La formazione e sottoscrizione dell'originale informatico: norme compatibili e innovazione del D.lgs. 110/2010
La formazione e sottoscrizione dell'originale informatico: norme compatibili e innovazione del D.lgs. 110/2010
di Sabrina Chibbaro
Notaio in Milano

Il decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 110 [nota 1] intitolato "Disposizioni in materia di atto pubblico informatico redatto dal notaio" non costituisce un corpus normativo autonomo, ma apporta alla legge notarile [nota 2] la più invasiva modifica degli ultimi decenni.

L'insieme delle nuove disposizioni complessivamente inserite nella legge del 1913 apre per i notai la possibilità di stipulare atti in formato originale elettronico, creando così una catena di produzione che dalla stipula fino alla conservazione del documento fa totalmente a meno della carta. E' infatti ormai dal 2002 (anno in cui è entrata in esercizio l'Autorità di certificazione delle firme digitali del Consiglio nazionale del Notariato) che gli adempimenti successivi alla stipula sono svolti quasi interamente in ambiente telematico: con la realizzazione dell'originale e del repertorio informatico, il passaggio al paperless può dirsi interamente completato.

Scopo dell'incontro di studio odierno è quello di proporre una prima lettura delle norme di nuova emanazione, tenendo conto che, per quanto riguarda l'oggetto di questa relazione, cioè la fase di formazione e sottoscrizione del documento, bisognerà attendere alcuni decreti attuativi per la pratica applicazione delle norme.

Dall'esame del provvedimento, le norme, nuove o modificate, possono essere divise in tre gruppi.

Il primo gruppo comprende una serie di disposizioni che ratificano soluzioni già adottate in via interpretativa.

Abbiamo già accennato, infatti, come una grossa fetta dell'attività notarile (soprattutto per quanto riguarda gli adempimenti) faccia già uso di tecniche e strumenti informatici e telematici. Tutte le soluzioni giuridiche finora adottate per migrare dalla carta ai bit sono state raggiunte in via interpretativa, leggendo le norme alla luce della normativa in materia di documentazione elettronica: mi riferisco principalmente al codice dell'amministrazione digitale [nota 3].

Fanno parte di questa categoria le norme di cui ai nuovi articoli 23-bis e 23-ter della legge notarile.

La prima recita «Il notaio per l'esercizio delle sue funzioni deve munirsi della firma digitale di cui all'articolo 1, comma 1, lettera s, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, rilasciata dal Consiglio nazionale del Notariato». In effetti, tutti i notai, già dal 2002, sono muniti della firma digitale rilasciata dal Consiglio nazionale del Notariato, che certifica, oltre all'identità del titolare del certificato, la sua qualifica di notaio nell'esercizio delle funzioni [nota 4]. La norma, pertanto, non fa che consolidare le scelte interpretative compiute ormai un decennio fa, escludendo definitivamente, se mai se ne fosse dubitato, che il notaio possa avvalersi di certificati di firma rilasciati da altri certificatori.

A corollario di quanto affermato dall'art. 23-bis, il nuovo art. 23-ter, al comma 1, ribadisce che «Il certificato qualificato, di cui all'articolo 1, comma 1, lettera f, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, rilasciato al notaio per l'esercizio delle sue funzioni nel rispetto delle regole tecniche di cui all'articolo 34, commi 3 e 4, dello stesso decreto, attesta, sulla base delle comunicazioni inviate dai Consigli notarili distrettuali, anche la sua iscrizione nel ruolo».

Il secondo gruppo di norme raccoglie tutte quelle regole che costituiscono ripetizioni di norme del codice dell'amministrazione digitale.

Tra queste, in primo luogo, il comma 3 dell'art. 23-ter, a mente del quale «Il notaio custodisce ed utilizza personalmente, ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, il dispositivo di firma collegato al certificato di cui al comma 1». La disposizione dell'art. 32 del Cad, sostanzialmente identica a quella sopra riportata, prescrive un obbligo per tutti i titolari di firma digitale, senza distinzioni di sorta. Esso quindi era già un obbligo cogente, indipendentemente dalla ripetizione contenuta nella legge notarile.

Altro esempio di norme rientranti in questo secondo gruppo è dato dal nuovo art. 68-ter sul rilascio di copie, per il quale «Il notaio può rilasciare copie su supporto informatico degli atti da lui conservati, anche se l'originale è stato formato su un supporto analogico. Parimenti, può rilasciare copie su supporto cartaceo, degli stessi atti, anche se informatici». Tale disposizione ha contenuto parallelo a quello dell'art. 23 del Cad, che si riferisce, in generale, ai pubblici ufficiali e che ha costituito finora il fondamento normativo per il rilascio delle copie informatiche da inviare ai pubblici registri.

Abbiamo infine tutte le norme nuove, che regolano l'applicabilità della forma elettronica al mondo notarile. Di queste, alcune sono immediatamente applicabili (come, ad esempio, quella sulle rettifiche per atto di notaio, oggetto della relazione del dott. Casu, quella sugli allegati e sulle copie) ed altre (la maggior parte), come specificato dall'art. 68-bis, dovranno attendere l'emanazione di alcuni decreti attuativi. E così, principalmente, l'atto pubblico informatico con firma elettronica semplice e la possibilità di conservare a raccolta gli originali informatici non sono allo stato immediatamente percorribili.

Ciò non toglie che, al di là dell'applicabilità immediata, da tutte le nuove regole si può già delineare un quadro di quello che sarà lo scenario della stipula senza carta.

Partendo dall'esame del nuovo art. 47-bis [nota 5], si può rilevare che all'atto pubblico informatico si applicano le disposizioni della legge notarile, mentre la disciplina dell'autenticazione informatica rimane al di fuori della legge notarile ed, in particolare, è contenuta nell'art. 25 del codice dell'amministrazione digitale.

La disposizione costituisce un parallelo rispetto alla situazione nel mondo cartaceo. Infatti, attualmente la disciplina dell'atto pubblico notarile è contenuta nella legge notarile all'art. 51, che ne dettaglia il contenuto, mentre la scrittura privata autenticata trova la sua disciplina al di fuori della legge notarile, in particolare nell'art. 2703 del codice civile. Tale ultima disciplina è poi integrata dall'art. 72 della legge notarile che disciplina i casi in cui essa va conservata nella raccolta degli atti del notaio che procede all'ultima autentica.

In particolare, si può dire che all'atto pubblico informatico si applicano tutte le norme della legge notarile, in quanto compatibili: il principio si trova enunciato al comma 1 del nuovo art. 47-ter, che costituisce, insieme al successivo comma 2, la disciplina di coordinamento tra le norme pregresse e la nuova "forma".

Il comma 2 dell'art. 47-ter recita «L'atto pubblico informatico è ricevuto in conformità a quanto previsto dall'articolo 47 ed è letto dal notaio mediante l'uso e il controllo personale degli strumenti informatici». E' in tal modo chiarito che le norme sull'indagine della volontà delle parti, sulla redazione del documento, sulla lettura personale non sono derogate quando si sceglie l'originale informatico e pertanto si può considerare immutata l'essenza dell'intervento notarile. Ecco quindi che questa riforma, lungi dall'impoverire il ruolo del notaio, ne arricchisce la sua funzione di mediatore tra il cittadino ed il mondo del diritto, offrendo più soluzioni operative di quelle attualmente disponibili.

Meno semplice è l'esame della compatibilità delle norme relative ai casi particolari in cui all'atto intervengano soggetti che non sanno o non possono sottoscrivere, soggetti privi dell'udito o della parola.

Il caso del soggetto analfabeta (e pertanto non in grado neanche di leggere) e del soggetto che, pur essendo in grado di leggere, per motivi fisici temporanei o permanenti non sia in grado di sottoscrivere sono accomunati dalla legge notarile in un'unica disciplina all'art. 58, n. 10, richiedendo la menzione della dichiarazione della parte della causa che gli impedisce di sottoscrivere [nota 6].

Con l'utilizzo della firma elettronica le due situazioni mostrano le loro differenze, poiché i dispositivi di firma non richiedono che il loro utilizzatore sia in grado di leggere e scrivere, ma è sufficiente che egli sia in grado di digitare il pin per produrre una sottoscrizione giuridicamente valida.

Nel caso del soggetto analfabeta, poiché egli non è in grado neanche di leggere e pertanto non in grado di verificare personalmente ciò che firma, tutte le cautele previste dalla legge notarile andranno mantenute e quindi sarà necessaria la presenza irrinunciabile dei testimoni e la menzione della dichiarazione della parte di non essere in grado di leggere e scrivere.

Diversa soluzione deve darsi, a mio avviso, per il caso in cui un soggetto (che sappia leggere e scrivere) sia temporaneamente o permanentemente impossibilitato a farlo in forma autografa per motivi fisici: tale situazione sarà irrilevante per la valida apposizione della sottoscrizione elettronica (sempre che essa non consista nell'acquisizione digitale della firma autografa, come consente l'art. 52-bis), e, pertanto, nulla vieterà anche a chi abbia una menomazione fisica di rinunciare alla presenza dei testimoni e sottoscrivere efficacemente senza le salvaguardie previste dalla legge notarile.

Certamente compatibile con le nuove procedure sembra l'art. 56 della legge notarile, che regola l'intervento in atto di un soggetto interamente privo dell'udito, mentre meno semplice è la soluzione nel caso previsto dal successivo art. 57, cioè l'intervento in atto di soggetto muto o sordomuto che sappia leggere e scrivere. In tal caso, la norma prevede che egli debba leggere l'atto e scrivere di suo pugno, in fondo al medesimo, che lo ha letto e riconosciuto conforme alla sua volontà. Orbene, la soluzione circa la compatibilità con l'atto informatico dipende dal significato che si attribuisce all'autografia della dichiarazione del comparente. Se si ritiene che essa sia essenziale per ricollegare la provenienza della dichiarazione al soggetto privo della parola, non vi è dubbio che l'atto informatico non sia in grado di soddisfare tale esigenza.

Sicuramente incompatibili e pertanto inapplicabili saranno invece altri concetti tipici del mondo cartaceo. Tra questi, in primo luogo, la postilla. Infatti, a differenza che nella stampa, il documento elettronico è sempre modificabile, senza che delle modifiche stesse rimanga traccia, fino al momento delle sottoscrizioni: anzi, queste ultime, oltre ad avere la classica funzione di assunzione di paternità del contenuto del documento, nel mondo informatico hanno anche quella di rendere le eventuali modifiche successive alla sottoscrizione rilevabili in sede di verifica, invalidando di fatto il documento.

Altro principio fondamentale sconosciuto all'atto informatico è quello di unicità dell'originale. Infatti, parlare di "copia" per un originale elettronico, tecnicamente non ha senso: posto che il documento informatico, a differenza di quello cartaceo non è indissolubilmente legato alla materialità del supporto, ma vive di vita autonoma indipendentemente da esso, essendo trasferibile da un supporto all'altro rimanendo sempre uguale a sé stesso, è evidente come non ci sia distinzione tra originale e copia: quest'ultima non sarà altro che lo stesso esemplare su un diverso supporto. Mentre quindi la copia di un documento cartaceo è tendenzialmente riconoscibile come tale e può essere effettuata solo da chi è in possesso dell'originale, l'operazione di copia di un documento informatico produce duplicati identici in numero potenzialmente illimitato e può essere effettuata da chiunque sia in possesso di uno qualunque degli esemplari identici. E' proprio per questa caratteristica del documento informatico che, allo stato, non possono rilasciarsi copie esecutive in forma elettronica, dovendosi attendere i decreti attuativi, i quali detteranno, tra l'altro, le soluzioni tecniche per evitare illecite duplicazioni della copia esecutiva.

Passando alle norme più propriamente dettate in materia di formazione del documento informatico, l'art. 57-bis introdotto dal D.lgs. 110/2010 regola il trattamento degli allegati. Il principio generale che si può desumere dalla norma è quello per cui gli allegati devono avere la stessa forma (cartacea o informatica) del documento originale che si va a sottoscrivere. E' quindi normativamente prevista una sorta di osmosi tra la carta ed il digitale per cui tutte le volte che bisogna allegare un documento formato in origine su carta ad un originale informatico si dovrà trasformare l'allegato in un documento informatico. Lo stesso vale nel caso inverso, che già si presenta oggi, quando bisogna allegare un documento informatico ad un originale cartaceo.

Per quanto riguarda invece la formazione dell'atto, nessuna norma specifica è stata inserita nella legge notarile [nota 7] per cui bisogna ricorrere alla regolamentazione generale in materia di documento informatico, contenuta principalmente nel codice dell'amministrazione digitale.

In particolare, va qui ricordato che il documento elettronico non necessariamente integra il requisito della forma scritta ma, ai sensi dell'art. 20 del Cad, soltanto quando sia formato nel rispetto delle regole tecniche e sia sottoscritto con firma digitale. Al ricorrere di tali presupposti, è considerato forma scritta «anche nei casi previsti, sotto pena di nullità, dall'art. 1350, comma 1, numeri da 1 a 12 del codice civile» e, ai sensi dell'art. 21 del Cad, «ha l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del codice civile», cioè equivale alla scrittura privata.

Riguardo alle regole tecniche, particolarmente importante per la formazione del documento è l'art. 3, comma 3 delle regole tecniche in materia di firma digitale [nota 8], a mente del quale «Il documento informatico, sottoscritto con firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata, non produce gli effetti di cui all'art. 21, comma 2, del codice, se contiene macroistruzioni o codici eseguibili, tali da attivare funzionalità che possano modificare gli atti, i fatti o i dati nello stesso rappresentati». Il documento informatico deve avere quindi un formato c.d. "statico": non deve cioè contenere campi che comporterebbero modifica di alcune parti dello stesso non rilevabili alla verifica della firma.

Ricapitolando quindi i vari passaggi, il notaio dovrà curarsi di avere tutti gli allegati in formato elettronico, così da poterli allegare all'originale e, ove alcuno di essi fosse su supporto cartaceo, dovrà produrne copia informatica ai sensi dell'art. 57-bis. Provvederà poi a leggere il testo personalmente e direttamente dallo schermo del computer, apporterà tutte le modifiche che siano richieste e, subito prima di procedere alla sottoscrizione, provvederà a trasformare il documento in un formato "statico", idoneo alla firma ed alla successiva conservazione a raccolta.

Ma è nella disposizione relativa alle modalità di sottoscrizione dell'atto pubblico informatico che troviamo la norma più interessante, in quanto essa da un lato sembra andare contro i principi generali in materia di documentazione elettronica, ma dall'altro adatta lo strumento informatico alle peculiarità dell'atto pubblico inteso come atto del notaio in cui le dichiarazioni delle parti sono veicolate dallo stesso ed in cui la firma dei comparenti potrebbe addirittura mancare [nota 9].

L'art. 52-bis, recentemente introdotto nella legge notarile, prevede che «Le parti, i fidefacenti, l'interprete e i testimoni sottoscrivono personalmente l'atto pubblico informatico in presenza del notaio con firma digitale o con firma elettronica, consistente anche nell'acquisizione digitale della sottoscrizione autografa». E' quindi espressamente previsto che le parti possano utilizzare anche la firma elettronica semplice [nota 10], strumento che ha un grado di sicurezza inferiore rispetto a quello fornito dalla firma digitale. La norma si giustifica alla luce del fatto che, essendo tale firma elettronica inserita nel contesto dell'atto pubblico, è proprio l'intervento del notaio a rendere attendibile il documento come tale e non lo strumento tecnico dato dal sistema crittografico a doppia chiave, tipico solo della firma digitale.

Sarà pertanto l'intervento notarile finale che, con l'apposizione della firma digitale, darà sicurezza tecnica, oltre che giuridica, allo strumento appena formato. Ed anzi, in assenza della sottoscrizione del notaio, il documento non avrà neanche valore di forma scritta e quindi di scrittura privata ai sensi dell'art. 2702 c.c., come invece è stato affermato per l'atto pubblico cartaceo privo della sottoscrizione del notaio [nota 11].

La modalità di sottoscrizione (che comunque dovrà essere precisata dai decreti attuativi da emanarsi) è la caratteristica fondamentale che distingue la disciplina dell'atto pubblico informatico da quella della scrittura privata autenticata nella stessa forma, per la quale l'art. 25 del Cad prevede esclusivamente l'utilizzo della firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata.

Infine, il comma 3 dell'art. 47-ter prevede una speciale menzione: «Il notaio nell'atto pubblico e nell'autenticazione delle firme deve attestare anche la validità dei certificati di firma eventualmente utilizzati dalle parti».

La previsione è nuova per l'atto pubblico ma la menzione era già prevista, per la scrittura privata autenticata, dall'art. 25 del Cad.

La sua eventuale mancanza nell'atto pubblico non determina comunque nullità, non essendo stato modificato in tal senso l'art. 58. La materiale operazione di verifica non potrà però comunque essere omessa, costituendo, nel caso essa avesse esito negativo, un'ipotesi di mancata sottoscrizione.


[nota 1] Emanato in forza della delega legislativa contenuta nell'art. 65 della legge 18 giugno 2009, n. 69 "Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile" e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 166 del 19 luglio 2010. Entrato in vigore il 3 agosto 2010.

[nota 2] Legge 16 febbraio 1913, n. 89.

[nota 3] Decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, entrato in vigore il 1 gennaio 2006, il cui contenuto non è tuttavia nuovo nel sistema giuridico italiano. Il riconoscimento del valore giuridico del documento informatico risale infatti al 1997 con la c.d. Bassanini-bis (D.P.R. 10 novembre 1997, n. 513) poi modificata dal D.P.R. 23 gennaio 2002 n. 10 che ha attuato nel nostro Paese la direttiva 1999/93/Ce, relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche, ulteriormente modificato dal D.P.R. 7 aprile 2003, n. 137, recante disposizioni di coordinamento in materia di firme elettroniche.

[nota 4] Sul punto si veda M. NASTRI, Certificazione di firme elettroniche e pubblica funzione, in Introduzione alla firma digitale dei notai italiani, CNN, p. 26; E. SANTANGELO - M. NASTRI, «Firme elettroniche e sigilli informatici», in Vita not., 2002, p. 1118.

[nota 5] Art. 47-bis. - 1. All'atto pubblico di cui all'articolo 2700 del codice civile, redatto con procedure informatiche si applicano le disposizioni della presente legge e quelle emanate in attuazione della stessa. 2. L'autenticazione di cui all'articolo 2703, comma 2, del codice civile, è regolata, in caso di utilizzo di modalità informatiche, dall'articolo 25 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

[nota 6] In realtà la dottrina si divide tra coloro che limitano l'irrinunciabilità dei testi al caso di comparente analfabeta, tra cui G. SANTARCANGELO, La forma degli atti notarili, Roma, 1988, p. 47 e ss., e coloro i quali sostengono che i testi sono irrinunciabili in tutti i casi in cui il comparente, pur letterato, non sia in grado di leggere o scrivere, tra cui M. DI FABIO, Manuale di Notariato, Milano, 1981, p. 127; P. BOERO, La legge notarile commentata, Torino, 1993, p. 323.

[nota 7] Anche per l'originale cartaceo esistono delle norme in materia di formazione del documento volte ad assicurarne l'intelligibilità e l'inalterabilità nel tempo. In particolare, è stabilito che gli atti notarili siano scritti a penna o a macchina (cfr. legge 14 aprile 1957, n. 251) purché con inchiostro indelebile (le caratteristiche tecniche perché un inchiostro possa definirsi indelebile sono definite dal D.p.c.m. 3 agosto 1962).

[nota 8] D.p.c.m. 30 marzo 2009.

[nota 9] Cfr. G. CASU, «Verbale notarile d'assemblea e art. 28 legge notarile», in Riv. not., 1999, p. 880; M. MALTONI, «Il verbale di assemblea», in Notariato, 2003, 6, p. 595 e ss.; G. LAURINI, «Sull'iscrizione a repertorio del verbale "tardivo" (tra massime e autonomia professionale)», in Notariato, 2005,1, p. 5 e ss.

[nota 10] Si ricorda che, in base al codice dell'amministrazione digitale, tre sono i tipi di firma elettronica riconosciuti nel nostro ordinamento: la firma elettronica semplice, la firma elettronica qualificata e la firma digitale. Esse si distinguono per il grado di sicurezza che sono in grado di garantire e, di conseguenza, il loro valore probatorio è diversificato in base alle caratteristiche di sicurezza tecnica offerte.

[nota 11] Cfr. Cassazione 20 agosto 1990, n. 8442, in Vita not., 1990, p. 638; in Riv. not., 1991, p. 473.

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