INDIRIZZO DI SALUTO
INDIRIZZO DI SALUTO
di Massimo Palazzo
Presidente del Consiglio Notarile di Firenze Pistoia e Prato
Autorità,
Illustri Relatori,
Cari Colleghe e Colleghi,
Carissimi ragazzi della scuola di notariato.
Inizio questo mio breve intervento di saluto ringraziando la Fondazione del Notariato, il Notaio Paolo Piccoli, Presidente della Fondazione, i Notai Cafagno e Caserta, componenti del Consiglio di amministrazione, i Notai Bellezza e Nardone, componenti del Comitato scientifico, la dottoressa Claudia Franceschini, Segretario generale della Fondazione, e tutti i Relatori, per avere organizzato a Firenze un Convegno dai contenuti così attuali sul tema dei beni culturali e così importante per la partecipazione di personaggi di alto rango dell'Accademia e del Notariato al cui vertice vi è il nome prestigioso del Prof. Paolo Grossi un nostro comune, grande, maestro che ha veramente illustrato la vita accademica fiorentina e la cultura giuridica italiana, considerando il significativo insegnamento che ha dato e sta continuando a dare a tutti noi.
Uno dei non molti cultori del diritto che avranno un sicuro spazio nella storia del pensiero giuridico.
Un Convegno sulla circolazione dei beni culturali a Firenze.
Firenze, culla delle arti, Atene d'Italia, focolare della rinascenza, madre feconda di ingegni. Le citazioni si sprecano ma il rischio dell'auto compiacimento non sfugge ai fiorentini.
Il rischio è quello di ridursi a mostrare (e a vivere di) un passato glorioso, ma imbalsamato e cadaverico.
Nel 1913 (l'anno in cui entra in vigore la legge notarile vigente) Giovanni Papini scriveva «tutta la città un giorno o l'altro, si potrà circondare da un muro e faremo un gran museo col biglietto di ingresso di 100 lire».
Per sgombrare il campo dai cedimenti emotivi, dalla bigotteria passatista e dalla grettezza provinciale, sia consentito al presidente del Consiglio Notarile della città che ospita i lavori, salutare, con grande soddisfazione, la scelta di Firenze come sede del Convegno.
Non sono a disagio nel confessare che, sebbene abbia più volte studiato la materia dei beni culturali, non ho alcuna legittimazione a parlarne. Mi permetto, tuttavia, di osservare che il tema specifico del Convegno sembra di grande attualità. E non mi riferisco alla circostanza che sono decorsi pochi anni da gennaio 2004 (niente per i tempi della storia), data della entrata in vigore del codice dei beni culturali, ma alla esigenza, còlta così bene dagli organizzatori, di affrontare una riflessione sul persistente valore di questa classica categoria dei beni.
La società complessa, che è venuta evolvendosi dal secondo dopo guerra ad oggi, il moltiplicarsi e l'intersecarsi delle fonti di produzione delle regole, la crisi sempre più accentuata della esclusiva statualità del diritto, hanno rotto il quadro tradizionale e rassicurante dei punti di riferimento di segno categoriale, sistemato dalla dottrina tradizionale.
Oggi il processo applicativo delle regole giuridiche in genere e in specie in tema di circolazione dei beni culturali impone inevitabilmente di cogliere nella differenza l'identità, nella frammentarietà delle norme la coerenza del sistema, nella molteplicità l'unità.
Sembrerebbe quasi, a leggere il codice, di dover ravvisare una improprietà nella alternativa tra parte generale e parte speciale della disciplina.
Nella materia dei beni culturali l'esistenza di una disciplina di carattere generale non pare di per sè indicativa dell'esistenza di una categoria unificante, né costituisce indirizzo univoco per l'individuazione della concreta disciplina.
Utilizzando un ragionamento per categorie (alla Don Ferrante), considerando i beni culturali una categoria unitaria a ben vedere dobbiamo renderci conto che essa si è venuta storicamente modificando sotto i nostri occhi fino a ridursi a un mero simulacro, poco più un sintagma, dietro al quale non c'e più la sostanza che ne ha connotato la storia.
Il tentativo che intravedo dietro al programma del Convegno di oggi è non solo di soddisfare la nostra fame di operatori pratici di punti certi di riferimento.
Piuttosto, intravedo il tentativo di ripensare, nell'esperienza giuridica contemporanea, una delle più classiche categorie della teoria dei beni, quella che un tempo si sarebbe detta "Fondante", idonea cioè a porre il sostrato fondamentale del modo di intendere e di operare del giurista, sia esso maestro o operatore pratico.
Certo, questo ripensamento impone di abbandonare il principio che il sistema sia un qualcosa di dato, completo e definitivo, per abbracciare l'idea che occorre dedicarsi alla costruzione di un sistema aperto, mediante un'opera continua di correzione, ampliamento e modificazione.
Cioè si cambia rotta rispetto alla vecchia impostazione classificatoria interna al sistema.
In questo settore l'impostazione per categorie più che agevolare la comprensione dell'oggetto di studio ha creato un freno e comunque un limite condizionante ad una realtà in evoluzione.
Per tutte queste buone ragioni mi pare che l'odierno incontro di studio parta sotto i migliori auspici.
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