La posizione giuridica dell'aggiudicatario
La posizione giuridica dell'aggiudicatario
di Raffaele Lenzi
Notaio in Montecatini Terme
Il problema: il disciplinare di gara come fonte di qualificazione
Le modalità di attuazione dell'asta privata e quindi il disciplinare di gara che fissa la normativa che regola il procedimento costituiscono, nel confronto con la disciplina legale della formazione del contratto, il parametro di riferimento per determinare la posizione giuridica dei soggetti che vi concorrono, sia che si tratti del soggetto che promuove la gara sia che si tratti di coloro che vi partecipano in qualità di offerenti.
Essendo la posizione giuridica dei partecipanti determinata dal disciplinare e non muovendo da un testo predeterminato, è necessario considerare le varie opzioni astrattamente adottabili e cercare di metterne in evidenza luci ed ombre, per offrire un contributo alla futura redazione di un testo omogeneo e condiviso di disciplinare di gara che, nel rispetto delle regole inderogabili fissate dall'ordinamento, dia anche esatta ed immediata cognizione degli effetti che l'asta produce e delle conseguenti situazioni soggettive che si determinano, all'esito della procedura, in capo ai partecipanti.
La prevedibilità della conseguenze giuridiche della procedura adottata costituisce, assieme alla sua efficienza, requisito essenziale per l'utile affermazione dello strumento che si intende indagare.
Il modello procedimentale
La procedura in oggetto si colloca all'interno di quel filone, di ormai ampia applicazione nella prassi, che attiene alla formazione progressiva del contratto di compravendita immobiliare, non più semplicisticamente riconducibile allo scarno schema proposta-accettazione. Come noto il superamento di un'attuazione istantanea della formazione del contratto ha portato ad una valorizzazione del contratto preliminare, sia attraverso la previsione normativa della trascrivibilità dello stesso sia attraverso l'emersione della figura del cosiddetto preliminare ad effetti anticipati; con un avvicinamento del nostro ordinamento, di fatto se non sul piano concettuale, al modello germanico e quindi alla scissione tra contratto che determina l'assunzione dell'impegno al trasferimento e atto che ne determina l'esecuzione, ove è pertanto normale che l'effetto traslativo sia l'esito di un procedimento scandito in più fasi.
E' ormai affermata la prassi per cui la figura, normativamente considerata come destinata ad esaurirsi in un unico momento, si diluisce in una vicenda procedimentale che si realizza con la scansione in più fasi degli esiti traslativi. Normalmente la vicenda si dipana in tre fasi: la proposta di acquisto a mani del mediatore, successivamente accettata, il contratto "preliminare" o il "compromesso", il definitivo contratto traslativo con l'intervento del notaio o la mera riproduzione del compromesso in forma notarile in funzione degli assolvimenti pubblicitari.
La prassi ormai conosce la prospettiva del trasferimento immobiliare come procedimento complesso, in cui le diverse fasi sono collegate e strumentali all'unica complessiva funzione, per cui ogni atto, pur rimanendo esterno al nucleo strutturale dell'atto finale, concorre alla sua determinazione [nota 1].
Non mancano tuttavia persistenti difficoltà alla piena affermazione della prassi procedimentale, pur variamente costruita, come dimostra l'impegno della giurisprudenza nella riqualificazione degli atti di tale procedimento e la rimessa in discussione della compatibilità tipologica degli effetti anticipati con il contratto preliminare, verso cui si è orientata anche la più recente giurisprudenza della Suprema Corte [nota 2].
L'attività che si intende qui indagare costituisce quindi, in primo luogo, l'occasione per il riconoscimento della sequenza procedimentale come modalità di realizzazione della compravendita e del relativo effetto traslativo; offre altresì la possibilità, attraverso l'articolazione del disciplinare di gara, di definire in via anticipata, con prevedibilità delle conseguenze giuridiche, le varie fasi di tale procedimento e delineare quindi le situazioni giuridiche soggettive che si determinano come conseguenza delle singole fasi del procedimento.
Situazioni soggettive e invito ad offrire
Il primo atto rilevante è costituito dal bando di asta, conseguente all'incarico affidato al notaio dal soggetto legittimato alla vendita; ad esso potrebbe essere attribuito rilievo di mero invito ad offrire. Si rimarrebbe quindi nell'ambito delle trattative, non creandosi nel procedente alcun obbligo alla successiva stipulazione e tuttalpiù una responsabilità per il caso di interruzione ingiustificata della trattativa [nota 3], di cui l'asta costituisce esclusivamente una fase. L'offerta dell'aggiudicatario può mantenersi anch'essa nell'ambito delle trattative, precisandosi nel disciplinare che sia il bando che l'aggiudicazione non acquistano valenza contrattuale e quindi non obbligano le parti alla stipulazione del futuro contratto, salvo il dovere di comportamento conforme a buona fede. Una tale soluzione, che probabilmente favorisce la partecipazione, svaluta tuttavia la rilevanza giuridica dell'asta privata, privilegiandone il profilo più strettamente commerciale.
In astratto, a fronte di un mero invito ad offrire del promotore dell'asta, all'offerta dell'aggiudicatario potrebbe essere attribuito valore di proposta irrevocabile, ma in tal caso avremmo un impegno dell'aggiudicatario a fronte di una possibilità di ripensamento del promotore, con una posizione privilegiata di quest'ultimo che potrebbe non favorire lo sviluppo dell'istituto.
L'offerta al pubblico di preliminare aperto e situazioni soggettive
Una seconda possibile soluzione è quella di attribuire al bando, purchè contenente gli elementi essenziali, rilievo di offerta al pubblico, in conformità al disposto dell'art. 1336 c.c.; l'offerta al pubblico, come noto, vale come proposta contrattuale. Il problema diviene quindi quello di individuare il tipo contrattuale di cui l'offerta costituisce proposta e quindi indagare le varie figure contrattuali astrattamente ipotizzabili, idonee alla ottimale realizzazione degli interessi in gioco.
Una prima ipotesi riguarda la riconducibilità della proposta, con tale modalità formulata, alla figura del cosiddetto preliminare aperto, incentrato sulla necessità di attribuire valore vincolante alla procedura e quindi tale da impegnare fin da subito le parti ad un futuro contratto. A tale preliminare aperto dovrà seguire un successivo preliminare, denominato chiuso o formale, previsto come più organico e completo e che costituisce novazione del precedente [nota 4].
Vi è chi ritiene che la diversa funzione dei due contratti e la diversità di contenuto consentano di superare le riserve indotte dalla discussa figura del preliminare di preliminare [nota 5], in quanto la stipulazione di un nuovo e più meditato contratto preparatorio assolverebbe alla meritevole funzione di consentire alle parti un approfondito controllo della situazione e delle sopravvenienze [nota 6]. Tuttavia la giurisprudenza [nota 7], in particolare con una recente sentenza della Suprema Corte [nota 8], ha espresso un giudizio negativo sull'ammissibilità della figura, ricollegandovi la sanzione della nullità per difetto di causa. In altre occasioni la giurisprudenza di merito [nota 9] aveva risolto il problema attraverso un'attività interpretativa che, nonostante l'impropria terminologia, aveva condotto ad una riqualificazione della fase contrattuale intermedia in termini di contratto definitivo, documentato da semplice scrittura privata, in attesa della riproduzione in forma autentica, resa al solo fine di assolvere alle esigenze pubblicitarie.
La Suprema Corte, con la recente sentenza n. 8032 del 2 aprile 2009, ha affermato che il cosiddetto preliminare di preliminare costituisce una «inconcludente superfetazione», priva di meritevolezza, in quanto l'impegno alla conclusione del definitivo ben potrebbe essere assunto immediatamente, escludendo così la validità dell'accordo preliminare e riconducendo la situazione alla fase delle trattative, seppur all'avanzata fase della "puntuazione", destinata a fissare il contenuto del futuro contratto, ma senza alcun effetto vincolante. Anche seguendo questo ragionamento forse sarebbe da considerare se, volendo in realtà le parti obbligarsi, la nullità non vada ad affliggere non tanto il primo quanto il secondo contratto, quello sì inutile e privo di causa.
Per la Cassazione la previsione normativa sancita all'art. 2932 c.c. instaura un collegamento strumentale, diretto e necessario, tra preliminare e definitivo, sufficiente alla realizzazione degli interessi dei contraenti. L'orientamento contrario svaluta invece tale argomento osservando che la natura di preliminare del contratto che si andrebbe così a concludere non impone la necessaria applicazione del rimedio specifico previsto dall'art. 2932 c.c. [nota 10]
Non è mancato tuttavia chi autorevolmente ha rilevato che, sul piano formale, l'esclusione della possibilità di esecuzione in forma specifica dovrebbe risultare dal titolo, in questo caso costituito dal disciplinare di gara, trattandosi di una clausola essenziale di un contratto formale, la cui inserzione determinerebbe alterazione del tipo contrattuale in questione [nota 11]; né;, sul piano sostanziale, può dedursi l'esclusione dell'esecuzione in forma specifica dal solo fatto che sia prevista una ulteriore fase, preliminare rispetto al contratto notarile definitivo.
La decisione dei giudici di legittimità è stata commentata con favore da parte della dottrina [nota 12] che vi ha visto la riaffermazione del principio dell'insufficienza della sola volontà a reggere l'impegno obbligatorio e l'affermazione della non assoluta simmetria tra voluto ed utile. In questa decisione, che esclude il potere della prassi di promuovere artificiose complicazioni della struttura contrattuale legale, si è voluto salutare una valorizzazione del criterio della meritevolezza, che non può essere appiattita sul giudizio di liceità [nota 13], distinguendo nettamente tra la dimensione commerciale e la dimensione più strettamente giuridica dell'affare.
Ma se può convincere la autonoma valorizzazione del giudizio di meritevolezza, non altrettanto soddisfacenti appaiono gli esiti di tale giudizio, che conduce ad escludere rilevanza ad una volontà dei contraenti orientata a dare attuazione progressiva e procedimentalizzata alla produzione degli effetti contrattuali.
Nel medesimo indirizzo si colloca anche la recente sentenza della Cassazione a sezioni unite che nega autonoma rilevanza al cosiddetto preliminare ad effetti anticipati [nota 14] e che parimenti non appare convincente nella svalutazione della ricchezza e articolazione degli interessi dei contraenti meritevoli di giuridico rilievo. Tale pronuncia segna una battuta d'arresto sulla linea evolutiva della figura del preliminare [nota 15], operata proprio dalla giurisprudenza di legittimità negli ultimi decenni. Le S.U. escludono che il contratto preliminare possa assumere la configurazione di una struttura negoziale destinata a realizzare un assetto di interessi non limitato al solo obbligo a contrarre, contrapponendosi quindi alla più moderna concezione che inserisce il preliminare in una sequenza procedimentale i cui effetti completi si raggiungono solo con la stipula del definitivo ma che sono, medio tempore, sostenuti da un titolo provvisorio.
Offerta al pubblico di preliminare di compravendita ad effetti obbligatori e situazioni soggettive
Nonostante le difficoltà e le evidenziate resistenze della giurisprudenza, non può tuttavia essere sottovalutato il bisogno emergente dalla prassi di adattare il regolamento contrattuale e la produzione degli effetti traslativi agli interessi dei contraenti in relazione alle singole e originali situazioni che di volta in volta si presentano.
Vi è quindi chi ha prospettato una diversa ricostruzione della scissione in tre fasi della vicenda traslativa, riconducendo la prima fase al contratto preliminare in senso proprio, come fonte di un obbligo a contrarre, che impegna i contraenti alla stipulazione di un futuro contratto di vendita definitiva sì ma ad effetti meramente obbligatori. La realizzazione dell'effetto traslativo sarebbe affidata ad un terzo contratto, meramente esecutivo e solutorio degli obblighi assunti con il secondo, rinviato al momento dell'integrale pagamento del prezzo e del completamento dei presupposti formali [nota 16].
Tale ricostruzione prescinde dalle intitolazioni formali dei singoli atti del procedimento ma guarda agli effettivi interessi dei contraenti e ricostruisce la complessa fattispecie in funzione di una piena e più soddisfacente attuazione di tali interessi, attribuendo a ciascuna figura contrattuale autonoma configurazione tipologica.
Tale soluzione supera le difficoltà che derivano dalla contestata ammissibilità del preliminare di preliminare e dalla controversa configurazione del preliminare ad effetti anticipati.
Le persistenti obiezioni a tale ricostruzione si fondano ovviamente sulla risalente concezione dell'inderogabilità del principio consensualistico e sulla discussa ammissibilità dell'atto traslativo a causa esterna; ma si tratta ormai di questioni che sono state oggetto di convincenti revisioni critiche [nota 17]. La regolazione degli effetti, in funzione di legittimi e giustificati interessi dei contraenti, non sembra debba essere necessariamente sottratta all'autonomia privata.
Calando quindi tale ricostruzione funzionale sul terreno dell'asta privata potrebbe essere attribuita alla fase dell'offerta di acquisto aggiudicataria, conseguente al bando, rilievo conclusivo di un contratto preliminare bilaterale. Gli elementi essenziali del contratto sono già fissati ma, prima del contratto traslativo, le parti sono vincolate a stipulare una vendita obbligatoria in forza della quale viene completato, in maniera più articolata, il contenuto contrattuale, effettuati versamenti di acconti sul prezzo e regolate eventuali anticipazioni della consegna. Una tale soluzione non mortifica la consapevole assunzione di impegni assunta dalle parti con la promozione della gara e con l'offerta di acquisto e al contempo consente una fase ulteriore di messa a punto senza che ciò debba determinare comunque anche il finale esito traslativo.
Nei casi fin qui prospettati, all'esito della procedura, l'aggiudicatario risulta obbligato alla stipulazione di un futuro contratto e correlativamente creditore verso il promotore dell'asta del diritto a stipulare il futuro contratto, con la possibilità per le parti di agire ex art. 2932 c.c. per l'esecuzione di tale obbligo, salvo che non sia stata prevista l'esclusione del ricorso a tale azione. Da un lato la vicenda resta sul piano della trattativa dall'altro diventa impegnativa per entrambe le parti.
La promessa al pubblico e la situazione del promettente
Una possibile diversa ricostruzione, anch'essa da esplicitare nel disciplinare di gara, può consistere invece nell'attribuzione di una diversa rilevanza alle due manifestazioni di volontà rese dal promotore della gara e dall'offerente l'acquisto, evitando che entrambe operino su un medesimo piano, di mera trattativa ovvero di proposta e accettazione contrattuale, seppure la prima resa nella forma dell'offerta al pubblico. Tale soluzione tende a favorire la partecipazione privilegiando la posizione dell'aggiudicatario rispetto al promotore, prendendo in considerazione la figura della promessa al pubblico, prevista all'art. 1989 c.c., costituente una promessa unilaterale, avente come contenuto l'impegno, appunto unilaterale, alla stipulazione di un futuro contratto [nota 18]. La promessa, secondo la formula di legge, è diretta alla persona che si trova in un determinata situazione o che compie una determinata azione; nel nostro caso la situazione richiesta, che costituisce il fatto che consente l'individuazione del destinatario della prestazione, è costituita dalla presentazione dell'offerta, secondo le regole e modalità previste nel disciplinare, e dalla conseguente aggiudicazione. Colui che risulterà aggiudicatario sarà titolare del credito a contrarre nei confronti del promotore dell'asta. Vi è chi ha ritenuto che in tali casi la promessa al pubblico rimane assorbita dallo schema contrattuale; si è sostenuto cioè che la promessa al pubblico è caratterizzata dalla previsione di un comportamento del prestante privo di valore negoziabile, riproducendosi altrimenti lo schema dello scambio. In realtà il criterio distintivo non sembra costituito dall'astratta negoziabilità bensì da come l'azione è stata considerata dal promittente; lo schema della promessa al pubblico è quindi ammesso anche in presenza di un richiamo ad un comportamento di rilevanza negoziale in astratto ma assunto dal promittente come mero evento e quindi non oggetto di negoziazione [nota 19]. Colui che promuove la procedura sarà quindi il promettente, che si offre di stipulare il contratto preliminare di compravendita con chi, offrendo le migliori condizioni, risulterà aggiudicatario sulla base delle procedure fissate nel disciplinare di gara: il contenuto della promessa è di offrire il contratto al vincitore, il quale è libero di manifestare il consenso alla conclusione del contratto, esercitando il diritto acquistato. La partecipazione alla gara da parte dell'offerente, con la conseguente aggiudicazione, non costituisce infatti prestazione avente rilievo negoziale e quindi impegnativo.
Invero la dottrina è divisa sull'effetto della promessa, nel senso che per alcuni essa non determina l'immediata insorgenza dell'obbligo sostanziale cui si riferisce ma rileva esclusivamente come proposta irrevocabile [nota 20]. Tale ricostruzione si fonda principalmente sul disposto del comma 2 dell'art. 1989 c.c., secondo il quale il vincolo del promittente viene meno in caso di mancata comunicazione nei termini del compimento dell'azione prevista. Il contenuto del vincolo unilateralmente assunto si esaurirebbe quindi nell'irrevocabilità della proposta, mentre la promessa non determinerebbe di per sé; alcun effetto sostanziale corrispondente all'attuazione dell'operazione economica prevista, in quanto il perfezionamento del rapporto dipende, secondo le regole generali, dalla successiva autonoma determinazione dell'aggiudicatario. Tale orientamento troverebbe conferma nella disciplina dettata al comma 2 dell'art. 1989 c.c. ed al successivo art. 1990 c.c., ove si evidenzia che il legislatore ha inteso soltanto regolare gli effetti limitativi dell'autonomia privata derivanti dalla dichiarazione del promittente, ma non ha invece previsto che l'iniziativa dello stesso promittente abbia rilievo vincolante sul piano sostanziale. L'iniziativa del promittente non sarebbe sufficiente per la produzione degli effetti finali e l'obbligo a contrarre non si determinerebbe in capo al promittente per il solo fatto del verificarsi della situazione considerata; l'aggiudicazione costituirebbe quindi solo il presupposto per la legittimazione del destinatario, cui spetta di completare il procedimento negoziale mediante la comunicazione al promittente [nota 21]. L'iniziativa del destinatario, anche dopo l'aggiudicazione, resterebbe determinante per l'instaurazione del rapporto obbligatorio. Non verrebbe quindi meno lo schema proposta-accettazione per il perfezionamento della fattispecie negoziale che fa sorgere l'obbligo a contrarre.
La mancata adesione, da parte della prevalente dottrina, alla citata teoria contrattualistica, lascia comunque impregiudicato il problema della definizione dei fatti costitutivi dell'obbligazione e del momento dell'insorgenza del credito a contrarre dell'offerente. La fonte dell'obbligo è costituita dalla divulgazione della promessa, ma per la costituzione del rapporto obbligatorio sono necessari elementi ulteriori che, per alcuni [nota 22], si limitano all'avveramento della situazione o al compimento dell'azione, mentre per altri [nota 23] sono costituiti dalla comunicazione degli stessi al promittente. Quest'ultimo orientamento, pur minoritario, trae sostegno dal disposto dell'art. 1991 c.c., che individua nell'anteriorità della comunicazione il criterio risolutivo di un conflitto tra più aventi diritto alla prestazione promessa, evidenziando quindi come l'individuazione del destinatario e quindi l'insorgenza dell'obbligo a contrarre del promittente dipendono dall'avvenuta comunicazione allo stesso dell'aggiudicazione. Nel procedimento di asta privata che qui si indaga il momento dell'insorgenza dell'obbligo potrà essere disciplinato nel regolamento di gara, prevedibilmente attribuendo al verbale di aggiudicazione valore al tempo stesso di avveramento della situazione richiesta e di comunicazione al promittente, eseguita per il tramite del notaio incaricato e che opera nel suo interesse.
Si colloca in una posizione più radicalmente negativa quell'orientamento [nota 24] che invece sostiene che la struttura della promessa al pubblico, pur in astratto riferibile all'obbligo di concludere un futuro contratto, deve escludersi qualora il contratto di cui si promette la stipulazione determini effetti anche a carico del destinatario: in conclusione lo schema della promessa al pubblico è ritenuto incompatibile con la previsione di effetti bilaterali. Si tratta tuttavia di un orientamento disatteso dalla giurisprudenza, anche di legittimità [nota 25] e contestato dalla prevalente dottrina [nota 26]. La medesima dottrina esclude altresì, con affermazioni invero piuttosto apodittiche, che la previsione della pubblicazione espressa e l'unilateralità dell'atto rendono lo schema della promessa al pubblico non compatibile con obbligazioni finalizzate al trasferimento di beni immobili, anche in considerazione della forma scritta imposta dalla legge [nota 27].
La posizione dell'offerente
Se questa ricostruzione dà conto della posizione giuridica del promotore dell'asta, persiste il problema di definire con più esattezza la posizione dell'offerente e in particolare la rilevanza giuridica che deve attribuirsi all'offerta di acquisto e conseguente aggiudicazione. Dal lato attivo, aderendo all'orientamento prevalente circa gli effetti della promessa al pubblico, l'aggiudicatario sarà creditore verso il promotore del diritto alla stipulazione del futuro contratto. Dal lato passivo, dobbiamo considerare che l'anzidetta ricostruzione muove dalla considerazione di non rendere vincolante l'offerta di acquisto fino al punto di determinare in capo all'offerente stesso l'obbligo immediato di pervenire necessariamente al contratto definitivo; si tratta cioè di consentire allo stesso, al fine di offrire un ulteriore incentivo alla partecipazione, uno spazio di ulteriore riflessione, pur prevedendo una sanzione predeterminata a suo carico nel caso in cui non dia seguito alla stipulazione del contratto. Il disciplinare di gara ipotizzato per il servizio Ran prevede infatti una responsabilità contrattuale del venditore mandante nel caso in cui non dia seguito all'obbligo di stipulazione del contratto, con conseguente applicabilità anche del rimedio dell'esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., mentre limita alla perdita della cauzione in favore del proprietario la sanzione a carico dell'aggiudicatario che rifiuta la stipulazione del contratto. L'offerente quindi non è vincolato alla propria offerta, che si collocherebbe ancora nella fase delle trattative.
La soluzione tuttavia non è indenne da perplessità: in primo luogo si pone il problema della giustificazione causale che sta alla base della perdita della cauzione da parte dell'offerente. Se l'offerente non assume alcun obbligo a contrarre e la sua attività si colloca ancora nella fase precontrattuale la perdita della cauzione costituirebbe quindi una sanzione, preliminarmente convenuta e quantificata, per l'interruzione delle trattative. Si pone quindi il problema della legittimità della predeterminazione di una penale riferita ad una responsabilità non contrattuale ed altresì la legittimità di un possibile superamento del limite dell'interesse negativo e quindi della riducibilità della penale stessa. La dottrina sembra prevalentemente orientata verso l'ammissibilità di atti negoziali sanzionatori che abbiano l'effetto di produrre una pena a sostegno di comportamenti che non siano obblighi contrattuali o addirittura che non siano obblighi in senso proprio, con una espansione della clausola penale fuori dall'area del contratto [nota 28]. Secondo tale orientamento il modello della clausola penale assume una autonoma tipicità sanzionatoria che non deve necessariamente dipendere da un contratto principale [nota 29], per cui potrebbe in astratto conservare il suo valore di mezzo di liquidazione del danno in rapporto ad una prefigurata responsabilità precontrattuale. La cauzione quindi svolgerebbe una funzione di penale prevista per l'eventuale obbligazione risarcitoria che, a titolo di responsabilità precontrattuale, fosse dovuta dall'offerente che si sottraesse ingiustificatamente al futuro contratto, violando il principio di buona fede. La sottrazione al contratto dell'offerente sarebbe preventivamente qualificata come comportamento non conforme a buona fede e la penale avrebbe la funzione di predeterminare il danno commisurato al cd. interesse negativo [nota 30]. Tuttavia, pur ammettendosi quindi la generale applicazione della clausola penale alla responsabilità non derivante da contratto, resta il problema della sua possibile riducibilità.
La riducibilità potrebbe invece essere esclusa nel caso in cui il versamento della cauzione, nelle mani del notaio incaricato dal promotore della procedura d'asta, potesse essere ricondotto ad una caparra, di natura penitenziale in quanto costituente il corrispettivo del ripensamento dell'offerente. Anche qui tuttavia si tratta di applicare i meccanismi della caparra penitenziale in assenza di una obbligazione di fonte contrattuale cui collegarla. L'esplicito richiamo al contratto, ed al recesso dallo stesso, sembra escludere la possibilità di un'estensione dell'istituto al campo delle obbligazioni extra o precontrattuali. La giurisprudenza di merito si è già espressa nel senso di escludere la configurabilità di una caparra confirmatoria nel corso di semplici trattative, proprio per l'insussistenza di un'efficacia vincolante [nota 31], anche se non sono mancate in dottrina voci isolate a favore dell'ammissibilità di caparre c.d. pure, cioè prive dell'ipotetico presupposto costituito dall'inadempimento [nota 32] .
E' pur vero che non necessariamente il risultato prefissato, di consentire all'offerente di sottrarsi alla stipulazione con l'unica conseguenza della perdita della cauzione, deve essere perseguito relegando il comportamento dell'offerente alla fase precontrattuale. La qualificazione in termini di proposta ed accettazione del comportamento delle parti consentirebbe l'attribuzione alla somma depositata di valenza di caparra penitenziale ex art. 1386 c.c., costituente quindi il corrispettivo del recesso dal contratto da parte dell'offerente; saremmo quindi in presenza, a seguito dell'aggiudicazione, di un contratto preliminare, con facoltà per il promettente acquirente di recedere dal contratto con conseguente perdita della caparra.
Conclusivamente può rilevarsi la pluralità di articolazioni del procedimento astrattamente adottabili e la conseguente mutevolezza della posizione giuridica dell'aggiudicatario, nessuna indenne da limiti e rilievi critici; la scelta, da regolare nel disciplinare di gara, è quindi demandata ad una valutazione del bilanciamento di interessi che si intende realizzare attraverso il procedimento di asta privata.
[nota 1] A. RAVAZZONI, Gradualità dei vincoli a carico dell'alienante e conclusione del contratto, in Dalle proposte di acquisto al preliminare formale: analisi di una prassi immobiliare. Atti del Convegno di Studi - Bologna, 24 aprile 1993, a cura di E. Marmocchi, Milano, 1995, p. 104.
[nota 2] La validità della contrastata figura del preliminare di preliminare è stata di recente negata da Cass. civ., sez. II, 02 aprile 2009, n. 8038, in Riv. dir. civ., 2010, 1, 2, p. 81 con nota di NAPOLI; inoltre, come noto, la dottrina ha elaborato la categoria del preliminare ad effetti anticipati, in cui le parti anticipano l'esecuzione di una o di entrambe le prestazioni finali, pagando il prezzo e consegnando la cosa, categoria meritevole di una disciplina particolare, anche in termini di tutela. L'iniziale successo di tale categoria contrattuale, considerata distintamente dal contratto preliminare tradizionalmente inteso, è stata ridimensionata dalla giurisprudenza, intervenuta sul tema in più occasioni; da ultimo Cass. civ., S.U., 27 marzo 2008, n. 7930, in Giur. it., 2008, 11, p. 2461.
[nota 3] Da ultimo Cass., sez. III, 19 gennaio-10 giugno 2005, n. 12313, in Giur. it., 2006, 7, p. 1389.
[nota 4] R. DE MATTEIS, La contrattazione preliminare ad effetti anticipati. Promesse di vendita, preliminari per persona da nominare e in favore di terzo, Padova, 1991, p. 13.
[nota 5] Sulla figura in generale v. G. GABRIELLI, Contratto preliminare, 1970, Milano; F.A. MAGNI, «Puntuazione di contratto, preliminare e preliminare di preliminare», in Giur. it., I, 2, p. 539 e ss.; R. SPECIALE, «Il "Vorvertrag" nell'ambito delle nuove tendenze in materia di formazione progressiva del contratto», in Riv. dir. civ., I, p. 45 e ss.; E. AL MUREDEN, «Stipulazione del contratto preliminare e diritto del mediatore alla provvigione», in Nuova giur. civ. comm., I, p. 799 e ss.
[nota 6] Trib. Napoli, 28 febbraio 1995, in Dir. giur., 1995, p. 463 (con nota di V. CARBONE); Trib. Napoli, 11 gennaio 1994, in Dir. giur., 1996, p. 501.
[nota 7] Trib. Napoli, 23 novembre 1982, in Giust. civ., 1983, I, p. 283.
[nota 8] Cass. civ., sez. II, 2 aprile 2009, n. 8038, cit.
[nota 9] Pret. Firenze, 19 dicembre 1989, in Giur. mer., 1990, p. 466.
[nota 10] R. DE MATTEIS, op. cit., p. 15.
[nota 11] G. GABRIELLI, Prassi della compravendita immobiliare in tre fasi: scrittura privata preliminare, atto notarile definitivo, in Dalle proposte di acquisto al preliminare formale, cit., p. 136.
[nota 12] U. LA PORTA, «La (salutare) nullità del contratto inutile», (nota a Cass. civ., sez. II, 2 aprile 2009, n. 8038), in Notariato, 2010, 1, p. 48 e ss.; contra A. CHIANALE, «Il preliminare di preliminare: intentio certa sese obligandi?», ivi, p. 42 e ss.
[nota 13] U. LA PORTA, op. cit., 2010, 1, p. 53.
[nota 14] Cass., S.U., 27 marzo 2008, n. 7930, cit.; sul contratto preliminare ad effetti anticipati v. C. CASTRONOVO, La contrattazione immobiliare abitativa, in AA. VV., La casa di abitazione tra normativa vigente e prospettive, IV, Milano, 1987, p. 81; G.B. PORTALE, «Principio consensualistico e conferimento di beni in proprietà», in Riv. soc., 1970, p. 941 (in nota); G. LA ROCCA, «Contratto preliminare di vendita e giurisprudenza: riflessioni critiche», in Foro. it., I, c. 2457 e ss.; A. CHIANALE, «Il preliminare di vendita immobiliare», in Giur. it., I, p. 673 e ss.
[nota 15] G. TRAVAGLINO, «Osservatorio della Corte di Cassazione», in Corr. giur., 2008, 5, p. 614.
[nota 16] F. GAZZONI, «Trascrizione del preliminare di vendita e obbligo di dare», in Riv. not., 1997, p. 19.
[nota 17]A. CHIANALE, Obbligo di dare e trasferimento della proprietà, Milano, 1990; V. MARICONDA, «Art. 1333 e trasferimenti immobiliari», in Corr. giur., 1988, p. 144; ID., «Il pagamento traslativo», in Contr. imp., 1989, p. 735; E. NAVARRETTA, La causa e le prestazioni isolate, Milano, 2000; ID., «Le prestazioni isolate nel dibattito attuale – Dal pagamento traslativo all'atto di destinazione», in Riv. dir. civ., 2007, I, p. 823.
[nota 18] Questa la ricostruzione prevalente sia in dottrina, v. F. GALGANO, Diritto civile e commerciale, 1999, II, 2, p. 243; M.C. BIANCA, Diritto civile. Il contratto, 1998, Milano, III, p. 256; G. BRANCA, Promesse unilaterali, in Libro quarto: obbligazioni art. 1960-1991, in Commentario al codice civile a cura di A. Scialoja e G. Branca 1974, p. 446, sia in giurisprudenza, v. Cass. civ., sez. lav., 06 giugno 2007, n. 13273, in Guida dir., 2007, p. 28 e 47, Cass. civ., sez. II, 30 gennaio 2007, n. 1967, in Riv. not., 2008, 2, p. 398.
[nota 19] A. DI MAJO, voce Promessa unilaterale, dir. priv., in Enc. dir., XXXVII, Milano, 1988, p. 61 e ss.
[nota 20] G. FERRI, Le promesse unilaterali. I titoli di credito, in Tratt. dir. civ. diretto da G. Grosso e S. Santoro Passarelli, 1972, Milano, p. 33.
[nota 21] G. SBISA', voce Promessa al pubblico, in Digesto, disc. priv., sez. civ., XV, Torino, 1997, p. 367 e ss.
[nota 22] G. FERRI, op. cit., p. 32.
[nota 23] A. TRABUCCHI, «Recensione a Giuseppe Sbisà (La promessa al pubblico)», in Riv. dir. civ., 1974, I, p. 250.
[nota 24] A. D'ANGELO, Art. 1989: promessa al pubblico, in Comm. cod. civ. diretto da P. Schlesinger, Milano, 1996, p. 767 e ss.
[nota 25] Cass. 17 settembre 1983, n. 5625, in Giur. it., 1984, I, 1, p. 1634; Cass. 5 gennaio 1981, n. 1, in Giur. it., 1981, I, 1, p. 220; 19 gennaio 1985, n. 171, in Lav. prev. oggi, 1985, p. 622; Cass. 14 febbraio 1987, n. 1670, in Giust. civ. Mass., 1987, 2; Cass. 14 marzo 1991, n. 2674, in Giur. it., 1992, I, 1, p. 289.
[nota 26] A. DI MAJO, op. cit., p. 63; G. SBISA', op. cit., p. 370.
[nota 27] A. D'ANGELO, op. cit., p. 769.
[nota 28] S. MAZZARESE, Clausola penale, in Comm. cod. civ. diretto da P. Schlesinger, Milano, 1999, p. 245 e ss.
[nota 29] In questo senso invece E. GABRIELLI, «Clausola penale e sanzioni private nell'autonomia contrattuale», in Rass. dir. civ., 1984, p. 916 e ss.
[nota 30] Merita inoltre considerare che la previsione di una penale è inserita tra le clausole potenzialmente vessatorie all'art. 33 lettera f, del codice del consumo, qualora l'importo previsto risulti manifestamente eccessivo.
[nota 31] Trib. Napoli, 28 dicembre 1977, in Foro it. Rep., 1979, p. 235.
[nota 32] Dubitativamente v. M. TRIMARCHI, voce Caparra, in Enc. dir., Milano, 1960, p. 195; contra A. MARINI, voce Caparra, Enc. giur., I, Roma, 1988, p. 3.
|
|
|