto precede possiamo per convenzione terminologica ritenere l'equivalenza dei termini di "attività d'intermediazione finanziaria" e "attività finanziaria", verificando se, dalla pluralità delle definizioni normative, possa esserne identificato un contenuto univoco e omnicomprensivo.

Un tentativo di ricostruzione unitaria del concetto di attività (se si vuole: d'intermediazione) finanziaria è stato proposto da Paolo Ferro-Luzzi, il quale, nel riferirsi a un criterio fenomenico e sostanzialistico di natura obiettiva, ha ritenuto che «... per attività finanziaria debba intendersi l'attività diretta a porre in essere operazioni che tra le parti (banca od altri operatori finanziari e clienti) iniziano e terminano con il denaro, indipendentemente dalla specifica natura giuridica, e connessione, dei singoli atti o negozi che possano giuridicamente puntualizzare tali operazioni» [nota 4].

Per quanto logicamente accattivante ed estensibile a schemi operativi ulteriori rispetto quelli prospettati dall'illustre Autore [nota 5], il tentativo non sembra idoneo a ricomprendere tutte le possibili "attività" o "operazioni" a cui il diritto positivo riconosce, direttamente o indirettamente, l'attributo della "finanziarietà". Si pensi al già richiamato articolo 59 del testo unico bancario che "soggettivamente" qualifica come "finanziarie", le società che svolgono, tra l'altro, una o più delle attività ammesse al mutuo riconoscimento, tra queste essendo comprese attività in cui l'elemento "denaro" non risulta direttamente presente [nota 6], ovvero al testo unico della finanza (D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) che, nel recare la disciplina delle attività e dei servizi d'investimento nonché della gestione collettiva (che, lato sensu, possono essere qualificati "finanziari" come testimonia la ricordata rubricazione del D.lgs. 58/1998), annovera tra tali attività e servizi anche operazioni che prescindono dall'impiego diretto di denaro [nota 7].

La definizione sopra ricordata, se coglie il dato fenomenico di una generale riferibilità dell'attività finanziaria al "denaro" (da intendersi tuttavia non tanto e non solo come "moneta", ma come qualsiasi strumento rappresentativo di una riserva di valore), appare insufficiente nel confronto con il diritto positivo, che attribuisce la qualifica di "finanziarie" anche ad attività ed operazioni che non necessariamente «iniziano e terminano con il denaro» (potendo anche solo potenzialmente coinvolgerlo), ma che attengono invece anche ai meccanismi relativi ai suoi possibili impieghi (consulenza, collocamento), a quelli prodromici alla sua materiale movimentazione (ricezione e trasmissione di ordini, mediazione, regole relative agli scambi) o alla sua conservazione statica (depositi in amministrazione).

Ma anche esteso a tal punto, il tentativo di una ricostruzione unitaria della nozione di "attività finanziaria" si dimostra inadeguato, da un lato, ove si consideri che gli ultimi interventi legislativi, seppur a specifici fini, hanno ulteriormente allargato, oltre i confini suindicati, il concetto di "intermediari finanziari" [nota 8]; dall'altro, poiché l'ordinamento stesso prevede che il novero delle "attività finanziarie" riconosciute e disciplinate possa essere ampliato ad ulteriori attività, in relazione all'evoluzione dei mercati finanziari o alle misure di adattamento assunte dalle autorità comunitarie [nota 9].

Dunque, il legislatore, sia nazionale che sovranazionale, lungi dal formulare una nozione univoca e omnicomprensiva di "attività finanziaria", di volta in volta, all'occorrenza, ne fornisce definizioni più o meno puntuali e circoscritte, così che quello di "attività finanziaria", o di "intermediari finanziari" dal punto di vista del diritto positivo, è un concetto a geometria variabile, dovendosi di volta in volta verificare quale preciso significato, nel concreto disposto normativo, abbia la locuzione terminologica indistinta usata dal legislatore.

Problema definitorio analogo a quello sopra illustrato investe la nozione dell' "attività di finanziamento" o "creditizia", come parte dell' "attività finanziaria" in generale, e che nell'ordinamento trova etichettature diverse, alle quali rispondono ambiti operativi non sempre coincidenti, anche se la nozione che emerge dall'art. 106 del Tub e dalla relativa normativa secondaria di attuazione, per la sua omnicomprensività, può essere assunta quale paradigma di riferimento [nota 10]. Pertanto, di seguito, a tale nozione si avrà riguardo in mancanza di diversa indicazione.

Segue:… e la disciplina di trasparenza applicabile all'attività di finanziamento

è risaputo che l'attività di finanziamento (come le altre attività finanziarie) quando svolta a livello professionale, è attività sottoposta a riserva [nota 11]; essa pertanto può essere esercitata (in linea di principio) esclusivamente dalle banche, dagli intermediari finanziari previsti dagli articoli 106, 107 e 113 del Tub [nota 12], nonché dalle imprese d'investimento quale servizio accessorio, per consentire al cliente di effettuare un'operazione relativa a strumenti finanziari nella quale interviene l'impresa stessa (cfr. art. 1, comma 6, lett. c del Tuf) [nota 13].

Alla molteplicità dei soggetti abilitati non corrisponde peraltro una identità di disciplina di trasparenza e contrattuale dell'attività di finanziamento, come invece richiederebbero elementari esigenze di tutela della clientela e di parità concorrenziale [nota 14].

In particolare - al di là delle regole generali applicabili in funzione della natura imprenditoriale e della qualità del soggetto cliente (Codice del consumo) e di quelle specifiche relative a talune tipologie di attività di finanziamento e che trovano giustificazione nella peculiarità delle forme del finanziamento stesso (ad es. credito al consumo ex art. 121 e ss. Tub, particolari operazioni di credito ex art. 38 e ss. Tub) - va segnalata una diversità di regime con riguardo alla disciplina di trasparenza e contrattuale applicabile all'attività di finanziamento, a seconda che la stessa sia esercitata dai soggetti disciplinati dal testo unico bancario, ovvero svolta quale servizio accessorio nell'ambito della prestazione dei servizi d'investimento.

Nel primo caso si rende infatti applicabile il titolo VI del Tub (art. 115 e ss.) e la relativa normativa di attuazione [nota 15]; nel secondo, sulla scorta di quanto stabilito dagli articoli 21 e 23, comma 4, del Tuf, la disciplina di trasparenza e contrattuale prevista dalla normativa di settore relativa alla prestazione di servizi d'investimento ed accessori [nota 16], discipline queste peraltro non sempre equivalenti sotto il profilo di tutela del cliente: basti pensare alla mancanza nella seconda di una regolamentazione circa le modalità di calcolo e l'obbligo di pubblicazione dell'Isc (o del Taeg, che dir si voglia).

Tale distonia affonda le sue radici nell'originario (e non ancora sopito) dibattito circa la ripartizione tra le autorità di controllo delle competenze di vigilanza sull'attività finanziaria che, se ha visto nel tempo prevalere un criterio di distribuzione basato sulla finalità dei controlli stessi (Banca d'Italia - stabilità; Consob - trasparenza e correttezza dei comportamenti) [nota 17], continua a mostrare talune incertezze in settori di confine [nota 18], quando non vere e proprie aporie, considerato che la materia della trasparenza relativa alla prestazione di servizi ed attività diversi da quelli d'investimento (o comunque collegati a prodotti finanziari) prestati da intermediari bancari e finanziari continua ad essere di competenza delle autorità creditizie (Cicr, Ministro dell'economia, Banca d'Italia) [nota 19].

Né tale situazione è destinata a mutare con la prossima emanazione delle nuove Istruzioni di vigilanza della Banca d'Italia in tema di trasparenza nella prestazione dei servizi bancari e finanziari, il cui documento di consultazione (secondo una prassi già invalsa tra le autorità e poi codificata dall'art. 23 della legge 262/2005) è stato reso pubblico nello scorso marzo [nota 20], sul sito web della Banca Centrale stessa (www.bancaditalia.it), e nel quale vengono puntualizzati i confini di tipo oggettivo (riferiti ai servizi e alle attività) [nota 21] e soggettivo (riferiti agli intermediari) [nota 22] che segnano il perimetro di applicazione della disciplina stessa, in deroga al principio di ripartizione per finalità delle competenze di vigilanza, sempre evocato, ma mai introdotto in via assoluta nel nostro ordinamento [nota 23].

E la promiscuità della ripartizione delle competenze in tema di trasparenza tra Banca d'Italia e Consob emerge anche dalla bozza di Istruzioni resa disponibile, ove si precisa che le disposizioni in essa contenute «… si affiancano alle disposizioni previste da altri comparti dell'ordinamento in materia di trasparenza e correttezza dei comportamenti nei confronti della clientela» [nota 24] e pertanto nell'esercizio delle proprie attività «… gli intermediari considerano l'insieme di queste discipline come un complesso regolamentare integrato e curano il rispetto della regolamentazione nella sua globalità, adottando le misure necessarie».

Ove si intendesse tale disposizione nel senso che imponga una applicazione congiunta tout court (in particolare, per gli aspetti di informativa precontrattuale e contrattuali) della disciplina di trasparenza bancaria e quella afferente altri settori (segnatamente quello mobiliare e quello assicurativo), lesa ne risulterebbe la coerenza con il principio posto dall'art. 23, comma 4, Tuf, e con quanto asserito nell'incipit della Istruzioni stesse in punto di "confini oggettivi di applicazione". Maggiormemente organica appare pertanto l'interpretazione che essa si limiti ad imporre alle banche e agli altri intermediari finanziari soggetti alla disciplina di trasparenza del Tub - quando concorrono alla distribuzione di servizi e prodotti d'investimento o assicurativi - il rispetto delle specifiche disciplina di settore, oltre quella concernente l'attività di collocamento svolta (per i profili soggettivi, non riferibili al servizio o prodotto commercializzato).

Pertanto, con riferimento all'attività di finanziamento, alla disciplina di trasparenza contemplata dal Tub occorre avere essenzialmente riferimento; nella consapevolezza tuttavia che, laddove si tratti di un'attività di finanziamento che sia componente di un prodotto finanziario complesso, la cui finalità esclusiva o preponderante sia di investimento, saranno applicabili, riterrei in via esclusiva, le norme del Tuf e del regolamento Consob 16190/2007, in tema di informativa precontrattuale e di contratti; con la sola eccezione in cui il finanziamento, pur inserito in un prodotto finanziario a prevalente natura d'investimento, costituisca un'operazione di credito al consumo, nel qual caso ritornerà applicabile la disciplina del Tub (il che palesa l'esistenza di una sorta di "giurisdizione esclusiva" di Banca d'Italia in tema di credito al consumo).

Le attività ausiliarie alla distribuzione dei servizi e prodotti dell'intermediazione finanziaria: tra riserve e libertà

A partire dagli anni novanta del secolo scorso notevoli cambiamenti si sono registrati nella distribuzione ed offerta dei servizi e dei prodotti finanziari, ivi compresi quelli riconducibili alla nozione di "attività di finanziamento".

Le ragioni economiche di tale processo innovativo sono state rinvenute nella progressiva erosione dei margini reddituali rivenienti dall'attività tradizionale (connessa anche al più elevato gradiente concorrenziale dei mercati di riferimento), nell'esigenza di una riduzione dei costi di struttura, nella maggiore sofisticatezza dei prodotti e servizi richiesti, nella necessità di ampliare a più estese fasce di clientela il collocamento dei prodotti e dei servizi medesimi.

In particolare, la riduzione dell'incidenza dei costi fissi delle strutture e del lavoro sui risultati economici degli intermediari è stata perseguita, da un lato, investendo in nuove tecnologie, anche informatiche e della comunicazione, dall'altro, diversificando ed ampliando i canali di contatto con le famiglie e le imprese, mediante l'utilizzo di soggetti specializzati e qualificati, retribuiti in funzione dei risultati raggiunti.

Soprattutto con riguardo alle banche, la ricerca di canali distributivi alternativi alle tradizionali (e costose) reti territoriali, ha portato all'affermazione di nuove modalità di approccio alla clientela quali il collocamento dei prodotti tramite soggetti esterni collegati a vario titolo al fornitore del servizio, l'offerta porta a porta, i negozi finanziari, l'utilizzo di call center, il phone e l'internet banking. Ne sono nati nuovi modelli di "banca" o di "intermediario", variamente noti con le etichette di banca (o intermediario) multicanale, di banca rete o di banca virtuale [nota 25].

Il livello di diversificazione raggiunta nelle modalità di collocamento dei prodotti rende complessa una loro razionalizzazione, dovendosi avere riguardo sia al soggetto che procede (l'intermediario stesso per il tramite dei propri dipendenti ovvero soggetti terzi, siano essi indipendenti o legati a vario titolo all'intermediario), sia alle modalità con le quali si procede al collocamento (e a tal proposito si può distinguere tra attività svolta presso la sede o la dipendenza dell'intermediario, fuori di una sede o di una dipendenza, seppur in presenza del cliente, ovvero mediante tecniche di comunicazione a distanza).

Peraltro il processo innovativo nelle modalità di distribuzione dei servizi e prodotti finanziari e la disintermediazione nel contatto diretto tra banca (o altro soggetto vigilato) e cliente influisce inevitabilmente sui vari rischi inerenti lo svolgimento dell'attività finanziaria, modificandone e ampliandone le tipologie ed incidendo sulla tematica dei controlli [nota 26], anche quelli volti a prevenire che le innovative forme di distribuzione risultino permeabili ad infiltrazioni criminali, soprattutto quando l'intermediario si avvale di soggetti terzi [nota 27].

In tale contesto, l'ordinamento, ad integrazione della disciplina di trasparenza a tutela del cliente, ha proceduto, da un lato, alla regolamentazione dell'attività di promozione e collocamento da chiunque svolta, quando esercitata al di fuori della sede o della dipendenza dell'intermediario; dall'altro, alla creazione di una serie di statuti speciali per le figure professionali coinvolte nella promozione e nel collocamento dei servizi e dei prodotti finanziari, a presidio dei quali sono state introdotte specifiche riserve di attività penalmente sanzionate [nota 28].

L'impianto disciplinare che ne emerge appare poco coordinato e talora scazonte, anche in considerazione della possibilità di individuare una serie di attività, prodromiche o comunque collegate ed ausiliarie alla distribuzione dei "prodotti e servizi finanziari", ed ulteriori rispetto quella di "promozione e collocamento", attività che l'intermediario può svolgere direttamente o per il tramite di ausiliari o collaboratori esterni.

Dette attività l'ordinamento talora lascia libere e soggette alla disciplina comune, talora le regolamenta con norme speciali pur non facendole oggetto di riserva, talora ancora le rende oggetto di disciplina speciale e di riserva; il tutto con scelte financo differenziate per ciascuna tipologia di attività, a seconda che essa abbia riferimento a servizi e prodotti riconducibili all' "attività di finanziamento" o a quella "d'investimento".

Prima di indagare il mondo dei collaboratori esterni agli intermediari bancari, finanziari e in servizi d'investimento, occorre dunque verificare il regime delle attività prodromiche o comunque collegate ed ausiliarie alla distribuzione dei prodotti e servizi finanziari", attività che, con tutti i limiti che il tentativo di una razionalizzazione incontra nell'incasellamento delle fattispecie operative maggiormente rilevanti, è in linea di principio possibile individuare in quelle di: pubblicità, consulenza, promozione e collocamento, mediazione [nota 29].

L'attività pubblicitaria, la cui autonoma rilevanza è riconosciuta dall'art. 32 del Tuf, si distingue da quella di promozione, alla quale talora è accomunata sotto il profilo disciplinare, per la sua destinazione in incertam personam e per il carattere prevalentemente informativo [nota 30]. Non si tratta di attività soggetta a riserva [nota 31] e quindi può essere liberamente svolta dagli intermediari sia direttamente, che per il tramite di soggetti terzi dei quali si avvalgano gli intermediari stessi. Gli uni e gli altri saranno tenuti al rispetto delle norme di diritto comune che la regolamentano [nota 32] e di quelle speciali relative al tipo di "attività finanziaria" oggetto di pubblicità [nota 33]. Con specifico riferimento all' "attività di finanziamento", l'art. 116, comma 3, lett. d) del Tub demanda al Cicr l'individuazione degli elementi essenziali (tra quelli previsti dalla norma stessa) che devono essere indicati negli annunci pubblicitari, con qualsiasi mezzo effettuati, con i quali gli intermediari abilitati rendono nota la disponibilità delle operazioni e dei servizi. Sul punto, la delibera Cicr del 4 marzo 2003 (art. 7) ha tuttavia sostanzialmente abdicato al proprio compito, limitandosi a prevedere che gli annunci pubblicitari devono specificare la propria natura di messaggio pubblicitario ed indicare che i fogli informativi sono a disposizione della clientela [nota 34]. Né novità in tema sembrano scaturire dal nuovo testo delle Istruzioni di vigilanza in tema di trasparenza bancaria attualmente oggetto di consultazione [nota 35].

Assetto totalmente diverso rispetto quello dell'attività pubblicitaria riveste invece la consulenza che, soprattutto con riguardo a quella avente oggetto attività e prodotti d'investimento, ha avuto percorsi disciplinari tormentati e per la quale, dunque, si pone preliminarmente un problema definitorio.

Mutuando quanto ora previsto dal Tuf, la "consulenza" prestata relativamente ad "attività e prodotti finanziari", può essere in apicibus distinta in due diverse tipologie: a) una consulenza "specifica", intesa come prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa dell'intermediario, riguardo una o più operazioni relative a un determinato strumento o servizio finanziario [nota 36]; b) una consulenza "generale" intesa come prestazione di raccomandazioni a un cliente, che non si caratterizza per la personalizzazione delle stesse o per essere riferite a un determinato strumento o servizio, ma che è parte integrante ed insita alla prestazione di ogni altra tipologia di attività o servizio finanziario [nota 37].

Quando avente ad oggetto strumenti finanziari, la consulenza "specifica" costituisce servizio d'investimento soggetto a riserva di attività, mentre quella "generale", mero servizio accessorio e, pertanto, liberamente esercitabile anche da altri soggetti non abilitati allo svolgimento di servizi d'investimento [nota 38].

In quest'ultimo caso va tuttavia sottolineata l'asimmetria normativa riferibile alla circostanza che, dalla qualità dell'agente (soggetto abilitato o meno), consegue anche l'applicazione o disapplicazione della disciplina speciale prevista dalla regolamentazione Consob per lo svolgimento della consulenza "generale" quale servizio accessorio [nota 39], non essendo in linea di principio applicabile tale regolamentazione a soggetti diversi da quelli abilitati. In altri termini, la natura del soggetto "attrae" in tal caso la disciplina dell'attività.

Laddove invece si abbia riferimento alle "attività di finanziamento", alla mancanza di un distinguo normativo tra consulenza "speciale" e consulenza "specifica", corrisponde una identità di regime normativo che non contempla riserve di attività [nota 40]. In particolare, l'art. 16 della legge 108/1996 nel riferirsi alle «attività di mediazione o di consulenza nella concessione di finanziamenti» non pone, con riguardo alla consulenza una riserva in favore dei mediatori creditizi, come anche chiarito dall'art. 3, comma 2, del D.P.R. attuativo 287/2000, che tale riserva prevede solo con riferimento alla "mediazione" [nota 41].

Quanto poi alle regole specifiche della consulenza relativa ad attività di finanziamento, anche in tal caso la natura del soggetto che la svolge funge da catalizzatore della disciplina, così che solo laddove si tratti di soggetto vigilato risulterà applicabile la normativa speciale di settore in tema di trasparenza e correttezza dei comportamenti [nota 42], in difetto rimanendo la clientela sostanzialmente sprovvista di una tutela specifica che non sia riconducibile a quella generale del consumatore.

Con riguardo alle attività di promozione e collocamento, trattasi di un endiadi che nel Tuf esplicita il concetto di "offerta", al fine di dettare le regole relative a quella fuori sede o mediante tecniche di comunicazione a distanza (cfr. art. 30 e 31). Nella prassi le due attività risultano strettamente connesse e di problematica distinzione tra loro: quella di promozione, si caratterizza per la sua natura di informativa "tecnica", destinata a clientela individuata per la conclusione di uno specifico contratto (connotati questi che la differenziano dall'attività pubblicitaria); quella di collocamento, consiste nella formale offerta al cliente di conclusione del contratto e nello svolgimento di tutte le attività prodromiche (ed eventualmente esecutive) per la conclusione dello stesso [nota 43].

Caratteristica del promotore e collocatore (e che lo distingue dal mediatore: vedi infra) è che egli nello svolgimento della attività non riveste una posizione neutrale, ma agisce nei confronti della clientela per conto di un soggetto terzo, su mandato dello stesso, potendo l'incarico connotarsi per un carattere di stabilità (alla stregua di un rapporto di agenzia), occasionalità (secondo lo schema giurisprudenzialmente tipizzato del procacciatore di affari) [nota 44] ovvero essere finalizzato a una singola operazione.

L'attività di collocamento quando ha per oggetto strumenti finanziari è contemplata tra i servizi d'investimento dal Tuf (cfr. art. 1, comma 5, lett. c) e c-bis)), risultando pertanto riservata agli intermediari espressamente abilitati (che per il suo svolgimento potranno avvalersi di dipendenti o promotori finanziari) e soggetta alla regolamentazione speciale della Consob. Va da sé che natura di servizio d'investimento riveste solo quell'attività di collocamento che si caratterizza per essere svolta nell'interesse di terzi, come emerge chiaramente dal riferimento "all'emittente" contenuto nella norma appena richiamata e dall'art. 30, comma 4, del Tuf; gli intermediari quando "collocano" (id est: offrono) servizi o prodotti d'investimento propri non svolgono alcun servizio (a sé rilevante) di collocamento, rientrando l' "offerta" alla clientela dei propri servizi o prodotti nel procedimento di commercializzazione dei servizi e prodotti medesimi [nota 45].

Con riguardo invece alle attività finanziarie di cui all'art. 106 del Tub e, in particolare, alla «concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma» non esiste una riserva generale relativa al collocamento dei relativi servizi e prodotti, né quando effettuata per conto terzi, né (tantomeno) quando effettuata per conto proprio.

Una eccezione è tuttavia costituita dalla riserva prevista relativamente all'esercizio professionale e nei confronti del pubblico dell'attività di agenzia finanziaria, cioè l'attività svolta da quei soggetti che vengono stabilmente incaricati [nota 46] da uno o più intermediari finanziari iscritti negli elenchi di cui agli artt. 106 e 107 del Tub di promuovere e concludere contratti riconducibili all'esercizio delle attività finanziarie previste dall'art. 106, del Tub, senza disporre di autonomia nella fissazione dei prezzi e delle altre condizioni contrattuali (cfr. art. 3 del. D.lgs. 25 settembre 1999, n. 374 e artt. 2 e 3 del D.m. 13 dicembre 2001, n. 485) [nota 47]. Eccezione alla eccezione è costituita dal fatto che detta riserva non si applica alle banche, imprese d'investimento, Sgr, Sicav, intermediari finanziari, imprese assicurative e Poste Italiane SpA che pertanto possono svolgere l'attività in parola, senza essere tenute all'iscrizione nell'elenco degli agenti in agenzia finanziaria (cfr. art. 7, comma 2, del D.M. 485/2001).

La mancanza di una riserva generale nell'attività di promozione e collocamento di "attività e prodotti di finanziamento" pone il problema se l'attività stessa, al di fuori delle ipotesi disciplinate dall'art. 3 del D.lgs. 374/1999, possa considerarsi liberamente esercitabile e, dunque, ad esempio, una banca possa affidare il compito di promuovere e collocare i propri servizi e prodotti "bancari e di finanziamento" a soggetti che non siano dipendenti [nota 48]. A fronte di un orientamento originariamente restrittivo assunto dalle Autorità di vigilanza in tema di attività bancaria fuori sede e finalizzato a consentire alle banche di valersi nell'attività di promozione e collocamento di prodotti e servizi bancari e finanziari solo di dipendenti e soggetti sottoposti a controlli pubblici [nota 49], l'evoluzione delle modalità di distribuzione dei prodotti bancari e l'introduzione di nuove figure professionali, hanno indotto la Banca d'Italia ad ampliare la platea dei soggetti cui può ricorrere la banca per detta attività; il tutto in un'ottica di semplificazione della disciplina stessa e di valorizzazione dell'autonomia imprenditoriale e organizzativa delle banche.

Alle banche è stato dunque consentito di ricorrere anche ad «altri soggetti convenzionati che svolgano in via principale un'attività professionale o commerciale, cui é funzionale la distribuzione di prodotti bancari» [nota 50]. Ovviamente, in tale contesto la disciplina di vigilanza impone alle banche un'attenta valutazione della coerenza delle scelte effettuate con le strategie aziendali e con i rischi che si intendono assumere, in quanto avvalersi di canali distributivi diversificati (e non sottoposti a pubblici controlli), se da un lato consente una maggiore capillarità dell'offerta, dall'altro comporta rischi aggiuntivi [nota 51].

Va da sé che l'affidamento della promozione e del collocamento di prodotti e servizi bancari e finanziari a soggetti esterni non esime la banca e gli altri intermediari finanziari che ricorrono a tale modalità operativa da adottare ogni precauzione volta ad assicurare il rispetto delle disposizioni che regolano la distribuzione di detti prodotti e servizi e, in particolare, quelle in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali e quelle di contrasto al riciclaggio [nota 52] nonché le specifiche disposizioni a tutela del consumatore.

Infine l'attività di mediazione, tanto se riferita allo svolgimento di servizi d'investimento e a strumenti finanziari, quanto se riferita "alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma" si presenta come attività riservata [nota 53].

Nel primo caso essa è infatti ricompresa nel servizio di "ricezione e trasmissione di ordini" di cui all'art. 1, comma 5, lett. e) del Tuf, come chiarisce l'art. 1, comma 5-sexies individuandola nell'attività consistente «nel mettere in contatto due o più investitori, rendendo così possibile la conclusione di un'operazione tra loro». Per lo svolgimento della stessa varranno dunque le corrispondenti norme previste dal Tuf e dalla regolamentazione Consob applicativa.

Nel secondo caso la riserva è contemplata dall'art. 16, comma 1, della legge 7 marzo 1996, n. 108 e dall'art. 2 del regolamento di attuazione adottato con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 287, che circoscrivono il perimetro della stessa alla mediazione realizzata da chi «… professionalmente, anche se a titolo non esclusivo, ovvero abitualmente mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza [nota 54], banche e intermediari finanziari determinati con la potenziale clientela al fine della concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma», rimanendo pertanto esclusa dal regime vincolistico la mediazione svolta relativamente alle altre attività finanziarie di cui all'art. 106 del Tub diverse dalla concessione di finanziamenti [nota 55]. Analogamente a quanto poi previsto in tema di attività in agenzia finanziaria la disciplina di riserva non si applica nei confronti delle banche, degli intermediari finanziari, dei promotori finanziari e delle imprese assicurative (cfr. art. 16, comma 8, della legge 108/1996) [nota 56], restando peraltro operativa con riferimento a imprese d'investimento e Poste Italiane SpA che pertanto, per poter svolgere l'attività in parola (nei limiti in cui sia consentita dalla loro disciplina speciale), saranno tenute all'iscrizione nell'albo dei mediatori creditizi [nota 57], a meno che le autorità amministrative elimino con una interpretazione correttiva della legge tale distonia.

Coerentemente a quanto previsto dall'art. 1754 c.c., caratteristica essenziale dell'attività di mediazione - sia se relativa allo svolgimento di servizi d'investimento o strumenti finanziari, sia se creditizia - è l'autonomia e l'indipendenza del mediatore, che non deve risultare legato ad alcuna delle parti da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza [nota 58]. Nella mediazione creditizia, tale autonomia e indipendenza risulta rafforzata dal divieto per il mediatore di «concludere contratti nonché effettuare, per conto di banche o intermediari finanziari, l'erogazione di finanziamenti e ogni forma di pagamento o di incasso di denaro contante, di altri mezzi di pagamento o di titoli di credito (art. 2, comma 2, del D.P.R. 287/2000)» [nota 59], laddove la disciplina codicistica consente al mediatore che abbia positivamente realizzato la "messa in relazione", di rappresentare una delle parti nella formalizzazione dell'accordo o negli atti relativi all'esecuzione del contratto concluso (art. 1761 c.c.).

Ciò non toglie che il mediatore creditizio (come è nella prassi) possa operare sulla base di apposite convenzioni stipulate con banche e intermediari a condizione che il contenuto delle medesime sia tale da non compromettere i requisiti di neutralità e indipendenza del mediatore, dovendo ad esempio essere evitate clausole che impongano a quest'ultimo di operare in via esclusiva per la banca o l'intermediario [nota 60].

Nello svolgimento dell'attività riservata i mediatori sono tenuti al rispetto delle rispettive normative di settore che, con riferimento alle materie della trasparenza e dei rapporti con la clientela trovano sede negli artt. da 27 a 38 (informazioni, comunicazioni pubblicitarie e promozionali, e contratti) e da 41 a 44 (giudizio di appropriatezza ed execution only) del regolamento Consob 16190/2007 per i mediatori in servizi d'investimento o strumenti finanziari, nonché nel provvedimento Uic del 29 aprile 2005 (parte IV) per i mediatori creditizi, il quale - ai sensi dell'art. 16, comma 4, della legge 108/1996 e dell'art. 13 della delibera Cicr del 4 marzo 2003 - individua quali disposizioni in tema di trasparenza dettate per le banche e gli intermediari finanziari siano agli stessi applicabili.

A tale ultimo proposito è significativo notare che, come per la mediazione in servizi d'investimento o in strumenti finanziari (cfr. art. 23, comma 1 Tuf), anche per la mediazione creditizia la normativa secondaria ha definitivamente risolto la questione circa il suo carattere negoziale o meno [nota 61], considerato che la stessa dispone, in via inderogabile, che «i contratti di mediazione creditizia sono redatti per iscritto e una copia, comprensiva delle condizioni generali del contratto, è consegnata al cliente» [nota 62]; in caso di inosservanza della forma prescritta la disciplina secondaria richiama per il contratto di mediazione creditizia la medesima sanzione civilistica prevista in generale dalla disciplina di trasparenza bancaria, rimanendo lo stesso sottoposto a nullità relativa, che può essere fatta valere solo dal cliente [nota 63].

Inoltre il testo delle Istruzioni di vigilanza in discussione, in qualche misura, rimuove la disparità concorrenziale tra mediatori creditizi e immobiliari, richiedendo che il compenso della mediazione [nota 64] emerga dal contratto cui essa si riferisce [nota 65]. Si prevede infatti che, anche per i finanziamenti diversi da quelli di credito al consumo, sia nella fase precontrattuale che nei contratti venga indicato il Taeg, comprensivo di tutti gli «oneri relativi a servizi prestati da terzi quali, ad esempio, le polizze di assicurazione e le commissioni di mediazione spettanti ai soggetti che si interpongono nella concessione del credito» [nota 66], evidenziando se del caso in termini percentuali quale parte del Taeg è percepita dall'intermediario che eroga il finanziamento. Ciò ovviamente impone al mediatore di comunicare alla banca o all'intermediario finanziario preventivamente il costo complessivo dell'attività di mediazione, comprensivo sia del compenso di mediazione che di ogni altro onere gravante sul cliente, in modo da consentire agli stessi di procedere ad una corretta imputazione nella base di calcolo del Taeg.

Qualora il mediatore non provveda a comunicare quanto percepito direttamente dal cliente ovvero attesti mendacemente l'ammontare del compenso, sarà soggetto alle sanzioni amministrative previste dall'ordinamento (cfr. art. 128, comma 5, e art. 144 del Tub). Il contratto di finanziamento, pur in presenza di un Taeg non correttamente calcolato [nota 67], per causa non imputabile all'intermediario, resterà comunque valido.

Gli ausiliari e i collaboratori esterni nella distribuzione dei servizi e prodotti dell'intermediazione finanziaria: connotati operativi e regime delle incompatibilità

Tratteggiate nei termini di cui sopra le attività ausiliarie alla distribuzione dei servizi e prodotti dell'intermediazione finanziaria si può affrontare il tema dei soggetti cui le banche e gli altri intermediari finanziari (intesi in senso lato) possano o debbano (laddove ovviamente si tratti di attività riservate) ricorrere nella distribuzione, qualora non intendano valersi dei propri dipendenti,

Il panorama risulta molto articolato con regimi che, se ricalcano sotto il profilo dei controlli in linea di tendenza quello primigenio del "promotore finanziario" [nota 68], se ne discostano poi per non irrilevanti profili legati alle caratteristiche soggettive (persone fisiche o società), operative e al regime delle incompatibilità che li caratterizza.

Nel novero di tali soggetti vanno ricompresi: a) promotori finanziari b) mediatori creditizi c) agenti finanziari d) consulenti finanziari autonomi e) intermediari e broker assicurativi f) nonché altre figure di professionisti o produttori e venditori di beni o servizi (notai, commercialisti, avvocati, agenti immobiliari, ecc., rivenditori di beni e servizi di credito al consumo).

L'esame della disciplina degli intermediari e broker assicurativi [nota 69] esula dall'ambito del presente lavoro, fermo restando che la prestazione di servizi o il collocamento di prodotti d'intermediazione finanziaria, laddove consentiti, soggiacciono sempre al duplice principio della standardizzazione del servizio o del prodotto e della previa stipula di convenzioni con l'intermediario.

Con riguardo invece ai professionisti e ai fornitori di beni e servizi, l'ordinamento non prevede l'applicazione di un regime speciale, anzi talora sottrae espressamente l'operatività "finanziaria" consentita agli stessi alle specifiche discipline di settore [nota 70] , nel presupposto del carattere ausiliario e/o strumentale di detta operatività rispetto quella svolta a titolo principale, con la sola eccezione delle norme in tema di credito al consumo applicabili ai fornitori di beni e servizi.

I promotori finanziari, trovano la loro disciplina di riferimento nell'art. 31, comma 2, del Tuf, che definisce tale «la persona fisica che, in qualità di agente collegato ai sensi della direttiva 2004/39/Ce [nota 71], esercita professionalmente l'offerta fuori sede (id est: l'attività di promozione e collocamento presso il pubblico) come dipendente, agente o mandatario. L'attività di promotore finanziario è svolta esclusivamente nell'interesse di un solo soggetto» [nota 72].

Tre risultano dunque i connotati caratteristici. Il primo concerne la possibilità solo per le persone fisiche di assumere la qualifica di promotore finanziario, connotato questo che la direttiva 2004/39/Ce consentiva di superare, ma che il legislatore, non senza critiche [nota 73], ha mantenuto, in funzione di tutela della clientela e di prevenzione dei conflitti d'interesse.

Secondo dato qualificante è quello della "professionalità" nello svolgimento dell'attività, che va verificata avendo riguardo ai criteri generali propri della figura dell'imprenditore nel sistema del diritto commerciale, quali la stabilità, la continuità, la sistematicità dell'esercizio di una determinata attività, e quindi la sua non occasionalità [nota 74].

Ultimo tratto caratteristico è rappresentato dal vincolo di monomandato (rectius monoincarico) che lega il promotore all'intermediario, a prescindere dalla natura di tale incarico, innestandosi lo stesso in un rapporto di lavoro subordinato o in rapporto di collaborazione esterna (agenzia o altra forma di mandato) [nota 75]. Le pressioni delle associazioni di categoria volte alla rimozione di tale esclusività sono naufragate in relazione alle esigenze di tutela dei conflitti d'interesse e di trasparenza nei confronti della clientela [nota 76].

L'inesistenza di un principio di esclusività dell'attività del promotore e la circostanza che il vincolo di monomandato imposto dalla legge concerne solo l'attività oggetto di riserva (quella di offerta fuori sede di attività e servizi d'investimento nonché di strumenti finanziari), rendono in linea di principio possibile per il promotore finanziario svolgere anche altre attività ed anche per conto di intermediari diversi dal preponente, fatto salvo il limite delle attività incompatibili (vedi infra).

E lo spettro delle attività che i promotori finanziari possono esercitare si presenta particolarmente ampio; in particolare, ad essi è consentito lo svolgimento di tutte le attività ausiliarie esaminate nel paragrafo che precede (pubblicità, consulenza, promozione e collocamento [nota 77], mediazione [nota 78]), sia che dette attività si riferiscano a servizi o prodotti d'investimento (per le quali anzi il promotore è riservatario con riferimento allo svolgimento fuori sede) [nota 79], quanto finanziari. In tale senso si può parlare del promotore finanziario come dell'ausiliario polifunzionale per eccellenza nel campo dell'intermediazione finanziaria (lato sensu intesa).

Ovviamente nello svolgimento di queste attività, e necessariamente in quelle riservate, il promotore agisce non in proprio, ma per conto (su incarico) di un intermediario abilitato a cui resta imputabile la prestazione del servizio o dell'attività, con la sola eccezione della mediazione creditizia nella quale il promotore sveste il suo ruolo di incaricato dell'intermediario per assumere quella di professionista indipendente, con non secondari profili di conflitto d'interesse, sia nei confronti della clientela che dell'intermediario preponente, qualora quest'ultimo sia una banca che svolga tanto servizi di finanziamento che d'investimento; conflitti ai quali forse non costituisce sufficiente risposta l'obbligo per il promotore di tenere distinte le diverse attività e di rendere edotta la clientela della veste nella quale opera.

Il limite alle attività del promotore finanziario è costituito dal regime delle incompatibilità disciplinato dall'art. 106 del regolamento Consob 16190/2007 [nota 80] ove risalta, da un lato, l'impossibilità per lo stesso di assumere la qualifica di amministratore, dipendente o collaboratore di un soggetto abilitato non appartenente al gruppo al quale appartiene quello per conto del quale opera il promotore stesso e ciò a tutela e rafforzamento del vincolo di monomandato; dall'altro, l'impossibilità di rivestire ogni ulteriore incarico o attività che si ponga in grave contrasto con l'ordinato svolgimento dell'attività di promotore.

La genericità di quest'ultima clausola trova fondamento nell'esigenza di garantire l'adattabilità del sistema, nell'ottica della migliore tutela del pubblico risparmio, a fattispecie non ancora mature nella prassi degli operatori che potrebbero compromettere il regolare svolgimento dell'attività tipica dei promotori, dovendo pertanto, l'individuazione delle attività suscettibili d'incompatibilità essere rimessa ad una valutazione da effettuare, di volta in volta, con riguardo alle peculiarità del caso concreto [nota 81].

La figura dei mediatori creditizi, come anticipato, è stata tipizzata e disciplinata dall'articolo 16 della legge n. 108/1996 che ha riformato il reato di usura, ciò in quanto il collegamento funzionale di tali operatori con la concessione di finanziamenti li faceva ritenere un veicolo per favorire il realizzarsi di condotte usurarie; la materia ha poi trovato specifica regolamentazione con il D.P.R. 287/2000 e il provvedimento dell'Uic del 29 aprile 2005 [nota 82].

L'art. 2, comma 1, del D.P.R. 287/2000, come pure sopra ricordato, identifica il mediatore creditizio nel soggetto che «professionalmente, anche se a titolo non esclusivo, ovvero abitualmente, mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, banche o intermediari finanziari determinati con la potenziale clientela al fine della concessione del credito sotto qualsiasi forma» [nota 83].

Diversamente che dai promotori finanziari la qualifica di mediatori creditizi può essere assunta (previa relativa iscrizione all'albo [nota 84] tenuto dalla Banca d'Italia [nota 85]) sia da persone fisiche, che da enti societari [nota 86], fermo restando che, anche laddove si tratti di società è ribadito l'obbligo di operare esclusivamente per il tramite di persone fisiche iscritte all'albo dei mediatori (cfr. articolo 3, comma 2, del D.P.R. 287/200) [nota 87].

Come per i promotori finanziari l'esercizio dell'attività si caratterizza per il requisito della professionalità, anche se dubbi solleva il significato disgiuntivo o esplicativo da attribuire alla precisazione «... ovvero abitualmente», laddove "l'abitualità" viene comunemente intesa nella dottrina commercialistica come attributo della professionalità [nota 88].

Una qualche autonomia concettuale della nozione di abitualità rispetto a quello di professionalità, con specifico riferimento all'attività di mediazione, è stata tuttavia individuata da chi ha sottolineato come questa non comporti un elevato grado di organizzazione e dunque, la previsione del D.P.R. 287/2000, avrebbe incluso nella stessa ogni specie di attività (a prescindere dal dato organizzativo) che non sia saltuaria o meramente occasionale [nota 89], allo scopo di allargare il più possibile l'operatività della disciplina [nota 90].

Ulteriori caratteristiche del mediatore creditizio sono costituite dalla sua necessaria autonomia ed indipendenza (per la quale si rinvia al paragrafo precedente) nonché dal carattere non esclusivo dello svolgimento dell'attività, che risulta quindi compatibile con l'esercizio di altra attività professionale (cfr. art. 16, comma 5, della legge 108/1996), in deroga al principio di esclusività sancito in generale dall'art. 5, comma 3, della legge 39/1989 [nota 91].

In relazione a ciò - e al di là dell'art. 17 della legge 262/2005 che ha riconosciuto ai mediatori creditizi la possibilità di svolgere anche l'attività di mediazione e consulenza nella gestione del recupero crediti da parte di banche e intermediari finanziari di cui all'art. 107 Tub [nota 92] - l'attività di mediazione creditizia è stata ritenuta dalle autorità di vigilanza [nota 93] compatibile con lo svolgimento di altre attività professionali, secondo il regime proprio di ciascuna di esse, fermo restando il requisito dell'indipendenza del mediatore creditizio.

In particolare si sono ritenute compatibili le attività di: amministratore di società di persone o di capitali; di dipendente pubblico, dovendo eventuali incompatibilità essere ricercate con riferimento al contratto di lavoro che si applica al dipendente in questione; di money transfer e più in generale di agente in attività finanziaria (di cui il money transfer costituisce una species), fermo restando che la mediazione creditizia non potrà avere ad oggetto contratti di finanziamento riferibili allo stesso intermediario dal quale si è ricevuto l'incarico di agenzia [nota 94]; di intermediario previsto dall'art. 113 del Tub [nota 95]; di agenzia immobiliare [nota 96].

Incompatibilità è stata invece rilevata con riferimento all'attività di cambiavalute (in quanto la relativa normativa non consente agli stessi l'esercizio di altre attività) e con quella dei "confidi", ai quali l'art. 13 del D.l. 30 settembre 2003, n. 269 (convertito con modificazioni dalla legge n. 326/2003), consente di svolgere, oltre all'attività di garanzia collettiva dei fidi, esclusivamente i servizi strumentali o connessi [nota 97], nel rispetto delle riserve di attività previste per legge (fatto salvo quanto espressamente indicato per i confidi iscritti nell'elenco speciale previsto dall'art. 107 Tub).

La disciplina degli agenti in attività finanziaria trova collocazione a livello primario nell'art. 3 del D.lgs. 25 settembre 1999, n. 374 [nota 98] e a livello secondario nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 485 del 13 dicembre 2001 (in G.U. n. 40 del 16 febbraio 2002), nonché nei provvedimenti Uic dell'11 luglio 2002 (disciplinante le modalità di iscrizione e cancellazione dall'elenco) e del 23 marzo 2006 (recante la procedura sanzionatoria) [nota 99].

La legge non detta una definizione dell'attività di "agenzia in attività finanziaria", limitandosi a disporre che «l'esercizio professionale nei confronti del pubblico dell'agenzia in attività finanziaria è riservato ai soggetti iscritti in un elenco istituito presso l'Uic (oggi Banca d'Italia)» (comma 1), rinviando alla normativa ministeriale la specificazione del contenuto dell'attività, le condizioni di compatibilità con lo svolgimento di altre attività professionali, le circostanze nelle quali ricorra l'esercizio nei confronti del pubblico, nonché la disciplina dell'esercizio nel territorio della Repubblica da parte di soggetti aventi sede legale all'estero (comma 2).

è dunque l'art. 2, comma 1, del D.P.R. 485/2001 che, con un approccio soggettivo, specifica che è agente in attività finanziaria chi, al di fuori di un rapporto di lavoro subordinato, è «stabilmente incaricato da uno o più intermediari finanziari di promuovere e concludere contratti riconducibili all'esercizio delle attività finanziarie previste dall'art. 106, comma 1, del testo unico bancario, senza disporre di autonomia nella fissazione dei prezzi e delle altre condizioni contrattuali».

Nella perimetrazione dell'attività (e quindi della relativa riserva) assume poi specifico rilievo la circostanza che esula dalla nozione in esame la distribuzione di carte di pagamento [nota 100], nonché la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari (comma 2).

Come per i mediatori creditizi (e a differenza dei promotori finanziari) la qualifica di agenti in attività finanziaria può essere assunta sia da persone fisiche, che da soggetti diversi dalle persone fisiche [nota 101], i quali tuttavia possono svolgere la propria attività esclusivamente per il tramite di persone fisiche iscritte nell'elenco.

Anche per gli agenti in attività finanziaria deve sussistere il requisito della professionalità, mentre in maniera peculiare si atteggia il loro rapporto (e il relativo grado di autonomia) con l'intermediario preponente. Al connotato negativo che non deve trattarsi di rapporto di lavoro subordinato - potendo invece il rapporto stesso giuridicamente assumere la veste di contratto di agenzia, di mandato (con o senza rappresentanza) o altra forma di collaborazione - se ne aggiungono tre positivi.

Il primo è quello della "stabilità" dell'incarico (che richiama la previsione codicistica del contratto d'agenzia, cfr. art. 1742), per cui la collaborazione prestata dall'agente deve essere non occasionale, ma coniugarsi con continuità, pluralità e generalità degli incarichi da svolgere [nota 102]; il secondo è quello della "non esclusività" dell'incarico, potendo lo stesso provenire da "uno o più intermediari", salva ovviamente la pattuizione di una clausola di esclusiva [nota 103]; l'ultimo è relativo alla "mancanza di autonomia" dell'agente in attività finanziaria nella fissazione di prezzi e condizioni, laddove più ampi margini operativi sono consentiti all'agente nel regime codicistico, il quale è tenuto a conformarsi alle "istruzioni ricevute" (cfr. art. 1746 c.c.), che potrebbero lasciare anche non secondari spazi di autonomia nella fissazione di prezzi e condizioni contrattuali [nota 104].

Quanto al carattere esclusivo o meno dell'attività, a fronte del rinvio in bianco contenuto nella disciplina primaria, la disciplina secondaria (art. 5 del D.P.R. 485/2001) ha optato per la soluzione maggiormente rigorosa, stabilendo che, in linea di principio, gli agenti in attività finanziaria possano svolgere solo attività strumentali (cioè quelle che hanno rilievo esclusivamente ausiliario a quello di agenzia) e connesse (cioè quelle che hanno carattere accessorio e consentono di sviluppare l'attività principale). Dal regime vincolistico sono esclusi gli agenti in attività finanziaria che offrono esclusivamente il servizio di money transfer, i quali possono svolgere altre attività senza specifiche limitazioni.

La regola dell'esclusività dell'attività non ha tuttavia carattere assoluto, in quanto la stessa normativa ministeriale individua talune attività comunque compatibili con quella di agente in attività finanziaria e segnatamente: a) l'attività di agenzia per la promozione di contratti stipulati da banche nell'esercizio delle attività finanziarie [nota 105]; b) altre attività professionali per le quali sia richiesta l'iscrizione in altri elenchi, ruoli o albi tenuti da pubbliche autorità, ordini o consigli professionali, secondo il regime proprio di ciascuna.

In via interpretativa, la compatibilità è stata poi ritenuta dall'autorità di vigilanza anche con riguardo alla mediazione creditizia (fermo restando che, come detto, l'attività di mediazione creditizia esercitata congiuntamente a quella di agenzia in attività finanziaria non può avere ad oggetto contratti di finanziamento riferibili allo stesso intermediario dal quale si è ricevuto l'incarico di agenzia); all'attività dei promotori finanziari (previa iscrizione nell'elenco degli agenti in attività finanziaria, non essendo a tal proposito previsto specifico esonero); all'attività degli agenti e rappresentanti di commercio; all'attività di consulenza, ma solo se svolta in via strumentale e/o connessa all'attività principale (come è il caso, per esempio, della consulenza in materia di finanziamenti agevolati ovvero di consulenza in contratti di finanziamento alle imprese); all'attività di recupero crediti da parte dei titolari di licenze rilasciate dal Questore ai sensi dell'art. 115 del Tulps, ma anche in tal caso solo se se strumentale o connessa all'attività di agenzia finanziaria.

La figura dei consulenti finanziari è disciplinata dall'art. 18 bis del Tuf (introdotto dal D.lgs. n. 164/2007 di recepimento della direttiva Mifid n. 2004/39/Ce) e dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 24 dicembre 2008, n. 206 [nota 106]. Alla stregua di tale normativa è consulente finanziario la persona fisica che presta «consulenza in materia di investimenti, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti», laddove la consulenza in parola è la medesima prevista come servizio d'investimento dall'art. 1, comma 5, lett. f) del Tuf, ed oggetto di riserva in favore delle banche ed imprese d'investimento ai sensi dell'art. 18 del Tuf medesimo.

L'introduzione della figura dei consulenti finanziari e la deroga prevista in favore degli stessi rispetto al regime di riserva hanno mirato ad evitare "l'effetto spiazzamento" per le persone fisiche già svolgenti l'attività di consulenza in materia di investimenti, in precedenza qualificata solo come servizio accessorio e, quindi, liberamente esercitabile. A tal proposito l'art. 19, comma 14, del D.lgs. 164/2007 dispone che fino all'entrata in vigore dei provvedimenti attuativi del citato articolo 18-bis, e comunque non oltre il 30 giugno 2009 [nota 107], la riserva di attività suddetta non pregiudica la possibilità per i soggetti che, alla data del 31 dicembre 2007, prestano la consulenza in materia di investimenti, di continuare a svolgerla, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti.

Quanto sopra, unitamente a ragioni di isomorfismo con la figura dei promotori finanziari, sono alla base della circostanza che, in sede di recepimento della direttiva Mifid, solo alle persone fisiche è stato consentito di assumere la qualifica in parola, seppure forti erano le pressioni in senso ampliativo, in mancanza di un vincolo comunitario che imponesse la fisicità.

Tali pressioni hanno portato alla recente approvazione in via definitiva dal parte del Parlamento (26 maggio 2009) di un articolo 18-ter del Tuf [nota 108] che, a decorrere dal 1° ottobre 2009 (in relazione alla necessità di provvedere medio tempore all'emanazione dei necessari provvedimenti attuativi), introduce le "società di consulenza finanziaria", come società per azioni o a responsabilità limitata, abilitate allo svolgimento della consulenza in materia di investimenti, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti.

Dette società, tenute ad iscriversi in un'apposita sezione dell'albo previsto dall'art. 18-bis Tuf e assoggettate alla disciplina dei commi da 3 a 8 dell'articolo medesimo [nota 109], dovranno essere in possesso dei requisiti patrimoniali e di indipendenza eventualmente stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la Consob, così come pure per i relativi esponenti aziendali è previsto che la normativa ministeriale definisca specifici requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza.

Sul punto va sottolineata l'assoluta nebulosità della previsione che contiene un sostanziale e totale rinvio in bianco alla normativa secondaria, anche per quei profili (caratteri dell'attività, utilizzo di personale qualificato o meno, ecc.), che invece le analoghe, seppur stringate, previsioni in tema di mediazione creditizia e agenzia finanziaria, almeno in parte disciplinano.

Come per le altre figure di ausiliari già esaminate, sembra tuttavia potersi argomentare che caratteristica dei consulenti finanziari è l'esercizio professionale e nei confronti del pubblico dell'attività di consulenza (come si evince dal richiamo contenuto nell'art. 18-bis all'art. 18 del Tuf), esulando in ogni caso dalla riserva la consulenza non svolta a titolo professionale e quella strumentale o accessoria allo svolgimento di altra attività professionale [nota 110].

Ulteriore caratteristica del consulente finanziario, che lo assimila alla figura del mediatore creditizio e lo distingue da quella del promotore finanziario è la sua indipendenza [nota 111]. L'obiettivo di assicurare un adeguato livello di autonomia del consulente - precludendo il contemporaneo svolgimento di attività o l'assunzione di incarichi che possano generare situazioni di conflitto di interessi con i clienti ovvero minarne strutturalmente la posizione di neutralità nella prestazione di raccomandazioni di investimento - viene perseguita nella bozza di regolamento Consob [nota 112] con la fissazione di alcune ipotesi di incompatibilità (tra le quali spicca in particolare quella con l'attività di promotore finanziario) [nota 113] ipotesi volte ad integrare e rafforzare i requisiti di indipendenza fissati dal regolamento ministeriale.

Senonchè il regolamento ministeriale 206/2008 sembra avere adottato un approccio "morbido" al tema, in quanto l'art. 6, comma 1, nel disciplinare i "requisiti di indipendenza", dispone che non possono essere iscritti all'Albo i soggetti che intrattengono, direttamente, indirettamente o per conto di terzi, rapporti di natura patrimoniale o professionale o di altra natura, compresa quella familiare, con emittenti e intermediari, con società loro controllate, controllanti o sottoposte a comune controllo, con l'azionista o il gruppo di azionisti che controllano tali società, o con amministratori o dirigenti di tali società «se tali rapporti possono condizionare l'indipendenza di giudizio nella prestazione della consulenza in materia di investimenti», ma viene fatta salva la possibilità (comma 2) che gli iscritti all'Albo informino l'Organismo dei rapporti intrattenuti, «dichiarando che essi non sono tali da condizionare l'indipendenza di giudizio nella prestazione di consulenza». Rimane tuttavia in capo all'Organismo la valutazione delle suddette dichiarazioni ai fini della permanenza dell'iscrizione nell'Albo.

Presumibilmente la "via di fuga" consentita dal decreto ministeriale rispetto a un rigido regime di incompatibilità si giustifica in relazione alla ampiezza delle fattispecie prese in considerazione, senza che ciò precluda alla Consob nel regolamento di ribadire l'incompatibilità tra attività di consulente e promotore finanziario, tanto più che il comma 3 della disposizione in commento, prevede che per la prestazione di consulenza in materia di investimenti gli iscritti all'Albo non possono percepire alcuna forma di beneficio da soggetti diversi dal cliente al quale è reso il servizio.

Nessuna incompatibilità, invece, sembra sussistere con riferimento alla consulenza in materia di attività finanziaria o con l'attività di mediazione creditizia.

Le divergenze, talora non giustificate, se non le vere e proprie contraddizioni, che emergono nel panorama della disciplina dei collaboratori esterni all'intermediazione finanziaria richiedono un intervento razionalizzatore che riconduca a unità il sistema, nel rispetto del principio della riserva di attività e del mantenimento di forme di controllo [nota 114].

Pur con i limiti di un approccio non pienamente sistematico, essendo l'intervento limitato ad agenti in attività finanziaria e mediatori creditizi, in tal senso muoveva il "d.d.l. Pinza" (A.C. 3015 presentato il 6 agosto 2007) nel quale la revisione della disciplina vigente era volta a rafforzare (ed uniformare) i controlli per l'ammissione all'esercizio dell'attività (requisiti di professionalità, condizioni per l'iscrizione) al fine di accrescere l'affidabilità di dette figure, nonchè a individuare forme più efficaci di vigilanza sui soggetti che la esercitano, anche attraverso organismi espressione dell'autoregolazione [nota 115], sulla scorta di quanto previsto per i promotori finanziari e ora per i consulenti finanziari.

Il prossimo recepimento della direttiva relativa ai contratti di credito ai consumatori (direttiva 2008/48/Ce del 23 aprile 2008) potrà costituire un utile momento di riflessione per la rivisitazione dell'intera disciplina sugli ausiliari all'intermediazione finanziaria.


[nota 1] Cfr. art. 106 del Tub che, ai fini della disciplina del titolo V, individua come attività finanziarie quelle di «assunzione di partecipazioni, concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazioni di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi», laddove l'art. 59, comma 1, lett. b detta una formulazione non coincidente di "società finanziarie", ed ancora l'articolo 10 del medesimo Tub che, con riguardo alle altre attività che possono svolgere le banche, oltre quella propria bancaria, menziona «ogni altra attività finanziaria», senza che della stessa sia data definizione e ciò, quale precisa scelta di politica legislativa, volta a consentire alle banche qualunque altro tipo di attività che per sua natura o per precisa disposizione legislativa possa essere considerata "finanziaria" (per tutti cfr. COSTI, L'ordinamento bancario, 2007, p. 215, con espresso riferimento alla necessità di evitare che le banche nazionali si trovino in condizioni di inferiorità operativa nei confronti di quelle straniere).

[nota 2] Invero questa "posizione di rischio" è "piena" nel caso in cui l'intermediario operi con risorse proprie e sul suo bilancio si ripercuotano direttamente gli andamenti positivi o negativi delle "operazioni finanziarie" effettuate: è il caso della banca (la cui posizione di rischio è ulteriormente aggravata dall'obbligo di restituzione che coinvolge i terzi depositanti), del negoziatore in proprio di strumenti finanziari, degli intermediari finanziari che svolgono attività di concessione di finanziamenti ed assunzione di partecipazioni, secondo le definizioni da ultimo datane dall'art. 6 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 17 febbraio 2009, n. 29, (in G.U. n. 78 del 3 aprile 2009), mentre è una posizione di rischio "relativo" (confinata ai profili relativi al corretto adempimento della propria prestazione professionale e al rispetto delle regole preposte al suo svolgimento), quella in cui l'intermediario operi "per conto" della clientela e con provvista della stessa, non rispondendo nei confronti del proprio cliente delle perdite che questo possa subire in relazione agli andamenti del mercato finanziario (si pensi all'attività di negoziazione per conto terzi, a quella di collocamento, a quella di gestione di patrimoni sia su base individuale che in monte). La circostanza che si tratti di una posizione di rischio "piena" ovvero "relativo" ha ovviamente ricadute sulla tipologia degli strumenti di vigilanza posti a presidio dello svolgimento dell'attività.

[nota 3] Siffatta conclusione, se estesa ad ambiti diversi da quello finanziario, ad esempio quello immobiliare, conduce alla possibilità di usare nella formulazione degli oggetti sociali la locuzione di "intermediazione" (nella accezione concettuale sopra illustrata) in antitesi rispetto a quello di mediazione, senza il rispetto dei vincoli e delle incompatibilità che caratterizzano la disciplina di quest'ultima.

[nota 4] P. FERRO-LUZZI, Lezioni di diritto bancario, 2004, p. 122.

[nota 5] In particolare, secondo l'Autore (op. ult. loc. cit., e ID., Commentario alla nuova legge bancaria a cura di Ferro-Luzzi e Castaldi, I, 1996, p. 233) costituiscono attività finanziaria tutta quella serie di operazioni riassumibili in schemi elementari quali «"danaro-tempo-danaro" (operazioni creditizie), "danaro-spazio-danaro" (operazioni di trasferimento di danaro o di pagamento), "danaro-danaro" (operazioni di cambio)». A questi schemi ne possono essere aggiunti di ulteriori e più complessi quali, ad esempio: "danaro - acquisto titoli - tempo - vendita titoli - denaro" (operazioni di investimento e disinvestimento, che si frazionano in un complesso combinato di attività di negoziazione in strumenti finanziari).

[nota 6] Cfr. art. 1, comma 2, lett. f) n. 9: consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, di strategia industriale e questioni connesse, nonché consulenza e servizi nel campo della concentrazione delle imprese e n. 10 consulenza nella gestione di patrimoni. Analogamente l'art. 11 del testo unico della finanza, con riguardo alla individuazione delle società che svolgono "attività finanziaria" ai fini della perimetrazione del c.d. "gruppo finanziario" soggetto a vigilanza consolidata.

[nota 7] Cfr. art. 1, comma 5, lett d), e) ed f): ricezione e trasmissione di ordini, consulenza in materia di investimenti, gestione di sistemi multilaterali di negoziazione.

[nota 8] Cfr. art. 11 del D.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, in tema di prevenzione del riciclaggio che, ai fini della disciplina medesima, identifica come "intermediari finanziari", tra gli altri, le imprese di assicurazione operanti in Italia nei rami di cui all'art. 2, comma 1, del codice della assicurazioni private (D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209) nonché le società fiduciarie. Si veda anche la nozione di "servizio finanziario" recata dall'art. 67-ter comma 1, lett. b) del D.lgs. 2005/2006 (codice del consumo) che, relativamente alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, identifica come tale «qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, di pagamento, di investimento, di assicurazione o di previdenza individuale».

[nota 9] Cfr. art. 1, comma 2, lett. f, n. 15 del Tub (richiamato da art. 59, comma 1, lett. b del Tub e da art. 11 comma 1, lett. b del Tuf) nonchè art. 18 comma 5, del Tuf.

[nota 10] L'art. 106, c. 1, del Tub, e il D.m. 17 febbraio 2009, n. 29, definiscono l'attività di finanziamento o creditizia come «concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma» intendendosi con tale formula «la concessione di crediti, ivi compreso il rilascio di garanzie sostitutive del credito e di impegni di firma. Tale attività comprende, tra l'altro, ogni tipo di finanziamento connesso con operazioni di: a) locazione finanziaria; b) acquisto di crediti; c) credito al consumo, così come definito dall'articolo 121 del Testo unico, fatta eccezione per la forma tecnica della dilazione di pagamento del prezzo svolta dai soggetti autorizzati alla vendita di beni e servizi nel territorio della Repubblica; d) credito ipotecario; e) prestito su pegno; f) rilascio di fideiussioni, l'avallo, l'apertura di credito documentaria, l'accettazione, la girata, l'impegno a concedere credito, nonché ogni altra forma di rilascio di garanzie e di impegni di firma. Sono escluse le fideiussioni e gli altri impegni di firma previsti nell'ambito di contratti di fornitura in esclusiva e rilasciati unicamente a banche e intermediari finanziari». Ulteriori locuzioni terminologiche riferibili all'attività di finanziamento sono quella di: "esercizio del credito" nell'art. 10 del Tub con riguardo all'individuazione della nozione di attività bancaria; nonchè quella di "operazioni di prestito" (compreso in particolare il credito al consumo, il credito con garanzia ipotecaria, il factoring, le cessioni di credito pro soluto e pro solvendo, il credito commerciale incluso il forfaiting) presente nell'art. 1, comma 2, lett. f del Tub, in tema di individuazione delle attività ammesse al mutuo riconoscimento, dove rilievo a sé stante assumono il "leasing finanziario" e il "rilascio di garanzie ed impegni di firma". Anche l'art. 1, comma 6, lett. c, del Tuf tra i servizi accessori che possono essere svolti dai soggetti autorizzati allo svolgimento dei servizi d'investimento annovera la "concessione di finanziamenti" (senza tuttavia la precisazione "sotto qualsiasi forma"), quando erogati dall'intermediario per consentire al cliente di effettuare un'operazione relativa a strumenti finanziari nella quale interviene l'intermediario stesso.

[nota 11] Sulle ragioni per le quali l'ordinamento sottopone a riserva lo svolgimento delle attività finanziarie sia consentito il rinvio al mio, «Clausole degli statuti societari e riserve di attività nel testo unico bancario», in Vita not., 2000, p. 74 e ss; e a L. CRISCUOLO, Gli intermediari finanziari non bancari, 2003, p. 65.

[nota 12] Come noto, gli intermediari di cui agli articoli 106 e 107 del Tub che operano nei confronti del pubblico possono svolgere esclusivamente "attività finanziaria", mentre quelli di cui all'art. 113, che non operano nei confronti del pubblico, anche in via solo prevalente (sul punto, per tutti, cfr. L. CRISCUOLO, Gli intermediari finanziari non bancari, cit., p. 209 e ss). Dal sistema restano dunque esclusi quei soggetti che, seppur in via professionale, svolgono attività finanziaria non nei confronti del pubblico e in via non prevalente.

[nota 13] Una circoscritta attività di finanziamento può essere altresì svolta, ai sensi dell'art. 155 del Tub, dai confidi iscritti nell'elenco speciale nei limiti massimi stabiliti dalla Banca d'Italia (cfr. commi 4-quinquies e 4-sexies), nonché da soggetti che, senza fini di lucro, raccolgono tradizionalmente in ambito locale somme di modesto ammontare ed erogano piccoli prestiti, nel rispetto delle modalità operative e dei limiti quantitativi determinati dal Cicr (comma 6, con particolare riferimento al fenomeno delle c.d. "casse peota" del Veneto). Il credito al consumo, nella sola forma della dilazione di pagamento, è altresì consentito ai soggetti autorizzati alla vendita di beni e servizi nel territorio della Repubblica (cfr. art. 121, comma 2, lett. c), Tub.

[nota 14] Cfr. il vigente testo delle Istruzioni di vigilanza Tit. X, cap. I, sez. 1, par. 1, a mente del quale «... La disciplina sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari persegue l'obiettivo, nel rispetto dell'autonomia negoziale, di rendere noti ai clienti gli elementi essenziali del rapporto contrattuale e le loro variazioni, favorendo in tal modo anche la concorrenza nei mercati bancario e finanziario. Il rispetto delle regole e dei principi di trasparenza e correttezza nei rapporti con la clientela attenua i rischi legali e di reputazione e concorre alla sana e prudente gestione dell'intermediario».

[nota 15] Con riferimento a questa, al momento in particolare rilevano: il decreto del Ministro del tesoro 8 luglio 1992, recante "Disciplina e criteri di definizione del tasso annuo effettivo globale per la concessione di credito al consumo"; la deliberazione del Cicr del 9 febbraio 2000, recante "Modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria e finanziaria"; la deliberazione del Cicr del 9 febbraio 2000, recante "Credito fondiario. Disciplina dell'estinzione anticipata dei mutui"; la deliberazione del Cicr del 4 marzo 2003, recante "Disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari"; il ?titolo X, cap. 1, delle Istruzioni di vigilanza per le banche e, in virtù del rinvio operato dal M.A. n. 215876 del 16 settembre 2003, a Poste Italiane per l'attivita di bancoposta; il provvedimento del Governatore del 25 luglio 2003, per gli intermediari di cui agli art. 106 e 107 Tub e per gli Imel (istituti di moneta elettronica), il provvedimento Uic 29 aprile 2005 per i mediatori creditizi e il provvedimento Uic 21 dicembre 2001 per i cambiavalute.

[nota 16] In particolare, oltre le richiamate norme primarie, il titolo III, capo I (artt. 27- 36) e l'art. 37 del regolamento Consob 16190/2007, in tema di disciplina degli intermediari che prestano servizi e attività d'investimento.

[nota 17] L'art. 9 della legge n. 1/1991 attribuì alla Consob la competenza in materia di obblighi d'informazione e correttezza dei comportamenti, relativamente alle attività d'intermediazione mobiliare, prescindendo dalla natura dei soggetti agenti ed alla Banca d'Italia i controlli in materia di stabilità patrimoniale. Sconfessando tale indirizzo, appena un anno dopo, l'art. 1 della legge n. 154 del 1992 dispose che la vigilanza sulla trasparenza delle attività contemplate nell'allegato alle seconda direttiva banche, ivi compresi talune attività d'intermediazione mobiliare (negoziazione e gestione di patrimoni), fosse appannaggio della Banca d'Italia. Di fatto, però, i controlli di trasparenza sulle Sim rimasero di competenza della Consob, in virtù del disposto dell'art. 9, comma 5, della legge predetta, che consentiva alla Banca d'Italia di richiedere che le necessarie verifiche fossero effettuate dalle competenti autorità di controllo. Successivamente, il testo unico bancario (D.lgs. 385/1993), abrogando la legge n. 154 del 1992, ha restituito a pieno titolo alla Consob la competenza in tema di trasparenza sulle attività d'intermediazione mobiliare svolte dalle Sim; d'altro canto conservando, alla Banca d'Italia ogni competenza relativamente ai servizi bancari e finanziari svolti da banche e società finanziarie aveva lasciato irrisolto il problema di una difformità di disciplina di trasparenza tra tali servizi (ad es. gestioni patrimoniali) quando svolti dalle Sim (e quindi soggetti alle disposizioni della legge n. 1 del 1991) e quando posti in essere da banche, pertanto sottoposti alla disciplina di trasparenza del testo unico bancario, considerata la non perfetta sovrapponibilità delle relative discipline. Il quadro normativo è stato definito, dal Tuf che, come più volte sul punto novellato, da un lato, ha disposto che le disposizioni in tema di trasparenza bancaria non si applicano ai servizi e attività d'investimento e al collocamento di prodotti finanziari (come definiti dall'art. 1, comma 1, lett. u del Tuf) e alle operazioni e servizi che siano componenti di prodotti finanziari, sottoposti alla disciplina della trasparenza prevista dal medesimo Tuf, salvo che si tratti di credito al consumo, da chiunque svolti (art. 23, comma 4); dall'altro, ha provveduto ad assegnare le competenze di vigilanza tra Banca d'Italia e Consob sulla base del principio della "finalità dei controlli" (cfr. art. 5, commi 2, 3 e 4: Banca d'Italia competente per il contenimento del rischio, la stabilità patrimoniale e la sana e prudente gestione degli intermediari. La competenza regolamentare Consob in tema di trasparenza e correttezza dei comportamenti continua dunque ad essere esclusa per i servizi bancari e finanziari disciplinati dal titolo VI del Tub e, comunque, soggetta a parere consultivo della Banca d'Italia con riguardo alla prestazione dei servizi e delle attività d'investimento nonchè alla gestione collettiva (cfr. art. 6, comma 2, lett. a Tuf).

[nota 18] Il riferimento è alle tematiche dell'organizzazione interna e dei conflitti d'interesse, nel qual caso la promiscuità di competenze si estrinseca in una comune responsabilità regolamentare delle autorità (cfr. art. 6, comma 2-bis del Tuf) a fronte di una ripartizione parcellizzata del concreto esercizio della vigilanza per i singoli profili attinenti le materie in questione (cfr. art. 6, comma 2-ter del Tuf). Il tutto dovrebbe trovare un momento di sintesi nei protocolli d'intesa da stipularsi tra le autorità ai sensi dell'art. 5, commi 5-bis e 5-ter del Tuf, protocolli finalizzati al coordinamento dell'esercizio delle funzioni di vigilanza e alla riduzione al minimo degli oneri gravanti sui soggetti vigilati.

[nota 19] Una residuale competenza Consob, in funzione consultiva, è prevista dall'art. 116, comma 2, Tub con riferimento all'emanazione del decreto ministeriale disciplinante le regole di trasparenza relative ai titoli di Stato.

[nota 20] Il testo delle Istruzioni in discussione, secondo il documento di consultazione stesso, non recando disposizioni derogatorie rispetto ai principi direttivi posti dalla delibera Cicr del 4 marzo 2003 non richiede una modifica della delibera in questione.

[nota 21] Nel documento di consultazione si prevede che le disposizioni in materia di trasparenza (titolo VI, capo I, del Tub e relativa disciplina secondaria d'attuazione) si applicano - salva diversa previsione - a tutte le operazioni e a tutti i servizi disciplinati ai sensi del titolo VI del T.U. (incluso il credito al consumo ai sensi dell'art. 115, comma 3, del T.U.) aventi natura bancaria e finanziaria offerti dagli intermediari, anche al di fuori delle dipendenze ("fuori sede") o mediante "tecniche di comunicazione a distanza". L'applicazione della disciplina in parola, secondo quanto previsto dall'art. 23, comma 4, del Tuf, resta esclusa invece con riguardo ai servizi e alle attività di investimento nonchè al collocamento di prodotti finanziari (come definiti dall'art. 1, comma 1, lett. u del Tuf) e alle operazioni e servizi che siano componenti di prodotti finanziari, sottoposti alla disciplina della trasparenza prevista dal medesimo Tuf, salvo che si tratti di credito al consumo. Conseguentemente, le nuove disposizioni: a) non si applicano ai servizi di investimento come definiti dal Tuf e al collocamento di prodotti finanziari aventi finalità di investimento, quali, ad esempio, obbligazioni e altri titoli di debito, certificati di deposito consistenti in strumenti finanziari, contratti derivati, pronti contro termine; b) in caso di prodotti composti la cui finalità esclusiva o preponderante non sia di investimento: 1. si applicano all'intero prodotto se questo ha finalità, esclusive o preponderanti, riconducibili a quelle di servizi o operazioni disciplinati ai sensi del titolo VI del T.U. (ad esempio, finalità di finanziamento, di gestione della liquidità, ecc.); 2. si applicano alle sole componenti riconducibili a servizi o operazioni disciplinati ai sensi del titolo VI del T.U. negli altri casi. In caso di prodotti composti la cui finalità esclusiva o preponderante sia di investimento si applicano le disposizioni del Tuf sia al prodotto nel suo complesso sia alle sue singole componenti, a meno che queste non costituiscano un'operazione di credito al consumo.

[nota 22] In linea con quanto previsto dalla legge, si prevede che le nuove disposizioni di trasparenza si applicano a: banche italiane ed estere (art. 115 Tub); intermediari finanziari iscritti negli elenchi previsti dagli artt. 106 e 107 del Tub (categoria che include gli intermediari non bancari esteri) (art. 115 Tub); Imel italiani e comunitari (art. 114-quater Tub); Poste Italiane SpA per l'attivita di bancoposta (art. 2 del D.P.R.n. 144/2001). In caso di impiego di tecniche di comunicazione a distanza, vengono poi fornite indicazioni specifiche sul campo di applicazione, al fine di tenere conto di quanto previsto dal Codice del consumo e dalla vigente disciplina sul commercio elettronico (D.lgs. n. 70/2003). Per i cambiavalute è prevista un'applicazione semplificata della normativa, alla luce delle caratteristiche della loro attività.

[nota 23] In occasione dei lavori parlamentari della legge 262/2005, coincidenti con un momento di particolare debolezza istituzionale della Banca d'Italia, fu anche avanzata la proposta di attribuire alla Consob in via esclusiva le competenze di trasparenza relativamente a tutti i settori dell'intermediazione finanziaria, ma tale proposta fu in sede di approvazione ridimensionata, con il trasferimento alla Consob delle sole competenze di trasparenza in materia di strumenti finanziari emessi dalle banche.

[nota 24] Viene in particolare fatto riferimento alle norme concernenti la distribuzione di prodotti di altri settori (mobiliare, assicurativo, ecc.), le clausole vessatorie nei contratti dei consumatori, la pubblicità ingannevole e le pratiche commerciali scorrette nonché la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, il commercio elettronico, il recesso dai rapporti di durata, l'estinzione anticipata dei mutui immobiliari e la portabilità dei finanziamenti.

[nota 25] Sul punto L. CRISCUOLO, Collaboratori esterni all'attività bancaria e finanziaria, in AA.VV., L'ordinamento finanziario italiano a cura di Capriglione, 2005, p. 589 e ss.

[nota 26] Non solo la disintermediazione del contatto modifica i canoni tradizionali di valutazione del rischio di credito ed influisce (con l'abbattimento dei costi) sulla struttura dei tassi d'interesse e la politica dei prezzi dell'intermediario, ma solleva o accentua ulteriori profili di rischio, (operativo, legale, tecnologico, strategico, di outsourcing), elevando in misura esponenziale il "rischio di reputazione", con possibili ripercussioni sulla fiducia risposta dalla clientela sul singolo intermediario e sull'intero sistema. Cfr. F. CAPRIGLIONE, Etica della finanza, mercato e globalizzazione, 2004, p. 53 e ss.

[nota 27] Sul punto, G. GALLO, La mediazione creditizia, 2006, p. 154. L. CRISCUOLO, Gli intermediari finanziari non bancari, cit., p. 70 e ss. evidenzia come la ragione ispiratrice dell'introduzione in Italia delle prime forme di controllo sui soggetti finanziari e sugli operatori collegati al mondo finanziario vada essenzialmente rinvenuta nell'esigenza di prevenire l'utilizzo del sistema finanziario a scopi di riciclaggio. In tema anche anche L. DONATO e D. MASCIANDARO Criminalità ed intermediazione finanziaria, Roma, 1997.

[nota 28] Scopo di tali previsioni è quello di anticipare la soglia di tutela penale al fine di agevolare l'intervento anche in funzione preventiva rispetto all'accertamento di più gravi reati: cfr. art. 166, comma 2, del Tuf per l'abusivo esercizio dell'attività di promotore (in dottrina, VALENTINI, «Brevi osservazioni in tema di abusivismo del promotore finanziario», in Cass. pen., 2004, p. 623, p. 1960 e ss.); art. 16, comma 8, della legge 108/1996, per l'abusivismo di mediazione creditizia; nonché art. 5 del D.lgs. n. 153/1997, per l'abusivo esercizio di agenzia in attività finanziaria.

[nota 29] L'elenco in realtà potrebbe essere ben più lungo ed arricchito da attività quali lo svolgimento di attività di ricerche di mercato, di studi di fattibilità, di raccolta di dati o documentazione, di attività pre istruttorie e più in generale da tutte quelle attività considerate dalla normativa secondaria accessorie o strumentali alla distribuzione di prodotti e servizi finanziari. Particolare rilievo assume l'attività svolta dai c.d. "analisti finanziari" a cui carico le direttive in tema di Market Abuse e quelle Mifid di secondo livello impongono prescrizioni e limiti e che l'art. 114, comma 8, del Tuf definisce come i soggetti che producono o diffondono ricerche e valutazioni (con esclusione delle società di rating) riguardanti strumenti finanziari o gli emittenti, nonché i soggetti che raccomandano o pongono strategie d'investimento destinate ai canali di divulgazione o al pubblico, imponendo loro di «... presentare l'informazione in modo corretto e comunicare l'esistenza di ogni loro interesse o conflitto d'interessi riguardo gli strumenti finanziari cui l'informazione si riferisce» (per la disciplina puntuale cfr. art. da 69 a 69-novies del regolamento emittenti adottato dalla Consob con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999 e successive modifiche).

[nota 30] Sul punto si rinvia al mio, I servizi di investimento, in AA.VV. a cura Lacaita - Napoleoni, Il testo unico dei mercati finanziari, in Quaderni della Gazzetta Giuridica, Milano, 1998, p. 36. In tema si veda anche il considerando n. 79 della direttiva 2006/73/Ce (c.d. direttiva Mifid di secondo livello), a mente del quale «la consulenza in merito a strumenti finanziari fornita in un quotidiano, giornale, rivista o in qualsiasi altra pubblicazione destinata al pubblico in generale (incluso tramite Internet) o trasmissione televisiva o radiofonica non deve essere considerata come una raccomandazione personalizzata ai fini della definizione di "consulenza in materia di investimenti" di cui alla direttiva 2004/39/Ce».

[nota 31] Pur se talora espressamente contemplata tra le attività "connesse o accessorie" che gli intermediari possono svolgere: cfr. art. 8, comma 3, del D.m. 17 febbraio 2009, con riguardo all' "informazione commerciale".

[nota 32] In particolare art. 18 e ss. del D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (codice del consumo) in punto di pubblicità e altre comunicazioni commerciali e D.lgs. 2 agosto 2007, n. 145 in tema di pubblicità ingannevole.

[nota 33] Con riferimento alla pubblicità avente ad oggetto attività, servizi e prodotti d'investimento cfr. art. 27 e 28 del regolamento Consob 16190/2007, che per l'appunto, accomunano attività pubblicitarie e di promozione. Esula dal presente lavoro l'esame dell'attività pubblicitaria svolta da emittenti (potenzialmente anche intermediari finanziari lato sensu intesi) relativamente a procedure di offerta costituenti sollecitazione all'investimento o al disinvestimento, che trova la sua disciplina nell'art. 101 del Tuf e negli artt. da 34-octies a 34-decies del regolamento emittenti n. 11971/1999 adottato dalla Consob.

[nota 34] In applicazione di ciò le vigenti Istruzioni di vigilanza emanate dalla Banca d'Italia (Tit X, cap. 1, sez. 6) hanno stabilito che gli annunci pubblicitari devono essere chiaramente riconoscibili come tali e, in particolare, specificare la propria natura di messaggio pubblicitario con finalità promozionale e che per le condizioni contrattuali è necessario fare riferimento ai "fogli informativi", indicando le modalità in cui questi ultimi sono messi a disposizione dei clienti. Tuttavia è anche previsto che gli annunci pubblicitari relativi a operazioni di finanziamento, nei quali la banca dichiara il tasso di interesse o altre cifre concernenti il costo del credito, debba essere indicato - ove previsto - il Taeg o l'indicatore sintetico di costo, specificando il relativo periodo di validità.

[nota 35] Va tuttavia sul punto rilevato che l'art. 4 della direttiva 2008/48/Ce del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori (e il cui termine di recepimento è fissato al 12 maggio 2010), prevede che qualsiasi "pubblicità" relativa i contratti medesimi che indichi un tasso d'interesse o qualunque altro dato numerico riguardante il costo del credito (diverso dal Taeg) deve contenere una serie di informazioni chiare e concise relative alle determinanti del costo del credito, anche con l'impiego di un esempio rappresentativo.

[nota 36] L'art. 1, comma 5-septies del Tuf, precisa poi che la raccomandazione fornita in occasione della consulenza è personalizzata quando è presentata come adatta per il cliente o è basata sulle caratteristiche del cliente; mentre non è personalizzata se diffusa al pubblico mediante canali di distribuzione.

[nota 37] Tale distinzione - introdotta a seguito del recepimento della direttiva Mifid (2004/39/Ce) operata dal D.lgs. 164/2007, che sul punto ha novellato il Tuf - ha rovesciato l'impostazione originaria che vedeva nella c.d. "consulenza specifica" un'attività consulenziale strumentale al compimento del servizio cui essa si riferisce e pertanto non assoggettata ad alcuna disciplina particolare e nella c.d. "consulenza generale" o "autonoma" un servizio accessorio a sé stante, nel quale il prestatore si pone in posizione neutrale rispetto al compimento delle operazioni oggetto di consulenza; in tema cfr. Comunicazione Consob n. BOR/RM/94005134 del 23 maggio 1994 nella quale gli elementi tipici del servizio di consulenza venivano rinvenuti: a) nell'esistenza di un rapporto bilaterale e personalizzato tra il consulente e il cliente, fondato sulla conoscenza degli obiettivi di investimento e della situazione finanziaria del cliente stesso; b) nella posizione di strutturale indipendenza del consulente rispetto agli investimenti consigliati; c) nell'inesistenza di limiti predeterminati in capo al consulente circa gli investimenti da consigliare; d) nella circostanza che l'unica remunerazione percepita dal consulente fosse quella ad esso pagata dal cliente nel cui interesse il servizio è prestato. La consulenza, come servizio accessorio, veniva così nettamente distinta dalle singole prestazioni consulenziali, la cui abilitazione si considerava insita nell'attività di negoziazione e di raccolta ordini [o di collocamento]. In dottrina, per tutti, L. ZITIELLO, Lo sviluppatore bancario, in AA.VV. Distribuzione integrata di prodotti bancari, finanziari e assicurativi: soggetti, competenze e responsabilità, ITA, atti del convegno, Milano 6-8- maggio 2002, 25, e, sul nuovo assetto recato dal recepimento della Mifid, G. LA ROCCA, Appunti sul contratto relativo alla prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti, in www.ilcaso.it, documento n. 88, 31 dicembre 2007.

[nota 38] Cfr. art. 1, comma 5, lett. f) e comma 5-septies del Tuf che considerano la consulenza "specifica" servizio d'investimento a titolo principale e dunque soggetta a riserva di attività. Per la consulenza "generale" cfr. art. 1, comma 6, lett. f) del Tuf, dove pur non espressamente utilizzandosi il termine di "consulenza" si fa rientrare tra i servizi accessori (e quindi non soggetti a riserva di attività), oltre la ricerca in materia d'investimenti e l'analisi finanziaria anche «altre forme di raccomandazione generale riguardanti operazioni relative a strumenti finanziari». Sul punto si veda CNN notizie, quesito n. 197/2008/I e PAOLINI, Oggetto sociale: la consulenza in materia d'investimenti a seguito del recepimento della direttiva Mifid, in Studi e Materiali. Quaderni Trimestrali, 2, 2008, p. 893.

[nota 39] Ed il ragionamento è ovviamente estensibile a tutti gli altri servizi accessori previsti dall'art. 1, comma 6 del Tuf.

[nota 40] Né riserve di alcun tipo sono riscontrabili con riferimento alla consulenza eventualmente prestata con riferimento alle "altre attività finanziarie" contemplate dall'art. 106 del Tub.

[nota 41] A tali conclusioni ero giunto, anche prima del D.P.R. 287/2000 cfr. SEPE, «Clausole degli statuti societari e riserve di attività nel Testo unico bancario», in Vita not., 2000, p. 74 e 93. Sul punto si veda anche PAOLINI, Oggetto sociale e attività finanziarie, studio n. 3532, in CNN notizie del 22 maggio 2002 ed infra, nota 54.

[nota 42] Essenzialmente quella prevista dalle Istruzioni di vigilanza della Banca d'Italia in attuazione del titolo VI del Tub, fatto salvo il caso in cui la consulenza sia prestata con riferimento ad un'operazione di finanziamento riconducibile all'art. 1, comma 6, lett. c) del Tuf.

[nota 43] L'attività di collocamento può a sua volta essere affiancata da una serie di attività o servizi accessori: cfr. art. 1, comma 6, lett. e) del Tuf, con riguardo al collocamento di strumenti finanziari.

[nota 44] Secondo la definizione presso che unanimemente accolta, procacciatore d'affari è chi ha ricevuto l'incarico di procacciare affari senza vincolo di stabilità e in via del tutto occasionale, a differenza dell'agente, anche se per la disciplina del rapporto può farsi ricorso analogico alla normativa sul contratto di agenzia. In dottrina cfr. CAGNASSO, voce Agenzia, in Digesto, 4 ed., sez. comm., p. 41 e ss., GHEZZI, Del contratto d'agenzia, in AA.VV. Comm. cod. civ. Scialoja Branca, p. 1 e ss.; SARACINI- TOFFOLETTO, Il contratto d'agenzia, in AA.VV., Comm. cod. civ. diretto da Schlesinger, p. 44; e in giurisprudenza Cass. 2002/7323, Cass. 1999/1078, Cass. 1998/5569). Non manca però chi ha ricondotto la figura del procacciatore d'affari alla mediazione unilaterale (cfr. CIAN TRABUCCHI, Commento sub art. 1754, 2004, p. 1773).

[nota 45] In altri termini, quando una banca o una Sim offrono ai propri clienti un servizio di gestione patrimoniale o uno strumento finanziario di propria emissione non dovranno essere anche autorizzate allo svolgimento del servizio di collocamento ma esclusivamente a quelli di gestione di portafogli d'investimento ovvero di negoziazione per conto proprio; le norme di trasparenza e correttezza dei comportamenti che andranno rispettate saranno quelle riferibili ai due servizi in questione.

[nota 46] Sulla necessità dell'incarico e sui soggetti al quale lo stesso può essere conferito si veda il parere di Banca d'Italia del 21 agosto 2003 a mente del quale «… lo svolgimento dell'attività de qua, per il quale è indispensabile l'iscrizione nell'Elenco previsto dallo stesso art. 3, presuppone il conferimento di un incarico di agenzia, mandato o di altra forma di collaborazione comunque denominata da parte di intermediari finanziari iscritti nell'Elenco generale o nell'Elenco speciale rispettivamente previsti dagli artt. 106 e 107 del testo unico bancario. Tali intermediari, dunque, non possono conferire incarichi aventi ad oggetto la promozione di contratti riconducibili alle attività finanziarie previste dall'art. 106 del testo unico bancario a soggetti diversi dagli agenti in attività finanziaria iscritti nel relativo Elenco. Gli incarichi conferiti a soggetti diversi da persone fisiche, iscritti nell'Elenco degli agenti in attività finanziaria, possono essere espletati da questi ultimi attraverso propri dipendenti o collaboratori. In tali casi, nonché in ogni altra circostanza nella quale gli agenti preposti intendano avvalersi di propri dipendenti o collaboratori per l'espletamento dell'incarico, questi ultimi devono essere a loro volta iscritti nell'Elenco degli agenti in attività finanziaria; ciò al fine di evitare che, attraverso la scissione tra preposizione e attività di promozione e la loro attribuzione a soggetti diversi, possano realizzarsi forme di elusione della disciplina in considerazione. Inoltre, l'agente preposto deve previamente informare l'intermediario preponente dell'intendimento di avvalersi di soggetti terzi per lo svolgimento dell'incarico conferito, indicandone le generalità e gli estremi dell'iscrizione nell'Elenco previsto dall'art. 3 del D.lgs. n. 374 del 1999. L'intermediario preponente, eseguite le necessarie verifiche, comunica all'agente la propria approvazione all'espletamento dell'incarico nei termini prospettati».

[nota 47] Per il regime antecedente l'emanazione del D.lgs. 374/1999 si veda la circolare del Ministro del tesoro del bilancio e della programmazione economica del 16 aprile 1999 n. 1, con la quale, pur in assenza di una disciplina primaria di settore, venne dettata una regolamentazione dei collaboratori esterni degli intermediari finanziari, regolamentazione poi in larga misura fatta propria dal D.lgs. 374/1999.

[nota 48] La questione si pone ovviamente non solo con riferimento alle banche, ma con riferimento a tutti gli altri soggetti abilitati alla prestazione delle attività finanziarie di cui all'art. 106 Tub e che non risultino iscritti negli elenchi di cui agli art. 106 e 107 del Tub medesimo. Trattasi tuttavia di ipotesi residuali (intermediari di cui all'articolo 113 del Tub, soggetti previsti dall'ultimo comma dell'art. 155 del Tub) essendo in ogni caso circoscritta l'attività finanziaria agli stessi consentita.

[nota 49] Le Istruzioni di vigilanza prevedono che le banche possano effettuare fuori sede attività di promozione e collocamento dei propri prodotti e servizi bancari e finanziari, nonché dei prodotti di terzi nei confronti dei quali svolgono un servizio di intermediazione, utilizzando propri dipendenti e promotori finanziari nonché altre banche o Sim e le rispettive reti di promotori finanziari, imprese ed enti di assicurazione e i rispettivi agenti assicurativi, intermediari finanziari di cui agli articoli 106 e 107 del testo unico bancario e i rispettivi agenti in attività finanziaria; limitatamente alle operazioni di credito al consumo, possono essere utilizzati come collocatori anche i fornitori dei beni per i quali viene effettuato l'affidamento. Con riguardo all'utilizzo di agenti e dipendenti assicurativi deve essere stipulata con l'impresa d'assicurazione apposita convenzione che deve limitare l'operatività degli agenti o dei dipendenti assicurativi a prodotti standardizzati, ossia caratterizzati da modelli contrattuali predefiniti dalla banca con clausole non modificabili; nel caso di operazioni di finanziamento il contratto deve prevedere che la valutazione del merito creditizio resti di esclusiva competenza della banca; inoltre, le assicurazioni o gli agenti assicurativi non devono avere un potere dispositivo o conclusivo nei confronti della banca. Anche con riferimento alle operazioni di credito al consumo, qualora le banche utilizzino come collocatore il fornitore del bene, deve essere stipulata apposita convenzione tra la banca e l'esercizio commerciale che deve prevedere il ricorso a proposte contrattuali, secondo formulari, non modificabili, forniti dalla banca all'esercizio commerciale, che si perfezionano solo con il successivo consenso della banca stessa. Il processo di valutazione del rischio deve rimanere di esclusiva competenza della banca (Cfr. Istruzioni di Vigilanza, tit. III, cap. 2, sez. III, nonché la comunicazione della Banca d'Italia pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 211 del 9 settembre 2002).

[nota 50] La mancanza di una riserva di attività e l'apertura operativa operata dalla Banca d'Italia consentono dunque di ritenere legittimo l'inserimento in statuti di società comuni l'attività di promozione e collocamento di prodotti bancari e finanziari delle banche (limitatamente a quelli riconducibili ad attività di finanziamento), inserimento che poteva risultare dubbio per l'impossibilità di conseguire l'oggetto sociale, stante il riportato orientamento restrittivo.

[nota 51] Cfr. Comunicazione della Banca d'Italia pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 11 del 14 gennaio 2006, nella quale si evidenzia che le banche dovranno svolgere un'approfondita analisi delle implicazioni che le modalità distributive adottate potranno comportare sui sistemi aziendali di valutazione e di controllo dei rischi e dovranno altresì attentamente valutare le capacità professionali e i presidi operativi assicurati dal soggetto incaricato, soprattutto se quest'ultimo non svolga in via esclusiva attività nel settore finanziario, al fine di evitare il verificarsi di situazioni di conflitto o confusione tra l'operatività propria e quella svolta per conto e nell'interesse della banca. Uno specifico rilievo è poi anche dato alla necessità di prevenire i rischi insiti nella scissione tra responsabilità della banca e svolgimento del servizio di distribuzione da parte di soggetti terzi. In relazione a ciò, l'incarico deve essere formalizzato in un contratto scritto che definisca condizioni, contenuti e limiti dell'operatività, con particolare riguardo ai livelli quali-quantitativi del servizio, alla predisposizione di un adeguato sistema di reporting dell'attività svolta, al rispetto degli obblighi di trasparenza e di riservatezza, all'attribuzione dei rischi connessi all'esecuzione delle operazioni. Le previsioni contrattuali devono chiaramente delimitare la portata dell'incarico; nel caso di operazioni di finanziamento, il contratto deve precisare che la valutazione del merito creditizio resta di esclusiva competenza della banca.

[nota 52] L'orientamento liberale circa l'utilizzo di collaboratori esterni ha trovato conferma di rango legislativo primario proprio nella disciplina in materia di prevenzione del riciclaggio, in quanto l'art. 30, comma 8, del decreto legislativo n. 231 del 2007, dispone che «nel caso di rapporti continuativi relativi all'erogazione di credito al consumo, di leasing, di emissione di moneta elettronica o di altre tipologie operative indicate dalla Banca d'Italia, l'identificazione può essere effettuata da collaboratori esterni legati all'intermediario da apposita convenzione, nella quale siano specificati gli obblighi previsti dal presente decreto e ne siano conformemente regolate le modalità di adempimento». Viene quindi confermato che agli adempimenti in tema di adeguata verifica della clientela possono provvedere soggetti esterni legati all'intermediario da una convenzione, ma non necessariamente censiti in albi o elenchi di promotori, agenti o mediatori.

[nota 53] Ovviamente la riserva attiene al solo esercizio professionale dell'attività, cosi che il singolo atto di mediazione non comporta lesione della riserva e non dà luogo all'applicazione della corrispondente tutela penale per esercizio abusivo dell'attività. Con esplicito riferimento alla mediazione creditizia cfr. G. GALLO, La mediazione creditizia, cit., p. 72.

[nota 54] Nella definizione di mediazione creditizia, la consulenza costituisce una modalità (e non l'unica) attraverso la quale si realizza l'elemento qualificante della "messa in relazione". In altri termini, la consulenza deve essere svolta in funzione della "messa in relazione" e strumentalmente alla conclusione dell'affare; pertanto solo se la consulenza è finalizzata alla "messa in relazione" si ricade nell'ambito della riserva. In tal senso cfr. Provvedimento Uic del 29 aprile 2005, recante Istruzioni per i mediatori creditizi ove si legge che «l'attività di consulenza, finalizzata alla messa in relazione di banche e intermediari finanziari con la potenziale clientela al fine della concessione del finanziamento sotto qualsiasi forma, integra attività di mediazione creditizia» (parte I, punto 3, par. 4); nonché i chiarimenti forniti dall'Uic stesso a mente dei quali: «se il consulente finanziario si limita ad effettuare una mera attività di consulenza ovvero, nello svolgimento della propria attività, lo stesso mette in relazione, occasionalmente, il proprio cliente con intermediari bancari o finanziari: in entrambe le situazioni il consulente non è tenuto all'iscrizione nell'albo dei mediatori creditizi; se il consulente finanziario non si limita a prestare la propria consulenza, ma professionalmente o abitualmente mette in relazione le parti per la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma: in tale ipotesi si riscontrano gli estremi per l'iscrizione nell'albo dei mediatori creditizi» e, in dottrina, G. GALLO, La mediazione creditizia, cit., p. 125 ed autori citati a nota 41.

[nota 55] A norma dell'art. 2, comma 3, del D.P.R. 287/2000 non integra altresì mediazione creditizia, «... la raccolta, nell'ambito della specifica attività svolta e strumentalmente ad essa, di richieste di finanziamento, effettuata sulla base di apposite convenzioni stipulate con banche e intermediari finanziari, da parte di: soggetti iscritti in ruoli, albi o elenchi, tenuti da pubbliche autorità, da ordini o consigli professionali; b) fornitori di beni e servizi». L'esclusione della riserva in queste ipotesi trova fondamento nella circostanza che l'intervento mediatorio non costituisce un'attività principale, diretta in modo esclusivo alla conclusione dell'affare, bensì un'attività di carattere ausiliario e/o strumentale rispetto alla fornitura di altri beni o servizi; in tal senso G. GALLO, La mediazione creditizia, cit., p. 121.

[nota 56] La riconosciuta possibilità per le banche e gli altri intermediari finanziari di poter svolgere mediazione creditizia si pone come una deroga rispetto al principio generale sancito dall'art. 5 della legge 39/1989, a mente del quale l'esercizio professionale dell'attività di mediazione non è compatibile «con l'esercizio in proprio del commercio relativo alla specie di mediazione che si intende esercitare».

[nota 57] Quanto a Sgr e Sicav l'esclusività dell'oggetto sociale che caratterizza la loro disciplina esclude che la mediazione creditizia possa rientrare tra le attività esercitabili.

[nota 58] Con riferimento al mediatore creditizio cfr. art. 2, comma 2, del D.P.R. 287/2000 e art. 3, par. 1, parte I, delle Istruzioni Uic del 29 aprile 2005 per i mediatori creditizi. Giustifica tale disciplina restrittiva in relazione alla genesi della stessa, collegata a finalità di protezione contro l'usura G. GALLO, La mediazione creditizia, cit., p. 131.

[nota 59] Fatto salvo il caso della mera consegna di assegni non trasferibili integralmente compilati dall'intermediario o dal cliente: cfr. Istruzioni per i mediatori creditizi, op. loc. ult. cit.

[nota 60] Cfr. Comunicazioni della Banca d'Italia pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 211 del 9 settembre 2002 e n. 11 del 14 gennaio 2006.

[nota 61] Per la mediazione codicistica l'orientamento prevalente in dottrina e in giurisprudenza ne asserisce la natura negoziale, cfr. per tutti: CATAUDELLA, voce La mediazione, in Enc. giur. Treccani, 1990, XIX, p. 1; STOLFI, La mediazione, in AA.VV., Comm. cod. civ. diretto da Scialoja-Branca, p. 11; DI CHIO, voce Mediazione e mediatori, in Dig. disc. priv., sez. comm., 1993, IX, p. 384; MARINI, La mediazione, in AA.VV., Comm. cod. civ. diretto da Schlesinger 1992, p. 10; e in giurisprudenza Cass. 14 aprile 1994, n. 3472, in Foro it., 1994, I, c. 1722; Cass. 22 maggio 2001 n. 6963, in Danno e resp., 2001, p. 801, con nota di CARBONE; Cass. 25 maggio 2010, n. 7126, in Riv. giur. edil., 2002, I, p. 893. In senso critico CARRARO, La mediazione, Padova, 1960, p. 64; CATRICALà, La mediazione, in AA.VV., Tratt. dir. priv. diretto da Rescigno, 1986, XII, p. 406; LUMINOSO, La mediazione, in Luminoso-Zuddas, La mediazione-Il contratto di agenzia, 2005, p. 50.

[nota 62] Al cliente, vanno altresì consegnati nella fase precontrattuale: a) l' "avviso" contenente le principali norme di trasparenza, atto a richiamare la sua attenzione sui diritti e sugli strumenti di tutela previsti a suo favore, b) il "foglio informativo", contenente informazioni analitiche sul mediatore, sulle provvigioni, spese, oneri ed altre condizioni contrattuali nonché sui principali rischi tipici del servizio; nonché c) la copia completa dello schema di contratto di mediazione creditizia, ove richiesta dal cliente.

[nota 63] Sulla natura giuridica e sul ruolo nella disciplina di tutela del consumatore svolto dalla nullità di protezione, con specifico riferimento ai profili d'interesse notarile, si veda in particolare Casu, Il compito del notaio alla luce delle recenti norme in tema di nullità di protezione, studio 6057/c approvato dal CNN il 12 gennaio 2006; BEVILACQUA E LABRIOLA, Codice del consumo: clausole vessatorie nei contratti di mutuo bancario ed intervento del notaio, studio n. 237-2006/C, in CNN notizie del 1 agosto 2006.

[nota 64] Il compenso di mediazione comprende sia la commissione a carico del soggetto finanziatore sia quella a carico del cliente, di cui il soggetto finanziatore è a conoscenza, come emerge anche dal documento di consultazione relativo alle nuove Istruzioni di vigilanza in tema di contrasto all'usura, anch'esso pubblicato sul sito www.bancaditalia.it.

[nota 65] La finalità eminentemente fiscale alla base della disciplina della pubblicità negli atti notarili di trasferimento di beni immobili dei compensi di mediazione corrisposti peraltro giustifica le diverse e maggiormente puntuali modalità operative dell'emersione del costo di mediazione; la completa rimozione della disparità resta dunque ancorata all'adozione anche per i finanziamenti di modalità analoghe. Ciò anche perché laddove si cumulino nel medesimo soggetto il ruolo di mediatore immobiliare e creditizio, elevato è il rischio che, al fine di aggirare la disciplina maggiormente restrittiva prevista per i mediatori immobiliari, il compenso complessivamente dovuto venga interamente imputato al servizio di mediazione creditizia svolto.

[nota 66] Il provvedimento anticipa dunque il recepimento della direttiva sul credito ai consumatori (2008/48/Ce), che adotta una base di calcolo del Taeg adatta anche per altre tipologie di finanziamento comprensiva di tutti i costi, anche quelli di competenza dei terzi.

[nota 67] Il calcolo del Taeg potrebbe risultare falsato oltre che dalla mancata comunicazione del compenso da pagarsi dal cliente al mediatore, anche per il fatto che, se la banca conosce il compenso dalla stessa dovuto a titolo di mediazione (ed eventualmente traslato sul cliente, anche sotto forma di altre spese o aumento del tasso praticato), tale compenso potrebbe essere commisurato a parametri progressivi o a scaglioni (ad es. ammontare complessivo dei finanziamenti erogati per il tramite del mediatore, con soglie diversificate a seconda degli ammontari raggiunti per singoli periodi considerati), diventando così difficile imputare il costo della mediazione a ogni singola pratica di finanziamento. Anche per ciò che concerne la disciplina secondaria in tema di usura (si veda il documento di consultazione delle nuove istruzioni, in www.bancaditalia.it), a prescindere dalle difficoltà applicative, va valutata negativamente l'inclusione del compenso dovuto dal cliente al mediatore nel calcolo del Teg (tasso effettivo globale), sia in quanto si tratta di un compenso che comunque non compete al soggetto finanziatore (il potenziale usuraio), sia perché l'ordinamento colpisce con apposita sanzione penale la mediazione usuraria (cfr. art. 644 comma secondo c.p.) e pertanto la rilevazione (anche per il tramite delle banche e degli intermediari finanziari) dei compensi di mediazione dovuti dal cliente ai mediatori dovrebbe avere, se del caso, rilievo a sé stante (al fine di valutare l'usurarietà e non contribuire al calcolo del Teg).

[nota 68] Per tutte le figure appresso esaminate la disciplina prevede infatti, requisiti di accesso, iscrizione in albo, controlli svolti da un organismo pubblico, specifico regime sanzionatorio.

[nota 69] L'articolo 109, comma 2, del D.lgs. 209/2005 prevede che sono iscritti in sezioni distinte del registro unico: a) gli agenti di assicurazione, che agiscono in nome e per conto di una o più imprese di assicurazione o di riassicurazione; b) i broker ovvero i mediatori di assicurazione o di riassicurazione, che agiscono su incarico del cliente e senza poteri di rappresentanza di imprese di assicurazione o di riassicurazione; c) i produttori diretti che, anche in via sussidiaria rispetto all'attività svolta a titolo principale, esercitano l'intermediazione assicurativa nei rami vita e nei rami infortuni e malattia per conto e sotto la piena responsabilità di un'impresa di assicurazione e che operano senza obblighi di orario o di risultato esclusivamente per l'impresa medesima; d) le banche, gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale, le società di intermediazione mobiliare e le Poste Italiane - Divisione servizi bancoposta; e) i soggetti addetti all'intermediazione (dipendenti, collaboratori, produttori ed altri incaricati degli intermediari assicurativi e riassicurativi di cui alle precedenti lettere a), b) e d) per l'attività svolta al di fuori dei locali dove l'intermediario opera. In tema si vedano i miei commenti sub art. 106 e 107, sub art. 108 di L. CRISCUOLO, sub art. 109, di G. ARTALE, sub art. 110 e 111 di E. OLIVERIO sub art. 112 di F.A. NASTASI, al Codice delle Assicurazioni Private. Commentario al D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 diretto da Capriglione, 2007, vol. II, tomo I, p. 3 e ss.

[nota 70] Cfr. art. 2, comma 3, del D.P.R. 287/2000 per la mediazione creditizia; art. 2, comma 2, lett. b) per l'attività di agenzia finanziaria, e con riferimento ai servizi d'investimento, tra i quali va ricompressa tanto la consulenza, quanto il collocamento, che la mediazione, cfr. considerando n. 12 della direttiva 2004/39/Ce che esclude dal suo ambito di applicazione «chiunque presti servizi di investimento unicamente a titolo accessorio nell'ambito della propria attività professionale, a condizione che detta attività sia disciplinata e che detta disciplina non escluda la prestazione, a titolo accessorio, di servizi di investimento».

[nota 71] La direttiva 2004/39/Ce, all'art. 4, par. 1, n. 25) definisce "agente collegato": la «persona fisica o giuridica che, sotto la piena e incondizionata responsabilità di una sola impresa di investimento per conto della quale opera, promuove i servizi di investimento e/o servizi accessori presso clienti o potenziali clienti, riceve e trasmette le istruzioni o gli ordini dei clienti riguardanti servizi di investimento o strumenti finanziari, colloca strumenti finanziari e/o presta consulenza ai clienti o potenziali clienti rispetto a detti strumenti o servizi finanziari».

[nota 72] La disciplina di riferimento dei promotori finanziari è quella contenuta nell'art. 31 del Tuf, nonché nel libro VIII (art. 91-112) del regolamento Consob 16190/2007, le cui parti II e III sono entrate in vigore a decorrere dal 1 gennaio 2009 in conseguenza dell'inizio dell'operatività dell'Organismo per la tenuta dell'Albo dei promotori finanziari (come da delibera Consob n. 16737 del 18 dicembre 2008, pubblicata in G.U. n. 303 del 30 dicembre 2008).

[nota 73] Sul punto sottolinea l'asimmetria della disciplina con quella dei mediatori creditizi e degli agenti finanziari, L. CRISCUOLO, I collaboratori esterni all'attività bancaria e finanziaria, cit., ed ancor prima definiva tale previsione "anacronistica" V. ROPPO, Commento sub art. 31, in AA.VV., Commentario al testo unico delle leggi in materia d'intermediazione finanziaria a cura di Alpa e Capriglione, 1998, p. 34.

[nota 74] La dottrina commercialistica, presso che unanime, nell'individuazione del carattere "professionale" di una attività richiama le caratteristiche di stabilità, continuità e sistematicità, con la precisazione che la professionalità dell'attività è rinvenibile anche quando questa si concretizza in un solo affare, qualora questo presenti notevole pregnanza economica e si articoli in una pluralità di operazioni di una certa rilevanza. (cfr., per tutti, W. BIGIAVI, La professionalità dell'imprenditore, 1938; T. ASCARELLI, Corso di diritto commerciale, 1962, p. 189; G. FERRI, Manuale di diritto commerciale, p. 46; F. GALGANO, voce Imprenditore, in Dig. disc. priv., 1992, p. 8; P. SPADA, voce Impresa, in Dig. disc. priv., 1992, p. 50; G. F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 1997, I, p. 24, 37) e in giurisprudenza (cfr. Cass. 3 dicembre 1981, n. 6395, in Foro it. Rep., 1982, c. 1309, n. 19, e Cass. 29 gennaio 1973, n. 267, in Giur. it., 1973, I, 1, p. 1584).

[nota 75] Va peraltro rilevato che sotto il profilo della responsabilità del preponente è assolutamente irrilevante che il promotore finanziario sia dipendente o meno dell'intermediario che ha conferito il mandato, considerato che, ai sensi dell'art. 31, comma 3 del Tuf, quest'ultimo risponde in solido dei danni arrecati a terzi dal promotore finanziario, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale.

[nota 76] Il monomandato di certo non costituisce la panacea alle problematiche di conflitto d'interesse che l'attività di promotore finanziario implica (si pensi, per tutte, alle politiche dei compensi riconosciuti al promotore in relazione alla diversa tipologia di prodotti collocati per conto dell'intermediario e che possono indurlo a "consigliare" al cliente prodotti per i quali riscuote commissioni maggiori); tuttavia il vincolo di monomandato reca chiarezza sul ruolo "di parte" svolto dal promotore finanziario, tanto più che le aspirazioni di indipendenza ed autonomia degli aderenti alla categoria possono ora trovare sfogo nella figura dei consulenti finanziari indipendenti introdotta a seguito del recepimento della Mifid (vedi infra).

[nota 77] Con riferimento al collocamento fuori sede di prodotti bancari e di finanziamento delle banche, si richiamano le ricordate Istruzioni di vigilanza, Tit. III, cap. 2, sez. III, nonché le comunicazioni della Banca d'Italia pubblicate nelle Gazzette Ufficiali n. 211 del 9 settembre 2002 e n. 11 del 14 gennaio 2006. Con riferimento al collocamento fuori sede di prodotti degli intermediari finanziari ex art. 106 e 107 Tub si richiama il provvedimento della Banca Italia del 25 luglio 2003, sez. II, par. IV "Trasparenza delle operazioni e dei servizi degli intermediari finanziari" (pubblicato nella Gazz. Uff. 19 agosto 2003, n. 191, S.O.)

[nota 78] L'Uic ha chiarito che, ai sensi dell'art. 16, comma 8, della legge n. 108/1996, il promotore finanziario iscritto nell'albo, può svolgere l'attività di mediazione creditizia senza iscriversi nell'apposito albo gestito dalla Banca d'Italia; le domande di iscrizione dei promotori pertanto non sono accolte.

[nota 79] Analoga riserva non è prevista per l'ipotesi di promozione e collocamento a distanza, nella quale ricadono tutte le tecniche di contatto con la clientela, che non comportano la presenza fisica e simultanea del cliente e del soggetto offerente o di un suo incaricato (cfr. art. 32 Tuf e art. 79-81 del regolamento Consob 16190/2007).

[nota 80] Ai sensi della norma richiamata, l'attività di promotore è incompatibile: a) con la qualità di sindaco o suo collaboratore ai sensi dell'articolo 2403-bis del codice civile, responsabile o addetto al controllo interno, presso soggetti abilitati; b) con la qualità di amministratore, dipendente o collaboratore di un soggetto abilitato non appartenente al gruppo al quale appartiene quello per conto del quale opera il promotore; c) con la qualità di socio, amministratore, sindaco o dipendente della società di revisione incaricata della certificazione del bilancio del soggetto abilitato per conto del quale opera il promotore; d) con l'iscrizione nel ruolo unico degli agenti di cambio; e) con ogni ulteriore incarico o attività che si ponga in grave contrasto con il suo ordinato svolgimento.

[nota 81] La Consob, relativamente agli aspetti di propria competenza, ha ritenuto ad esempio compatibili con l'attività di promotore finanziario quelle di: socio di una società commerciale o esercente attività imprenditoriale (risp. ques. n. 66794/2000 e n. 79533/2000), ispettore di polizia di stato (risp. ques. n. 1041806/2001), impiegato di una società di trasporti internazionali (risp. ques. 1047345/2001); l'effettuazione di servizi bancari a domicilio, tra i quali la consegna di carnet di assegni, l'effettuazione di bonifici e il trasporto di liquidità di pertinenza della clientela per conto della banca per la quale opera il promotore (risp. ques. n. 2015865/2002), dipendente di una società che fornisce servizi di outsourcing amministrativo a soggetti abilitati o che è concessionaria per la riscossione tributi (risp. ques. 2058345/2002 e 3056478/2003), l'attività di assistenza agli aderenti ad una associazione di consumatori su problemi con banche e intermediari finanziari, con esclusione di qualsiasi consulenza all'investimento, purché tale attività sia contenuta nei limiti indicati e non si estrinsechi in attività di promozione e collocamento di strumenti finanziari o di servizi di investimento (risp. ques. n. 2031584/2002), l'attività di gestione e recupero crediti, salvo verificare che la società per conto della quale il promotore opera non offra anch'essa un servizio di recupero crediti, nel qual caso potrebbe sussistere un conflitto di interessi nell'ambito dell'esercizio congiunto delle due attività risp. ques. n. 98010251/1998 e n. 43074/2000), l'attività di intermediazione in cambi per conto di una società iscritta nell'elenco speciale di cui all'art. 107 Tub, a condizione che il promotore mantenga diligentemente separati gli ambiti di attività (in particolare, astenendosi dal rappresentare la propria qualità di promotore nella offerta del servizio di intermediazione in cambi), così da assicurare la necessaria trasparenza nei confronti del pubblico (risp ques. n. 97013054/1997 e 1051877/2001); broker di assicurazioni, agente di assicurazioni plurimandatario e consulente assicurativo o subagente di assicurazioni (cfr. comunicazione del 24 gennaio 2008 che richiama anche risposte a quesiti n. 98092797/1998, 99077423/1999, 99088302/1999, 3536/2000 e 40070/2000), specificando tuttavia che il contestuale esercizio dell'attività di promotore e di ciascuna delle figure professionali suddette (anche se saltuario e occasionale) deve sottostare ad una duplice limitazione, soggettiva ed oggettiva: a) i collaboratori della società o della agenzia di assicurazioni devono presentarsi alla clientela esclusivamente in qualità di agenti di questa ed astenersi dal rappresentare la propria qualità di promotori; b) essi devono promuovere o collocare prodotti assicurativi diversi da quelli offerti dall'intermediario mobiliare per conto del quale svolgono attività di promotori, laddove tale diversità è riscontrata anche quando si tratti di prodotti di rami diversi, indipendentemente dalla circostanza che provengano dalla stessa impresa di assicurazione. La ratio della duplice limitazione soggettiva ed oggettiva sopra indicata risiede nell'esigenza di non ingenerare confusione nella clientela circa la provenienza del prodotto offerto nonché nella necessità di separare le due attività in ragione della diversa disciplina cui sono soggette.

Incompatibili sono state invece ritenute attività quali: il ruolo di incaricato con procura speciale da alcuni clienti di una Sim per lo svolgimento per conto di questi ultimi una serie di attività finalizzate alla verifica dell'operatività della sim stessa ed alla salvaguardia dei relativi diritti (risp. ques. n. 97007124/1997). Con riguardo all'attività di mediatore immobiliare l'incompatibilità va rinvenuta non tanto nella normativa Consob quanto nella specifica disciplina dei mediatori (legge 39/1989).

[nota 82] In questi termini L. CRISCUOLO, Collaboratori esterni all'attività bancaria e finanziaria, cit. Numerosi sono i contributi in dottrina sulla disciplina dei mediatori creditizi, per tutti si rinvia a: MANZIONE, Usura e mediazione creditizia, 1998; F. CAPRIGLIONE, «Evoluzione informatica e soggettività finanziaria nella definizione di alcune tipologie operative on-line», in Banca e borsa, 2001, 491 e ss.; S.A. MARTORANO, Mediatori dei crediti e agenti in servizi finanziari, Roma, 2000; E. BANI, «La disciplina dell'attività di mediazione creditizia dettata dal D.P.R. 28 luglio 2000, n. 287: qual è la ratio in base alla quale il regolamento individua le categorie di soggetti a cui riservare l'attività?», in Mondo Bancario, marzo-aprile 2002, 65; V. TROIANO, Le banche e gli intermediari finanziari, in AA.VV., Diritto delle banche, degli intermediari finanziari e dei mercati a cura di F. Capriglione, 2003, p. 237; U. MORERA, «Sulla figura del mediatore creditizio», in Banca e borsa, 2003, I, p. 340; SARTORI, «Il mediatore creditizio: profili di disciplina», in Riv. dir. banc., giugno 2006, in www.dirittobancario.it; G. GALLO, La mediazione creditizia. Soggetti attività controlli, cit., 2006.

[nota 83] Per una critica alla circostanza che la nozione di attività è stata definita dai provvedimenti attuativi in carenza della legge, cfr. E. BANI, op. ult. cit., p. 66.

[nota 84] Pur in mancanza di un'espressa disposizione in tal senso, si deve ritenere applicabile anche al mediatore creditizio il principio generale previsto dagli artt. 6 e 8 della legge 39/1989 che la mancata iscrizione all'albo esclude il diritto alla provvigione ed il mediatore creditizio è tenuto a restituire quanto eventualmente a tale titolo abbia percepito; in tema GALLO, La mediazione creditizia…, cit., p. 145, anche con riferimento agli orientamenti giurisprudenziali che, con riferimento al contratto di agenzia, hanno statuito l'illegittimità (e conseguente disapplicazione) delle norme che negano il diritto al compenso se la professione non è svolta da soggetto autorizzato (cfr. Corte Giust. 30 aprile 1998, causa C-215/97, in Foro it., 1998, IV, c. 193, con nota di PARDOLESI e Trib. Cagliari 26 febbraio 2001, n. 389, in Riv. giur. sarda, 2001, p. 827, con nota critica di PODDA, ma contra Cass. 2 aprile 2002, in Foro it., 2002, c. 2710, con nota di CAPUTI.

[nota 85] L'articolo 16, comma 1 della legge 108/1996 affidava al Ministero del tesoro, per il tramite dell'Uic, il compito di tenere l'albo. Alla luce degli artt. 2, comma 2 e 5, comma 2 del D.lgs. 26 gosto 1998, n. 319 (recante riordino dell'Uic), la conservazione dell'albo è stata invece direttamente attribuita all'Uic, assegnando al Ministro del tesoro (ora Ministro dell'economia e delle finanze) l'alta vigilanza. In esito all'art. 62 del D.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 che ha soppresso l'Uic, la tenuta dell'albo e le funzioni di controllo sono state trasferite alla Banca d'Italia, ferma restando l'alta vigilanza ministeriale.

[nota 86] Sono escluse dal novero le società semplici in quanto il loro oggetto sociale non può prevedere l'esercizio di attività commerciali (art. 2249 c.c.), qual è la mediazione. Sono altresì escluse le associazioni, anche se di categoria, in quanto per le stesse il legislatore non prevede l'iscrizione nell'albo dei mediatori creditizi. Le associazioni di categoria (ai sensi dell'art. 2, comma 3, del D.P.R. 28 luglio 2000, n. 287) possono tuttavia procedere alla raccolta, nell'ambito della specifica attività svolta (es. prestazioni di natura fiscale, previdenziale, amministrativa, e di altri servizi) e strumentalmente ad essa, di richieste di finanziamento, effettuata sulla base di apposite convenzioni stipulate con banche ed intermediari finanziari. L'iscrizione nell'albo è subordinata al rispetto delle condizioni oggettive previste dall'art. 5 del D.P.R. 287/2000, la cui sussistenza deve essere attestata dal richiedente nella domanda di iscrizione e che risultano differenziate a seconda che si tratti di persone fisiche o giuridiche. Qualora sia persona fisica, il richiedente deve dichiarare: a) il cognome, il nome, il luogo, la data di nascita e il numero di codice fiscale; b) la residenza, anche all'estero, il domicilio in Italia e, se diverso, anche il domicilio fiscale; c) il possesso dei requisiti di onorabilità di cui all'art. 109 del Tub; d) il possesso del diploma di scuola media superiore ovvero l'iscrizione nei ruoli di cui alla legge 3 febbraio 1989, n. 39. Qualora si tratti di società il legale rappresentante deve dichiarare: a) la denominazione o la ragione sociale; b) la sede principale o secondaria con rappresentanza stabile in Italia; c) il numero di codice fiscale; d) gli estremi dell'iscrizione nell'albo dei soggetti per il tramite dei quali la società svolge l'attività di mediazione creditizia o, in mancanza, le relative domande in allegato. Alla domanda, devono in tal caso essere allegate: 1) copia dell'atto costitutivo e certificato attestante l'iscrizione nel registro delle imprese; 2) le dichiarazioni sottoscritte dai soci di controllo ai sensi dell'articolo 23 del Tub e dai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo, relative al possesso dei requisiti di onorabilità di cui all'art. 109 Tub. L'Autorità di vigilanza ha facoltà di richiedere agli interessati ogni necessaria informazione e gli iscritti nell'albo sono tenuti a comunicare tempestivamente all'autorità di controllo le variazioni degli elementi informativi forniti in sede di iscrizione. Il provvedimento dell'Uic del 29 aprile 2005 specifica poi la procedura per la verifica dei requisiti e le iniziative da adottare in caso di mancanza sopravvenuta dei requisiti da parte di partecipanti o esponenti.

[nota 87] L. CRISCUOLO, Collaboratori esterni all'attività bancaria e finanziaria, cit., sottolinea come tale limitazione, presente anche con riferimento alla disciplina generale dell'attività di mediazione, si giustifica «... con l'intenzione di assicurare trasparenza e correttezza operativa evitando fenomeni di delega operativa a soggetti non censiti, che spesso celano attività anomale; essa appare peraltro sintomatica dell'intenzione di prestare attenzione alle persone fisiche più che alle società che svolgono tale attività …» anche nell'ottica di «… di assicurare la competenza professionale e/o l'affidabilità dei soggetti che gestiscono l'impresa», considerato che «… la presenza di esponenti affidabili e dotati di adeguata esperienza professionale concorre ad assicurare un corretto esplicarsi dell'attività».

[nota 88] Si veda, oltre gli autori citati alla precedente nota 74, F. GALGANO, Diritto commerciale. L'imprenditore, 2000, p. 18, il quale precisa che ai fini della professionalità ciò che conta «… è l'abitualità, il costante ripetersi dell'attività economica, anche se ad intervalli imposti dalla sua intrinseca natura ciclica o stagionale».

[nota 89] In tal senso U. MORERA, «Sulla figura del mediatore creditizio», cit., 343; G. GALLO, La mediazione creditizia, cit., p. 110.

[nota 90] Trattasi invero di "allargamento" relativo, in quanto l'art. 2, comma 1, della legge 39/1989, con riferimento alla mediazione in generale, prevede l'obbligo di iscriversi nei vari ruoli a carico di coloro che intendono svolgere attività di mediazione «... anche se esercitata in modo discontinuo o occasionale».

[nota 91] Tale disposizione, novellata dalla legge 5 marzo 2001, n. 57, prevede che «l'esercizio dell'attività di mediazione è incompatibile: a) con l'attività svolta in qualità di dipendente da persone, società o enti, privati e pubblici, ad esclusione delle imprese di mediazione; b) con l'esercizio di attività imprenditoriali e professionali, escluse quelle di mediazione comunque esercitate». Sul principio di esclusività previsto per la mediazione in generale si veda A. PAOLINI, Oggetto sociale: attività di mediazione, quesito n. 6073/I, in CNN notizie del 7 dicembre 2005, e sulla circostanza che detto principio, pur a seguito della novella del 2001, non sia di portata tale da permeare e modificare tacitamente le singole discipline settoriali cfr. ancora A. PAOLINI, Oggetto sociale: mediazione creditizia, quesito n. 5647/I, in Studi e materiali, 1, 2005, p. 907, che condivisibilmente conclude per la natura residuale della legge 39/1989, che risulta applicabile solo alle specie di mediazione che non siano oggetto di specifica disciplina.

[nota 92] In senso critico sulla previsione legislativa, in considerazione della difficile configurabilità di un'attività mediativa nel caso di specie (ma solo consulenziale) e dei pericoli all'indipendenza del mediatore in tale attività cfr. G. GALLO, La mediazione creditizia, cit., p. 137.

[nota 93] Si vedano le risposte a quesiti Faq, pubblicate sul sito www.bancaditalia.it.

[nota 94] Conseguentemente una soggetto che intenda svolgere congiuntamente l'attività di mediazione creditizia e quella di money transfer potrà farlo previa iscrizione tanto nell'elenco degli agenti che nell'albo dei mediatori.

[nota 95] L'iscrizione nell'elenco ex art. 113 Tub non esonera i soggetti interessati a svolgere attività di mediazione creditizia dall'obbligo di iscrizione nel relativo albo, laddove tali soggetti intendano esercitare questa attività in via professionale e nei confronti del pubblico. L'obbligo di iscrizione non sussiste, invece, nel caso in cui il soggetto iscritto nell'apposita sezione dell'elenco ex art. 113 Tub svolga attività nell'ambito del gruppo di appartenenza - e, quindi, non nei confronti del pubblico - sulla base di apposite convenzioni stipulate con banche e intermediari, ai sensi dell'art. 2, comma 3, del D.P.R. 287/2000.

[nota 96] Ai sensi dell'art. 2, comma 3, del D.P.R. 287/2000 un'agenzia immobiliare può svolgere l'attività di mediazione creditizia senza essere iscritta nell'albo dei mediatori creditizi qualora svolga l'attività di mediazione in via strumentale all'attività principale e previa stipula di apposite convenzioni con banche e intermediari finanziari; in tema anche A. PAOLINI, Oggetto sociale: compatibilità tra mediazione immobiliare e mediazione creditizia, quesito n. 112-2007/I, in CNN notizie del 16 novembre 2007, ove si precisa che qualora l'attività di mediazione creditizia non rivesta carattere meramente strumentale sussiste l'obbligo di iscrizione all'albo.

[nota 97] Nel caso in cui l'attività di mediazione svolta possa qualificarsi strumentale, i confidi potranno tuttavia avvalersi dell'esenzione prevista dall'art. 2, comma 3, del D.P.R. 287/2000.

[nota 98] Per un difetto di coordinamento, la norma fa ancora riferimento all'art. 1, comma 1, lett. n) del decreto legislativo stesso, disposizione tuttavia che è stata abrogata dal D.lgs. 231/2007. Il difetto di coordinamento non fa sorgere comunque dubbi che l'attività finanziaria presa in considerazione sia quella di cui all'art. 106 del Tub, come espressamente continua a disporre l'art. 2 del D.P.R. 485/2001.

[nota 99] Sulla disciplina degli agenti in attività finanziaria, si veda in dottrina: L. CRISCUOLO, Collaboratori esterni all'attività bancaria e finanziaria, cit., MARCHESI, «Agenti in attività finanziaria, mediatori creditizi e attività bancaria fuori sede», in Mondo bancario, 2003, I, p. 73; G. GALLO, La mediazione creditizia, cit., p. 158.

[nota 100] Nella «nozione di carte di pagamento» rientrano sia le «carte di debito», che realizzano una mera funzione di trasmissione della moneta dando luogo ad un regolamento contestuale alla transazione, che le «carte di credito», cioè le carte che, quali strumenti di pagamento, danno luogo ad un regolamento posticipato rispetto alla transazione (cfr. D.m. 29/2009).

[nota 101] Invero il riferimento a «soggetti diversi dalle persone fisiche» porta ad estendere il novero dei soggetti potenzialmente iscrivibili a tutti quelli potenzialmente idonei a svolgere un'attività commerciale. A mente dell'art. 3, comma 3 del D.lgs. 374/1999 l'iscrizione nell'elenco oggi tenuto da Banca d'Italia è subordinata alla ricorrenza delle seguenti condizioni: a) per le persone fisiche: 1) cittadinanza italiana o di uno Stato dell'Unione europea ovvero di Stato diverso secondo le disposizioni dell'articolo 2 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; 2) domicilio nel territorio della Repubblica; 3) diploma di scuola media superiore o titolo equipollente a tutti gli effetti di legge; 4) possesso dei requisiti di onorabilità stabiliti nel regolamento emanato ai sensi dell'articolo 109 del testo unico bancario; b) per i soggetti diversi dalle persone fisiche: 1) previsione nell'oggetto sociale dello svolgimento dell'attività di agenzia in attività finanziaria; 2) possesso da parte dei partecipanti al capitale e dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo dei requisiti di onorabilità stabiliti nei regolamenti emanati rispettivamente ai sensi degli articoli 108 e 109 del testo unico bancario; 3) sede legale e sede amministrativa situate nel territorio della Repubblica; 4) rispetto dei requisiti patrimoniali e di forma giuridica stabiliti dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica con regolamento adottato su proposta dell'Uic e a tal riguardo il D.P.R. 485/2001 ha stabilito che, per le società, rilevano i requisiti patrimoniali e di forma giuridica previsti nel codice civile. La permanenza dell'iscrizione nell'elenco è condizionata all'effettivo svolgimento dell'attività di agenzia in attività finanziaria. A tal fine, entro un anno dall'iscrizione nell'elenco, i soggetti di cui al comma 1 devono presentare, a pena di decadenza, apposita dichiarazione all'autorità di vigilanza.

[nota 102] In tal senso G. GALLO, La mediazione creditizia, cit., p. 161.

[nota 103] E ciò sembra costituire una indubbia inversione del principio dell'art. 1743 c.c., pur laddove l'esclusiva prevista dalla norma codicistica è liberamente derogabile dalle parti, come pacificamente affermato in dottrina e giurisprudenza: per tutti ZUDDAS, Il contratto di agenzia, in AA.VV., Tratt. dir. comm. diretto da Bonocore, sez. II, tomo 3, p. 199 e ss; BALDASSARRI, Il contratto di agenzia, Milano, 2003, p. 137; e in giurisprudenza cfr. Cass. 2003/13447, Cass. 94/2634.

[nota 104] La più rigorosa e vincolistica norma della disciplina speciale si giustifica, in un'ottica di vigilanza, in relazione all'esigenza di mantenere in capo all'intermediario preponente ogni decisione rilevante in merito all'attività finanziaria svolta.

[nota 105] L'utilizzo degli agenti in attività finanziaria da parte delle banche è regolamentato dai richiamati comunicati Banca d'Italia pubblicati in G.U. n. 211 del 9 settembre 2002 e n. 11 del 14 gennaio 2006.

[nota 106] Il decreto, pubblicato nella G.U. n. 303 del 30 dicembre 2008, reca il regolamento di disciplina dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali per l'iscrizione all'albo delle persone fisiche consulenti finanziari. Il quadro normativo sopra ricordato peraltro non risulta ancora completo, non essendo stati ancora emanati il decreto ministeriale di nomina dell'organismo di controllo (cfr. art. 18-bis, comma 3), né il regolamento attuativo Consob da adottarsi ai sensi dell'art. 18-bis, comma 5, il cui schema datato 5 giugno 2008 ed oggetto di pubblica consultazione è visionabile sul sito www.consob.it.

[nota 107] Termine più volte prorogato da quello originario del 30 giugno 2008.

[nota 108] Nell'ambito del disegno di legge recante "Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile".

[nota 109] Va peraltro segnalato che anche l'art. 18-bis del Tuf è destinato a subire prossime modifiche in sede di emanazione dello Schema di decreto legislativo recante modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e al decreto legislativo 17 settembre 2007, n. 164 (atto Governo n. 75), attualmente all'esame delle Commissioni parlamentari per il previsto parere.

[nota 110] Cfr. il già richiamato considerando n. 12 della direttiva 2004/39/Ce.

[nota 111] Inoltre, a differenza che per il promotore finanziario, per il quale supplisce la responsabilità in solido dell'intermediario preponente, il consulente finanziario per potersi iscrivere all'albo è tenuto, sotto il profilo patrimoniale, a sottoscrivere un'assicurazione a copertura della responsabilità civile per i danni derivanti da negligenza professionale, che assicuri una copertura di almeno euro 1.000.000 per ciascuna richiesta di indennizzo e di euro 1.500.000 all'anno per l'importo totale delle richieste di indennizzo, e che operi per tutto il periodo dell'iscrizione (cfr. art. 6, del D.m. 206/2008). Tale disposizione si palesa incongrua sia perché non copre la c.d. "responsabilità postuma alla cancellazione", sia perché, in caso di radiazione dall'albo (tra l'altro da disporsi dall'Organismo che tiene l'Albo, anziché dalla Consob: sul punto si veda la bozza di regolamento Consob, ancora oggetto di consultazione), verrebbe meno ogni tutela patrimoniale per il cliente che risulti leso.

[nota 112] La bozza, fatta oggetto di consultazione pubblica, è rinvenibile sul sito www.consob.it.

[nota 113] L'art. 13 della bozza di regolamento, dispone che l'attività di consulente finanziario è incompatibile: a) con l'esercizio dell'attività di promotore finanziario; b) con l'esercizio dell'attività di agente di cambio; c) con l'esercizio delle attività di intermediazione assicurativa di cui all'articolo 109, comma 2, lettere a), c) ed e), del decreto legislativo 7 dicembre 2005, n. 209; d) con l'esercizio delle attività di agente in attività finanziaria di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 25 settembre 1999, n. 374; e) con ogni ulteriore incarico o attività che si ponga in grave contrasto con il suo ordinato svolgimento.

[nota 114] L' analisi comparatistica relativa alla disciplina di alcuni Stati membri dell'Unione europea (Francia, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Belgio), mostra come anche in tali Paesi è avvertita l'esigenza di una regolamentazione dei soggetti che si interpongono nella distribuzione di prodotti bancari e d'investimento, e soprattutto, nella concessione di finanziamenti. Peraltro, in assenza di una disciplina comunitaria di armonizzazione, non tutti gli ordinamenti riconoscono figure pienamente assimilabili a quelle dei mediatori creditizi e degli agenti in attività finanziaria previste in Italia. Per quanto concerne i controlli per l'accesso all'attività, sono comuni a quasi tutte le legislazioni dei Paesi indicati, autorizzazioni e licenze preventive nonché l'iscrizione in appositi elenchi o registri, previa verifica della sussistenza di specifici requisiti soggettivi e oggettivi (relativi, ad esempio, all'esistenza di dotazioni patrimoniali minime e di polizze assicurative sulla responsabilità professionale). Tali albi o elenchi sono di regola tenuti dalle autorità di vigilanza sul mercato ovvero, raramente, dall'autorità di vigilanza bancaria. Le autorità che curano gli elenchi e i registri vigilano sui soggetti censiti. In Francia, la Commission Bancaire verifica anche la conformità e la regolarità delle operazioni concluse dagli établissements de crédit per il tramite di un intermédiaire en opérations de banque e le modalità con le quali i medesimi établissements de crédit gestiscono il proprio rapporto con i collaboratori. Con riferimento ai diversi ruoli riconosciuti a mediatori e agenti, in Belgio i courtier (assimilabili ai mediatori) non possono svolgere anche la funzione di agent e, quindi, promuovere servizi bancari e finanziari con vincolo di esclusiva per un intermediario; il divieto vale anche in senso opposto. In alcuni paesi, infine, le diverse categorie di collaboratori operano su specifici prodotti finanziari: è il caso dei Paesi Bassi e del Regno Unito dove, tra gli altri, esistono i collaboratori autorizzati alla promozione dei mutui immobiliari e i collaboratori autorizzati al collocamento del credito al consumo.

[nota 115] Invero, inconfessabilmente, la prospettata sottrazione della tenuta dell'elenco degli agenti in attività finanziaria e dell'albo dei mediatori finanziari all'Uic e quindi alla Banca d'Italia, teneva anche conto dell'elevato rischio reputazionale per le autorità stesse derivante dall'esercizio della vigilanza su soggetti numerosissimi e di diversa natura ed estrazione, a fronte di poteri di controllo e d'intervento non così incisivi, anche in considerazione dei numerosi episodi di infiltrazione di organizzazioni criminali che, utilizzando lo schermo di tali figure professionali, si sono dedicate ad attività illecite.

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