L'asta come strumento di dismissione dei beni pubblici
L'asta come strumento di dismissione dei beni pubblici
di Bernardo Giorgio Mattarella
Ordinario di Diritto Amministrativo, Università degli Studi di Siena
Docente della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, Roma

Il quadro normativo

Il tema di questa relazione sarebbe molto semplice e si esaurirebbe facilmente, se ci si potesse basare esclusivamente sulle disposizioni generali dell'ordinamento in materia di contratti della pubblica amministrazione, che da oltre un secolo affermano il principio dell'asta per i contratti attivi e per quelli passivi. Principio affermato chiaramente, in particolare, dalla legge generale sulla contabilità dello Stato del 1923, a norma della quale «i contratti dai quali derivi un'entrata per lo Stato debbono essere preceduti da pubblici incanti, salvo che per particolari ragioni, delle quali dovrà farsi menzione nel decreto di approvazione del contratto, e limitatamente ai casi da determinare con il regolamento, l'amministrazione non intenda far ricorso alla licitazione ovvero nei casi di necessità alla trattativa privata» [nota 1].

Il principio in questione, come è ben noto, è affermato per i contratti passivi - quelli che comportano una spesa - anche dal diritto europeo e dalle norme nazionali di recepimento. Per i contratti attivi, come quelli di alienazione del patrimonio immobiliare, invece, al principio manca questo presidio comunitario e il legislatore nazionale può prevedere procedure di scelta dell'altro contraente diverse dalla gara. Nell'ultimo ventennio lo ha fatto ampiamente, a tal punto da potersi affermare che le norme che prevedono il pubblico incanto hanno natura residuale, piuttosto che generale [nota 2].

Si può dire, infatti, che nell'ultimo ventennio la dismissione degli immobili pubblici ha seguito principalmente due strade: quella dell'alienazione diretta, ma soggetta a discipline speciali; e quella della costituzione di società, alle quali è stata affidata la gestione e l'alienazione degli immobili delle amministrazioni [nota 3]. Nell'ambito di questa seconda strada si colloca l'esperienza delle società per la cartolarizzazione degli immobili pubblici, bruscamente interrotta da un recente decreto-legge che ha disposto la retrocessione dei beni conferiti alle relative società e ha affidato agli enti originariamente proprietari il compito di completare i processi di dismissione [nota 4]. La prima strada, quella della vendita tradizionale, come peraltro la seconda, è costellata di discipline derogatorie, per lo più adottate con procedure d'urgenza, che spesso hanno consentito il ricorso alla trattativa privata per l'individuazione dell'acquirente [nota 5].

A fronte di questa frequente dissociazione tra principio generale e prassi legislativa delle dismissioni, occorre innanzitutto interrogarsi sulle ragioni che possono indurre a insistere sull'asta o che possono sconsigliarla per le dismissioni di immobili pubblici. Occorre, in secondo luogo, evidenziare le peculiarità dell'asta di questi beni, rispetto ad altre forme di pubblico incanto, e i problemi che queste peculiarità sollevano. Occorre, infine, valutare se le ragioni a favore dell'asta possano essere rafforzate, e i problemi delle aste immobiliari risolti, con il ricorso allo strumento dell'asta telematica, in via di rapida diffusione in diversi settori della contrattualità della pubblica amministrazione e per lo svolgimento di diverse funzioni amministrative.

Le ragioni dell'asta

Come accennato, quello della gara competitiva è sempre stato il principio generale in materia di scelta dell'altro contraente da parte delle pubbliche amministrazioni. E' appena il caso di ricordare che questo principio serve a tutelare diversi interessi: quello economico dell'amministrazione, riconducibile principalmente all'art. 97 Cost.; quello alla parità di trattamento tra potenziali contraenti, riconducibile principalmente all'art. 3 Cost.; e quello alla concorrenza tra le imprese, riconducibile principalmente ai principi dell'ordinamento comunitario. Come pure si è accennato, la terza esigenza riguarda essenzialmente i contratti con cui l'amministrazione spende il suo denaro e non quelli - come le dismissioni - con cui essa ne riceve: non essendovi un problema di concorrenza, il diritto europeo tende quindi a disinteressarsi di queste imprese (anche se, in astratto, modalità di dismissione non competitive potrebbero ledere il principio della libera circolazione dei capitali, di cui all'art. 56 del trattato di Roma).

In assenza del vincolo comunitario, pur rimanendo valide le prime due ragioni, potrebbero giocare a sfavore del principio le ragioni che inducono gli economisti più avveduti a non condividere la cieca fiducia nelle aste, spesso mostrata dai giuristi, e a porre nella giusta dimensione l'utilità dell'asta come strumento di efficace allocazione dei contratti. Come mostrato dall'esperienza degli appalti pubblici, sul suo rendimento possono incidere negativamente diversi fattori: in primo luogo, i tempi e i costi necessari, che costituiscono una sorta di prezzo dell'asta; in secondo luogo, l'incompletezza del contratto, che offre all'altro contraente la possibilità di volgere a proprio vantaggio la mancata disciplina di determinati aspetti; ancora, la difficoltà dell'amministrazione di controllare l'adempimento, che può determinare un progressivo scadimento della prestazione del privato; infine, la presenza di un incumbent, che abbia già contrattato con l'amministrazione e conosca il relativo settore meglio di essa e dei potenziali concorrenti.

Come è facile osservare, peraltro, quasi nessuno di questi limiti delle aste ha rilievo nel caso delle dismissioni di beni pubblici. Non la contract incompleteness, perché; il contratto è estremamente semplice, e in particolare lo è la prestazione dell'acquirente. Non il quality shading, perché; da parte di quest'ultimo non c'è un servizio da erogare o un lavoro da realizzare, ma solo un prezzo da pagare. Non l'incumbent advantage, perché; non c'è un incumbent. Nel complesso, si può dire che i bandi per le aste di immobili pubblici hanno una struttura molto semplice, rispetto ad altri tipi di bando di gara, e quindi pongono molti rischi di inefficienza in meno.

L'unica motivazione economica che rimane, tra quelle che possono sconsigliare l'asta, è quella dei tempi e dei costi, che è probabilmente all'origine di molte delle menzionate previsioni legislative, che hanno derogato al principio del pubblico incanto. I costi, in realtà sono molto ridotti, soprattutto quando gli immobili da alienare sono molti e le relative spese - per esempio quelle pubblicitarie - possono essere spalmate tra essi. I tempi, invece, possono essere determinanti: vi è spesso stata, da parte dei governi, una particolare fretta di incassare i corrispettivi per rimediare agli squilibri della finanza pubblica.

Si può aggiungere che, rispetto ad altri tipi di contratto delle pubbliche amministrazioni, per le dismissioni immobiliari vi sono ulteriori ragioni per procedere con un meccanismo competitivo.

In primo luogo, l'asta è uno strumento di emulazione del mercato, che in molti casi serve a rimediare alla limitata conoscenza di un certo mercato da parte della pubblica amministrazione: poiché; l'amministrazione non sa quale è l'impresa in grado di offrire le migliori condizioni, la seleziona con una gara. Non è questo il caso nelle vendite immobiliari, in cui si tratta di individuare non un'impresa che venda qualcosa, ma un acquirente che compri un certo bene; non la migliore prestazione disponibile, ma il soggetto disposto a offrire la cifra maggiore per quel bene. In altri termini, si tratta di paragonare non imprese e offerte, ma qualcosa di ancora meno prevedibile e misurabile, cioè l'interesse dei diversi potenziali acquirenti, che è (non semplicemente difficile, ma) impossibile da accertare in altro modo. In questo caso, quindi, l'asta non è un second best neanche in astratto, ma l'unica soluzione per giungere al risultato ottimale dell'offerta più alta.

In secondo luogo, occorre tener presente che l'asta serve a rimediare a due diverse asimmetrie informative: non solo a quella tra l'amministrazione e i potenziali contraenti, ma anche a quella tra l'amministrazione e i suoi agenti, che possono essere infedeli [nota 6]. L'asta, è ovvio, è anche uno strumento di prevenzione della corruzione. Nelle vendite immobiliari, nelle quali la platea dei potenziali contraenti è particolarmente ampia, il rischio di corruzione cresce in modo corrispondente, perché; aumenta la probabilità che i funzionari, o persone loro legate, abbiano un interesse nel contratto e siano disposti a perseguirlo in modo illecito. Il rimedio, quindi, è particolarmente importante.

Se si passa dal ragionamento economico a quello giuridico, si può osservare che non possono sussistere per questi contratti neanche le situazioni che, in base alle norme in materia di contratti, consentono il ricorso alla trattativa privata. Non può esservi infungibilità della prestazione perseguita dall'amministrazione, perché; il denaro è il bene fungibile per eccellenza. Non possono esservi situazioni di monopolio, perché; nessuno ha il monopolio del denaro. Non può esservi un'eccezionale urgenza, diversa dalla normale esigenza di entrata per la finanza pubblica. La trattativa privata, infine, non può essere giustificata dall'eventualità dell'asta deserta, perché; chi è disposto ad acquistare il bene a trattativa privata, è disposto anche a partecipare all'asta.

Le ultime due ipotesi, peraltro, richiedono qualche chiarimento ulteriore. Per quanto riguarda l'ultima, le amministrazioni preposte alla dismissione di beni pubblici chiedono spesso di poter procedere alla trattativa privata per beni, per i quali i potenziali acquirenti siano pochi (come certi immobili a uso industriale, o quelli nati come pertinenze di altri beni, quali i box auto nei condomini), lamentando che le relative gare vanno facilmente deserte. Ciò dipende spesso dal fatto che i potenziali acquirenti, sapendo che difficilmente ci saranno altre offerte, evitano di partecipare all'asta, sperando proprio di ottenere il bene a un prezzo più basso nella successiva trattativa privata. Come è evidente, in questi casi è proprio la possibilità della trattativa privata a generare questi comportamenti: se essa fosse esclusa e non fossero prevedibili eccezioni alla regola, essi scomparirebbero.

L'esempio, peraltro, mostra che il buon esito dell'asta dipende fortemente dal modo in cui essa è organizzata. Anche qui vale quanto osservato dagli economisti più avveduti: la gara produce buoni risultati se è ben organizzata, ma può essere controproducente se organizzata male. Le aste di immobili pubblici vanno spesso deserte perché; non sono state accompagnate da adeguata pubblicità o perché; sono organizzate in modo da scoraggiare la partecipazione, per esempio con un'unica seduta o senza la possibilità di rilanci. Sulle modalità di svolgimento delle gare, comunque, si ritornerà tra breve.

Per quanto riguarda l'ipotesi dell'urgenza, come già accennato, il fattore tempo è spesso decisivo per i governi, che hanno spesso privilegiato la rapidità dell'incasso alla sua quantità e anche rispetto alla parità di trattamento. Di questa esigenza, e della tendenza dei governi a privilegiarla, occorre tener conto. E' bene però essere consapevoli che l'urgenza può indurre a vendere i beni pubblici a un prezzo molto inferiore al loro valore: non solo perché; si rinuncia a sollecitare e ad aspettare offerte migliori, ma anche perché; essa induce spesso ad accorpare gli immobili in grandi "lotti", che escludono molti contraenti, che sarebbero interessati al singolo immobile. Ciò è dimostrato dagli enormi profitti ottenuti da alcune società immobiliari, che hanno acquistato grandi quantità di immobili pubblici, per poi rivenderli rapidamente a prezzi ben più alti: con aste ben organizzate, questi profitti sarebbero rimasti agli enti pubblici.

In definitiva, nessuna delle cause, che possono ragionevolmente indurre a evitare l'asta, sono applicabili all'ipotesi della dismissione del patrimonio immobiliare, se non una particolare urgenza di realizzare un introito.

A ben vedere, non può indurre a rinunciare all'asta neanche la specificità delle dismissioni immobiliari, data dalla condizione degli immobili che - in particolare se a uso abitativo - sono spesso occupati dal conduttore. Non c'è dubbio, infatti, che la presenza di un inquilino riduce il valore di un appartamento, in misura tanto maggiore quanto più sia prevedibile che egli vi rimanga. La presenza di un inquilino può anche rendere più difficile la gestione della vendita, per esempio perché; può essere concretamente più difficile visitare l'immobile. Ma queste non sono buone ragioni per non procedere all'asta. E' il mercato stesso, infatti, a tener conto della riduzione del valore che ne consegue: l'asta consente di aggiudicare il bene al maggior valore compatibile con la sua condizione. Anche nel caso in cui si decida di favorire gli inquilini - cosa non sempre legittima, come si osserverà tra breve - lo scopo può essere raggiunto, senza sacrificare indebitamente l'interesse economico dell'amministrazione, semplicemente attribuendo loro un diritto di prelazione rispetto a colui che risulti aggiudicatario a seguito della gara.

I caratteri dell'asta di immobili pubblici

Alcuni caratteri specifici dell'asta per la dismissione di immobili pubblici che appaiono particolarmente rilevanti, anche ai fini delle possibili modalità di svolgimento dell'asta, ineriscono ai possibili acquirenti, all'oggetto della vendita, al metodo di aggiudicazione e alle modalità di svolgimento.

Per quanto riguarda i possibili acquirenti, una prima indicazione può derivare da quanto già osservato in ordine all'asta come strumento di prevenzione del malcostume.

Si può dire che i possibili interessati sono molti, ma che qualcuno di essi può essere particolarmente interessato. Da un lato, i potenziali acquirenti sono molti ed è bene che siano il più possibile, per allargare la platea entro la quale trovare l'offerta migliore e per rendere difficile la collusione tra i diversi offerenti, che decidano per esempio di spartirsi i diversi immobili o di far fallire l'asta. Dall'altro lato, singoli offerenti (per esempio, l'inquilino che non abbia diritto di prelazione, il vicino, la società immobiliare) possono avere un particolare interesse per un certo immobile e possono voler turbare lo svolgimento dell'asta, scoraggiando altri potenziali acquirenti o cercando di far fallire l'asta.

Da ciò conseguono contrapposte esigenze di trasparenza e di riservatezza. Da un lato, per allargare la platea degli offerenti, è bene che ci sia la massima pubblicità, esigenza sulla quale ritornerò tra breve. La pubblicità dovrà riguardare sia il bando, sia la documentazione relativa alle unità immobiliari, che dovrà essere a disposizione dei potenziali offerenti. Dall'altro lato, per prevenire i rischi di turbativa, è bene che ci sia invece una certa riservatezza in ordine alle offerte: occorrono, dunque, un sistema che consenta di mantenere l'anonimato degli offerenti e soggetti affidabili per gestire questo sistema.

Tra i potenziali acquirenti, una categoria particolare sono gli eventuali conduttori del bene da dismettere, ai quali viene spesso accordato il diritto di prelazione e anche una riduzione del prezzo. Se è la legge a prevederlo, nulla quaestio: essa può legittimamente decidere di favorire gli inquilini. Un diritto di prelazione e un diritto allo sconto, in caso di dismissione, possono essere previsti anche dal contratto di locazione: in questo caso, simili previsioni possono trovare giustificazione nell'ambito del regolamento contrattuale, che provveda a compensare l'amministrazione in altri modi, per esempio nella definizione del canone.

In assenza di queste ipotesi, le amministrazioni proprietarie non dovrebbero accordare agli inquilini una riduzione del prezzo. Nonostante ciò avvenga spesso, a parere di chi scrive simili decisioni, se non fondate su un obbligo di legge o di contratto, sono illegittime ed espongono chi le adotta a responsabilità patrimoniale nei confronti dell'amministrazione. Alle amministrazioni pubbliche la legge affida la cura di determinati interessi pubblici (per esempio, in materia previdenziale), normalmente diversi da quello inerente al diritto all'abitazione: fare lo sconto agli inquilini - soggetti spesso già privilegiati - significa spendere a loro favore soldi che la legge vuole che siano destinati ad altri fini (come le pensioni). E' un indebito sacrificio dell'interesse pubblico che l'amministrazione deve perseguire (nell'esempio, quello dei lavoratori, con i cui contributi i beni sono stati acquistati).

Per quanto riguarda l'oggetto del bando, in astratto esso è estremamente semplice: da un lato un immobile (o più immobili), dall'altro una somma di denaro. Ciò agevola l'attività di redazione del bando, che per altri tipi di contratto pubblico presenta spesso difficoltà quasi insormontabili per le amministrazioni. Non ci sono particolari complessità né; in ordine ai criteri di aggiudicazione né; in ordine ai requisiti degli offerenti. Anche il rischio di contenzioso è conseguentemente ridotto.

Nonostante l'oggetto del contratto sia semplice, la preparazione dell'asta può implicare valutazioni complesse: sia quelle legate alla valutazione del singolo bene, al fine di stabilire la base d'asta o il prezzo minimo di aggiudicazione, sia quelle legate all'eventuale accorpamento di più immobili in lotti. Come osservato in precedenza, l'accorpamento scoraggia ovviamente molti acquirenti, che siano interessati per esempio all'acquisto di un singolo appartamento: da questo punto di vista, è preferibile frazionare il più possibile il patrimonio da alienare, salvo che il lotto intero possa essere venduto a un prezzo maggiore della somma delle sue componenti (per esempio, perché; un acquirente voglia un intero edificio).

Per la stessa ragione, le diverse aste dovrebbero essere il più possibile diluite nel tempo, in modo da fare in modo che su ciascun bene si concentrino i potenziali acquirenti che, in ciascun momento, possano essere interessati. Bandire contemporaneamente aste di più beni simili, infatti, significa spesso costringere l'interessato a scegliere uno di essi, rischiando di non ottenerne nessuno. Inoltre, la compresenza di aste diverse può indurre a comportamenti collusivi degli offerenti, che potrebbero decidere, per esempio, di dividersi i diversi immobili. Naturalmente, peraltro, nell'operare tutte queste valutazioni le amministrazioni dovranno tener conto anche del fattore tempo.

La peculiarità del bene oggetto di vendita, poi, pone qualche problema che per le amministrazioni può non essere facile da risolvere. Da un lato, i problemi legati alle modalità di circolazione dei beni immobili, comuni alle compravendite immobiliari tra privati. Dall'altro, quelli peculiari dei beni delle amministrazioni, le quali spesso - lungi dal conoscere l'esatta condizione dei singoli loro beni - spesso non conoscono neanche la consistenza del proprio patrimonio immobiliare. In effetti, quello della conoscenza dei beni e del loro stato ha costituito uno dei maggiori problemi delle privatizzazioni immobiliari, che, infatti, hanno potuto essere avviate su larga scala solo a seguito di un'ampia indagine conoscitiva svolta negli anni Ottanta e ulteriori iniziative nei decenni successivi [nota 7]. L'una e l'altra esigenza possono essere soddisfatte dalla figura del notaio, che infatti è spesso previsto dai regolamenti di asta come gestore avente un ruolo essenziale nelle procedure di dismissione, come incaricato della ricezione dell'offerta [nota 8], della successiva stipulazione [nota 9] o dell'intera gestione dell'asta [nota 10].

Anche la peculiarità della prestazione dell'acquirente, cioè il pagamento di una somma di denaro, può porre qualche problema sconosciuto ad altri tipi di gara pubblica: in particolare, problemi relativi alla disciplina antiriciclaggio, che richiede di coinvolgere soggetti idonei a individuare e segnalare le operazioni sospette. Anche da questo punto di vista, la figura del notaio offre garanzie adeguate.

Per quanto riguarda, poi, il criterio di aggiudicazione, la rilevata semplicità dell'oggetto della gara consente di sceglierne uno molto semplice: quello dell'offerta più alta. L'amministrazione, a differenza che in altre gare, non deve preoccuparsi di altro che della massimizzazione del suo interesse economico: ne consegue una riduzione della discrezionalità ai minimi termini, che dovrebbe tranquillizzare in termini di possibile corruzione. Né; c'è, come in altre gare, un problema di offerte "anomale", cioè troppo vantaggiose per l'amministrazione, al punto da fare insorgere sospetti sull'effettivo adempimento del privato: purché; sia assistita da garanzie adeguate, l'offerta più alta è comunque la migliore. Si potrebbero addirittura recuperare metodi di aggiudicazione ormai dimenticati da tempo, come quello delle "candele vergini", se il progresso tecnologico non offrisse ormai strumenti ben più efficaci.

Il criterio dell'offerta più alta può peraltro condurre a risultati non soddisfacenti, ove l'offerta più alta sia comunque sensibilmente inferiore al valore di mercato del bene: ciò può avvenire, per esempio, perché; all'asta non sia stata data adeguata pubblicità o perché; i pochi potenziali interessati abbiano cospirato per farla fallire, per le ragioni indicate in precedenza. Per prevenire queste ipotesi, può essere conveniente fissare - anche nelle aste a offerta libera - un prezzo minimo, al di sotto del quale il bene non venga aggiudicato: prezzo minimo che può anche non essere reso pubblico, in modo da stimolare comunque offerte più alte. Una previsione in questo senso è contenuta nella già citata previsione della legge finanziaria per il 2010.

Per quanto riguarda, infine, le modalità di svolgimento dell'asta, il fine di agevolare la massima partecipazione dei potenziali interessati e la semplicità del criterio di aggiudicazione dovrebbero indurre a organizzare il processo di presentazione delle offerte in modo da facilitare le offerte iniziali e da consentire e favorire i rilanci. Dunque, l'asta non dovrebbe svolgersi sulla base di offerte non modificabili. Essa non dovrebbe neanche svolgersi in un'unica seduta, ma dovrebbe essere consentito un congruo termine per il rilancio. Per le esigenze indicate in precedenza, dovrebbe essere garantita la riservatezza sulle offerte. D'altra parte, data la natura del bene, le offerte dovrebbero essere accompagnate da adeguate garanzie: l'offerente dovrebbe essere identificato e versare una cauzione, per poi poter proporre offerte e rilanci. Anche per queste esigenze, è necessario che l'asta sia gestita da un soggetto affidabile: anche in questo caso, la figura del notaio appare particolarmente indicata.

La prospettiva dell'asta elettronica

Ricapitolando quanto si è fin qui osservato, si può dire che l'asta per la dismissione di immobili pubblici dovrebbe consentire di ottenere i seguenti risultati: certezza sulle condizioni del bene venduto, ampia pubblicità, rapidità dell'aggiudicazione, costi contenuti, identificazione degli offerenti, riservatezza delle offerte, adeguate possibilità di rilancio, minima discrezionalità dell'amministrazione, controllo sulle offerte sospette. Naturalmente, il contributo del notaio è particolarmente utile per ottenere questi risultati. Ferma restando l'insostituibilità della figura notarile nella gestione della gara, occorre osservare che questi risultati possono essere raggiunti più facilmente attraverso modalità di svolgimento dell'asta caratterizzate dal più ampio ricorso alla rete internet. Ciò vale sia per le informazioni che possono essere offerte ai potenziali offerenti, sia per le modalità di svolgimento della gara.

Il ricorso ai siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, come strumenti di informazione dei cittadini e di svolgimento delle funzioni amministrative, è ormai del tutto normale e fortemente incoraggiato dalla legge [nota 11]. La sua utilità in questo campo è di tutta evidenza ed è dimostrata da diverse esperienze, tra le quali va menzionata quella delle aste giudiziarie: i relativi siti offrono ai potenziali acquirenti informazioni aggiornate sui beni in vendita, comprensivi di planimetrie e fotografie, e sui tempi delle aste. Anche alcune esperienze straniere sono indicative e suggeriscono, per esempio, che attraverso i siti internet possono essere gestiti anche gli appuntamenti per chi voglia visitare i beni in vendita.

Per quanto riguarda lo svolgimento dell'asta, la pratica dell'asta elettronica è ormai ampiamente diffusa presso diverse amministrazioni, per esempio in sede di allocazione dei titoli di Stato. Soprattutto, essa trova ormai una disciplina generale nel codice degli appalti, che la ammette ogni volta che l'oggetto del bando sia abbastanza semplice da consentirla [nota 12]. Il codice chiarisce che, nel caso in cui il contratto (passivo) sia aggiudicato al prezzo più basso, l'asta elettronica riguarda solo i prezzi: regola che può valere per le aste in esame, da aggiudicare all'offerta più alta. Il codice detta ulteriori disposizioni relative, tra l'altro, alle informazioni che devono essere contenute nel bando e a quelle che devono essere fornite agli offerenti nel corso dell'asta.

Naturalmente, queste previsioni, dettate per i contratti passivi, non si applicano alle aste immobiliari. La procedura, peraltro, può essere in buona parte estesa a esse, magari con qualche adattamento: per esempio rinunciando a svolgere la gara in un'unica seduta e consentendo di proporre rilanci per un periodo più lungo, secondo la prassi diffusa in molti siti di aste private. Come si è osservato in precedenza, infatti, ci sono ottime ragioni per lasciare le aste aperte per periodi determinati, consentendo rilanci successivi.

Va notato, soprattutto, che l'asta elettronica consente di rimediare ai due principali limiti dell'asta tradizionale. In primo luogo, essa consente di semplificare la procedura e di abbreviare i tempi, senza sacrificare la massima diffusione delle informazioni sui beni da dismettere. In secondo luogo, essa consente di conciliare facilmente la possibilità di rilancio con la segretezza delle offerte.

Di ciò dovrebbero tenere conto le amministrazioni alle quali l'ordinamento attribuisce il potere di disciplinare le modalità di dismissione dei beni pubblici. Tra queste, in primo luogo, l'Agenzia del demanio, alla quale la legge finanziaria 2010 attribuisce il compito di disciplinare le «modalità delle procedure telematiche concorsuali di vendita». La legge, come si vede, dà un'indicazione importante nel senso dell'asta elettronica, anche se - come si è rilevato in precedenza - continua ad ammettere il ricorso alla trattativa privata per immobili al di sotto di un certo valore. Nella prospettiva del federalismo demaniale, queste indicazioni saranno importanti anche per gli enti territoriali, che avranno la possibilità di disciplinare gestire procedure di dismissione più frequentemente di quanto oggi accada [nota 13].

L'asta elettronica è uno strumento che può contribuire a soddisfare le esigenze prima indicate: trasparenza, rapidità di aggiudicazione, raggiungimento dell'offerta migliore, costi contenuti, possibilità di assicurare la riservatezza delle offerte. Grazie a queste caratteristiche, essa potrebbe consentire di riaffermare, in un settore che lo ha spesso sacrificato, il principio del pubblico incanto.


[nota 1] Art. 3, regio decreto n. 2440 del 1923. Similmente dispone il regolamento di contabilità: art. 37, regio decreto n. 827 del 1924. Per riferimenti alla disciplina precedente, L. MERCATI, Pubblico e privato nella valorizzazione del patrimonio immobiliare, Torino, Giappichelli, 2009, p. 102 e ss.

[nota 2] G. DELLA CANANEA, I beni, in Diritto amministrativo applicato a cura di A. Sandulli, Milano, Giuffrè, 2005, p. 140 e ss.

[nota 3] Al riguardo, E. FRENI, Le privatizzazioni, in La nuova costituzione economica, Roma-Bari, Laterza, 2007, p. 257 e ss.; N. GULLO - V. LOPILATO, I beni pubblici, in Studi di diritto amministrativo, a cura di R. Chieppa e V. Lopilato, Milano, Giuffrè, 2007, p. 810 e ss.

[nota 4] Art. 43-bis, decreto-legge n. 207 del 2008.

[nota 5] Si v., per es., l'art. 2, comma 5, decreto-legge n. 386 del 1991; l'art. 1, decreto-legge n. 332 del 1994; l'art. 7, decreto-legge n. 282 del 2002; l'art. 11-quinquies, decreto-legge, n. 203 del 2005; nonché;, da ultimo, l'art. 1, comma 213 della legge finanziaria per il 2010, n. 191 del 2009.

[nota 6] Così M. CAFAGNO, Gare pubbliche, in Dizionario di diritto pubblico a cura di S. Cassese, Milano, Giuffrè, 2006, p. 2652.

[nota 7] Al riguardo, G. COLOMBINI, Privatizzazione del patrimonio pubblico e obiettivi di finanza pubblica, in Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo, Annuario 2003, Milano, Giuffrè, 2004, p. 77 e ss.

[nota 8] Si v., per es., per le aste della Società cartolarizzazione immobili pubblici Srl - Scip, l'avviso di asta pubblica di unità immobiliari residenziali libere del 20 febbraio 2009.

[nota 9] Si v., per es., per le aste del consorzio G1, il regolamento d'asta di singole unità immobiliari a destinazione non residenziale.

[nota 10] Come previsto per gli immobili oggetto della cartolarizzazione: decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 18 dicembre 2001, all. 3.

[nota 11] In particolare, dalla recente riforma "Brunetta": art. 11, decreto legislativo n. 150 del 2009.

[nota 12] «Quando le specifiche dell'appalto possono essere fissate in maniera precisa e la valutazione delle offerte rispondenti alle specifiche definite nel bando di gara sia effettuabile automaticamente da un mezzo elettronico, sulla base di elementi quantificabili in modo tale da essere espressi in cifre o percentuali»: art. 85, comma 3, decreto legislativo n. 163 del 2006.

[nota 13] Ciò vale in particolare per le Regioni, le quali, a parere di chi scrive, hanno potestà legislativa esclusiva in materia di procedure di dismissione dei loro beni, in quanto materia inerente alla loro organizzazione. Al riguardo, N. GULLO, Beni pubblici, in Il diritto amministrativo dopo le riforme costituzionali a cura di G. Corso e V. Lopilato, parte speciale, vol. II, Milano, Giuffrè, 2006, p. 291.

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