L'ambiente: Vas, Valutazione ambientale strategica. Via, Valutazione integrata ambientale. Aia, Autorizzazione integrata ambientale
L'ambiente: Vas, Valutazione ambientale strategica. Via, Valutazione integrata ambientale. Aia, Autorizzazione integrata ambientale
di Nicola Assini
Ordinario di Diritto Urbanistico Università di Firenze
Ambito di applicazione
Il D.lgs. n. 152/2006 - rubricato "Norme in materia ambientale" - costituisce il testo più importante nel panorama della legislazione italiana in materia ambientale: emanato in attuazione della direttiva comunitaria del 21 aprile 2004, n. 2004/35/Ce, del Parlamento europeo e del Consiglio, «sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale» [nota 1] (nella quale viene affrontato il tema del risarcimento del danno arrecato all'ambiente nell'ottica del principio "chi inquina paga") [nota 2], viene comunemente definito "Codice dell'ambiente".
Il D.lgs. n. 152/2006, tuttavia, non è un vero e proprio "codice", nel senso più classico dell'espressione.
Nulla ha a che vedere, ad esempio, con le codificazioni ottocentesche - di cui il codice napoleonico costituisce la più chiara espressione - mancando in esso la spinta, che caratterizzava tali precedenti codificazioni, derivante da cambiamenti di carattere politico e sociale.
Né può affermarsi che in esso sussistano pretese di onnicomprensività, non riguardando il Codice dell'ambiente l'intera materia ambientale, ma afferendo alla tutela dell'ambiente in sé e per sé considerato: restano al di fuori di esso importanti tematiche quali, ad esempio, l'inquinamento acustico, l'elettrosmog, il diritto all'ambiente salubre e la tutela del paesaggio, oggetto di discipline separate.
Tale decreto risulta suddiviso in sei parti, di cui il corpo centrale (dall'art. 53 all'art. 298), relativo alla tutela dei classici beni ambientali, si articola in tre Parti - la terza, la quarta e la quinta, delle sei totali su cui si sviluppa il decreto - ciascuna riguardante un preciso oggetto di disciplina.
In particolare, la parte terza del decreto (artt. 53-176) mira alla tutela del suolo e dell'acqua, combattendo la desertificazione e salvaguardando la quantità e qualità delle acque.
La parte quarta del decreto (artt. 177-266) contiene la disciplina in materia di rifiuti, sulla loro gestione e bonifica delle aree inquinate.
La parte quinta del decreto (artt. 267-298) si occupa, infine, della tutela dell'aria, con l'obiettivo di prevenire e limitare le emissioni di agenti inquinanti in atmosfera.
Queste tre parti costituiscono dunque - quanto a collocazione - il corpo centrale del testo normativo, inserendosi dopo le prime due parti (riguardanti, la prima, i principi generali e, la seconda, le procedure di valutazione ambientale strategica e di valutazione di impatto ambientale, oltre alla autorizzazione integrata ambientale).
L'ultima parte del decreto (la sesta) attiene alla tutela risarcitoria per i danni all'ambiente, che va a innovare rispetto alla disciplina contenuta nell'art. 18 della legge n. 349/1986 (legge fondamentale nella legislazione ambientale italiana in quanto istituì il Ministero dell'ambiente) muovendosi nell'ottica del principio di derivazione comunitaria "chi inquina paga".
Orbene, la parte seconda del D.lgs. n. 152/2006 ha ad oggetto principalmente le procedure di valutazione ambientale strategica (Vas) e di valutazione di impatto ambientale (Via) nell'ottica di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente, oltre che di tutelare la salute umana [nota 3].
L'art. 6 individua l'oggetto della disciplina di cui alla presente parte del decreto, distinguendo l'ambito di applicazione della Vas da quello della Via: la prima riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale; la seconda riguarda i progetti che possono avere impatti significativi e negativi [nota 4] sull'ambiente e sul patrimonio culturale.
Si può affermare, pertanto, che la Vas si inserisce in un momento cronologicamente anteriore rispetto alla Via: con la prima si esaminano in anticipo gli effetti potenzialmente lesivi dell'ambiente che potrebbero derivare dalla realizzazione di opere o progetti; con la seconda si valutano gli effetti che un determinato e specifico progetto può concretamente apportare all'ambiente.
L'art. 7 distingue tra Vas e Via statali e regionali, a seconda che i piani e i programmi - per la Vas - o i progetti - per la Via - debbano essere approvati da organi statali o da organi degli enti locali.
In sede statale, l'autorità competente è il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. In tal caso, il provvedimento di Via e il parere motivato in sede di Vas sono espressi di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali. In sede regionale, invece, l'autorità competente è la pubblica amministrazione con compiti di tutela ambientale, individuata secondo le normative regionali o delle province autonome di Trento e Bolzano.
Valutazione ambientale strategica (Vas)
L'art. 11 del decreto legislativo n. 152/2006 definisce le modalità di svolgimento della Vas, disponendo che essa debba essere avviata dall'autorità procedente - ovvero, ai sensi dell'art. 5, lett. q, del decreto, l'autorità amministrativa chiamata a elaborare o comunque recepire il piano o programma - «contestualmente al processo di formazione del piano o programma».
La valutazione è effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed è diretta a garantire che gli impatti significativi sull'ambiente, derivanti dall'attuazione di detti piani o programmi, siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione (art. 11, comma 3).
La Vas si inserisce nel procedimento principale di approvazione del piano o programma quale sorta di procedimento incidentale, essendo specificato che essa costituisce "parte integrante" del procedimento di adozione ed approvazione (art. 11, comma 5).
L'eventuale assenza di valutazione ambientale strategica nei procedimenti per i quali essa è prescritta, determina la loro annullabilità per violazione di legge (art. 11, comma 5).
Per i piani o programmi relativi a piccole aree locali o per modifiche minori dei piani o programmi (art. 6, commi 3 e 3-bis), la Vas è necessaria solo laddove l'autorità competente valuti che essi possano avere impatti significativi sull'ambiente. In tali casi, ai sensi dell'art. 12 del D.lgs. 152/2006, viene effettuata una verifica di assoggettabilità (c.d. screening), in cui si valuta se il piano o programma possa avere impatti significativi sull'ambiente, al termine della quale l'autorità competente - ovvero l'autorità che adotta il provvedimento di verifica di assoggettabilità, che elabora il parere motivato relativo ai piani e programmi e che adotta i provvedimenti conclusivi in materia di Via [nota 5] - emana il provvedimento di verifica, assoggettando o escludendo il piano o programma dalla Vas e, se del caso, definendo le necessarie prescrizioni.
La verifica di assoggettabilità riguarda, dunque, solo i piani o programmi tassativamente individuati dall'art. 6, commi 3 e 3-bis, del D.lgs. 152/2006, per i quali la procedura di Vas è discrezionale, spettando alla amministrazione decidere, dietro apposita valutazione, se assoggettarla o meno a Vas a seconda della sua incidenza sull'ambiente.
Nel procedimento di Vas si inserisce il rapporto ambientale di cui all'art. 13, la cui redazione spetta all'autorità procedente o al proponente e costituisce parte integrante del piano o programma.
Nel rapporto ambientale devono essere indicati gli impatti significativi che l'attuazione del piano o programma proposto potrebbe avere sull'ambiente e sul patrimonio culturale, indicando possibili e ragionevoli alternative al piano o programma che possano realizzare le medesime finalità.
All'autorità competente viene comunicata la proposta di piano o programma, unitamente al rapporto ambientale e a una sintesi non tecnica dello stesso, quest'ultima destinata ad agevolarne la comprensione. Della comunicazione della proposta di piano o programma viene data pubblicità in Gazzetta ufficiale a cura dell'autorità procedente, dando modo a chiunque di prenderne visione e di presentare osservazioni [nota 6].
Tutta la documentazione presentata viene valutata dalla autorità competente che, in collaborazione con l'autorità procedente, svolge le attività tecnico-istruttorie ed esprime il proprio parere motivato. Alla luce del parere motivato, se necessario, l'autorità procedente, in collaborazione con l'autorità competente, provvede a modificare il piano o programma [nota 7].
Tutti i documenti - piano o programma, rapporto ambientale, parere motivato e l'intera documentazione acquisita - vengono, quindi, trasmessi, ai sensi dell'art. 16, all'organo competente all'adozione o approvazione del piano o programma, ai fini della decisione finale che, ai sensi dell'art. 17, viene pubblicata in Gazzetta Ufficiale o nel bollettino della regione.
La pubblicità è garantita anche per il parere motivato espresso in precedenza, per una dichiarazione di sintesi che illustra le ragioni della decisione, nonché per le misure adottate in merito al monitoraggio di cui all'art. 18 [nota 8].
Quest'ultimo - il monitoraggio - è previsto in quanto è possibile che, in sede di attuazione del piano o programma, emergano effetti a carico dell'ambiente che non erano stati presi in considerazione. Il monitoraggio dunque - assicurando il controllo sugli impatti significativi sull'ambiente derivanti dalla attuazione dei piani o programmi approvati - serve a individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e adottare le necessarie misure per porvi rimedio.
Spetta allo stesso piano o programma individuare le responsabilità e la sussistenza delle risorse necessarie per la realizzazione e gestione del monitoraggio.
Valutazione di impatto ambientale (Via)
La procedura di Vas, precedentemente descritta, è uno strumento capace di orientare le decisioni ambientali fin dalla fase iniziale di pianificazione, quando sono ancora disponibili una pluralità di opzioni alternative [nota 9].
L'interesse ambientale, analizzato nella Vas durante la pianificazione di piani e programmi, è oggetto di analisi anche successivamente, al momento della progettazione specifica del singolo progetto o impianto.
La Via, valutazione di impatto ambientale, di cui si occupano gli artt. 19 e ss. del D.lgs. n. 152/2006, ha infatti ad oggetto la valutazione degli effetti che un determinato e specifico progetto può apportare all'ambiente: si tratta di verificare in anticipo la compatibilità o meno con l'ambiente di progetti, valutando le conseguenze di un determinato intervento alla luce di una molteplicità di fattori ambientali [nota 10].
La procedura di Via nasce nel 1969 negli Stati Uniti ed approda in Europa con la direttiva comunitaria 85/337/Cee, che impone la valutazione di impatto ambientale ai progetti caratterizzati da un importante impatto ambientale, individuando una serie di opere da sottoporre a Via; la successiva direttiva 11/97/Ce prevede l'applicazione della stessa procedura ai progetti con un notevole impatto ambientale.
In Italia, la valutazione di impatto ambientale viene inizialmente disciplinata dall'art. 6 della legge n. 348/1986, istitutiva del Ministero dell'ambiente, ora abrogato e sostituito dalla disciplina contenuta nel D.lgs. n. 152/2006.
Il titolo III della parte seconda del codice dell'ambiente è interamente dedicato alla valutazione di impatto ambientale, di cui l'art. 19 individua le varie fasi [nota 11].
Lo stesso art. 19 esamina l'ipotesi in cui, per i progetti inseriti in piani o programmi per i quali la procedura di Vas si è conclusa positivamente, emerga un giudizio di Via negativo, o comunque emerga un contrasto di valutazione su elementi già oggetto della Vas: in tali casi, è necessaria una adeguata motivazione del giudizio di Via.
La procedura di Via si apre con la verifica di assoggettabilità di cui all'art. 20 del decreto n. 152/2006, che serve ad accertare la necessità o meno di una valutazione di impatto ambientale per progetti concreti, a seconda di quella che è la loro incidenza sulle condizioni ambientali: tale verifica di assoggettabilità serve dunque a semplificare la procedura, evitando di dar vita all'intero procedimento di Via in quei casi in cui esso risulterebbe inutile, stante gli effetti limitati sull'ambiente di certe opere o progetti [nota 12].
Il proponente deve trasmettere all'autorità competente il progetto preliminare e lo studio preliminare ambientale per una serie di progetti indicati all'art. 20 che hanno una potenziale incidenza sull'ambiente.
Lo stesso proponente deve garantire adeguata pubblicità della avvenuta trasmissione, con le modalità indicate al secondo comma dell'art. 20 [nota 13], al fine di dar modo, a chiunque ne abbia interesse, di far pervenire le proprie osservazioni.
Alla luce dei risultati della consultazione, l'autorità competente verifica l'incidenza sull'ambiente del progetto presentato, valutandone i possibili effetti significativi e negativi sull'ambiente e decide, conseguentemente, se assoggettare o meno il progetto alla valutazione di impatto ambientale.
Ove l'autorità ritenga che il progetto non incida significativamente e in modo negativo sull'ambiente, ne determina l'esclusione dalla procedura di valutazione ambientale, se del caso impartendo le necessarie prescrizioni.
Qualora invece l'autorità individui la possibilità che il progetto produca «impatti negativi e significativi» [nota 14] sull'ambiente, si apre la procedura di valutazione di impatto ambientale, di cui si occupano gli artt. 21 e ss. del decreto.
E' attribuita al proponente la facoltà di chiedere, ai sensi dell'art. 21 del decreto, l'attivazione di una fase di consultazione con l'autorità competente e i soggetti competenti in materia ambientale: può aprirsi, dunque, a discrezione del proponente, una fase consultiva.
In tale sede, l'autorità competente è chiamata a pronunciarsi sulle condizioni per l'elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale, esaminando le eventuali alternative possibili.
La fase successiva - o la prima fase, qualora la consultazione di cui sopra non avvenga - della procedura di Via, è data dalla redazione dello studio di impatto ambientale che deve contenere la precisa descrizione del progetto, indicandone le caratteristiche principali, gli impatti sull'ambiente che dal progetto potrebbero derivare e le misure previste per evitare o ridurre tali impatti, comprese le misure per il monitoraggio.
Lo studio di impatto ambientale deve altresì contenere una sommaria descrizione delle principali alternative prese in esame dal proponente, indicando le ragioni che lo hanno portato ad escluderle, preferendo il progetto presentato.
La redazione e i costi dello studio di impatto ambientale sono a carico del proponente il progetto, e lo stesso dicasi per tutta la documentazione da elaborare nel corso del procedimento di Via.
Il proponente l'opera o progetto presenta, quindi, alla autorità competente, ai sensi dell'art. 23 del D.lgs. n. 152/2006, la relativa istanza, alla quale vengono allegati il progetto definitivo, lo studio di impatto ambientale, la sintesi non tecnica e copia dell'avviso dato a mezzo stampa di cui all'art. 24 del decreto, oltre ovviamente all'elenco dei vari provvedimenti già acquisiti o da acquisire ai fini della realizzazione dell'opera, quali autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, ecc.
Chiunque abbia interesse, entro 60 giorni dalla presentazione dell'istanza, può prender visione del progetto e far pervenire le proprie osservazioni; questa fase di consultazione può anche sfociare, ai sensi dell'art. 24, in un'inchiesta pubblica, su decisione presa dalla autorità competente.
Ai fini della emanazione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale, l'autorità competente compie, ai sensi dell'art. 25, le dovute attività tecnico-istruttorie, durante le quali dovrà tener conto di tutte le osservazioni pervenute e di tutta la documentazione presentata; l'autorità competente conclude, ai sensi del successivo art. 26, con un provvedimento espresso e motivato.
Il termine entro cui l'autorità competente è chiamata a pronunciarsi è pari a centocinquanta giorni dalla presentazione della istanza, salvo per i progetti di particolare complessità, per i quali il legislatore concede alla autorità competente il potere di prolungare la durata del procedimento, con provvedimento motivato, per un massimo di ulteriori sessanta giorni.
L'inutile decorso del termine implica l'esercizio del potere sostitutivo da parte del Consiglio dei Ministri, ai sensi del secondo comma dell'art. 26, mentre il comma 2-bis dello stesso articolo, introdotto dalla novella del 2010, ammette il ricorso contro il silenzio della amministrazione, secondo le disposizioni generali del processo amministrativo.
Per evitare i procedimenti stagnanti [nota 15], in cui difetta l'impulso da parte del proponente, è disposto che, qualora il proponente non ottemperi alle richieste di integrazioni della documentazione da parte della autorità competente o ritiri la domanda, non si procede all'ulteriore corso della valutazione.
La procedura di valutazione di impatto ambientale, qualora sia completata, è destinata a concludersi con un provvedimento [nota 16] contenente l'indicazione delle condizioni per la realizzazione, esercizio e dismissione dei progetti, nonché quelle relative ad eventuali malfunzionamenti.
Tale provvedimento ha una portata omnicomprensiva: l'art. 26, comma 4, precisa infatti come esso "sostituisce o coordina" ogni autorizzazione, intesa, concessione, licenza, parere, nulla osta e assenso, comunque denominati, necessari per la realizzazione e l'esercizio dell'opera o intervento [nota 17].
Finché la procedura di Via non è conclusa con apposito provvedimento, non si può dar luogo in nessun modo all'inizio dei lavori.
Il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale contiene altresì l'indicazione delle misure di monitoraggio necessarie per consentire all'autorità competente di adottare le misure eventualmente necessarie per correggere eventuali impatti negativi imprevisti.
I provvedimenti di autorizzazione o approvazione adottati senza la previa valutazione di impatto ambientale, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge ai sensi dell'art. 29.
Qualora si accerti che opere o interventi siano stati realizzati senza la previa verifica di assoggettabilità o di valutazione, nonché nel caso di difformità sostanziali rispetto a quanto disposto dai provvedimenti finali, l'autorità competente può disporre la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi a cura e spese del responsabile.
In ultimo, con riferimento alla normativa contenuta nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. n. 42/2004), è previsto che specifici interventi, quali la demolizione con successiva ricostruzione, sui beni culturali richiedono la preventiva autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali o del soprintendente; inoltre - ed è ciò che interessa in questa sede - nel caso di progetti di opere da sottoporre a Valutazione di impatto ambientale (Via), l'autorizzazione viene espressa dal Ministero per i beni e le attività culturali, in sede di concerto per la pronuncia sulla compatibilità ambientale, sulla base del progetto definitivo. Qualora risulti che l'opera non è compatibile con le esigenze di protezione dei beni culturali sui quali essa verrebbe ad incidere, il Ministero per i beni e le attività culturali si pronuncia negativamente, dandone comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: in tal caso, «la procedura di valutazione di impatto ambientale si considera conclusa negativamente» [nota 18].
L'Autorizzazione integrata ambientale (Aia)
Il Codice dell'ambiente contiene anche la disciplina relativa alla Autorizzazione integrata ambientale, con l'obiettivo di «conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso» (art. 29-sexies D.lgs. n. 152/2006): la riforma, ad opera del D.lgs. 29 giugno 2010, n. 128, ha infatti introdotto, nella parte seconda del D.lgs. n. 152/2006, un nuovo titolo - il titolo III-bis - interamente dedicato a tale istituto, precedentemente oggetto di separata disciplina nel D.lgs. 18 febbraio 2005, n. 59 [nota 19].
L'Autorizzazione integrata ambientale rappresenta, nel quadro dei procedimenti ambientali, quello che meglio coniuga la tutela dell'ambiente con la semplificazione amministrativa, sostanzialmente sostituendo le autorizzazioni previste per la tutela dei singoli elementi naturali con un'unica procedura di autorizzazione [nota 20].
Nel provvedimento di Autorizzazione integrata ambientale confluiscono infatti numerose autorizzazioni, rilasciate altrimenti in via autonoma, quali l'autorizzazione alle emissioni in atmosfera, l'autorizzazione allo scarico, l'autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, l'autorizzazione allo smaltimento degli apparecchi contenenti Pcb-Pct, l'autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura [nota 21].
L'Aia costituisce provvedimento necessario ai fini dell'esercizio di un impianto rientrante tra quelli di cui all'allegato VIII del Codice dell'ambiente (art. 29-bis, D.lgs. n. 152/2006) ed è necessaria tanto ai fini dell'esercizio di nuovi impianti, quanto in caso di modifica sostanziale degli stessi (art. 29-ter, D.lgs. n. 152/2006) [nota 22].
La domanda di autorizzazione deve indicare alla autorità competente tutte le principali informazioni concernenti l'impianto da autorizzare, quali il tipo, la portata, le materie, le energie utilizzate e prodotte, l'ubicazione, le fonti di emissione e la tipologia e l'entità di emissioni prodotte, con indicazione degli effetti significativi sull'ambiente, nonché l'indicazione delle misure di prevenzione e di recupero dei rifiuti prodotti dall'impianto.
Entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, l'autorità competente verifica la completezza della stessa, potendo eventualmente richiedere integrazioni entro un termine non inferiore a trenta giorni; qualora, entro detto termine, non siano presentate le integrazioni richieste, la domanda si intende ritirata (art. 29-ter, D.lgs. n. 152/2006).
Previo svolgimento di apposita Conferenza di servizi, conformemente a quanto previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, l'autorità competente esprime le proprie determinazioni sulla domanda di autorizzazione integrata ambientale nel termine di centocinquanta giorni dalla presentazione della stessa; decorso inutilmente tale termine senza che l'autorità si sia pronunciata, può esser avanzato ricorso avverso il silenzio della amministrazione secondo le regole generali del processo amministrativo (art. 29-quater, D.lgs. n. 152/2006).
L'autorizzazione integrale ambientale, eventualmente rilasciata, deve contenere «l'indicazione delle autorizzazioni sostituite» (art. 29-quater, comma 12, D.lgs. n. 152/2006) e il suo contenuto minimo è individuato dall'art. 29-sexies: devono esservi indicati, tra gli altri, i valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti, nonché per l'inquinamento acustico, i requisiti di controllo delle emissioni, la modalità e la frequenza dei controlli, oltre all'obbligo di comunicazione all'autorità competente dei dati necessari alla verifica di conformità alle condizioni di autorizzazione.
L'art. 29-octies dispone che la durata della Autorizzazione integrata ambientale è pari a cinque anni [nota 23]. Sei mesi prima della scadenza, il gestore deve inviare una domanda di rinnovo alla autorità competente, sulla quale essa si pronuncia nei successivi centocinquanta giorni; fino alla pronuncia dell'autorità competente, il gestore continua l'attività sulla base della precedente autorizzazione.
E' prevista la possibilità di un riesame qualora l'inquinamento provocato dall'impianto renda necessaria la revisione dei valori limite di emissione, o quando siano disponibili tecniche migliori che consentano una notevole riduzione delle emissioni senza costi eccessivi, oppure in caso di necessità imposta da nuove normative nazionali o comunitarie.
L'Autorizzazione integrata ambientale, ovviamente, viene rilasciata alla luce della situazione dell'impianto esistente al momento della presentazione della domanda e ciò richiede che eventuali modifiche apportate all'impianto siano comunicate dal gestore all'autorità competente, al fine di verificare se il provvedimento di autorizzazione sia da aggiornare o meno. L'art. 29-nonies obbliga infatti il gestore a comunicare all'autorità competente le modifiche progettate dell'impianto.
L'autorità competente, eventualmente, potrà in tal caso disporre l'aggiornamento della autorizzazione, oppure ritenere che le modifiche apportate all'impianto siano sostanziali; in quest'ultimo caso, il gestore deve presentare una nuova domanda di autorizzazione corredata da una relazione concernente un aggiornamento delle informazioni presentate in sede di domanda.
Una volta ottenuta l'Autorizzazione integrata ambientale, è necessario un controllo sul rispetto di quanto da essa previsto: a tal fine, il gestore è tenuto a trasmettere all'autorità competente e ai comuni interessati i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dalla autorizzazione, secondo modalità e frequenze dalla stessa stabilite [nota 24].
Se l'esito del controllo è positivo, nulla quaestio; in caso di esito negativo, l'autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni, potendo disporre la diffida, la diffida con contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato o, nei casi più gravi (consistenti nel mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l'ambiente), la revoca della autorizzazione e la chiusura dell'impianto.
La bonifica dei siti contaminati
In tema di bonifica, la precedente disciplina era contenuta nel solo art. 17 del D.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (c.d. decreto Ronchi) [nota 25], quando invece il D.lgs. n. 152 del 2006 dedica ad essa un intero titolo - il titolo V - della parte quarta del decreto, a partire dall'art. 239, dando applicazione al principio di origine comunitaria "chi inquina paga".
Viene prevista la predisposizione di una "Anagrafe dei siti da bonificare" [nota 26] ad opera della regione, sulla base di criteri definiti dalla Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat), con indicazione in essa dei siti sottoposti a interventi di bonifica e ripristino ambientale; è prevista altresì l'individuazione, a mezzo di un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con le regioni interessate, di siti qualificabili di interesse nazionale, per i quali la procedura di bonifica è attribuita alla competenza del Ministro stesso [nota 27].
Le procedure di bonifica, in generale, ruotano attorno ai concetti di concentrazione soglia contaminazione e concentrazione soglia di rischio, definiti dall'art. 240.
La concentrazione soglia di contaminazione (Csc) costituisce un livello di contaminazione ambientale tale da richiedere un'analisi di rischio specifica.
La concentrazione soglia di rischio (Csr) individua lo specifico livello di contaminazione il cui superamento costituisce un pericolo per la salute umana e richiede la messa in sicurezza e bonifica del sito.
Un sito i cui valori di concentrazione delle sostanze inquinanti risultino inferiori ai valori di Csc è un sito non contaminato.
Se, invece, i valori di concentrazione delle sostanze inquinanti risultino superiori ai valori di Csc, si ha un sito potenzialmente contaminato, per il quale è richiesta un'analisi di rischio specifica, che permetta di valutare lo stato effettivo di contaminazione: qualora i valori di concentrazione delle sostanze inquinanti risultino superiori ai valori di Csr, si ha un sito inquinato [nota 28].
Ai sensi dell'art. 242 del D.lgs. n. 152 del 2006, al verificarsi di un evento potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento è tenuto a mettere in opera misure di prevenzione e, al contempo, effettuare un'indagine preliminare volta a verificare il superamento o meno della soglia Csc.
Qualora accerti che tale soglia non è stata superata e che, quindi, il sito è da intendersi non contaminato, il responsabile, dopo aver provveduto al ripristino dell'area, può concludere la procedura mediante una semplice autocertificazione da inoltrare alle amministrazioni territorialmente competenti.
Qualora invece, in sede di indagine preliminare, venga accertato il superamento - ancorché minimo - della soglia di Csc, il responsabile dovrà darne immediata comunicazione agli enti territorialmente competenti, descrivendo le misure di messa in sicurezza e prevenzione adottate. Nei successivi trenta giorni, il responsabile presenta alle amministrazioni interessate il piano di caratterizzazione [nota 29], che sarà autorizzato dalla regione competente previa conferenza di servizi.
Al sito in oggetto viene applicata, conseguentemente, la procedura di analisi del rischio sito specifica, al fine di determinare la effettiva concentrazione soglia di rischio (Csr), sempre con indizione di apposita conferenza di servizi da parte della regione e in contraddittorio con il soggetto responsabile.
Ove, in tale sede, si accerti il mancato superamento della Csr, viene dichiarato concluso il procedimento, salva la possibilità di prevedere un programma di monitoraggio relativamente al sito in esame.
Laddove, invece, sia accertato l'effettivo superamento dei valori di concentrazione soglia di rischio, il responsabile è tenuto a presentare il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza alla regione che, acquisito il parere del comune e della provincia interessati mediante apposita conferenza di servizi e sentito lo stesso soggetto responsabile, approva il progetto, eventualmente apportandovi prescrizioni e/o integrazioni; con il provvedimento di approvazione del progetto sono stabiliti anche i tempi di esecuzione degli interventi e viene fissata, altresì, l'entità delle garanzie finanziarie [nota 30] da prestare a favore della regione per la corretta esecuzione e completamento degli interventi medesimi [nota 31].
Compete alla provincia rilasciare la certificazione di avvenuta bonifica e, in caso di sua inerzia, vi provvede la regione.
Il responsabile dell'inquinamento, se non provvede alla bonifica del sito conformemente al progetto approvato dall'autorità competente o comunque non rispetti le prescrizioni di cui all'art. 242 in materia di procedimento di bonifica - come sopra descritto - incorre nelle sanzioni di cui all'art. 257 del decreto; la pena, ivi prevista, è aumentata se l'inquinamento è provocato da sostanze pericolose.
Ai sensi dell'art. 244 del D.lgs. n. 152 del 2006, qualora amministrazioni pubbliche, nell'esercizio delle proprie funzioni, accertino l'avvenuto superamento in certi siti dei valori della concentrazione soglia di contaminazione, devono darne comunicazione alla regione, provincia e comune competenti.
La provincia, ricevuta la comunicazione suddetta, svolte le indagini necessarie ad individuare il soggetto responsabile e, sentito il comune, ha il potere, nei confronti del responsabile della potenziale contaminazione, di intimargli a mezzo di ordinanza motivata - da notificare anche al proprietario del sito - a provvedere ai sensi del titolo V della parte quarta del decreto, relativo alla bonifica.
Se il responsabile non è individuabile o non provveda, e non provveda neppure il proprietario del sito, l'amministrazione è chiamata ad adottare gli interventi necessari ai fini della bonifica [nota 32].
Il soggetto responsabile dell'inquinamento è, dunque, anche il soggetto chiamato a porre in essere gli interventi di bonifica; ciò non toglie che gli interventi di messa in sicurezza e bonifica possano essere attivati su iniziativa dei soggetti interessati, ancorché non responsabili: in tal senso si esprime l'art. 245, il cui comma 2 prevede che il proprietario o gestore dell'area - non responsabili - che rilevino un superamento effettivo o potenziale della soglia Csc, devono darne comunicazione alla regione, alla provincia e al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione di cui all'art. 242 del decreto [nota 33].
Risvolti di interesse notarile nel D.lgs. n. 152/2006
L'obiettivo della tutela ambientale, perseguito attraverso gli interventi di bonifica, non può essere ostacolato dalle ipotesi di mancata individuazione dei soggetti responsabili o del proprietario del sito, né dalle ipotesi di loro inadempimento. Trattandosi infatti di un obiettivo di pubblico interesse, la bonifica dei siti deve essere necessariamente realizzata.
Nei casi in cui non sia individuabile il responsabile o questi non provveda, spetta al comune territorialmente competente - e, in caso di sua inerzia, alla regione - realizzare d'ufficio gli interventi di bonifica di cui all'art. 242 sul sito contaminato, costituendo sullo stesso onere reale [nota 34] - da indicare nel certificato di destinazione urbanistica (Cdu) del terreno in oggetto [nota 35] - e avvalendosi, a tal fine, di soggetti pubblici o privati individuati attraverso apposite procedure ad evidenza pubblica [nota 36].
Il proprietario del sito non responsabile dell'inquinamento può essere tenuto a rimborsare le spese degli interventi adottati dall'autorità competente solo nei limiti del valore di mercato del sito, determinato a seguito della esecuzione degli interventi stessi; qualora questi abbia spontaneamente provveduto a sue spese alla bonifica del sito, ha diritto di rivalersi verso il soggetto responsabile dell'inquinamento per le spese sostenute e per l'eventuale maggior danno subito [nota 37].
Dalla disciplina di cui sopra, si evidenzia come l'onere reale venga ad esistenza a seguito della approvazione del progetto di bonifica e vada indicato nel certificato di destinazione urbanistica (Cdu).
Orbene, l'art. 30 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (testo unico dell'edilizia) dispone che il certificato di destinazione urbanistica deve contenere «le prescrizioni riguardanti l'area interessata», quali, ad esempio, lo strumento urbanistico vigente e la destinazione d'uso dell'area interessata, con indicazione dei parametri edilizi ed urbanistici relativi alla futura ed eventuale edificazione.
L'art. 253 del D.lgs. n. 152/2006 va, pertanto, ad integrare la disciplina di cui all'art. 30 suddetto, dal momento che nel certificato di destinazione urbanistica dovrà essere indicata anche la presenza dell'eventuale onere reale apposto a seguito della approvazione del progetto di bonifica.
La presenza dell'onere reale all'interno del certificato di destinazione urbanistica determina, quale conseguenza, una diminuzione della commerciabilità economica del bene, includendo nel suo valore di mercato il costo della bonifica: dunque, incide, in senso restrittivo, sulla circolazione del diritto di proprietà delle aree interessate.
E ciò in quanto è prevista la necessità di allegazione del certificato di destinazione urbanistica ad ogni atto traslativo di terreni, restando esclusi dall'obbligo di allegazione del Cdu solo certi atti, quali divisioni ereditarie, atti di donazioni tra coniugi o parenti in linea retta, testamenti, atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia e di servitù prediali. Dispone, infatti, lo stesso art. 30, comma 2, D.P.R. n. 380/2001 che: «Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni sono nulli e non possono essere stipulati né trascritti nei pubblici registri immobiliari ove agli stessi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l'area interessata».
La disposizione del decreto adopera espressamente il termine "onere reale", oggetto da tempo di discussioni in dottrina volte a garantirne una differenziazione dalle c.d. "obbligazioni propter rem", atteso che, secondo alcuni, non esisterebbe alcuna differenza tra le due categorie.
Nell'onere reale il soggetto è tenuto a una prestazione per il solo fatto di essere in uno speciale collegamento con la cosa, su cui grava l'onere: il peso grava sulla cosa stessa (res non personam debet).
Le obbligazioni propter rem, invece, sono vere e proprie obbligazioni, così definite per il rapporto di proprietà o possesso del debitore con la cosa: gravata qui è solo la persona, non la cosa.
L'onere reale è tutelato con azione reale, a differenza dell'obbligazione propter rem, tutelata - come ogni altra obbligazione - a mezzo di azione personale verso l'obbligato. Nell'onere reale, essendo gravata la cosa, il soggetto risponde anche delle prestazioni maturate prima che sorgesse il suo rapporto con la cosa. Nelle obbligazioni propter rem, la persona è obbligata per le sole prestazioni maturate dall'insorgere del suo rapporto con la cosa.
L'orientamento diffuso è nel senso di considerare tanto gli oneri reali quanto le obbligazioni propter rem un numerus clausus, validi nei soli casi previsti dalla legge.
La Scia
La legge n. 122/2010 ha profondamente inciso sull'attività amministrativa, provvedendo alla modifica integrale dell'art. 19 della legge n. 241/1990, oggi rubricato "Segnalazione certificata di inizio attività - Scia".
In buona sostanza, è stata sostituita la precedente Dia, con una disciplina differente dalla stessa Dia: il controllo amministrativo rimane presente nella Scia, così come era presente nella stessa Dia.
La differenza sta nel fatto che, se nella Dia il controllo amministrativo era preventivo, nella Scia il controllo diventa successivo: il privato, effettuata la dovuta segnalazione, può iniziare subito l'attività, con possibilità per l'amministrazione di effettuare un controllo successivo circa la regolarità dell'attività e della segnalazione.
Con la Scia, dunque, non è che si realizzi una liberalizzazione della attività, rimanendo presente il controllo amministrativo; si interviene, piuttosto, sulla procedura di controllo, dal momento che ad un controllo preventivo con autorizzazione espressa si sostituisce un controllo successivo con possibile intervento repressivo [nota 38].
Questa riforma operata dal legislatore mira alla riduzione degli oneri amministrativi, abilitando il privato cittadino ad intraprendere immediatamente un'attività che sia stata semplicemente segnalata alla amministrazione, senza dover attendere il decorso di un certo periodo di tempo né tantomeno l'emanazione di alcun provvedimento amministrativo [nota 39].
Ai sensi dell'art. 19 della legge n. 241/1990, «ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti … è sostituito da una segnalazione dell'interessato».
La Scia, pertanto, non trova applicazione in quei casi in cui è previsto un controllo di natura discrezionale da parte dell'amministrazione competente, ma si applica nei soli casi in cui sia necessario un mero accertamento di requisiti e presupposti, scevro di qualsivoglia considerazione di carattere discrezionale.
Il comma 2 dell'art. 19 suddetto stabilisce che l'attività oggetto della segnalazione può essere iniziata fin già «dalla data della presentazione della segnalazione all'amministrazione competente»: questo costituisce probabilmente l'aspetto più significativo della disciplina in materia di Scia, potendo il privato iniziare subito l'attività oggetto della segnalazione, senza dover attendere alcun provvedimento amministrativo.
Resta, ovviamente, fermo un potere di controllo in capo alla autorità amministrativa la quale, entro sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione, qualora accerti l'assenza o carenza di presupposti e requisiti di legge, può adottare «motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa» [nota 40], a meno che l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività e i suoi effetti entro un termine fissato dalla amministrazione non inferiore a trenta giorni.
Decorso il termine di sessanta giorni, di cui sopra, l'amministrazione può comunque intervenire nei casi in cui sussistano pericoli di danno per il patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la pubblica sicurezza o la difesa nazionale, trattandosi, questi, di interessi di particolare importanza e oggetto di specifica attenzione da parte del legislatore nazionale.
Non a caso, l'art. 19 della legge n. 241/1990 esclude l'operatività della disciplina della Scia e, dunque, la semplificazione procedimentale, nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali o nei casi di atti rilasciati da amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia e delle finanze [nota 41].
Sono previste sanzioni penali nei casi di dichiarazioni, attestazioni o asseverazioni a corredo della segnalazione certificata di inizio attività che risultino essere mendaci, attestando falsamente l'esistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1 dell'art. 19, L. 241/1990: l'introduzione di apposite sanzioni penali, un tempo assenti nella precedente formulazione dell'art. 19, si spiega nel fatto che il legislatore mediante la Scia realizza una semplificazione circa lo svolgimento di numerose attività, ma, allo stesso tempo, vuole responsabilizzare maggiormente i privati prevedendo un inasprimento di sanzioni nel caso di abusi di detto strumento di semplificazione.
[nota 1] Per una più ampia ed organica trattazione degli argomenti in oggetto, si rinvia a quanto precisato in: N. ASSINI - R.VISCIOLA, Codice dell'ambiente, Vas - Via - Aia - Risarcimento del danno, Padova, 2011.
[nota 2] Art. 1 direttiva 2004/35/Ce: «La presente direttiva istituisce un quadro per la responsabilità ambientale, basato sul principio "chi inquina paga", per la prevenzione e la riparazione del danno ambientale».
[nota 3] La parte seconda del decreto, riguardante le procedure di Vas e Via è entrata in vigore solo in data 31 luglio 2006, rendendo inapplicabili le disposizioni precedentemente vigenti di cui all'art. 6 della legge n. 349/1986 e al D.P.R. 12 aprile 2006. Tra i primi commenti in materia, si valutino: M. MAZZOLENI, «L'attuazione della direttiva sulla valutazione ambientale strategica: un'occasione persa?», in Amb. svil., 2006, 7; S.R. MASERA, «Via e Vas nel nuovo codice ambientale», in Urb. app., 2006, 10; G. GALOTTO, «Le valutazioni ambientali ex ante: Vas, Via e Ippc», in Amb. svil., 2007, 9; A. MILONE, «Le norme in materia di Via nel nuovo decreto correttivo: prima lettura», in Amb. svil., 2007, 10. Con il D.lgs. n. 4/2008, che ha introdotto i principi fondamentali in materia ambientale nel nuovo Codice dell'ambiente, viene, tra l'altro, modificata la normativa riguardante la Valutazione ambientale strategica e la Valutazione di impatto ambientale: sul punto, si valuti M. MAZZOLENI, «La riforma della Parte seconda - Vas e Via - del D.lgs. n. 152/2006: novità e prospettive», in Amb. svil., 2008, 4; A. SCIALO', «L'integrazione dell'Aia nel procedimento di Via nel secondo decreto correttivo del Tua», in Amb. svil., 2008, 6. La recente riforma, operata con il D.lgs. n. 128/2010, ha infine introdotto, nella parte seconda, titolo I, del decreto stesso, la normativa riguardante l'autorizzazione integrata ambientale (Aia), precedentemente contenuta nel D.lgs. n. 59/2005. Sulle modifiche del 2010, si valuti: G. CARUSO - X SANTIAPICHI., «Il Codice ambientale si adegua agli insegnamenti dell'esperienza amministrativa e giurisprudenziale», contenuto nel Dossier Guida dir., anno XVII, 7, settembre 2010, Il Sole 24 ore, p. 6 ss..
[nota 4] Il testo originario prevedeva che la Via riguardasse progetti con impatti significativi sull'ambiente; il requisito ulteriore richiesto (l'impatto deve essere non solo significativo, ma anche negativo) è stato introdotto ad opera del D.lgs. n. 128/2010. Sul punto, si valuti: G. CARUSO - X SANTIAPICHI, «Parere Vas a effetto conformativo obbligatorio», contenuto nel Dossier Guida dir., anno XVII, 7, settembre 2010, Il Sole 24 ore, p. 17 e ss.
[nota 5] Art. 5 del D.lgs. 152/2006, lett. p.
[nota 6] Art. 14, D.lgs. 152/2006.
[nota 7] Art. 15, D.lgs. 152/2006.
[nota 8] Il monitoraggio è quella attività destinata ad assicurare il controllo sugli impatti significativi sull'ambiente derivanti dalla attuazione dei piani o programmi, in maniera tale da poter individuare tempestivamente gli impatti negativi che non erano stati previsti al momento della adozione dello stesso e adottare conseguentemente le opportune misure correttive.
[nota 9] Si valuti in tal senso: T. BELLEI, «Via e strumenti di pianificazione del territorio nel Tua prima e dopo il D.lgs. n. 4/2008», in Amb. svil., 2009, 2, p. 134 e ss.
[nota 10] Sull'introduzione nell'ordinamento giuridico della valutazione di impatto ambientale, si veda: N. ASSINI, «La valutazione dell'impatto ambientale è fondamentale per lo sviluppo e la vivibilità di una comunità locale», ne L'informatore delle Autonomie locali, 2010, 7, p. 14 e ss.; C. ALBERTI, Commento all'art. 19 del decreto 152/2006, in Nuovo codice dell'ambiente a cura di N. Lugaresi, S. Bertazzo, Maggioli, 2009, p. 166. Si valuti anche: G. MANFREDI, «Il nuovo procedimento di Via tra semplificazione amministrativa e specialità del regime dell'ambiente», in Urb. app., 2009, 2; P. URBANI - S. CIVITARESE MATTEUCCI, Diritto urbanistico - Organizzazione e rapporti, Torino, 2004, p. 378 e ss. In merito all'unicità della procedura di Via, conseguente alla riforma ad opera del D.lgs. n. 4/2008 (che fa venire meno la distinzione tra procedura statale e procedura regionale), si valuti: A. SCIALO', «Le procedure Via regionali alla luce del testo unico ambientale: quali prospettive dopo il D.lgs. n. 4/2008?», in Amb. svil., 2009, 4, p. 343 e ss. In riferimento a un caso particolare, riguardante le procedure di approvazione e di valutazione dell'impatto ambientale di un'importante opera pubblica quale il ponte sullo Stretto di Messina, per il collegamento viario e ferroviario tra terraferma e Sicilia, si veda: M. MAZZOLENI, «Le procedure di approvazione e di valutazione del Ponte sullo Stretto di Messina: nota a Consiglio di Stato n. 3917/05», in Amb. svil., 2006, 6.
[nota 11] L'art. 19 contiene l'elencazione delle varie fasi, individuando: la verifica di assoggettabilità, lo studio di impatto ambientale, la presentazione e pubblicazione del progetto, le consultazioni, la valutazione dello studio ambientale e degli esiti delle consultazioni, la decisione, l'informazione sulla decisione, il monitoraggio.
[nota 12] Sulla verifica di assoggettabilità, come modificata dal D.lgs. n. 128/2010, si valuti: S. CAMPILONGO, «Ampliate le ipotesi di esclusione della Via», contenuto nel Dossier Guida dir., anno XVII, 7, settembre 2010, Il Sole 24 Ore, p. 10 ss.
[nota 13] La pubblicità è data nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana per i progetti di competenza statale, nel Bollettino ufficiale della regione per i progetti di relativa competenza e nell'albo pretorio dei comuni interessati.
[nota 14] Come già accennato, il D.lgs. n. 128/2010, che ha modificato il D.lgs. n. 152/2006, ha precisato il campo di applicazione della Via, circoscrivendolo ai progetti che abbiano impatti significativi e negativi sull'ambiente (v. artt. 6 e 20 del D.lgs. n. 152/2006). La normativa precedente prevedeva il solo requisito della significatività, al quale oggi si aggiunge quello della negatività. Sul punto si veda: C. CHIERCHIA, «Via soltanto per impatti negativi. Cresce il peso dello screening. Tempi certi per le integrazioni», contenuto nel Dossier edilizia e territorio, 2010, 33-34, Il Sole 24 Ore, p. 6 e ss.
[nota 15] In tal senso: C. CHIERCHIA, op. ult. cit., p. 8.
[nota 16] Per orientamento giurisprudenziale consolidato, il provvedimento conclusivo della procedura di Via ha natura discrezionale e non vincolata, non consistendo in un mero giudizio tecnico - suscettibile, in quanto tale, di verificazione sulla base di criteri oggettivi - bensì discrezionale, in quanto caratterizzato da profili intensi di discrezionalità amministrativa e sindacabile dal giudice amministrativo solo laddove risulti evidente lo sconfinamento dai poteri riconosciuti alla amministrazione. Sul punto si valuti il commento di C. ALBERTI, Commento all'art. 19…, cit., p. 201.
[nota 17] A. SCARCELLA, «L'autorizzazione integrata entra nel testo unico», contenuto nel Dossier Guida dir., anno XVII, 7, settembre 2010, Il Sole 24 Ore, p. 27.
[nota 18] Art. 26, comma 2, D.lgs. n. 42/2004. Si veda: N. ASSINI - P. MANTINI, Manuale di diritto urbanistico, Milano, 2007, p. 1081.
[nota 19] Sulle novità introdotte dal D.lgs. n. 128/2010 si veda: C. CHIERCHIA, «L'Autorizzazione integrata entra nel codice dell'ambiente. Nascono i gestori indiretti», contenuto nel Dossier edilizia e territorio, 2010, 33/34, Il Sole 24 Ore, p. 13 ss.; A. SCARCELLA, op. cit., p. 22 ss. Sulla Via, Aia e i loro rapporti esistenti con un ulteriore procedimento autorizzatorio unico, quale quello finalizzato al rilascio dell'autorizzazione per gli impianti di produzione di energia rinnovabile, ai sensi del D.lgs. n. 387/2003, si valuti: A. MILONE, «Il procedimento autorizzatorio degli impianti di produzione di energia rinnovabile: rapporti con Via e Aia», in Amb. svil., 2009, 12. Sui rapporti tra Via e Aia nella legislazione previgente, si valuti: A. QUARANTA, «L'Aia nella giurisprudenza amministrativa previgente al D.lgs. n. 4/2008», in Amb. svil., 2008, 6. In merito all'evoluzione legislativa in tema di Aia, si veda: A. MURATORI, «Modifiche e innovazioni della disciplina Aia tra "secondo correttivo" e "mille proroghe"», in Amb. svil., 2008, 5.
[nota 20] Si veda in tal senso C. VITALE, Commento all'art. 213 del decreto 152/2006, in Nuovo codice dell'ambiente, cit., p. 842 e ss.
[nota 21] L'art. 29-quater, comma 11, del D.lgs. n. 152/2006, prevede infatti che «le autorizzazioni integrate ambientali, rilasciate ai sensi del presente decreto, sostituiscono ad ogni effetto le autorizzazioni riportate nell'elenco dell'allegato IX, secondo le modalità e gli effetti previsti dalle relative norme settoriali».
[nota 22] L'art. 29-quattuordecies del D.lgs. n. 152/2006 prevede delle sanzioni nel caso di esercizio delle attività di cui all'allegato VIII senza la dovuta autorizzazione integrata ambientale o dopo che la stessa sia stata sospesa o revocata; sono previste sanzioni anche in caso di inosservanza delle prescrizioni previste dalla autorizzazione o imposte dalla autorità competente.
[nota 23] E' prevista una durata diversa in casi specifici: otto anni nel caso si un impianto che risulti registrato ai sensi del regolamento (Ce) n. 761/2001; sei anni nel caso di impianto certificato secondo la normativa Uni Eni Iso 14001 (v. art. 29-octies, D.lgs. n. 152/2006).
[nota 24] E' previsto che il controllo sull'osservanza delle condizioni imposte dalla autorizzazione integrata ambientale, sulla regolarità dei controlli a carico del gestore e sull'ottemperanza, da parte di quest'ultimo, degli obblighi di comunicazione a suo carico, sia effettuato dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per gli impianti di competenza statale, e dalle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, negli altri casi (art. 29-decies, comma 3, D.lgs. n. 152/2006).
[nota 25] Il codice dell'ambiente, all'art. 264, in tema di rifiuti, provvede ad abrogare una serie di norme, tra cui lo stesso decreto Ronchi. Al fine di assicurare che vi sia continuità normativa, è previsto che i relativi provvedimenti attuativi continuino comunque a trovare applicazione sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dal D.lgs. n. 152/2006.
[nota 26] Art. 251, D.lgs. n. 152/2006.
[nota 27] Nel caso in cui il responsabile non provveda agli interventi di bonifica o non sia individuabile, o non provveda il proprietario del sito contaminato, né altro interessato, gli interventi di bonifica sono predisposti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, avvalendosi dell'Apat, dell'Istituto superiore di sanità, dell'Enea, oltre ad altri soggetti qualificati pubblici e privati. Il successivo art. 252-bis prevede procedure particolari in materia di siti di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale.
[nota 28] Art. 240, D.lgs. n. 152/2006.
[nota 29] I requisiti del piano di caratterizzazione sono indicati nell'allegato 2 alla parte quarta del decreto.
[nota 30] L'art. 242 del D.lgs. n. 152 del 2006 individua il tetto massimo delle garanzie finanziarie ivi previste, corrispondente al cinquanta per cento del costo stimato di intervento.
[nota 31] Art. 242 D.lgs. n. 152/2006. L'ultimo comma della norma in esame puntualizza che la procedura di approvazione della caratterizzazione e del progetto di bonifica si svolge mediante apposita conferenza di servizi convocata dalla regione e costituita dalle amministrazioni ordinariamente competenti a rilasciare i permessi, autorizzazioni e concessioni per la realizzazione degli interventi compresi nel piano e nel progetto.
[nota 32] Art. 244, D.lgs. n. 152/2006.
[nota 33] L'art. 245 del D.lgs. n. 152/2006 rimarca la facoltatività dell'intervento da parte del proprietario del sito o di qualunque altro soggetto interessato all'interno della procedura di bonifica.
[nota 34] Così dispone l'art. 253 del D.lgs. n. 152/2006, prevedendo che le spese sostenute per detti interventi di bonifica siano assistite da privilegio speciale immobiliare ai sensi e per gli effetti dell'art. 2748 c.c., comma 2 («I creditori che hanno privilegio sui beni immobili sono preferiti ai creditori ipotecari, se la legge non dispone diversamente»), esercitabile anche in pregiudizio dei diritti acquistati da terzi sull'immobile. Sulla differenza tra oneri reali e obbligazioni proter rem si valuti: L. BIGLIAZZI GERI, Oneri reali e obbligazioni propter rem, Milano, 1984, p. 2 ss.; A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Padova, 1999, p. 493 e ss. e 532 e ss. Si veda altresì: C. NOBILI, Le obbligazioni, Manuale e applicazioni pratiche dalle lezioni di Guido Capozzi, Milano, 2008, p. 14; di E. VALLANIA, Commento all'art. 253 del decreto 152/2006, in Nuovo codice dell'ambiente, cit. Sul principio del numero chiuso dei diritti reali si valuti: S. CERVELLI, I diritti reali, Manuale e applicazioni pratiche dalle lezioni di Guido Capozzi, Milano, 2007, p. 43 e ss.; A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Padova, 1999, p. 423; M. BESSONE, Istituzioni di diritto privato, Torino, 1994, p. 306. La nozione di onere reale alla quale si fa generalmente riferimento discende da quanto enunciato nel paragrafo 1105 del codice civile tedesco, secondo cui si tratta di un peso reale imposto su un fondo, in maniera tale che, a colui in favore del quale viene costituito l'onere, debbano essere effettuate prestazioni periodiche dal fondo. Un richiamo al concetto di onere reale era contenuto anche nell'art. 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, in quanto stabiliva che «gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale, nonché la realizzazione delle eventuali misure di sicurezza costituiscono onere reale sulle aree inquinate». Nel codice dell'ambiente, all'art. 253, l'onere reale viene considerato quale peso imposto su un fondo a garanzia della restituzione delle spese sostenute dalla amministrazione per gli interventi di risanamento e bonifica delle aree interessate, comunque nei limiti del valore di mercato del sito, determinato a seguito della esecuzione degli interventi medesimi. Si valuti: A. MASI, «Riflessioni sull'onere reale nel codice dell'ambiente», studio n. 342-2009/C, in Studi e materiali, 2010, 2, p. 333 e ss.
[nota 35] Sul punto, si valuti: G. TRAPANI, «Onere reale e certificato di destinazione urbanistica nel codice dell'ambiente», studio n. 108-2010/C, Studi e materiali, 2010, 2, p. 395 e ss. Conclusivamente, si segnala che, ai sensi dell'art. 30 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il certificato di destinazione urbanistica viene «rilasciato dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale entro il termine perentorio di trenta giorni dalla presentazione della relativa domanda»; in caso di suo mancato rilascio entro i termini di legge, «esso può essere sostituito da una dichiarazione dell'alienante o di uno dei condividenti attestante l'avvenuta presentazione della domanda, nonché la destinazione urbanistica dei terreni secondo gli strumenti urbanistici vigenti o adottati, ovvero l'inesistenza di questi ovvero la prescrizione, da parte dello strumento urbanistico generale approvato, di strumenti attuativi».
[nota 36] Art. 250 D.lgs. n. 152/2006. La norma prevede altresì la possibilità che le regioni istituiscano appositi fondi nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio al fine di poter anticipare le somme necessarie agli interventi di bonifica.
[nota 37] Art. 253 D.lgs. n. 152/2006.
[nota 38] Si valuti: B.G. MATTARELLA, «La Scia, ovvero dell'ostinazione del legislatore pigro», in Giorn. dir. amm., 2010, 12, p. 1328.
[nota 39] In tal senso: D. CHINELLO, «La dichiarazione certificata di inizio attività – Scia», in Imm. propr., 2010, 12, p. 775.
[nota 40] Art. 19, comma 3, legge n. 241/1990.
[nota 41] Art. 19, comma 1, legge n. 241/1990.
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