Gli strumenti agevolativi per le imprese in rete
Gli strumenti agevolativi per le imprese in rete
di Giuseppe A.M. Trimarchi
Notaio in Milano

La nozione di rete d'impresa in funzione dei meccanismi agevolativi

Al contratto di rete, quale risultante dal vigente disposto dei commi 4-ter e 4-quater dell'articolo 3 del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 (convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33 e poi modificato dalla legge 30 luglio 2010, n. 122), s'è inteso assegnare il taumaturgico valore di strumento idoneo all'accrescimento individuale e collettivo delle capacità innovative e competitive delle imprese partecipanti, sul presupposto che un programma di collaborazione ampiamente inteso, e di scambio d'informazioni rafforzi la capacità dei singoli sul mercato.

Sarà la prassi ed il freddo snocciolamento dei dati statistici a confermare o a confutare l'ipotesi legislativa che, tuttavia, non manca di coraggio, né, come di consueto, di coni d'ombra applicativi.

In ogni caso, una serie di indici di carattere letterale denotano una grande fiducia da parte del legislatore nell'efficienza del contratto di rete. Basti pensare al fatto che, con la legge n. 180 dell'11 novembre 2011 [nota 1], il legislatore, nel quadro di principi basati sul "... riconoscimento del contributo fondamentale delle imprese alla crescita dell'occupazione e alla prosperità economica, nonché al riconoscimento dei doveri cui l'imprenditore è tenuto ad attenersi nell'esercizio della propria attività", nonché al fine di "... favorire lo sviluppo delle imprese anche di carattere familiare" e, soprattutto, di "... valorizzare il potenziale di crescita, di produttività e di innovazione delle imprese, con particolare riferimento alle micro, piccole e medie imprese" ha deciso, da un lato, di introdurre un articolo (l'art. 13) in riforma parziale di alcuni aspetti della disciplina degli appalti pubblici nel senso di "favorire l'accesso delle micro, piccole e medie imprese" semplificando così "l'accesso agli appalti delle aggregazioni fra micro, piccole e medie imprese privilegiando associazioni temporanee di imprese, forme consortili e reti di impresa, nell'ambito della disciplina che regola la materia dei contratti pubblici". E, dall'altro, di introdurre, altresì, un articolo rubricato "Politiche pubbliche per la competitività" (l'art. 16) con il quale si stabilisce che "1. Al fine di garantire la competitività e la produttività delle micro, piccole e medie imprese e delle reti di imprese, lo Stato, nell'attuazione delle politiche pubbliche e attraverso l'adozione di appositi provvedimenti normativi, provvede a creare le condizioni più favorevoli per la ricerca e l'innovazione, l'internazionalizzazione e la capitalizzazione, la promozione del "Made in Italy" e, in particolare:

a) garantisce alle micro, piccole e medie imprese e alle reti di imprese una riserva minima del 60 per cento per ciascuna delle misure di incentivazione di natura automatica o valutativa, di cui almeno il 25 per cento è destinato alle micro e piccole imprese ...;

c) favorisce la trasparenza nei rapporti fra gli intermediari finanziari e le micro, piccole e medie imprese e le reti di imprese, assicurando condizioni di accesso al credito informato, corretto e non vessatorio, mediante:

1) l'attribuzione all'Autorità garante della concorrenza e del mercato dei poteri di cui agli articoli 12 e 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e successive modificazioni, nei confronti degli intermediari finanziari ai fini di verificare le condizioni di trasparenza del comportamento degli intermediari verso le imprese e di accertare pratiche concertate, accordi o intese;

2) la previsione dell'obbligo per gli intermediari finanziari di trasmettere periodicamente al Ministero dell'economia e delle finanze, per la sua pubblicazione telematica, un rapporto sulle condizioni medie praticate su base nazionale e regionale, sui tempi medi di istruttoria relativa alla concessione di crediti, sul numero, sulla quantità di impieghi e sulla loro distribuzione per classi dimensionali di impresa;

d) sostiene la promozione delle micro, piccole e medie imprese e delle reti di imprese nei mercati nazionali e internazionali mediante:

1) la realizzazione, senza nuovi o maggiori oneri finanziari e amministrativi, da parte del Ministero dello sviluppo economico, di un portale dedicato al "Made in Italy" che permetta al consumatore di orientarsi nella ricerca di prodotti tipici italiani, nonché di prodotti "Made in Italy" di largo consumo;

2) la definizione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, tramite uno o più accordi di programma sottoscritti con l'Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (Unioncamere), delle linee guida, delle priorità e del sistema di valutazione degli interventi sulla base degli indirizzi di politica industriale, sentite le organizzazioni nazionali di rappresentanza delle micro, piccole e medie imprese maggiormente rappresentative a livello nazionale, anche al fine di un più efficace impiego delle risorse stanziate dalle camere di commercio per il sostegno alla partecipazione delle micro, piccole e medie imprese agli eventi fieristici e per le attività promozionali ...".

Quel che conta ai fini delle riflessioni che seguono è, innanzitutto, che il contratto di rete d'impresa, sia che declini un tipo contrattuale di diritto privato con "comunione di scopo", sia che includa anche fattispecie destinate alla soggettività, come pure più coraggiosamente potrebbe sostenersi affermandone la compatibilità con il consorzio con attività esterna, assicura ai partecipi alcune agevolazioni fiscali, la cui piena legittimità è stata anche di recente confermata, in via implicita, dalla Commissione europea [nota 2].

Al centro della previsione normativa v'è, senz'ombra di dubbio, il c.d. "programma comune", che costituisce il presupposto indispensabile per il riconoscimento delle agevolazioni fiscali, le quali, a sua volta, ne stimolano, in buona sostanza, la piena attuazione.

Sotto questo profilo, è stato correttamente osservato che il programma si può modulare attraverso una pluralità di manifestazioni pattizie: dal cluster di progetti differenziati tra varie imprese, a progetti unitari di tipo verticale o orizzontale [nota 3].

D'altra parte i dati relativi alle prime applicazioni lasciano trasparire un ampio utilizzo delle nozioni di "programma" e di "attività coordinata" nella e con la "rete", dal momento che quest'ultima è stata già utilizzata come strumento di erogazione di servizi alle imprese partecipi, nonché per il coordinamento dell'offerta sul mercato di beni o servizi prodotti dai singoli aderenti.

Il programma equivale, quindi, all'oggetto del contratto di rete [nota 4] dalla cui specificità si determinano i diritti e gli obblighi dei partecipi, e il cui conseguimento è alla base del riconoscimento agevolativo.

Non può, quindi, trascurarsi che il contratto di rete deve contenere il "programma" e dunque l'elenco dei diritti ed obblighi di ciascuno e "le modalità di realizzazione dello scopo comune" oltre che l'eventuale istituzione di un fondo patrimoniale [nota 5].

Va, inoltre, ricordato che la legge n. 122 del 30 luglio 2010, all'art. 42, comma 2-bis, lett. c, statuisce che "se consentito dal programma, l'esecuzione del conferimento può avvenire anche mediante apporto di un patrimonio destinato costituito ai sensi dell'articolo 2447-bis, comma 1, lettera a, del codice civile ...".

Alla luce di ciò, è, quindi, stabilito a beneficio dei partecipanti aventi talune caratteristiche soggettive "un regime di sospensione di imposta sugli utili d'esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati al fondo patrimoniale per la realizzazione degli investimenti previsti dal programma stesso, che abbia ottenuto la preventiva asseverazione da parte degli organismi abilitati" [nota 6].

è di tutta evidenza, pertanto, che il fine principale dell'agevolazione è quello di stimolare il conseguimento del programma.

I presupposti soggettivi per l'agevolazione da "rete d'impresa"

La normativa in commento stabilisce che i soggetti che hanno aderito al contratto di rete possono godere dell'agevolazione sul presupposto che devono essere considerate imprese aderenti sia "i fondatori" (rectius: gli originari sottoscrittori del contratto), sia le imprese che vi hanno successivamente aderito. Non si registrano dal punto di vista soggettivo altri limiti per il conseguimento dell'agevolazione, né rinvengono ostacoli ricollegabili all'attività svolta in fatto dalle imprese interessate, alle dimensioni delle stesse, ovvero al territorio ove svolgono la loro attività.

L'articolo 42, comma 2-bis, del decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010, come modificato della legge n. 122 del 30 luglio 2010, stabilisce che "l'efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l'ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari".

Può discutersi se, per poter godere dell'agevolazione, occorra eseguire la pubblicità in parola a carico di tutti i partecipi e se la mancata esecuzione della stessa, anche per uno soltanto, precluda a tutti di goderne.

A prescindere da ogni considerazione di carattere sistematico e civilistico, posto che la formulazione della norma è evidentemente suscettiva di non pochi problemi esegetici, sul piano applicativo è utile distinguere la fase di conclusione del contratto tra i soli "fondatori" da quella delle adesioni successive.

Con tutta probabilità, l'intera efficacia del contratto, ivi compresa la fruizione delle agevolazioni fiscali, sono subordinate all'esecuzione delle formalità pubblicitarie a carico di tutti gli originari sottoscrittori. Successivamente, le singole adesioni cifrano l'efficacia per ciascuno degli aderenti, in guisa che l'esecuzione della formalità pubblicitaria torna pienamente ad essere condizione di opponibilità ai terzi (compresa quindi l'amministrazione delle finanze) per il (solo) soggetto che v'è tenuto.

Dal punto di vista territoriale o della "cittadinanza fiscale" vale considerare che possono godere dell'agevolazione in parola anche le "stabili organizzazioni" di imprese "non residenti" (si pensi a società estere che hanno, ad esempio, in Italia solo la sede secondaria).

Poiché la norma esige un accantonamento in una riserva, vale chiedersi se all'agevolazione siano ammesse anche le imprese individuali e le società di persone che normalmente non redigono il bilancio di cui agli artt. 2424 e ss. c.c.

La circolare dell'Agenzia delle entrate n. 15/E, del 14 aprile 2011, ha correttamente chiarito che sul piano soggettivo non possono rinvenirsi limiti dalle modalità di tenuta della contabilità, purché imprese individuali e società di persone integrino "le scritture contabili previste dall'articolo 2217, comma 2, del codice civile con apposito prospetto da cui dovranno risultare la destinazione a riserva dell'utile d'esercizio e le vicende della riserva".

L'avere stipulato un contratto di rete prima dell'entrata in vigore delle norme concernenti l'agevolazione fiscale non preclude ai soggetti che vi abbiano aderito di godere delle agevolazioni fiscali purché siano state eseguite le formalità pubblicitarie per i "fondatori".

Dal punto di vista ancora soggettivo, infine, deve segnalarsi che come, da un lato, l'adesione (e la relativa pubblicità) al contratto di rete cifra il presupposto soggettivo per l'ammissione alle agevolazioni fiscali previste, dall'altro la cessazione dello status di partecipe alla rete segna il venir meno dell'agevolazione di che trattasi.

è stato, a tale riguardo, opportunamente sottolineato [nota 7], che il regime agevolativo cessa sia nel caso in cui l'impresa receda dalla rete, ancorché il programma di rete sia proseguito dagli altri partecipi, i quali, quindi continueranno a godere dell'agevolazione in parola; sia che l'intero contratto si sciolga in difetto del conseguimento del programma. Fermo resta, in tal caso, che l'evento soggettivamente interruttivo del rapporto di rete determina il ritorno al trattamento ordinario degli utili accantonati a riserva speciale ed in particolare, dunque, il prodursi a loro carico dell'effetto di (ri)tornare a concorrere alla formazione del reddito dell'impresa che li aveva in origine, appunto, destinati al servizio del programma delle rete.

I presupposti oggettivi per l'agevolazione da "rete d'impresa"

Al fine di godere dell'agevolazione al vaglio le imprese aderenti alla rete, e la rete stessa, devono soddisfare, altresì, taluni requisiti "oggettivi" che per una ragione d'ordinata esposizione sarebbe opportuno distinguere in due categorie: i requisiti che deve avere la rete e quelli che, invece, devono riferirsi ai suoi partecipi.

La rete onde poter assicurare il godimento delle agevolazioni deve:

- essere fornita di un patrimonio comune;

- ottenere la preventiva asseverazione del programma da parte di quegli organismi destinati a verificare la sussistenza di tutti i requisiti del contratto di rete e di quelli necessari a ciascheduno dei partecipanti.

Dal loro canto, le imprese partecipi devono oggettivamente destinare al patrimonio comune della rete, o al patrimonio destinato all'affare (a mente di quanto precede), utili da accantonarsi in apposita riserva.

Quanto al "fondo patrimoniale comune" occorre ribadire che esso non costituisce un elemento essenziale del negozio, ma che, diventa tale al fine dell'ottenimento delle agevolazioni.

Difficile negare che, nella pratica, la disciplina del fondo comune attinga a piene mani dagli artt. 2614 e 2615 c.c. [nota 8] Le sole società per azioni, possono destinare al programma di rete un patrimonio, ai sensi dell'art. 2447-bis c.c. Tale destinazione, per il profilo che affatica, in realtà non crea tout court un patrimonio "comune", ma lascia al patrimonio della SpA il complesso dei beni, separati dagli altri beni della società costituente stessa, immutate le regole di gestione, salve le specificità di cui, appunto, agli artt. 2447-bis e ss. c.c.

Deve condividersi, pertanto, l'opinione di chi, a questo riguardo, ha sottolineato che affinché il patrimonio destinato possa apprezzarsi come patrimonio della rete, o come elemento patrimoniale delle rete, occorre che, accanto alle previsioni procedimentali (e di pubblicità) che deve seguire la SpA disponente (e segregante), vi sia anche l'esplicita previsione del contratto di rete in ordine alla composizione del patrimonio mercé "l'apporto" di patrimoni destinati [nota 9].

Si è sottolineato, inoltre, che il programma di rete deve essere preventivamente asseverato da parte di "organismi espressione dell'associazionismo imprenditoriale muniti dei requisiti previsti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze" [nota 10].

Dal punto di vista procedimentale, l'organo comune della rete, o il rappresentante, deve richiedere l'asseverazione che sarà rilasciata (attestata) entro 30 giorni dalla richiesta, ed inoltre gli organismi abilitati dovranno trasmettere all'Agenzia delle entrate i dati delle impresi aderenti a quella rete il cui programma è stato, appunto, asseverato.

Da altro angolo visuale è necessario, poi, che le imprese aderenti alla rete destinino una quota di utile d'esercizio al patrimonio comune (o, quando ne ricorrono i presupposti, al patrimonio destinato di cui all'articolo 2447-bis c.c.) mediante l'accantonamento in apposita riserva.

Più precisamente, è necessaria la loro destinazione al fondo patrimoniale per la realizzazione degli investimenti previsti dal programma.

Su di un piano civilistico-contabile, non può trascurarsi il fatto che la norma fa esplicito riferimento ai soli utili di esercizio, con esclusione, quindi, del possibile utilizzo di altre voci disponibili del bilancio (o della contabilità), di guisa che non possono essere destinati, al fine di godere delle agevolazioni, altri accantonamenti che non siano qualificabili "utili di esercizio" [nota 11].

A dire il vero, resta oscura la ragione di una interpretazione così rigida, almeno con riferimento, ad esempio, agli utili riportati a nuovo, considerata la medesima ratio ad essi riferibile.

è altresì utile ricordare che, al fine dell'agevolazione, dal programma devono emergere, ossia devono essere concretamente individuati, gli investimenti da realizzare.

L'Agenzia delle entrate [nota 12] ha opportunamente chiarito che rientrano nella nozione di investimenti sia "i costi sostenuti per l'acquisto o l'utilizzo di beni (strumentali e non) e servizi, sia quelli per l'utilizzo di personale, sia i costi relativi a beni, servizi e personale messi a disposizione da parte delle imprese aderenti al contratto di rete".

In particolare la riserva da accantonamento di utili destinati al programma di "rete d'impresa"

Al fine, dunque, di ottenere l'agevolazione, l'impresa partecipe accantonerà l'utile di esercizio in apposita riserva.

Il regime agevolativo consisterà come anticipato in una sospensione di imposta.

Il che val quanto dire che la riserva ed il correlato ammontare non concorreranno a determinare il reddito imponibile dell'impresa partecipe alla rete .

Il regime di sospensione d'imposta cesserà nell'esercizio in cui la riserva è stata utilizzata per scopi diversi dalla copertura di perdite.

Giova pure ricordare, sul piano puramente applicativo, che l'Agenzia delle entrate, con provvedimento del 13 giugno 2011, ha fissato nel 75,373% la misura massima del risparmio d'imposta per l'esercizio chiuso al 31 dicembre 2010 (le cui dichiarazioni sono in corso di presentazione appunto in questo 2011).

è di tutta evidenza, pure, che l'agevolazione è anticipata rispetto all'effettiva realizzazione degli investimenti. Ancorché, a tale riguardo, sia stato utilmente chiarito che i presupposti soggettivi ed oggettivi per l'accesso e per il godimento dell'agevolazione devono sussistere al momento in cui l'agevolazione è effettivamente goduta, ossia "al momento del pagamento dell'imposta".

La destinazione della riserva va fatta con un adeguato riferimento normativo determinante l'accesso alle agevolazioni.

Deve inoltre considerarsi che gli utili accantonati che non concorrono alla formazione reddito d'impresa, non possono superare il milione di euro (per singola impresa aderente alla rete) "anche se aderisce a più di un contratto di rete, e per ciascun periodo d'imposta in cui è consentito l'accesso all'agevolazione" [nota 13].

Il che, ovviamente, non esclude civilisticamente una destinazione d'importo superiore, ma, fiscalmente, in tutta evidenza ne limita la rilevanza.

Va in ogni caso considerato, poi, che tale agevolazione vale ai fini della tassazione dei redditi (ossia ai fini Irpef ed Ires), ma non per l'Irap.

Di essa si può godere al momento del versamento del saldo delle imposte riferite al periodo di imposta concernente l'esercizio cui si riferiscono gli utili accantonati.

L'agevolazione concerne il saldo delle imposte ma non gli acconti. Questi ultimi se eccedenti - in dipendenza dell'agevolazione in parola - al momento del saldo generano un credito d'imposta di cui il contribuente si avvantaggerà nei modi ordinari.

La norma prevede, tra l'altro, che gli investimenti debbano essere realizzati "entro l'esercizio successivo". è pure condivisibile che detto esercizio sia quello "successivo a quello in cui è assunta la delibera di accantonamento degli utili dell'esercizio e non a quello di maturazione degli utili accantonati".

La riserva oltre che indicata con esplicito riferimento alla normativa che la autorizza deve essere opportunamente indicata nella nota integrativa. Obbligo, quest'ultimo che deve considerarsi vigente per le sole imprese partecipi obbligate alla redazione del bilancio.

Dal punto di vista strettamente applicativo vale anche ricordare che con la risoluzione n. 89/E del 12 settembre, l'Agenzia delle entrate ha, ulteriormente, ritenuto di dover chiarire che le imprese aderenti possono godere dell'agevolazione anche nel caso in cui l'asseverazione del programma sia intervenuta dopo il 30 settembre 2011 (termine di presentazione dell'Unico) "a condizione che la comunicazione all'organo comune per l'esecuzione del contratto della rete, ovvero al rappresentante comune avvenga entro il 31 dicembre 2011".

Il che vale quanto dire che le imprese aderenti che abbiano effettuato l'accantonamento ad apposita riserva di una quota degli utili di esercizio 2010 da destinare al fondo patrimoniale comune entro il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi, e che abbiano stipulato il contratto di rete (oltre che all'onere pubblicitario) entro il 30 settembre 2011, possono invocare l'agevolazione in Unico 2011 e procedere, così, al recupero del saldo versato in eccedenza mediante compensazione con il primo versamento utile da effettuare a partire dal 1° ottobre, purchè esse comunichino all'organo comune ovvero al rappresentante della rete entro il 31 dicembre 2011 l'avvenuta asseverazione del programma da parte dei competenti organi.

L'agevolazione cessa se gli utili accantonati nell'apposita riserva vengono utilizzati per fini diversi dalla copertura perdite. Ne deriva che trattasi di norma istitutiva di una riserva in "sospensione d'imposta" che dura nel termine previsto dalla legge fino a quando siano realizzati gli investimenti di cui al programma di rete al quale l'impresa abbia aderito.

Completato il programma, "il regime di sospensione di imposta permane fino all'esercizio in cui la riserva appositamente formata è utilizzata per scopi diversi dalla copertura di perdite di esercizio".

Questo, per l'appunto, l'aspetto più significativo, sul piano civilistico-contabile, della disposizione in esame.

Esso consente di affermare, in perfetta coerenza con il sistema delle "riserve in sospensione" che la riserva de qua è autentica riserva, ed è quindi utilizzabile ad ogni scopo, ivi compreso la copertura delle perdite.

Tale utilizzo, tuttavia, non sospende l'agevolazione, né obbliga, nel silenzio della legge alla sua ricostituzione. Dal tenore della norma neppure si possono escludere altri utilizzi, solo che, in generale, ogni altro utilizzo determinerebbe la cessazione del regime di sospensione.

Resterebbe da comprendere se l'utilizzo al fine dell'aumento del capitale sociale della riserva determini la cessazione del regime di sospensione, considerato che tale destinazione non sembra in alcun modo preclusa.

La conclusione sembra deporre nel senso che l'utilizzo al fine dell'aumento determini la cessazione dell'agevolazione: se da un lato, infatti, il vincolo di destinazione all'attività d'impresa risulterebbe rafforzato dall'imputazione a capitale della riserva al vaglio, d'altra parte esso diventerebbe generico rispetto alla specifica previsione normativa che esige, al contrario, che la riserva debba avere un vincolo "al fondo patrimoniale per la realizzazione degli investimenti" (della rete). L'imputazione a capitale, quindi, determina la cessazione dell'agevolazione.

L'inquadramento della riserva da partecipazione a rete d'impresa tra le riserve in sospensione d'imposta

Risulta chiaro che la riserva derivante dal conseguimento dell'agevolazione "da rete" si inquadra perfettamente nel tendenziale disinquinamento fiscale voluto dal legislatore, al fine di eliminare interferenze tra contenuto cosiddetto civilistico del bilancio e normativa fiscale.

La tendenza in questione, peraltro, risulta dall'eliminazione del secondo comma della previgente formulazione dell'art. 2426 c.c., e, più specificatamente, dall' integrale riformulazione del punto 14 dell'art. 2427 c.c., che impone che la nota integrativa contenga un prospetto dal quale risulti la descrizione delle differenze temporanee che determinano la rilevazione di imposte differite ed anticipate.

In questo quadro si inserisce, accanto alle riserve in sospensione, anche la c.d. "riserva tassata", la cui genesi è da individuare nella legge 823\1973 che prevedeva la possibilità di iscrivere a bilancio una riserva "tassata fino alla concorrenza della differenza tra ammontare complessivo degli imponibili definiti con condono e l'ammontare degli imponibili dichiarati".

La riserva in esame, detta anche da condono, era, al pari di quelle in sospensione di imposta, vera riserva, costituita con utili coperti da un condono fiscale e quindi non più suscettibili di "modifiche fiscali".

Pertanto, trattandosi di vera riserva, si riteneva che la sua disciplina fosse quella delle comuni riserve di bilancio: libera distribuibilità e utilizzabilità al fine della copertura delle perdite e dell'aumento gratuito di capitale sociale [nota 14].

Vale la pena solo ricordare, a tale riguardo, che si leggono ancor oggi, nei bilanci, riserve da condono, tra cui, in particolare, quelle formate in applicazione dell'art. 15 del D.l. 10 luglio 1982, n. 429, convertito dalla legge 7 agosto 1982, n. 516, e dell'art. 33, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, ovvero quelle di cui all'art. 14 ("Regolarizzazione delle scritture contabili") della legge 27 dicembre 2002, n. 289 [nota 15].

Occorre anche rammentare che si definiscono "riserve o riprese" tassate le rettifiche da effettuarsi in bilancio, di seguito a correzioni apportate dall'amministrazione finanziaria a poste attive o passive: si pensi ad una voce dell'attivo giudicata dall'amministrazione finanziaria sottovalutata, o ad un passivo considerato eccessivo [nota 16]. In tali casi, occorrerà iscrivere all'attivo la posta al valore rettificato ed al passivo un fondo pari al valore di rettifica a denominarsi riserva tassata.

Come già indicato da autorevole dottrina [nota 17], la natura delle riserve al vaglio varia secondo il tipo di ripresa: se la rettifica dell'amministrazione non è conforme ai principi civilistici [nota 18], la ripresa determina, in realtà, una mera posta rettificativa che dovrà trattarsi in quanto tale. Ove, al contrario, la ripresa imponga di considerare un autentico valore patrimoniale (si pensi ad un ammortamento assolutamente eccessivo) è allora evidente che essa imponga la costituzione di un'autentica riserva che, in quanto tale, potrà distribuirsi, o imputarsi a capitale o assorbire perdite, al pari delle altre riserve e conformemente alle regole relative.

In conclusione, le riserve rinvenienti da partecipazione a reti d'impresa sono autentiche poste di netto agevolate per come qui indicato.

Le stesse rispondono pienamente alle esigenze della composizione del netto patrimoniale, laddove di netto in senso proprio, per le molte cose chiarite, si possa parlare; ossia di autentiche poste utili alle tradizionali operazioni sul capitale sociale (aumenti e\o riduzioni).

Per l'aspetto al vaglio, è utile sottolineare la loro contiguità, in termini di disciplina, alle riserve in sospensione d'imposta nella fusione: ai sensi del comma 5 dell'articolo 172 Tuir (D.P.R. del 22 dicembre 1986, n. 917) infatti "Le riserve in sospensione di imposta, iscritte nell'ultimo bilancio delle società fuse o incorporate concorrono a formare il reddito della società risultante dalla fusione o incorporante se e nella misura in cui non siano state ricostituite nel suo bilancio prioritariamente utilizzando l'eventuale avanzo da fusione. Questa disposizione non si applica per le riserve tassabili solo in caso di distribuzione le quali, se e nel limite in cui vi sia avanzo di fusione o aumento di capitale per un ammontare superiore al capitale complessivo delle società partecipanti alla fusione al netto delle quote del capitale di ciascuna di esse già possedute dalla stessa o da altre, concorrono a formare il reddito della società risultante dalla fusione o incorporante in caso di distribuzione dell'avanzo o di distribuzione del capitale ai soci; quelle che anteriormente alla fusione sono state imputate al capitale delle società fuse o incorporate si intendono trasferite nel capitale della società risultante dalla fusione o incorporante e concorrono a formarne il reddito in caso di riduzione del capitale per esuberanza".

Per quanto qui all'evidenza, non può non considerarsi che l'avanzo da fusione deve utilizzarsi per ricomporre le riserve in sospensione d'imposta iscritte nel bilancio della società incorporata o delle società fuse, e, ove ciò non sia possibile, il loro ammontare concorre a formare il reddito dell'incorporante o della newco.

Qui dovrebbe approfondirsi quanto l'avanzo da fusione sia utile alla formazione di voci da netto reale, come pare a chi scrive, e, come tale circostanza, possa congruamente raccordarsi con il sistema della continuità dei valori contabili di cui al disposto del numero 6 dell'art. 2423-bis c.c., ma questa è opzione di studio estranea agli scopi del presente lavoro.


[nota 1] "Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese", in G.U. n. 265 del 14 novembre 2011.

[nota 2] La quale, con decisione del 26 gennaio 2011, ha chiarito non possa ipotizzarsi ""aiuto di Stato", confermandone, quindi, la piena legittimità, in http://eur-le.europa.eu.

[nota 3] F. CAFAGGI "Il Contratto di rete nella prassi. Prime riflessioni", in I Contratti, 2011, 5, p. 504 e ss.

[nota 4] M. MALTONI - P. SPADA, "Il contratto di rete", studio n. 1-2011/I, Approvato dalla Commissione studi d'impresa il 20 aprile 2011.

[nota 5] La cui previsione, se, da un lato, non risulta obbligatoria ai fini della validità civilistica del contratto, dall'altro, come si vedrà più avanti, condiziona il conseguimento dell'agevolazione fiscale.

[nota 6] Cfr. circolare n. 15/E, del 14 aprile 2011, dell'Agenzia delle entrate, Direzione centrale normativa, in www.agenziaentrate.gov.it, sul presupposto che l'art. 42 comma 2-quater del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122) statuisce quanto segue : "Fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2012, una quota degli utili dell'esercizio destinati dalle imprese che sottoscrivono o aderiscono a un contratto di rete …, se accantonati ad apposita riserva, concorrono alla formazione del reddito nell'esercizio in cui la riserva è utilizzata per scopi diversi dalla copertura di perdite di esercizio ovvero in cui viene meno l'adesione al contratto di rete".

[nota 7] Cfr. circolare n. 15/E, del 14 aprile 2011, cit.

[nota 8] Per i complessi problemi connessi alla cosiddetta "compatibilità", si rinvia a M. MALTONI - P. SPADA, op. cit.

[nota 9 Cfr. M. MALTONI - P. SPADA, op. cit.

[nota 10] Giova a tale specifico riguardo sottolineare che l'art. 3, comma 1, del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 25 febbraio stabilisce che "Sono abilitati a rilasciare l'asseverazione del Programma gli organismi espressi dalle Confederazioni di rappresentanza datoriale rappresentative a livello nazionale presenti nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro ai sensi della legge 30 dicembre 1986, n. 836, espressioni di interessi generali di una pluralità di categorie e territori". Le Confederazioni, quindi, devono comunicare l'elenco degli organismi all'Agenzia delle entrate che provvede alla loro pubblicazione.

[nota 11] Ciò implica, anche, che le società o le imprese in pareggio o in perdita possono concludere contratti di rete, ma senza accedere al regime agevolativo, non avendo utili d'esercizio da destinare.

[nota 12] Cfr. circolare n. 15/E, del 14 aprile 2011, cit.

[nota 13] Cfr. circolare n. 15/E, del 14 aprile 2011, cit.

[nota 14] B. QUATRARO - R. ISRAEL - S. D'AMORA - G. QUATRARO, Trattato economico-pratico delle operazioni sul capitale, II ed., tomo I, Milano, 2001, p. 573.

[nota 15] In relazione alle quali, si ricorda, che la legge 30 dicembre 2004, n. 311. articolo 1, ai commi da 473 a 478 ha previsto la possibilità di affrancare, con il pagamento di un'imposta sostitutiva dell'Irpef, dell'Ires e dell'Irap, sia le dette riserve, che i fondi in regime di sospensione d'imposta, nonché i saldi attivi di rivalutazione, costituiti ai sensi di precedenti leggi di rivalutazione. Sul punto, cfr. circolare Ministero dell'economia e finanze del 15/07/2005 n. 33/E.

[nota 16] B. QUATRARO - R. ISRAEL - S. D'AMORA - G. QUATRARO, op. cit., p. 584.

[nota 17] G.E. COLOMBO, Il bilancio e le operazioni sul capitale, in Aumenti e riduzioni di capitale a cura del Comitato regionale notarile lombardo, 1985, p. 850 e ss.

[nota 18] Si faceva l'esempio di un credito correttamente svalutato sul piano civilistico perché il debitore era fallito, ma eccessivamente svalutato sul piano fiscale.

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