Inquadramento sistematico del progetto di regolamento comunitario sulle successioni per causa di morte
Inquadramento sistematico del progetto di regolamento comunitario sulle successioni per causa di morte
di Bruno Barel
Professore aggregato di Diritto internazionale privato e di Diritto dell'Unione europea nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli studi di Padova

Le successioni transnazionali

Si stima che ogni anno si verifichino nell'Unione europea almeno 450.000 successioni con carattere transnazionale (9-10% su 4,5 milioni di successioni), per un valore approssimativo di oltre 120 miliardi di euro. E' una stima destinata ad aumentare in misura significativa nel prossimo futuro, per l'atteso incremento della mobilità delle persone, intracomunitaria o di immigrazione extracomunitaria, e della circolazione dei capitali.

Non è sempre chiaro però che cosa si intenda esattamente per successioni transnazionali, dato che i fattori di estraneità ad un unico ordinamento giuridico statale possono essere molteplici ed eterogenei, come la cittadinanza del de cuius, la sua residenza abituale, il suo domicilio, la localizzazione dei beni del suo patrimonio.

E' indubbio invece che la rilevanza economica del fenomeno è inversamente proporzionale alla certezza e prevedibilità della sua disciplina giuridica, che attualmente, in mancanza di armonizzazione sovrannazionale, è rimessa alle autonome scelte di ciascun ordinamento statale; con la conseguenza che possono insorgere facilmente conflitti, soprattutto positivi, di giurisdizione e conflitti di legge applicabile, aggravati dall'estrema varietà di soluzioni materiali riscontrabili nel diritto interno dei singoli Stati, anche nello spazio dell'Unione europea.

La materia d'altra parte è strettamente legata ai valori, alle tradizioni e alla cultura giuridica di ciascuna comunità nazionale; per di più, essa risente anche delle scelte legislative riguardanti materie contigue, come quella del diritto di famiglia e dei regimi patrimoniali familiari. Risente altresì delle differenti valutazioni sul ruolo da assegnare all'autorità pubblica nelle vicende successorie.

L'incertezza giuridica reca pregiudizio a tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nelle successioni ed ai rispettivi interessi. Appartiene alla sfera di libertà, prima ancora che di proprietà, di ciascun individuo l'aspirazione a programmare la propria successione; ma anche tutti coloro che sono legati ad un individuo da vincoli personali, familiari parentali affettivi, o da legami d'affari hanno un loro proprio interesse a poter prevedere gli effetti che possono derivare in conseguenza della sua morte. In una prospettiva diversa, sono molti anche i soggetti terzi che hanno interesse a prevedere la sorte futura del patrimonio altrui; e lo Stato stesso ha un proprio interesse, sia a fini di certezza delle situazioni e dei rapporti giuridici che ai fini specifici dell'applicazione della legislazione fiscale.

E' concreto il rischio che finisca col prevalere, sul piano dell'effettività, la volontà dello Stato o degli Stati che risultino maggiormente in grado di imporsi in virtù della rispettiva sovranità territoriale, soprattutto in relazione ai beni situati entro i rispettivi territori.

La cooperazione internazionale e l'iniziativa comunitaria

La possibilità di ridurre l'incertezza giuridica e di aumentare la prevedibilità delle soluzioni relative alle successioni transnazionali dipende dal processo di armonizzazione rimesso alla cooperazione internazionale. I risultati ottenuti fino ad ora sono tuttavia insoddisfacenti, nonostante le iniziative promosse anche dalla Conferenza dell'Aja di diritto internazionale privato.

Per la forma delle disposizioni testamentarie è in vigore - ma ne sono parte, fra i Paesi dell'Unione europea, soltanto 16 - la convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961 sul conflitto di leggi.

La convenzione dell'Aja del 1973 sull'amministrazione internazionale delle successioni per causa di morte è in vigore ma è stata ratificata soltanto da tre Stati membri: la Repubblica ceca, il Portogallo e la Slovacchia.

Non è entrata in vigore, invece, la convenzione dell'Aja dell'1 agosto 1989 sulla legge applicabile alle successioni a causa di morte.

La convenzione di Bruxelles del 1968 sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, conclusa tra i Paesi comunitari, ha escluso dal proprio ambito di applicazione la materia successoria, che appariva a quel tempo estranea al mercato comune.

Tuttavia, il lavoro svolto a livello internazionale si è rivelato un'utile base di partenza per ulteriori concreti sviluppi nell'ambito dell'Unione europea allorché, col Trattato di Amsterdam del 1997, è stata attribuita alle istituzioni comuni una nuova competenza, di tipo concorrente, ad adottare misure nel quadro delle politiche connesse alla libera circolazione delle persone (titolo IV Tce), anche nel settore specifico della cooperazione giudiziaria nella materia civile con implicazioni transfrontaliere, per quanto necessario al corretto funzionamento del mercato interno (art. 65 Tce). Tali misure sono state espressamente estese, fra l'altro, ai settori del riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, comprese le decisioni extragiudiziali, e della promozione della compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di legge e di competenza giurisdizionale (art. 65, lett. a, terzo trattino, e lett. b, Tce).

Nel nuovo contesto dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, la promozione della compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di legge e di giurisdizione va perdendo l'originaria impronta ancillare rispetto al principio cardine della libera circolazione delle decisioni giudiziarie e va assumendo un proprio distinto ruolo. Si intende infatti rafforzare la prevedibilità del contenuto delle decisioni e così la certezza del diritto, a salvaguardia di tutti quegli individui che si avvalgano della loro libertà di circolazione nel territorio comunitario ed entrino in contatto con una pluralità di sistemi giuridici statali fra loro differenti.

Nello spazio unico europeo, la circolazione delle persone non può essere ostacolata neppure da quelle divergenze del diritto interno dei singoli Stati membri che possano provocare discriminazioni o comunque pregiudicare lo stato personale e la condizione giuridica in genere già acquisita dall'individuo.

Nella recente giurisprudenza della Corte di Giustizia questo orientamento ha avuto ricadute pratiche di notevole importanza, soprattutto in due direzioni, quella del diritto al nome e quella della non discriminazione in presenza di una pluralità di cittadinanze.

Libertà di circolazione e divieto di discriminazioni rappresentano dunque i princìpi cardine che hanno ispirato, dal 1997 in poi, l'iniziativa comunitaria, sviluppatasi in una ormai lunga ed ininterrotta serie di piani, programmi e misure normative, estese oltre le tradizionali aree della circolazione delle decisioni giudiziarie e del mondo degli affari.

Non sono però mancate le difficoltà, nell'azione volta ad estendere l'armonizzazione comunitaria al settore della famiglia ed a quello delle successioni.

Nel primo, è stato adottato un regolamento limitato agli aspetti processuali (reg. 2201/2003 del 27 novembre 2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale), mentre sono ancora in fase di studio misure volte ad armonizzare le norme di conflitto sui divorzi. Nel secondo, vi è ora la proposta di regolamento oggetto di analisi in questa sede. E' da segnalare anche il recente regolamento n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2009, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari.

Rientrava già fra le priorità del Piano d'azione di Vienna del 1998 la previsione di uno strumento in materia di successioni, ma essa non ha avuto seguito immediato, a comprova delle difficoltà di costruire un'area di ampio consenso in questo settore. La priorità è stata ribadita nel programma adottato dal Consiglio il 30 novembre 2000, ed ancora nel programma dell'Aja adottato dal Consiglio europeo di Bruxelles del 4-5 novembre 2004, ove peraltro il termine finale per l'assunzione di un'iniziativa normativa è stato differito al 2011.

Nel frattempo, la Commissione ha svolto una paziente attività preparatoria, alla ricerca di soluzioni condivise. E' del 2002 uno studio fornito alla Commissione dal Deutsches Notarinstitut; il 1 marzo 2005 è stato pubblicato dalla Commissione un Libro verde su successioni e testamenti, cui è seguita una fase partecipativa con circa 60 risposte ed un'audizione pubblica, tenutasi il 30 novembre 2006. Un gruppo di esperti istituito dalla Commissione ha lavorato tra il 2006 e il 2008; nel frattempo, sia il Comitato economico e sociale che il Parlamento europeo si sono espressi a favore dell'adozione di uno strumento comunitario.

Il punto di arrivo di questa fase, ossia il formale inizio di un procedimento normativo, si è avuto il 14 ottobre 2009, con la presentazione da parte della Commissione della proposta di adottare un regolamento relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo.

La base giuridica della proposta di regolamento sulle successioni

La proposta di regolamento sulle successioni è stata presentata dalla Commissione assumendo come base giuridica l'art. 67, par. 5, Tce, che prevedeva l'adozione di misure nelle materie dell'art. 65, fra le quali la cooperazione giudiziaria in materia civile, secondo la procedura di codecisione, ad esclusione degli aspetti connessi col diritto di famiglia, soggetti invece alla decisione unanime del Consiglio con la sola consultazione del Parlamento europeo.

Dal 1° dicembre scorso tale base giuridica è formalmente mutata, in seguito all'entrata in vigore dal 1° dicembre 2009 del Trattato di Lisbona, che ha abrogato l'art. 67 Tce ed introdotto il nuovo art. 81 Tfue. La sostanza però è rimasta invariata, dato che anche ora è prevista in via generale l'adozione di misure in questi settori con la procedura di codecisione, escluse soltanto le misure relative al diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali che restano riservate al Consiglio, il quale delibera all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo.

La Commissione ha espresso il convincimento che la materia delle successioni per causa di morte esuli dal diritto di famiglia. Pur dando atto che nei Paesi nordici il diritto successorio non è distinto dal diritto di famiglia, ha ritenuto di condividere il diverso orientamento riscontrato nella maggioranza degli Stati membri, a favore dell'autonomia del diritto successorio. A questo fine, ha posto l'accento in particolare sul carattere preponderante, nella successione, degli elementi patrimoniali, sulla finalità di disciplinare la trasmissione dell'eredità piuttosto che i rapporti giuridici connessi al matrimonio e alla famiglia, sull'importanza centrale riconosciuta alla volontà del testatore rispetto alla centralità delle disposizioni di ordine pubblico nel diritto di famiglia.

Questa impostazione ha importanti conseguenze, oltre che ai fini dell'individuazione del procedimento normativo comunitario appropriato e così del superamento dell'esigenza di una volontà unanime da parte dei Governi nazionali, in ordine alla determinazione dei contenuti della disciplina di conflitto, configurata tendenzialmente come autonoma rispetto al diritto di famiglia.

Si è trattato di una scelta necessitata, per concretizzare finalmente i propositi di armonizzazione nel settore delle successioni, e fors'anche per superare le forti riserve di qualche Paese ad un intervento normativo comunitario in questo settore; né essa è priva di riflessi problematici, in quanto la struttura del diritto successorio è in molti Paesi correlata a quella del diritto dei regimi patrimoniali familiari.

L'autonomia fra le due materie potrebbe dunque eliminare quel bilanciamento di valutazioni e tutele che nel diritto interno può invece giustificare i contenuti di determinate regole successorie. Inoltre, la mancanza di armonizzazione delle norme di conflitto sui regimi patrimoniali nella famiglia può provocare conclusioni divergenti in conseguenza del contenuto della norma di conflitto interna applicata dal giudice competente a conoscere della vicenda successoria.

L'impostazione della proposta non è valsa comunque a superare il dissenso anticipato dalla Gran Bretagna, che presumibilmente si avvarrà della facoltà di opting out che si è riservata, unitamente all'Irlanda, per tutte le misure della cooperazione giudiziaria civile, affiancandosi così alla Danimarca, che si è sottratta in linea generale alle medesime misure.

La nuova base giuridica costituita dall'art. 81 Tfue conferma l'estensione della cooperazione giudiziaria alle materie civili «con implicazioni transnazionali» (aggettivo che appare più appropriato dell'originario “transfrontaliere”), mentre sembra ridurre la portata della previsione che collega le misure a quanto necessario al buon funzionamento del mercato interno (si passa da «per quanto necessario al corretto funzionamento ...» a «... in particolare se necessario al buon funzionamento ...»), con un inciso che sembra far assumere alla proposizione carattere esemplificativo.

In ogni caso, nella prassi ormai consolidatasi questi limiti sono stati già depotenziati, per la loro genericità ed ancor più mediante un'interpretazione che tende a porre in stretta correlazione queste misure con i princìpi fondamentali della libera circolazione delle persone e del divieto di discriminazioni.

Segue: effetti del tipo di atto normativo comunitario proposto dalla Commissione

Il diritto primario si limita a consentire l'adozione di misure comunitarie, lasciando così piena libertà di scelta del tipo di atto ritenuto più appropriato, fermi i principi di proporzionalità e di sussidiarietà.

Anche in questo caso, com'è avvenuto fino ad ora quasi costantemente nella cooperazione giudiziaria in materia civile, la Commissione ha ritenuto indispensabile - in considerazione delle esigenze di certezza e di prevedibilità che l'azione comunitaria intende soddisfare - proporre l'adozione di un regolamento, atto obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile nel diritto interno di tutti gli Stati membri.

Ne consegue anzitutto l'immediata e totale prevalenza della normativa uniforme sul diritto interno statale. Va tuttavia segnalato, relativamente all'efficacia temporale della nuova disciplina, che il regolamento troverà applicazione alle successioni di persone decedute dopo la data della sua operatività (art. 50), che è fissata un anno dopo la sua entrata in vigore, 20 giorni dopo la pubblicazione nella G.U. Ue (art. 51). L'applicazione del regolamento sarà peraltro totale, estendendosi anche a quelle disposizioni che valorizzano manifestazioni di volontà del de cuius risalenti a data anteriore al regolamento (art. 50).

La disciplina del regolamento è destinata a prevalere, oltre che sul diritto interno, anche su quella eventualmente posta da accordi internazionali già conclusi da Stati membri nella medesima materia, limitatamente ai rapporti fra Stati membri (art. 45). Non incide invece sugli accordi, soprattutto bilaterali, in vigore fra singoli Stati membri e Paesi terzi.

La scelta dello strumento regolamentare comporta inoltre che le sue disposizioni siano interpretate nella massima misura possibile in modo autonomo rispetto al diritto interno, coerentemente con l'esigenza di uniforme applicazione ed interpretazione del diritto comunitario derivato, con l'ausilio offerto dalla competenza interpretativa attribuita in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia. A questo proposito, è da sottolineare che l'abrogazione dell'art. 68 Tce e l'introduzione dell'art. 275 Tfue hanno fatto venire meno l'originaria restrizione agli organi giurisdizionali di ultima istanza del potere di disporre il rinvio pregiudiziale.

Anche nel caso in esame, è lo stesso regolamento a fornire preliminarmente delle definizioni dei principali termini usati, attribuendo loro un significato che talora è del tutto peculiare: ad esempio, i differenti ruoli assegnati nei Paesi membri agli organi giurisdizionali e ad altre pubbliche autorità in materia successoria hanno indotto la Commissione ad utilizzare l'espressione “organo giurisdizionale” in modo così ampio da includere tutte le autorità che secondo il diritto interno siano chiamate a svolgere funzioni giurisdizionali, in particolare per delega, come i notai e i cancellieri. Su questo punto specifico, il dettato dell'art. 2 (b) è reso più chiaro dal commento contenuto nella relazione introduttiva.

Il consolidarsi di un corpus normativo per vari aspetti omogeneo, come espressione della cooperazione giudiziaria in materia civile nell'Unione europea, comporta fra l'altro la graduale formazione di un lessico giuridico europeo, consolidato anche dall'opera interpretativa svolta dalla Corte di Giustizia, che dedica grande attenzione anche all'esigenza di certezza giuridica relativamente a termini giuridici, concetti e istituti ricorrenti negli atti normativi comunitari.

L'interpretazione del regolamento sulle successioni, dunque, va condotta tenendo conto del sistema giuridico europeo nel quale lo strumento va ad inserirsi.

L'ambito di applicazione della proposta di regolamento sulle successioni: le successioni per causa di morte con implicazioni transnazionali

La proposta di regolamento riguarda le successioni per causa di morte e tende ad armonizzarne la disciplina tanto negli aspetti processuali - giurisdizione, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni e degli atti pubblici - quanto in quelli conflittuali, e perfino in quelli probatori coll'istituire un certificato successorio europeo.

Questo metodo, che ha un precedente immediato nel regolamento sulle obbligazioni alimentari, trova giustificazione, oltre che nella volontà di colmare la lacuna di disciplina uniforme riscontrabile per tutti gli aspetti presi qui in considerazione, nella consapevolezza che i diversi aspetti presentano stretti collegamenti tra loro e che i princìpi informatori dell'azione comunitaria possono essere attuati con maggiore coerenza ed efficacia attraverso il coordinamento della disciplina processuale con quella conflittuale, avvalendosi di concetti e termini univoci.

Il regolamento si riferisce genericamente alle successioni per causa di morte, senza caratterizzarle per le loro implicazioni transnazionali. Evita così di dover identificare i fattori atti a connotare una successione come internazionale, e di far sorgere conseguentemente il problema preliminare di distinguere tra le successioni per causa di morte meramente interne e quelle transnazionali.

Questo non significa che la Commissione abbia travalicato i limiti confermati dall'art. 275 Tfue, bensì che la disciplina, applicabile di per sé in via generalizzata, è concepita in modo tale da assumere a presupposto implicito la sussistenza di elementi di estraneità.

In altri termini, le disposizioni sulla competenza giurisdizionale a conoscere controversie in materia successoria e quelle di conflitto sono prevalentemente orientate a risolvere i potenziali conflitti derivanti dalla difformità tra Stato di cittadinanza dell'individuo e Stato di residenza abituale. Nel caso opposto di coincidenza, la loro applicazione a situazioni puramente interne ad uno stesso Stato non comporta in realtà alcuna deroga alla giurisdizione territoriale né all'applicazione della legge del foro.

Segue: le successioni per causa di morte e le materie estranee

La proposta di regolamento fa riferimento alle successioni per causa di morte, includendo espressamente tanto quelle testamentarie quanto quelle ab intestato; include altresì i patti successori. Si estende (art. 2 lett. a e art. 19) a tutti gli aspetti e comprende, oltre alla delazione ed alla disciplina della riserva, anche i temi dell'amministrazione e della liquidazione dell'eredità.

L'unica esclusione è rappresentata dalla disciplina della forma dei testamenti e della validità dei medesimi quoad formam, per la quale un'armonizzazione parziale, estesa attualmente a 16 Stati membri, è assicurata dalla convenzione dell'Aja del 1961.

Resta esclusa anche la materia - distinta ma connessa - del trattamento fiscale dell'eredità, rimesso al diritto nazionale pur in presenza di fattori di transnazionalità. Su questo tema, tuttavia, la Commissione si è riservata di predisporre una comunicazione nel corso del 2010, nella consapevolezza che le divergenze riscontrabili da Paese a Paese in tema di fiscalità possono generare situazioni di doppia imposizione o discriminazioni.

La definizione accolta dal regolamento comporta che restano estranei al suo oggetto quei trasferimenti di beni e diritti, e la eventuale creazione di diritti, che trovino titolo in strumenti diversi: è il caso delle forme di liberalità previste dal diritto civile - già peraltro sottoposte alla disciplina uniforme del regolamento n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali - e di talune forme di comproprietà note alla common law.

La disciplina delle successioni per causa di morte include per sua natura anche il trasferimento o la costituzione di diritti reali e si estende per il regolamento anche ai modi di acquisto; per contro, lascia impregiudicato l'assetto dei diritti reali definito da ciascun ordinamento nazionale e non può pertanto creare o modellare diritti reali in difformità da quanto previsto dalla legge dello Stato di situazione del bene.

Rimane estranea alla disciplina uniforme anche la materia della pubblicità dei diritti reali, inclusa la tenuta dei registri immobiliari e la rilevanza delle iscrizioni o della loro omissione.

La vicenda successoria ha per sua natura molte interferenze con situazioni giuridiche di varia natura che godono di autonomia di disciplina, anche internazionalprivatistica. Oltre ai temi già segnalati, è il caso, ad esempio, della capacità giuridica e degli stati personali, delle relazioni familiari e assimilate, personali e patrimoniali, degli obblighi alimentari, delle questioni inerenti alle società, alle associazioni e persone giuridiche in genere, ai trusts (esclusi ovviamente quelli inerenti invece alla stessa disciplina della successione).

Si tratta di temi estranei alla disciplina successoria, i quali tuttavia possono configurare delle questioni preliminari che si devono necessariamente risolvere proprio allo scopo di applicare correttamente quella disciplina, ad esempio per accertare la consistenza del patrimonio relitto o la sussistenza di vincoli familiari.

La soluzione di tali questioni resta affidata, quando manchi una disciplina di conflitto armonizzata a livello comunitario (come nel caso delle obbligazioni alimentari) o internazionale, alla legge individuata dalle appropriate norme di conflitto interne dello Stato del foro. Può pertanto risultare differente in funzione della giurisdizione competente, e riflettersi così sulla connessa vicenda successoria.

Per cercare un rimedio a questi inconvenienti, parte della dottrina ha proposto di affidarne la soluzione al sistema di conflitto proprio della lex successionis, in modo da armonizzare per questa via anche l'individuazione della legge applicabile alle questioni preliminari. Adottando questo metodo, però, si finisce col disciplinare la medesima questione in modi differenti secondo che essa si ponga in connessione con una vicenda successoria, oppure in sede autonoma. Per di più, esso appare non coerente con l'espressa esclusione di questi temi dall'ambito di applicazione del regolamento, dato che si finirebbe invece per applicarlo e col rimettere la loro soluzione al sistema di conflitto della lex successionis individuata dalle disposizioni regolamentari.

Contenuti principali della proposta di regolamento: a) competenza giurisdizionale

La giurisdizione su tutti gli aspetti della vicenda successoria, indipendentemente dal fatto che sia contenziosa o volontaria, è attribuita dal regolamento, in linea generale, all'autorità giudiziaria dello Stato di residenza abituale del de cuius al momento della morte, col presidio della litispendenza comunitaria (art. 13: sempre che resti davvero spazio per una situazione del genere, attesa la rigida disciplina onnicomprensiva della giurisdizione) e della connessione (art. 14).

Questa regola generale rappresenta una novità per quei Paesi, come l'Italia, che estendono la loro giurisdizione in materia successoria a tutte le situazioni che presentano una qualche connessione con l'ordinamento nazionale (v. art. 50 L. n. 218/1995, che valorizza indifferentemente la cittadinanza del de cuius, il luogo di apertura della successione, l'ubicazione dei beni ereditari di maggiore consistenza economica, l'oggetto della domanda, e addirittura il domicilio o residenza del convenuto e la sua accettazione della giurisdizione italiana).

Con l'applicabilità del regolamento verrà perciò a restringersi drasticamente l'ambito della giurisdizione italiana nella materia successoria, che finirà col dipendere esclusivamente dalla residenza abituale in Italia da parte del de cuius al tempo della morte; resterà così preclusa, fra l'altro, la giurisdizione italiana sulle vicende successorie dei cittadini italiani residenti abitualmente all'estero.

L'unico temperamento a questa regola particolarmente rigida è rimesso allo stesso organo giurisdizionale designato come competente in via esclusiva, al quale è data facoltà di declinare la propria giurisdizione, a favore degli organi giurisdizionali di un altro Stato membro, soltanto però in presenza di precise condizioni:

  1. se il de cuius abbia validamente scelto di sottoporre la successione alla legge di quello Stato membro;
  2. se vi sia istanza di parte;
  3. se il giudice adito ritenga che gli organi giurisdizionali di un altro Paese membro siano più adatti a conoscere della causa, tenuto conto degli interessi del defunto, degli eredi, dei legatari, dei creditori, e della loro residenza abituale, per esempio quando il trasferimento di residenza sia recente e la famiglia del de cuius sia rimasta nello Stato membro d'origine (cfr. la relazione al regolamento, sub art. 5). E' un'applicazione innovativa, nello spazio europeo, della regola di common law sul forum non conveniens;
  4. se la parte adisca gli organi giurisdizionali designati, entro il termine all'uopo fissato, e quegli organi accettino entro le successive otto settimane di esercitare la loro giurisdizione.

Non è comunque ravvisabile, in questa deroga, una facoltà di electio fori riconosciuta al testatore, unitamente alla facoltà di optio legis di cui si dirà fra breve: resta ferma la regola base della competenza giurisdizionale riservata esclusivamente al giudice della residenza abituale del de cuius, e soltanto l'organo giurisdizionale così designato ha la facoltà di temperarne il rigore col declinare la propria giurisdizione a favore di un altro foro.

La proposta di regolamento istituisce un criterio di giurisdizione sussidiario soltanto per l'eventualità che il defunto non avesse la propria residenza abituale nel territorio dell'Unione (si intende: degli Stati membri soggetti al regolamento), nei casi in cui sarebbe irragionevole negare tutela, per la presenza di beni ereditari nel territorio di uno Stato membro.

Viene così attribuita competenza - si ripete: sussidiaria - agli organi giurisdizionali dello Stato membro dove si trovino beni caduti in successione, se la domanda riguardi esclusivamente quei beni, oppure per l'intera successione se sussistano ulteriori fattori di connessione con quel Paese: una precedente residenza abituale del de cuius nel Paese, nell'arco dell'ultimo quinquennio precedente l'inizio della causa; il possesso della cittadinanza di quel Paese da parte del de cuius; l'attuale residenza di un erede o legatario nel Paese.

La competenza residuale prevista dall'art. 6 appare tendenzialmente configurata per disciplinare l'intera successione, salvo che si verifichi il titolo di competenza fondato sulla limitazione della domanda a quei soli beni. La disciplina della litispendenza consente di evitare l'insorgere di una pluralità di giudizi, radicati sulla base della competenza residua nei diversi Stati dove si trovino beni ereditari.

Al di fuori di questi casi, lo stesso regolamento esclude la vicenda successoria dalla giurisdizione di tutti gli Stati membri, senza lasciare spazio residuale alcuno alle autonome determinazioni delle norme interne sulla competenza giurisdizionale.

Speciali disposizioni consentono l'intervento di altri organi giurisdizionali, per adempimenti particolari. Così, le dichiarazioni di accettazione dell'eredità o di legati, quelle di rinuncia, le dichiarazioni volte a limitare la responsabilità degli eredi, quando debbano essere rese davanti ad un organo giurisdizionale, possono essere manifestate innanzi agli organi giurisdizionali dello Stato membro di residenza abituale dell'erede o del legatario (art. 8). Agli organi giurisdizionali dello Stato membro di situazione di un determinato bene è consentito disporre - ove la legge locale lo preveda - misure relative alla trasmissione di quel bene e/o alla sua iscrizione nei pubblici registri immobiliari. Possono parimenti intervenire gli organi giurisdizionali dei Paesi le cui leggi prevedano l'adozione di provvedimenti cautelari o provvisori (art. 15).

Fin dalla parte dedicata alla competenza giurisdizionale la proposta di regolamento attribuisce un ruolo centrale e decisivo alla nozione di residenza abituale, che è già di uso frequente nelle convenzioni internazionali e nei regolamenti comunitari della cooperazione giudiziaria civile, per evitare il criterio potenzialmente discriminatorio della cittadinanza ed anche per uscire dalle secche del domicilio, che assume nei Paesi membri significati anche molto diversi fra loro.

La nozione accolta, tuttavia, non è neppur essa di agevole interpretazione ed applicazione; la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia non ha ancora fornito in proposito indicazioni univoche e precise.

Segue: b) la legge applicabile

La disciplina di conflitto delle successioni posta dal regolamento riflette alcune scelte piuttosto nette, che erano peraltro inevitabili di fronte alla disomogeneità riscontrabile nel diritto interno degli Stati membri.

L'intera successione è sottoposta infatti ad un'unica legge applicabile, e così ad una disciplina unitaria e omogenea, evitando gli inconvenienti derivanti dall'opposto regime scissionista, che crea più masse ereditarie autonome - distinguendo i beni immobili dal resto del patrimonio - soggette a leggi differenti. Questa unicità di regime oltretutto agevola il testatore che voglia pianificare equamente la ripartizione dei propri beni fra gli eredi.

L'oggetto della disciplina unitaria è poi configurato in modo particolarmente ampio e va dall'apertura della successione fino alla trasmissione definitiva dell'eredità agli aventi diritto (art. 19), includendo cause momento e luogo di apertura della successione, la vocatio di eredi e legatari, inclusi i diritti del coniuge superstite e dei figli, la determinazione delle quote rispettive, gli oneri imposti al defunto e gli altri diritti sulla successione derivanti dal decesso.

Questa forza di attrazione si estende a ricomprendere anche le incapacità speciali di disporre o di ricevere, la diseredazione, l'indegnità; la trasmissione le condizioni e gli effetti dell'accettazione e della rinuncia; il potere di eredi, amministratori, esecutori sui beni ereditari, ad esempio per vendere beni e pagare creditori; la responsabilità per i debiti ereditari; la legittima e istituti analoghi; la collazione e la riduzione; validità, interpretazione, modifica e revoca di una disposizione mortis causa; la divisione ereditaria.

Fa eccezione soltanto lo specifico tema della forma, e della validità formale, delle disposizioni mortis causa, la cui disciplina di conflitto è peraltro già parzialmente armonizzata fra i 16 Stati membri aderenti alla convenzione dell'Aja del 1961.

Un altro elemento di novità, soprattutto per i Paesi che come l'Italia privilegiano la legge della cittadinanza (art. 46 L. n. 218/95), è la scelta come lex successionis della legge di residenza abituale del de cuius al tempo della morte. Si determina così una tendenziale coincidenza di ius e forum, volta a privilegiare l'elemento obiettivo e non discriminatorio della partecipazione effettiva dell'individuo alla vita - e al sistema giuridico - della comunità nella quale sia stabilmente inserito.

La preferenza per il collegamento della residenza abituale, anziché per quello della cittadinanza, è conforme alla prevalente prassi, interna ed internazionale, ed è ispirato al proposito - realistico - di valorizzare il luogo di probabile centro di interessi e prevalente localizzazione del patrimonio del de cuius, ed a quello - più “ideologico” - di agevolare l'integrazione dei residenti stranieri nelle comunità locali riducendo le disparità di statuto legale.

E' lasciato uno spazio di libertà all'individuo nella determinazione della legge applicabile, limitato però all'opzione per la legge della cittadinanza e a condizione che la manifestazione di volontà rivesta la stessa forma della disposizione mortis causa, e che nello stesso modo sia eventualmente revocata e modificata, e, ancora, che la forma usata sia valida secondo la legge designata. La previsione è nota anche al diritto italiano, ma nella direzione opposta, vale a dire a favore della legge del Paese di residenza (art. 46, par. 2, L. n. 218/1995).

L'optio legis consente al testatore di conservare, anche per questo aspetto, i vincoli culturali col proprio Paese di appartenenza, di pianificare la successione con certezza rendendo irrilevanti eventuali trasferimenti della propria residenza abituale in altri Paesi, e anche di salvaguardare istituti ammessi nel Paese d'origine ma estranei al Paese di residenza abituale, come ad esempio l'irrevocabilità di donazioni inter vivos.

La facoltà di scelta è limitata alla cittadinanza posseduta dall'individuo al tempo della manifestazione di volontà, e si ritiene che resti valida anche se in seguito quella cittadinanza venga meno; mentre non è da ritenere valida se riferita ad una cittadinanza non posseduta a quel tempo, quand'anche venga acquisita in seguito.

Ove la persona possieda più cittadinanze, è da ritenere che possa scegliere indifferentemente una di esse, non configurandosi a livello comunitario la possibilità di ricorrere a criteri legali di prevalenza di una cittadinanza sulle altre (cfr. Corte di Giustizia, giugno 2009, Adadi, in tema di concorso fra leggi applicabili al divorzio).

La designazione della lex successionis ha carattere universale, ben potendo indicare anche la legge di un Paese estraneo all'Unione europea, ed è definitiva, nel senso che non viene preso in considerazione un eventuale rinvio da parte dell'ordinamento richiamato ad altra legge. Si evita così, fra l'altro, il rischio di reintrodurre un regime scissionista.

Nel caso di rinvio ad ordinamenti plurilegislativi, ogni unità territoriale con disciplina autonoma è considerata come Stato ed è quindi direttamente richiamata o designata la legge locale.

L'area di applicazione della lex loci rei sitae rimane del tutto marginale e comprende essenzialmente quelle disposizioni locali che prescrivano adempimenti ulteriori - rispetto a quelli indicati dalla lex successionis - per l'accettazione e la rinuncia all'eredità, o quelle altre disposizioni che prevedano l'intervento di un'autorità pubblica per la nomina di un amministratore dell'eredità o di un liquidatore o esecutore (restando però rimessa alla lex successionis la determinazione dei soggetti idonei), o che subordinino la trasmissione definitiva dell'eredità al pagamento anticipato delle imposte di successione (art. 21).

La previsione relativa all'amministrazione dell'eredità può far sorgere il dubbio interpretativo che si sia inteso in questo modo fare salva l'applicazione della legge territoriale ove essa preveda una fase autonoma di amministrazione o liquidazione dell'eredità da parte di terzi. Il dettato normativo e la ratio dell'intera disciplina regolamentare avvalorano però la conclusione opposta, in quanto l'applicazione in via eccezionale della lex loci rei sitae sembra comunque presupporre che si tratti di rendere concretamente operativi istituti già contemplati dalla lex successionis: se ne può trarre conferma anche dalla espressa previsione che spetti pur sempre alla lex successionis la determinazione dei soggetti idonei ad assumere l'incarico (art. 21 par. 2, lett. a ).

E' fatta salva l'applicazione della lex loci rei sitae anche relativamente ai regimi successori speciali, fissati inderogabilmente per determinati immobili, imprese o categorie speciali di beni a causa della loro destinazione economica, familiare o sociale, come ad esempio per preservare aziende agricole familiari (art. 22). Si tratta comunque di un'eccezione da interpretare restrittivamente, e che come tale non consente di includere fra gli speciali regimi fatti salvi né le disposizioni interne sulla legittima né quelle che ammettano un regime scissionista per beni immobili e beni mobili.

Segue: i patti successori; la commorienza

Disposizioni speciali sono dettate per taluni istituti afferenti al regime successorio, che necessitano di una disciplina ad hoc.

Un'attenzione tutta particolare è dedicata ai patti successori, noti ad alcuni Paesi membri ed utilizzati, ad esempio, per disciplinare situazioni come il trasferimento di un'impresa o il godimento del patrimonio familiare comune da parte del coniuge superstite.

I patti successori sono sottoposti alla lex successionis designata dalle parti o, in mancanza, alla virtuale lex successionis al tempo della loro conclusione; ma ove risultino invalidi, possono essere fatti salvi e disciplinati sulla base della lex successionis riferita al tempo della morte del de cuius.

Se il patto abbia ad oggetto la successione di più persone, in assenza di una lex successionis designata dalle parti subentra la lex successionis ricavata dalla residenza abituale delle parti, o quella più favorevole alla validità o altrimenti quella che esprima un collegamento più stretto.

Il regolamento provvede poi a fare salve quelle disposizioni interne che prevedano la successione iure imperii dello Stato territoriale sui beni vacanti localizzati nel territorio.

Altra disposizione speciale riguarda la commorienza, che è presa in considerazione per il solo caso che vengano in gioco più leggi regolatrici della successione delle persone coinvolte e che esse ignorino l'istituto o contengano disposizioni fra loro incompatibili: la soluzione prescelta è drastica, nel senso di escludere i rispettivi diritti successori, così da eliminare ogni possibile esito discriminatorio.

Segue: la riserva

La proposta di regolamento rimette alla lex successionis, fra l'altro, la disciplina delle restrizioni alla libertà di disporre del testatore (art. 19, par. 2, lett. i) ed esclude la contrarietà all'ordine pubblico di disposizioni richiamate «per il solo fatto che le modalità previste in relazione alla legittima differiscono dalle modalità vigenti nel foro» (art. 27).

Vieta poi, disciplinando i patti successori, che attraverso tale strumento e la legge che lo disciplina si possano pregiudicare i diritti riservati dalla lex successionis (art. 18 par. 4).

Dall'interpretazione sistematica di queste disposizioni si trae che l'istituto della riserva è rimesso alle scelte della lex successionis, e che la mera differenza delle modalità di disciplina non può configurare di per sé manifesta violazione dell'ordine pubblico. Per contro, si potrebbe ritenere che ad una divergenza radicale, non nelle modalità di disciplina bensì sulla stessa esistenza dell'istituto, fosse opponibile il limite dell'ordine pubblico.

E' da ricordare, in proposito, che nel diritto italiano, secondo il più recente orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione, la disciplina della legittima è stata ritenuta estranea ai princìpi di ordine pubblico sul presupposto che essa è già autonomamente disciplinata nel diritto interno da una norma di applicazione necessaria (art. 46 par. 2) la quale fa salvi i diritti dei legittimari residenti in Italia nei confronti del de cuius italiano che sottoponga volontariamente la propria successione alla legge straniera del Paese di residenza abituale.

In assenza, nel regolamento, di una garanzia “minima“ siffatta, è plausibile una conclusione opposta da parte della giurisprudenza, quanto meno nei limiti desumibili dall'art. 46 par. 2 L. n. 218/1995, anche se essa finirebbe coll'incidere pesantemente sull'applicazione armoniosa del regolamento e della legge richiamata.

Circolazione delle decisioni straniere e degli atti pubblici stranieri

Viene esteso alle decisioni in materia successoria, anche non definitive (salva la sospensione facoltativa del procedimento relativamente a decisioni impugnate con rimedi ordinari), il principio del riconoscimento automatico, e del controllo in via principale o incidentale della sussistenza delle condizioni richieste, secondo il generale regime già stabilizzato del regolamento 44/2001 (“Bruxelles I”).

I motivi che consentono il diniego sono quelli ormai classici, che vanno dalla manifesta contrarietà all'ordine pubblico, alla violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, al contrasto con una precedente decisione resa inter partes sul medesimo oggetto, che sia stata resa nello Stato richiesto o vi sia riconoscibile se emessa in un Paese terzo; restando escluso tanto il riesame del merito quanto il controllo della competenza giurisdizionale del giudice che ha assunto la decisione.

Si fa rinvio al regolamento 44/2001 anche per l'esecutività delle decisioni emesse in altro Stato membro e delle transazioni giudiziarie.

Nell'ordinamento italiano, il regolamento comporterà pertanto che la materia successoria sarà sottratta alle ordinarie regole degli artt. 64 e ss. L. n. 218/95 e assoggettata al sempre più generalizzato regime comunitario.

Riveste particolare importanza, soprattutto con riferimento alla materia successoria, la disciplina dettata per gli atti pubblici stranieri. Viene infatti introdotto in via generale il principio del riconoscimento automatico degli atti pubblici formati in un altro Stato membro, salvo contestazione della loro validità, secondo le formalità previste nello Stato membro d'origine, e, ancora, fatto salvo il rispetto dell'ordine pubblico dello Stato membro richiesto. Il riconoscimento comporta che il loro valore probatorio, nel contenuto e negli effetti, nel Paese d'origine si estenda a tutti i Paesi membri.

Anche per la loro esecutività opera la procedura di dichiarazione, ad istanza di parte, disciplinata dal regolamento 44/2001, con il limitato potere, in capo al giudice richiesto, di rigettare o revocare la dichiarazione di esecutività per manifesta contrarietà all'ordine pubblico o per la pendenza nel Paese di provenienza di un giudizio di contestazione della validità dell'atto pubblico in oggetto.

Certificato ereditario europeo

Una delle novità più significative introdotte dal regolamento è l'istituto del certificato ereditario europeo, concepito come mezzo di prova della qualità di erede o di legatario e dei poteri degli esecutori testamentari e terzi amministratori dell'eredità.

Il regolamento introduce una disciplina materiale uniforme, ricorrendo anche alla definizione di un modello standard, secondo quella che sta ormai diventando una prassi del diritto europeo della cooperazione giudiziaria civile, così da tipizzarne il contenuto.

Al certificato è riconosciuto un particolare valore giuridico in tutti i Paesi membri, in quanto costituisce prova legale di tutto quanto vi è indicato - liberatoria per tutti salvo la mala fede (intesa come consapevolezza della non veridicità del contenuto) - ed è utilizzabile anche ai fini delle trascrizioni ed iscrizioni in pubblici registri.

In considerazione della sua rilevanza, il certificato - che può essere anche parziale quanto al suo contenuto - va rilasciato dall'organo giurisdizionale competente dello Stato membro che ha giurisdizione sulla successione, su istanza di parte e nel rispetto del principio dispositivo, ed ha una validità limitata a tre mesi. Tale organo ha facoltà di accedere all'uopo ai registri pubblici degli altri Stati membri, può disporre la comparizione degli interessati e degli eventuali amministratori ed esecutori, procedere a pubblicazioni.

Il regolamento rimette al diritto interno la disciplina del procedimento giudiziario così istituito, limitandosi a prescrivere che il rilascio avvenga senza indugi; richiede comunque l'adozione di opportune misure per valutare la veridicità delle dichiarazioni rese dalla parte istante, in aggiunta ai documenti prodotti in originale, salvo altri mezzi di prova e la possibilità di accedere ai registri pubblici stranieri.

L'originale del certificato rimane presso l'organo emittente, che ne rilascia copie autentiche con efficacia trimestrale, e che provvede, ad istanza di ogni interessato o anche d'ufficio, a rettificare, modificare o annullare il certificato originale secondo necessità.

Restano impregiudicate le disposizioni interne che già prevedano il rilascio di analoghe certificazioni.

Questa parte della proposta di regolamento, che rappresenta certamente uno degli aspetti più innovativi e più incisivi, non appare agevolmente coordinabile col diritto interno italiano nel suo assetto attuale e induce perciò ad auspicare l'adozione tempestiva di appropriate misure interne di adeguamento.

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