Capitolo 7 - Effetti in tema di accertamento
Capitolo 7
Effetti in tema di accertamento
di Maria Pia Nastri
7.1 La responsabilità solidale dell'affittuario in materia di imposte dirette ed indirette
La dottrina e la giurisprudenza hanno esaminato spesso il problema della responsabilità del cedente e del cessionario in caso di cessione di azienda, mentre raramente hanno affrontato la questione relativa alla responsabilità dell'affittuario [nota 3].
Non essendo espressamente disciplinato il regime di responsabilità dell'affittuario, nel caso in cui il concedente sia inadempiente, e considerato che sia la cessione sia l'affitto di azienda sono entrambe operazioni attinenti alla circolazione della stessa è stata avanzata, in un primo momento, l'ipotesi di equiparare la responsabilità dell'affittuario a quella del cessionario [nota 4].
Tuttavia, l'applicabilità delle disposizioni dell'art. 14 del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 riguardanti la responsabilità solidale del cessionario anche all'affittuario d'azienda è controversa. Infatti, il sistema delle sanzioni amministrative è stato, come noto, riformato dai D.lgs. 471, 472 e 473 del 18 dicembre 1997 che hanno sostituito le disposizioni relative anche alle cessioni di azienda.
Gli artt. 66 e 80 D.P.R. 602/1973 in tema di imposte dirette, e l'art. 75 D.P.R. 633/72 per l'Iva prevedevano la responsabilità solidale in caso di cessione di azienda nell'ipotesi in cui si fosse realizzato un trasferimento della proprietà dell'azienda, escludendo, quindi, il caso di trasferimento del godimento dell'azienda per un periodo di tempo determinato [nota 5].
Per le imposte dirette, prima della riforma sanzionatoria di cui al D.lgs. 472/97, era prevista una responsabilità oggettiva per i debiti contratti dall'alienante, limitata al biennio antecedente la cessione, a carico del cessionario [nota 6].
In particolare l'art. 66 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, prevedeva, nel caso di cessione d'azienda, che l'agente della riscossione potesse procedere al pignoramento dei beni mobili e delle merci ad essa relative per il recupero dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, di quella sul reddito delle persone giuridiche e delle pene pecuniarie e interessi dovuti per l'anno o l'esercizio in cui era avvenuta la cessione e per quello anteriore, da tutti i precedenti titolari, con riferimento ai redditi derivanti dall'azienda ceduta.
L'art. 80 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 consentiva, inoltre, all'esattore di procedere sull'immobile costituente bene strumentale dell'azienda ceduta, per il recupero delle imposte sui redditi, interessi, pene pecuniarie e soprattasse dovute dai precedenti titolari.
Diversamente, invece, in ambito Iva l'art. 19 della L. 19 gennaio 1929, n. 4 prevedeva la responsabilità solidale del successore a qualsiasi titolo per atto tra vivi in un'azienda. In merito il citato art. 19 applicabile in forza del richiamo di tale normativa da parte dell'art. 75 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, stabiliva che il successore a qualsiasi titolo per atto tra vivi in un'azienda commerciale o industriale era obbligato verso l'Amministrazione finanziaria, in solido con il suo autore, per il pagamento dei tributi, soprattasse e pene pecuniarie applicate per la violazione delle norme concernenti i tributi relativi all'azienda, per l'anno in cui è stato effettuato il trasferimento e per i due anni precedenti. In tale fattispecie rientrava anche la figura dell'affittuario quale successore e quindi responsabile solidale del pagamento di tributi, sanzioni ed interessi per l'anno del trasferimento dell'azienda e per i due precedenti.
Con l'entrata in vigore del D.lgs. 472/97 in materia di sanzioni tributarie è stata abrogata ogni responsabilità solidale di cui al citato art. 19, incompatibile con l'innovato sistema sanzionatorio.
Tuttavia, l'art. 3 del citato decreto legislativo vieta l'applicazione analogica a fattispecie non espressamente previste dal legislatore, pertanto, si ritiene che l'art. 14 del D.lgs. 472/97 non sia applicabile al caso di affitto d'azienda [nota 7]. In simmetria con le disposizioni di cui agli art. 2559 e 2560 c.c. in materia di trasferimenti di crediti e di debiti applicabili solo in sede di trasferimento di proprietà, si ritiene che anche in ambito tributario non si realizzi alcuna responsabilità solidale dell'affittuario.
La cessione d'azienda determina, infatti, il trasferimento della proprietà, mentre con l'affitto si trasferisce, temporaneamente solo il mero godimento di beni costituenti l'azienda in capo all'affittuario.
è necessario, però ricordare che i beni concessi in affitto all'affittuario unitariamente all'azienda restano di proprietà del concedente, pertanto potranno essere comunque oggetto di esecuzione forzata nel rispetto dei termini ordinari di prescrizione e decadenza: l'affittuario è solo terzo detentore di beni di proprietà del debitore.
Pertanto, come già evidenziato nei capitoli precedenti, in caso di alienazione o usufrutto d'azienda si applicherà l'art. 2560 c.c. in base al quale l'affittuario non risponde dei debiti contratti dall'affittante.
Le pregresse disposizioni normative prevedevano, come innanzi illustrato, l'accollo per debiti d'imposta, soprattasse, interessi e sanzioni dovute dal concedente in caso di cessione d'azienda, tuttavia risultava controversa la possibilità di estendere l'applicabilità di dette disposizioni a fattispecie diverse da quelle concernenti un vero e proprio trasferimento della proprietà dell'azienda come l'affitto d'azienda.
Infatti, con detto contratto il concedente cede in gestione ad un terzo la propria azienda per un periodo di tempo predeterminato, in tal modo l'affittante assumerà il rischio della perdita dell'efficienza e di avviamento dell'azienda e l'affittuario quello di gestione. La fattispecie appare diversa nella cessione d'azienda in cui si realizza il trasferimento della proprietà, mentre nell'affitto il fenomeno è limitato al trasferimento della gestione con potere di disposizione dei beni aziendali.
Le disposizioni di cui agli artt. 2559 e 2560 c.c. in tema di cessione dei crediti e di accollo dei debiti si applicano ai soli casi di trasferimento della proprietà dell'azienda, pertanto anche in ambito tributario non sembra ravvisarsi la responsabilità dell'affittuario per i debiti contratti dall'affittante.
è necessario precisare che ai sensi dell'art. 2560 c.c. si realizza solidarietà tributaria solo in caso di cessione: il cedente dell'azienda risponderà dei debiti dell'impresa trasferita solidalmente con l'acquirente per i debiti che risultano dalle scritture contabili anche se non regolarmente tenute [nota 8].
Presupposti della responsabilità solidale tra alienante ed acquirente dell'azienda si realizzano, sia che quest'ultima sia stata trasferita inter vivos a qualsiasi titolo, sia che la violazione sia stata commessa dall'alienante, sia che la violazione concerna i tributi relativi all'anno della cessione o al biennio precedente. Si realizzerà, altresì, solidarietà anche nel caso in cui la sanzione sia già stata applicata e sia perciò già sorta l'obbligazione verso l'Amministrazione finanziaria per il pagamento del tributo e della relativa sanzione. Anche in ambito Iva si deve escludere la responsabilità solidale dell'affittuario, poiché l'ipotesi disciplinata prevede esclusivamente la cessione, intesa come trasferimento della proprietà dell'azienda.
7.2 La legittimazione processuale
In tema di affitto di azienda non si presentano questioni particolarmente complesse in merito alla legittimazione processuale sotto il profilo soggettivo, le controversie sorgono soprattutto in relazione al regime della deducibilità dei costi, delle quote di ammortamento, nonché delle detrazioni ai fini Iva.
La legitimatio ad processum, è, come noto, la capacità di compiere gli atti processuali e viene disciplinata dall'art. 75 c.p.c., con le peculiarità previste dall'art. 11 D.lgs. n. 546/1992. Viene quindi, riconosciuta la capacità processuale a coloro che hanno il libero esercizio dei diritti dedotti in lite e prevede che le persone giuridiche stiano in giudizio per mezzo dei loro rappresentanti [nota 9].
In relazione a quanto ampiamente evidenziato in tema di imposizione diretta non sorgono problemi di legittimazione nel caso in cui non vi siano specifiche deroghe all'art. 2561, comma 2, c.c. in quanto l'obbligo di conservare l'efficienza e l'organizzazione dell'azienda attribuisce la deducibilità dei costi e delle quote di ammortamento all'affittuario, pertanto, l'amministrazione finanziaria sarà tenuta a notificare a quest'ultimo l'avviso di accertamento contenente un'ulteriore pretesa fiscale, fatta eccezione del caso in cui, invece, sia prevista una deroga al normale regime. In tale ipotesi sarà necessario procedere alla registrazione del contratto da cui risulti la relativa deroga, affinché possa essere opponibile nei confronti dell'amministrazione finanziaria.
La legittimazione processuale, quindi, può essere in linea generale attribuita all'affittuario, con riferimento agli anni di durata del contratto di affitto e fino alla retrocessione dell'azienda, salvo esplicita deroga che consenta, invece, anche in costanza di affitto di azienda, al concedente di beneficiare ai fini delle imposte dirette della detraibilità, ed ai fini Iva della deducibilità. In tal caso la legittimazione processuale sarà attribuita al concedente in virtù della predetta deroga contrattuale.
Ciò, ancora una volta, a sostegno dell'importanza della forma contrattuale e delle relative clausole apposte. La scarsità delle disposizioni normative in tema di affitto di azienda, si ribadisce, consente un'ampia libertà contrattuale alle parti che devono, tuttavia, correttamente amministrarla attraverso l'inserimento di esplicite clausole opponibili in sede probatoria.
è necessario sottolineare che la libertà contrattuale di derogare pattiziamente al disposto dell'art. 2561 c.c. dovrà quindi necessariamente risultare da una scrittura avente data certa ai fini probatori. Infatti, la Corte di Cassazione con una recente sentenza ha disconosciuto la deducibilità delle quote di ammortamento in capo al concedente in mancanza di una pattuizione esplicita avente data certa [nota 10]. Il concedente in giudizio adduceva quale elemento probatorio una scrittura privata non autenticata e quale ulteriore elemento la mancata deduzione delle quote di ammortamento da parte dell'affittuario. In questo caso in mancanza di contratto avente data certa, i fatti concludenti e le scritture contabili dell'affittuario e del concedente non sono state sufficienti a dimostrare che, non avendo dedotto l'ammortamento l'affittuario, era prevista tra le parti la suddetta deroga.
Anche in ambito Iva la Cassazione con una recentissima sentenza ha ulteriormente chiarito che ai fini della detrazione dei costi non solo i contratti devono essere stati stipulati dall'imprenditore nell'esercizio della propria attività d'impresa, ma devono essere, altresì, inerenti la medesima attività [nota 11]. Infatti, le spese sostenute dal contribuente per la ristrutturazione dei locali dati in concessione a terzi non erano, nel caso esaminato, inerenti, poiché l'attività imprenditoriale era in realtà gestita da un terzo, avendo la ricorrente concesso in affitto la propria azienda a fronte della corresponsione di dei relativi canoni di locazione. Analogamente, in tale fattispecie, la legittimazione processuale sarà riconosciuta in capo al concedente, poiché è a tale soggetto che l'amministrazione dovrà notificare l'atto per il recupero della indebita detrazione.
Naturalmente, considerati i termini entro cui vengono notificati gli avvisi di accertamento difficilmente l'affittuario potrà recuperare i costi non dedotti e la detrazione non effettuata nell'anno di competenza. Pur volendo ipotizzare la possibilità di presentare una dichiarazione in rettifica in diminuzione entro i due anni successivi, purtroppo accade di rado che l'amministrazione emetta i propri avvisi tanto rapidamente, mentre accade più di sovente che vengano notificati a ridosso del termine di decadenza [nota 12].
Pertanto, "spingendo ai limiti l'indagine" sotto l'aspetto della legittimazione processuale, non potrà emergere alcun diritto al rimborso in capo all'affittuario, né alcun diritto al recupero dell'Iva o dei costi erroneamente "utilizzati" dal concedente.
In merito, poi, alle controversie pendenti insorte prima dell'affitto di azienda aventi ad oggetto beni affittati, queste continueranno tra le parti originarie in quanto l'affittuario è privo di legittimazione processuale, pertanto non potrà intervenire nel processo e non potrà impugnare la sentenza.
Nel caso in cui insorga qualche controversia in costanza di contratto di affitto avente ad oggetto i beni aziendali, l'art. 1586 c.c. prevede che l'affittuario debba dare comunicazione tempestiva al concedente pena risarcimento del danno se i terzi agiscono in giudizio, mentre il concedente dovrebbe essere tenuto ad assumere la lite se chiamato in giudizio. In tal caso l'affittuario a seguito dell'indicazione del concedente sarà estromesso dalla lite, fatta eccezione di casi in cui manifesti interesse a rimanervi.
Diversamente, per le controversie che insorgeranno durante il contratto di affitto relative alle attività svolte dall'affittuario, legittimato ad agire sarà lo stesso imprenditore titolare del diritto di godimento.
7.3 L'affitto e la cessione d'azienda: la rilevanza della base imponibile definita per l'imposta di registro ai fini dell'accertamento della plusvalenza nelle imposte dirette
In caso di affitto e successiva cessione dell'azienda in costanza del contratto di godimento o successivamente alla scadenza dello stesso, possono verificarsi situazioni soggette ad accertamento di valore in ambito sia di imposizione diretta sia indiretta.
è necessario precisare che la base imponibile in caso di trasferimento di azienda ai fini dell'imposta di registro è costituita dal valore di mercato del bene, mentre ai fini dell'imposta sul reddito la base imponibile della plusvalenza è costituita dalla differenza tra il costo dell'azienda ed il corrispettivo pattuito, a prescindere dal valore di mercato del bene. Pertanto, l'accertamento di valore definito ai fini dell'imposta di registro non ha valore automatico in ambito di determinazione della plusvalenza ai fini delle imposte dirette [nota 13].
L'amministrazione potrà disconoscere il corrispettivo della cessione nel caso in cui ritenga che il valore di mercato sia superiore: la differenza tra il prezzo ed il valore di mercato in caso di trasferimento di un'azienda può costituire per l'amministrazione finanziaria un elemento su cui fondare un accertamento solo se possa far presumere il parziale occultamento di corrispettivo.
Il maggior valore accertato dall'amministrazione ai fini dell'imposta di registro potrà essere utilizzato per la determinazione della plusvalenza in ambito di imposizione diretta comparando il costo dell'azienda, anziché al corrispettivo pattuito, al valore di mercato, secondo il c.d. valore normale determinato ai fini dell'imposta di registro [nota 14].
Il legislatore ha cercato più volte di uniformare la base imponibile da assoggettare a tassazione sia in campo di imposizione diretta, sia indiretta, tuttavia il difficile tentativo di identificare un valore unitario nell'ambito delle singole imposte trova il proprio limite nei criteri relativi alla determinazione del valore dei beni a seconda dell'imposta applicata [nota 15].
Inoltre, è opportuno chiarire che il valore commerciale dell'azienda ed il valore definito ai fini dell'imposta di registro potranno essere differenti a seconda dei criteri di determinazione utilizzati dagli uffici dell'amministrazione finanziaria rispetto ai beni oggetto di valutazione (più frequentemente beni immobili e avviamento).
L'ufficio infatti, potrà utilizzare discrezionalmente elementi probatori come ad esempio le perizie di stima per determinare il valore di un bene immobile [nota 16]; tuttavia esse non possono rappresentare da sole elementi sufficienti per motivare una rettifica di valore rispetto ai dati contabili, ma possono essere utilizzate con altre indicazioni documentali o presuntive, gravi, precise e concordanti al fine di ricostruire il valore accertato [nota 17].
Detto elemento probatorio potrà costituire un elemento di prova per sostenere che il valore di mercato del bene immobile oggetto del trasferimento sia superiore al prezzo dichiarato e potrà essere sufficiente per giustificare un accertamento in materia d'imposta di registro, mentre costituirà solo un indizio posto alla base di un accertamento induttivo ai fini dell'imposta sul reddito. Pertanto, in tal caso il valore definito ai fini dell'imposta di registro costituirà una mera presunzione in ambito di accertamento ai fini delle imposte dirette.
Inoltre, il valore di mercato e il valore definito per l'imposta di registro possono essere determinati anche dalle scelte individuali dei coobbligati come ad es. il caso di mancata impugnazione e la conseguente definitività del valore accertato, oppure la definizione attraverso l'istituto dell'accertamento con adesione [nota 18].
Il valore di un'azienda definito ai fini dell'imposta di registro non sempre, e necessariamente, coinciderà con il valore di mercato: la differenza tra prezzo ed il valore definitivamente accertato non costituisce, infatti, un fatto noto da cui scaturisce la presunzione innanzi descritta. Pertanto, il valore definitivamente accertato ai fini dell'imposta di registro non è automaticamente equiparabile al valore di mercato dell'azienda oggetto della cessione, infatti, non sussistendo alcun fatto noto l'amministrazione finanziaria non potrebbe procedere in via induttiva all'accertamento del reddito da plusvalenza sulla base dell'accertamento effettuato in sede di applicazione dell'imposta di registro [nota 19].
La giurisprudenza più recente, tuttavia, ha più volte chiarito che in tema di tassazione di plusvalenze derivanti da cessione di azienda a titolo oneroso, l'ufficio può legittimamente prendere a base dell'accertamento induttivo il valore definito ai fini dell'imposta di registro, restando a carico del contribuente l'onere di superare la presunzione di corrispondenza tra il valore di mercato ed il prezzo incassato, fornendo la prova, desumibile dalle scritture contabili o da altri elementi, di avere invece venduto ad un prezzo inferiore [nota 20].
Diverso è l'orientamento della dottrina secondo cui l'Amministrazione finanziaria in sede di rettifica della plusvalenza ai fini Irpef potrà utilizzare la differenza tra il valore definito ai fini dell'imposta di registro ed il valore di mercato quale presunzione su cui basare l'accertamento, ma dovrà, in ogni caso, fornire ulteriori elementi di prova (gravi precisi e concordanti) a sostegno del più elevato valore di mercato e dell'eventuale occultamento del corrispettivo [nota 21].
Tale interpretazione ha trovato per breve tempo conferma nell'art. 39, comma 1, lett. d) - ultimo paragrafo - del D.P.R. n. 600/1973 in materia di potere di accertamento su operazioni aventi ad oggetto la cessione di beni immobili [nota 22]. Con detta modifica all'art. 39 citato, il valore normale di una cessione di un immobile poteva costituire presupposto per una rettifica. Tuttavia, l'art. 39, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 600/1973 prevedeva che per le cessioni aventi ad oggetto beni immobili gli Uffici finanziari potessero rettificare direttamente il reddito d'impresa nel caso in cui il valore normale dei beni immobili ceduti risultasse superiore al corrispettivo dichiarato in virtù di una presunzione grave, precisa e concordante con un'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente [nota 23].
Tuttavia, con l'art. 24, comma 5, L. 7 luglio 2009, n. 88, (in vigore dal 29 luglio 2009), l'art. 39 citato è stato ulteriormente modificato [nota 24]. Il "decreto legge Bersani" (n. 223/2006) aveva introdotto, in caso di scostamento tra il valore dichiarato ed il valore normale [nota 25], una presunzione legale relativa, limitatamente alla cessione di immobili.
Con la legge comunitaria del 2008 l'art. 24 commi 4 lett. f) e 5, ha modificato l'art. 54 comma 3 del D.P.R. n. 633/72 e l'art. 39 comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 600/73, eliminando la citata presunzione legale in merito agli accertamenti immobiliari ed alla determinazione del valore normale [nota 26].
Alla luce della recente modifica la presunzione relativa, introdotta con riferimento al valore dei beni immobili e poi abrogata, evidenzia come gli elementi utilizzati per l'accertamento ai fini dell'imposta di registro integrano gli estremi di una presunzione semplice che deve essere supportata da altri elementi aggiuntivi [nota 27].
Lo scostamento del corrispettivo pattuito per la cessione d'azienda rispetto al valore normale della stessa deve essere adeguatamente motivato dall'amministrazione finanziaria; pertanto, nella motivazione dell'accertamento ai fini delle imposte dirette non sarà sufficiente la sola indicazione dell'importo definito ai fini dell'imposta di registro, ma sarà necessario addurre altri elementi di prova a fondamento della presunzione [nota 28].
7.4 Le fattispecie potenzialmente elusive
L'affitto di azienda è un contratto di godimento che essendo circoscritto nel tempo consente al concedente di effettuare una serie di operazioni le cui finalità possono essere diversamente interpretate in funzione di una successiva cessione dell'azienda. L'affitto d'azienda può, infatti, collocarsi tra l'elusione e la pianificazione fiscale.
Nell'ordinamento giuridico italiano, infatti, non esiste una specifica nozione di elusione fiscale: la dottrina individua detta "attività" nella riduzione del carico impositivo attraverso l'applicazione (indebita) di una normativa più favorevole, anziché applicare il trattamento fiscale appropriato [nota 29]. Si tratta, di un comportamento teso ad utilizzare strumentalmente vuoti legislativi in modo tale da non far sorgere in tutto o in parte il presupposto d'imposta. L'elusione fiscale è caratterizzata da un comportamento formalmente corretto che sarà considerato un fenomeno lecito fino a quando una norma generale non lo renda illecito, cosicché il comportamento del contribuente viene considerato come conseguenza della violazione di una norma antielusiva [nota 30].
La pianificazione fiscale è, invece, l'attività del contribuente sia esso persona fisica o giuridica, diretta ad organizzare le proprie attività produttive di reddito, in modo tale che la base imponibile dichiarata sia minore. Si tratta, quindi, di una pianificazione ed ottimizzazione dell'attività anche sotto il profilo fiscale che si realizza, però attraverso la corretta applicazione delle disposizioni tributarie, senza l'utilizzo di fattispecie elusive. Detta attività tende, quindi, a realizzare la riduzione massima della pressione fiscale mediante la individuazione della base imponibile minima, la pianificazione delle risorse finanziarie del contribuente, la determinazione della convenienza economica dei crediti e debiti d'imposta, la determinazione del costo fiscale degli investimenti cioè l'utile da essi derivante al netto dell'imposta: è un'attività diretta ad ottimizzare l'onere fiscale attraverso l'analisi della vigente normativa tributaria [nota 31].
Tra le più frequenti ipotesi di pianificazione successoria vi è la concessione in affitto dell'azienda: con il contratto di affitto si trasferisce la gestione dell'azienda di famiglia agli eredi che gestiscono o intendono gestire l'azienda escludendo gli altri eredi che non proseguiranno, invece, l'attività aziendale. In tal modo gli eredi imprenditori disporranno degli utili ricavati dalla gestione dell'azienda, mentre gli altri eredi percepiranno una rendita pari al canone di affitto.
Detto corrispettivo può essere prestabilito sin dall'inizio del contratto di affitto, salvo rivalutazione sulla base dell'indice Istat o del tasso legale, oppure determinato in base al fatturato degli ultimi tre anni alla crescita media del settore o ad altri parametri determinati solo alla scadenza del contratto di affitto di azienda [nota 32].
Tuttavia, spesso si pone in essere la successione di un innumerevoli operazioni societarie straordinarie tra le più complesse (fusioni, scissioni, incorporazioni, affitto, di rami d'azienda, vendita della nuda proprietà di azioni, cessione temporanea di diritti di opzione, emissione di un prestito obbligazionario, rivalutazione dei beni patrimoniali, ecc.) tutte operazioni concatenate tra loro da un disegno complessivo teso a realizzare una o più operazioni elusive ritenute contrarie alle norme tributarie vigenti.
L'affitto di azienda può, quindi, rientrare nell'ambito di un più ampio progetto elusivo, anche se non sempre è possibile ravvisare la simulazione nelle operazioni poste in essere ed individuare il negozio o i negozi dissimulati. è necessario, tuttavia, precisare, come si evidenzierà di seguito, che non sempre l'affitto di azienda cela un reale effetto elusivo.
L'affitto di azienda ed il patto di futura vendita
Come più volte chiarito, il contratto di affitto ha una durata prestabilita, tuttavia spesso è prevista una clausola di riscatto che consenta all'affittuario di acquistare l'azienda alla scadenza del contratto a fronte di un corrispettivo pattuito.
Il trasferimento dell'azienda può essere effettuato anche attraverso un preventivo affitto della stessa e la relativa imputazione dei canoni al corrispettivo della successiva cessione.
Tuttavia, detta fattispecie si presta ad interpretazioni contrastanti: l'amministrazione finanziaria, infatti, ha ravvisato in essa una simulazione di affitto di azienda [nota 33].
La Commissione tributaria regionale di Milano del 16 maggio 2008, n. 52 ha però esaminato il caso giungendo ad una differente conclusione. In realtà i giudici hanno interpretato il contratto individuando nell'affitto la causa dello stesso e non ravvedendo alcuna simulazione. I giudici di secondo grado hanno evidenziato che l'affitto era stato autorizzato dal Tribunale, in previsione di una futura vendita subordinata all'ammissione di concordato preventivo e subordinatamente all'autorizzazione del Commissario giudiziale alla stipula del contratto di cessione d'azienda per evitare la liquidazione immediata del patrimonio della società. Infatti, in caso di liquidazione, la società acquirente non avrebbe potuto valutare l'avviamento che risultava essere l'unico elemento di effettivo interesse ai fini della cessione. Pertanto, l'unico modo per non perdere la continuità della gestione ed i valori patrimoniali ed il livello occupazionale, in attesa dell'autorizzazione del Tribunale, era costituito da un contratto di affitto di azienda.
La Commissione tributaria regionale di Milano, quindi in tal caso ha potuto individuare con chiarezza la causa reale del contratto, escludendo la realizzazione di una fattispecie elusiva .
L'affitto di azienda e la cessione frazionata dei beni
Altra ipotesi elusiva, sotto il profilo dell'imposizione indiretta, può verificarsi in caso di trasferimento di singoli beni appartenenti all'azienda in costanza di contratto di affitto di azienda.
Come ampiamente chiarito nei precedenti capitoli, l'affittuario, salvo specifiche pattuizioni, ha ampia disponibilità di azione nella gestione dell'azienda, nel rispetto della destinazione della stessa e in modo da conservare la efficienza dell'organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte (art. 2561 c.c.). La cessione di beni può quindi rientrare nella normale gestione dell'affittuario, ma potrebbe anche verificarsi un fenomeno elusivo nel caso in cui l'affittuario procedesse allo "svuotamento" dell'azienda in vista di una futura cessione con l'intento di eludere l'imposta di registro assoggettando ad Iva il trasferimento dei singoli beni.
La Corte di Cassazione ha più volte affrontato tale fenomeno, evidenziando come detta modalità di trasferimento determini un vantaggio fiscale per l'acquirente che, eludendo l'imposta di registro dovuta in caso di cessione di azienda, beneficerà invece della neutralità connaturata nell'Iva. Invero, il trasferimento dell'azienda attraverso singole cessioni di beni al medesimo cessionario è stato spesso interpretato dall'Amministrazione finanziaria e dalla Cassazione come una forma di elusione dell'imposta di registro [nota 34].
La questione deve essere affrontata sotto il più complesso profilo dell'interpretazione degli atti con particolare riferimento alla qualificazione di un negozio giuridico sulla base di elementi extratestuali [nota 35]. La giurisprudenza prevalente, in presenza di una pluralità di atti aventi ad oggetto il trasferimento frazionato di beni facenti parte di un complesso aziendale ha infatti attribuito rilevanza tributaria al collegamento dei singoli atti, riqualificando l'operazione complessiva come cessione di azienda, utilizzando elementi extratestuali per supportare le proprie argomentazioni a sostegno del ravvisato intento elusivo.
L'azione accertatrice tende, tuttavia, a riqualificare gli atti in considerazione degli effetti economici e non giuridici individuando la causa reale dei trasferimenti e l'intento negoziale unitario. Tuttavia, l'indagine sulla natura economica degli effetti dell'atto, dovrà investire necessariamente la ricerca soggettiva dei motivi delle parti e detta indagine contrasta con l'autonomia negoziale delle stesse [nota 36]. L'autonomia negoziale delle parti è, infatti, oggetto di tutela nella legislazione ordinaria e nella Costituzione che protegge la libertà di iniziativa economica privata e pone una precisa riserva di legge nella materia dell'imposizione tributaria [nota 37].
Se ai fini dell'accertamento delle imposte dirette, i negozi aventi ad oggetto il trasferimento o il godimento di aziende sono ricompresi tra le fattispecie espressamente disciplinate dall'art. 37-bis, comma 3, lett. b), del D.P.R. n. 600/1973, è controversa l'applicazione di tale disposizione nell'ambito dell'imposizione indiretta [nota 38].
In relazione all'imposta di registro la riqualificazione dei negozi giuridici viene effettuata attraverso l'applicazione dell'art. 20 del Tur, secondo cui l'imposta è applicata secondo l'intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente [nota 39].
Detta disposizione, tuttavia, non sempre rappresenta uno strumento normativo sufficiente ai fini antielusivi. Attraverso l'interpretazione, infatti, l'amministrazione finanziaria può determinare con l'analisi complessiva dell'operazione gli effetti giuridici e la natura del trasferimento al di là della mera interpretazione letterale.
A dette argomentazioni si aggiunga un'ulteriore considerazione in relazione alla natura dell'imposta di registro come "imposta d'atto": detta qualificazione preclude la possibilità di utilizzare ai fini dell'interpretazione dell'atto elementi extratestuali [nota 40]. Secondo detto orientamento un avviso di accertamento basato sul collegamento degli atti attraverso l'interpretazione degli stessi utilizzando elementi extratestuali sarà quindi illegittimo. L'ampliamento dei poteri di cui all'art. 53-bis del Tur ci conduce ad un ulteriore riflessione in relazione alla presunta funzione antileusiva dell'art. 20 del Tur.
L'applicabilità delle disposizioni di cui all'art. 31 e ss. del D.P.R. n. 600/73 anche all'imposta di registro potrebbe rafforzare la possibilità di fare riferimento anche ad elementi extratestuali; i poteri di controllo, l'attività di verifica e di acquisizione dati, in precedenza limitati all'ambito dell'imposizione diretta potrebbero, infatti, consentire un'applicazione dell'art. 20 del Tur non più limitata alla mera interpretazione del contenuto dell'atto [nota 41].
In detto quadro normativo ed interpretativo si pone, anche, la tematica relativa all'abuso del diritto. La giurisprudenza più recente ha infatti ravvisato anche in relazione all'imposizione indiretta, l'esistenza di un generale principio antiabuso nell'ambito dei principi costituzionali [nota 42].
La tematica è oggetto di dibattito da parte della più recente dottrina e giurisprudenza, tuttavia, il recente intervento della Corte di Cassazione a Sezioni Unite del 23 dicembre 2008 con le sentenze, n. 30055 e n. 30057 ha sancito il riconoscimento dell'esistenza di un generale principio antiabuso nell'ambito delle norme costituzionali, il che apre "uno scenario" completamente diverso anche con riferimento all'applicazione dell'art. 20 del Tur.
Inoltre, la Cassazione con una recente sentenza in tema di cessione di azienda e di imposizione indiretta ha ribadito la presenza nelle norme costituzionali di un generale divieto di abuso del diritto, tuttavia, considerare detto divieto come una clausola generale immanente nell'ordinamento svuoterebbe di contenuto l'art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973, legittimando il giudice ad effettuare un'interpretazione analogica [nota 43].
Attribuire al divieto di abuso del diritto la dignità di principio di derivazione costituzionale significherebbe consentire agli interpreti di poter colmare i vuoti normativi richiamando l'applicazione di principi generali attraverso l'analogia iuris. Sembrerebbe, invece, che il legislatore in tema di elusione non ha lasciato spazio a detta attività interpretativa tipizzando in modo analitico le fattipecie e non lasciando all'interprete alcun margine per stabilire quali fattispecie non rientrino nella sfera applicativa della norma, poichè ciò è desumibile dall'elencazione del comma 3 dello stesso art. 37-bis44.
L'affitto di azienda e la locazione di immobili
Fatte salve le disposizioni specifiche in tema di affitto di azienda e considerato il rapporto che intercorre tra norme generali e norme speciali, in mancanza di disposizioni dettagliate si ricorrerà alle disposizioni generali in tema di locazione.
Il legislatore, tuttavia in tema di procedure concorsuali è intervenuto dettando una normativa specifica che renda autonoma la disciplina dell'affitto di azienda rispetto alla locazione in senso stretto; appare, quindi, evidente che quando il legislatore vuole disciplinare dettagliatamente introduce disposizioni ad hoc, diversamente sarà necessario ricorrere all'applicazione della disciplina generale.
Infatti l'art. 79, L. fall. contempla espressamente l'affitto di azienda evitando, come accadeva nel vigore della vecchia normativa, il ricorso per analogia alla disciplina della locazione immobiliare [nota 45]. è, infatti, prevista la continuazione automatica del contratto in caso di fallimento di una delle parti ed il diritto di recesso delle parti contraenti, corrispondendo un equo indennizzo, entro sessanta giorni dalla dichiarazione di fallimento. La ratio dell'introduzione di un termine è legata, ovviamente, ad una rapida definizione del contratto di affitto sia in relazione alla prosecuzione dello stesso, sia in caso di risoluzione. In caso di dissenso tra le parti il giudice delegato disporrà l'indennizzo, ed il relativo credito sarà inserito secondo le disposizioni contenute nell'art. 111 L. fall. [nota 46]
Tuttavia, esclusa la descritta normativa contenuta nella legge fallimentare, in altri casi appare più complesso stabilire quali siano le disposizioni applicabili, soprattutto in relazione ai descritti problemi di qualificazione del contratto. Talvolta, infatti, è difficile stabilire se siamo di fronte ad un affitto (locazione di una cosa produttiva) oppure ad una locazione di una cosa non produttiva. Come già chiarito, la locazione di un bene immobile ha per scopo il godimento dello stesso sotto un profilo per così dire "statico", viceversa nel caso di affitto di azienda il contratto avrà ad oggetto una pluralità di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa nella sua "dinamicità".
Nel caso in cui oggetto del contratto è il complesso unitario di tutti i beni, mobili ed immobili, materiali ed immateriali organizzati unitariamente per la produzione di beni e servizi, si configurerà un affitto di azienda, mentre si realizzerà una locazione di immobile in relazione alla effettiva consistenza, con funzione prevalente rispetto ad altri beni senza che vi sia alcun legame che li unifichi ai fini produttivi [nota 47].
Naturalmente, considerate le premesse effettuate in tema di nozione di azienda, a nulla rileva il fatto che al momento della conclusione del contratto l'azienda non sia ancora in grado di funzionare.
Le maggiori problematiche sorgono quando la locazione o l'affitto hanno ad oggetto uno o più immobili [nota 48].
Come evidenziato nel primo capitolo cui si fa rinvio, molti sono i vantaggi che l'affitto di azienda presenta rispetto alla locazione commerciale. Detti aspetti favorevoli sono connessi alla libertà contrattuale che trova esplicazione ad esempio nella durata del contratto, nell'adeguamento del canone, nella mancata previsione di un corrispettivo per l'avviamento alla cessazione del contratto. Appare quindi evidente l'importanza della corretta qualificazione del contratto già in fase di stesura dello stesso in relazione alle clausole da inserire e agli elementi appartenenti all'azienda da evidenziare, nell'ambito della delicata fase di consulenza da fornire alle parti, onde evitare effetti elusivi.
Il contratto di franchising
In caso di contratto di affiliazione commerciale (franchising) che comprende il diritto di godimento di uno o più immobili è necessario esaminare il contenuto del contratto ed il rapporto commerciale sottostante.
Ai sensi dell'art. 1, della L. 6 maggio 2004, n. 129 con il contratto di affiliazione commerciale una parte (franchisor) concede all'altra (frachisee), verso corrispettivo, un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, diritti d'autore, know how, brevetti e assistenza o consulenza tecnica e commerciale; in tal modo l'affiliato viene inserito in un sistema costituito da una pluralità di affiliati dislocati sul territorio, allo scopo di commercializzare beni e servizi [nota 49].
La concessione in godimento di un immobile non rientra tra le prestazioni oggetto del franchising, ma individua solitamente una locazione commerciale.
Tuttavia, l'amministrazione finanziaria con una recente risoluzione ha chiarito come dall'esame delle clausole contrattuali può risultare che un contratto di franchising e di locazione di immobile integrino, invece, la fattispecie di affitto di azienda [nota 50].
Ciò che caratterizza tale ipotesi è la concessione in godimento di un complesso unitario di beni mobili e immobili materiali e immateriali organizzati per la produzione di beni e servizi.
Anche la Corte di Cassazione ha sostenuto che in caso di affitto di azienda la locazione dell'immobile non sempre assume carattere preminente [nota 51]: nel caso esaminato, infatti, l'immobile concesso in godimento non viene considerato nella sua individualità giuridica, ma come uno degli elementi costitutivi dell'affitto stesso.
I beni immobili e quelli mobili sono, infatti, legati tra loro da un vincolo di interdipendenza e complementarietà per il conseguimento di un fine produttivo: oggetto del contratto risulterà, quindi, il complesso produttivo unitariamente considerato.
Il contratto di leasing di azienda
Una società finanziaria che acquista un'azienda e successivamente la concede in locazione finanziaria pone in essere un leasing di azienda [nota 52]. Il locatario avrà l'obbligo di pagare i canoni periodici, ma al termine del contratto potrà esercitare il diritto di riscatto sull'azienda acquisendo la proprietà della stessa.
I canoni periodici pagati dal locatario saranno assoggettati ad Iva con aliquota ordinaria e saranno detraibili ai fini Irpef o Ires, se i beni appartenenti all'azienda sono fiscalmente ammortizzabili, oppure se il contratto di leasing ha una durata non inferiore a undici anni e non superiore ai diciotto anni nel caso in cui sono presenti beni immobili ed in loro assenza a 2/3 del periodo di ammortamento del bene (materiale o immateriale) il cui coefficiente fiscale sia più basso.
Nel caso in cui nell'azienda vi siano anche beni non ammortizzabili, il canone di locazione è deducibile limitatamente alla parte relativa al rapporto tra valore dei beni ammortizzabili e il valore attribuito all'azienda.
Detti canoni rappresentano il corrispettivo relativo al contratto di locazione finanziaria che si concretizza in una prestazione di servizi.
Il riscatto dell'azienda non sarà imponibile ai fini Iva ex art. 2 comma 3 lett. b) D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, bensì ad imposta di registro pari al 3% sul valore normale in comune commercio ai sensi dell'art. 51 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
è necessario precisare, altresì, che ai sensi dell'art. 88 comma 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, in caso di cessione del contratto di locazione il valore normale del bene costituirà sopravvenienza attiva, mentre in caso di trasferimento dell'azienda attraverso un contratto di affitto il contratto di leasing verrà trasferito insieme a tutti gli altri beni e diritti quale parte di un insieme. Infatti, come innanzi evidenziato, non si verificherà una cessione di singoli contratti, e quindi non sarà necessaria l'accettazione del contraente ceduto, né sarà rilevante sotto il profilo impositivo. L'affittuario potrà, comunque, recedere entro tre mesi solo se sussista giusta causa. Vi sarà, invece, la successione nei vari contratti ed un mero subentro nel contratto di locazione finanziaria quale diretta conseguenza dell'affitto d'azienda [nota 53].
[nota 3] Cfr. R. BAGGIO, «Appunti in tema di responsabilità tributaria del cessionario di azienda», in Rass. trib., 1999, p. 738; G. MARINI, «Note in tema di responsabilità per i debiti tributari del cessionario di azienda», in Riv. dir. trib., 2009, I, p. 188 e ss.
[nota 4] Sulla responsabilità del cessionario v. L. DEL FEDERICO, Cessione d'azienda, in AA.VV., Commento alle disposizioni generali sulle sanzioni amministrative in materia tributaria a cura di F. Moschetti, L. Tosi, Padova, Cedam, 2000, p. 475; S. DONATELLI, «Osservazioni sulla responsabilità tributaria del cessionario d'azienda», in Rass. trib., 2003, p. 203; V. BENANNI, «Lineamenti della responsabilità tributaria del cessionario di azienda», in Dir. e prat. trib., 1972, I, p. 16.
[nota 5] In tal senso L. GORGOGLIONE, «Affitto unica azienda di un imprenditore individuale», in Corr. trib., 1998, p. 2818.
[nota 6] Cfr. M. D'ALESSANDRO, «La responsabilità fiscale del cessionario d'azienda», in Rass. imp., 1989, p. 1256; ris. min. 27 ottobre 1977, n. 15/4369 e 1 aprile 1986, n. 15/304 in banca dati dejure.giuffre.it. Si sostiene che anche la procedura esecutiva stabilita dall'art. 80 del D.P.R. n. 602/1973 dev'essere esperita entro il biennio prescritto dal precedente art. 66; F. NAPOLITANO, «La responsabilità tributaria del cessionario d'azienda», in Boll. trib., 1984, p. 1399 e ss.; A. POLI, «La riscossione delle imposte sui redditi», in Boll. trib., 1983, p. 1351; Comm. trib. II grado di Firenze, 1° aprile 1982, n. 425, in Boll. trib., 1984, p. 465. Contra: A. PARLATO, Il responsabile d'imposta, Padova, Cedam, 1969; Corte Cost., 24 maggio 1991, n. 219, in Il fisco, 1991, 24, p. 4087; Comm. trib. I grado di Pistoia, 20 aprile 1984, in Boll. trib., 1985, p. 913.
[nota 7] Cfr. R. BAGGIO , «Appunti in tema di responsabilità …», cit., p. 743; G. MARINI, «Note in tema di responsabilità per i debiti tributari del cessionario di azienda», in Riv. dir. trib., 2009, I, p. 188 e ss.
[nota 8] Cfr. Cass. civ., sez. trib., 02 ottobre 2008, n. 24425, in banca dati Fisconline.
[nota 9] Per ulteriori approfondimenti in tema di legittimazione processuale v. A. TURCHI, I poteri delle parti nel processo tributario, Torino, Giappichelli, 2003; A. SCALA, «La parità delle parti nel processo tributario», in Rass. trib., 2010, p. 58; T. BAGLIONE - S. MENCHINI, M. MICCINESI, Il nuovo processo tributario, Milano, Giuffrè, 2004; V. AZZONI, «Parti e interventori nel processo tributario: affinità e differenze rispetto ad altri giudizi», in Fisco, 19 aprile 2004, p. 2352.
[nota 10] Cfr. Cass., sez. trib., 21 gennaio 2008, n. 1172, cit.
[nota 11] Cfr. Cass., sez. trib., 12 gennaio 2010, n. 281, ha chiarito che la detrazione di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, dell'imposta assolta, dovuta o addebitata a titolo di rivalsa in relazione all'acquisto di beni o servizi effettuato nell'esercizio d'impresa, richiede: a) che i relativi contratti siano stipulati dall'imprenditore in quanto tale; b) l'inerenza dei beni o servizi all'attività di impresa. Non è sufficiente, pertanto, il possesso della qualifica di imprenditore per godere della detrazione d'imposta di cui alla citata normativa, dovendosi, l'acquisto, collegare all'esercizio dell'attività imprenditoriale cui è funzionalmente connesso. Non basta che i costi vengano sostenuti per una migliore gestione dell'attività, ma devono rientrare nell'oggetto dell'attività dell'azienda. Nel caso di specie, le spese sostenute dalla contribuente per la ristrutturazione dei locali dati in concessione a terzi non erano inerenti all'attività imprenditoriale in questione, considerato, altresì che l'intimata non svolgeva di fatto detta attività, gestita da un terzo, limitandosi a percepire i compensi derivanti dalla concessione in affitto della propria azienda.
[nota 12] Cfr. F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, Torino, Utet, 2009, p. 174 e ss; Cass. 21 ottobre 1998, n. 10412, in Rass. trib., 1999, p. 522 con nota di P. COPPOLA, «Sulla rettificabiltà della dichiarazione per questioni di diritto»; Cass., S.U., 25 ottobre 2002, n. 15063, in banca dati Fisconline; M. Nussi, «Disorientamenti giurisprudenziali in tema di errata dichiarazione dei redditi», in Rass. trib., 1998, p. 204; T. Sciarra, «La dialettica tra giurisprudenza e normativa in tema di rettificabilità della dichiarazione tributaria», in Rass. trib., 2004, p. 117.
[nota 13] V. Norma di comportamento n. 171 - Ottobre 2008 Associazione italiana Dottori Commercialisti - Commissione norme di comportamento e di comune interpretazione in materia tributaria Rilevanza ai fini delle imposte dirette del maggior valore definito ai fini dell'imposta di registro in caso di cessione d'azienda, in banca dati Fisconline.
[nota 14] Cfr. M. BASILAVECCHIA - M.P. NASTRI - V. PAPPA MONTEFORTE, «I trasferimenti aziendali: questioni aperte», Studio n. 81/2009/T, in www.notariato.it, e in corso di pubblicazione in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e materiali.
[nota 15] Cfr. F. NICCOLINI, L'accertamento compiuto per un'imposta utilizzato per altra in assenza di giudicato, in Il processo tributario a cura di E. Della Valle, V. Ficari, G. Marini, Padova, Cedam, 2008, p. 424.
[nota 16] Cass., sez. trib., 21 gennaio 2008, n. 1170, in Boll. trib., 2008, p. 519, ove viene posto in evidenza che la valutazione dell'avviamento costituisce un giudizio di fatto rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, immune dal sindacato di legittimità, se correttamente motivato. Inoltre, il metodo pratico di calcolo lascia, come ogni analogo modello di valutazione un certo margine di approssimazione verificabile, peraltro, in ogni altro modello valutativo.
[nota 17] Cass., sez. trib., 13 aprile 2007, n. 8871, in banca dati Fisconline.
[nota 18] Cfr. Comm. trib. reg. Lombardia, sez. stacc. Brescia, 30 gennaio 2007, n. 7, in Riv. giur. trib., 2008, con commento di G. BOCCALATTE, «Spunti di riflessione sull'azienda ceduta imposta di registro e sui redditi», in Riv. giur. trib., 2008, p. 82; G. FERRANTI, «Il valore dell'azienda tra imposta di registro e reddito d'impresa», in Corr. trib., 2008, p. 3295.
[nota 19] Cass., sez. trib., 18 luglio 2008, n. 19830, in Corr. trib., 2008, p. 2849, con commento di M. BEGHIN, «Cessione d'azienda e presunzione di corrispondenza tra prezzo valore e valore di mercato».
[nota 20] Cass., sez. trib., 6 novembre 2000, n. 14448; Cass. sez. trib., 4 dicembre 2008, n. 28791; Comm. trib. reg. Roma, 8 settembre 2008, n. 100; Cass., sez. trib., 28 ottobre 2005, n. 21055, in banca dati Fisconline; Cass., sez. trib., 22 marzo 2002, n. 4117, in Corr. trib., 2002, p. 2357, con nota di A. RENDA - G. STANCATI e postilla di R. LUPI secondo cui gli Uffici non possono applicare la disciplina di cui al D.P.R. 31 luglio 1996, n. 460, recante il regolamento di attuazione delle disposizioni per l'accertamento con adesione ai fini della determinazione del maggior valore per le imposte indirette, poiché si tratta di disposizioni circoscritte alla disciplina riguardante l'accertamento con adesione; Cass., sez. trib., 21 febbraio 2007, n. 4057, in Corr. trib., 2007, p. 1803, con commento di L. GIARETTA; Cass., sez. trib., 1 giugno 2007, n. 12899, in banca dati Big Ipsoa secondo cui in tema di tassazione della plusvalenza patrimoniale relativa al valore dell'avviamento realizzata in seguito alla cessione di azienda, spetta al contribuente superare la presunzione di onerosità della cessione accertata in sede di applicazione dell'imposta di registro. Infatti, anche in presenza di cessione intercorsa fra soggetti legati da vincoli di parentela, l'Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via induttiva all'accertamento del reddito sulla base dell'accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell'imposta di registro; Cass., sez. trib., 8 agosto 2005, n. 16700, in Corr. trib., 2005, p. 3333, con commento di M. BEGHIN; Comm. trib. reg. Lazio, 6 luglio 2007, n. 83, in Riv. dir. trib., 2008, II, p. 121, con nota di V. FICARI, «Continuità del programma imprenditoriale, gratuità del trasferimento e valori imponibili nell'imposizione delle plusvalenze aziendali: aspetti sostanziali e procedimentali» e M. BEGHIN, «Il trasferimento dell'azienda e l'imposizione sulle plusvalenze nei recenti arresti giurisprudenziali: alla ricerca di punti fermi e di schemi generali di ragionamento»; Cass., sez. trib., ord. 30 settembre 2009, n. 21020; Cass., sez. trib., 22 dicembre 2009, n. 27019, in banca dati Fisconline.
[nota 21] Cfr. Comm. trib. Lombardia, sez. staccata di Brescia, 16 gennaio 2007, n. 7, cit.; Cass., sez. trib., 18 luglio 2008, n. 19830, con commento di M. BEGHIN, «Il differenziale prezzo-valore nella cessione d'azienda: i cortocircuiti argomentativi della Suprema Corte», in banca dati Fisconline; Cass., sez. trib., 22 dicembre 2009, n. 27019, cit.
[nota 22] Norma di comportamento n. 171 - Ottobre 2008 - Associazione italiana Dottori Commercialisti - Commissione norme di comportamento e di comune interpretazione in materia tributaria, cit.
[nota 23] Periodo aggiunto dall'art. 35, comma 3, D.l. 4 luglio 2006, n. 223, in vigore dal 4 luglio 2006, convertito dalla L. 4 agosto 2006, n. 248; in deroga all'art. 1, comma 2, della L. 27 luglio 2000, n. 212, per gli atti formati anteriormente al 4 luglio 2006, deve intendersi che le presunzioni di cui all'art. 35, comma 3, D.l. n. 223/2006, valgano agli effetti tributari, come presunzioni semplici, ai sensi dell' art. 1, comma 265, L. 24 dicembre 2007, n. 244.
[nota 24] L'art. 39, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 600/1973 dispone testualmente «… d) se l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall'ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all'articolo 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all'impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall'ufficio nei modi previsti dall'articolo 32. L'esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti ...».
[nota 25] Cfr. T. TASSANI, «L'accertamento dei corrispettivi nelle cessioni immobiliari e la nuova presunzione sul valore normale», in Rass. trib., 2007, p. 137 e ss.
[nota 26] V. T. TASSANI, «I trasferimenti immobiliari tra corrispettivo contrattuale e valore normale dopo il D.l. 223/2006», Studio n. 152/2006/T, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e materiali, 2007, 1, p. 277.
[nota 27] Cfr., A. PISCHETOLA - T. TASSANI, «L'accertamento immobiliare in base …», cit.
[nota 28] Cfr. Cass. 5 novembre 2001, n. 13667, in banca dati dejure.giuffre.it; Cass., sez. trib., 4 maggio 2005, n. 16700; Comm. trib. reg. Liguria, 12 aprile 2005, n. 4, in banca dati Fisconline.
[nota 29] Per ulteriori approfondimenti in tema di elusione fiscale v. F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, Torino, Utet, 2009, p. 239 e ss.; S. FIORENTINO, L'elusione fiscale, Napoli, 1996; G. ZIZZO, Brevi considerazioni sulla nuova disciplina antielusione, in AA.VV., Commento agli interventi di riforma tributaria a cura di M. Miccinesi, Padova, Cedam, 1999; M. CERRATO, Elusione fiscale ed imposizione indiretta nelle operazioni societarie, in Elusione ed abuso del diritto tributario a cura di G. Maisto, Milano, Giuffrè, 2009, p. 379.
[nota 30] L'art. 37-bis del D.P.R. n. 600/73 è articolato in otto commi che disciplinano gli aspetti sia sostanziali che procedurali relativi all'accertamento: i primi tre costituiscono il cardine per l'individuazione delle operazioni di natura antielusiva. Il primo comma dispone testualmente: «sono inopponibili all'amministrazione finanziaria gli atti, i fatti ed i negozi, anche collegati fra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni d'imposta o rimborsi, altrimenti indebiti». Detta disposizione non si applica in tutti i casi, in quanto i primi due commi non costituiscono norma antielusiva generale, perché il disposto antielusivo trova applicazione solo ed esclusivamente nel caso di operazioni, che saranno potenzialmente elusive, se rientreranno nei parametri del primo comma e trattasi di quelle espressamente indicate al terzo comma e cioè: a) trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni volontarie e distribuzione ai soci di somme prelevate da voci del patrimonio netto diverse da quelle formate con utili; b) conferimenti in società (di beni e diritti), nonché negozi aventi ad oggetto il trasferimento (a titolo oneroso o gratuito) o il godimento di aziende o complessi aziendali (quali, ad esempio, l'affitto di azienda o l'usufrutto); c) cessioni di credito; d) cessione di eccedenza d'imposta; e) fusioni, scissioni, conferimenti d'attivo e scambi di azioni intracomunitari di cui al D.lgs. 544/1992; f) operazioni, da chiunque effettuate, incluse le valutazioni, aventi ad oggetto i beni ed i rapporti di cui all'art. 81 comma 1 lett. da c) a c-quinquies) del Tuir (quali, ad esempio, le cessioni a titolo oneroso di partecipazioni "qualificate", di valori mobiliari, di valute estere ecc.).
[nota 31] Diversa è, invece, la frode fiscale: nel nostro ordinamento non esiste una vera e propria definizione di frode, essa può delinearsi come una condotta penalmente rilevante atta a trarne in inganno i destinatari. Dapprima disciplinata come reato tributario dall'art. 4 della L. 516/82 c.d. "manette agli evasori", che prevedeva sette ipotesi criminose riconducibili alla fattispecie, con la riforma dei reati tributari del 2000 e il D.lgs. n. 74/2000 il legislatore ha ristretto la materia delle fattispecie di punibilità, solo ai fatti direttamente correlati sia sotto il profilo soggettivo, sia oggettivo alle lesioni degli interessi fiscali
[nota 32] Cfr. L. SORGATO, «Il passaggio generazionale dell'azienda e la prosecuzione gestionale dell'impresa da parte degli eredi», in Fisco, 2004, p. 4205; V. FICARI, «Continuità del programma imprenditoriale, gratuità del trasferimento e valori imponibili nell'imposizione delle plusvalenze aziendali: aspetti sostanziali e procedimentali», nota a Cass., sez. trib., agosto 2007, n. 17820; Cass., sez. trib., 1 giugno 2007, n. 12899; Comm. trib. reg. del Lazio, sez. XXVII, 6 luglio 2007, n. 83; Cass., sez. trib., 23 ottobre 2006, n. 22791, in Riv. dir. trib., 2008, II, p. 125 e ss.; G. Tabet, «Alienazione da parte dell'erede di azienda già affittata dal de cuius», in Fisco, 2002, p. 1550.
[nota 33] Cfr. Comm. trib. reg. Milano, 17 giugno 2008, n. 52, in banca dati Fisconline, secondo cui non è condivisibile l'assunto dell'Amministrazione finanziaria secondo il quale sussisterebbe simulazione del negozio di affitto d'azienda, nel caso sia previsto un patto di futura cessione con imputazione dei canoni al corrispettivo del trasferimento. La natura e la causa del negozio di affitto è giustificato dalle circostanze addotte dal contribuente il quale, subordinatamente all'ammissione al concordato preventivo, poneva quale condicio sine qua non l'autorizzazione giurisdizionale all'operazione nell'intento comunque di mantenere inalterati l'integrità patrimoniale ed i livelli occupazionali del compendio aziendale.
[nota 34] Ulteriori profili elusivi possono rinvenirsi in ipotesi di conferimento di azienda: la Corte di Giustizia nella causa C-29/08 del 29 ottobre 2009, in banca dati Fisconline, ha dichiarato che la cessione da parte di una società svedese (società controllante) della totalità della azioni di una filiale (società controllata) costituisce una cessione d'azienda. La Corte ha, infatti, ritenuto che la vendita di tutte le attività di una società e di tutte le sue azioni sono assimilabili. L'operazione di cessione è stata ritenuta esente da Iva, tuttavia, gli Stati membri possono optare per considerare la cessione d'azienda fuori campo Iva (come nel caso italiano), anziché come operazione esente. Pertanto, la cessione di un pacchetto azionario detenuto da una società controllante è, nel nostro ordinamento, assimilabile ad una cessione d'azienda e sarà assoggettata ad imposta di registro. La Corte di giustizia precisa, inoltre, che quanto dichiarato nella sentenza non subisce variazioni se la cessione di azioni avvenga in più operazioni successive.
[nota 35] Cfr. G. PETRELLI, «Imposta di registro, elusione fiscale, interpretazione e riqualificazione degli atti», Studio n. 95/2003, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e materiali, 2004, 2, p. 875; S. FIORENTINO, «Riflessioni sui rapporti tra qualificazione delle attività private e accertamento tributario», in Rass. trib., 1999, p. 1055 e ss.; G. MELIS, L'interpretazione nel diritto tributario, Padova, Cedam ,2003, p. 292 e ss.; A. URICCHIO, Commento all'art. 20 T.U., in N. D'AMATI, La nuova disciplina dell'imposta di registro, Torino, Utet, 1989, p. 180.
[nota 36] Cfr. Cass., sez. trib., 14 marzo 2007, n. 10273, in banca dati dejure.giuffre.it.
[nota 37] Cfr. M. BASILAVECCHIA - M.P. NASTRI - V. PAPPA MONTEFORTE, «I trasferimenti aziendali: questioni aperte», cit.
[nota 38] L'art. 37-bis del D.P.R. 600/73 prevede l'inopponibilità all'Amministrazione finanziaria degli atti, fatti e negozi, anche collegati fra loro, privi di valide ragioni economiche, posti in essere al solo fine di aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e di ottenere riduzioni d'imposte o rimborsi, altrimenti indebiti. Le singole fattispecie elusive sono tipizzate, cioè, perché si possa configurare elusione bisogna che quanto sopra previsto sia realizzato con una delle seguenti operazioni: - trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni volontarie e distribuzione ai soci di somme prelevate da voci del patrimonio netto non formate con utili; - cessioni di crediti e cessioni di crediti d'imposta; - fusioni, scissioni, conferimenti di aziende o complessi aziendali, permute o conferimenti di azioni o quote concernenti società residenti in diversi Stati Ce; - operazioni da chiunque effettuate relativamente ai casi previsti dall'articolo 81 comma 1 lettere da c) a c-quinques) ora art. 67 del D.P.R. 917/86; - capitalizzazioni di comodo al fine di ottenere i benefici della tassazione duale; - conferimenti in società e negozi aventi ad oggetto il trasferimento o il godimento di aziende o complessi di aziende. Fra le operazioni potenzialmente elusive rientra anche il trasferimento e il godimento di aziende, quindi anche l'affitto d'azienda. Rientrerà nella fattispecie elusiva il contratto d'affitto d'azienda si integri simultaneamente: - l'assenza di valide ragioni economiche; - l'intento di aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento; - l'indebita riduzione di imposte o indebiti rimborsi.
[nota 39] V. G. MARONGIU, «L'elusione nell'imposta di registro tra l'abuso del diritto e l'abuso del potere», in Dir. e prat. trib., 2008, p. 107 e ss.
[nota 40] Cfr. B. DENORA, «La natura di "tassa d'atto" dell'imposta di registro dovuta in misura fissa», Studio n. 238/2008, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e materiali, 2009, 1, p. 257.
[nota 41] Cfr. M. BASILAVECCHIA, «I nuovi poteri di controllo dell'amministrazione finanziaria nelle imposte di registro, ipotecaria e catastale», Studio n. 68/2007, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e materiali, 2008, 1, p. 243; M. BASILAVECCHIA, «L'accertamento del valore di mercato degli immobili», in Corr. trib., 2007, p. 195 e ss.
[nota 42] Cfr. Corte di Giustizia, 21 febbraio 2006, causa C-255/02 (Halifax); Cass., S.U., 23 dicembre 2008, n. 30055 e n. 30057; Cass., sez. trib., 17 ottobre 2008, n. 25374, in banca dati Fisconline.
[nota 43] Cfr. Cass., sez. trib.,1 aprile 2009, n. 12042 in banca dati dejure.giuffre.it.
[nota 44] Cfr. Cass., sez. trib., 1 aprile 2009, n. 12042, cit., ove viene chiarito che è «reperibile nelle norme costituzionali che sanciscono il criterio di capacità contributiva e di progressività dell'imposizione (articolo. 53 Cost., commi 1 e 2)» e non contrastante «con la riserva di legge in materia tributaria, derivante dall'articolo 23 Cost., in quanto il riconoscimento di un generale divieto di abuso del diritto nell'ordinamento tributario non si traduce nell'imposizione di ulteriori obblighi patrimoniali non previsti dalla legge». Cfr. M. BEGHIN, L'abuso del diritto nell'imposta di registro e il problema della "selezione" negoziale degli elementi costituenti l'azienda, in banca dati Fisconline, che non comprende come la Suprema Corte abbia potuto qualificare la fattispecie descritta nella sentenza quale operazione abusiva, considerato che il contribuente si è limitato a versare l'imposta corrispondente al valore del bene acquistato. In ambito di imposta di registro sarà necessario verificare l'esistenza della passività, in tal caso dovranno necessariamente incidere sul valore dell'azienda trasferita; V. FICARI, Principio di collaborazione e buona fede, disapplicazione delle sanzioni amministrative tributarie ed abuso del diritto nelle imposte sul reddito, in banca dati Fisconline. Il riferimento alla pluralità di disposizioni che, ai fini sia privatistici che pubblicistici, valorizzano la correttezza e la buona fede delle parti di un rapporto giuridico, appare al momento del tutto assente quel reticolato di disposizioni che, se presente, potrebbe giustificare, per espressa valutazione legislativa, una prevalenza dei doveri costituzionali.
[nota 45] L'art. 79 L. fall. rubricato "Contratto di affitto d'azienda" testualmente recita: «il fallimento non è causa di scioglimento del contratto di affitto d'azienda, ma entrambe le parti possono recedere entro sessanta giorni, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo, che, nel dissenso tra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati». L'indennizzo dovuto dalla curatela è regolato dall'articolo 111, n. 1. Il testo dell'articolo è stato così sostituito a seguito dell'abrogazione dell'art. 80-bis con D.lgs. 12 settembre 2007, n. 169.
[nota 46] Cfr. F. FIMMANò, L'affitto di azienda preesistente al fallimento, cit.
[nota 47] Sul punto si rinvia a quanto esposto nel primo capitolo.
[nota 48] Un caso particolare è infatti quello delle società di comodo. Rientrano tra le società di comodo le società immobiliari, tuttavia non saranno considerate tali se possiedono immobilizzazioni in corso di realizzazione, poiché, per definizione, non sono suscettibili di produrre alcun reddito. Infatti, nel caso in cui siano posseduti, in parte immobili in corso di realizzazione e in parte immobili ultimati e locati, soltanto i primi potranno essere esclusi dal computo per la verifica dell'operatività. Sarà necessario in tal caso produrre i bilanci, comprese le relative note integrative e relazioni sulla gestione, da cui si evinca l'esistenza di immobilizzazioni in corso. L'Amministrazione finanziaria, con una circolare esplicativa ha, inoltre, chiarito che possono essere accolte le istanze di disapplicazione presentate dalle società immobiliari che non abbiano ancora potuto iniziare lo sfruttamento delle aree e dei fabbricati in quanto ancora in attesa dei necessari provvedimenti autorizzativi. In tal senso circ. min. 9 luglio 2007, n. 44, in banca dati Fisconline.
Tuttavia, l'Agenzia non riconosce, però, l'esimente quando la società abbia acquistato l'area consapevole dei vincoli edificatori esistenti, in tal caso, la scelta imprenditoriale determinerà una mancanza di ricavi di cui la società ha certamente tenuto conto. Non può sottacersi che la conclusione dell'Agenzia sia in netto contrasto rispetto alle finalità della norma.
Infatti, la norma antielusiva volge a contrastare l'elusione d'imposta nel caso in cui il rendimento dei beni immobili da parte di uno dei soci, in luogo delle persone fisiche dei soci, consenta la realizzazione di fattispecie elusive. Se un terreno risulterà oggettivamente improduttivo non si comprende la ragione della mancata applicazione dell'esimente tenuto conto che in tale ipotesi non vi sono aspetti elusivi a prescindere dal profilo soggettivo (società o persona fisica). La disciplina sarà altresì inapplicabile nel caso in cui la preesistenza di contratti di locazione in corso (e quindi non modificabili) o nella stipulazione di contratti di locazione i cui proventi siano almeno pari a quelli di mercato, ma non tali da soddisfare il test di operatività. In tali ipotesi, però, la prova dell'esistenza di situazioni oggettive esimenti sarà ovviamente complessa, in mancanza di valutazioni di mercato note, sarà necessario produrre perizie di stima o altra documentazione, suscettibile di valutazioni soggettive. L'amministrazione finanziaria con circ. n. 25/E del 4 maggio 2007, in banca dati Fiscoline, ha chiarito che per verificare se i canoni di locazione siano conformi a quelli di mercato, potrà essere fatto riferimento ai dati delle quotazioni immobiliari stimati dall'Osservatorio del Mercato Immobiliare. Nel caso in cui la società abbia concesso in locazione gli immobili nell'ambito di contratti d'affitto d'azienda, occorrerà, infine, dimostrare la congruità dei canoni pattuiti rispetto alle quotazioni correnti sul mercato, evidenziando anche l'effettiva terzietà del conduttore.
[nota 49] Cfr. C. SIMONE, «Il contratto di franchising: la L. 6 maggio 2004, n. 129 ed il decreto del ministro delle attività produttive 2 settembre 2005, n. 204 in merito all'attività dell'affiliante svolta all'estero», in Impresa c.i., 30 giugno 2006, p. 993.
[nota 50] Cfr. ris. min. 13 marzo 2007, n. 49/E, in banca dati Fisconline.
[nota 51] Cfr. Cass., sez. trib., 8 agosto 1997, n. 7361 in banca dati Fisconline.
[nota 52] Per ulteriori approfondimenti in tema di leasing finanziario v. F. SAPONARO, «Problematiche fiscali del leasing finanziario immobiliare», in Rass. trib., 2004, p. 889; F. GALLIO, «I canoni di locazione finanziaria relativi all'acquisto di un complesso aziendale», in Fisco, 19 gennaio 2004, p. 396.
[nota 53] Cfr. ris. min. 22 giugno 2009, n. 163, in banca dati Fisconline; F. MARTORANO, «Leasing d'azienda», in Banca borsa tit. cred., 2010, 1, p. 1.
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