L'imposta di registro per il mutuo stipulato all'estero con garanzia su beni in Italia
L'imposta di registro per il mutuo stipulato all'estero con garanzia su beni in Italia
di Angelo Busani
Notaio in Milano
Il mutuo stipulato al di fuori del territorio nazionale si sottrae all'imposta di registro (ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lett. a), D.P.R. 131/1986, il quale delimita infatti il perimetro dell'applicazione dell' imposta di registro agli «atti indicati nella tariffa, se formati per iscritto nel territorio dello Stato»), a meno che non ricorra il "caso d'uso" poiché, in tale ipotesi, vale il disposto dell'articolo 11, comma 1, Tariffa, parte II, allegata al D.P.R. 131/1986, secondo il quale gli «atti formati all'estero diversi da quelli indicati alla lettera d) dell'art. 2 del Testo unico» (e cioè diversi dagli «atti formati all'estero, compresi quelli dei consoli italiani, che comportano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello Stato e quelli che hanno per oggetto la locazione o l'affitto di tali beni») scontano:
a. l'imposta di «euro 168» qualora si tratti di contratti «che se formati nello Stato sarebbero soggetti all'imposta fissa ai sensi dell'articolo 40 del Testo unico» (si pensi al caso del mutuo concesso nell'ambito dell'esercizio dell'attività d'impresa del soggetto mutuante);
b. «in ogni altro caso: le stesse imposte previste per i corrispondenti atti formati nello Stato» (si pensi al caso del mutuo concesso da un soggetto che non agisca nell'ambito dell'esercizio di una attività d'impresa).
Occorre tuttavia notare che sono soggetti a registrazione in Italia gli «atti formati all'estero … che comportano … costituzione … di … diritti reali, … di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello Stato» [nota 1] (articolo 2, comma 1, lett. f), D.P.R. 131/1986) e quindi ci si devono porre due temi:
a. quello del contratto di mutuo stipulato all'estero che sia" enunciato" in un atto di concessione di garanzia ipotecaria (o di pegno su azienda) stipulato o in Italia o all'estero;
b. quello del contratto di mutuo stipulato all'estero e risultante dal medesimo documento che incorpora l'atto di concessione di garanzia ipotecaria.
Nel primo caso si ha dunque il problema di capire come va osservata la "enunciazione" dell'atto formato all'estero; nel secondo caso vi è il problema della tassazione dell'unico atto stipulato all'estero, il quale contiene due disposizioni, una sola delle quali soggetta a registrazione in Italia.
Iniziando da quest'ultima fattispecie, e con esclusivo riferimento ai mutui bancari, bisogna innanzitutto compiere una riflessione in ordine all' applicabilità dell'imposta sostitutiva al mutuo bancario stipulato all'estero, se di durata superiore ai 18 mesi (una tale operazione, se stipulata in Italia, sarebbe infatti da qualificare, quale "operazione a medio/lungo termine", ai sensi dell'articolo 15, comma 3, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, e pertanto soggetta ad imposta sostitutiva ai sensi degli articoli 15 e 17 del medesimo D.P.R. 601/1973).
A questo riguardo occorre notare che, ai sensi dell'articolo 20, comma 4, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, «per la rettifica dell'imponibile, per l'accertamento d'ufficio dei cespiti omessi, per le sanzioni relative alla omissione o infedeltà della dichiarazione, per la riscossione, per il contenzioso e per quanto altro riguarda l'applicazione dell'imposta sostitutiva valgono le norme sull'imposta di registro», e che quindi per l'applicazione dell'imposta sostitutiva vanno osservate le stesse regole che presiedono all'applicazione dell'imposta di registro: nel nostro caso, in particolare, va qui ripetuta la suddetta norma che sottrae all'ambito applicativo dell'imposta di registro il contratto stipulato al di fuori del territorio nazionale (articolo 2, comma 1, lett. a), D.P.R. 131/1986), con la conseguenza dunque che il mutuo bancario a medio/lungo termine stipulato all'estero si sottrae [nota 2] all'applicazione dell'imposta sostitutiva (né potrebbe sostenersi che, se si verifica il "caso d'uso", l'articolo 11, comma 1, Tariffa, parte II, allegata al D.P.R. 131/1986, avrebbe anche l'effetto di rendere applicabile l'imposta sostitutiva, poichè questa affermazione sarebbe facilmente confutabile con una pluralità di argomenti, tra cui l'assorbente considerazione secondo cui l'imposta sostitutiva è un'imposta che ha come soggetto passivo la banca e che è connessa alla stipula del mutuo, la cui applicazione o meno non può quindi certo dipendere dalle alterne vicende che il contratto può avere posteriormente alla stipula e al di fuori della "sfera di controllo" del soggetto passivo).
L'estraneità del mutuo bancario a medio lungo/termine stipulato all'estero al novero dell'imposta sostitutiva [nota 3] permette di trattare dunque unitariamente (sotto il profilo dell'applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale):
a. il mutuo concesso da un soggetto non imprenditore (che, se stipulato in Italia, sarebbe da registrare in "termine fisso" con l'aliquota del 3 per cento, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. 131/1986, a meno che il contratto sia formato "per corrispondenza", caso nel quale la registrazione va effettuata solo "in caso d'uso": articolo 1, comma 1, lett. a), Tariffa, parte II, allegata al D.P.R. 131/1986);
b. il mutuo bancario a medio/lungo termine (che, se stipulato in Italia, sarebbe da considerare quale operazione soggetta all'applicazione dell'imposta sostitutiva, ai sensi degli articoli 15 e 17, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601);
c. ogni altro mutuo concesso da un soggetto imprenditore.
Con l'unica precisazione che negli ultimi due casi (si pensi per semplicità a una banca italiana che conceda il finanziamento a un cliente italiano) si ha, pur se stipulata al di fuori del territorio nazionale, una operazione comunque soggetta a Iva (articolo 3, comma 2, n. 3), D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633; peraltro esente dall' applicazione dell'imposta sul valore aggiunto: articolo 10, comma 1, n. 1), D.P.R. 633/1972) e soggetta all'applicazione dell'imposta di registro in misura fissa e solo "in caso d'uso", ai sensi dell'articolo 5, comma 2, D.P.R. 131/1986 e dell'articolo 1, comma 1, lett. a), Tariffa, parte II, allegata al D.P.R. 131/1986, a meno che la stipula avvenga nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata, caso nel quale si applica invece l'imposta di registro fissa in "termine fisso", ai sensi dell'articolo 40, comma 1, D.P.R. 131/1986, e dell'articolo 11, comma 1, Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. 131/1986); con riguardo all'applicazione dell'Iva a operazioni compiute al di fuori del territorio nazionale, è infatti opportuno rammentare che, in base all'articolo 7, comma 4, lettera d), D.P.R. 633/1972, le operazioni di finanziamento «si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese a soggetti domiciliati nel territorio stesso o a soggetti ivi residenti che non hanno stabilito il domicilio all'estero e quando sono rese a stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati o residenti all'estero».
Ora, focalizzando il discorso, come detto sopra, sull'atto di mutuo stipulato all'estero e contenuto nel medesimo documento che incorpora l'atto di concessione di garanzia:
a. se all'estero sia concessa una fideiussione, non vi è tassazione in Italia né del mutuo né dell'atto di concessione della garanzia (a meno che si verifichi il "caso d'uso", ai sensi dell'articolo 11, comma 1, Tariffa, parte II, allegata al D.P.R. 131/1986), poiché si tratta di atti appunto formati all'estero ed estranei, quindi, all'applicazione dell'imposta di registro (articolo 2, comma 1, lett. a), D.P.R. 131/1986);
b. se nel contratto formato all'estero sia concesso un pegno su azioni, pure si tratta di atti (il mutuo e la concessione di garanzia) formati all'estero ed estranei, quindi, all'applicazione dell'imposta di registro (articolo 2, comma 1, lett. a), D.P.R. 131/1986), sempre fatta salva l'ipotesi che si verifichi il "caso d'uso" ai sensi dell'articolo 11, comma 1, Tariffa, parte II, allegata al D.P.R. 131/1986 (e va ricordato che neppure la girata in pegno che sia eventualmente apposta in Italia è rilevante ai fini dell'imposta di registro: articolo 8, Tabella allegata al D.P.R. 131/1986).
Un discorso più articolato va fatto per il contratto di finanziamento contestualmente garantito da pegno su quote di società a responsabilità limitata o su azienda (il quale deve essere pubblicato nel Registro delle imprese: articoli 2470 e 2556 del codice civile) o da ipoteca immobiliare (la quale deve essere iscritta nei Registri immobiliari).
Infatti, occorre ricordare che l'atto formato all' estero, «prima di farne uso nel territorio dello Stato italiano», deve essere depositato presso un notaio o presso l'archivio notarile distrettuale (articolo 106, n. 4, legge 16 febbraio 1913, n. 89), di modo che da ciò conseguono:
a. il tema della tassazione del verbale di deposito;
b. il tema della tassazione dell'atto depositato quale allegato del verbale di deposito;
c. il tema di verificare se il deposito di un atto formato all'estero o la sua pubblicazione nel Registro delle imprese e nei Registri immobiliari concretino il "caso d'uso".
Il punto a) è di facile evasione: al verbale di deposito va applicata l'imposta fissa di registro, rientrando esso nel novero degli «atti pubblici … non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale» (articolo 11, comma 1, Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. 131/1986).
Quanto alla tassazione dell'atto depositato (che è allegato al verbale di deposito e che contiene il mutuo e la concessione di garanzia) occorre distinguere, come segue, il caso del pegno di quote dal caso dell'ipoteca o del pegno di azienda (e per un attimo tralasciando la questione del "caso d'uso", che affronteremo appena più avanti). Pertanto:
a. nel caso del mutuo garantito da pegno su quote di società a responsabilità limitata, non vi dovrebbe essere da effettuare alcuna tassazione, poichè tali atti, in quanto formati all'estero, sono estranei all'applicazione dell'imposta di registro in Italia, ai sensi dell' articolo 2, comma 1, lett. a), D.P.R. 131/1986;
b. nel caso di mutuo garantito da ipoteca immobiliare (o, ciò che è lo stesso, nel più raro caso del pegno su azienda), la tassazione del verbale di deposito (con l'imposta fissa: articolo 11, comma 1, Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. 131/1986) avviene in uno con la tassazione dell'atto di concessione di garanzia, il quale sconta l'imposizione ordinaria (e cioè, non applicandosi l'imposta sostitutiva, l'aliquota dello 0,5 per cento oppure l'aliquota "zero" a seconda che, rispettivamente, la garanzia sia concessa da un terzo o dal debitore; articolo 6, Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. 131/1986; oltre all'imposta ipotecaria dovuta per l'iscrizione nei Registri immobiliari, applicabile con l'aliquota del 2 per cento, ai sensi dell'articolo 6, Tariffa allegata al D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, e da calcolare sul valore garantito, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347); invece, l'atto di finanziamento, anche qui, non dovrebbe scontare alcuna imposta, in quanto appunto atto formato all'estero (ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lett. a), D.P.R. 131/1986).
A questo punto ci si deve domandare se:
a. realizzi il "caso d'uso" il deposito presso l'Agenzia delle entrate, quale allegato di un atto soggetto a registrazione in "termine fisso" (e cioè quale allegato del verbale di deposito), di un atto per il quale non vi è obbligo di richiedere la registrazione;
b. il deposito presso l'Agenzia delle entrate, quale allegato di un atto soggetto a registrazione in "termine fisso" (e cioè quale allegato del verbale di deposito), di un atto per il quale non vi è obbligo di richiedere la registrazione, sia interpretabile quale registrazione "volontaria" (articolo 1, comma 1, D.P.R. 131/1986; articolo 8, comma 1, D.P.R. 131/1986); nel caso di risposta affermativa, quale sia la tassazione applicabile;
c. abbia influenza sul discorso in esame la norma di cui all'articolo 11, comma 7, D.P.R. 131/1986, secondo cui «la richiesta di registrazione di un atto vale anche per gli atti ad esso allegati ma non importa applicazione dell'imposta se si tratta di documenti che costituiscono parte integrante dell'atto»;
d. realizzi il "caso d'uso" il deposito nel Registro delle imprese dell'atto di concessione di garanzia su quote di società a responsabilità limitata o su azienda oppure l'iscrizione dell'ipoteca nei Registri immobiliari.
Sul punto a), la risposta pare dover essere negativa, in quanto il "caso d'uso" si verifica, ai sensi dell' articolo 6, comma 1, D.P.R. 131/1986, «quando un atto si deposita, per essere acquisito agli atti, presso … le amministrazioni dello Stato … salvo che il deposito … sia obbligatorio per legge o regolamento»: qui si ha infatti, come detto, un deposito obbligatorio per legge (l'articolo 106, n. 4, legge 16 febbraio 1913, n. 89) il quale quindi non determina il venire in essere del "caso d'uso".
Sul punto b) va sottolineato che il deposito non può essere inteso quale ipotesi di registrazione "volontaria", in quanto, come appena ripetuto, esso è un caso di registrazione "obbligatoria"; ma anche a volerlo considerare quale ipotesi di registrazione "volontaria", si tratterebbe pur sempre della registrazione di un atto per il quale, essendo stato stipulato all'estero, mancherebbe il presupposto impositivo e che quindi dovrebbe essere registrato senza l'applicazione di alcuna imposta (o, al massimo, dell'imposta in misura fissa, ai sensi dell'articolo 41, comma 2, D.P.R. 131/1986).
Sul punto c), la risposta è pure negativa in quanto è in re ipsa che il documento allegato a un atto di deposito sia da ritenere rientrante a pieno titolo tra quei «documenti che costituiscono parte integrante dell'atto», i quali, come tali, sono sottratti alla «applicazione dell'imposta», ai sensi del medesimo articolo 11, comma 7, D.P.R. 131/1986.
Sul punto d), la risposta è che l'effettuazione della pubblicità non dovrebbe essere considerata quale ipotesi di verificazione del "caso d'uso" per il motivo, anche qui, dell'obbligatorietà del deposito, quando invece il caso d'uso di verifica, come detto, qualora «un atto si deposita, per essere acquisito agli atti, presso … le amministrazioni dello Stato … salvo che il deposito … sia obbligatorio per legge o regolamento». Invero:
a. quanto alla pubblicità immobiliare, l'articolo 2671 del codice civile dispone che «il notaio o altro pubblico ufficiale che ha ricevuto o autenticato l'atto soggetto a trascrizione ha l'obbligo di curare che questa venga eseguita nel più breve tempo possibile, ed è tenuto al risarcimento dei danni in caso di ritardo, salva l'applicazione delle pene pecuniarie previste dalle leggi speciali, se lascia trascorrere trenta giorni dalla data dell'atto ricevuto o autenticato» [nota 4];
b. quanto alla pubblicità camerale, l'articolo 2470, comma 2, del codice civile, dispone che «l'atto di trasferimento, con sottoscrizione autenticata, deve essere depositato entro trenta giorni, a cura del notaio autenticante, presso l'ufficio del Registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale».
Quanto appena detto non muta se anche la stipula all'estero avvenga nella forma dell'atto notarile, in quanto, quando la legge di registro italiana menziona i concetti di "atto pubblico" o di "scrittura privata autenticata" (ricorrendo i quali la legge impone sempre, di regola, la registrazione in "termine fisso": articolo 11, comma 1, Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. 131/1986), essa intende evidentemente riferirsi agli atti così definiti per il diritto italiano (e cioè dagli articoli 2699 e seguenti del codice civile).
Passiamo ora alla trattazione del caso in cui del mutuo stipulato all'estero, si faccia "enunciazione" in un atto di concessione di garanzia (reale o personale) stipulato in Italia.
Come noto, ai sensi dell'articolo 22, comma 1, D.P.R. 131/1986, «se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell'atto che contiene la enunciazione, l'imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Se l'atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui all'articolo 69». Per "enunciazione" si intende dunque il riferimento all'avvenuta formazione di un atto (cosiddetto "atto enunciato") contenuto in un altro atto (detto "atto enunciante"), logicamente posteriore al primo; la "enunciazione" dunque determina, oltre che la tassazione dell' "atto enunciante", anche la tassazione dell' "atto enunciato".
Si tratta però di comprendere a cosa allude il legislatore quando utilizza l'espressione «atti scritti … non registrati». Sgombrando il campo dalla ipotesi più semplice e ovvia (e cioè dal fatto che la norma evidentemente riguarda l'ipotesi dell'atto scritto che avrebbe dovuto essere registrato in "termine fisso" e che in effetti non è invece stato registrato [nota 5], caso nel quale, tra l'altro, la norma in esame espressamente commina una sanzione pecuniaria), ci si può domandare se essa concerna (posto che dei contratti verbali s'è appena detto) anche:
a. gli atti non registrati in quanto non soggetti ab origine a imposta di registro: si pensi agli atti stipulati all'estero (articolo 2, comma 1, D.P.R. 131/1986) oppure agli atti di cui alla Tabella allegata al D.P.R. 131/1986;
b. gli atti non (ancora) registrati perché da registrare solo "in caso d'uso" (articolo 5, D.P.R. 131/1986).
Per rispondere a queste domande, un percorso facile da compiere sarebbe senz'altro quello che prende spunto dal secondo periodo dell'articolo 22, comma 1, D.P.R. 131/1986 («se l'atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui all'articolo 69»), per concludere che, se la norma si occupa, come "caso particolare", degli atti soggetti a registrazione in termine fisso, essa deve giocoforza applicarsi anche a tutti gli atti diversi da quelli soggetti a registrazione in termine fisso [nota 6].
Di modo che, seguendo questo ragionamento, si avrebbe, ad esempio, la conclusione che la "enunciazione" in un atto di concessione di garanzia, stipulato in Italia, di un contratto di finanziamento stipulato all'estero (ed erogato da un soggetto che non abbia agito nell'esercizio di una attività d'impresa), comporterebbe, oltre che la tassazione dell'atto enunciante, anche la tassazione dell'atto enunciato (con l'aliquota del 3 per cento, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. 131/1986). Pure nel caso di "enunciazione" di un atto soggetto a registrazione solo "in caso d'uso" si avrebbe la conseguenza della tassazione sia dell'atto enunciante che dell'atto enunciato (e ciò anche se il caso d'uso non si sia ancora verificato).
Nel caso dell'atto stipulato all'estero, la conclusione appena raggiunta appare condivisibile. In effetti, così come accade per il contratto verbale (che sta al di fuori dell'ambito applicativo del registro fintantochè non vi sia attratto per effetto della sua "incorporazione" in un atto scritto di per sé sottoposto all'applicazione dell'imposta in questione), anche per il contratto stipulato all'estero può ritenersi che esso non possa restare estraneo alle maglie dell'imposta di registro quando ne sia fatta menzione (e quindi "utilizzo" in Italia dei suoi effetti) in un atto che, a causa del suo contenuto, deve essere sottoposto a registrazione. E ciò pure, anche qui, per una questione di contrasto alla possibile manovra elusiva che potrebbe esser posta in atto con la stipula di contratti oltrefrontiera, salvo poi enunciarli (pretendendone l'affrancamento da imposta) in altri contratti da tassare con l'imposta di registro.
Nel caso invece del contratto scritto ma non registrato perché da registrare solo "in caso d'uso" (e, in specie, dei contratti soggetti a Iva: articolo 5, comma 2, D.P.R. 131/1986), la conclusione pare dover essere diversa: in effetti qui c'è un contratto scritto, stipulato in Italia, e che il legislatore ha dispensato da registrazione fino al momento in cui si verifichi un determinato evento al cui ricorrere la legge connette l'attivazione dell'obbligo di registrazione: ebbene, che senso avrebbe esonerare da registrazione questi contratti fino al verificarsi del "caso d'uso" quando poi invece questi contratti dovrebbero essere invece registrati in caso di "enunciazione"?
La domanda pare rimanere senza risposta: qui invero non ricorrono ragioni di contrasto a una possibile elusione; e inoltre si tratta di contratti (si parla di quelli soggetti a Iva) ben conosciuti al fisco, in quanto essi "movimentano" la sfera Iva di uno o di entrambi i loro contraenti.
Anche nel caso, infine, degli atti di cui alla Tabella allegata al D.P.R. 131/1986, pare improbabile che il legislatore dapprima (al momento della loro formazione) li esoneri da registrazione e poi invece li attiri a tassazione per il solo fatto della loro "enunciazione" in un atto soggetto a registrazione; e che quindi essi siano affrancati da imposizione fintantoché non siano enunciati.
In conclusione, quando la norma di cui all'articolo 22, comma 1, D.P.R. 131/1986, fa evidente riferimento alla "enunciazione" di atti diversi da quelli soggetti a registrazione in "termine fisso", essa va probabilmente intesa come riferentesi alla "enunciazione":
a. dei contratti verbali da non sottoporre a registrazione all'atto della loro formazione;
b. dei contratti verbali soggetti a registrazione in termine fisso e non registrati;
c. degli atti da non sottoporre a registrazione perché formati all'estero;
d. degli atti soggetti a registrazione solo "in caso d'uso", qualora il caso d'uso si sia verificato ma l'atto non sia stato registrato.
Ma non quindi come riferita agli atti di cui alla Tabella né agli atti da registrare solo "in caso d'uso" quando il caso d'uso non si sia ancora verificato (si pensi all'ipotesi di un atto soggetto a Iva, e quindi da sottoporre a registrazione solo "in caso d'uso", quale il finanziamento bancario concesso all'estero da una banca italiana a un cliente italiano).
Con riferimento a quest'ultima ipotesi (e cioè la qui asserita estraneità alla tassazione per enunciazione degli atti soggetti a registrazione solo "in caso d'uso" quando il "caso d'uso" non si sia ancora verificato), va per correttezza rimarcato che essa palesemente si scontra (ed è quindi probabilmente destinata a non avere successo) con la incontrastata opinione [nota 7] secondo cui, quando in un atto (è spesso il caso del provvedimento giudiziario) sia enunciato un rapporto soggetto a Iva (e perciò da registrare solo "in caso d'uso": come accade per il decreto ingiuntivo nel quale si enunci uno scoperto di conto corrente bancario), la registrazione dell'atto enunciante comporta anche la tassazione (con l'imposta fissa, per alternatività: articolo 40, comma 1, D.P.R. 131/1986; articolo 11, comma 1, Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. 131/1986) del rapporto enunciato.
Altrettanto pacifica è, nella prassi, la conclusione secondo cui, se nella stipula di un atto di concessione di garanzia vengano enunciate le operazioni bancarie che si intendono con esso garantire, si tratta della "enunciazione" di contratti soggetti all'Iva (e quindi soggetti a registrazione con l'imposta fissa solo "in caso d'uso", se stipulati per scrittura privata non autenticata: articolo 5, comma 2, D.P.R. 131/1986; articolo 1, comma 1, lett. b), Tariffa, parte II, allegata al D.P.R. 131/1986), con la conseguenza che si applica all'atto enunciato l'imposta fissa per l'enunciazione (per il principio di alternatività tra Iva e imposta di registro di cui all'articolo 40, comma 1, D.P.R. 131/1986) mentre l'atto enunciante sconta l'imposta propria degli atti di concessione di garanzia (articolo 6, Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. 131/1986) [nota 8].
Un ultimo argomento da affrontare in tema di "enunciazione" è poi quello dell'applicabilità dell' articolo 22, comma 1, D.P.R. 131/1986, all'atto unilaterale (l'atto di concessione di garanzia) che enunci un contratto stipulato dal soggetto che concede la garanzia con il soggetto mutuante; e cioè la verifica che occorre compiere sulla ricorrenza del presupposto che l'atto enunciante e l'atto enunciato siano «posti in essere fra le stesse parti» (quindi la norma in esame sicuramente non si applica ad esempio nel caso in cui Caio conceda con atto unilaterale una garanzia alla banca Alfa per un finanziamento da questa concesso a Sempronio).
Ebbene, la ratio della legge pare chiara: la disciplina della "enunciazione" è, come detto, finalizzata ad essere una misura di contrasto all'elusione in quanto, altrimenti, sarebbe facile ai contraenti stipulare un contratto, non registrarlo e poi acclararne l'esistenza in un contratto successivo, pretendendo la salvezza da tassazione del contratto enunciato. Peraltro, se il contrasto all' elusione ben si attua tassando il contratto stipulato tra Tizio e Caio, non registrato, ma successivamente enunciato in altro contratto sempre stipulato dai medesimi Tizio e Caio, chiaramente la disciplina antielusiva non può giungere all'estremo di pretendere che Sempronio veda tassato il suo contratto con Mevio solo per il fatto che Mevio ne faccia menzione in un contratto da lui stipulato con Tullio (fermo sempre restando peraltro che la enunciazione del contratto non registrato, in qualsiasi contesto essa avvenga, può ovviamente attivare la ricerca, da parte dell'Ufficio, dell'atto non registrato e la conseguente esplicazione del procedimento di registrazione d'ufficio di cui all'articolo 15, D.P.R. 131/1986).
Un po' meno chiara è invece la esatta interpretazione della norma in questione poiché, se è pacifico che vada tassato per "enunciazione" il contratto enunciato in altro contratto stipulato tra i medesimi contraenti del contratto enunciato [nota 9] (si pensi al contratto di locazione di un box tra Tizio e Caio che sia enunciato nel contratto di compravendita con cui Tizio venda a Caio un appartamento), residuano altri casi di meno lampante soluzione:
a. il caso dell'atto non contrattuale (formato da Tizio) che enunci un contratto stipulato tra Tizio e Caio, come accade nel caso dell'atto di quietanza che enunci il mutuo oggetto di quietanza (categoria nella quale pare potersi porre ad esempio anche il verbale di assemblea societaria ove venga menzionato un finanziamento fatto dai soci alla società e non sottoposto a registrazione) [nota 10];
b. il caso dell'atto non contrattuale (formato da Tizio) che enunci un altro atto non contrattuale, formato sempre da Tizio;
c. il caso del contratto stipulato tra Tizio e Caio che enunci un altro atto non contrattuale formato da Tizio.
La soluzione non è facile poiché la norma in questione:
a. si riferisce all' "atto enunciante" con l'espressione: «se in un atto sono enunciate disposizioni …» (e quindi non evidenziando alcunché circa la natura, contrattuale o meno, dell' "atto enunciante", lasciando pertanto spazio per ritenere che l'espressione normativa sia riferita ad "atti enuncianti" sia di natura contrattuale che non contrattuale);
b. si riferisce all' "atto enunciato" con l'espressione: «… disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell'atto che contiene la enunciazione» (e quindi esplicitamente riferendosi ad "atti enunciati" sia di natura contrattuale che di natura non contrattuale).
E poiché l'articolo 22, comma 3, D.P.R. 131/1986, fa riferimento, come sopra detto, anche all'enunciazione che sia «contenuta in uno degli atti dell' autorità giudiziaria» (e quindi in un "contenitore" riguardo al quale il concetto di «stesse parti» si attaglia non perfettamente) [nota 11].
Ora, la finalità antielusiva della normativa in esame parrebbe dover condurre a una sua interpretazione estensiva [nota 12], cosicchè non pare plausibile limitare il novero applicativo di detta norma al solo peculiare caso del contratto che enunci altro contratto non registrato e stipulato tra i medesimi contraenti (come parrebbe invece doversi desumere dal riferimento della legge agli atti «posti in essere fra le stesse parti»), e quindi parrebbe doversi concludere che l' "atto enunciato" si tassa, unitamente all' "atto enunciante" anche:
a. qualora l' "atto enunciante" non abbia struttura contrattuale ed enunci un atto a struttura contrattuale (ad esempio il verbale di assemblea dei soci della società Alfa che enunci il finanziamento concesso ad Alfa dal socio Mevio; l'atto di concessione di garanzia da parte di Caio a cautela del finanziamento concesso da Sempronio allo stesso Caio);
b. qualora l' "atto enunciante" non abbia struttura contrattuale ed enunci un altro atto a struttura non contrattuale (ad esempio: la procura rilasciata da Tizio che menzioni l'accettazione di eredità effettuata dallo stesso Tizio);
c. qualora l' "atto enunciante" abbia struttura contrattuale ed enunci un atto a struttura non contrattuale (nel contratto tra Tizio e Mevio si enuncia la rinuncia a una servitù effettuata da Tizio).
Fermo ovviamente restando che rimane escluso da tassazione il predetto caso della "enunciazione" del contratto tra Sempronio e Mevio, enunciato nel successivo contratto stipulato da Mevio con Tullio [nota 13].
Ancora, pare rientrare nel perimetro della tassazione per "enunciazione" pure il caso del contratto enunciante "sovrabbondante" rispetto al contratto enunciato: si pensi al caso del contratto di locazione di un box tra Tizio e Caio che sia enunciato nel contratto di compravendita con cui Tizio venda a Caio e a Mevia un appartamento; pare infatti difficile sostenere in questo caso l'opinione che sostenga il contratto enunciato sottratto da tassazione, per il fatto che il contratto "enunciante" è stipulato da un numero di soggetti superiore a quelli che hanno dato vita al contratto "enunciato".
[nota 1] L'espressione «esistenti nel territorio dello Stato» va evidentemente riferita sia alle aziende che agli immobili in quanto è ovvio che, se anche la norma non dicesse alcunché sull'ubicazione di questi immobili, evidentemente essa presuppone che detti beni siano siti in Italia.
[nota 2] Cfr. R.M. n. 45/E del 10 aprile 2000, secondo la quale «per la chiara connessione operata dal legislatore tra imposta sostitutiva e di registro ed in considerazione che quest'ultima colpisce gli atti formati nello Stato italiano, alle operazioni di finanziamento poste in essere dagli istituti di credito italiani fuori dal territorio nazionale non torna applicabile il regime fiscale della imposta sostitutiva ma quello in vigore nello Stato estero interessato». Viceversa, sono soggetti a imposta sostitutiva in Italia il mutuo concesso in Italia dalla filiale italiana di una banca estera (cfr. R.M. n. 250745 del 30 giugno 1980) nonché (per ragioni di non discriminazione tra le imprese comunitarie) il mutuo concesso in Italia da banca estera avente sede nella Unione europea senza stabile organizzazione in Italia (cfr. C.M. n. 246 dell'8 ottobre 1996).
[nota 3] Secondo R.M. n. 45/E del 10 aprile 2000, «è appena il caso di far presente che ove dette operazioni debbano spiegare effetti anche in Italia non è applicabile il regime agevolato dell'imposta sostitutiva, ma quello ordinario previsto dalle singole imposte».
[nota 4] Ad esempio: prima di trascriverli nei Registri immobiliari o di iscriverli nel Registro delle imprese: cfr. R.M. n. 250433 del 23 maggio 1980 in tema di necessità di preventivo deposito in Italia dell'atto estero destinato ad essere inserito in un Registro tavolare.
[nota 5] Al cospetto di questa norma, dettata per il vero ai fini della trascrizione e non della iscrizione, appare problematico sostenere che il deposito presso i Registri immobiliari sia da qualificare più in termini di onere che di obbligo, in quanto comportamento che è necessario tenere per conseguire l' effetto della originazione dell'ipoteca.
[nota 6] Cfr. Comm. trib. centr. 17 maggio 1991, n. 3923, in Banca dati Big, Ipsoa, per un caso di enunciazione di un finanziamento soci in un successivo contratto tra soci e società nel quale si convenne la determinazione della aliquota degli interessi dovuti dalla società ai soci.
[nota 7] è questo il semplicistico ragionamento svolto da Cass. 14 marzo 2007, n. 5946, in in Banca dati Big, Ipsoa, secondo cui «se il legislatore ha specificato, nella parte finale del comma 1, che "Se l'atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui all'art. 69", è evidente che ha inteso includere anche gli atti soggetti a registrazione in caso d'uso e poiché l'enunciazione di tali ultimi atti non configura, ai sensi dello stesso art. 6, come innanzi rilevato, un "uso" deve concludersi per l'assoggettamento di tali atti all'imposta a prescindere dall' "uso" ex art. 6 citato dei medesimi e sulla base della sola enunciazione. In caso contrario invero, sarebbe da considerare inutiliter data la specificazione che assoggetta a pena pecuniaria solo gli atti soggetti a registrazione in termine fisso, in quanto non concretando l'enunciazione un "uso", sarebbero stati imponibili solo gli atti soggetti a registrazione a termine fisso enunciati nell'atto registrato e quindi sarebbe stato superfluo specificare che solo per tali atti è dovuta oltre all'imposta anche la pena pecuniaria». Questo ragionamento è semplicistico poiché, come oltre si vedrà nel testo, dal riferimento fatto dalla norma in esame agli atti soggetti a registrazione e non registrati, non può acriticamente trarsi la tassabilità per enunciazione dei contratti soggetti a registrazione solo "in caso d'uso", ove il caso d'uso non si sia verificato.
[nota 8] Sulla tesi secondo cui qualora la "enunciazione" si riferisca a cessioni di beni o a prestazioni di servizi soggette ad Iva, la loro "enunciazione" comporta l'applicazione dell'imposta di registro in misura fissa, cfr. Cass. 7 aprile 1998, n. 3572, in Banca dati Big, Ipsoa; e Cass. 10 giugno 2004, n. 11026, in Banca dati Big, Ipsoa.
Nel medesimo senso cfr. R.M. n. 302279 del 7 febbraio 1974; R.M. n. 250358 del 7 maggio 1979; R.M. n. 220698 del 13 gennaio 1987; R.M. n. 220890 del 24 febbraio 1988; C.M. n. 214/E del 10 settembre 1998; ris. Agenzia entrate Direzione regionale Veneto n. 55316 del 7 marzo 2001; C.M. n. 34/E del 30 marzo 2001.
[nota 9] Cfr. R.M. n. 302136 del 21 febbraio 1975.
[nota 10] Cfr. Cass. 2 febbraio 2000, n. 1125, in Giur. imp., 2000, p. 359.
[nota 11] Cfr. Comm. trib. centr. 6 maggio 1985, n. 4426, in Banca dati Big, Ipsoa, per una fattispecie di enunciazione del finanziamento soci in un verbale assembleare nel quale si è dato atto della rinuncia al credito da parte dei soci a favore della società. Cfr. pure Cass. 14 marzo 2008, n. 6956, in Banca dati Big, Ipsoa, per una fattispecie di enunciazione di un finanziamento soci in una delibera di aumento di capitale sociale.
[nota 12] Cfr. Cass. 8 settembre 2005, n. 17899, in in Banca dati Big, Ipsoa, circa una sentenza intervenuta tra le stesse parti di un contratto di fideiussione.
[nota 13] Va comunque notato un atteggiamento largheggiante della giurisprudenza: cfr. ad esempio Cass. 2 dicembre 1993, n. 11959, in Giust. civ., 1994, I, p. 337, sulla "enunciazione" in una deliberazione societaria di una pattuizione intervenuta tra i soci. Cfr. pure Comm. trib. centr., 8 maggio 1985, n. 4426, in Comm. trib. centr., 1985, I, p. 416.
[nota 14] Cfr. Cass., 2 febbraio 2000, n. 1125, in Banca dati Big, Ipsoa, secondo cui non ricorre il presupposto della coincidenza dei soggetti nel caso dell'enunciazione, nel decreto ingiuntivo richiesto da Gamma verso Beta, dell'atto con il quale Alfa, creditore di Beta, aveva ceduto a Gamma il suo credito verso Beta.
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