L'impatto della legge delega (n. 110/2010) sull'ordinamento del Notariato
L'impatto della legge delega (n. 110/2010) sull'ordinamento del Notariato
di Francesco Alcaro
Professore Ordinario di Diritto Privato, Università di Firenze

In un'epoca di mutamenti indotti e governati dalla forza preponderante ed esaudente della tecnica (E. SEVERINO), di pluralizzazione dei modelli giuridici e degli statuti normativi del contratto, degli status soggettivi, dei rapporti economici, in particolare, ora, con il documento informatico e in generale con le nuove tecnologie - che vanno diffondendosi nell'ambito degli scambi e del perfezionamento dei contratti - e quindi con l'introduzione della firma digitale, una nuova frontiera sembra prospettarsi e consolidarsi: in tale direzione, nell'ambito di tante variegate e discordi interpretazioni, una teorizzazione del mondo sociale viene significativamente intitolata "documentalità": l'ontologia degli oggetti sociali, recuperata contro le negazioni idealistiche o proprie dell'approccio analitico, sarebbe fatta di tracce, registrazioni, documenti, iscrizioni ecc. (M. FERRARIS). Valore dunque emblematico della documentazione, come registrazione e attestazione della fenomenologia sociale.

In tale contesto, nella dimensione propria degli atti giuridici, sulla base della disciplina introdotta dal D.lgs. 110/2010 - preceduta da altri importanti interventi normativi, quali, ad esempio, il codice dell'amministrazione digitale (2005) -, il problema fondamentale è se siano fatte salve, in ogni caso, le cautele e le garanzie sull'imputazione e certezza dell'atto notarile (digitale) (costituente, fra l'altro, com'è noto, prova legale e titolo esecutivo), senza alcun impoverimento del ruolo del notaio, il cui «obbligo (ex art. 47 L.N.) di indagare la volontà delle parti - come rileva N. IRTI (Riv. dir. proc., 1991) - e di dirigere personalmente la compilazione integrale dell'atto, assume una straordinaria densità tecnologica» e si conserva quindi integro.

Ipotizzando - come si vedrà - che nessun mutamento nel contenuto obiettivo della funzione notarile può rilevarsi, cambiano certo le modalità tecniche e il contesto regolamentare operativo: ma anche i principi giuridici informatori della vicenda dell'atto?

Essenzialmente, le nuove tecniche inducono nuovi approcci, varia il metodo di lavoro e l'idea stessa - oltre, forse, la sua proiezione culturale - del lavoro del notaio.

In cosa consiste e rileva e da quali punti di vista, l' 'impatto' del D.lgs. del 2 luglio 2010, n. 110 - e in attesa dei decreti attuativi - sull'ordinamento del Notariato?

E sulle norme del c.c. (ad esempio, con riguardo agli artt. 2700-2703 c.c. e 474 e 476, comma 1, c.p.c. ponendosi con riguardo a quest'ultimo il problema dell'unicità della copia in forma esecutiva)?

Dunque con la nuova legge è possibile procedere alla stipula dell'atto pubblico informatico, quindi in formato elettronico. Molte questioni operative si pongono: conservazione e deposito degli atti; rilascio di copie ecc. meritevoli di considerazione specifica (e saranno analiticamente trattate da apposite relazioni).

E' prevista - ed è una novità, seppur non direttamente connessa alla dimensione informatica -, tra l'altro, all'art. 59-bis, L.N., la facoltà di rettifica: norma di applicazione generale riferita ad errori materiali dall'atto relativi a dati preesistenti.

La legge prescrive che il notaio (art. 23-bis L.N.) deve munirsi di firma digitale certificata e rilasciata dal CNN. Cosa accade allora? Alla firma autografa si sostituisce, con equivalente effetto, la firma digitale. Le parti sottoscrivono con firma digitale - che è una specie delle firme elettroniche - autenticata dal notaio.

Quanto all'importante aspetto relativo al sistema delle copie rilasciate dal notaio, esse possono essere tratte indifferentemente dagli originali o da copie conformi. Possono formarsi copie su supporti informatici di atti cartacei e copie su supporto cartaceo di atti informatici. Possibilità, ancora, di estrarre copia informatica della procura speciale e di spedirla ad altro notaio, per la stipula di un atto: sul punto si ritornerà.

Ma l'attenzione centrale è rivolta al documento.

Il documento informatico - definibile, in generale, come rappresentazione di atti, fatti, dati (F. CARNELUTTI) - non ha qui un supporto fisico, cartaceo, ma virtuale. Esso non è reificato, non è una res. Il documento cartaceo ha invece una sua fisicità, staticità, conformazione (e tracciabilità). Per contro, la virtualità esalta la funzione del documento, non condizionata dalla fisicità.

Il documento informatico non ha tale costante esistenza, nasce e si ripresenta in funzione dell'attivazione di un dispositivo sulla base di criteri e istruzioni algoritmici, quindi è mediata da una macchina. Si pongono conseguenziali problemi: l'integrità del file e dei criteri di rappresentazione (M. ORLANDI).

Qualche implicazione: riproducibilità del documento informatico; donde la copia, quale documento di secondo grado, in quanto riproduzione fisica di una res, qui non emerge come tale. Perde rilievo quindi la distinzione tra originali e copie.

Non c'è, infatti, in senso proprio, un originale: non è distinguibile in sé una copia dall'originale. E' la funzione assegnata che, di volta in volta, può fissare una discriminazione.

Di fronte alla dimensione dell'atto informatico, la quale più che immateriale, sarebbe meglio definire dematerializzata, virtuale, quale modalità della realtà, gli interrogativi del giurista devono necessariamente adattarsi (conservazione, copie ecc.).

Il documento intanto va distinto dalla forma dell'atto. La forma è elemento intrinseco espressivo della volontà; il documento ha una funzione rappresentativa e di prova (A. LISERRE e A. JARACH).

Si assiste oggi ad una evoluzione del 'veicolo' di esteriorizzazione dei 'contenuti' e delle idee: ciò induce fraintendimenti ed equivoci. Va rilevato che la dematerializzazione dello strumento - e per quel che ci riguarda del documento informatico - non integra per ciò stesso un quid ascrivibile all''immateriale', ma solo un modo diverso della tradizionale materialità ('veicolo' e 'contenuto' sono distinti): non si prospettano due 'immateriali'.

Lo strumento materiale o informatico che funge da supporto ha comunque la funzione di 'rappresentare' o manifestare (dokèin) un contenuto. La dematerialità del veicolo non è confondibile con il quid ideale rappresentato.

In sostanza: la funzione rappresentativa del mezzo espressivo resta identica e costante: nel documento la rappresentazione (di fatti e atti) resta tale e non depotenziata, a prescindere dalla virtualità o materialità e strutturalità del documento-veicolo.

Le innovazioni tecnologiche caratterizzate dalle mutazioni della materialità hanno oggi investito i beni-veicolo: e ciò induce suggestioni non sempre decifrabili o chiaramente elaborate.

Nel contrapporsi fra materiale e immateriale, fra corporale e incorporale, che evoca categorie giuridiche del civilista (riferite ai beni), si pone allora, ridimensionato, il problema della funzione del mezzo rappresentativo, pur con l'esigenza di un adattamento delle regole di apprezzamento, di circolazione e di protezione dei beni in generale e degli atti in particolare.

Conclusivamente, può rilevarsi che la sostituzione del documento cartaceo con quello informatico non incide sulla teoria giuridica del documento (C.M. BIANCA). Il documento informatico è, ad ogni effetto, un documento, strumento rappresentativo o, meglio, 'capace di rappresentare' l'atto di autonomia. In ogni forma documentale, oggettivamente ciò che rileva non è il fatto in sé, ma la obiettiva 'rappresentazione' del fatto (sulla 'rappresentazione' della realtà, il pensiero corre a Schopenhauer), a prescindere dalla coincidenza con il fatto, ontologicamente inteso ('la cosa in sé').

Il documento, in senso logico, non nasce contestualmente al fatto che rappresenta: da ciò una dose di potenziale obiettiva infedeltà del documento quale sua condizione intrinseca (cfr., ora, la previsione del 'verbale posteriore'): di esso si apprezzano l'integrità, l'autenticità, la regolarità formale.

Ed ecco che l'art. 47-bis L.N. recupera il senso di alcuni interrogativi sopra posti, reinquadrando l'atto pubblico informatico, la scrittura privata autenticata nel contesto normativo, seppure aggiornato, e soprattutto vale l'art. 47-ter, il quale prevede che l'atto pubblico informatico è ricevuto in conformità di quanto previsto dall'art. 47 (il notaio indaga la volontà …, cura la compilazione integrale dell'atto … ed «è letto dal notaio mediante l'uso e il controllo personale degli strumenti informatici»; il notaio deve attestare anche la validità dei certificati di firma). Il cerchio dell'impegno e della funzione di adeguamento del notaio si ricostituisce e si chiude, pur con modalità corrispondenti alla strumentazione informatica, ma le regole permangono anche nella sfera del congegno virtuale.

Il governo della tecnologia resta un compito del notaio e non è delegabile (M. NASTRI), né autonomizzabile o isolabile, in quanto la tecnologia è solo un mezzo che attua la funzione rappresentativa del documento, la cui vicenda resta nel dominio del notaio: né sopravvalutazioni né sottovalutazioni, dunque, del suo avvento.

Ciò che in definitiva si delinea e si proietta in un orizzonte più o meno vicino è il rilievo eminentemente funzionale, qualitativo dell'attività notarile - e di ogni attività professionale - in quanto esprimentesi con congegni e dispositivi virtuali che caratterizzano in modo crescente l'odierna realtà della comunicazione e il compimento di molti atti.

Qui, nell'ambito notarile, il problema non è solo l'efficienza del compimento, ma la sicurezza, la qualità, l'integrità, la garanzia di ogni operazione, coniugando la tecnica più sofisticata con quei valori di riferimento che sostanziano l'attività notarile, senza i quali, essa non avrebbe più ragione di essere.

Un nuovo capitolo si apre, ma bene inserito nel libro delle funzioni del notaio.

Anche per questa via la cultura del notaio si amplia e si specifica (la tecnica è una componente di essa) e la giustificazione della sua presenza e della sua opera si rinnova e si rafforza anche nella odierna complessa evoluzione della realtà: di ciò occorre avere lucida consapevolezza e del processo della 'contemporaneità', per proiettasi nel futuro con l'assunzione di nuove responsabilità.

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