Indirizzi di saluto
Indirizzi di saluto e presentazione del II e III caso
Paolo Piccoli
Notaio in Trento
Presidente Consiglio Nazionale del Notariato
Presidente Fondazione Italiana per il Notariato
Come Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato e della Fondazione Italiana per il Notariato sono lieto di portare i miei saluti, con orgoglio, ad un incontro come quello di oggi.
La Fondazione ha iniziato la sua attività al Palazzo dei Congressi a Roma con un Convegno straordinario di duemila persone, all'inizio del 2006, ma quando abbiamo iniziato con i lavori per la sua costituzione, a metà del 2005, non pensavamo di poter ottenere risultati così lunsinghieri.
L'orgoglio nasce dal fatto che il Notariato, da sempre, cerca di mettere assieme competenze, capacità, possibilità di riflessioni giuridiche e concrete sugli argomenti di attualità, spesso, attraverso un confronto fecondo con il mondo dell'Accademia che si unisce alla concretezza del Notariato, che ha anche la fantasia di precorrere i tempi.
Molti istituti, anche nel campo in cui si dibatterà, sono stati anticipati dalle riflessioni del Notariato e dal coraggio che ha mostrato nel conquistare qualche centimetro di terreno, sia pur con la prudenza necessaria e l'abitudine all'applicazione immediata della norma. Siamo riusciti, con grandissimo rispetto e con grande capacità, anche a rubare un po' il mestiere e la grande capacità di riflessione speculativa al mondo dell'Accademia e, riguardo alle soluzioni dei casi concreti, alle decisioni che vengono dal mondo della Magistratura.
Accanto a questo, è stato tipico di quasi tutti i nostri Convegni, unire la teoria alla pratica. I Presidenti del Consiglio Nazionale donano agli ospiti eminenti la Rolandina, scritta da Rolandino dei Passeggeri nel '200, in ristampa anastatica di un'edizione del 1475: il primo testo teorico-pratico del mondo giuridico del nostro Paese. Quindi, siamo perfettamente nella tradizione.
Questa volta uniamo anche un'altra iniziativa: quella di svolgere questo Convegno fianco a fianco con le altre professioni che si occupano di questioni attinenti alla famiglia, all'impresa e, in modo particolare a questioni che riguardano sistemazioni patrimoniali.
Come afferma il Professor Falzea - che saluto con grandissimo affetto e ringrazio per essere qui con noi - Maestro, diretto o indiretto, di tutti noi, che dà grandissimo lustro ai nostri lavori, si sta sempre più creando un'attenzione a questo confronto interdisciplinare, soprattutto nel mondo del diritto commerciale. Ciò soprattutto perché cresce la complessità dei problemi transfrontalieri e perché crescono i problemi di collegamento tra questi aspetti e quelli della famiglia: quindi, credo che sia molto importante che questo Convegno si svolga in colleganza fraterna con le altre professioni.
Il Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Roma, Alessandro Cassiani, il Presidente dell'Ordine dei Commercialisti di Roma, Gerardo Longobardi hanno accolto immediatamente questa idea di Maurizio D'Errico che è parte fondamentale di questo Convegno, non solo perché è il Presidente del Consiglio Notarile di Roma, ma anche perché ha ideato la formula e contribuito in modo decisivo a realizzarla.
Saluto, ovviamente, anche il Presidente della Corte d'Appello di Roma, Giorgio Santacroce, tutti i relatori, tutte le autorità presenti della Magistratura, le autorità civili, e, in particolare il Consigliere Antonio Oricchio, Direttore generale dell'Ufficio centrale degli archivi notarili.
Come Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato desidero ripetere, in un'occasione come questa, una convinzione che ho già espresso all'assemblea dell'Oua e cioè che le professioni sono una componente essenziale del tessuto sociale ed economico del Paese. Le professioni sono riconosciute a livello costituzionale e credo ci sia bisogno di maturare l'orgoglio del ruolo che abbiamo in questo Paese pieno di leggi, di leggine, di problemi, di cavilli, e che senza l'attività professionale rischierebbe di fermarsi.
L'orgoglio deve derivare non solo dal fatto che le professioni rappresentano il 12,5 % del Pil, ma anche dal contributo che queste hanno saputo dare, soprattutto in un momento di crisi come questo, che stiamo scontando pesantemente; a dimostrazione che quando le regole non ci sono, quando il mercato è il Dio di tutto, proprio come un Moloch, divora tutto.
Ecco il perché della necessità che il mercato, la società, le regole, trovino un equilibrio. Come dice Amartya Sen, premio Nobel per l'economia, il mercato funziona bene se è ben accompagnato. Di qui la necessità di un riequilibrio forte dell'economia, che nel corso degli ultimi quindici anni - anche per una spinta politica forse malintesa - è diventata egemone su qualunque ragionamento, su qualunque iniziativa, da ritrovarsi appunto attraverso il diritto, che deve essere regolatore del mercato e, in alcune situazioni, impedire che questo provochi disastri, come è già successo.
Le professioni hanno dato un contributo per la risoluzione dei problemi del Paese, dei cittadini, delle imprese, in un quadro di accrescimento dei costi, di adempimenti burocratici maggiori e di scarsissimi aiuti o di scarsissima attenzione a fronte di difficoltà operative sicuramente crescenti.
Le professioni sono un antidoto alla spersonalizzazione dei rapporti, lo vediamo tutti i giorni nei nostri studi, sono un elemento, sotto questo profilo, di democrazia in questo Paese, perchè devono tutelare i diritti costituzionalmente tutelati che sono elemento di mantenimento e introduzione di umanesimo nel nostro Paese. Se tutta l'attenzione fosse rivolta alle mega-strutture, alla spersonalizzazione dei rapporti anche nel mondo professionale, certamente il cittadino ne pagherebbe le conseguenze.
Alle critiche rivolteci sulle tariffe, sul mercato delle liberalizzazioni può rispondersi sulla scorta dell'esperienza olandese in cui il Notariato è totalmente liberalizzato dal 1999. Ebbene, in Olanda non c'è più numero chiuso, ma il numero dei notai è rimasto esattamente quello dei Notariati di tutto il mondo, perché attestatosi sulle necessità del Paese. In Olanda le liberalizzazioni delle tariffe hanno prodotto l'effetto che ne ha tratto vantaggio chi ha potuto imporre la propria forza economica, mentre il "famoso" cittadino consumatore sta pagando il 60% in più di quello che pagava nel '99. A questo portano le liberalizzazioni, se non si ragiona esattamente sul senso concreto delle cose.
Ho detto all'assise degli avvocati, che noi professionisti dovremmo essere - lasciando da parte la tentazione di cercare di "pascolare in campi altrui" - uno per tutti e tutti per uno; ognuno dovrebbe fare il proprio mestiere: per riuscire a fare bene un atto è sicuramente proficua la collaborazione del commercialista dell'impresa, dell'avvocato dell'impresa e, credo che questa collaborazione sia necessaria anche sotto il profilo dei rapporti politici, evitando la rincorsa alle competenze altrui. Bisogna cercare di unirci, di far valere il fatto che noi siamo una parte sociale importante di questo Paese, che si ritrova totalmente senza rappresentanza.
I sindacati, le imprese si siedono a tutti i tavoli e discettano di tutto, compreso il nostro futuro. Noi non abbiamo nessuna intenzione di discettare del futuro degli altri, ma del nostro e delle competenze che siamo in grado di dare al Paese ne abbiamo il diritto. Sotto questo profilo, la sensibilità è cresciuta molto; per quel che ci riguarda come Notai il confronto con le forze politiche e con il Governo c'è e c'è stato.
Poco tempo fa, abbiamo avuto un esempio chiarissimo di come il Governo abbia recepito non un'osservazione che veniva dal Notariato per difendere il Notariato, ma un'osservazione che veniva dal Notariato per difendere la certezza del sistema e dei pubblici registri, perché è di questo che dobbiamo occuparci, non dei nostri fatti privati o personali di categoria, ma del sistema e della modernizzazione di questo Paese. Se si perseguono tali obbiettivi, la politica - non sempre, ma spesso - capisce le nostre argomentazioni.
La riforma forense, approvata in prima lettura in Commissione al Senato, al di là del contenuto - sul cui merito, evidentemente, io non posso né devo pronunciarmi - segna un passaggio interessante, perché fissa indirettamente alcuni principi che sono validi per tutte le professioni ordinistiche. In primo luogo, sfata in modo nettissimo alcuni miti relativi all'Europa, alcune leggende metropolitane che ci hanno raccontato nel corso degli ultimi anni. Questo è molto importante anche per noi e per quanto riguarda i discorsi della tariffa.
La professione notarile ha delle componenti etiche, deontologiche, di necessità di tutela rispetto all'azzardo morale e alla selezione avversa dei professionisti, che passa anche per la tariffa.
Su questo, le varie professioni stanno evidentemente lavorando e ciò che è accaduto in quel testo traccia una strada che vale anche per gli altri, come pure il principio del numero programmato, che - visti i numeri evidentemente più preoccupanti - anche altri stanno sostenendo, dicendo che la selezione è elemento essenziale per l'efficienza, per garantire il cittadino, per far funzionare il sistema e che, se non viene fatta da nessuno, né dall'università, né dalle varie scuole post-universitarie, né dagli esami di stato, né dai concorsi, se ne pagheranno care le conseguenze. I guai non sono solo per il cittadino, ma anche per chi vuole salire la scala sociale, perché a quel punto, non avrà più rilevanza il merito, l'intelligenza, la capacità di fatica e di studio, ma in una società familistica, come quella italiana, le strade si chiuderanno e si bloccheranno, salvo per quelli che hanno le spalle più forti.
Questo non deve succedere. Le categorie devono, nell'ambito della loro responsabilità generale, che riguarda il Paese, lavorare in questo senso. Allora la meritocrazia tornerà ad essere funzionante.
L'introduzione del tema spetta al Professor Falzea, ma è certo, che avere un tema che tocca famiglia e impresa dimostra come tutte le professioni siano dentro la società e dentro a questo equilibrio delicatissimo tra la società, il mercato e le regole.
I professionisti hanno una capacità concreta di essere interpreti delle esigenze di chi entra nei loro studi e spesso di essere anche interpreti con delle proposte normative a costo zero per questo Paese.
Recentemente abbiamo stretto un accordo con la piccola e media impresa, nel quale i temi si toccano, perché il tema dei passaggi generazionali, quello delle questioni successorie, dei patti di famiglia, toccano insieme le vicende dell'impresa e della famiglia, che spesso vanno di pari passo e possono determinare disastri economici o familiari oppure composizioni proficue e circoli virtuosi economici e familiari.
Desidero ringraziare Giuseppe Vicari, che è il Coordinatore del Comitato Scientifico e tutti coloro che hanno collaborato per realizzare questa iniziativa.
Giorgio Santacroce
Presidente della Corte di Appello di Roma
Un ringraziamento particolare va a Maurizio D'Errico, Presidente del Consiglio notarile di Roma, al quale sono legato da rapporti di amicizia e di stima da lungo tempo, perché mi ha invitato a partecipare a questo Convegno di Studi, che si pone sulla scia di altre giornate di studio promosse già in altre parti d'Italia sul tema "impresa e famiglia" di stretta attualità e di rilevante impatto economico sociale e giuridico, da tempo oggetto di incursioni legislative su più fronti all'esito di quello che è un percorso culturale particolarmente lungo e travagliato.
Il 2006, in particolare, è stato un anno fecondo su questo versante, se si pensa che attraverso due leggi - la n. 51 che ha praticamente convertito il decreto legge che ha introdotto l'art. 2645-ter c.c. e la n. 55 che ha introdotto il patto di famiglia - sono stati introdotti, nel nostro ordinamento, istituti che finiscono per collocarsi in quella che qualcuno ha definito come la stagione della negozialità e che, ormai da alcuni anni, caratterizza i rapporti e le dinamiche familiari, si fondino o meno sul matrimonio.
La contemporanea presenza di tanti autorevoli interpreti di diverse discipline, notai, magistrati, avvocati, dottori commercialisti e docenti universitari dà la misura dell'importanza dell'incontro ed è garanzia del buon esito dei lavori.
Al piacere di potere incontrare in una sola volta tanti amici prestigiosi del mondo del notariato, dell'avvocatura e dell'Università da Maurizio D'Errico a Mario Nuzzo, da Alessandro Cassiani a Gerardo Longobardi fino ad arrivare a Gianfranco Palermo, alla Professoressa Mirzia Bianca e a tutti gli altri autorevoli presenti, si unisce una nota di commozione nel vedere qui il Professor Angelo Falzea, Maestro di diritto civile e Accademico dei Lincei. E' con animo grato che sento di rivolgergli i sentimenti della mia più autentica devozione e del mio sincero affetto, gli stessi che si tributano ad un Maestro. Il Professor Falzea è stato sicuramente uno dei miei Maestri nel senso più pregnante del termine, cioè, inteso come guida che orienta anche le scelte di vita, perché sui suoi libri è avvenuta la mia formazione di diritto civile.
Riguardo al tema di questa giornata di studi, il metodo formativo prescelto come leitmotiv del Convegno, cioè quello di partire da tre casi pratici e provocare un intervento a più voci, rientra in quell'approccio multi-disciplinare che sarebbe auspicabile in tutti i Convegni, specialmente quando si affrontano tematiche ed istituti nuovi come l'atto notarile di destinazione dei beni ad uno scopo e ci si sforza di delineare quelle che sono le coordinate applicative di norme come il 2645-ter c.c. Questa è una tematica estremamente complessa, ricca di problematiche di cui si attende la soluzione.
Questo approccio dovrebbe costituire anche il leitmotiv di quelle che sono le Scuole di perfezionamento delle professioni legali istituite presso le Università. Io, che faccio parte dal 2001 della Scuola dell'Università La Sapienza, ero entusiasta di vedere il favorirsi di quella cultura comune della giurisdizione, per la quale mi batto anche all'interno della Corte d'Appello di Roma, come dimostrano i tentativi, in buona parte realizzati, di istituire delle convenzioni con le Università - ad esempio, ne abbiamo fatte con la Luiss, con Tor Vergata, prossimamente la faremo con La Sapienza - ma anche con il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma al fine di favorire il praticantato degli avvocati presso gli uffici giudiziari. Questo avvicinamento dell'avvocatura, della magistratura e del mondo accademico - al di là di quelli che sono gli ovvi problemi di privacy che si pongono e che abbiamo cercato di affrontare nel modo più adeguato attraverso un testo blindato - è una delle cose più importanti all'interno degli uffici giudiziari per il loro funzionamento.
Forse, questo progetto all'interno delle Scuole di specializzazione non si è sempre realizzato come si vorrebbe, perché nonostante intervengano avvocati di prestigio, magistrati di rango e professori universitari, spesso, si continua ad agire per compartimenti stagno, quando invece, sentire diversi punti di vista su casi pratici - come è la formula adottata in questo Convegno - risulterebbe sicuramente più interessante ed "intrigante" per il pubblico, ancor più in materie nelle quali ancora non esiste una giurisprudenza sulla quale si possa discutere, ma soltanto studi monografici, rispettabilissimi ed utilissimi, che non si confrontano però con la viva voce dei protagonisti di queste materie.
Istituti come il patto di famiglia, l'atto di destinazione di beni ad uno scopo si inseriscono in quel filone dottrinale che mira ad esaltare l'autonomia negoziale nel rapporto con la famiglia, sia nella fase fisiologica che patologica di questo rapporto, e direi, che attraverso questi istituti, così come per altre novità legislative - penso all'affidamento condiviso -, affiora la parità che tende ad assumersi fra la famiglia legittima e la famiglia di fatto.
Spesso questi istituti sono anche il portato di indicazioni a livello europeo. Mi sono occupato in particolare di patto di famiglia e, da questo punto di vista, ho avuto occasione di evidenziare come la coincidenza di tanti fattori e sollecitazioni che provengono dalle istituzioni europee - insieme all'apporto della dottrina - possono spiegare il favore con cui la stampa d'opinione accoglie determinate innovazioni, che prendono atto dell'elevata conflittualità, che solitamente può accompagnare determinate situazioni come il passaggio generazionale dell'impresa alla morte dell'imprenditore; passaggio, questo, che non implica solo un trasferimento di beni produttivi (comprese le quote di partecipazione societarie), ma anche il trasferimento di un ruolo, quello dell'imprenditore e che proprio per questo deve essere gestito al meglio. E' emblematico il fatto che il patto di famiglia come deroga ai principio del divieto dei patti successori era stato introdotto per ovviare al disequilibrio e allo sfascio verificatosi soprattutto in Francia, dove la nota industria di champagne Tattinger era andata in crisi dopo la morte del titolare, giacché a causa del divieto dei patti successori ben trentotto eredi non avevano raggiunto un'intesa idonea ad assicurare la necessaria continuità dell'impresa.
Angelo Falzea
Accademico dei Lincei
Professore Emerito Università di Messina
Desidero ringraziare il Notariato per questo omaggio simbolico che è testimonianza del dialogo che da diverso tempo mi lega a questa categoria professionale.
Proprio con riferimento all'oggetto della tematica odierna, il dialogo tra il Notariato e l'Accademia si è instaurato anni fa quando ci occupammo dell'atto di destinazione allo scopo nel corso di una Giornata di studio organizzata dal Notariato. In quella occasione si è dato luogo anche ad un volume in cui è stato raccolto il materiale emerso dalla discussione [nota 1].
Rinviando alle riflessioni fatte in quella sede e confrontandole con la trattazione odierna, posso rilevare il diverso contesto culturale e normativo. Allora, quando si parlò di atto di destinazione allo scopo, si era allo stato "vergine" in un certo senso, non era stata posta attenzione a questo atto particolare, incentrato sulla destinazione di beni ad uno scopo, anche se l'istituto della destinazione dei beni all'utilità di un bene diverso era ben conosciuta dallo stesso codice civile che disciplina, appunto, la destinazione dei beni all'utilità, ovvero all'estetica di un determinato bene (ad esempio, una statua).
Pertanto, l'atto di destinazione di beni ad uno scopo, inteso come atto senza specificità, esisteva già nel nostro diritto positivo, ma come atto di destinazione avente una finalità come quella che possono affrontare gli studiosi, i magistrati e gli avvocati oggi, era assolutamente ignoto.
Il nostro compito di allora era fondare sistematicamente il concetto di destinazione allo scopo e dare una visione generale della tematica, rinviandone l'ulteriore approfondimento, in assenza di una disposizione normativa che potesse dare qualche indicazione all'interprete.
Il problema che ci ponemmo allora, in primo luogo, fu quello di individuare le garanzie che l'atto di destinazione allo scopo ha di resistere alle pressioni che da parti molteplici si svolgono nei confronti di una fissazione dei compiti dei beni di famiglia o di una persona. Allora non esisteva quella garanzia, molto forte, costituita dalla trascrizione degli atti destinazione di beni ad uno scopo, che è stata introdotta solo successivamente dal legislatore con l'art. 2645-ter del codice civile. Ebbene, questa introduzione ha dato all'istituto un peso ed una importanza simile a quella che si ha quando si dispone di beni immobili, per i quali la trascrizione era stata pensata e costruita originariamente.
L'atto di trascrizione dell'atto di destinazione dà all'istituto una forza di penetrazione nella vita della società, che prima non aveva e che veramente cambia l'epoca del trust. La difficoltà e la grossa responsabilità che hanno soprattutto i notai è quella per cui viene rappresentata una situazione che è sempre diversa da un caso all'altro; è legittima, quindi, la preoccupazione che questi hanno nel compiere un atto che attraverso la trascrizione acquista una forza di espansione tale da fare dell'istituto un'ipotesi fondamentale del nostro diritto positivo.
In precedenza non era possibile compiere la trascrizione in riferimento a fonti di vita, di guadagno, di benessere che non fossero gli immobili. Oggi è ammessa nei confronti di qualsiasi atto di destinazione avente - ovviamente - finalità lecite, ma allo stesso tempo anche di lieve rilievo sociale, quali possono essere il proprio avvenire, la vita che si affronterà nel momento successivo a quello dell'attività produttiva, aspetti che finora erano affidati alla buona volontà della famiglia in generale e che ora, invece, hanno la forza radicale della opponibilità a tutti (persino a sé stessi) dell'atto di destinazione di un bene ad una determinata finalità.
Nel rinviare alle riflessioni che insieme al ceto notarile ho fatto nel corso dei numerosi Convegni dedicati al tema della destinazione patrimoniale, anche successivamente all'introduzione dell'art. 2645-ter, e che hanno segnato le tappe fondamentali di un percorso culturale, rilevo un pregio che mi ha attirato profondamente nell'organizzazione di questo Convegno. Tale pregio è aver esteso la presenza dei partecipanti ad altre categorie professionali, il cui contributo appare nella società odierna di rilievo fondamentale.
Alessandro Cassiani
Presidente Ordine Avvocati di Roma
Le professioni dell'avvocato, del commercialista e del notaio, da sempre, convergono nella realizzazione degli interessi dei clienti. Esse sono complementari. Non v'è Avvocato che possa dirsi autosufficiente fino al punto da prescindere, e questo, credo che valga anche per i notai e per i commercialisti.
A suggello di questa situazione che ci vede impegnati a tutto campo, ciascuno con le proprie competenze, v'è la costituzione di eventi come questo, nei quali far convergere queste conoscenze ed approfondire temi comuni quali quelli che verranno trattati.
La straordinaria partecipazione a questo Convegno rappresenta un importante risultato. La compenetrazione, l'interferenza tra le varie professioni non deve limitarsi soltanto a quello che avviene nell'ambito dei propri studi, laddove l'avvocato esamina una soluzione, la porta al notaio, il quale la realizza col contributo del commercialista che ne valuta la fattibilità e l'interesse sul piano fiscale e contabile.
In tempi remoti il notaio aveva la funzione di ricettore delle volontà dei propri clienti. Nel tempo ha assunto sempre più il ruolo di consulente necessariamente preparato in varie discipline, va da sé, dal diritto civile al diritto tributario. Nessuno va dal notaio perché rediga soltanto un testamento oppure perché stipuli un atto predisposto del quale non si immaginino le conseguenze.
Il notaio è colui il quale negli anni più proficui della vita del cliente (e non solo nell'ultimo istante) dà delle direttive, dei consigli, indica delle possibilità da perseguire nell'interesse proprio e dei propri successori. Un'attività, così imponente, prevede necessariamente l'intervento delle altre categorie.
C'è la volontà di dissipare uno stato d'animo che è di ansia, e ciò è confermato dalla odierna presenza di straordinari professionisti, a cominciare dal Maestro Falzea. Pur essendo penalista mi sento estremamente coinvolto dalle discussioni avute. L'impressione è quella di un approfondimento che va ben oltre i limiti delle enunciazioni. E' una giornata di studi che si tradurrà in un appuntamento indimenticabile perché si è partiti da casi specifici per arrivare alla spiegazione di tutte le possibili soluzioni.
La peculiarità è, appunto, l'impostazione di questo Convegno rispetto a tutti gli altri a cui ho partecipato - parimenti di importante spessore -. Per la prima volta, è rivolta alla risoluzione di casi pratici, consentendo quindi la manifestazione della propria professionalità. Mai come oggi il senso della scuola è realizzato. Questo Convegno rappresenta in grande ciò che è avvenuto negli studi fin quando c'è stata la possibilità per un giovane di entrare nello studio ed incontrare un maestro col quale poter parlare e confrontarsi al termine della giornata su casi concreti.
Presentazione del II caso: Destinazione patrimoniale e crisi coniugale
Il caso in oggetto è chiaro nella sua enunciazione. Desidero soffermarmi sui profili penalistici che possono venire in essere, sia pure in astratto, perchè prevenire eventuali conflitti in ambito familiare credo sia un obbiettivo di enorme interesse.
Nelle aule giudiziarie penali, troppo spesso assistiamo a contrasti che si traducono poi in situazioni conflittuali veramente impressionanti tra persone appartenenti alla stessa famiglia. Molti processi in ambito familiare si verificano proprio perché non è intervenuto precedentemente un patto "blindato" che escluda la possibilità da parte dell'obbligato di decampare furbescamente o per il venir meno delle condizioni che nel momento della stipula del patto erano sussistenti. Prevenire tali comportamenti e conseguenze interessa molto anche sul piano penalistico.
Nel caso in oggetto, un marito, che si rifiuta di pagare l'assegno mensile o periodico, possiede un bene - si suppone un immobile - e ritiene con questo di poter ottemperare al suo preciso dovere di consentire ai figli minori di avere un tetto o una rendita, fino al trentacinquesimo anno di età.
Il punto di riferimento per la risoluzione del caso è una sentenza pronunciata dal Tribunale di Reggio Emilia nella quale il desiderio di questo genitore e marito viene attuato attraverso l'applicazione (ed in questo senso la sentenza si pone come rivoluzionaria) dell'art. 2645-ter c.c., entrato in vigore nel 2006 e che aveva ben altre finalità in quanto previsto per atti di destinazione volti alla realizzazione di un fine - come definisce la norma - "meritevole".
Dal mio punto di vista credo che quel Tribunale abbia utilizzato uno strumento idoneo, in quanto sussistono tutti gli elementi per dare una risposta affermativa alla richiesta formulata che oggi rappresenta l'oggetto del caso che si discute.
I relatori che interverranno (Cristiana Arditi Di Castelvetere, Alessandro De Donato, Giuseppe Minniti e Carmine Romano) approfondiranno i vari elementi, proprio per verificare se in questa casella possa rientrare l'istituto in oggetto. Si darà soluzione, inoltre, alle problematiche possibili in astratto, al fine si saggiare l'attendibilità della citata sentenza. E' possibile per un genitore perseguire il fine che si prefigge attraverso questo istituto? Cioè, nel caso concreto, realizzare l'affidamento di un bene alla moglie con il vincolo che i proventi vengano utilizzati in favore dei figli ed impedire che la stessa moglie, qualora diventi proprietaria del bene, possa poi spogliarsene volontariamente o involontariamente perché aggredita dai creditori.
E' considerato meritevole di tutela il bene dei figli?
Le domande che ci siamo poste nelle riunioni che hanno preceduto questo incontro diventano di attualità. L'istituto che permette di blindare un bene a vantaggio dei figli e successivamente destinato al trasferimento definitivo alla moglie, ben può essere considerato come una scelta in frode ai creditori. Se un individuo ha un unico appartamento e se ne spoglia vincolandolo al perseguimento di un certo fine, incorre nel rischio che tale attività, in sede fallimentare o in sede di rapporti ordinari, venga considerata una scelta furba o fraudolenta? Anticipando quella che sarà la risposta a tale quesito, oggetto di approfondimento da parte dei relatori che seguiranno, può affermarsi che in ultima istanza la revocatoria ordinaria o fallimentare potrebbe sopperire al problema.
E' possibile pensare che questo istituto rimanga tal quale malgrado l'evoluzione che la vita di ciascuno può avere? Oggi come oggi il disponente ha un figlio, una moglie dalla quale si vuole separare. Non è detto che tutto rimanga cristallizzato in questo ambito. Possono nascere altri figli al di fuori del matrimonio, ciascuno dei coniugi può a sua volta sposarsi. Tutto ciò pone degli interrogativi, perché in questi casi ci troveremmo davanti a evidenti sperequazioni. Alcuni soggetti potrebbero rimanere stranamente al di fuori. In questo caso potrebbe intervenire l'art. 148 c.c. che in tema di diritto di famiglia dà la possibilità al magistrato di adottare criteri di congruità.
L'oggetto di questo caso, proprio per le innumerevoli problematiche sottese, è di particolare importanza perché attiene alla vita di ciascuno e potrebbe riguardare ognuno di noi.
Ed è qui che viene in rilievo la presenza del notaio che deve scegliere il tipo di atto da stipulare: un atto ex art. 1322 c.c., cioè un contratto atipico. A monte sarà necessario l'intervento dell'Avvocato che avrà l'onere di consigliare il cliente nella scelta della soluzione da seguire. Il commercialista, invece, avrà la parola finale perché dovrà valutare se da un punto di vista fiscale la scelta operata impedisce altre soluzioni o incide su altre iniziative.
Il caso in esame è importante sia da un punto di vista astratto che concreto. Ci dà ancora una volta la possibilità di sottolineare come le tre professioni, tre aspetti di un unico contesto che convergono nella realizzazione dell'obbiettivo comune per risolvere il problemi del cittadino.
Gerardo Longobardi
Presidente Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Roma
Permettete di esprimere la mia soddisfazione per vedere oggi uniti in questa Sala Notai, Avvocati e Commercialisti: tre categorie di Professionisti ordinistici che lavorano, quotidianamente, senza troppi clamori, per contribuire al progresso del nostro Paese e della società civile.
Fin dall'inizio della mia attività professionale ho vissuto in un ambiente dove queste tre professioni si confrontano e collaborano per offrire servizi adeguati e di qualità alla clientela.
Penso ad esempio al mio Studio dove ogni lavoro viene sempre visto dall'occhio dell'avvocato e del commercialista e dove quasi quotidianamente ci confrontiamo con i notai per le questioni più delicate e sensibili.
Senza alcuna retorica credo che, nella diversità delle specializzazioni e conformemente alle attribuzioni riservateci dalla legge, le nostre Professioni abbiano contribuito alla tenuta sociale dei nostro Paese e quindi vadano sempre più valorizzate.
Sono però tre Professioni che, al pari delle imprese italiane, sentono in questo momento il peso eccessivo della crisi che sta colpendo sempre più in profondità la nostra economia.
Purtroppo la crisi, nel mondo delle nostre Professioni, somiglia sempre più ad una decimazione che si consuma nell'indifferenza: i grandi Studi tagliano gli organici, i piccoli pensano di chiudere e se la situazione non precipita è solo per il senso di responsabilità che le nostre Professioni hanno per le migliaia di lavoratori dipendenti degli Studi professionali.
In questo contesto, non si rinvengono misure a sostegno delle Professioni, mentre le recenti norme anticrisi varate dal nostro Parlamento discriminano i Professionisti rispetto alle imprese, nel senso che in tutti i provvedimenti che sono venuti alla luce, i Professionisti sono stati dimenticati.
Penso fra tutti alle agevolazioni previste dalla Tremonti-ter o alle misure per favorire l'occupazione, che trascurano noi Professionisti nella nostra qualità di datori di lavoro.
Oltretutto la discriminazione tra Professionisti ed imprese nel nostro Paese è del tutto paradossale non appena si consideri che, secondo il diritto Antitrust, i Professionisti sono imprese a tutti gli effetti e, per inciso, gli Ordini professionali sono associazioni fra imprese.
A questo punto c'è da augurarsi che il Parlamento inverta la rotta ed allarghi il perimetro dei soggetti destinatari dei provvedimenti anticrisi, estendendolo ai Professionisti.
Penso ad esempio a delle norme che prendano definitivamente atto della ormai univoca giurisprudenza che esclude dall'Irap i piccoli e medi Professionisti ovvero che estendano la Tremonti-ter anche ai lavoratori autonomi.
Ma non ci si può solo lamentare e allora vorrei provare ad essere positivo, pensando che il mondo della politica vede le nostre tre Professioni come un patrimonio da tutelare e da difendere.
Penso in particolare alle parole pronunciate dal Ministro Alfano al Vostro recente Congresso Nazionale di Venezia dove ha considerato la Professione del Notaio parte di quel capitale immateriale, di capacità, laboriosità, inventiva e affidabilità su cui si regge il Paese.
E lo stesso Ministro, non più tardi dell'altro ieri, alla II Conferenza annuale dei Commercialisti tenutasi a Roma ha detto testualmente: «rispetto alla crisi mondiale in Italia abbiamo avuto una rete di protezioni rappresentata dalle professioni e non ci sono stati default perché ci sono stati i commercialisti ed i notai».
In sintesi credo fermamente che le nostre tre Professioni costituiscano un bene comune del nostro Paese che vada valorizzato, pur nella consapevolezza dei diversi ruoli che ciascuna svolge nell'ambito del comparto giuridico economico, Professioni sulle quali il nostro Paese deve continuare a scommettere.
Presentazione del III caso: Destinazione patrimoniale e controllo gestionale dell'impresa
Venendo all'argomento oggetto della presente sessione, vediamo come all'atto pratico Notai, Avvocati e Commercialisti sapranno coniugare la destinazione patrimoniale ed il controllo gestionale dell'impresa, con la significativa collaborazione del mondo accademico qui autorevolmente rappresentato dalla Prof. Mirzia Bianca, dal Prof. Gianfranco Palermo e dal Prof. Giovanni Iudica.
Come già ampiamente illustrato dagli autorevoli relatori intervenuti nella mattinata, con l'art. 2645-ter c.c. il legislatore ha riconosciuto piena cittadinanza nel nostro ordinamento agli atti di destinazione "atipici".
Più in particolare è stata affermata chiaramente la compatibilità con l'ordinamento di un effetto giuridico (quello, appunto, della opponibilità ai terzi degli atti di destinazione di un bene ad un determinato scopo), che era già in precedenza noto soltanto in ipotesi tipiche e circoscritte (si pensi, ad esempio, al fondo patrimoniale ed ai patrimoni destinati ad uno specifico affare previsti dalla Riforma del diritto societario).
Proprio in considerazione di tale "atipicità", la disciplina predetta si limita a giuridicizzare un effetto, ma lascia alla elaborazione dell'autonomia privata il compito di realizzare la destinazione patrimoniale più congeniale agli interessi di volta in volta perseguiti, con il limite espresso della meritevolezza di tali interessi.
Ebbene, proprio gli ampi spazi lasciati all'autonomia privata (con limite, si ripete, della meritevolezza degli interessi perseguiti) attribuiscono all'istituto una flessibilità tale da consentirne un utilizzo proficuo in differenti ipotesi applicative.
Infatti, se nei precedenti due Casi trattati nell'ambito dell'odierno Convegno di studio l'atto di destinazione è stato utilizzato con finalità di "sistemazione" del patrimonio nell'ambito familiare, sia in situazioni di naturale e auspicabilmente fisiologico funzionamento dei rapporti familiari, sia in situazioni di crisi coniugale, nel Caso di cui stiamo per occuparci l'ampio spazio lasciato all'autonomia privata consentirà di "piegare" l'atto di destinazione al perseguimento di interessi a tutela di soggetti "deboli" nell'ambito del passaggio generazionale dell'impresa.
A tale riguardo è a tutti noto come, in ambito imprenditoriale, il passaggio generazionale rappresenti una fase problematica e delicata, sia nelle imprese medio-grandi che in quelle più piccole, principalmente in quelle a conduzione familiare.
In tali ipotesi, la finalità principale che generalmente si intende perseguire è quella di prevenire il sorgere di possibili attriti familiari, i quali rischiano di determinare - come in effetti sovente avviene - la polverizzazione del patrimonio aziendale (secondo un antico detto "la prima generazione crea l'impresa, la seconda generazione la conserva, la terza generazione la distrugge").
Ed, ovviamente, i problemi e gli ostacoli da superare aumentano in maniera esponenziale allorché - accanto alla finalità di assicurare la conservazione del patrimonio aziendale e la tradizione imprenditoriale dell'impresa - si vogliano salvaguardare, al contempo, esigenze ulteriori, caratterizzate dalla tutela di soggetti "deboli".
Ebbene, paradigmatica in tal senso è la fattispecie ipotizzata nel Caso oggetto della presente sessione, nell'ambito del quale una vedova, titolare di una società unipersonale che rappresenta l'azienda di famiglia, intende trasferire ad una figlia (Mevia) l'intera quota societaria, con la costituzione di un vincolo di destinazione in favore della nipote (ex filia Mevia) portatrice di handicap ed affidare all'altra figlia Sempronia il ruolo di cogestione nell'azienda stessa.
Senza volermi addentrare nell'esame della fattispecie che sarà approfonditamente esaminata nel prosieguo dell'odierno Convegno, appare evidente che nel Caso in esame la soluzione negoziale concretamente adottata dovrà tener necessariamente conto degli interessi, tra loro potenzialmente confliggenti, delle persone coinvolte; non ultimi, quelli della figlia Mevia destinataria del trasferimento della quota e quello dell'altra figlia, Sempronia, chiamata a verificare il rispetto del vincolo.
Il tutto, ovviamente, assicurando al contempo un effetto vincolante per i soggetti coinvolti e l'opponibilità erga omnes dell'assetto negoziale prescelto.
Detto questo, non posso che lasciare la parola agli autorevoli relatori che interverranno nel prosieguo.
Posso soltanto limitarmi a profetizzare che la soluzione contrattuale prescelta, comunque essa venga concretamente costruita, sarà basata su premesse chiare ed esplicite; sull'inserimento di clausole negoziali idonee a disciplinare nel dettaglio gli aspetti "gestori" connessi all'atto di destinazione; su una motivazione che esprima chiaramente e senza margini di ambiguità le ragioni per cui si è scelto di ricorrere ad uno strumento piuttosto che ad un altro, proprio al fine di evitare sul nascere i problemi applicativi che potrebbero presentarsi nella fase attuativa della destinazione.
Ciò, però - e qui parlo nel mio ruolo di Dottore Commercialista - non senza tener ben presenti i risvolti fiscali delle soluzioni concretamente adottate, i quali più frequentemente di quanto possa pensarsi, sono in grado di influire sensibilmente sulla preferibilità di un'opzione negoziale rispetto ad un'altra, nell'ambito di quelle che la fantasia della pratica applicativa risulta concretamente di volta in volta in grado di ideare.
[nota 1] Destinazione di beni allo scopo. Strumenti attuali e tecniche normative, Atti della Giornata di studio organizzata dal Consiglio Nazionale del Notariato, Roma - Palazzo Santacrooce, 19 giugno 2003, Milano, 2003.
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