Il contratto di rete - Introduzione
Introduzione
Da ormai diversi anni le reti di imprese hanno fatto il loro ingresso nel mondo economico, raggiungendo un significativo livello di successo. Vari sono stati i tentativi della dottrina di dare a questo fenomeno una veste giuridica, collocandolo all'interno di schemi codicistici oppure applicando analogicamente la disciplina che regola le forme contrattuali di importazione anglosassone: si pensi al franchising , alla subfornitura, ai gruppi, ai consorzi.
L'intervento del legislatore è solo recente.
Inizialmente, l'art. 3, commi 4- ter e 4- quinquies del D.l. 5/2009 ha dettato una disciplina minima del contratto di rete, successivamente la nuova formulazione, introdotta dall'art. 42 del D.l. 78/2010 convertito in L. 122/2010, ha dettato una definizione giuridica della rete, qualificandola come il contratto con il quale più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano sulla base di un programma comune di rete a collaborare in forme e ambiti predeterminati attinenti all'esercizio delle proprie imprese, ovvero a scambiarsi informazioni, prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa.
La principale funzione di tale contratto sembra essere quella di fornire alle imprese delle regole dispositive, attraverso cui queste, pur restando autonome ed indipendenti, collaborano nella realizzazione di progetti comuni, diventando maggiormente competitive e sopravvivendo alla globalizzazione.
Competitività, appunto, ed innovazione le parole chiave di tale figura: competitività, un termine della prassi, di cui forse si è abusato negli ultimi anni, privo di un'etichettatura giuridica; innovazione, la formula del successo di un'impresa, lo strumento volto a garantire il mantenimento del pacchetto di clienti e la vittoria nelle sfide del mercato.
Il legislatore sembra, così, favorire la giuridicizzazione dei rapporti di collaborazione ed interdipendenza tra imprese all'interno di un nuovo modello contrattuale, modello che si distingue per l'ampio spazio riservato all'autonomia negoziale e per la capacità di adattarsi alle specifiche esigenze delle singole realtà.
Le singole imprese saranno, infatti, chiamate a delineare in concreto la fisionomia della rete, sia sotto il profilo funzionale che sotto quello organizzativo. In via di autonomia contrattuale dovranno, infatti, essere identificate e disciplinate: la governance della rete, più in particolare i poteri del soggetto deputato a svolgere l'ufficio di organo comune e le regole per l'assunzione delle decisioni da parte dei partecipanti; la disciplina delle relazioni interne alla rete; i rimedi in caso di impossibilità sopravvenuta delle prestazioni; il recesso e l'estromissione dei partecipanti e lo scioglimento.
Di qui l'impegno degli operatori giuridici a trovare soluzioni in grado di sfruttare a pieno le potenzialità del modello. Non è un caso, infatti, che si sia parlato di "sfida", sfida non solo per gli imprenditori che sottoscrivendo un contratto di rete rinunciano, almeno a livello psicologico, al loro individualismo, ma anche sfida per i tecnici del diritto chiamati a sviluppare un modello contrattuale flessibile, in grado di creare un'unione sinergica e di aumentare la competitività.
Una sfida in cui legislatore ha creduto e continua a credere sempre più, come dimostrano i nuovi interventi in materia tributaria, volti a prevedere dei benefici fiscali a favore delle reti.
Le circolari dell'Agenzia delle entrate, n. 4/E e 15/E rispettivamente di febbraio e aprile 2011 hanno provveduto a chiarire le modalità dell'agevolazione. Essa consiste in una sospensione di imposta per utili accantonati e reinvestiti dalle singole imprese per sottoscrivere o aderire ad un contratto di rete.
L'una, la numero 4/E, precisa che le imprese partecipanti alla rete non perdono la loro soggettività tributaria e la rete dal canto suo non acquista una propria soggettività. L'altra, la numero 15/E, afferma in particolare che l'agevolazione riguarda il conferimento di utili destinati ad investimenti nella rete, precisando che nella realizzazione degli investimenti sono ammissibili costi sostenuti per l'acquisto o l'utilizzo di beni e servizi nonché per l'utilizzo di personale.
Alla luce di tale premessa, i contributi raccolti in questo volume cercano di prospettare risposte concrete ai problemi che si sono posti e si propongono di fornire soluzioni che consentano allo strumento del contratto di rete di crescere nella misura auspicata, in perfetta linea con l'impostazione del legislatore.
La dottrina si è posta al servizio della prassi per fornire schemi e linee guida per orientare la redazione dei contratti. Tutte le relazioni coniugano il lato teorico con quello pratico nel tentativo di comprendere e sfruttare a pieno le potenzialità di tale strumento, quale mezzo per rafforzare le strutture imprenditoriali, rafforzamento del quale oggi più che mai, in considerazione della situazione critica che sta attraversando l'economia, le imprese hanno bisogno per resistere alle sfide poste dal mercato.
Se questo è vero, si consideri che, da una prima analisi della disciplina del contratto di rete, sono emersi numerosi aspetti problematici, aspetti centrali per lo sviluppo dell'istituto stesso, che verranno appunto affrontati in questa sede al fine di individuare "cosa sia effettivamente la rete".
In merito, se il legislatore parla di contratto di rete, ci si deve chiedere se siamo veramente di fronte ad un contratto autonomo oppure se si tratta di una disciplina transtipica, vista la sua tendenziale ibridizzazione tra contratto ed organizzazione. Siamo davanti ad un insieme di requisiti in presenza dei quali i contratti funzionali alla coooperazione interaziendale, qualunque sia la loro denominazione, consentono alle imprese di beneficiare di una serie di agevolazioni fiscali e non? Oppure il legislatore ha previsto un nuovo tipo contrattuale, una fattispecie autonoma avente un oggetto diverso e più specifico rispetto al consorzio, che rispecchia in misura maggiore il fenomeno delle reti d'impresa?
Altro aspetto altrettanto critico e centrale concerne la soggettività delle rete. Sembra doversi negare al contratto di rete una personalità giuridica, come, del resto, si può desumere dalla modalità di iscrizione, prevista solo per le imprese aderenti. La rete non è un soggetto di diritto ulteriore rispetto alle imprese partecipanti, non si sostituisce a queste nello svolgimento di alcuna fase dell'attività, bensì si limita solamente a coordinarle.
E questa notazione, lungi dalle implicazioni teoriche connesse, ha delle ricadute pratiche significative. A tal riguardo, viene in rilievo l'ipotesi in cui la rete scelga di dotarsi e di costituire un fondo: il dettato normativo prevede che si applichino, in quanto compatibili, le norme di cui agli artt. 2614 e 2615, c.c. in materia di consorzi.
Sull'interpretazione di tale disposizione la dottrina è divisa.
Per alcuni, il rinvio al primo comma dell'art. 2615 c.c. deve ritenersi funzionale alla creazione di uno schermo di protezione degli aderenti quando l'obbligazione è assunta in nome e per conto della rete; in questo caso diventa decisiva l'iscrizione nel Registro delle imprese al fine di rendere noto ai terzi l'esistenza della rete e la destinazione patrimoniale attuata tramite l'istituzione del fondo.
Per altri, la rete dotata di un patrimonio deve, invece, qualificarsi come un fenomeno di autonomia patrimoniale imperfetta, nel senso che i patrimoni dei partecipanti continueranno a rispondere delle obbligazioni assunte in nome dell'organo. Come è stato autorevolmente sostenuto, secondo questa ricostruzione la rete sarebbe «più di una società civile e meno di una società semplice».
I contributi raccolti offriranno dunque ampi spunti di riflessione a riguardo, motivando le posizioni e le interpretazioni prospettate.
Spero, pertanto, - ma ne sono fermamente convinto - che le conclusioni ed i suggerimenti offerti da questo volume contribuiscano, nel loro piccolo, ad incrementare la diffusione dell'istituto in esame, decretandone il successo da tutti auspicato.
Giambattista Nardone
Notaio in Prato Coordinatore Commissione Studi d'Impresa Consiglio Nazionale del Notariato
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