Il certificato successorio europeo
Il certificato successorio europeo
di Fabio Padovini
Ordinario di Diritto Civile, Università di Trieste

Le ragioni di un certificato successorio europeo

Molte sono le ragioni che giustificano la creazione di un certificato successorio europeo. Da un lato sta la libera circolazione delle persone, la quale sollecita i singoli ad acquistare beni - per esigenze abitative, per necessità lavorative o imprenditoriali, per finalità di investimento, per vocazioni turistiche - in Stati diversi rispetto al Paese di cui sono cittadini ed anche rispetto al Paese in cui sono abitualmente residenti. D'altro lato sta la frequente unitarietà dello statuto successorio, giacché la successione per morte è spesso regolata da un'unica legge - che può essere quella di cittadinanza o quella del luogo di residenza o quella individuata liberamente dal testatore -, indipendentemente rispetto alla collocazione materiale dei beni che compongono il patrimonio relitto, la quale rileva soltanto in alcuni ordinamenti, come quelli francese ed inglese, dove si distingue anzitutto fra statuto dei beni immobili e statuto dei beni mobili.

La combinazione di questi due elementi - titolarità di una pluralità di beni in capo ad unico soggetto, ma posti in Paesi diversi, e tendenziale unicità delle regole di devoluzione ereditaria - ha reso sempre più rilevante il fenomeno delle cosiddette successioni transfrontaliere, dove si combinano - anche su piani diversi: dalla legge che regola il titolo dell'acquisto alla legge che regola i modi dell'acquisto - elementi frutto di sistemi giuridici diversi [nota 1].

Al tempo stesso, le successioni transfrontaliere hanno reso ancora più evidente la necessità di tutelare il traffico giuridico, quando esso abbia per oggetto beni caduti in successione - non soltanto immobili, ma anche partecipazioni societarie o crediti, ad esempio verso aziende bancarie - impregiudicato restando lo strumento di tutela dell'affidamento dei terzi, anch'esso variabile da ordinamento ad ordinamento. Può, in effetti, risultare difficile per l'acquirente da chi si dichiara successore avere la necessaria sicurezza circa la legittimazione a disporre dell'alienante, ove questi sia erede o legatario rispetto all'originario titolare.

Il certificato successorio europeo nasce, insomma, quale strumento destinato a consentire la più agile e sicura circolazione dei beni trasmessi per causa di morte, mentre trascura altri profili, pur se in astratto rilevanti, come la tutela per i creditori dell'erede e del legatario.

Un modello precedente: la convenzione adottata a L'Aja il 2 ottobre 1973 sull'amministrazione internazionale delle successioni

Questa esigenza, oggi certamente più sentita, è peraltro già da tempo all'attenzione dei giuristi: essa è stata, infatti, alla base della convenzione adottata a L'Aja il 2 ottobre 1973, sull'amministrazione internazionale delle successioni, entrata in vigore appena vent'anni dopo, nel 1993 [nota 2], con la adesione soltanto di pochissimi Paesi, fra i quali non vi è l'Italia, che non ha provveduto - nonostante la promulgazione della legge di autorizzazione alla ratifica e di esecuzione - al deposito dello strumento di ratifica.

La convenzione prevedeva, più specificamente, l'istituzione di un «certificato internazionale» che doveva designare (cfr. art. 1) «la persona o le persone incaricate di amministrare i beni mobili di una successione» e indicare «il suo o i loro poteri» (cfr. art. 1).

Il certificato andava, poi, redatto in conformità al modello allegato alla medesima convenzione (cfr. art. 2) per opera dell'autorità competente nello Stato di residenza abituale del defunto, la quale doveva applicare la propria legislazione interna ed attribuire la competenza ad emetterlo ad una autorità giudiziaria o amministrativa (cfr. artt. 3 e 6). Nessuna regola procedurale era imposta dalla Convenzione, che si limitava a richiedere l'adozione di misure di pubblicità idonee ad informare gli interessati, in particolare il coniuge superstite, e ad esigere l'effettuazione di indagini ove necessarie (cfr. art. 7).

Il riconoscimento del certificato era automatico (cfr. art. 9) - restando una mera facoltà dei singoli Stati di prevedere la decisione di un'autorità a seguito di una procedura cosiddetta "rapida" - e l'effetto principale stava nella presunzione di buona fede, la quale operava a favore di qualsiasi persona che effettui pagamenti o consegni beni al titolare del certificato, nonché a favore di qualsiasi persona che abbia acquisito beni successori dal medesimo titolare del certificato (cfr. artt. 22 e 23).

Questa convenzione non ha, però, avuto fortuna e non ha trovato un'effettiva applicazione, tant'è vero che fra i Paesi europei risultano aver aderito il Portogallo e la allora Cecoslovacchia [nota 3].

Le ragioni di un insuccesso: la diversità fra i modi di attuazione delle disposizioni successorie

La ragione immediata dell'insuccesso sta probabilmente nella scelta, operata dalla convenzione, di non creare un vero certificato d'eredità, bensì soltanto un certificato sull'amministrazione della successione: aveva, infatti, una scarsa utilità realizzare in ciascuno Stato contraente un procedimento, amministrativo o giudiziario, per emettere un certificato destinato soltanto ad individuare chi è legittimato ad amministrare i beni - anzi, di massima soltanto i beni mobili (cfr. art. 30) - caduti in successione e non già l'erede od il legatario.

Le ragioni dell'insuccesso sono, in realtà, più profonde e vanno trovate nella scelta tecnica compiuta dalla convenzione adottata a L'Aja nel 1973.

Invero, è abbastanza agevole rilevare che quella convenzione privilegiava in modo forte i sistemi successori ispirati alla disciplina tipica degli ordinamenti angloamericani. E' noto, infatti, che negli ordinamenti angloamericani fra il defunto e l'erede si interpone un soggetto, persona o ente, che diventa titolare di tutte le situazioni successorie, amministra i beni ereditari, cura la liquidazione delle passività, effettua la divisione e, poi, trasmette i beni residui all'erede.

Ora, la convenzione dell'Aja si concentra proprio su questo modello, giacché il certificato da essa previsto serve ad individuare la persona o le persone incaricate di amministrare i beni mobili di una successione, sicché la convenzione privilegia il sistema angloamericano [nota 4].

Al contempo, la convenzione dell'Aja trascura i sistemi continentali, dove l'erede, pur se con discipline diverse nel dettaglio, subentra sempre nell'intero patrimonio del defunto, succedendo in tutti i suoi rapporti giuridici [nota 5].

Anzi, la convenzione dimentica che nell'ambito degli stessi sistemi continentali si contrappongono, accanto ad altre minori, due soluzioni principali.

Negli ordinamenti centroeuropei - anzitutto, la Germania e l'Austria sia pure con discipline non coincidenti ed all'esito di procedimenti di matrice diversa - è attribuito all'autorità pubblica di accertare con uno specifico provvedimento (Erbschein) quali sono i soggetti che rivestono la qualità di erede ed in cui favore può disporsi, così, la pubblicità fondiaria [nota 6].

Nell'ordinamento francese e nei suoi epigoni, ad iniziare da quello italiano, non esisteva uno strumento cui la legge assegni la funzione di attestare la qualità di erede, sicché la prassi utilizzava un mezzo ben diverso com'è l'atto di notorietà, concepito per altra finalità e consistente nella dichiarazione che un certo fatto, qui la qualità di erede, è noto in un determinato ambiente [nota 7].

Due soluzioni, queste, radicalmente opposte quanto agli effetti: il certificato d'eredità, tedesco od austriaco, è assistito da una presunzione legale, in virtù della quale si presume erede (o legatario) chi è indicato come tale dal certificato; l'atto di notorietà non ha alcun effetto particolare intrinseco e si fonda, nella sostanza, sulla sanzione in cui incorre chi dichiara il falso al pubblico ufficiale che riceve proprio l'atto di notorietà, tant'è che la tutela del traffico giuridico risulta affidata alla disciplina sugli acquisti dall'erede apparente [nota 8].

La soluzione prescelta dalla convenzione dell'Aja risulta così ispirata dal sistema angloamericano, che si concentra sull'amministratore e dimentica l'erede, risultando incapace di risolvere in modo compiuto la divaricazione presente nei sistemi continentali tra certificato d'eredità ed atto di notorietà, oltreché inidonea a coniugarsi con divergenti sistemi di diritto internazionale privato.

Il superamento del modello: la novella francese

Un'ulteriore ragione per il definitivo tramonto della convenzione dell'Aja è venuta dalla riforma francese del diritto delle successioni varata nel 2002, che ha avuto per oggetto anche l'introduzione nel code civil degli articoli da 730 a 730-5, dedicati alla prova della qualità d'erede [nota 9].

Questa novella ha, più specificamente, riconosciuto piena efficacia all'acte de notoriété, che già da lungo tempo era diffuso nella prassi notarile francese. L'acte de notoriété è divenuto, così, lo strumento principale per la prova della qualità d'erede, tanto che esso - come dice l'art. 730-3 - fa fede fino a prova contraria e che il soggetto, il quale se ne avvale, è presunto titolare dei diritti ereditari nella misura in cui risulta dall'acte de notoriété medesimo.

Il code civil si fa, anzi, carico di dettare una disciplina puntuale circa forma, legittimazione e contenuto. Quanto alla forma, l'art. 730-1 prevede che esso sia ricevuto da un notaio; ove manchino un contract de mariage od un testamento la stessa norma prevede che esso possa venire ricevuto dal greffier en chef du tribunal. Quanto al contenuto, la novella precisa che l'acte de notoriété deve fare menzione - oltreché della dichiarazione ad opera dell'erede di essere chiamato alla successione (art. 730-1, comma 4) - dell'atto di morte e dei documenti giustificativi che risultano prodotti, (art. 730-1, comma 3) come gli atti dello stato civile, e dei documenti che concernono l'esistenza di liberalità a causa di morte capaci di incidere sulla devoluzione successoria. In ogni caso, chi si avvale, in mala fede, di un acte de notoriété non veritiero, risponde dei danni e subisce la sanzione civile del recel, con la perdita dei beni così acquisiti.

La novità introdotta nel code civil mostra, in modo inequivoco, come anche negli ordinamenti di matrice francese sia avvertita la necessità di disporre di uno strumento capace di attestare, sia pure fino a prova contraria, la qualità di erede in capo ad un soggetto. Al contempo, questa novità sancisce il definitivo superamento della convenzione dell'Aja, che predispone uno strumento troppo limitato quanto agli effetti e, soprattutto, trascura la necessità di un contemperamento fra le diverse soluzioni prescelte dai vari ordinamenti nazionali.

La prospettiva europea: il libro verde

Anche da questi rilievi si è mosso il libro verde su successioni e testamenti, presentato dalla Commissione europea il 1° marzo 2005, che è predisposto alla luce dello studio realizzato dal Deutsches Notarinstitut nel 2002 e dedicato a "Internationales Erbrecht in der EU - Perspektiven einer Harmonisierung" [nota 10].

Il libro verde sottolinea, in particolare, che: (i) la prova della qualità di erede è disciplinata diversamente nei vari sistemi giuridici; (ii) per gli eredi è importante poter esercitare i diritti che hanno acquistato e di cui sono titolari nei vari Paesi senza dovere avviare un procedimento a tal fine; (iii) in presenza di regole armonizzate sul conflitto di norme sarebbe possibile utilizzare un certificato con effetti uniformi in tutta l'Unione.

In questa prospettiva il libro verde ha posto tre domande: «(33) Quali potrebbero essere gli effetti che il certificato potrebbe produrre? (34) Quale deve essere il contenuto del certificato? (35) In che Stato membro deve essere emesso? E' necessario lasciare a ogni Stato membro la libera scelta delle autorità che possono redigere il certificato oppure sulla base del contenuto e delle sue funzioni, bisogna stabilire alcuni criteri?».

Le indicazioni generali che il libro verde suggerisce possono compendiarsi in quattro snodi: il certificato di eredità europeo deve individuare in modo preciso l'erede; il certificato deve essere unico per ogni erede, ovunque si trovino i beni; il certificato deve consentire al titolare di rivendicare i beni relitti dal defunto in tutti i paesi dell'Unione; il certificato deve presentare un contenuto minimo inderogabile.

Le finalità perseguite dal certificato successorio europeo appaiono così coerenti con i bisogni generati dalle successioni transfrontaliere: agevolare il riconoscimento della qualità di erede, dando sicurezza al traffico giuridico avente per oggetto beni ereditari.

All'esito delle risposte ricevute dalla Commissione e dell'apprezzamento manifestato, nel novembre 2006, dal Parlamento europeo, è stata presentata (il 14 ottobre 2009) una proposta di regolamento dedicata a dare attuazione ai temi individuati dal libro verde e, così, anche all'introduzione di un certificato di eredità europeo, che appare destinato ad essere denominato certificato successorio europeo, sì da tenere in conto, già sul piano nominalistico, le peculiarità del sistema inglese [nota 11]: a questo nuovo istituto sono dedicate le previsioni degli articoli da 36 a 44 del(la proposta di) regolamento.

Il certificato successorio europeo: la presunzione della qualità di erede o legatario

Centrale è la disciplina degli effetti propri al certificato successorio europeo, dettata dall'art. 42, i quali si manifestano principalmente su due versanti: chi è indicato quale erede, legatario, esecutore testatore o amministratore dei beni ereditari (dal certificato) può contare su una presunzione, in forza della quale la semplice esibizione del certificato gli consente di fare valere i diritti fondati sulla qualità che riveste; i terzi che concludono negozi con il soggetto individuato dal certificato possono invocare, a prova della loro buona fede, quanto risulta dal certificato.

La proposta di regolamento è, al riguardo, molto analitica e precisa che la tutela assicurata dal certificato è offerta sia a protezione di chi adempie un'obbligazione a mani del soggetto indicato nel certificato sia a protezione di chi acquista beni di provenienza successoria.

In una parola, il certificato fa presumere ad ogni effetto la qualità da esso attestata.

La presunzione così introdotta non può che essere, però, relativa: qualunque interessato può contestare l'efficacia del certificato fornendo la prova contraria, sino ad ottenerne l'annullamento, come precisa l'art. 43; nessuno può invocare le risultanze del certificato successorio essendo in mala fede, perché a conoscenza di fatti che escludono la qualità di beneficiario in capo a chi risulta tale dal certificato, come insegna l'art. 42, commi 3 e 4.

Una soluzione siffatta - presunzione della qualità di erede, ma presunzione relativa - pare coerente sia con la disciplina sulla delazione ereditaria, che ben ammette la caducazione di vocazioni in origine pienamente efficaci, come può accadere con la scoperta di un testamento in precedenza ignorato o con il riconoscimento di un figlio in precedenza sconosciuto, sia con i principi generali sui sistemi pubblicitari, i quali tutelano chi nelle loro risultanze confida, ma non proteggono chi nelle medesime risultanze non confida ed anzi su di esse specula (cfr. artt. 44, comma 2; 2193, comma 1; 2652, n. 4, 5, 6 e 9 c.c.).

Diverso è, ovviamente, il quesito che ha per oggetto le modalità di circolazione del certificato di eredità nell'ambito dell'Unione europea. Al riguardo, la soluzione preferita è quella dell'immediata efficacia, nel rispetto, così, di una tendenza già consolidata e coerente con il superamento del requisito, in passato tradizionale, della legalizzazione.

Segue: l'idoneità quale titolo per l'esecuzione di formalità pubblicitarie

Lo stesso art. 42, all'ultimo comma, prevede che il certificato costituisca titolo idoneo a richiedere la trascrizione o l'iscrizione dell'acquisto per causa di morte nei registri pubblici tenuti dallo Stato dove si trovano i beni.

La norma precisa che la formalità si realizza secondo le modalità stabilite dalla legge dello Stato in cui essa viene eseguita e dispiega gli effetti previsti dalla medesima legge.

Questa soluzione rappresenta, per molteplici profili, una novità nel nostro ordinamento, dove l'acquisto per causa di morte si ottiene con la presentazione di uno dei titoli indicati nell'art. 2648 c.c., tutti in forma autentica, e della nota di trascrizione di cui all'art. 2660 c.c.

Alla luce delle due regole poste dall'art. 42, comma 5, pare doversi ritenere che: (i) il certificato successorio sostituisca sia l'accettazione di eredità sia il certificato di morte e l'estratto del testamento; (ii) rimanga fermo l'onere di predisporre la nota di trascrizione, con la precisazione che la nota dovrà fare menzione anzitutto del certificato.

Sul piano formale, il certificato certamente non dovrà essere legalizzato - come prevede l'art. 2657, comma 2, c.c. - né sarà soggetto al deposito di cui all'art. 106, n. 4 L. 16 febbraio 1913, n. 89.

Piuttosto, il certificato dovrà essere redatto in lingua italiana: donde la necessità, ove emanato in una lingua diversa, di una traduzione asseverata.

Sul punto la proposta di regolamento tace, implicitamente rimandando alle legislazioni nazionali: così accadrà, ad esempio, per l'Italia, dove sarà necessario fare ricorso, in assenza di una disciplina organica, ad una fra le diverse soluzioni prospettate dalle singole norme di settore (sugli atti notarili, sugli atti amministrativi, sulla registrazione degli atti privati).

Segue: i contenuti, soggettivi ed oggettivo

Si è appena detto che il certificato successorio europeo farà presumere la qualità di erede o, secondo i casi, di legatario, esecutore, amministratore: di conseguenza, il suo contenuto è limitato e si concentra su questo fatto, senza contenere né la descrizione del patrimonio relitto dal defunto né le modalità di accettazione dell'eredità o di acquisto del legato.

All'opposto, il certificato dovrà precisare (cfr. art. 41): l'autorità emittente; i fatti su cui il certificato si fonda; i dati relativi al defunto e all'istante; la legge applicabile alla successione; l'indicazione dell'erede o del legatario e dell'eventuale nomina di amministratori od esecutori; la precisazione del titolo della vocazione (legittima, testamentaria, contrattuale); l'individuazione della quota attribuita all'erede; la menzione, nel caso di vocazione testamentaria, di condizioni, oneri, cauzioni o legati a peso dell'erede così istituito; la menzione, ancora, dei poteri spettanti ad amministratori/esecutori.

Fatta eccezione per il caso del legato, manca l'indicazione dei beni - in particolare, immobili - attribuiti al beneficiario, dei quali non viene richiesta alcuna individuazione.

Il certificato è, invece, arricchito dalla menzione di ulteriori elementi come lo stato civile del defunto e degli eredi, il regime patrimoniale dello stesso, gli elementi essenziali del testamento (o del patto successorio).

Quanto al contenuto, può dubitarsi circa:

a) la eccessiva estensione delle informazioni formate, forse potendosi omettere alcuni elementi;

b) in particolare, la menzione dei presupposti accertati per il rilascio;

c) la mancata precisazione della natura, obbligatoria o reale, delle attribuzioni a titolo particolare, di legato;

d) la mancata precisazione degli effetti sul piano successorio del regime patrimoniale fra coniugi, là dove esso comporta (come, ad esempio, in Germania) un aumento della quota di eredità attribuita al coniuge.

Nella prospettiva di una agevole circolazione, anzi, la proposta di regolamento prevede che sia la domanda sia il certificato siano confezionati nel rispetto di modelli, i quali sono allegati entrambi al regolamento ed il cui contenuto rispecchia quanto qui ricordato.

Segue: la legittimazione e la competenza all'emissione

L'esperienza insegna che finora la legittimazione a rilasciare certificati di eredità o documenti equipollenti è attribuita, in tutti gli ordinamenti, ad autorità pubbliche e che solitamente si tratta dell'autorità giudiziaria o di pubblici ufficiali, come i notai. Alla luce delle diverse esperienze fin qui maturate la bozza di regolamento ha ritenuto opportuno che l'atto normativo di fonte comunitaria attribuisca a ciascuno Stato la facoltà di scegliere a quale autorità assegnare questa funzione: l'art. 37, comma 2, ha così previsto che il certificato sia emesso «dagli organi giurisdizionali dello Stato che è competente secondo le regole generali di cui agli artt. 4, 5 e 6».

Al proposito, l'art. 2 (definizioni) precisa che per "organo giurisdizionale" deve intendersi «l'autorità giudiziaria o l'autorità competente degli Stati membri che eserciti una funzione giurisdizionale in materia di successioni».

Ferma, così, la competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria, appare prospettabile l'attribuzione di uguale competenza anche ai notai. In tal senso milita non soltanto la comparazione con altri ordinamenti - basti pensare all'ordinamento francese, come si è già segnalato - ma soprattutto il rilievo che funzioni analoghe sono già attribuite ai notai ad esempio in materia societaria, dopo l'abrogazione del procedimento di omologazione degli statuti, oppure nell'ambito delle espropriazioni forzate immobiliari. Al di là del rilievo che nell'ambito della pubblicità tavolare la recente norma di cui all'art. 95-bis L.tav. consente al giudice tavolare di delegare al conservatore - che è sì un pubblico funzionario, ma privo delle guarentigie riservate ai magistrati - la trattazione di affari tavolari. Da questi modelli - in particolare, dalle discipline in materia societaria e tavolare - potrebbe anzi ricavarsi l'opportunità di immaginare un'attribuzione di poteri temperata dalla facoltà di ricorrere all'autorità giudiziaria ordinaria in caso di rifiuto del notaio.

Delicata era la questione della competenza territoriale: se quella dell'ultimo domicilio del defunto o quella della sua ultima residenza abituale (come proponeva lo studio dell'Istituto del Notariato tedesco) o, ancora, quella dello Stato la cui legge è applicabile alla successione (come proponeva il Notariato italiano).

La bozza di regolamento (cfr. art. 37, comma 2) richiama le regole di cui agli artt. 4, 5 e 6 del medesimo provvedimento. La soluzione così preferita opta insomma, con il richiamo della regola posta dall'art. 4, per uno dei primi due criteri, quello della residenza abituale, che coincide con quello chiamato (cfr. art. 16) ad individuare la legge applicabile alla successione.

Accanto a questo criterio generale restano, però, applicabili quelli di cui agli artt. 5 (giurisdizione dello Stato la cui legge è stata scelta dal defunto) e 6 (competenze cosiddette residuali).

Questa soluzione potrà comportare - sia pure in casi marginali - un conflitto fra certificati emessi da più autorità per la medesima successione.

Ove l'autorità previamente adita non abbia declinato la propria competenza, (in ossequio a quanto previsto dall'art. 13 della proposta di regolamento) non potrà che prendersi atto del conflitto ed applicarsi le regole sulla revoca del certificato, a meno che non trovi adesione il suggerimento, estraneo alla bozza odierna, volto ad istituire un registro europeo dei certificati successori.

Segue: i presupposti e gli accertamenti nel procedimento

Il certificato successorio europeo deve essere il frutto di un'indagine - su istanza dell'erede del legatario, dell'esecutore o dell'amministratore, ma non di chiunque sia interessato (come insegna l'art. 37, comma 1), ad esempio non di un creditore dell'erede - principalmente documentale, sicché dovrà, così, darsi prova scritta del legame di parentela nel caso di vocazione legittima e dovrà esibirsi copia del testamento o del patto successorio nel caso di vocazione testamentaria o pattizia.

Più specificamente, anche per la domanda è previsto un modello che consente di rispettare tutti i requisiti di contenuto che l'istanza - come prevede l'art. 38 - deve soddisfare.

Delicata è la questione dei poteri d'indagine attribuiti all'autorità competente. L'efficacia propria al certificato ha indotto a ritenere che debba ammettersi lo svolgimento delle indagini eventualmente opportune, ad esempio con l'audizione dei parenti legittimi e dei legittimari o con la pubblicazione di avvisi, anche su quotidiani, o con l'accesso a registri pubblici.

La scelta del pubblico ufficiale competente incide, invece, sulle forme del procedimento. Se si tratta dell'autorità giudiziaria, dovranno seguirsi regole processuali in senso proprio: probabilmente, dovrà seguirsi la disciplina sui procedimenti cosiddetti di volontaria giurisdizione. Se si tratta di un pubblico ufficiale, solitamente un notaio, il procedimento sarà libero, ferma la necessità di risolvere gli eventuali conflitti tra più soggetti ove una pluralità di persone rivendichi la qualità di erede.

I modelli nazionali: il rapporto con il certificato d'eredità italiano

Le risposte al libro verde e così la bozza di regolamento si sono concentrate su tre modelli astrattamente capaci di avere forza espansiva: il certificato prefigurato dalla convenzione dell'Aja, di cui si è più sopra parlato; l'Erbschein tedesco, regolato dal BGB; l'Erbschein olandese, disciplinato dal codice civile di quel Paese.

Ora, la bozza di regolamento ha cura di precisare che (art. 36, comma 2) il certificato successorio europeo: (i) non è obbligatorio, (ii) non comporta l'abrogazione delle procedure nazionali, (iii) tuttavia, gli effetti del certificato si esplicano, oltreché all'estero, anche nello Stato dove è stato emesso.

Da un lato, così, il certificato potrà essere emesso contemporaneamente a certificati nazionali e d'altro lato il certificato potrà non essere emesso anche se ne sussistono i presupposti.

Per quel che riguarda l'Italia, allora, può dirsi che ogni certificato qui emesso avrà efficacia - pur se relativo ad una successione transfrontaliera - anche per il nostro ordinamento.

Al contempo, occorre ricordare che un certificato di eredità viene già oggi rilasciato nei territori italiani appartenenti all'Impero Austro-ungarico fino alla Prima Guerra Mondiale. Come è noto, in questi territori la permanenza del regime tavolare ha indotto il legislatore a mantenere anche l'istituto del certificato d'eredità: la ragione sta essenzialmente nella necessità che l'intavolazione dell'acquisto a favore dell'erede avvenga in virtù di un titolo munito di pubblica fede [nota 12].

Qui merita ricordare che questo strumento opera e funziona in un ordinamento - come quello italiano - che si ispira a principi diversi rispetto a quelli tipici degli ordinamenti dove l'Erbschein è nato: donde la sua natura di modello antesignano e la dimostrazione della compatibilità fra certificato d'eredità e sistemi successori di matrice ad esempio francese.

Ma soprattutto, occorre rilevare che il certificato d'eredità italiano sarà sostituito, dove emesso, dal certificato successorio europeo, con una ricaduta, così, anche sulla disciplina, in senso lato, del libro fondiario; oltreché sulla ricostruzione dei confini che l'ordinamento nazionale può assegnare alla nozione di "giurisdizione".

Donde una precisa conferma circa l'opportunità di una novella anche per il diritto interno, la quale preveda l'introduzione in Italia di un certificato di eredità nazionale, affinché anche questo ordinamento offra una sicurezza nella circolazione dei beni ereditari, la quale sia adeguata all'intensità odierna dei traffici.


[nota 1] Questo contributo muove, soprattutto nella sua parte iniziale, dallo studio di F. PADOVINI, Il certificato di eredità europeo, in Trattato delle successioni e donazioni diretto da G. Bonlini, I, La successione ereditaria, Milano, 2009, p. 1623 e ss.
Un'indagine curata dall'Istituto del Notariato Tedesco, risalente al 2002, individuava il numero delle successioni tranfrontaliere nell'ambito di una forbice compresa fra 50.000 e 100.000 eventi per anno: Le Successions Internationales dans l'Ue Perspectives pour une Harmonisation - Conflict of Law of Succession in the european Union. Perspectives for a Harmonisation - Internationales Erbrecht in der EU. Perspektiven einer Harmonisierung, Deutsches Notarinstitut, Wüzburg, 2004, p. 29.

[nota 2] Per il testo della Convenzione ed una prima riflessione v. A. MIGLIAZZA, Convenzione sull'amministrazione internazionale delle successioni. Commento, in Nuove leggi civ. comm., 1981, p. 580 e 597 e ss.

[nota 3] L'Italia si è limitata a promulgare la legge di autorizzazione alla ratifica e di esecuzione (L. 24 ottobre 1980, n. 745), che però non ha avuto alcun seguito, nonostante la presentazione di un disegno di legge, d'iniziativa del Governo, il 28 luglio 1994, avente ad oggetto le "Norme di attuazione della Convenzione sull'amministrazione internazionale delle successioni, adottata a L'Aja il 2 ottobre 1973" (cfr. Atti parlamentari. Camera dei Deputati, XII legislatura, Disegno di legge n. 1069).

[nota 4] Per questo rilievo v. già A. MIGLIAZZA, op. cit., p. 599.

[nota 5] Per una ricostruzione dei diversi modelli che concorrono a formare il quadro delle soluzioni adottate dai sistemi continentali da ultimo v. A. ZOPPINI, Le successioni in diritto comparato, in Trattato di diritto comparato diretto da R. Sacco, Torino, 2002, p. 25 e ss.; una disamina analitica dei singoli ordinamenti è di recente offerta da R. SÜSS, Erbrecht in Europa, 2° ed., Angelbachtal, 2008, partic. p. 303 e ss.; utili ed aggiornate indicazioni circa le forme di legittimazione dell'erede sono reperibili altresì in Le droit des successions en Europe (Actes du colloque de Lausanne du 21 février 2003), Genève, 2003, in part. p. 89 e ss.

[nota 6] Con la precisazione che nell'ordinamento austriaco l'Erbschein viene emesso all'esito del cosiddetto procedimento di ventilazione, attraverso il quale si articola la trasmissione differita dei beni all'erede, previsto da quell'ordinamento e sul quale, per una prima indicazione, basti rinviare ad A. ZOPPINI, op. cit., p. 30 e ss.

[nota 7] Sul difetto di valore probatorio nel processo civile dell'atto di notorietà - regolato dall'art. 1, L. 16 febbraio 1913, n. 89, sull'ordinamento del Notariato e degli archivi notarili - se sulla sua valenza di mero indizio v. Cass., S.U., 14 ottobre 1998, n. 10153 e Cass., 20 luglio 1998, n. 7107, in Foro it., 1999, I, c. 3350, con nota di E. FABIANI, «Orientamenti giurisprudenziali sull'efficacia probatoria della dichiarazione sostitutiva di atto notorio».

[nota 8] Per questo rilievo ed ulteriori approfondimenti v.: A. FUSARO, «La circolazione dei beni ereditari ed il diritto privato europeo», in Familia, 2005, I, in part. p. 368 e ss.

[nota 9] Su questa novella, oggetto della Loi n. 2001-1135 du 3 décembre 2001, relative aux droits du conjoint survivant et des enfants adultérins et modernisant diverses dispositions de droit successoral, per un quadro riassuntivo v. J.F. PILLEBOUT, voce Successions. Des preuves de la qualité d'héritier, in Juris-Classeur Civil, 2003; inoltre cfr. B. BEIGNIER, La réforme du droit des successions, Paris, 2002, p. 61 e ss.; M.-C. FORGEARD, R. CRONE et B. GELOT, La réforme des successions(Loi du 3 décembre 2001), Paris, 2002, p. 99 e ss.; J. PICARD, «L'acte de notoriété. Preuve de la qualité d'héritier», in Semaine juridique notariale et immobiliere, 2002, p. 793 e ss.; ID., «L'acte de notoriété. Observations rédactionnelles», ivi, p. 963 e ss.; P. VOIRIN et G. GOUBEAUX, Droit civil, Droit privé notarial. Régimes matrimoniaux. Successions-Libéralités, II, 22 ed., Paris, 2002, p. 167 e ss.; M. BEABRUN, «La loi du 3 décembre 2001 portant réforme du droit des successions», in Defrénois, 2003, p. 102 e ss.

[nota 10] Il Libro Verde dedicato a Successioni e testamenti [COM (2005)65 definitivo del 1° marzo 2005] è consultabile sul sito internet della Commissione, mentre lo studio realizzato dal Deutsches Notarinstitut è stato definitivamente pubblicato nel 2004, come segnalato più sopra, nella nota 1.

[nota 11] Le risposte (57) alla Commissione sono consultabili sul sito:
http://ec.europa.en/justice_home/news/consulting_public/successions/news_contributions_successions_en.htm: la gran parte di esse - ma con l'eccezione del governo inglese - concorda circa la necessità di un certificato d'eredità europeo, da taluno sottolineandosi l'utilità di indicare anche l'amministratore dei beni ereditari. Il libro verde ha poi ricevuto valutazioni positive dal Comitato economico e sociale europeo, il 26 ottobre 2005, e dal Parlamento europeo, con una raccomandazione del 16 novembre 2006, trovando un definitivo apprezzamento in occasione dell'audizione pubblica tenutasi a Bruxelles il 30 novembre 2006 (per questi materiali cfr. i siti internet delle singole istituzioni). Fra le risposte spicca quella elaborata dal Consiglio Nazionale del Notariato, corredata anche da un progetto preliminare di regolamento comunitario: Réponses au questionnaire en matière de successions et testaments. Livre vert de la Commission Européanne [COM (2005)65 final d 1er mars 2005], Milano, 2005.

[nota 12] V. F. TOMMASEO, sub R.D. 28 marzo 1929, n. 499, artt. 13 e ss., in G. GABRIELLI e F. TOMMASEO, Commentario della legge tavolare, 2° ed., Milano, 1999, p. 86 e ss.

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