CASO PRATICO
CASO PRATICO
di Alfredo Maria Becchetti
Notaio in Roma
Sin dagli albori tutto il complesso processo di integrazione europea si é sempre sviluppato a fronte di un evidente paradosso: da un lato, la consapevolezza di poche lungimiranti menti, di appartenere ad una ampia "comunità" di valori, le quali auspicano la realizzazione di obiettivi non solo economici, ma anche giuridici e di solidarietà sociale; dall'altro, lo scetticismo imperante di pochi che, pur non conoscendo la complessa "macchina" comunitaria, ne rifiutano non solo gli obiettivi, ma gli stessi strumenti attraverso i quali il sistema istituzionale comunitario intende perseguirli. Paradigmatica, in proposito, é l'instancabile opera di armonizzazione e unificazione delle legislazioni nazionali, condotta dalle istituzioni comunitarie, in primis dalla Commissione, la quale si scontra, inevitabilmente, con le vetuste e ancestrali tradizioni giuridiche nazionali, che gli stessi Stati membri tentano di "custodire gelosamente", cercando di far prevalere il proprio diritto nazionale su quello altrui, in seno ai vari Consigli e Conferenze.
Ritengo che, quanto sopra esposto, trovi conferma nella problematica inerente "la libertà di scelta in materia di successioni", per la quale, non solo, da un lato si é creato un sistema che potremmo definire "ibrido", in quanto sorto dall'esigenza di trovare un compromesso tra i sistemi di civil law e quelli di common law (prodromico del compromesso é, infatti, l'introduzione, nella materia successoria, dell'istituto del trust, tipico del modello anglosassone, art. 21 proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio); ma, dall'altro, si é venuto ad accentuare il processo c.d. di "comunitarizzazione del diritto internazionale privato", grazie al crescente consolidamento del fenomeno di globalizzazione in atto, che accentua l'esigenza della creazione di un effettivo spazio giuridico europeo nel settore delle successioni, obiettivo questo che, secondo la Commissione, consentirebbe, tra l'altro, un risparmio di 4 miliardi di euro annui.
L'importanza della materia successoria, in ambito europeo, si evince dal numero crescente di successioni internazionali, le quali, tuttavia, venendo disciplinate con modalità diverse nei vari Stati membri, sono causa di incertezza giuridica, non solo tra gli operatori del diritto, ma anche tra i cittadini, i quali si trovano ad affrontare una serie di problematiche legate ai ritardi e ai costi aggiuntivi, che impediscono loro di godere dei diritti di testatori o eredi, rischiando, così, di compromettere la libera circolazione delle persone.
Problema principe é la difficoltà di individuare il Paese e l'organo competente, in particolare nell'evenienza in cui due o più Stati si dichiarino competenti a gestire la medesima successione (conflitto di competenza positivo), poiché, nella maggior parte degli ordinamenti europei, il testatore non ha una reale facoltà di scelta della legge applicabile al suo patrimonio.
La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, presentata dalla Commissione (COM 2009 154 Def.) ha come obiettivo proprio quello di fornire uno strumento comunitario adeguato alla risoluzione delle problematiche sopra esposte, in quanto, pur senza giungere ad una armonizzazione del diritto successorio, tale atto vuole garantire il diritto dei cittadini europei a disporre liberamente del proprio patrimonio, tramite norme chiare e uniformi.
Le istituzioni comunitarie intervengono, in un settore nel quale, storicamente, le norme per la libertà di scelta della legge applicabile sono sempre state stringenti e incapaci, in realtà, di garantire ai soggetti privati una vera autonomia negoziale; lapalissiana, in tal senso, é la preferenza accordata allo strumento regolamentare, il quale, non necessitando di trasposizione alcuna, ha efficacia diretta e vincolante negli Stati membri, consentendo così al legislatore comunitario di dare alla libertà di scelta in materia successoria, una maggior forza e pragmaticità.
Prima di analizzare la suddetta proposta di regolamento comunitario, é necessaria, a mio avviso, una panoramica sul quadro normativo nazionale in tale materia, come modificato dalla L. 218/1995, in quanto, secondo un autorevole insegnamento, la materia testamentaria rappresenta uno di quei settori ove la volontà delle parti assume l'aspetto di un criterio di collegamento di tipo negoziale ben espresso dalla formula "pactum de lege utenda" (E. Vitta). Tale legge di riforma del sistema successorio italiano, tuttavia, non solo non risolve tutti i problemi scaturenti dalle successioni mortis causa, ma non esclude, tra l'altro, l'applicabilità della precedente normativa per le fattispecie realizzatesi sotto la vigenza degli abrogati artt. da 17 a 31 delle preleggi.
Fondamentale per una chiara comprensione della reale portata del principio della libertà di scelta nelle successioni, a seguito della riforma , é l'art 46 L.R., che, al comma 1, sottopone l'intera successione alla legge nazionale del de cuius, al momento della morte, mantenendo così, il principio dell'unità della successione, già previsto dall'art. 23 preleggi in base al quale l'intero statuto successorio rimane sottoposto alla legge nazionale del de cuius, cosicché la legge regolatrice della successione é quella del soggetto della cui eredità si tratta, al momento della sua morte, unica per tutti i beni, mobili e immobili, comprendendo sia le successioni testamentarie sia quelle legittime.
Il comma 2, d'altra parte, prevede che il soggetto della cui eredità si tratta, possa sottoporre, con dichiarazione espressa in forma testamentaria, l'intera successione alla legge dello Stato in cui risiede, purché il dichiarante vi risieda al momento della morte e stabilisce che, in caso di successione di un cittadino italiano, la scelta non pregiudica i diritti che la legge italiana attribuisce ai legittimari residenti in Italia al momento della morte del de cuius.
Tale disposizione conduce a diverse riflessioni:
1 - Per mezzo della professio juris, il testatore può regolare l'intera successione in base alla legge dello Stato in cui risiede, al momento della morte, a condizione che tale scelta sia espressa in forma testamentaria; secondo taluni (Clerici) l'optio legis conduce all'applicazione della legge dello Stato di residenza anche se quest'ultima non prevedesse una simile scelta, ma , comunque, si aggiunge, pur sempre nella giurisdizione di tale legge e mai al di fuori di essa (P. Picone).
2 - La scelta non esclude il rinvio (art. 13) e riguarda solo le norme materiali e non le regole di conflitto.
3 - Quando il testatore é italiano, la scelta della legge dello Stato di residenza non rende inoperanti le norme codicistiche sulla successione necessaria dei legittimari residenti in Italia, al momento dell'apertura della successione.
4 - L'art. 46 L.R. con il termine «dichiarazione espressa in forma testamentaria» non richiede una dichiarazione manifestata con clausola espressa, in termini solenni e rigorosi, ma solo che la volontà risulti da una dichiarazione in forma testamentaria (De Cesari); la scelta, naturalmente, può essere operata da un cittadino di qualsiasi Stato, purché in forma testamentaria (es. per un cittadino inglese che scegliesse la legge italiana, sarebbe irrilevante che il proprio diritto nazionale ammetta o no tale facoltà, perché la volontà costituisce un elemento della norma di conflitto (Ballarino).
La formulazione legislativa dell'articolo in esame, tuttavia, pone non poche problematiche, a livello pragmatico, in particolar modo per i soggetti di origine anglosassone, per i quali, trovarsi di fronte la rigida successione necessaria italiana, comporta "un trauma" non indifferente. In tal senso, paradigmatico e illuminante é l'esempio di un cittadino statunitense residente in Italia, che voglia disporre della propria eredità, costituita da soli immobili ubicati nel nostro Paese, in quanto, sia che scelga la legge italiana, sia che non la scelga, sarà comunque soggetto alla nostra legge. Mutatis mutandis, qualora il medesimo cittadino risieda, invece, negli USA, ai sensi dell'art. 13 L. 218/1995, l'optio legis esclude il rinvio, intendendosi effettuata al solo diritto materiale.
Per tali motivi, sarebbe auspicabile, così come previsto già dalla convenzione dell'Aja del 1989 sulle successioni mortis causa, all' art. 5, la possibilità che la professio juris sia riferita, oltre che allo Stato di residenza, anche alla legge nazionale, in quanto, in mancanza di una tale previsione normativa, tale gravissima lacuna potrebbe essere colmata soltanto tramite gli usuali strumenti extratestamentari.
Siffatta carenza normativa é dovuta al fatto che l'istituto del rinvio é, nel nostro Ordinamento, «un ripensamento tardivo del legislatore» (F. Munari) e quindi non risulta coordinato con il corpo del testo; ne consegue che, una volta accolto, la scelta della legge nazionale risulta improcrastinabile.
L'analisi della problematica della libertà di scelta nelle successioni, si rivela poi fondamentale in materia di tutela dei legittimari, in particolare, quando si "scontrano" i due grandi sistemi giuridici del civil law da una parte, e del common law dall'altra, in quanto la scelta della legge applicabile potrebbe portare un cittadino italiano ma residente, ad esempio, in Inghilterra al momento della sua morte, ad escludere i suoi legittimari residenti in Italia al momento della morte del defunto.
Tale scelta legislativa é oggetto di svariate critiche, in quanto si ipotizza la possibilità, per un cittadino italiano residente in Inghilterra, che abbia due figli, uno residente in Italia e l'altro nel Regno Unito, di diseredare il secondo, fatta salva l'azione di riduzione; oppure si é prospettata anche la possibilità di acquisizione strumentale della residenza al fine di praticare un "forum shopping", naturalmente, tenendo conto che le «successioni economicamente imponenti non transitano, sicuramente, per il libro secondo del codice civile» (E. Calò).
In coerenza con il fine preminente di tutelare la libertà di scelta del testatore, congiuntamente all'obiettivo di perseguire una maggiore certezza del diritto applicabile alla fattispecie successoria, concordo con coloro che (E. Calò) considerano tale norma perfettamente legittima, in quanto la ratio é quella di sottrarre alle norme codicistiche italiane un coacervo di fattispecie riguardanti cittadini italiani all'estero, i quali abbiano nel loro asse ereditario, beni in Italia; ritengo ragionevole, perciò, l'attribuzione di "dignità legislativa" alla estraneità della fattispecie al diritto italiano, ciò nella convinzione che il nostro sistema materiale non possa coinvolgere l'universo mondo, sia pure composto da cittadini italiani, quando le suddette fattispecie trovano totale svolgimento in altre giurisdizioni.
Passando ora alla trattazione della proposta di regolamento, possiamo notare che obiettivo precipuo dell'atto in esame é, in primo luogo, la creazione di uno strumento comunitario, che consenta ai cittadini dell'Unione di organizzare in anticipo la propria successione, ovviando a tutte quelle problematiche legate alla frammentazione delle successioni medesime, causate dalla divergenza tra le varie normative nazionali che regolano la competenza internazionale o la legge applicabile; in secondo luogo, tale atto si prefigge lo scopo di semplificare la questione della "competenza" a statuire sulle successioni, la quale risulta confusa e farraginosa, a causa della molteplicità delle autorità che possono essere adite nell'ambito di una successione internazionale.
La base giuridica della Proposta é rinvenibile nell'art. 61 trattato Ce, che prevede l'istituzione progressiva di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia e nell'art. 67, comma 5, trattato Ce, che prevede che siano adottate con procedura di codecisione, le misure previste dall'art. 65, riguardanti la cooperazione giudiziaria in materia civile con implicazioni transfrontaliere; la Commissione, inoltre, ritiene che l'atto in questione, rispetti sia il principio di sussidiarietà, sia il principio di proporzionalità, ove afferma che gli obiettivi prefissati possono essere raggiunti solo con norme comuni e che la proposta di regolamento é strettamente necessaria al raggiungimento dei fini sopra esposti; l'Esecutivo dell'Unione, infine, giustifica in toto la scelta dello strumento regolamentare, in quanto indispensabile per garantire norme chiare e uniformi, che non potrebbero essere ottenute qualora si lasciassero agli Stati membri margini di discrezionalità eccessivi, in sede di trasposizione delle norme stesse.
La maggiore novità introdotta, é quella dell'applicazione di una legge unica all'intera successione, che corrisponde a quella dello Stato ove il defunto ha la residenza abituale al momento della morte, in quanto il regime c.d. "scissionista" avrebbe il difetto di creare masse ereditarie ognuna soggetta a legge diversa, in dipendenza del luogo ove sono ubicate (art. 16).
Essenziale per il nostro studio é, comunque, il disposto dell'art. 17 (libertà di scelta) che recita:
«1. Una persona può scegliere come legge disciplinante la sua intera successione la legge dello Stato di cui ha la cittadinanza.
2. La designazione della legge applicabile é espressa e fatta a mezzo di dichiarazione resa nella forma di disposizione mortis causa.
3. L'esistenza e la validità sostanziale del consenso relativo alla designazione della legge applicabile sono disciplinate dalla legge designata.
4. La modifica o la revoca di tale designazione da parte di chi designa la legge applicabile devono soddisfare le condizioni di forma previste per la modifica o la revoca di una disposizione mortis causa».
Desidero rivolgere la mia attenzione, in particolare, al comma 1, che trova la sua ragion d'essere nell'esigenza, avvertita in tutti gli ordinamenti giuridici degli Stati membri, di prevedere meccanismi destinati a garantire il sostentamento dei congiunti del defunto, consentendogli di predisporre, anticipatamente e serenamente la propria successione, secondo le modalità e le scelte per lui più consone.
Nel consentire al testatore di scegliere la legge applicabile, occorreva trovare un compromesso tra i vantaggi che tale scelta comporta, in particolare la certezza del diritto, una più agevole pianificazione della successione, e la tutela degli interessi dei legittimari; per tale motivo il regolamento consente al testatore di scegliere soltanto la legge dello Stato di cui ha la cittadinanza, possibilità da contemperarsi con la norma generale che vuole l'applicazione della legge dello Stato di residenza, in quanto tale scelta permette al testatore, che abbia esercitato il diritto di libera circolazione nell'Unione europea, ma che voglia conservare stretti legami con il proprio Paese di origine, di preservare il vincolo culturale tramite la successione, soluzione, tra l'altro, raccomandata dallo stesso Parlamento europeo.
Desidero evidenziare come tale argomento si inserisca all'interno del crescente bisogno di certezza, per la sorte della materia contrattualistica in generale, necessità che, quindi, determina l'esigenza di adottare regole chiare circa la scelta della legge applicabile e circa le tecniche di redazione delle clausole di scelta, applicabili, in questo caso, alla materia successoria; il bisogno di certezza nel settore delle successioni e il correlativo processo di comunitarizzazione del diritto internazionale privato lasciano ampi spazi di movimento all'autonomia internazional privatistica, in quanto, laddove i criteri di collegamento confliggono e quindi "falliscono" il proprio obiettivo, possono supplire i principi dettati in materia di libertà di scelta delle parti, risultando per gli interessati, un dato certamente meno soggetto alle interpretazioni dei principi generali in materia.
Occorre illustrare, in ultima analisi, la disciplina dei patti successori, regolata dall'art. 18, il quale prevede che il patto sia disciplinato dalla legge che sarebbe stata applicabile, in forza del regolamento, alla successione di tale persona, se essa fosse deceduta il giorno della conclusione dell'accordo; quindi, se in base a questa legge, il patto risulta invalido, ne sarà tuttavia ammessa la validità, se ad ammetterla é la legge che, al momento della morte, é applicabile alla successione in forza del regolamento. La menzione di tale disciplina é necessaria, in quanto la Commissione europea, tramite tale disposizione, intende superare le divergenze che sussistono tra la maggior parte degli Stati membri che utilizzano i patti successori (per organizzare, ad esempio, il trasferimento di un'impresa) e alcuni Stati che, come l'Italia, li vietano, impedendo così, che possa venire vanificata la libertà di scelta della legge applicabile in materia successoria, una volta trasposta dal livello teoretico a quello pratico.
Sulla falsariga di quanto detto sopra, la tecnica di redazione delle clausole di scelta della legge applicabile alla successione, potrebbe essere la seguente:
- Io sottoscritto ... dichiaro di voler applicare alla mia successione la legge dello Stato in cui ho la cittadinanza (art. 17 reg.).
- Dichiaro di volere applicare alla mia successione la legge dello Stato in cui risiedo, se vi risiederò al momento della mia morte (art. 46 Dip).
- Revoco la mia precedente scelta di applicare alla mia successione la legge ...
- Revoco la mia precedente scelta di applicare alla mia successione la Legge ... e modifico tale scelta con la legge ... a causa di ...
- a. Dichiaro di volere applicare alla mia successione la legge ... in cui ho la cittadinanza
Oppure
b. Dichiaro di volere applicare alla mia successione la legge ... in cui risiedo.
Se non vi risiederò al momento della mia morte, dichiaro di essere a conoscenza della disposizione dell'art. 21 reg. riguardo alla legge applicabile dello Stato luogo di situazione del bene (locus rei sitae).
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