Potestà genitoriale: rapporti personali e patrimoniali
Potestà genitoriale: rapporti personali e patrimoniali
di Guido De Rosa e Emanuele Calò

In seguito alla riforma posta in essere dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219 (63), il codice civile (art. 315) dispone che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico. Coerentemente con ciò, il nuovo testo dell’art 74 c.c. dispone che la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia a) nel caso in cui la filiazione è avvenuta all'interno del matrimonio, sia b) nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia c) nel caso in cui il figlio è adottivo; il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione di persone maggiori di età (articoli 291 e seguenti).

Dal canto suo, il nuovo art. 315-bis c.c. dispone che il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti. Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.

Appare opportuno rammentare che il Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, all’art. 23 lett. b) dispone che, fra i motivi di non riconoscimento delle decisioni relative alla responsabilità genitoriale, vi è, salvo i casi d’urgenza, il fatto che la decisione sia stata resa senza che il minore abbia avuto la possibilità di essere ascoltato, in violazione dei principi fondamentali di procedura dello Stato membro richiesto. Su questo punto, occorrerà che il giudice adito faccia attenzione, onde evitare tale mancato riconoscimento.

Bisognerebbe considerare anche gli obblighi stabiliti da fonti non nazionali che possono gravare sul nostro giudice. L’art. 24, comma primo, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dispone che i bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità.

Dal canto suo, la Convenzione europea sui diritti dei fanciulli (legge 20 marzo 2003, n. 77) (64) attribuisce al minore capace di discernimento il diritto di essere ascoltato in determinate procedure, diritto che però il nostro legislatore, dovendo designare (art. 1, comma 4°) almeno tre categorie di controversie famigliari dinanzi ad un’autorità giudiziaria cui la Convenzione può applicarsi, ne ha ritretto parecchio la portata (65).

Prima ancora, la Convenzione internazionali sui diritti del fanciullo (legge 27 maggio 1991, n. 176) (66) aveva previsto, all’art. 12, il diritto del fanciullo capace di discernimento di essere ascoltato anche in sede giurisdizionale. Ora la riforma del 2012 fa recuperare del tempo (ma la giurisprudenza aveva già segnato qualche progresso (67), anche se le sue disposizioni sono incompatibili con precedenti disposizioni del codice civile e del codice di procedura civile, e, anziché derogarle in ordine sparso, sarebbe stato preferibile provvedere direttamente alla loro modifica.

La potestà genitoriale è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori (art. 316 c.c.). L’art. 30 della Costituzione italiana dispone che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, all’art. 14, comma 3 dispone che la libertà di creare istituti di insegnamento nel rispetto dei principi democratici, così come il diritto dei genitori di provvedere all'educazione e all'istruzione dei loro figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, sono rispettati secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio. L’art. 24 della stessa Carta dispone che i bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità. In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente. Ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo se ciò fosse contrario al suo interesse.

Dal canto suo, la Convenzione europea sui diritti dei fanciulli (legge 20 marzo 2003, n. 77) (68) attribuisce al minore capace di discernimento il diritto di essere ascoltato in determinate procedure, diritto che però il nostro legislatore, dovendo designare (art. 1, comma 4°) almeno tre categorie di controversie famigliari dinanzi ad un’autorità giudiziaria cui la Convenzione può applicarsi, ha trovato il modo di restringerne oltremodo la portata (69). Prima ancora, la Convenzione internazionali sui diritti del fanciullo (legge 27 maggio 1991, n. 176) (70) aveva previsto, all’art. 12, il diritto del fanciullo capace di discernimento di essere ascoltato anche in sede giurisdizionale. Quest’ultima dispone anche (art. 9) che gli Stati parti vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà a meno che le autorità competenti non decidano, sotto riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura applicabili, che questa separazione è necessaria nell'interesse preminente del fanciullo. Una decisione in questo senso può essere necessaria in taluni casi particolari, ad esempio quando i genitori maltrattano o trascurano il fanciullo oppure se vivono separati ed una decisione debba essere presa riguardo al luogo di residenza del fanciullo.

Si consideri che, finora, le legislazioni che non hanno apportato significative riforme al diritto di famiglia, hanno sovente queste connotazioni: a) disciplinano la capacità d’agire equiparando, addirittura, quella dei minori a quella degli interdetti, considerando ambedue quali incapaci assoluti, b) discriminano i diritti dei figli naturali rispetto ai figli legittimi; al riguardo, sono state introdotte in diversi Paesi importanti riforme legislative (71).

Rimangono comunque i poteri dei genitori; ad esempio, l’art. 318 c.c. dispone che il figlio non può abbandonare la casa dei genitori o del genitore che esercita su di lui la potestà né la dimora da essi assegnatagli e che, qualora se ne allontani senza permesso, i genitori possono richiamarlo ricorrendo, se necessario, al giudice tutelare.

Quanto al mantenimento, di cui al citato art. 315bis c.c., si tratta di una nozione che fa capo ad un determinato tenore di vita, ed i suoi presupposti e conseguenze sono radicalmente diversi dagli alimenti (art. 433 ss. c.c., che tendono a raggiungere un minimo esistenziale qualificato). A loro volta, gli alimenti di cui al codice civile dovrebbero essere diversi da quelli di cui al Regolamento (CE) N. 4/2009 del Consiglio del 18 dicembre 2008 relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari ed al protocollo dell’Aia del 23 novembre 2007 relativo alla legge applicabile alle obbligazioni alimentari.

I rapporti coi figli, sempre per quanto riguarda il loro mantenimento, non si esauriscono col raggiungimento della maggiore età. A tale riguardo, la Cassazione ha ritenuto che l'obbligo del genitore di provvedere al mantenimento del figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età da parte di quest'ultimo, ma perdura finché il genitore interessato non dia prova che il figlio ha raggiunto l'indipendenza economica, ovvero è stato posto nelle concrete condizioni per poter essere economicamente autosufficiente (si trattava di un caso in cui la Suprema Corte ha cassato il decreto dei giudici di merito che avevano ritenuto assolto l'onere probatorio gravante sull'obbligato con la dimostrazione del solo inizio dell'attività imprenditoriale della figlia, senza indagare sulle cause dell'attuale stato di disoccupazione della stessa e sulla dedotta titolarità meramente formale dell'attività). (72) Indi, in tema di separazione o divorzio, la Cassazione ha disposto che l’obbligo di versare il contributo di mantenimento per i figli maggiorenni al coniuge presso il quale essi vivono cessa solo ove il genitore obbligato provi che essi abbiano raggiunto l’indipendenza economica, percependo un reddito corrispondente alla professionalità acquisita in relazione alle normali condizioni di mercato, ovvero che essi si sottraggano volontariamente allo svolgimento di attività lavorativa adeguata (73).

Come prima accennato, il mantenimento è un obbligo ben diverso dagli alimenti, che possono pretendersi sempre – naturalmente, ove ne sussistano i presupposti – una volta venuto meno l’obbligo di mantenimento (74).

Gli aspetti patrimoniali dei rapporti fra genitori e figli sono contrassegnati, nel nostro ordinamento, da una impostazione che dovrebbe avere scarsi riscontri in diritto comparato, che si basa in una congerie di garanzie che sembrerebbero talvolta sconfinare in un rigore eccessivo.

L’art. 320 c.c. dispone che i genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà rappresentano i figli nati e nascituri in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore. in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni concordate, è previsto l’intervento del giudice. I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali o compiere altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione né promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti, se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare. I capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del giudice tutelare, il quale ne determina l'impiego. L'esercizio di una impresa commerciale non può essere continuato se non con l'autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare. Questi può consentire l'esercizio provvisorio dell'impresa, fino a quando il tribunale abbia deliberato sulla istanza. Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti alla stessa potestà, o tra essi e i genitori o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, il giudice tutelare nomina ai figli un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i figli e uno solo dei genitori esercenti la potestà, la rappresentanza dei figli spetta esclusivamente all'altro genitore.

In questi casi, si pone il problema dell’eccessiva severità del sistema. Come sopra riportato, i genitori non possono accettare le eredità devolute al figlio minore sotto potestà se non per necessità o utilità evidente del figlio, dopo autorizzazione del giudice tutelare. L’art. 471 c.c., dal canto suo, dispone che non si possono accettare le eredità devolute ai minori se non col beneficio d’inventario. Ne consegue che il legislatore non considera sufficiente garanzia l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, ma richiede anche l’autorizzazione giudiziale per l’accettazione con beneficio d’inventario (75).

In giurisprudenza, si è ad esempio deciso che, nel caso di donazione in favore di minore, per la cui accettazione è richiesta in ogni caso l'autorizzazione del giudice tutelare, a norma dell'art. 320 comma 3 c.c., qualora la qualità di donante venga assunta da entrambi, o anche da uno solo dei genitori investiti della legale rappresentanza del minore stesso, si verifica un'ipotesi di conflitto di interessi patrimoniali, che rientra nell'ambito della previsione dell'ultimo comma del citato art. 320 c.c., con il conseguente potere-dovere del giudice tutelare di nominare un terzo curatore speciale, e non della previsione del successivo art. 321, il quale con l'intervento del tribunale, regola il diverso caso dell'impedimento o della voluta omissione dei genitori medesimo rispetto all'attività necessaria per la tutela del figlio minore (76). La giurisprudenza considera che, nella donazione, vi sia o un conflitto d’interessi fra donante e donatario (in quanto il donatario è il primo soggetto tenuto agli alimenti ai sensi dell’art. 437 c.c.) oppure che, in ogni caso, manchi la dualità di posizioni richiesta per i contratti, poiché il donante sarebbe al contempo rappresentante del donatario. Sta di fatto che gli atti di natura patrimoniale compiuti dai genitori in nome e per conto del figlio sono contrassegnati sia da requisiti procedurali lenti e costosi, che talvolta potrebbero pure essere eliminati senza alcun nocumento per gli incapaci. Lo stesso requisito dell’accettazione col beneficio d’inventario per i minori, anch’esso lento e costoso, non è imprescindibile, e potrebbe essere surrogato da altri controlli, meno lenti e costosi. Il nostro ordinamento necessita di ammodernamento, e questa è un’esigenza più generale, che attiene alla necessità di rendere competitiva l’economia, nel rispetto però delle garanzie legali. Questi compiti sono stati soventi assolti dai notai, la cui natura di delegati dell’autorità statale li colloca nella situazione ideale per rendere il diritto più amichevole per il cittadino.


(63) Rosario Carrano, Lo stato giuridico di figlio e il nuovo statuto dei diritti e doveri, Giust. Civ. 2011, p.183; G. Ferrando, Relazione introduttiva, A.A.V.V., Genitori e figli: quali riforme  per le nuove famiglie, a cura di G. Ferrando e G. Laurini, Quaderni Notariato, n. 30, Milano, 2013, p. 5 ss. La quale lamenta che questa legge non abbia ridimensionato, in ambito successorio, la tutela fei legittimari (p.7).
(64) Vedi A. Liuzzi, La Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli: prime osservazioni, in Fam. e dir.,  2003, p. 287.
(65) Al riguardo si è asserito che così rimangono fuori i procedimenti di adozione, separazione coniugale e divorzio, controllo della potestà genitoriale e tutela (L. D’Avack, Il Regolamento CE 2201/2003, entrato in vigore il 1° marzo 2005, A.A.V.V.,Un nuovo diritto di famiglia europeo, a cura di C. Andrini, (Atti dell’incontro di studi del 2005), Padova, 2007, p. 132).
(66) Cfr. E. Calò, Appunti sulla capacità d’agire dei minori, in Dir. Fam., 1997, p. 1604.
(67) “E’ obbligatoria l’audizione dei figli minori nel procedimento ex art. 710 c.p.c. di modifica delle condizioni di separazione tra i coniugi, e la sua omissione determina la nullità del provvedimento decisorio  per violazione dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 1996 sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, dell’art. 155 sexies c.c., oltreché del principio del contraddittorio e del giusto processo” (Cass. 21 ottobre 2009, n. 22238, Fam. e Dir., 2010, p. 364, nota di A. Graziosi, Ebbene sì, il minore ha diritto di essere ascoltato nel processo.
(68) Vedi A. Liuzzi, La Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli: prime osservazioni, in Fam. e dir.,  2003, p. 287.
(69) Al riguardo si è asserito che così rimangono fuori i procedimenti di adozione, separazione coniugale e divorzio, controllo della potestà genitoriale e tutela (L. D’Avack, Il Regolamento CE 2201/2003, entrato in vigore il 1° marzo 2005, A.A.V.V., Un nuovo diritto di famiglia europeo, a cura di C. Andrini, (Atti dell’incontro di studi del 2005), Padova, 2007, p. 132).
(70) Cfr. E. Calò, Appunti sulla capacità d’agire dei minori, in Dir. Fam., 1997, p. 1604.
(71) Vedi, ad esempio, la legge argentina n° 23264, in B.O. 23/10/1985.)
(72) Cassazione civile 26 settembre 2011, n. 19589, Foro it., 2012, I, 1553, n. De Marzo. In materia, vedi G. Contiero,  Il mantenimento dei figli maggiorenni nella separazione e nel divorzio - Presupposti - Modalità - Durata, Giuffrè, Milano, 2011.
(73) Cass. civ., sez. I, 22 marzo 2012, n. 4555.
(74) P. Vercellone, La potestà dei genitori, in: Trattato di diritto di famiglia, diretto da P. Zatti, vol. secondo, Filiazione, a cura di G. Collura, L. Lenti, M. Mantovani, Milano, 2002, p. 957.
(75) G. De Cristofaro,  Il contenuto patrimoniale della potestà, in : Trattato di diritto di famiglia, diretto da P. Zatti, vol. secondo, Filiazione, a cura di G. Collura, L. Lenti e Manuela Mantovani, Milano, 2002, p. 1090.
(76) Riv. Not. 1981, p. 149.

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