Riflessioni conclusive
Riflessioni conclusive
di Giovanni Iudica
Ordinario di Diritto Civile Università "Luigi Bocconi" di Milano
Una delle ragioni dello straordinario successo di questo Convegno risiede nel fatto che si sono riunite diverse forme d'intelligenza, che hanno un minimo comune denominatore e che messe insieme hanno realizzato un massimo comune multiplo.
I notai danno un contributo di equilibrio, certezza, sicurezza, che sono beni fondamentali nella materia degli scambi; gli avvocati hanno, invece, una valenza partigiana; i magistrati sono anch'essi portatori di equilibrio, di soluzioni di giustizia; il commercialista ha una valenza quantitativa e gli universitari contribuiscono con la loro intelligenza critica. Sicuramente è stata una formula vincente. Ma la vera ragione della riuscita di questo Convegno è che l'insieme di queste qualità, valenze ed intelligenze sono state messe al servizio della risoluzione di una casistica concreta. Infatti, sono oggetto di riflessione e di discussione gli atti notarili, che è quanto di più concreto e pratico possa esserci.
Credo che accanto agli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, si possa parlare anche di un trend di "giurisprudenza notarile" che viene a completare quell'universo di formanti, che costituiscono quella che è l'essenza dello ius quo utimur.
In questa sede è emersa la volontà di mettersi in discussione affrontando il grande tema del ruolo della categoria professionale. La middle class, cioè la spina dorsale di un paese, è composta da professionisti e piccole imprese. Gli studi dei professionisti sono organizzazioni di beni, servizi e persone, ma non sono imprese commerciali; l'impresa anche se non produce beni, produce servizi, ma il tipo di servizio prodotto dallo studio professionale poggia su un elemento differenziale qualificante che è la fiducia e l'affidamento che il cliente ripone nei confronti del professionista. Questo è ciò che differenzia l'impresa professionale dall'impresa tout court.
Ciò non significa che sia possibile risolvere ogni questione. Ci sono problemi solubili e problemi insolubili e questi ultimi vanno affrontati cercando di dare delle soluzioni per approssimazione, ovvero al minor costo possibile.
Dietro ai temi fin qui trattati con finezza ed estrema competenza vi sono, a mio avviso, delle grosse "ipoteche culturali e giuridiche", che rendono talvolta insormontabili i problemi.
Il nostro sistema successorio è concepito come una disciplina che si occupa della trasmissione di beni, cioè di res, non di imprese, cioè di attività rischiose. E' una disciplina che tratta della trasmissione familiare della ricchezza patrimoniale "corporale", e non di trasmissione di rischi imprenditoriali. Grossi problemi sorgono qualora ci si trovi, non di fronte a casi eccezionali, ma al semplice id quod plerumque accidit. Ad esempio, poniamo il caso di un papà notaio con un figlio ed una figlia, questa è cardiologa mentre il primo ha appena superato l'esame di notaio ed entra a lavorare nello studio col padre. Questi desidera fermamente lasciare ad entrambi la metà dei propri beni. Come ripartire i redditi prodotti dallo studio - sicuramente superiori allo stipendio della figlia - soprattutto in considerazione dei problemi che possono sorgere rispetto alla futura gestione da parte del figlio?
Un altro problema sotteso riguarda il divieto di patti successori che, sia pur confermato, è stato superato in parte dalla possibilità dei patti di famiglia. Abbandonando per un attimo il diritto per la letteratura possiamo richiamare il romanzo I Vicerè di De Roberti, in cui la nonna che fa testamento crea il panico nella famiglia, perchè intenzionata a favorire alcuni a scapito di altri. In una famiglia normale l'ipotesi fisiologica, la regola è quella di un pacifico accordo raggiunto mediante il dialogo e la discussione. Laddove, invece, c'è un testamento vuol dire che si vuol lasciare la disponibile secondo il proprio arbitrio.
Bisogna tener presente che, pur vivendo in un paese di civil law, si possono avvertire in modo tangibile i segni di sgretolamento di questo sistema: ad esempio, in Francia gli ascendenti non sono più legittimari, mentre da noi, in mancanza di figli, lo sono ancora. Ciò è anche conseguenza dell'influenza dei paesi di common law - che rappresentano sicuramente la stragrande maggioranza dei paesi nel mondo - in cui non esiste la successione necessaria.
Anche in questo caso il problema è trovare l'equilibrio fra interessi confliggenti. L'equilibrio è l'espressione della giustizia, e come afferma Platone, «solo l'anima giusta è felice».
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