L'intervento del notaio a supporto dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata
L'intervento del notaio a supporto dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata
di Alberto Cisterna
Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia

Il quadro dei dati relativi alla destinazione ed assegnazione dei patrimoni di mafia non è certo confortante. L'iniziativa del Governo di provvedere, mediante un apposito decreto legge, alla istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata risponde, quindi, innanzitutto alla prioritaria esigenza di assicurare efficacia all'azione di contrasto patrimoniale alle mafie. L'efficacia, in questo delicato settore, si misura su due versanti fortemente correlati tra loro: da un lato, quello della mera sottrazione dei beni alle cosche mafiose, al fine di depotenziarne l'aggressività e la pervasiva capacità di influenzare o egemonizzare parti rilevanti dell'economia; dall'altro quello di risarcire le collettività minacciate dalla sopraffazione attraverso la destinazione a finalità pubbliche e sociali dei beni confiscato alle organizzazioni criminali.

In questo scenario alcune cifre rendono il senso della sfida, etica e organizzativa, cui lo Stato deve mostrarsi adeguato: gli immobili confiscati alla criminalità organizzata sono nel complesso 9.196, di cui 478 sono stati confiscati nel solo 2008. Il numero totale dei beni sino ad oggi destinati è di 5.726 di cui il 30% portato a destinato dal 2007 al 2009. Gli immobili ancora da destinare sono 3.096 e di questi per l'8% il procedimento di destinazione risulta sospeso ex lege per la concorrente esecuzione di provvedimenti penali; il 69% presentano rilevanti criticità dal punto di vista giuridico (gravami ipotecari, comproprietà di quote indivise, azione giudiziarie e riconducibilità a patrimoni aziendali); il 23% può essere destinato senza particolari problematiche.

La legge 94/09 aveva inteso approntare una procedura di più rapida assegnazione dei beni, conferendo ai Prefetti e secondo una cadenza temporale fortemente cadenzata, il compito di adottare i provvedimenti di assegnazione e destinazione dei beni confiscati. L'Agenzia nazionale assorbe, oggi, anche tali funzioni, operando quale unico soggetto regolatore della fase dell'amministrazione dal momento giudiziario (in corso di esatta individuazione nell'iter parlamentare di conversione del decreto legge) a quello della destinazione finale del bene. Come si vede il momento della vendita del bene, ossia della sua dismissione a titolo oneroso rappresenta – nell'etica e nella trama normativa delle disposizioni antimafia – un momento patologico, l'ultimo stadio di un iter conclusosi infruttuosamente in ragione della «non destinabilità» del bene immobile, ossia dell'inesistenza di opzioni pubbliche e sociali che attuino il ristoro del sacrificio collettivo inferto alla comunità. La legge finanziaria 2010 tra molte polemiche e in un quadro di informazione non sempre corretta, ha inteso prendere in considerazione questa peculiare criticità della procedura regolata dalla legge n. 575/65 assegnando una specifica disciplina alle procedure di vendita. Anche in questo caso, occorre dire, ci si muove in terra incognita giacché; appare verosimile l'approvazione da parte della Camera di rilevanti emendamenti che riscriveranno la disciplina e perfezioneranno l'iter normativo vigente. Ad ogni buon conto occorre considerare che, ad di là di peculiari snodi procedurali e accorgimenti operativi, l'intento del legislatore è quello di approntare tecniche di dismissione dei beni a titolo oneroso che possano garantire, per un verso, un'aggiudicazione trasparente e non discriminatoria dei beni in vendita e, dall'altra, che la vendita non consenta alle organizzazioni criminali di recuperare la disponibilità o la titolarità dei beni definitivamente confiscati. Lo spettro degli accorgimenti a disposizione dello Stato, e per esso dell'Agenzia nazionale, non è illimitato. Si tratta di attuare una sapiente ed efficace combinazione tra modalità tecniche della vendita e sanzioni patrimoniali e penali che dissuadano le cosche da spericolate "riconquiste".

Occorre ora di esprimere talune considerazioni a titolo esclusivamente personale, ossia da mero operatore del diritto destinato dall'ordinamento giudiziario a vigilare sulla frontiera incandescente del contrasto alla criminalità mafiosa. La procedura di vendita notarile interattiva - che in qualche misura offre concreta attuazione alle disposizioni del codice di procedura civile innovate nella materia dell'esecuzione immobiliare dalla legge 24/2010 di conversione del d.l. 193/2009 - rappresenta sotto questo profilo una straordinaria opportunità per rassicurare quanti hanno manifestano legittimamente diffidenze nei riguardi della vendita dei beni confiscati. Due, ritengo, possono essere i punti di forza di una tale soluzione: da un lato il tasso di professionalità e di legalità che l'intervento del notaio/pubblico ufficiale assicura alla procedura di aggiudicazione ad asta. E' un dato di primo rilievo che si rafforza ulteriormente alla luce degli obblighi di segnalazione di operazioni sospette che sul notaio gravano in ragione del D.lgs. 231/2007. Secondariamente la natura "interattiva", ossia telematica della procedura di vendita che dilata enormemente il novero dei soggetti che possono partecipare alla procedure di vendita, decontaminando le asfittiche stanze degli uffici giudiziari dalla presenza invasiva (e talvolta sinistramente minacciosa) di soggetti "contro interessati" alla legalità della gara. E' un punto fondamentale, trasparenza e de-materializzazione delle offerte possono assicurare la presenza alla procedura di vendita di soggetti privati, penso in primo luogo alle Onlus e alle fondazioni, che difficilmente si recherebbero presso le stanze degli uffici di Gela o di Crotone per partecipare all'asta su beni di mafia e che, attraverso sistemi informatizzati, potrebbero viceversa concorrere al recupero di somme da destinare a pubblica utilità e alla conservazione del bene in disponibilità della società civile.

L'art. 5 della legge che contiene una nuova scrittura di segmenti importanti della prevenzione patrimoniale e, soprattutto, reca la disciplina dello snodo più delicato dell'intero provvedimento, ossia lo statuto dei rapporti tra l'Agenzia nazionale e l'autorità giudiziaria nell'ambito dei procedimenti penali e di prevenzione ex L. 575/65. Sarebbe ingiusto tacere che taluni settori hanno svolto una fitta pressione al fine di circoscrivere talune attribuzioni dell'Agenzia in tema di amministrazione giudiziaria dei beni di mafia. E se una parte delle motivazioni addotte a sostegno della riscrittura parlamentare può apparire condivisibile, resta latente l'inquietudine di aver voluto evitare intrusioni nel complesso settore delle nomine dei professionisti incaricati dall'autorità procedente di curare la gestione dei beni in sequestro. Ad esempio costituisce un argomento favorevole alla tesi di coloro che ritenevano eccessivo l'intervento dell'Agenzia nazionale fin dal momento dell' adozione del provvedimento cautelare, il rapido assottigliarsi e la conseguente retrocessione dei cespiti sequestrati. E' vero, infatti, che una porzione non esigua dei beni sottoposti a sequestro inaudita altera parte viene restituita agli aventi diritto in tempi brevi e per effetto dell'incardinarsi del contraddittorio innanzi al Tribunale procedente. Deve, comunque, costatarsi che il Parlamento, a fronte del contenimento della sfera operativa dell'Agenzia in questo settore, abbia preteso che la fase dell'individuazione degli amministratori giudiziari sia circondata da cautele ulteriori volte a delimitare la discrezionalità dell'autorità giudiziaria. La legge di conversione prescrive, infatti, che «l'Agenzia nazionale … promuove le intese con l'autorità giudiziaria per assicurare, attraverso criteri di trasparenza, la rotazione degli incarichi degli amministratori, la corrispondenza tra i profili professionali e i beni sequestrati, nonchè la pubblicità dei compensi percepiti, secondo modalità stabilite con decreto di natura non regolamentare emanato dal Ministro dell'interno e dal Ministro della giustizia».

Più in generale, la conclusione favorevole dell'iter parlamentare consente di assegnare una certa enfasi alla vera novità che l'Agenzia nazionale apporta nel quadro istituzionale del Paese e, in particolare, nel settore della cooperazione istituzionale per il contrasto ai patrimoni di mafia. Il D.l. 4/10 ha, infatti, provveduto alla costituzione della prima agenzia "mista" del Paese, ossia del primo soggetto pubblico che non è preposto ad uno dei tanti tavoli di consultazione o di concertazione già regolati da norme, accordi e protocolli di varia natura, ma è titolare della decisione di delicate questioni riguardanti l'amministrazione e la destinazione dei beni sottratti alla criminalità organizzata. Per far ciò, non a caso, il legislatore ha voluto la presenza paritaria nel Consiglio direttivo di magistrati e appartenenti agli apparati governativi (cfr. art. 2 comma 3).

La progressiva e rapida frammentazione di quella legislazione che, per comodità espositiva, possiamo dire governi l'«ordine pubblico» sospinge l'interprete verso ricostruzioni sistematiche talvolta tanto complesse quanto vane. In realtà occorre accontentarsi di approcci meno ambiziosi e prendere atto dell'impossibilità di riconciliare la moltitudine delle istanze normative in una sinossi ragionevole e armonica. Nel mondo plurale di queste norme alcune soluzioni o talune scelte proiettano significati emblematici, poiché; sono capaci di illuminare l'ispirazione e la stessa spinta emozionale del legislatore (quella che una volta si definiva la voluntas legis e che oggi sembra smarrire i connotati volitivi, per assumerne di irriflessivi e istintivi). L'Agenzia nazionale potrebbe costituire, da questo punto di vista, un segnale di svolta nel modello di cooperazione inter-istituzionale, giacché; per sconfiggere la criminalità organizzata si rende indispensabile una convergenza del molteplice sforzo di più soggetti pubblici e, quindi, una confluenza di sguardi; una pluralità di letture rivolte verso un determinato contesto, onde evitare che l'azione sia posta in essere da protagonisti dotati di una visione monodimensionale della realtà. Naturalmente tutto questo, sul lungo periodo, non può tradursi in un mero appello alla good will degli uni o al buon senso degli altri, essendo necessario che il legislatore agevoli la formazione di metodi e organismi in cui si persegua la riconciliazione delle visioni e il pluralismo delle analisi predittive.

Naturalmente la prassi conosce di innumerevoli forme di cooperazione tra istituzioni e uffici, conseguite spesso intuitu personae e sulla base di un'interlocuzione di natura personale o, al massimo, riconducibile a forme di spontanea consultazione. E', questa, ovviamente, una cornice instabile, ma comunque capace di segnare momenti significativi nell'orientamento delle pubbliche potestà in cui si oscilla dall'audizione operata dalle commissioni parlamentari nell'iter dei provvedimenti legislativi, alla predisposizione di note esplicative delle problematiche di scenario fino ad arrivare alla partecipazione a workshop e seminari aperti a contributi esterni che la decisione pubblica deve scrutinare e su cui incide la qualità dei contributi ab extra. Quest'ambito sfugge, per come è naturale, ad una funzione demarcativa, ma segnala di per sé; l'esistenza di fabbisogni informativi che la legislazione solo in parte riconosce e, quindi, governa. In questo scenario la co-decisione affidata all'Agenzia nazionale è, per dire, la frontiera più avanzata di un modello organizzativo di cooperazione interistituzionale che, sopravvissuto ad una labirintica costituzione di comitati, consigli, tavoli tecnici e via seguitando, sta corposamente orientandosi verso la formazione di soggetti misti destinati alla governance informativa e organizzativa di settori particolarmente esposti dell'ordinamento giuridico.

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