L'impatto del decreto sugli Archivi notarili
L'impatto del decreto sugli Archivi notarili [nota *]
di Antonio Oricchio
Direttore generale dell'Ufficio centrale degli Archivi notarili Ministero della Giustizia
Questo Convegno è sicuramente la sede ideale per un confronto su quella che è la specificità tecnica dell'argomento anche in relazione alla futura attività del Consiglio nazionale del Notariato e dell'Amministrazione autonoma degli Archivi notarili.
Il tema di questo intervento è dedicato all'impatto che il D.lgs. 110/2010 avrà sugli Archivi notarili. A ben vedere se si volesse fare un discorso più concreto più che di impatto in senso diretto sui singoli Archivi territoriali si dovrebbe parlare di impatto sulla Amministrazione degli Archivi ed, in particolare, sull'Ufficio centrale, perché la stessa utilizzazione delle tecnologie informatiche, quindi la collegabilità ad unici server, ad unici centri di "accumulazione" dei dati informatici comporterebbe, e comporterà di per sé ancor di più in futuro, l'accentramento presso un'unica sede e quindi un peso maggiore per quello che è il luogo in cui questi dati sono concentrati ed in cui bisogna agire con le risorse adatte, appunto, per la conservazione degli atti.
A questo punto, prima ancora di scendere nel dettaglio quanto all'impatto del D.lgs. 110/2010, appare quantomai opportuno tracciare un preliminare e sintetico quadro descrittivo di quello che è oggi l'Amministrazione medesima e l'Ufficio centrale. Tanto anche al fine di conoscere queste realtà e, quindi, di poter meglio comprendere gli effetti dell'impatto del citato D.lgs.
L'Amministrazione autonoma degli Archivi notarili è tale e così comunemente indicata perché gli Archivi notarili hanno un bilancio differente e separato da quello dello Stato e del Ministero della giustizia, così come prevede la L. 629/52. Ma se ciò è vero, anche altrettanto vero che si tratta di un'amministrazione costituita da pochissimo personale, in un certo senso da poche anime, e che purtuttavia vuole dare il suo contributo per un'effettiva ed efficiente attuazione dell'atto notarile informatico.
E' d'obbligo ricordare che per effetto dei ripetuti tagli effettuati con i D.p.c.m. in applicazione delle finanziarie a partire dal 2005 ad oggi - oltre al noto D.l. 112/L. 133 : le famose leggi "Brunetta" - la nostra Amministrazione è passata in meno di un lustro da poco più di 900 dipendenti a poco meno di 700, con una presenza sul territorio di 109 uffici, di cui 94 principali - e quindi aperti tutti i giorni - e 15 Archivi sussidiari. Basti tenere presente che l'Ufficio centrale degli Archivi, che è l'organo referente, centro di spesa e di controllo amministrativo e centro operativo di servizio nei confronti di tutta l'attività degli Archivi disseminati in Italia, opera con non più di 70 persone - a fronte degli oltre 1.200 dipendenti di via Arenula del Ministero della giustizia, solo per fare un esempio! - di cui almeno 10, impiegate sostanzialmente per l'Ufficio centrale del bilancio, che ha presso il Ministero della giustizia due articolazioni di ragioneria: un ufficio nella sede principale di via Arenula ed un altro nell'amministrazione degli Archivi notarili. Di più, v'è l'ulteriore conseguenza che, in questa fase, per effetto dei vari tagli e del blocco delle assunzioni - che proviene dalla mancata organizzazione del Ministero e non dell'Amministrazione degli Archivi notarili - si ha una enorme scopertura sui posti di dirigenti di seconda fascia (non più di 15 su una pianta organica di 33 posti), il che comporta che 4 su 5 delle divisioni dell'Ufficio centrale, fra cui la divisione informatica preposta alla tenuta del registro informatico nazionale, da tempo già istituito giusta la previsione di cui ai D.m. 30 marzo 2003 e 24 marzo 2006, sono rette da reggenti, con tutte le gravi conseguenze che ne derivano.
Fatte queste dovute premesse, appare opportuno far qui presente, nell'ottica dei rapporti di collaborazione tra la professione notarile e gli Archivi notarili, anche altre due problematiche su cui sarebbe necessario discutere approfonditamente: innanzitutto il blocco delle assunzioni, scontato ingiustamente dall'incolpevole Amministrazione autonoma degli Archivi notarili, a causa del Ministero della giustizia per l'annosa vicenda della sua mancata riorganizzazione nei termini di legge; e, poi, la proposta di un regolamento di riorganizzazione ministeriale che vorrebbe, in un certo senso, "espropriare" la gestione dei beni (tenuti dall'Amministrazione autonoma degli Archivi notarili anche per effetto degli aggi che derivano dall'esercizio della professione notarile), prevedendone l'affidamento addirittura alle ipotetiche future Direzioni regionali dell'Organizzazione giudiziaria in uno a tutto il personale ed ai conservatori che compiono le ispezioni nei confronti della categoria notarile.
Inoltre - e sempre con riferimento alla suddetta ottica - è bene che si sappia anche che i beni che costituiscono il patrimonio immobiliare dell'Amministrazione autonoma degli Archivi notarili, composto anche per effetto degli aggi che derivano dall'esercizio della professione notarile, hanno una natura particolare. E, difatti, sono classificati non come beni demaniali, ma come beni patrimoniali indisponibili, per cui, ai fini degli adempimenti dell'art. 2 comma 222 della L. n. 191/2009 (finanziaria del 2010) e delle disposizioni di cui all'art. 2 comma 618/621 della L. n. 244/2007 (finanziaria 2008), la Direzione generale sta tenacemente sostenendo, anche dinanzi alla Corte dei conti, che tali beni sono al di fuori della disciplina del conferimento al demanio, ritenuta - è bene dirlo - ingiusta ed inidonea rispetto alla doverosa tutela della attività d'istituto della conservazione degli atti notarili.
Procedendo, a questo punto, alla più specifica trattazione dell'argomento oggetto di intervento, deve affermarsi che il decreto legislativo 110/2010 sconta, in partenza, un problema genetico: nasce da una delega contenuta in un disegno di legge "multicomprensivo" proveniente non dal Ministero della giustizia, bensì dal Ministero dello sviluppo economico e del tesoro ed è stato redatto velocemente, al fine di concretizzare l'esercizio della delega nei tempi previsti. Va inoltre precisato che il decreto 110/2010 ha avuto un iter particolarmente travagliato a livello di parere della Commissione giustizia che se ne è occupata ed, in particolare, di quella della Camera dei deputati, che lo ha esaminato dettagliatamente. Orbene, quando si ricorre a questa forma di legiferazione, la fretta impedisce di coprire tutti gli aspetti di quella che è una disciplina compiuta di un fenomeno complesso come l'atto notarile informatico. Tuttavia, questo deve indurre ad una rilettura normativa, esecutiva ed applicativa - che deve essere effettuata attraverso decreti di natura non regolamentare - al fine di focalizzare l'attenzione su determinate problematiche.
Si tratta di un fenomeno che investe almeno 10 milioni di annotazioni all'anno nei registri e che attiene a circa 3 milioni di atti all'anno, nonostante il calo dell'attività "repertoriale", con una media di 16 pagine ad atto e per un totale di circa 50 milioni di pagine all'anno.
Questo fenomeno così complesso deve trovare (prima di partire e non perché la posizione degli Archivi notarili sia contraria) una valutazione ed una ponderazione degli effetti e delle norme che non dia adito in futuro a problemi, poiché sicuramente dinanzi all'opinione pubblica andrà a risponderne la professione notarile.
E' ben chiaro, anche all'Amministrazione autonoma degli Archivi notarili ed al suo Ufficio centrale (e tanto va sottolineato per sgombrare il campo da possibili equivoci), che la dematerializzazione è un qualcosa di inevitabile nel mondo moderno.
E il nostro Paese molto deve recuperare rispetto ad altre esperienze come quella della vicina Francia, ove - sia pure in un contesto dell'esercizio della professione notarile completamente diverso da quello italiano - è già stato concepito e realizzato (si pensi al centro telematico di Venelles) un'efficiente ed unitaria banca per l'immagazzinamento e la conservazione dei dati informatici.
Tutto ciò non deve tuttavia indurre passi affrettati e scoordinati.
D'altra parte e, forse, non a caso, la base notarile sembra abbastanza sbandata da questa situazione. Ed è stato significativo che al recente Convegno di Arce, svoltosi più o meno nello stesso periodo del Convegno di Milano tenutosi in precedenza su questo stesso argomento poco prima dell'emanazione del decreto 110/2010, molti colleghi notai fossero ancora titubanti e recalcitranti rispetto all'informatizzazione ed a eccessive forzature su tempi e modi spesso anche rumorosamente non condivisi. Il che la dice lunga sulla cautela con cui questo argomento va trattato.
Il ricorso alla strumentazione del D.lgs. 110/2010 dà, allo stato, sicuramente adito a delle problematiche. E' vero che viviamo in un Paese in cui su 3.000 disegni di legge presentati, a metà legislatura, ne sono stati esaminati a livello di proposta di legge di iniziativa parlamentare meno di 20, e che il percorso legislativo ordinario è difficile. Tuttavia, il ricorso a questa scorciatoia del decreto legislativo (in cui si fa una delega la quale a sua volta dà vita ad un articolato fatto entro termini ristretti da parte del Ministero) comporta, come su accennato, diversi problemi, qualche volta di sovrapposizione, spesso anche di "vuoti di memoria" e di pur necessario coordinamento.
Proprio in materia di archivi informatici ne abbiamo l'esempio. Oggi, difatti, parliamo di atto notarile informatico e di D.lgs. 110/2010. Ma - non può non ricordarsi - un precedente decreto legislativo, modificativo di un altro ancora più datato, aveva già paventato l'introduzione di un di archivio telematico notarile, di una sorta di banca dati. E - questo - su indirizzo e determinazione del Consiglio nazionale del Notariato. Ci si riferisce, in particolar modo, all'art. 21 comma 1 lett. b, del D.lgs. 25 settembre 2009, n. 151, il quale, nel modificare - con l'inserimento di un comma 6-bis all'art. 38 - il D.lgs. 231/2007, applicativo di una direttiva europea in materia di antiriciclaggio, prevedeva già delle modalità di registrazione dei professionisti ed, in particolare, una sorta di registro di archivio tenuto dal CNN. Per fortuna questa norma a tutt'oggi non ha avuto applicazione in quanto non è stato emanato alcun decreto ministeriale, tuttavia, rimane l'esempio di come si possa legiferare a livello di legislazione delegata non proprio in maniera provvida. E basti pensare che la relazione allegata al succitato D.lgs. di modifica recitava testualmente: «In attuazione dell'obbligo di conservazione dei documenti e informazioni previsto all'art. 30 ricadente anche sugli organismi di autoregolamentazione delle professioni, il Consiglio nazionale del Notariato ha manifestato la possibilità di istituire presso di sé un archivio in cui confluirebbero tutte le registrazioni obbligatorie … si tratterebbe di un sistema di conservazione informatica di atti pubblici ed autenticati [non si vede, tra l'altro, il collegamento con le registrazioni obbligatorie n.d.A.], nonché di loro copia autentica da cui sarebbe possibile estrapolarne informazione».
Solo per il mancato completamento normativo attuativo, questa sorta di registro nazionale, all'epoca forse finalizzato ad accertamenti di tipo penale nell'ambito della disciplina antiriciclaggio, al momento non c'è. E non c'è, quindi, neppure il problema della duplicazione e del coordinamento fra vari "registri" e banche dati informatici notarili, con tutto il non indifferente aspetto (ed a riprova della necessità) di un più meditato e mediato approccio alla realizzazione di un organico sistema dell'atto notarile informatico.
Il problema di doversi confrontare con le tematica del D.lgs. 110 e con le sue "carenze" deve partire, innanzitutto, dalla riconsiderazione del perché e, poi, del come questi atti notarili informatici devono "immaterialmente" essere disciplinati, conservati e mantenuti.
Si può a questo punto fare una prima considerazione: dove le norme introdotte con la tecnica della novellazione dal D.lgs. 110/2010 nulla dicono, si ritiene che debbano valere i principi generali dell'ordinamento e quelli della legge notarile ove non modificata.
Infatti, in un'epoca, come quella, contemporanea di sviluppo della tecnologia informatica, il fatto di poter ancora parlare, in un certo senso, di esclusività dell'esercizio della funzione notarile e l'essenza stessa della professione notarile non può prescindere dal rigoroso richiamo ai principi fondamentali dell'ordinamento.
L'atto-documento notarile, sia esso cartaceo o su supporto informatico, non è un qualcosa che appartiene a qualcuno o può essere gestito come si vuole da qualcuno.
La funzione attribuita all'ordinamento al documento è finalizzata, innanzitutto, al superiore interesse della documentabilità. E quest'ultima - a sua volta - è essenziale ai fini della certezza dei rapporti giuridici e della prova della libera volontà delle parti.
Il documento notarile è, quindi, lo strumento rappresentativo della volontà delle parti e deve garantire la sicura documentabilità e la prova della volontà delle parti.
Quest'ultima garanzia non può prescindere dalla sicura immodificabilità dell'atto notarile, su qualunque supporto esso sia, e di un sistema di sua conservazione che escluda con certezza assoluta la permeabilità e, quindi, la sicurezza del medesimo sistema.
Alla stregua di tutte queste ultime considerazioni, appare, quindi, necessario affermare che se l'atto notarile cartaceo è, secondo la migliore dottrina e la giurisprudenza, un bene demaniale, bene demaniale sarà anche il file, che rappresenta l'immagine su cui è trascritto l'atto notarile. Con tutte le ovvie conseguenze e ricadute sull'ipotizzabile sistema di conservazione.
D'altra parte è noto (perché è la legge che lo prevede e la dottrina lo ha sempre affermato) che il "padrone" dell'atto notarile è il notaio fin quando esercita la professione e, in alternativa (al momento in cui il notaio si trasferisce o cessa la sua professione), è l'Amministrazione degli Archivi notarili. Questo, sta a riprova della demanialità dell'atto e quindi della indisponibilità di quest'ultimo da parte di chi non sia il notaio rogante, al quale ultimo - fra l'altro - non si può comprimere la possibilità di esercitare la sua attività come libero professionista, né si può imporre di essere messo in rete come e dove altri vogliono e come un qualunque esercente altra professione svincolata dalla caratteristica funzione notarile. E, soprattutto, quando il notaio, "dominus" dell'atto, non può più conservarlo presso di sé, l'atto deve e dovrà passare all'Amministrazione dello Stato, proprio perché esso è bene demaniale. Questo non è solo un vezzo di carattere dottrinale. Quando i padri del diritto hanno scritto dell'indisponibilità del bene-documento notarile, sia esso cartaceo o meno, (il che si ricava testualmente dalla legge notarile agli artt. 1 e 61, insieme all'obbligo per il notaio di conservare l'atto) e si è quindi affermata la demanialità dell'atto, si è voluto sancire quel rapporto indissolubile notaio-documento che è presidio per il libero esercizio della professione, ma allo stesso tempo è garanzia per l'Amministrazione dello Stato. Infatti, quando si parla di tipo di documentazione dell'atto notarile, a prescindere dal supporto, deve esserci la documentabilità e la certezza nella immutabilità del consolidamento della volontà negoziale delle parti, deve esserci certezza della non permeabilità del sistema di conservazione e quindi di immodificabilità degli atti nel tempo (la legislazione in Italia ha sempre previsto - tranne che per un periodo limitato in cui si scese a al limite dei 50 anni - che vi sia l'obbligo della conservazione dell'atto per 100 anni). Tutto ciò non è a presidio di qualcosa in possesso dell'Amministrazione bensì dell'interesse della stessa categoria del Notariato, perché, ove dovesse passare una tesi nel senso che qualunque notaio o una struttura terza differente dalla P.A. possa accedere agli atti di un qualsiasi altro notaio, innanzitutto si verificherebbe lo svilimento di quello che è il libero esercizio della professione, ma soprattutto, si incorrerebbe in una permeabilità istituzionale dell'archivio elettronico (tenuto, secondo il D.lgs. 110/2010, dalla "struttura" del Consiglio nazionale), che finirebbe per delegittimarne anche la sua valenza giuridica nel panorama delle istituzioni.
Quando il D.lgs. 110/2010 è passato al vaglio della Camera e dell'unica Commissione giustizia che lo ha valutato (quella del Senato non è riuscita a dare il parere), è stato messo in evidenza che ove il sistema ipotizzato dallo schema del D.lgs. in esame non garantisca determinati principi si potrebbe andare incontro anche a delle censure nel senso di una posizione di monopolio per quanto riguarda la determinazione della "struttura". D'altra parte potrebbero aversi anche problemi per quanto riguarda la privacy e, comunque, è necessario che il sistema funzioni in sinergia con l'attività degli Archivi notarili, anche per evitare sprechi e duplicazioni di sistemi, di macchinari, di centrale di ricovero dei dati, di c.d. sale specchio e disaster recovery, ecc. Tutte situazioni, quest'ultime, che finirebbero per far diventare antieconomica un'operazione che invece nasce con l'obbiettivo di far diventare economico il mantenimento e la tenuta degli atti.
Non è senza significato, per contro, che - all'esito del non superficiale esame svolto dalla suddetta Commissione giustizia della Camera per come si evince dagli atti parlamentari - il parere licenziato in ordine al D.lgs. 110/2010 (formulato con "osservazioni", ma in origine - il 18 maggio 2010 - proposto come "condizionato" e addirittura con la consigliata soppressione del novellato art. 66-bis) si fa comunque carico proprio di tutte le considerazioni e perplessità innanzi accennate.
Più specificamente, per come si evince dal verbale della seduta della Commissione giustizia della Camera dei deputati del 9 giugno 2010, il parere definitivo reso (al cospetto di un frettoloso schema di D.lgs. che spesso dice e non dice) dopo approfondito esame, si fa carico delle forti perplessità suscitate, in particolare, dalla tenuta e sicurezza dei repertori e registri indispensabile all'esercizio della funzione di istituto degli Archivi notarili.
L'Amministrazione autonoma degli Archivi notarili, anche, ma non solo, nell'interesse delle proprie competenze e funzioni , ritiene che la prevista disciplina attuativa e di dettaglio del D.lgs. in esame dovrà finire inevitabilmente per toccare e riguardare una serie di attività e prendere definitivamente posizione e chiarire i tanti aspetti confusi o poco chiari connessi alla frettolosità della stesura dello schema del decreto e a quel suo dire e non dire cui prima si è accennato.
In particolare, sono state enucleate tre tipi di attività sulle quali si riverseranno, in via diretta o mediata , gli effetti della disciplina specifica dell'atto notarile informatico.
- C'è una serie di attività riguardante gli atti dei notai in esercizio, in particolare le ispezioni ordinarie e straordinarie, la ricezione e disamina degli estratti repertoriali, la verifica della copia esatta dell'atto in caso di presentazione o deposito dell'originale presso l'Autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 66 della legge notarile.
- Vi è poi tutta un'altra serie di attività che riguardano i repertori e i registri, ed in particolare quelle dei notai in esercizio. Queste norme finiranno inevitabilmente per dare delle disposizioni di dettaglio anche relativamente alla ricezione e disamina degli estratti repertoriali e alla raccolta trimestrale dei dati statistici da inviare all'Istat.
- Un'altra serie di attività che inevitabilmente finiranno per dover essere normate direttamente o indirettamente con punti di collisione o di armonizzazione con le norme di dettaglio saranno infine quelle riguardanti atti, repertori e registri dei notai cessati, quali ad esempio l'ispezione finale e la verificazione di cui all'art. 108 della legge notarile, il completamento e la regolarizzazione degli atti irregolari o incompleti, l'ispezione e lettura degli atti stessi da parte degli utenti ed anche - eventualmente - del notaio (che può sempre avere visione gratuita del proprio atto quando non esercita più la professione ai sensi dell'art. 113) il rilascio di copie, la pubblicazione dei testamenti e le annotazioni sugli atti.
In particolare, per quanto riguarda gli estratti mensili, il D.lgs. 110/2010 non ha per nulla modificato l'art. 65 L.N. E' il classico esempio lampante della frettolosità e lacunosità cui dapprima si è già fatto cenno. Ora alcuni sostengono che sia dato per scontato che i repertori generali (e non gli aggiornamenti mensili) saranno tenuti in via informatica e come tali trasmessi agli Archivi notarili di guisa da ritenere così adempiuto lo stesso obbligo degli aggiornamenti mensili. Altri non appaiono certi di tale soluzione.
Fatto sta, tuttavia, che il "salto" della novella sull'art. 65 cit. e l'approssimazione, ad oggi, del D.lgs. in esame risulta innegabile.
Per l'Amministrazione autonoma degli Archivi notarili il rilevante aspetto (connesso a tutta una serie di ricadute ordinamentali) della tenuta e trasmissione dei tutti i repertori dovrà, invece, trovare una compiuta disciplina. Così come dovrà essere minutamente regolata l'accessibilità agli atti da parte dei singoli notai perché, a mente dell'art. 67 L.N. così come modificato (anche) dal D.lgs. 110/2010, il notaio è e rimane il dominus dell'atto notarile.
Per altro verso, tenuto conto che si va sempre più chiarendo (nonostante i già cennati "dico non dico" del testo normativo) il fatto che la "struttura" di cui all'art. 62-bis non rappresenta altro che una serie di caselle, una sorta di appendice dello studio notarile, dove il notaio (altrimenti impossibilitato a farlo creandosi, da solo, un'apposita sua struttura informatica di conservazione a norma di legge) deposita gli atti su supporto informatico invece di averli in cartaceo in una stanza attigua al proprio ufficio, bisognerà poi cominciare a pensare ad altri aspetti della problematica. E, quindi, a confrontarsi e discutere, in sede di approntamento della normativa attuativa e di dettaglio, sulle modalità di trasmissione del documento dal singolo notaio alla struttura stessa, in particolare se l'atto, sicuramente "certificato", dovrà essere anche "criptato"; e se si dovrà prevedere che le chiavi d'accesso alla lettura degli atti siano solo del notaio e dell'Amministrazione autonoma degli Archivi notarili certamente per quanto riguarda i repertori. Ciò non solo per i problemi delle ispezioni e delle verifiche, ma anche perché, se si vuole effettivamente raggiungere il risultato in materia di antiriciclaggio prospettato proprio dal CNN con l'accennata soluzione, proposta nel 2009, di modifica del D.lgs. n. 231/2007 (art. 38, comma 6-bis), bisogna riaffermare e chiarire che l'Autorità giudiziaria può sequestrare il singolo atto accedendo presso il notaio, il quale lo preleva attraverso il collegamento che lui solo può avere con la casella informatica la struttura di cui al citato art. 62-bis. Tuttavia, se l'Autorità giudiziaria chiede notizia sui repertori, sembra essere più esatta e garantista l'ipotesi per la quale sia un'Amministrazione pubblica a fornire l'accesso e non singole persone, data anche la particolarità che l'informatizzazione repertoriale assume dal punto di vista privatistico, fiscale e tributario e l'importanza che assume pure ai fini della verifica dei carichi dei vari notai e, quindi, delle previste revisioni periodiche ordinarie e straordinarie delle tabelle notarili (art. 4 L. n. 89/1913 come sostituito dall'art. 2, comma 4-septies D.l. n. 35/2005 integrato dalla legge di conversione n. 80/2005), anche al cui fine va per legge preordinata la corretta tenuta dei repertori e dei dati attraverso cui è possibile la giusta "valutazione" delle sedi, operazione che con la "repertoriazione" trasmessa in via informatica, è sicuramente agevolata rispetto al caso di utilizzo di documenti cartacei.
Da questo breve excursus si evince che si dovranno affrontare momenti importanti, che coinvolgeranno tutti: il CNN, Notartel (e la sua struttura), gli Archivi notarili, il Ministero della giustizia e l'Ufficio legislativo. Fare tutte queste norme di dettaglio non sarà facile, anche perché attraverso queste ultime si dovranno sciogliere i nodi che per la frettolosità avuta nel redigere il D.lgs. 110/2010 (per evitare la decadenza per decorrenza dei termini) sono stati tralasciati o sono stati ignorati dando per scontate risoluzioni di problemi che scontati non sono.
Orbene, a tal punto e tirando le fila di tutto quanto fin qui esposto ed affermato, è bene chiarire che chi parla non rientra affatto nel novero degli avversari dell'innovazione tecnologica e dei contrari, comunque e ad ogni costo, all'informatica. Anzi, per quel - poco o molto - che pure conta la concreta testimonianza personale in materia è quella della effettiva realizzazione e dell'avvio del casellario telematico (voluto proprio dal sottoscritto allorché era preposto al casellario generale penale).
Va, in proposito, ricordato che il cosiddetto archivio telematico del Casellario nazionale italiano è stato realizzato dopo 7 anni di rinvii in soli 7 mesi nel 2007. Pertanto si è assolutamente favorevoli alla dematerializzazione (soprattutto alla luce della constatata esperienza francese).
Tuttavia appare oggi opportuno riflettere con grande circospezione su quelli che sono i molti passi che si devono ancora fare per evitare delle soluzioni affrettate (giuridiche e tecniche) che possano compromettere il buon esito dell'avvio della dematerializzazione e dell'atto notarile informatico e della sua conservazione. Si fa presente in merito che, solo ad esempio, è incerto, sulla base delle odierne conoscenze tecniche, se un singolo ed unico file di un atto si possa conservare per 100 anni o abbia bisogno di una serie periodica di aggiornamenti. Le "caselle" informatiche di cui si è già detto (questa sorta di appendici degli studi notarili) andranno correttamente tenute e gestite in modo da garantire la necessaria certezza e sicurezza. E, quindi, predisponendo centrali attrezzate in caso di disastro per consentire di salvare e duplicare i dati (così come avviene per il casellario penale che ha una serie di dati a Roma ed un back a Napoli e proprio come stanno provvedendo gli Archivi notarili nel senso di costituire una sede di salvataggio dati a Bologna).
In conclusione, anche per quest'ultimo aspetto come per tutti gli altri prima accennati, appare quantomai inevitabile una corretta collaborazione fra istituzioni e amministrazioni nel solco tracciato dallo stesso senso di quanto affermato a chiare lettere dalla Commissione parlamentare giustizia della Camera dei deputati. E, comunque, al fine di evitare inutili duplicazioni di sistemi, concentrare sinergicamente gli sforzi e ordinare le attività anche per meglio definire e chiarire i molteplici aspetti problematici lasciati insoluti dal D.lgs. 110/2010.
Tutto ciò per affrontare con la dovuta sicurezza il distacco dal sistema cartaceo, che, potrebbe dirsi, ha costituito e costituisce in tema di conservazione di atti, un po' la nostra "terra ferma".
E, quando, si salpa traversando mari insidiosi nell'intraprendere il viaggio verso quella meta, oggi ancora incerta e non ben definita, della dematerializzazione bisogna fare molta saggia attenzione.
Proprio per approdare (e bene) a quella meta che si vuole raggiungere.
Ho netta la certezza che proprio per tale viaggio e per il suo buon esito sarà più che mai necessaria e doverosa la collaborazione istituzionale fra Consiglio nazionale del Notariato ed Amministrazione autonoma degli Archivi notarili.
[nota *]Trascrizione autorizzata dall’Autore dell’intervento al Convegno di studio “L’atto notarile informatico: prime riflessioni sul D.lgs. 110/2010” tenutosi a Firenze, Convitto della calza, 29 ottobre 2010, a cura della Fondazione italiana per il Notariato.
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