Capitolo 5 - L'imposta di registro
Capitolo 5
L'imposta di registro
di Maria Pia Nastri
5.1 L'imposta di registro: profili soggettivi
L'affitto di azienda è soggetto a registrazione sia nel caso in cui sia redatto in forma scritta - per atto pubblico, scrittura privata autenticata o non autenticata - sia in presenza di contratto verbale, per effetto degli art. 2 e 3 comma 1 lett. b) del D.P.R. 131/86.
In virtù dell'alternatività tra Iva e registro ex art. 40 del D.P.R. 131/86, come innanzi chiarito, le prestazioni di servizi sconteranno l'Iva in misura proporzionale e l'imposta di registro in misura fissa.
Le società commerciali, gli enti non commerciali e l'imprenditore individuale che affittino un'azienda (purchè non sia l'unica) o un ramo d'azienda, saranno soggetti ad Iva nella misura del 20% e ad imposta di registro in misura fissa pari a 168.00 euro.
Invece, come innanzi chiarito, in caso di affitto di azienda da parte di imprenditore individuale che conceda in affitto l'unica azienda, dell'erede dell'imprenditore e non prosegue l'attività, nonché per gli enti non commerciali che affittano l'unica azienda si applicherà l'imposta di registro proporzionale del 3%, trattandosi di operazioni effettuate fuori del campo di applicazione dell'Iva per assenza del requisito soggettivo [nota 49].
5.2 La registrazione in termine fisso o in caso d'uso
Ai fini della registrazione è necessario distinguere tra gli atti soggetti a registrazione in termine fisso e quelli soggetti a registrazione in caso d'uso: l'affitto di azienda è soggetto a registrazione in termine fisso ai sensi dell'art. 13 del Tur entro venti giorni se l'atto è formato in Italia, ed in 60 se formato all'estero.
Gli atti pubblici e le scritture private sono soggette a registrazione in termine fisso ai sensi dell'art. 5, della Tariffa parte I, D.P.R. 131/86, mentre le scritture private non autenticate relative a cessioni di beni e prestazioni di servizi sono soggette a registrazione in caso d'uso ai sensi dell'art. 1, lett. b) della Tariffa, parte II del citato D.P.R. 131/86.
I contratti di affitto di azienda stipulati tramite scritture private non autenticate, se rientranti nell'ambito delle operazioni imponibili Iva saranno soggetti a registrazione solo in caso d'uso ai sensi dell'art. 5 del Tur [nota 50]. Infatti, ai sensi dell'art. 6, D.P.R. 131/86 sono soggetti a registrazione soltanto in caso d'uso le scritture private non autenticate se depositate presso le cancellerie giudiziarie nell'espletamento di attività amministrative, o presso l'Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, ad eccezione dei casi in cui ai fini dell'adempimento di un'obbligazione delle amministrazioni o sia obbligatorio per legge o regolamento.
I contratti verbali di affitto di aziende situate nel territorio dello Stato sono soggetti a registrazione in termine fisso ai sensi dell'art. 3 lett. b) con pagamento rispettivamente dell'imposta fissa (caso d'uso) se l'affitto di azienda è soggetto ad Iva e ad imposta proporzionale se, invece, non è assoggettato a detta imposta.
è necessario precisare che nel caso in cui il contratto di affitto di azienda sia sottoposto ad Iva non sarà obbligatoria la registrazione in termine fisso [nota 51].
5.3 L'applicazione dell'imposta di registro
L'affitto di azienda è soggetto ad imposta fissa di registro, pari a 168.00 euro, se il locatore è una società, un ente commerciale o un imprenditore che cede una delle aziende di cui è proprietario, mentre nel caso in cui il locatore sia l'imprenditore individuale titolare dell'unica azienda, l'erede dell'imprenditore o l'ente non commerciale che affitta l'unica azienda si applicherà l'aliquota del 3% ai sensi dell'art. 9 parte I della Tariffa.
Resta ferma l'applicazione dell'art. 23 del D.P.R. 131/86 che espressamente dispone l'applicazione, in presenza di beni o diritti per i quali sono previste aliquote diverse, quella più elevata, salva l'ipotesi che per i singoli beni siano stati previsti corrispettivi distinti. In tal caso si potrà applicare l'aliquota del 3% sulla componente immobiliare e quella del 2% sui beni immobili [nota 52].
Gli atti formati all'estero che hanno per oggetto l'affitto di aziende situate nel territorio dello Stato sono soggetti a registrazione ai sensi dell'art. 2 del D.P.R. 131/86.
5.4 La cessione dell'azienda nelle imposte indirette
La nozione di azienda e la cessione di singoli beni aziendali
Nel contratto di affitto può essere inserita una clausola che preveda la cessione dell'azienda al termine del contratto di affitto allo stesso affittuario, oppure in costanza di affitto le parti potranno convenire il trasferimento della stessa. Si ripropongono quindi, in tali ipotesi, una serie di problematiche inerenti la cessione d'azienda, sarà quindi necessario distinguere quando si verifichi il trasferimento di singoli beni dalla cessione dell'intero complesso aziendale. A tal fine è necessario rifarsi alla nozione di azienda in ambito tributario che come evidenziato nel primo capitolo è piuttosto ampia e coincide con quella accolta dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, quale complesso di elementi materiali ed immateriali nel sistema dell'Iva ex art. 19 della direttiva 2006/112/Ce [nota 53].
Secondo l'orientamento giurisprudenziale più recente, infatti, non rileva la configurazione del rapporto giuridico relativo al bene trasferito, ma l'idoneità e la potenzialità del complesso aziendale all'esercizio dell'attività economica [nota 54].
Come innanzi evidenziato, è dalla nozione d'impresa comprendente ogni elemento aziendale (beni materiali e immateriali), che discende la qualificazione dell'operazione e la tassazione ai fini Iva o dell'imposta di registro, secondo la regola dell'alternatività [nota 55].
Le conseguenze in termini di prelievo sono rilevanti, in quanto vi è una diversità di basi imponibili, considerato che solo con l'imposta di registro è possibile tassare quella particolare componente del valore di un'azienda costituita dall'avviamento [nota 56].
Pertanto, in ragione del principio di alternatività Iva-registro di cui all'art. 40 D.P.R. 131/1986, qualificare o meno come complesso aziendale l'oggetto di una cessione, acquista un rilievo decisivo per stabilire il regime fiscale, notevolmente differente, cui assoggettare l'operazione. è, quindi, facilmente comprensibile perché nella prassi si tenti di sfuggire alla configurazione dell'operazione traslativa come una cessione d'azienda, spesso frammentando il trasferimento del complesso aziendale in una serie di vendite, a favore del medesimo acquirente, tutte aventi ad oggetto i singoli beni aziendali.
Infatti, ai fini della determinazione della base imponibile la cessione d'azienda è soggetta all'imposta proporzionale del 3% sul valore complessivo dei beni.
La determinazione della base imponibile
In mancanza di precise pattuizioni in relazione ai singoli beni inclusi nella cessione, il trasferimento si considera comprensivo di tutti gli elementi facenti parte dell'azienda senza necessità di specifiche indicazioni nell'atto di trasferimento. In ogni caso al fine di evitare l'applicazione dell'aliquota più elevata ai sensi dell'art. 23 comma 1, del Tur. L'analitica indicazione della base imponibile dei singoli beni oggetto del trasferimento, previa deduzione delle passività, consentirà una corretta tassazione secondo le diverse aliquote. Gli immobili saranno assoggettati a tassazione secondo il valore venale in comune commercio, compreso l'avviamento, al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa, ai sensi dell'art. 51 comma 4 del Tur oppure in base al prezzo della cessione [nota 57].
Nella determinazione del valore di mercato dei beni immobili si dovrà tenere conto dell'art. 1 comma 307 della L. 296/06 ove è previsto che per la uniforme e corretta applicazione dell'art. 52 del Tur sono individuati periodicamente i criteri per la determinazione del valore normale. Con provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 27 luglio 2007 sono stati indicati i citati criteri per la determinazione di tale valore ai sensi dell'art. 51 comma 3 del D.P.R. 131. Con detto provvedimento è stato indicato un valore fisso rappresentato dalle quotazioni Omi, da una serie di fattori variabili relativi alle peculiari caratteristiche del fabbricato (es. livello del piano, categoria catastale ed altri elementi, prezzi effettivamente praticati, prezzi che emergono dagli accertamenti effettuati, prezzi applicabili per offerte di vendita, prezzi che emergono da offerte al pubblico, e ristrutturazioni) [nota 58].
Il valore, così determinato, costituisce una presunzione semplice che potrà essere ammessa alla valutazione del giudice solo se avrà i requisiti di gravità, precisione e concordanza. In merito è opportuno ricordare che ai sensi dell'art. 52 comma 5-bis del Tur. solo i trasferimenti rientranti nel c.d. prezzo valore non sono soggetti a giudizio di congruità, mentre tutti gli altri trasferimenti saranno soggetti a valutazione secondo il valore venale in comune commercio [nota 59].
Per quanto concerne l'avviamento, in mancanza di specifiche norme in ambito tributario, sia che esso sia positivo, sia negativo o anche inesistente, l'azienda sarà oggetto di trasferimento anche se inattiva [nota 60]. Al contrario non è configurabile una cessione d'azienda (o di un suo ramo) costituita dal solo avviamento [nota 61]. Sotto il profilo fiscale la determinazione del valore da attribuire all'avviamento è un aspetto di particolare rilevanza anche in considerazione del rischio di un eventuale accertamento. Tuttavia, anche in tal caso la mancanza di disposizioni chiare in merito alla determinazione dello stesso hanno generato un ampio contenzioso tributario.
Solo con l'introduzione del D.P.R. del 31 luglio 1996, n. 460 sono stati determinati i criteri omogenei di quantificazione del valore dell'avviamento, tuttavia, tale normativa pure avendo il pregio di stabilire le modalità per fissare il valore oggetto di adesione quando il bene trasferito sia un'azienda è stata abrogata con il D.lgs. 19 giugno 1997, n. 218.
Nonostante la circolare dell'8 agosto 1997, n. 235, rinviasse a successive indicazioni i criteri di determinazione dell'avviamento delle aziende detti criteri non sono stati mai forniti ed ancora oggi ai fini della determinazione dell'avviamento si utilizzano i criteri tratti dal predetto regolamento di cui al D.P.R. del 31 luglio 1996, n. 460 [nota 62].
La Cassazione ha chiarito che con il regolamento di cui al D.P.R. n. 460/96 il legislatore ha voluto fornire i valori minimi cui l'Amministrazione finanziaria deve attenersi in fase di accertamento con adesione, nella consapevolezza che solo la determinazione di valori inferiori a quelli accertati o accertabili, può invogliare il contribuente ad accedere ad una definizione transattiva.
L'Agenzia delle entrate con comunicazione n. 52 del 5 marzo 2003 ha, poi, precisato che il valore dell'avviamento può essere quantificato secondo l'abrogato art. 2, comma 4, D.P.R. 460/96 che costituisce, l'unico metodo di valutazione, anche se resta nella discrezionalità dell'amministrazione e del contribuente l'utilizzo di altri criteri.
In caso di trasferimenti immobiliari le accessioni i frutti pendenti e le pertinenze si presumono trasferiti all'acquirente dell'immobile a meno che non siano espressamente esclusi dalla vendita o si dimostri con atto registrato che siano di proprietà di un soggetto terzo (ex art. 24 Tur). La disposizione contiene una presunzione iuris tantum suscettibile, quindi, di prova contraria. Il secondo comma del citato articolo tende, come è noto, ad evitare fenomeni elusivi disponendo il recupero dell'imposta di registro nel triennio successivo se le pertinenze risultino di proprietà dell'acquirente: per evitare l'applicazione dell'aliquota più onerosa (relativa al bene principale) sarebbe sufficiente alienare separatamente, il bene mobile applicando l'aliquota del 3%, ma l'Agenzia delle entrate potrà, in presenza di un bene mobile pertinenziale, procedere al recupero della maggiore imposta relativa al bene immobile detratta l'imposta già pagata per la cessione del bene mobile. Risulta, quindi, determinante la corretta qualificazione delle pertinenze.
In relazione alla cessione del marchio, prima della riforma di cui al D.lgs. 4 dicembre 1992, n. 480 e del D.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (codice della proprietà industriale), il marchio poteva essere trasferito autonomamente. Infatti, il trasferimento dell'azienda e del marchio, indipendentemente dalla contestualità delle operazioni, costituiva un negozio complesso: la cessione d'azienda veniva assoggettata ad imposta di registro, mentre la cessione del marchio ad Iva [nota 63]. La sentenza della Corte di Giustizia C-497 del 27 novembre 2003 ha escluso la tassazione separata del marchio ai fini Iva nel caso in cui il trasferimento dello stesso avvenga nell'ambito di una cessione d'azienda. Successivamente con la risoluzione 3 aprile 2006 n. 48/E l'Agenzia delle entrate ha chiarito che il marchio ceduto al di fuori della cessione dell'azienda costituisce prestazione di servizi e quindi soggetto ad Iva, mentre la cessione del marchio nell'ambito di una cessione di azienda (intesa, quindi, come universalità dei beni aziendali) perde la sua individualità per fondersi con l'azienda di cui è parte, pertanto verrà assoggettato ad imposta di registro.
La cessione dei contatti di locazione
Alla luce della nozione di azienda, così come delineata, in senso unitario (insieme di beni, contratti ecc. potenzialmente idonei a realizzare un'attività aziendale) risulta criticabile la recente sentenza della Corte di Cassazione che qualifica come fattispecie negoziali distinte la cessione dell'azienda e la cessione del contratto di locazione di immobili [nota 64].
La Suprema Corte ha, infatti, affrontato il problema della tassazione della cessione dei contratti di locazione di immobili in cui viene svolta l'attività aziendale contestualmente alla cessione dell'intera azienda.
La determinazione dell'imposta di registro dovuta, in quanto imposta d'atto, viene effettuata sulla base della natura dell'atto sottoposto a registrazione quale indice di capacità contributiva.
In presenza di più atti in un medesimo documento, ciascuno sarà assoggettato alla tassazione prevista, salvo il caso in cui vi sia connessione negoziale unitaria e non scindibile tale da escludere l'autonoma rilevanza fiscale delle singole disposizioni.
Preliminarmente è necessario soffermarsi sulla distinzione tra la definizione di collegamento negoziale e quella di negozio complesso.
Attraverso il collegamento negoziale, le parti realizzano un'unica operazione economica attraverso più negozi autonomi ad essa funzionalmente collegati. Infatti, i contratti collegati sono diretti a perseguire un «interesse immediato, autonomamente identificabile che è tuttavia strumentale o parziale rispetto all'interesse unitario perseguito attraverso l'insieme dei contratti».
Sarà, quindi, possibile identificare sia la causa complessiva dell'operazione, sia quella dei singoli contratti. Il negozio si dice, invece, complesso, quando le disposizioni contenute nell'atto derivano necessariamente le une dalle altre. Appare evidente che a fronte della pluralità di elementi presenti in entrambe le fattispecie, tuttavia solo nel negozio complesso è ravvisabile il requisito dell'unicità della causa. I singoli negozi che compongono il negozio complesso sono, ai fini dell'imposta di registro soggetti ad autonoma valutazione, in quanto sono riconducibili ad un unico rapporto giuridico, si applica, pertanto, la disposizione di cui all'art. 21, comma 2, del D.P.R. n. 131/1986.
Nel negozio collegato, invece, le diverse disposizioni conservano un'autonoma rilevanza, trovando applicazione la previsione dal comma 1 del medesimo art. 21 citato.
La Corte di Cassazione, infatti, ha ritenuto che la connessione tra le convenzioni concluse in sede di regolamento negoziale deve essere non meramente volontaria, bensì necessaria per esigenza obiettiva del negozio giuridico: l'esistenza dell'una non potrà prescindere dall'altra [nota 65].
Secondo l'opinabile orientamento della Corte il contratto oggetto della controversia contiene più atti, ciascuno espressione di capacità contributiva, e considera il contratto di locazione effetto naturale del negozio di trasferimento d'azienda, che le parti, tuttavia possono escludere con una diversa pattuizione. La Corte seguendo tale percorso interpretativo ha applicato il primo e non il secondo comma dell'articolo 21 D.P.R. 131/1986 tassando autonomamente il contratto di locazione [nota 66].
I giudici della Suprema Corte hanno, infatti, impropriamente assimilato gli atti che contengono più disposizioni ex art. 21 D.P.R. 131/1986 e le disposizioni relative a beni soggetti ad aliquote diverse ex art. 23 D.P.R. 131/1986.
Appare evidente che il contratto di locazione dell'immobile nel quale è svolta l'attività d'impresa è parte integrante del complesso aziendale.
Inoltre, l'articolo 2558 c.c., dispone che: «se non è pattuito diversamente l'acquirente dell'azienda subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale». Infatti, come specificato in relazione alla successione dei contratti, in caso di cessione di azienda è prevista una deroga a quanto previsto dal legislatore per la cessione del contratto con la previsione che «ciascuna parte può sostituire a sè un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purchè l'altra parte vi consenta» (art. 1406 c.c.).
La Corte richiamando la propria precedente giurisprudenza, ha evidenziato come la ratio della disposizione ex art. 20 del D.P.R. n. 634/1972 (e art. 21 del D.P.R. n. 131/1986) risieda nel fatto che il collegamento fra le convenzioni concluse in sede di regolamento negoziale deve avere natura obiettiva.
Dunque, non è sufficiente la volontà delle parti che abbiano considerato i contratti reciprocamente coordinati come conseguenza gli uni degli altri: la connessione deve essere assolutamente necessaria per esigenza obiettiva del negozio giuridico e non una connessione voluta dai soli contraenti.
Secondo la Corte deve sussistere una oggettiva necessità giuridica e contrattuale di connessione.
Tuttavia, appare evidente che la fattispecie contrattuale descritta non può soggiacere alla tassazione delle singole disposizioni in quanto rivolta al perseguimento di un effetto giuridico complesso e coordinato tale da rendere le singole pattuizioni insuscettibili di esprimere una capacità contributiva autonoma [nota 67].
Inoltre, è necessario sottolineare che il contratto di locazione se relativo al godimento dei locali in cui si svolge l'attività della impresa potrebbe rappresentare un elemento determinante senza il quale non sarebbe neppure possibile configurare la cessione della azienda. Invero, qualora si ritenesse che la cessione di tale contratto si realizzi attraverso un negozio separato e distinto rispetto a quello di cessione dei singoli beni l'ovvia conseguenza sarà quella di non potere qualificare quest'ultimo quale negozio di cessione di azienda poiché carente di un elemento essenziale.
5.5 L'affitto dell' azienda agricola
L'art. 40 D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 prevede l'assoggettamento ad Iva e ad imposta fissa di registro delle cessioni e delle prestazioni di cui all'art. 21, comma 6, D.P.R. 633/72 , tra le quali sono comprese anche le operazioni esenti di cui all'art. 10, ad eccezione di quelle previste dall'art. 10, n. 8 e tra le quali rientra l'affitto di aziende agricole.
Detto articolo annovera tra le operazioni esenti le locazioni, gli affitti e le relative proroghe, risoluzioni e cessioni di terreni e aziende agricole.
Il legislatore si è limitato ad indicare tra le operazioni esenti i contratti che hanno per oggetto i terreni, tuttavia, nel caso di affitto di azienda agricola sussistono due elementi caratterizzanti il contratto, l'azienda e il terreno che talvolta possono determinare dubbi interpretativi in relazione alla corretta qualificazione e tassazione dell'operazione.
Per consentire preliminarmente la delimitazione del campo di indagine in tema di affitto di azienda possiamo sinteticamente assumere che la locazione di terreni, costruzioni rurali con relative pertinenze e scorte si caratterizza per la prevalenza del fattore immobiliare strettamente connesso con il fondo rustico, pertanto detti contratti devono essere considerati esenti ai sensi del citato art. 10 n. 8) del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 [nota 68].
L'affitto di azienda agricola rientra nel regime di esenzione di cui all'art. 10 comma 1, n. 8 citato, sarà quindi assoggettato all'imposta di registro in misura proporzionale, non essendo applicabile l'art. 40 del D.P.R. 131/86 e la conseguente alternatività Iva - registro [nota 69].
Se, invece, i canoni relativi alla componente mobiliare e quelli della componente immobiliare, saranno indicati separatamente l'aliquota applicabile sarà rispettivamente del 3% e del 2%.
Diversamente il contratto di affitto di un immobile attrezzato per l'effettuazione di determinate operazioni, se comprensivo di altri oneri quali, ad esempio, la fornitura di energia elettrica, gas ed altre spese generali, sarà considerato affitto di azienda in quanto comprensivo di una serie di servizi e, quindi, imponibile ai fini Iva [nota 70].
5.6 L'affitto di terreni
Per mera completezza, è opportuno fare cenno al contratto di affitto di terreni, che rientra tra i contratti denominati di affitto avente ad oggetto beni produttivi.
La corretta qualificazione del contratto di affitto di terreni risulta rilevante per poter distinguere detto contratto da quello di affitto di azienda agricola.
Il contratto di affitto di terreni realizzato da un soggetto non Iva sarà assoggettato all'applicazione dell'imposta di registro dello 0,50% ai sensi dell'art. 5 comma 1 della Tariffa parte I, citato.
Nel caso in cui il locatore sia, invece, un soggetto Iva saranno assoggettati ad imposta sul valore aggiunto solo i contratti di affitto delle aree edificabili e le aree destinate a parcheggio di autoveicoli con l'aliquota del 20% e imposta di registro fissa in applicazione del principio di alternatività Iva - registro.
L'affitto di fondi rustici, cioè di terreni con i relativi fabbricati pertinenti destinati allo svolgimento di attività agricola è esente da Iva ai sensi dell'art. 10 comma 1, n. 8 del D.P.R. 633/73 e soggetto ad imposta di registro dello 0,50% (art. 5, Tariffa parte I); mentre l'affitto di terreni (non edificabili e non destinati a parcheggio) è esente da Iva ai sensi dell'art. 10, comma 1, n. 8 citato e soggetto ad imposta di registro proporzionale del 2%.
I contratti di affitto di terreni, innanzi descritti, con l'entrata in vigore della L. 248/2006 sono tutti soggetti a registrazione in termine fisso (30 giorni dalla stipulazione del contratto).
In caso di affitto di terreni e affitto di azienda agricola non ricorre l'applicazione della norma antielusiva di cui all'art. 35 comma 10-quater, citata, che fa riferimento ai soli fabbricati il cui valore è legato all'analisi comparativa delle imposte indirette dovute, poc'anzi esaminate.
In caso di affitto di azienda agricola o di terreni il problema che si pone ai fini della tassazione è la corretta qualificazione dell'operazione posta in essere.
Infatti, fatta eccezione del caso di affitto di aree edificabili e aree destinate a parcheggio, operazioni imponibili Iva, l'affitto di azienda agricola (con componente immobiliare distinta da quella mobiliare) e l'affitto di terreni non edificabili e non destinati a parcheggio sono esenti Iva e soggetti ad imposta proporzionale di registro del 2%; pertanto, il problema interpretativo si pone limitatamente alla corretta qualificazione del terreno oggetto del contratto di affitto.
Se il terreno facente parte dell'azienda agricola risultasse edificabile o adibito ad area di parcheggio dovrebbe, infatti considerarsi escluso dall'azienda agricola ed il relativo canone di locazione dovrebbe essere assoggettato a tassazione come operazione imponibile Iva.
In merito alle aree edificabili è opportuno ricordare che l'art. 36, comma 2, della L. n. 248/2006, ha introdotto una nozione uniforme di area edificabile per le imposte dirette, indirette e per l'imposta comunale sugli immobili [nota 71]. Detta disposizione ha individuato come edificabili tutti i terreni, meramente, inseriti in un Prg, anche se non ancora approvato: l'edificabilità non viene più subordinata al perfezionamento di un atto amministrativo a fattispecie complessa, ma alla mera potenzialità dell'area [nota 72].
L'introduzione della disposizione è stata oggetto di dibattito dottrinario e giurisprudenziale, tuttavia, nonostante le complesse questioni interpretative detta nozione ha trovato ingresso nel nostro ordinamento nonostante gli annosi dubbi applicativi [nota 73].
In fase di accertamento l'amministrazione finanziaria potrà, infatti, verificare l'eventuale difformità tra il prezzo (corrispettivo pattuito) ed il valore normale.
In tutti i casi di cessioni di terreni la determinazione della base imponibile sarà effettuata secondo il valore normale e, quindi, detti atti saranno soggetti a valutazione da parte dell'amministrazione finanziaria sulla base dei poteri ad essa attribuiti. L'introduzione dell'art. 52 comma 5-bis, del D.P.R. n. 131/86, limita, infatti, il potere di accertamento con riferimento alle sole cessioni di fabbricati rientranti nella disciplina del prezzo valore senza tenere conto della necessità di coordinarlo con i precedenti commi 4 e 5, ove i riferimenti alle rendite catastali per il calcolo del valore dei terreni risulterebbe tacitamente abrogato [nota 74].
Dal citato provvedimento n. 2007/120811 del 27 luglio 2007 non emerge alcun riferimento ai criteri applicabili per la determinazione della base imponibile dei terreni. Pertanto, in mancanza di criteri utili espressamente previsti, la determinazione della base imponibile verrà effettuata attraverso il riferimento alle determinazioni di valore eventualmente adottate dai Comuni con proprio decreto ai sensi dell'art. 5 del D.lgs. n. 15 dicembre 1977, n. 446 o attraverso altri elementi che l'amministrazione potrà acquisire attraverso i nuovi poteri di accertamento in materia di imposizione indiretta.
[nota 49] Si precisa che talvolta l'azienda, per il tipo di attività esercitata, può essere costituita da un ampio complesso di beni oppure limitarsi ai beni essenziali all'esercizio dell'attività è il caso ad es. di aziende di trasporto stradale o fluviale composte da automezzi o natanti e licenze.
[nota 50] I contratti in forma non autentica sono oramai un'ipotesi di scarso rilievo in quanto la forma autentica è necessaria per l'iscrizione al Registro delle imprese dopo la le modifiche introdotte dalla L. 310/93.
[nota 51] Cfr. G. ARNAO, Manuale dell'imposta di registro, Milano, Ipsoa, 2005, p. 70.
[nota 52] Cfr. L. MANDRIOLI, «Profili e valutazioni fiscali della cessione e dell'affitto di azienda nelle situazioni di crisi», in Fall., 2004, p. 237.
[nota 53] Cfr. T. TASSANI, «Cessione onerosa di beni e contratti d'impresa nell'imposizione indiretta», in Rass. trib., 2009, p. 1673 e ss., sulla nozione di azienda si veda anche l'art. 5, par. 8, VI direttiva, Corte Giustizia Ce 23 novembre 2003, causa C-497/01. La ratio del regime di esclusione richiede, ad avviso della Corte, che il trasferimento dell'azienda riveli la «intenzione» del beneficiario «di gestire l'azienda o la parte di impresa trasferita e non semplicemente di liquidare immediatamente l'attività interessata nonché, eventualmente, vendere lo stock». In questa prospettiva, la operazione deve essere considerata in termini unitari, e cioè valutando beni e rapporti giuridici o, come si esprime la Corte, elementi «materiali ed immateriali». L'Avv. gen. Jacobs (conclusioni presentate il 26 settembre 2002, punto n. 34) esemplifica tali elementi come «lo stabilimento, le apparecchiature e le dotazioni di un'impresa» (elementi materiali) e come «il diritto del locatario in una locazione, la ditta e l'insegna, i marchi d'impresa e l'avviamento» (elementi immateriali). Anche nella interpretazione delle direttive n. 69/335 (raccolta di capitali) e n. 90/434 (imposte sui redditi: fusioni, scissioni, conferimento d'azienda e scambi di partecipazioni tra società di Stati membri differenti). Il rilievo, nelle direttive comunitarie indicate, della azienda come unità funzionale, in grado di svolgere una attività economica, considerando non solo i beni ma anche, in termini generali, i rapporti d'impresa, è sottolineato da A. CARINCI, Le riorganizzazioni societarie e le imposte sui redditi. Il regime comunitario, in AA.VV., Lo stato della fiscalità nell'Unione europea a cura di A. Di Pietro, Roma, 2003, II, p. 509 e ss.; ai fini della interpretazione del diritto comunitario, la giurisprudenza della Corte di Giustizia richiede una applicazione uniforme degli istituti giuridici comuni a diversi settori del diritto comunitario (per tutte, si veda Corte Giustizia Ce, 27 febbraio 2003, causa C-373/00).
[nota 54] In questo senso, anche le considerazioni di A. CARINCI, «Il trasferimento di azienda ai fini Iva e registro: il problema della nozione di azienda ai fini fiscali», in Riv. dir. trib., 1996, I, p. 1174, secondo cui, nella disciplina Iva, si impone «l'idea di azienda come strumento di impresa, secondo una prospettiva tesa ad accentuarne più l'aspetto dinamico/funzionale che non quello statico/organizzativo».
[nota 55] Cfr. S. LA ROSA, La cessione onerosa d'azienda nel sistema delle imposte indirette, in Studi in onore di V. Uckmar, II, Padova, Cedam, 1997, p. 701; A. FEDELE, Struttura dell'impresa e vicende …, cit., p. 175.
[nota 56] A. CARINCI, «Il trasferimento di azienda ai fini Iva …», cit., p. 1165 e ss.
[nota 57] Cfr. Cass., sez. trib., 30 luglio 2008, n. 20691, in banca dati Fisconline. La suprema Corte, ha infatti chiarito che il valore dell'azienda «non è necessariamente espresso dalla sommatoria delle sue componenti positive … (ma) ben può costituire significativo indice sintomatico il valore dei debiti aziendali che il cessionario si sia esplicitamente accollato in aggiunta al corrispettivo versato; valore, dal quale vanno, poi dedotte le passività risultanti dalle scritture contabili». M. BEGHIN, L'abuso del diritto nell'imposta di registro e il problema della "selezione" negoziale degli elementi costituenti l'azienda, in banca dati Fisconline, ove viene ribadito che nel testo unico, è stabilito che i debiti o gli altri oneri accollati concorrano a far parte della base imponibile (art. 43, comma 2, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131), anche se poi, in virtù di altra disposizione, il valore dell'azienda viene individuato nel valore complessivo dei beni che la compongono, «al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie» (come si legge, appunto, all'art. 51, comma 4, del D.P.R. n. 131/1986). Pertanto, non si comprende come la Suprema Corte abbia potuto qualificare la fattispecie descritta nella sentenza quale operazione abusiva, considerato che il contribuente si è limitato a versare l'imposta corrispondente al valore del bene acquistato. Se la società venditrice non avesse inserito nello stato patrimoniale il debito di natura finanziaria, l'azienda avrebbe mantenuto un valore più elevato e di conseguenza anche il corrispettivo. Tuttavia, se quella passività esiste e «viene però disconosciuta» il corrispettivo risulterà maggiore rispetto al valore reale della stessa azienda. Quindi, se le poste debitorie esistono, incideranno sul valore del bene che è stato trasferito.
[nota 58] Cfr. T. TASSANI, «Efficacia dell'individuazione dei criteri utili per la determinazione del valore normale dei fabbricati (provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate 2007/120811 del 27 luglio 2007», in Cnn notizie del 31 ottobre 2007; M. BASILAVECCHIA, «L'accertamento del valore di mercato degli immobili», in Corr. trib., 2007, p. 195; A. PISCHETOLA, «L'Agenzia delle entrate detta criteri per la determinazione del valore normale dei fabbricati», in Fisco, 2007, p. 4860; F. D'ALFONSO, «Il valore normale nelle compravendite immobiliari», in Fisco, 2007, p. 4540; V. MASTROIACOVO, «L'agenzia delle entrate fissa i criteri utili per la determinazione del valore normale dei fabbricati», in Corr. trib., 2007, p. 3011.
[nota 59] Il decreto legge Visco-Bersani (n. 223/2006) ai fini dell'Iva aveva introdotto una presunzione legale relativa, in relazione ai trasferimenti dei soli beni immobili, in caso di scostamento tra il valore dichiarato ed il valore normale. Tuttavia la legge comunitaria del 2008 con l'art. 24 commi 4 lett. f) e 5, come noto, ha modificato l'art. 54 comma 3 del D.P.R. n. 633/72 e l'art. 39 comma 1 lett. d) del D.P.R. n. 600/73, eliminando la citata presunzione legale in merito agli accertamenti immobiliari ed alla determinazione del valore normale introdotte dal D.l. 223/2006. Secondo la recente modifica, l'eventuale differenza tra valore dichiarato e valore normale costituirà una presunzione semplice anche per le imposte dirette e per l'Iva. Per ulteriori approfondimenti T. TASSANI, «L'accertamento dei corrispettivi nelle cessioni immobiliari e la nuova presunzione sul valore normale», in Rass. trib., 2007, p. 137 e ss.; M.P. NASTRI, «La determinazione della base imponibile nell'imposta di registro: i trasferimenti immobiliari tra prezzo-valore e valore normale», in Riv. dir. trib., 2007, I, p. 1133; A. PISCHETOLA - T. TASSANI, «L'accertamento immobiliare in base al valore normale dopo la legge "comunitaria" n. 88/2009», Studio n. 117-2009/T, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e materiali, 2009, 4, p. 1489.
[nota 60] L'avviamento avrà un distinto valore patrimoniale, infatti, l'art. 2424 c.c. impone di considerare nel bilancio, fra le attività, anche l'avviamento, ma solo quello per il quale la società ha sostenuto un costo ai sensi dell'art. 2426 c.c. Pertanto, all'avviamento dell'azienda cedente si aggiungerà quello dell'azienda cessionaria costituendo il valore di avviamento nel caso di successiva cessione onerosa dell'azienda.
[nota 61] Cfr. A. RUOTOLO, «Trasferimento di azienda composta del solo avviamento», quesito n. 107-2008/I, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e materiali, 2008, 3, p. 1424.
[nota 62] Detta metodologia di calcolo dell'avviamento costituisce un criterio valutativo ai fini dell'accertamento con adesione e, quindi, non vincolante, per il contribuente, ai fini della mera determinazione del valore in sede di trasferimento: al di fuori del concordato, il valore dell'avviamento determinato attraverso il citato criterio avrà solo carattere presuntivo. In tal senso Cass., sez. trib., 23 luglio 2008, n. 20280 in banca dati Fisconline; Comm. trib. reg. Lombardia, 16 gennaio 2007, n. 7, in Riv. giur. trib., 2008, p. 82.
[nota 63] Cfr. P. PURI, «Profili fiscali della cessione d'azienda», Studio n. 158-bis/1993, in CNN Notizie-Strumenti-Azienda; Cass., sez. trib., 26 marzo 2003, n. 4452, in banca dati Fisconline; Cass., sez. trib., 1 aprile 2003, n. 4974, in Rass. trib., 2004, p. 665 con commento di G. RUSSO - F. PADOVANI, «La cessione dell'azienda e del marchio: riflessioni a margine del recente orientamento della Corte di Cassazione».
[nota 64] Cfr. Cass., sez. trib., 4 maggio 2009, n. 10180, in Corr. trib., 2009, p. 2197, con nota di G. CORASANITI; la Suprema Corte testualmente sostiene «… Correttamente la Commissione tributaria centrale, ha escluso che, sulla qualificazione del nesso di necessaria derivazione della cessione delle locazioni dalla cessione di azienda, potessero influire la L. n. 19 del 1963 e l'art. 2558 c.c. sia perchè entrambe (e non solo la L. del 1963, come affermato dalla Commissione tributaria centrale) si limitano a svincolare il transito del contratto di locazione dei locali aziendali dal consenso del locatore ceduto, sia perchè, quanto all'art. 2558 c.c., l'effetto naturale del negozio di trasferimento d'azienda, consistente nella successione ex lege nei contratti, non è "necessario", potendo essere escluso dalla diversa pattuizione delle parti. Del resto, la ratio del descritto effetto naturale del negozio traslativo consiste proprio nel preservare l'efficienza produttiva del complesso ceduto; con la conseguenza che la Commissione tributaria centrale ha congruamente collegato alla convenienza economica del nuovo titolare dell'azienda - interessato ad assicurarsi l'effettivo avviamento la scelta circa la concreta effettuazione (o mantenimento) del subentro nei contratti aziendali. Altrettanto correttamente, quindi, la Commissione tributaria centrale, ha considerato il caso scrutinatale in base al D.P.R. n. 634 del 1972, art. 20 ed ha verificato se le molteplici disposizioni di cessione - contenute nell'atto oggetto di registrazione e riguardanti nel primo caso il trasferimento dell'azienda, e nel secondo caso la sola cessione dei contratti di locazione - potessero ritenersi tali da derivare necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, e la risposta non ha potuto che essere negativa, presentando esse funzione diversa, e risultando, inoltre, niente affatto necessariamente derivanti, per la loro intrinseca natura, l'una dall'altra, ma piuttosto al più interdipendenti. Le due disposizioni, correttamente individuate, non possono ritenersi necessariamente derivanti l'una dall'altra, così da risultare inscindibilmente connesse, per virtù di norma di legge o per la loro intrinseca natura, bensì connesse in maniera soltanto occasionale. Esse, inoltre, risultano espressione ciascuna di autonoma capacità contributiva, onde la conformità della duplice tassazione alla ratio della norma impositiva …»; sul punto v. T. TASSANI, «Cessione onerosa di beni e contratti …», cit., p. 1673 e ss.
[nota 65] Cass., sez. trib., 7 giugno 2004, n. 10789, in Corr. trib., 2004, p. 2680 e ss.
[nota 66] Contra Comm. trib. centr. 12 maggio 1989, n. 3337, in Comm. trib. centr., 1989, I, p. 367; Comm. trib. centr. 10 giugno 1986, n. 5037, in Rass. trib., 1986, II, p. 532. Per ulteriori approfondimenti, G. PETTERUTI, «Imposte fisse e pluralità di oggetti o negozi», Studio n. 144-2008/T, in www.notariato.it; ulteriori profili in G. PETRELLI, «Imposta di registro elusione fiscale, interpretazione e riqualificazione degli atti», Studio n. 95-2003/T, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e materiali, 2004, 2, p. 875..
[nota 67] Cfr. G. TURIS, Qualificazione degli effetti sostanziali del negozio giuridico e regime tributario applicabile, in banca dati Fisconline; A. MONTESANO, «La cessione del contratto di locazione nei trasferimenti di azienda», in Fisco, 2009, p. 3708 e ss.
[nota 68] Cfr. ris. min. 27 ottobre 1980, n. 381014, in banca dati Fisconline.
[nota 69] In relazione all'affitto dell'azienda agricola si precisa, per mera completezza, che non decade dalle agevolazioni concesse per la piccola proprietà contadina, il coltivatore diretto che affitti il fondo prima che siano decorsi cinque anni dall'acquisto, a favore di una società agricola costituita tra l'affittante stesso, il suo coniuge, i suoi parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo. Sarà, però, necessario che il concedente continui a coltivare direttamente il fondo. In tal senso ris. min. 4 luglio 2008, n. 279/E, in banca dati Fisconline.
[nota 70] Cfr., ris. min. 6 maggio 1980, n. 381790, in banca dati Fisconline; ris. min. 3 aprile 2008, n. 126, cit.
[nota 71] Cfr. Sulla nozione di area edificabile cfr. P. PURI, «La nuova nozione di terreno edificabile nella disciplina dei diversi tributi», in Novità e problemi dell'imposizione tributaria relativa agli immobili, I Quaderni della Fondazione italiana per il Notariato, 2006, 4, p. 18; P. BORGHINI, «La nozione di area edificabile ai fini dell'imposta comunale sugli immobili», in Fin. loc., p. 35; F. CICOGNANI, «La nozione tributaria "unificata di area fabbricabile"», in Dir. e prat. trib., 2007, p. 104; ID. «La nozione di area edificabile ai fini ci all'esame delle Sezioni Unite della Cassazione», in Fin. loc., 2007, p. 50; M.P. NASTRI, «La nozione di terreno edificabile alla luce del "decreto Bersani Visco"», in Riv. not., 2007, p. 993.
[nota 72] Tra le tante sentenze in materia che escludono la necessità della conclusione dell'iter amministrativo ai fini della qualificazione delle aree fabbricabili, ritenendo sufficiente l'inserimento nel Prg v. Cass., sez. trib., 27 marzo 2002, n. 4381, in Boll. trib., 2003, p. 223; Cass., sez. trib., 18 settembre 2003, n. 13817, in banca dati Fisconline, Cass., sez. trib., 9 dicembre 2002, n. 17513, in Fisco, 2002, p. 762. Con ordinanza di trasmissione al primo presidente per contrasto giurisprudenziale per l'eventuale remissione alle Sezioni Unite, definita, poi, con condono cfr. Cass., sez. trib., ord. 21 gennaio 2003, n. 818, in Giur. trib., 2003, p. 950 e ss. Di diverso orientamento Cass., sez. trib., 15 gennaio 2003, n. 467; Cass., sez. trib., 18 febbraio 2003, n. 2416, in Boll. trib., 2003, p. 1194.
[nota 73] Cfr. Cass., S.U., 30 novembre 2006, n. 25506, in banca dati Fisconline; S. GIOVAGNOLI - G. Rebecca, «La sentenza n. 25506/2006 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione conferma la natura interpretativa della nuova definizione di area fabbricabile», in Fisco, 2007, p. 237; P. TURIS, «Effetti collaterali dell'attività di interpretazione autentica delle leggi tributarie», in Fisco, 2006, p. 16901; E. DE MITA, «Interpretazione per legge a senso unico», in Il Sole 24 Ore, 10 dicembre 2006, p. 19; Cost., ord. 27 febbraio 2008, n. 41, in www.cortecostituzionale.it. Si aggiungano agli evidenziati problemi in tema di determinazione della base imponibile anche la problematica relativa alla retroattività della norma: l'art. 3 dello Statuto dei diritti del contribuente dispone l'irretroattività delle norme tributarie; la deroga a tale norma trova giustificazione solo nel caso di applicazione di norme d'interpretazione autentica. Per ulteriori approfondimenti AA.VV., G. MARONGIU, Lo Statuto dei diritti del contribuente, Torino, 2004, G. MELIS, L'interpretazione nel diritto tributario, Padova, Cedam, 2003, p. 292 e ss.; A. FANTOZZI - FEDELE, Statuto dei diritti del contribuente, Torino, 2004, p. 550; A. AMATUCCI, L'ordinamento giuridico della finanza pubblica, Napoli, 2007, p. 286; V. MASTROIACOVO, I limiti alla retroattività nel diritto tributario, Milano, 2005, p. 165. Infatti, l'art. 36, comma 2, cit., è stato ritenuto una norma d'interpretazione autentica con effetto retroattivo sugli atti per i quali non è ancora decorso il termine per la rettifica da parte dell'amministrazione finanziaria circ. min. 6 febbraio 2007, n. 6/E in banca dati Fisconline. Per approfondimenti v. GLENDI, «Sezioni unite della Cassazione e legislatore "pro fisco" (a proposito di edificabilità dei suoli ai fini impositivi)», in Giur. trib., 2007, p. 5; M. BASILAVECCHIA, «Abuso di norme retroattive sulla nozione di aree edificabili e (mancate) reazioni interpretative», in Giur. trib., 2007, p. 111.
[nota 74] La valutazione automatica resta applicabile solo per i terreni di pertinenza dei fabbricati oggetto del c.d. prezzo valore.
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