Natura giuridica del verbale di asta pubblica
Natura giuridica del verbale di asta pubblica
di Diomede Falconio
Notaio in Napoli

L'ipotesi di indagine: un verbale di constatazione

Senza prenderla troppo da lontano - come invece si usa quando si tocca una materia controversa - si può rispondere seccamente all'interrogativo circa la natura giuridica del verbale d'asta, affermando che esso sia un verbale di constatazione.

A questo punto, la materia da controversa si fa addirittura esplosiva, evocando tutta la annosa querelle sulla ricevibilità di un simile verbale da parte del notaio di fronte al divieto di stipulare atti di istruzione preventiva. Il tentativo di questa indagine sulla natura giuridica del verbale d'asta è volto a superare i pregiudizi che l'argomento inevitabilmente porta con sé;, cercando di definire gli elementi costitutivi della locuzione "verbale di constatazione".

Al termine di questo percorso, apparirà più chiaro e - si spera - potrà da chi legge esser perdonato l'esordio presuntuosamente definitorio di questo scritto, intendendo il "verbale d'asta-verbale di constatazione" quale processo di documentazione di una fase sub-procedimentale all'interno di una fattispecie complessa a formazione progressiva.

Secondo la nozione del Giannini «la verbalizzazione è la narrazione dei fatti nei quali si concreta la storicità di una azione» [nota 1]. La parola, d'origine francese (proces-verbal), compare in Italia per la prima volta nel 1877, indicando una relazione scritta di ciò che si è detto o si è trattato in un'adunanza [nota 2]. Dunque, il verbale diviene il documento preordinato alla descrizione di atti o fatti, rilevanti per il diritto, compiuti alla presenza di un soggetto verbalizzante di regola appositamente incaricato di tale compito. L'essenza dei verbali veniva individuata dal Ferrara in tre fattori: -1) la sussistenza di fatti presenti all'autore del documento al momento in cui egli effettua la documentazione; -2) la considerazione di tali fatti nella loro materialità, «per il modo come si manifestano e quindi come sono percepiti dai sensi, anche quando consistono in dichiarazioni»; -3) la provenienza da soggetti a ciò legittimati dalla legge al fine di attestare la verità [nota 3].

Seguendo la logica di queste autorevoli riflessioni, emergono alcuni frammenti del discorso che segnalano l'intima connessione del verbale con l'attività notarile, poiché; si rinviene una sequenza di rapporti tra fatti e/o dichiarazioni, loro constatazione, memoria e documentazione in chiave di fiducia privilegiata, i quali rinviano alla funzione pubblica di assicurare l'identità tra dichiarazione rappresentativa e fatto rappresentato.

Si suole distinguere tra verbali di dichiarazioni e verbali di constatazioni: nei primi si raccontano fatti passati al dichiarante mediante dichiarazioni di scienza (o dichiarazioni di verità) [nota 4] riproducendo la conoscenza sulla base del ricordo conservato nella propria mente; nei secondi, i verbali di constatazione, non si riproduce ciò che il soggetto sa, ma quello che vede e sente, sopprimendo l'intervento della memoria. Le constatazioni riguardano la rappresentazione intellettuale che il soggetto riceve a mezzo dei propri sensi di un fatto che sta dinanzi a lui o che si svolge sotto i propri occhi.

Se questi sono i significati semantici delle parole "verbale" e "constatazione", non si può non condividere l'idea secondo la quale l'attività del notaio in generale si sostanzia in estrema sintesi in un verbale di constatazione [nota 5]. Tuttavia, questa acquisizione concettuale va dimostrata con dati positivi alla mano.

Le tesi sulla liceità/illiceità del verbale notarile di constatazione

La tesi della liceità del verbale di constatazione venne addirittura sostenuta dal mai troppo citato Carnelutti, che nel mondo notarile viene ricordato come il padre della funzione antiprocessuale, ma su questo tema, a ben guardare, inventò anche una funzione pre-processuale del notaio [nota 6]. Sotto la vigenza del vecchio codice (art. 251 c.p.c. 1865), erano consentite vere e proprie prove notarili, che raccoglievano in verbali a futura memoria testimonianze da produrre nel processo. In questa prospettiva, anche per una certa giurisprudenza [nota 7] i verbali di constatazione si collocavano in una dimensione lecita perché;, peraltro, costituivano espressione di una competenza generale del notaio ad accertare fatti giuridicamente rilevanti, discendente dall'art. 2699 c.c., il quale configura l'atto pubblico come «documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede».

A questo orientamento permissivo si oppose sin dai primi anni '40 del secolo scorso una intransigente ricostruzione giurisprudenziale [nota 8] e dottrinale che venne teorizzata compiutamente dall'Andrioli [nota 9], il quale intuì la riserva di competenza giudiziale per le prove. Tutti gli atti di istruzione preventiva (con l'entrata in vigore del nuovo codice di rito disciplinati dagli artt. 692-699 c.p.c.) sono affidati all'autorità giudiziaria, che per il tramite di essi può assicurarsi elementi di convinzione ancor prima che sia stato promosso il giudizio. Essendovi competenza esclusiva di un organo statale, non può immaginarsi competenza concorrente tra magistrato e notaio. Le regole in materia di istruzione preventiva tutelano, inoltre, interessi di ordine pubblico garantiti dal rispetto del principio del contraddittorio [nota 10].

Negli anni '60 e '70 dottrina [nota 11] e giurisprudenza [nota 12] formularono un orientamento intermedio, volto a distinguere tra le c.d. disposizioni testimoniali a futura memoria e i c.d. verbali di constatazione, enucleando le specificità delle due fattispecie che venivano genericamente sussunte nella categoria (vietata ai notai) dei mezzi di istruzione preventiva. Nell'obiettivo, da un lato, di colpire le testimonianze notarili a futura memoria con la sanzione della nullità in quanto contrarie al codice di procedura civile e, dall'altro, di spostare la sanzione per i verbali di constatazione all'art. 147 L.N. [nota 13] (in quanto non contrari né; a norme imperative né; all'ordine pubblico), queste elaborazioni mettevano in luce che nella struttura ontologica del verbale di constatazione non vi fosse sempre e comunque una finalità processual-probatoria, al contrario che nelle dichiarazioni a futura memoria. Di qui, il riconoscimento che il notaio non si sostituisce al giudice nella redazione di verbali di constatazione, poiché;, nel caso in esame, il notaio si limita a ricevere semplicemente atti che valgono come surrogati delle prove che il giudice può raccogliere (peraltro il verbale in parola mira a documentare obiettivamente un fatto spesso irripetibile nel tempo e quindi non più accertabile dal giudice). Sotto questa angolazione, dalla generica inettitudine dei verbali notarili non negoziali (sia di dichiarazione sia di constatazione, per riprendere la classificazione data al principio di questo scritto) a fornir prova dei fatti in giudizio, il limite all'attività notarile si sposta al contenuto intrinseco dell'atto.

Ritorna, a questo punto, la proposizione della questione in altri (qui già accennati) termini: da una parte, chi riduce la competenza del notaio ai soli atti negoziali e a quelli non negoziali indicati dalla legge notarile, ritenendo che l'art. 2699 c.c. vada coordinato strettamente con l'art. 1 L.N. (il cui primo comma afferma i notai quali «pubblici ufficiali istituiti per ricevere atti tra vivi e di ultima volontà», mentre al secondo e terzo comma elenca talune facoltà aggiuntive e le altre «altre attribuzioni loro deferite dalle leggi») e, dall'altra parte, chi riconosce al notaio una competenza generale nella redazione di atti pubblici in virtù del potere di certazione a lui riconosciuto dal codice.

La lettura evolutiva del nodo della competenza notarile

A ben guardare appare riduttivo il discorso se le competenze notarili non negoziali siano solo quelle di cui al comma 2 dell'art. 1 della legge notarile, così come se per le "altre attribuzioni" di cui al comma 3 occorra inesorabilmente una spasmodica ricerca di singole disposizioni per così dire autorizzative. Il problema va ben al di là di stabilire se l'art. 1 L.N. abbia una portata tassativa o esemplificativa [nota 14].

Occorre costruire una linea normativa che coinvolga l'art. 2699 c.c., l'art. 2700 c.c. e l'art. 1 L.N. per sciogliere il nodo della competenza notarile: di certo, la prima indicata norma del codice si preoccupa di nominare innanzitutto il notaio (e poi gli altri pubblici ufficiali) quale costruttore della pubblica fede dell'atto pubblico, la stessa pubblica fede che l'art. 1 L.N., comma 1, circoscrive al campo degli atti negoziali (inter vivos e mortis causa). Dal proprio canto, l'art. 2700 c.c. stabilisce che «l'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché; delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti». Gli atti nei quali si esplica l'attività notarile sono dunque di carattere pubblico e recano l'efficacia probatoria di cui all'art. 2700 c.c.

Nelle norme codicistiche indicate vi è una funzione paradigmatica e di orientamento teleologico del sistema, che riconosce nella attività di certificazione del notaio la facoltà di imprimere al prodotto del suo lavoro una fiducia privilegiata entro il limite dell'invasione di campo in sfere riservate ad altri organi statali. Anche le attribuzioni non negoziali del notaio partecipano alla logica delle attribuzioni istituzionali che riguardano il campo negoziale.

In questo senso, si riconoscono al notaio competenze di documentazione non sempre negoziali fondate su richiami normativi ben precisi: verbali societari ex art. 2375 c.c. (che non documentano dichiarazioni di volontà, ma la formazione della volontà assembleare [nota 15]); verbale di rifiuto della trascrizione da parte del Conservatore ex art. 2674 c.c.; certificazioni di esistenza in vita ex art. 1 L.N., comma 2, n. 5; verbali di apposizione di sigilli, di rimozione degli stessi, di inventario, di incanti e divisioni giudiziali ex art. 1 L.N., comma 2, n. 4; protesti cambiari ex art. 51 R.D. 1699/1933 e L. 349/1873; e da ultimo, i verbali dismissione del patrimonio pubblico ex D.M. 18 dicembre 2001 e D.m. 16 luglio 2002 emanati dal Ministero dell'economia e delle finanze [nota 16], dopo la delega (prima ai soli notai e poi anche ad altri professionisti) per le esecuzioni immobiliari.

Ma la prassi ci ha abituati anche a numerosi casi non espressamente previsti da norme specifiche, dei quali pure non si dubita della legittimità. Si pensi ai verbali di diserzione di assemblee o di mancata presentazione davanti al notaio, ai verbali di apertura di cassette di sicurezza, ai vari casi di verbali di deposito, ai verbali di sorteggio o di concorso a premi.

La linea normativa degli articoli 2699-2700 c.c. - 1 L.N. iscrive una tendenziale generalità del potere di certificazione del notaio [nota 17]. In questa logica, si potrebbe affermare che l'atto notarile non negoziale è vietato solo quando vi è l'esplicita riserva di competenza dell'autorità giudiziaria, come avviene per i mezzi di istruttoria preventiva. Tuttavia, fra questi ultimi deve distinguersi tra le assunzioni di prova testimoniale a futura memoria (che palesemente infrangono le regole di cui agli artt. 692-699 c.p.c. e sono da ritenere inammissibili) e i verbali di constatazione in senso stretto che solo eventualmente sono diretti a rientrare nel sistema probatorio (e anche quando così fosse, occorrerebbe discernere caso per caso la loro finalità per ammetterli o meno, magari degradando la loro efficacia probatoria al rango di mero indizio, al pari di qualsiasi scritto proveniente da un terzo estraneo al processo [nota 18]).

Segue: la legittimazione del notaio nel verbale d'asta privata

C'è tuttavia anche un'altra strada per affermare la liceità del verbale d'asta notarile, riconducendolo - come affrettatamente detto nell'incipit di questa indagine - alla documentazione endo-procedimentale di un meccanismo complesso di formazione progressiva della volontà negoziale.

Necessariamente rinviando alle relazioni Raffaele Lenzi (sulla posizione giuridica dell'aggiudicatario) e di Francesco Alcaro (su aggiudicazione e procedimento di formazione del contratto), può affermarsi che l'asta privata coinvolge un congegno causale che va al di là della funzione tipica della compravendita e sviluppa i profili negoziali della promessa al pubblico, del contratto normativo, con attribuzione unilaterale della facoltà di chiedere l'esecuzione in forma specifica. Il tutto in omaggio a un interesse meritevole di tutela che è quello del privato di vendere "al meglio" il bene in sua proprietà, ponendolo sul mercato con una base di prezzo suscettibile di incremento da parte degli offerenti durante una vera e propria gara, il cui contenuto ed esito siano oggetto di verbalizzazione.

Gli schemi che possono sottostare all'asta privata sono diversi, ma hanno in comune un atto propulsivo proveniente dal proprietario del bene in vendita che può essere identificato come bando, dal quale dipende la colorazione causale del procedimento. Ovviamente, il grado di vincolatività delle offerte è disciplinato dal bando e l'incontro della proposta ivi contenuta con la miglior offerta può, a seconda delle graduazioni negoziali prescelte, dar luogo alla conclusione di un contratto definitivo di compravendita ovvero di un contratto preliminare, così come potrebbe verificarsi solo l'identificazione dell'aggiudicatario di fronte a un mero invito ad offrire, lasciando al proponente del bando le mani libere.

In questo contesto il verbale notarile d'asta effettuerebbe la constatazione di fatti all'interno di una procedura negoziale e si atteggerebbe alla stessa stregua della ricezione per mano di notaio di atti prenegoziali quali l'offerta e l'accettazione fra loro separate di un contratto. La riconduzione del verbale d'asta quale verbale di constatazione nella sfera negoziale recide sul nascere ogni dubbio di legittimità sulla sua redazione da parte del notaio.

Uno degli aspetti più delicati riguarda le offerte pervenute con prezzo più basso rispetto a quella aggiudicataria. La preferenza di una sola accettazione (quella con il prezzo più alto, cioè la miglior offerta) caduca ogni altra proposta in base a un meccanismo di condizioni risolutive o sospensive, per effetto del quale ogni offerta è subordinata alla presenza o carenza di una successiva offerta di più alto ammontare [nota 19].

Calandosi nella ricostruzione Alcaro-Lenzi [nota 20] a cui si faceva riferimento poc'anzi, il bando dovrebbe contenere una promessa al pubblico ex art. 1989 di stipulare un contratto di compravendita in incertam personam con l'oggetto-prezzo determinabile in base alla migliore offerta dell'asta, nel contempo attribuendo all'aggiudicatario la facoltà unilaterale di agire ex 2932 c.c. per chiedere l'esecuzione in forma specifica del contratto e determinando per il solo fatto di partecipare alla gara l'accettazione di un contratto normativo che disciplina la gara stessa e la sorte dei versamenti a titolo di cauzione (Multa penitentialis? Caparra? Penale?) che accompagnano l'offerta.

Da ciò discende il superamento della prospettiva processual-istruttoria con la quale si guarda al verbale di constatazione, dal momento che esso produce sul piano negoziale dei suoi propri effetti esteriormente e immediatamente apprezzabili: individuazione per relationem di futuri soggetti contraenti, chiusura del congegno di determinabilità del prezzo, obblighi pecuniari.

Metabolizzare una simile prospettiva vuol dire liberarsi del condizionamento delle tradizionali impostazioni sulla tipicità delle cause di trasferimento, introducendo percorsi innovativi nello studio delle dinamiche di mercato.

Profili di tecnica redazionale

Un verbale concepito nei termini qui esposti presenta alcune peculiarità che ne rendono originale anche la tecnica redazionale. Il primo problema che si solleva è quello della presenza delle parti: deve essere costituito un comparente? Chi, il proponente del bando? Oppure tutti i vari offerenti? [nota 21]

In altra sede, si è giustamente osservato che una risposta affermativa a tali quesiti seguirebbe una enfatica interpretazione dell'art. 47 L.N., secondo cui «l'atto notarile non può essere ricevuto dal notaio se non in presenza delle parti» [nota 22]. Evidentemente questa norma è dettata per il recepimento del negozio giuridico da parte del notaio, che senza la parte non potrebbe aspirare a tanto … Viceversa, quando prevale l'attività puramente constatativa, l'atto può essere ricevuto senza presenza di parti.

A conclusioni simili era giunta la dottrina in materia di verbali societari, ricollegando la sottoscrizione del presidente dell'assemblea al solo fine dell'appropriazione da parte sua delle dichiarazioni verbalizzate onde impedirne il disconoscimento o l'impugnativa. Sicché;, in caso contrario e cioè di mancata sottoscrizione del presidente, già prima della riforma del diritto delle società entrata in vigore nel 2004, non si dubitava della legittimità del verbale senza parti [nota 23]. Oggi, con la posizione del comma 3 dell'art. 2375 c.c. [nota 24], che consente la redazione in sessione differita del verbale, la questione di un verbale senza parti può definitivamente considerarsi superata.

Nulla osta alla sottoscrizione del solo notaio e, proprio sulla scia del ricordato comma 3 dell'art. 2375, va da sé; anche la questione della contestualità della redazione, essendo naturale la stesura definitiva in separata sede, dopo aver preso i dovuti appunti nello svolgimento della gara servendosi di bozze e minute.

Per quanto attiene alla menzione della lettura dell'atto nell'escatocollo, appare elementare che mancando la parte nell'atto, non è richiesta la lettura. Anche volendo ritenere che oltre che a beneficio delle parti e per il controllo del rispetto della loro volontà negoziale, la lettura sia prevista anche a favore del notaio, non si vede quale menzione della lettura a se stesso possa essere chiamato a compiere il soggetto che quel medesimo atto abbia scritto.

Quanto agli allegati, ove il notaio intenda inserirli, andranno rispettate le normali regole prescritte dalla legge notarile, così come per quanto riguarda le altre usuali formalità (intestazione; datazione; scritturazione; postille; sottoscrizione del notaio; conservazione; repertoriazione; raccolta).

Conclusioni

L'interessamento del Notariato per le aste private è un positivo elemento di azione professionale perché; consente di mettere a disposizione dei cittadini un patrimonio di esperienza giuridica nel mercato immobiliare che non ha pari nella filiera della contrattazione.

L'ausilio che al progetto può derivare dalla telematica è di indubitabile importanza.

Lo sviluppo di una tendenza all'asta privata può rappresentare un raccordo tra le esigenze di miglior realizzo economico del cittadino e la trasparenza del mercato, proprio grazie all'intervento notarile che garantisca la coniugazione di elementi di certezza e filtri di legalità.

E' innanzitutto la fase preparatoria della vendita all'asta che deve vedere l'impegno del notaio: dapprima, nello studio e nella certificazione di regolarità sotto vari profili (urbanistico, catastale, ipotecario, fiscale, ecc.) dell'immobile e, poi, nella costruzione della giusta formula di bando nelle graduabili opzioni che possano desiderare gli intenti dei privati.

Il verbale d'asta diviene un frammento (necessario perché; volto alla sicurezza e trasparenza della procedura) di un più vasto lavoro notarile che trova la sua più pregnante espressione nella fase preparatoria e di stesura del bando. La comprensione unitaria di tutti questi momenti dà luogo a una nuova prospettiva negoziale al passo con i tempi e duttile alle cangianti esigenze sociali, come da sempre i notai italiani hanno saputo assicurare allo Stato e ai cittadini.


[nota 1] M.S. GIANNINI, «In tema di verbalizzazioni», in Foro amm., 1960, I, p. 1101.

[nota 2] Così il Dizionario etimologico italiano di C. BATTISTI – G. ALESSIO, mentre il LITTRE', nel Dictionnaire de la langue Française, accenna a un duplice significato: l'atto nel quale un pubblico ufficiale o altra persona avente la qualità prescritta constata un fatto e tutte le sue circostanze oppure il resoconto scritto di una cerimonia.

[nota 3] Cfr. F. FERRARA, Il verbale di assemblea delle società per azioni, negli Scritti in onore di Piero Calamandrei, pubblicato nella Rivista delle società diretta da Tullio Ascarelli, anno II, 1957, p. 5.

[nota 4] Il prototipo di tali dichiarazioni di scienza è quello delle dichiarazioni rese davanti al giudice dal testimone (si badi che in tal caso trattasi di testimone processuale, secondo la definizione del F. CARNELUTTI, La prova civile, Roma, 1947, p. 153, il quale si distingue dal testimone strumentale, che assiste alla formazione di un atto pubblico). Nel senso qui precisato, viceversa, può ritenersi che il testimonio strumentale compia una constatazione piuttosto che una dichiarazione in senso stretto.

[nota 5] A. GIULIANI, in Riv. not., 1961, p. 497; G. SANTARCANGELO, La forma degli atti notarili, Roma, 1988, p. 23; G. CASU, «Dismissione del patrimonio pubblico e verbale d'asta», Studio n. 4116 approvato dalla Commissione Studi del Consiglio Nazionale del Notariato il 19 novembre 2002; S. TONDO, «Documentazione notarile a fini non negoziali», in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e Materiali, 1, 1983-1985, p. 279.

[nota 6] F. CARNELUTTI, «Assunzione di prove per mezzo di notaro», in Riv. dir. proc. civ., 1939, II, p. 211 a cui adde G. DONA', Notariato e archivi notarili, in Nov. Dig. it., VIII, 1939, p. 1065. Il Carnelutti adottava quale referente normativo a sostegno per la sua tesi anche l'art. 2069 del vecchio codice civile, oggi trasfuso nell'art. 2674 c.c., e l'art. 13 della Tariffa annessa alla legge notarile (poi riprodotto nell'art. 9 della Tariffa di cui alla legge 22 novembre 1954, n. 1158, ove si prevede la stesura immediata di un verbale notarile per il rifiuto o il ritardo di trascrizioni, iscrizioni o annotazioni da parte del Conservatore dei Registri immobiliari.

[nota 7] Cass. 9 dicembre 1960, n. 32125, in Giust. civ., 1960, I, p. 2063; Cass. 27 marzo 1945, in Riv. not., 1945, p. 35; App. Catania, 31 dicembre 1966, in Riv. not., 1967, p. 453; Cass. 8 settebre 1958, n. 2970 in Riv. not., 1959, p. 103.
Contra: Trib. Milano 21 aprile 1961, in Riv. not., 1961, p. 497; Trib. Milano 14 settembre 1962, in Vita not., 1966, p. 334; Trib. Milano, 1 marzo 1957, in Riv. not., 1957, p. 659; Cass. 11 giugno 1969, n. 2067, in Giust. civ., 1969, I, p. 1193.

[nota 8] Cass. 27 marzo 1945, cit.

[nota 9] V. ANDRIOLI, «Istruzione civile preventiva e attribuzioni notarili», in Riv. not., 1947, p. 35.

[nota 10] C. FALZONE – A. ALIBRANDI, Constatazione (verbale di), in Diz. enc. dir. not., I, 1973, p. 672-674.

[nota 11] R. TRIOLA, «Atti di istruzione preventiva e contrarietà all'ordine pubblico ex art. 28 n. 1 L.N.», in Riv. not., 1972, p. 1320 e A. GIULIANI, op. cit., in Riv. not., 1961.

[nota 12] Vedi la parte prima della precedente nota 7.

[nota 13] Sulla sanzione solo disciplinare si era già pronunziata App. Palermo 23 gennaio 1929 in Riv. leg. fisc., 1929, p. 449.

[nota 14] Vedi S. TONDO, op. cit., p. 280 e ss.

[nota 15] In argomento si rinvia a G. LAURINI, Il ruolo del notaio nella verbalizzazione delle delibere assembleari, in AA.VV., La verbalizzazione delle delibere assembleari, giornata di studio dell'8 maggio 1982, organizzata dal Comitato regionale notarile lombardo, Milano, 1982, p. 46 e ss.

[nota 16] Sul punto G. CASU, op. cit.

[nota 17] S. TONDO, op. cit., p. 293.

[nota 18] Cass. 21 giugno 1960, n. 1644, in Giust. civ. Mass., 1960, p. 610.

[nota 19] In questo senso Trib. Napoli, 20 novembre 1970 citato da M. LEO in uno studio del CNN ancora inedito.

[nota 20] Si vedano i contributi di F. ALCARO e R. LENZI in questo stesso volume.

[nota 21] Si segnala che pur essendo chiamati offerenti i soggetti partecipanti all'asta sovente sono tecnicamente gli accettanti la proposta contenuta nel bando del proprietario che tecnicamente è proponente ovvero … offerente!

[nota 22] G. CASU, op. cit.

[nota 23] G. GRIPPO, «Il verbale notarile di assemblea e la sua sottoscrizione», in Giur. comm., 1989, II, p. 827.

[nota 24] L'art. 2375 c.c., comma 3, recita: «il verbale deve essere redatto senza ritardo, nei tempi necessari per la tempestiva esecuzione degli obblighi di deposito o di pubblicazione».

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