Trasferimenti di azienda a titolo gratuito e imposte indirette
Trasferimenti di azienda a titolo gratuito e imposte indirette
di Ugo Friedmann
Notaio in Milano

E' davvero difficile, anche se paradossale, riuscire a fare un regalo talora senza rischiare di scontentare il beneficiario.

Ne sa qualcosa il nostro sistema tributario che pone quale principio all'articolo 5 del D.lgs. 346/90 che la imposizione per i passaggi sia mortis causa che per atto tra vivi a titolo gratuito gravi sul destinatario della disposizione sia esso erede, legatario, donatario o beneficiario di altre liberalità per atto tra vivi.

E' quindi al destinatario della disposizione mortis causa o dell'atto tra vivi a titolo gratuito che dobbiamo avere riguardo quando ci accingiamo alle nostre brevi considerazioni.

Non è questa la sede per ricordare nuovamente a cosa ci riferiamo quanto parliamo di "azienda" avendo i relatori che mi hanno preceduto ampiamente trattato la materia.

Quello che può essere utile ricordare è che forse non è stato abbastanza sottolineato è che l'azienda come complesso di beni organizzato dall'imprenditore deve evidenziare una idoneità all'esercizio della impresa che può essere anche potenziale.

(Non può essere ovviamente oggetto di donazione una azienda futura ex art. 771 c.c. atteso il divieto di donazione di beni futuri).

Non si può negare che il legislatore fiscale abbia nell'ultimo decennio in particolare evidenziato un favor per il trasferimento dell'azienda finalizzato alla sua continuazione e ciò con particolare riguardo ai trasferimenti che avvengano senza corrispettivo.

Già la legge 342/2000 ha previsto espressamente che nella valutazione dell'azienda trasferita mortis causa o per donazione non si dovesse tenere conto dell'avviamento (diversamente dai trasferimenti per atto tra vivi contro corrispettivo con i noti problemi di valutazione dell'avviamento medesimo) evidenziando che il venire meno dell'imprenditore da un lato e dall'altro la assenza di corrispettivo rendevano privo di senso tassare tale asset.

Come detto in apertura di queste brevi note, se da un lato ai fini delle imposte dirette può avere una sua rilevanza il fatto che il donante sia o meno imprenditore ciò non ha una rilevanza essenziale ai fini delle imposte indirette se non per escludere la applicabilità di trattamenti di favore.

Il trasferimento dell'azienda ai fini delle imposte indirette è quindi soggetto alla tassazione prevista dall'articolo 15 del D.lgs. 346/90 nel testo riesumato dal D.l. 262/2006 convertito in legge 286/2006 e quale da ultimo modificato dalla legge 244/2007, nonchè dalle disposizioni del D.lgs. 347/90 per quanto riguarda le imposte ipotecarie e catastali quando della azienda facciano parte immobili.

L'articolo 15 dispone quali sono i criteri per derminare la "base imponibile" dell'azienda donata/caduta in successione mentre le aliquote applicabili al netto delle eventuali franchigie sono quelle previste dall'articolo 2 commi 48 e 49 del D.l. 262/2006 convertito in legge 286/2006 che non sto a riportare perchè ben note agli uditori.

Come si determina la base imponibile:

- assumendo il valore complessivo (alla data di apertura successione/donazione) dei beni e dei diritti che compongono l'azienda, esclusi i beni indicati all'articolo 12, al netto delle passività risultanti dagli articoli da 21 a 23. Nel caso in cui il defunto/donante/ disponente non fosse tenuto alla redazione dell'inventario di cui all'articolo 2217 del codice civile e quindi tassazione «secondo il valore venale dei beni che compongono la azienda».

I criteri di valutazione dei singoli beni andranno ricercati nel D.lgs. 346/90 secondo le norme proprie di quest'ultimo.

Tali valori saranno soggetti ad accertamento.

Ci si chiede peraltro se per quanto riguarda eventuali immobili facenti parte dell'azienda trovi applicazione l'articolo 34 del D.lgs. 346/90 che dispone che il valore catastale costituisca limite all'accertamento (diversamente da quanto avviene nei trasferimenti per atto tra vivi a titolo oneroso in cui come è noto tale criterio è ormai confinato lato sensu al solo caso del "prezzo valore").

Gaffuri è dubbioso in una nota all'edizione del 2008 del suo trattato sulle successioni, ma penso sia stato tratto in inganno dalla soppressione operata dal decreto Bersani per gli atti tra vivi a titolo oneroso e pertanto ritengo tale criterio certamente applicabile.

Diverso è invece il criterio di valutazione per le imposte ipotecarie e catastali.

Inutile ribadire in questa sede l'annoso dibattito che vede la giurisprudenza tributaria e la prassi dell'amministrazione affermare all'unisono che per tali imposte non si tiene conto delle passività in quanto che il presupposto di dette ultime imposte sarebbe "la formalità " e non "il trasferimento" con quanto di paradossale tale affermazione porta con sé.

Va comunque ricordato che, come anche il dr. Busa ha avuto occasione di ricordare nel suo intervento anche in presenza di immobile strumentale non scatteranno le imposte c.d. "rinforzate" previste dal decreto Bersani.

Diverso è invece il caso in cui il de cuius/donante/disponente sia tenuto alla redazione dell'inventario ex articolo 217 del codice civile perchè in tale caso il valore da prendere in considerazione è il netto risultante dalla somma algebrica dei valori di inventario (conforme da ultima Cass. n. 6494 del 19 marzo 2007).

Si tratta di due criteri di valutazione del tutto autonomi, basati, il primo, sul valore venale dei beni, in difetto di una loro preesistente ed affidabile valutazione, e, il secondo, sul valore di inventario (sia delle attività che delle passività) e quindi su valori già determinati secondo le regole contabili. Di conseguenza, l'esclusione dal conteggio dei beni di cui all'art. 12 sancita per le piccole imprese (ove più difficile è il discrimine fra i beni aziendali e quelli personali dell'imprenditore) non può essere estesa alle imprese "non piccole".

Riassumendo in assenza di inventario il valore è dato dal valore venale dei beni costituenti l'azienda, detratte le passività ex art. 21 e 23 e non considerati beni (art. 12).

Mentre in presenza di inventario il valore è dato dal valore risultante dall'inventario (ma secondo la Cassazione non si detraggono i beni ex art. 12).

Dalle considerazioni sopra svolte Gaffuri argomenta che ove la somma algebrica dei valori desse un risultato negativo l'azienda potrà rappresentare non un attivo, ma un passivo della successione.

Quello sin qui descritto è il metodo di tassazione ordinario, ma, come è noto a far tempo dalla legge 296/2006 di conversione del D.l. 262/2006 è stato introdotto un modo di tassazione agevolato con la introduzione del comma 4-ter dell'articolo 3 del D.lgs. 346/90, che per comodità qui di seguito si riporta nel testo vigente:

«4-ter. I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti e del coniuge (3), di aziende o rami di esse, di quote socialie di azioni non sono soggetti all'imposta. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, numero 1), del codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l'esercizio dell'attività d'impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all'atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. Il mancato rispetto della condizione di cui al periodo precedente comporta la decadenza dal beneficio, il pagamento dell'imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista dall'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l'imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata».

La norma in estrema sintesi ci dice che nel caso di trasferimento di azienda a favore dei discendenti o del coniuge non si fa luogo a tassazione a condizione che:

a. gli aventi causa proseguono l'esercizio dell'attività di impresa (o ...) per un periodo non inferiore a 5 anni dalla data di traferimento (ergo morte - no dichiarazione di successione);

b. rendano (in donazione) o contestualmente alla dichiarazione di successione apposita dichiarazione nel senso della loro intenzione di continuare "effettivamente" l'esercizio dell'attività di azienda per il periodo sopra indicato.

In caso di mancato rispetto delle condizioni imposte dalla norma la sanzione è il pagamento di un'imposta ordinaria oltre a una sanzione del 30% e agli interessi di mora.

Una breve digressione per ricordare che quando la norma parla di «anche tramite i patti di famiglia» in sostanza prende posizione sulla tassazione di questi ultimi, ma non modifica la norma civilistica per cui non estende al coniuge la possibile devoluzione diretta.

Ci si chiede se la continuazione dell'azienda possa avvenire anche a mezzo del conferimento della stessa in una società di capitali e/o di persone.

A questi quesiti risponde la circolare 3/2008 dell'amministrazione che, sciogliendo dei nodi al riguardo, conferma che è possibile continuare la attività di azienda in forma societaria a condizione che:

- se società di capitali si detenga la partecipazione per 5 anni e la stessa assicuri il controllo;

- se società di persone si detenga la partecipazione per 5 anni (ciò è affermato in una risoluzione successiva alla circolare 3/2008 anche se ad avviso di chi scrive tale obbligo non è riscontrabile nella legge).

Non è chiaro se il termine di 5 anni debba decorrere dal primo trasferimento/dalla morte ovvero dal successivo conferimento anche se personalmente propendo per la prima soluzione.

Anche nel caso di trasferimento di azienda esente da imposizione potrà essere comunque utile/opportuno indicare un valore per il caso di decadenza (salvo che si tratti di aziende per cui vale il valore di inventario).

Alla luce del disposto degli articoli 2 e 10 del D.lgs. 347/90 le imposte ipotecarie e catastali non saranno dovute.

Sono poche note che mi auguro siano state di utilità e rimando comunque alla lettura della circolare 3/2008 e del successivo contributo di studio della Fondazione del Notariato a commento della stessa per una migliore disamina della fattispecie in esame.

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