Destinazione negoziale e crisi coniugale
Destinazione negoziale e crisi coniugale
di Alessandro de Donato
Notaio in Grazzanise

Relativo al II CASO: Destinazione patrimoniale e crisi coniugale

Le possibili soluzioni operative per il caso proposto sono le seguenti:

1. attribuire la casa al figlio (Tizietto) in nuda proprietà, con l'usufrutto alla madre; in tal caso il bene, aggredibile dai creditori, non garantisce la sicurezza della realizzazione dell'interesse delle parti; Tizio inoltre non vuole, per il momento, spogliarsi del bene e perderne stabilmente il controllo; il decesso del figlio, infine, aprirebbe delicate problematiche successorie;

2. obiezione analoghe possono delinearsi anche nell'ipotesi di attribuzione dell'usufrutto al figlio e della nuda proprietà alla madre;

3. diversa è l'ipotesi nella quale si attribuisca il solo diritto reale di usufrutto a Tizietto, conservando Tizio la nuda proprietà, da trasferire al figlio al compimento dello stesso dei 35 anni; il bene resta però soggetto alle vicende personali, patrimoniali e successorie di Tizio e permane il rischio che il bene non riesca a svolgere la funzione che Tizio intende garantire in ogni caso, tenendo il bene stesso per così dire "in cassaforte";

4. più delicata e articolata è l'ipotesi nella quale la casa venga assegnata dal giudice in godimento alla madre, genitore affidatario, restando l'immobile di proprietà di Tizio;

5. soluzione sicuramente aderente al testo proposto è quella dell'istituzione di un trust interno;

6. la soluzione preferibile è un negozio notarile di destinazione a favore di Tizietto, con successiva attribuzione della proprietà a Caia al compimento del 35° anno di età di Tizietto (termine iniziale che costituisce il termine finale della destinazione).

Meritano un approfondimento le ipotesi di soluzione della assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario e quella del c.d. trust interno.

La legge n. 54 del 2006 esalta finalmente, in modo testuale, l'autonomia negoziale dei coniugi nell'articolazione patrimoniale della crisi coniugale.

L'art. 155 c.c., nel testo novellato, salda gli accordi intervenuti tra i genitori all'assetto finale della regolamentazione dei beni in discussione.

La rilevanza degli accordi nella fase degenerativa della convivenza familiare assume portata generale e così sia in sede di divorzio che di separazione, alla sola condizione che gli stessi non siano in contrasto con norme imperative.

L'art. 155 c.c. infatti recita:

- al secondo comma «prende atto … degli accordi»;

- al quarto comma «salvo accordi diversi liberamente sottoscritti»;

- al quinto comma «in difetto di altro parametro indicato dalle parti».

Ai nostri fini, il banco di prova è l'art. 155-quater c.c. e il godimento della casa familiare attribuito all'assegnatario [nota 1].

La natura del diritto derivante dall'assegnazione della casa di abitazione a seguito di separazione o di divorzio oscilla tra un'impostazione in termini di "realità" [nota 2] ed una in termini di "personalità" [nota 3] .

La giurisprudenza, oramai con costanza [nota 4], delinea il diritto riconosciuto al coniuge affidatario della casa coniugale come un atipico diritto personale di godimento e non come un diritto reale [nota 5].

I diritti reali, ancorché temporanei per loro stessa natura, non sembrano poter essere strutturalmente dimensionati in modo che la loro temporaneità dipenda da circostanze puramente accidentali.

Non sembra tuttavia compiutamente sostenibile il ricorso alla figura del comodato (per cui l'assegnatario assumerebbe la veste di comodatario a tempo determinato) non solo per la limitata applicabilità della disciplina del comodato in tema di durata e di contenuto ma per l'intrinseca difficoltà dell'inquadramento sistematico del diritto dell'assegnatario nello schema normativo del comodato per la tendenziale sinallagmaticità del rapporto complesso di dare e avere dell'intera fattispecie.

In ogni caso il provvedimento di assegnazione della casa al coniuge divorziato o separato è opponibile, per dato testuale, ai terzi la cui titolarità sia stata acquistata dopo l'indicato provvedimento: l'art. 155-quater richiama infatti l'art. 2643 c.c.

La natura di diritto personale del godimento che discende dal provvedimento di assegnazione della casa consente di rintracciare nel vincolo reale di destinazione dell'art. 2645-ter una spendibilità più aderente al caso concreto.

Il diritto si compone di forme, ma è scritto sulla pelle degli uomini.

I legami del matrimonio sono indissolubili, ma i legami del divorzio sono ancora più indissolubili; in Francia dicono che l'amore ed il danaro sono un paquet indivisible.

La solidarietà post coniugale, codificata per diritto positivo, sorregge nel nostro caso la destinazione.

Non mi dilungo sul concetto di atto pubblico processuale [nota 6] e sulla efficacia delle dichiarazioni negoziali nel verbale di separazione consensuale [nota 7], essendo sufficiente in questa sede accettare il principio, oramai pacifico, che l'accordo dei coniugi è una dichiarazione negoziale in sede processuale, idonea a dispiegare effetti immediatamente traslativi di diritti. La natura di atto pubblico del verbale di separazione ne avalla la trascrivibilità ancorché la prassi privilegi la previsione del solo obbligo nel verbale, a fronte di una successiva formalizzazione notarile dell'accordo, per la complessità delle menzioni urbanistiche, catastali e in genere procedurali.

L'organizzazione patrimoniale degli aspetti economici della crisi coniugale può essere articolata in momenti diversi:

- prima dell'inizio del procedimento;

- durante il procedimento;

- dopo la chiusura del procedimento.

Le pattuizioni anteriori o contemporanee al provvedimento di omologazione e non trasfuse nello stesso sono ritenute valide ed efficaci nella misura in cui non interferiscano con i patti dell'accordo omologato; gli accordi successivi all'omologazione della separazione consensuale trovano la radice della loro validità nell'art. 1322 c.c. e sono efficaci nel libero spazio del generale principio di negoziabilità nell'ambito della crisi coniugale, senza dover avere sempre sede necessaria nel processo [nota 8].

Di rilevante interesse generale è, inoltre, il problema della compatibilità della regola rebus sic stantibus consacrata dal codice civile con i trasferimenti immobiliari effettuati per adempiere in unica soluzione l'obbligo di mantenimento.

In sede di divorzio, l'art. 5, comma 8, legge 898/1970 sancisce espressamente la legittimità dell'accordo delle parti di corrispondere l'assegno in unica soluzione e, nell'ipotesi che la stessa sia ritenuta equa dal Tribunale, dispone la definitività degli effetti, non potendo essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.

In caso di separazione consensuale, l'adempimento in unica soluzione dell'obbligazione di mantenimento potrebbe essere considerato non più alterabile, fermo l'obbligo degli alimenti fissato dall'art. 156, comma 3, c.c., qualora l'adempimento della predetta obbligazione sia realizzato nell'accordo omologato, anziché a mezzo di una prestazione patrimoniale periodica, con il trasferimento di beni; in tal caso «l'esecuzione di tale attribuzione estingue totalmente e definitivamente l'obbligazione. Si tratta, infatti, di un assetto di interessi che rimane nell'ambito della discrezionale ed autonoma determinazione dei coniugi stessi i quali entrambi assumono a proprio carico il rischio economico della sopravvenienza di situazioni che rendono l'attribuzione inadeguata, o in difetto o in eccesso» [nota 9].

Di particolare interesse, nel nostro caso, è la destinazione negoziale di beni, ai sensi dell'art. 2645-ter c.c., nell'ambito degli accordi di carattere patrimoniale conclusi in occasione della separazione [nota 10].

Ammessa la possibilità di adempiere l'obbligazione di mantenimento con l'attribuzione definitiva di beni e convinti di una maggiore duttilità del vincolo di destinazione per spessore e limiti di durata a paragone dell'usuale assegnazione della casa familiare, l'applicabilità al caso in esame dell'art. 2645-ter è spianata [nota 11].

Diverse sono le argomentazioni in caso di c.d. trust interno [nota 12].

Il fascino innegabile del trust e le sue incredibili potenzialità operative non devono farci sottovalutare il problema della sua conciliabilità con un sistema di impostazione romanistica.

Il trust si radica nel mondo anglosassone fin dall'epoca delle Crociate e del basso Medio Evo e trae origine dagli use of lands; riposa sulla distinzione esistente nel diritto feudale inglese tra Corti di common law e Corti di equity, tribunali di pari giurisdizione.

La complessità delle fonti di un sistema di common law rende sempre difficile operare con professionalità la scelta della legge da applicare; il panorama offerto ai nostri clienti è sempre più diversificato e spazia dalle nuove codificazioni di San Marino e dei paesi del Sud America alla Russia, agli Stati Uniti d'America (con norme anche dissimili tra i diversi Stati) e a tutta una serie di paesi esotici, oltre ovviamente all'Inghilterra e alle Isole del Canale.

Affidare i nostri clienti a una determinata legge, significa operare una scelta che vincola per il futuro gli assetti degli interessi coinvolti; bisogna operare con un forte senso di responsabilità, valutando legge per legge le diverse opzioni offerte.

A fronte di questo frutto esotico, il nuovo art. 2645-ter c.c. ci offre il profumo antico e buono delle cose fatte in casa, in armonia con il nostro ordinamento e con la nostra tradizione civilistica [nota 13].

La programmazione negoziale non è così cadenzata da normative di riferimento a volte anche di fonte consuetudinaria e giurisprudenziale, ma è rimessa all'elaborazione piena dell'autonomia privata.

Tornando alla destinazione negoziale, un breve cenno alla meritevolezza dell'interesse è necessario. Allocato il potere di destinare nel perimetro del potere di disporre e superata l'impostazione di una funzione solo ancillare della nuova norma, bisogna ritenere che l'art. 2645-ter ratifichi la legittimità in generale del negozio di destinazione, disciplinando la cittadella fortificata della destinazione opponibili ai terzi sulla base della pubblicità immobiliare [nota 14].

Voglio coltivare l'illusione che l'allocazione della norma non sia casuale, ma sia stata inserita là dove era necessario e sufficiente per risolvere un problema di opponibilità. Il legislatore, forse, non gioca a dadi!

E anche la previsione dell'atto pubblico come veicolo documentale individua una scelta di campo.

L'atto notarile costituisce sempre l'espressione di un giudizio, l'incontro tra la volontà delle parti e l'ordinamento, con la mediazione di un sapere stratificato nel tempo come quello del notaio.

La volontà delle parti si assume come giudizio, anzi il giudizio consiste proprio nell'assunzione di questa volontà come volontà dell'ordinamento.

Il notaio, testimone delle regole, traghetta il voluto nell'ordinamento.

A mio avviso la menzione dei disabili nell'incipit dell'elencazione dei soggetti ne condiziona l'intera successiva sequenza, condizionandone l'interpretazione.

La stessa durata del vincolo (90 anni) che travalica ampiamente il termine fissato dall'art. 979 c.c. in tema di usufrutto è già una spinta decisiva per una rigorosa cernita degli interessi di riferimento.

L'art. 3 della legge 104/1992 definisce la persona handicappata come «colui che presenta una minoranza fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrità lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione».

E' evidente la maggiore apertura della formulazione dell'art. 2645-ter che non ha volutamente utilizzato l'espressione già coniata in senso tecnico dal legislatore, ma parla di persone con disabilità, accezione così più ampia che si apre a quel concetto di persona vulnerabile studiato dal notariato francese nel Congresso del 2006 e allo stesso diritto umanitario quotidiano.

Ma riflettiamo insieme sulla costruzione sintattica della norma.

La doppia particella disgiuntiva "o" "o" crea volutamente una sospensione, ma in uno spazio unificato, non spezzato dalla sequenza delle virgole. La "o" non contrappone, ma salda con valenza esemplare gli "altri enti" o "persone fisiche" ai soggetti speciali individuati all'inizio.

La sequenza dei soggetti può essere distinta in due categorie:

- persone con disabilità e pubbliche amministrazioni;

- enti e soggetti, senza qualificazioni specifiche.

Per la prima categoria la meritevolezza è tipizzata dalla qualificazione del soggetto di riferimento; per la categoria dei soggetti non già preselezionati con specificità, la meritevolezza dell'interesse deve essere ancorata a parametri di sicurezza, tarati su valori dell'ordinamento tali da bilanciare, in simmetria, le ragioni della tutela del credito. Solo così un'unica forza regge la sequenza dei soggetti con una circolarità assoluta.

Occorre tuttavia escludere che si abbia, per riflesso, una tipizzazione degli interessi meritevoli, dedotti per induzione da ipotesi codificate: questa interpretazione finirebbe per sterilizzare la mutevole capacità di espansione della norma.

La matrice legale (legal origin), in virtù della quale si struttura una società umana sulla base delle proprie tradizioni culturali e morali, serve ad elaborare quelle regole di controllo sociale che racchiudono il cerchio della legalità vissuta.

I due piatti della bilancia, paragonati l'uno all'altro, devono essere sempre in equilibrio stabile; alla tutela del credito, di forte connotazione sociale, deve essere contrapposto un interesse di peso corrispondente.

L'esigenza prioritaria di individuare un percorso fatto di contenuti rilevanti si estende, per irradiamento, dai disabili alle altre categorie; il laboratorio costruito nell'intento di compensare quello che, a volte, è il disagio della vita si apre a tutte le ipotesi dallo stesso spessore umano.

L'uomo sociale, in adesione e unione volontaria con un aggregato umano, conduce dalla società meccanica degli individui alla società spirituale delle persone.

La destinazione negoziale deve nascere dalla passione; da sempre la passione rappresenta il modello più lineare per organizzare quelle aspirazioni profonde e quei desideri veri di un individuo che richiedono di essere partecipate e testimoniate; la morale, l'educazione, le usanze e i costumi aiutano a indirizzare la rappresentazione mentale per proiettarla nel futuro disegnandone la struttura in conformità a legge.

Il verbo che riassume il ragionamento così svolto è valere; il vivere con senso delle cose è una corretta estrinsecazione di cosa vuol dire valere; occorre una tensione sociale nel senso di "tendere a" e di là da quella "a" vi è quello che nella percezione di un determinato contesto sociale è degno di essere perseguito, secondo un canone di idoneità umana, che concretizzi la terribile fascinazione del vivere.


[nota 1] Per una prima analisi, v. E. QUADRI, «L'attribuzione della casa familiare in sede di separazione e di divorzio», in Fam. dir., 1995, p. 269 e ss.; M. MANTOVANI, «L'assegnazione giudiziale della casa familiare tra interesse dei figli, interesse dei coniugi e diritti dei terzi», in Nuova giur. civ. comm., 2000, II, p. 442 e ss.; L.A. SCARANO, «La casa familiare», in Familia, 2001, p. 131 e ss; G. CAPILLI, «Assegnazione della casa familiare e determinazione dell'assegno di mantenimento», in Nuova giur. civ. comm., I, p. 103; G. FREZZA, I luoghi della famiglia, Torino, 2004, p. 177; S. PATTI, «Accordi patrimoniali tra coniugi connessi alla crisi del matrimonio. Autonomia negoziale e ruolo del notaio», in Vita not., 2004, p. 1381 e ss.

[nota 2] Nel senso della natura reale si sono espressi: C.M. BIANCA, Diritto Civile, II, La famiglia. Le successioni, Milano, 1989, p. 259; G. GABRIELLI, «I problemi dell'assegnazione della casa familiare al genitore convivente con i figli dopo la dissoluzione della coppia», in Riv. dir. civ., 2003, p. 128; E. ANDREOLA, «Sulla opponibilità dell'assegnazione della casa familiare nella separazione coniugale», in Riv. dir. civ., 1994, I, p. 348.

[nota 3] In dottrina ritengono si tratti di diritto personale di godimento, tra i tanti, E. QUADRI, Famiglia e ordinamento civile, Torino, 1999, p. 345; M. DI NARDO, «L'assegnazione della "casa familiare": evoluzione legislativa e attuali orientamenti giurisprudenziali», in Nuova giur. civ. comm., 1998. II, p. 336; F. GAZZONI, La trascrizione immobiliare, (artt. 2643-2645-bis), ne Il codice civile commentato diretto da Schlesinger, II, Milano, 1998, sub. art. 2643, p. 343; M. MANTOVANI, voce La separazione personale tra i coniugi - aspetti sostanziali, in Enc. giur., XXVII, Roma, 1992, p. 27; M. FINOCCHIARO, Il matrimonio, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993, p. 415; A. JANNARELLI, «L'assegnazione della casa familiare nella separazione personale dei coniugi», nota a Cass. 19 giugno 1980, n. 3900, in Foro it., 1981 c. 1382; V. FRALLICCIARDI, Assegnazione della casa familiare nella separazione personale dei coniugi e nel divorzio: quale diritto per l'assegnatario, in Studi in onore di Capozzi, Milano, 1992, I, p. 609.

[nota 4] La giurisprudenza ha disatteso la tesi della realità del diritto: v., da ultimo, Cass. S.U., 2 luglio 2002, n. 11096; Cass. 18 settembre 2003, n. 13736, in Famiglia, 2004, II, p. 611, con nota di L.A. SCARANO; e in Giust. civ. , 2004, I, p. 688; Cass. 8 aprile 2003, n. 5455, in Fam. dir., 2003, p. 439, con nota di M. QUARGNOLO; Cass. 7 marzo 2003, n. 3434, in Dir. giust., 2003 p. 77, con nota di M.R. SAN GIORGIO; Cass. 17 settembre 2001, n. 11630, in Giust. civ., 2001, I, p. 55, con nota di M. FINOCCHIARO; in Giur. it., 2002, p. 1147, con nota di M. COSTANTINO, e in Arch. civ., 2002, p. 197; ma, già, Cass. 16 ottobre 1985, n. 5082, in Foro it., 1986, I, c. 1317, con nota di A. JANNARELLI, «Incerta sorte per la casa familiare», che motiva dalla natura rebus sic stantibus del provvedimento del giudice; e con nota di A. FINOCCHIARO, in Giust. civ., 1986, I, p. 70; Cass. 31 gennaio 1986, n. 624, in Foro it., 1986, I, c. 1317; Cass. 5 luglio 1988, n. 4420, in Dir. fam., 1988, II, p. 1650; Cass. 28 marzo 1990, n. 2529, in Dir. fam. pers., 1991, p. 73; Cass. 5 giugno 1991, n. 6348, ibidem, p. 950; Cass. 17 ottobre 1992, n. 11424; Cass. 18 agosto 1997, n. 7680, in Fam. dir., 1997, p. 85 .

[nota 5] V. TRABUCCHI, in «L'abitazione nella casa coniugale dopo il divorzio», nota a Cass. 19 maggio 1978, n. 2462, in Giur. it., 1978, I, c. 2106 parla di «una figura nuova tratta dalla realtà esistenziale, che si distingue dalla titolarità di una specifica legittimazione sul bene». Per P. ZATTI, Il rapporto tra coniugi e la separazione personale, in Tratt. dir. priv. diretto da Rescigno, 3, Torino, 1982, p. 236, siamo in presenza di un «diritto personale sui generis». Parte della dottrina (A. e M. FINOCCHIARO, Riforma del diritto di famiglia, Milano, 1985, I, p. 573) ed alcune decisioni del Supremo Collegio (cfr., per tutte, Cass. 16 ottobre 1985, n. 5082, cit.) ricostruiscono il diritto del coniuge assegnatario nello schema normativo della locazione, costituita con provvedimento giudiziale.

[nota 6] Cfr., per tutti, G. OBERTO, I contratti della crisi coniugale, tomo II, Contenuti e disciplina, Milano, 1999, p. 1278 e ss.

[nota 7] V. A. e M. FINOCCHIARO, Diritto di Famiglia, Milano, 1984, I, p. 693; P. POLLICE, «Autonomia dei coniugi e controllo giudiziale nella separazione consensuale: il problema degli accordi di contenuto patrimoniale non omologati», in Dir. giur., p. 114; M. DOGLIOTTI, Separazione e Divorzio, Torino, 1995, p. 9; A. FALZEA, La separazione personale, Milano, 1943, p. 94. Per V. ANDRIOLI, Commento al Codice di procedura civile, Napoli, 1964, p. 340, gli accordi in esame hanno due soli limiti: 1. le parti del negozio devono essere solo i coniugi; 2. i rapporti coinvolti non devono richiedere condizioni d'efficacia o presupposti di validità esterni.

[nota 8] In tal senso Cass. 22 gennaio 1994, n. 657; Cass. 24 febbraio 1993, n. 2270 in Dir. fam. pers., 1994, p. 554 con nota di G. DORIA, «Autonomia dei coniugi in occasione della separazione consensuale ed efficacia degli accordi non omologati».

[nota 9] Cass. 25 ottobre 1972, n. 3299, in Giust. civ., 1973, I, p. 221; condivide l'assunto anche Cass. 25 settembre 1978, n. 4277, in Foro it., 1979, I, c. 718.

[nota 10] Il Tribunale di Reggio Emilia (decreto 23 - 26 marzo 2007, in Trusts e att. fid., 2007, p. 419) ha ritenuto che il semplice trasferimento alla madre (affidataria della prole) di un compendio immobiliare, sostitutivo dell'obbligo precedentemente assunto del pagamento di una somma mensile, senza alcuna garanzia sulla destinazione dei beni e dei loro frutti, non fosse rispondente all'interesse della prole. Il Tribunale osserva che, per quanto attiene alle modalità di adempimento dell'obbligo di contribuire al mantenimento, il quarto comma dell'art. 155 non sembra lasciar adito a dubbi sul fatto che la sola modalità di fonte giudiziale per la determinazione del contributo sia costituita dalla previsione della corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità.
Diverso è il discorso in presenza di intesa delle parti. Non vi sono più dubbi sulla legittimità di un accordo che preveda la corresponsione del contributo al mantenimento della prole in un'unica soluzione anziché con assegni periodici; è possibile così anche la destinazione negoziale di beni. Restano i dubbi sull'effetto preclusivo all'inderogabile principio di proporzionalità fissato dall'art. 148 c.c.

[nota 11] Diversi i contributi in dottrina sull'argomento: M. BIANCA, «Atto negoziale di destinazione», in Riv. dir. civ., 2007, p. 197 e ss.; ID. (a cura di), La trascrizione dell'atto negoziale di destinazione, Milano, 2007, passim; A. DI SAPIO, «Patrimoni segregati ed evoluzione normativa: dal fondo patrimoniale all'atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c.», in Dir. fam., 2007, p. 1257 e ss.; G. GABRIELLI, «Vincoli di destinazione importanti separazione patrimoniale e pubblicità nei registri immobiliari», in Riv. dir. civ., 2007, I, p. 328 e ss.; G. FREZZA, Mantenimento diretto e affidamento condiviso, Milano, 2008, p. 71 e ss.; ID., «Sull'effetto "distintivo" e non "traslativo" della separazione ex art. 2645-ter c.c.», nota a Trib. Reggio Emilia 26 marzo 2007, in Dir. fam., 2008, p. 194 e ss.; P. MONTELEONE, «I vincoli di destinazione ex art. 2645-ter c.c. in sede di accordi di separazione», in Giur. it., 2008, III, p. 632-641; A. MORACE PINELLI, Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore, Milano, 2007, p. 125 e ss., p. 155 e ss.; C. MURGO, «Accordi tra coniugi separati e vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c., tra autonomia negoziale e segregazione patrimoniale nell'interesse della prole», in Nuova giur. civ. comm., 2008, I, p. 115-122; G. OBERTO, «I rimedi all'inadempimento degli obblighi di inadempimento nell'ambito della crisi della famiglia», in Fam. dir., 2008, I, p. 77-96; G. ANZANI, «Atti di destinazione patrimoniale: qualche riflessione alla luce dell'art. 2645-ter», in Nuova giur. civ. comm., 2007, p. 398 e ss.; G. PETTI, «Atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c. e separazione consensuale dei coniugi», in Obbl. e contr., 2008, III, p. 235-245; L. SALOMONE, «Meritevolezza e pubblicità immobiliare. Riflessioni sull'art. 2645-ter c.c.», in Studium iuris, 2008, p. 389; F. GAZZONI, «Osservazioni sull'articolo 2645-ter», in Giust. civ., 2006, II, p. 166; D. VECCHIO, «Profili applicativi dell'art. 2645-ter c.c. in ambito familiare», in Dir. fam., 2009, 2, p. 795.

[nota 12] Il Tribunale di Milano (decr. 23 febbraio 2005, in Riv. not., 2005, p. 850 e ss.) ha omologato il verbale della separazione personale consensuale fra coniugi tra le cui condizioni era previsto che uno dei due coniugi istituisse in trust un immobile di sua proprietà al fine di adibirlo ad abitazione della figlia e dell'altro coniuge, con previsione del trasferimento dello stesso immobile alla figlia al compimento dei 30 anni di quest'ultima. Il Tribunale di Bologna (sent. 1° aprile 2009, in Trusts e att. fid., 2009, 4, p. 411) ha deciso che in sede di pronuncia definitiva di divorzio, l'assegno divorzile a definizione dei rapporti economici intercorsi può consistere nella nomina irrevocabile a beneficiario di una quota della proprietà di un immobile vincolato in trust.

[nota 13] La presente relazione contiene, in parte, brani tratti dalle relazioni svolte dall'autore ai seguenti Convegni:
- «Elementi dell'atto di destinazione», relazione a "Atti notarili di destinazione dei beni: art. 2645-ter c.c.", - Giornata di studio organizzata dal Consiglio Notarile di Milano il 19 giugno 2006, consultabile sul sito www.scuoladinotariatodellalombardia.org./relazioni.htm.
- «Gli interessi riferibili a soggetti socialmente vulnerabili», relazione al Convegno di studio della Fondazione Italiana per il Notariato - "I negozi di destinazione nei principali settori dell'attività notarile", Catania 11 novembre 2006, in Negozio di destinazione: percorsi verso un'espressione sicura dell'autonomia privata, Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, Milano, 2007, p. 250 e ss.
- «L'atto di destinazione - Profili applicativi», relazione svolta alla Giornata di Studio organizzata dal Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Benevento e Ariano Irpino il 18 novembre 2006 sul tema "Atto di destinazione e Trust", in Vita not., 1 - Gennaio-Aprile 2007, p. 341 e ss.

[nota 14] Cfr. M. BIANCA - M. D'ERRICO - A. DE DONATO - C. PRIORE, L'atto notarile di destinazione - L'art. 2645-ter del codice civile, Milano, 2006, p. 45.

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