Le nuove Srl
Le nuove Srl
di Umberto Tombari
Professore ordinario di Diritto commerciale, Università di Firenze

La riflessione sulle “nuove Srl”(1), deve interessare necessariamente il più ampio contesto della società a responsabilità limitata e più specificamente il modo in cui tale modello si è evoluto dalla riforma del diritto societario ad oggi.
A dieci anni dalla riforma è opportuna una valutazione dell’istituto e una verifica di come la disciplina delle Srl si è sviluppata attraverso il necessario momento interpretativo.
Le ultime e caotiche modifiche legislative, che, purtroppo, non riguardano la sola Srl(2), comportano rilevanti problemi.
In un contesto così confuso e contraddittorio diventa molto importante il ruolo del giurista, il quale ha il compito di definire e di costruire la norma applicabile al caso concreto.
In questa sede ci si limiterà a trarre alcuni spunti di riflessione sulla disciplina della Srl in generale. Come noto, la riforma del 2003 è stata caratterizzata dall’esigenza di rendere il diritto societario italiano competitivo rispetto agli ordinamenti di altri Paesi. Questo dibattito che si è affievolito - in parte - in Italia, continua ad avere grande rilevanza in Europa.
L’esame della Srl, in quanto modello più diffuso, offre la possibilità di valutare se con la riforma del
2003 si sia riusciti ad ottenere un efficiente diritto societario nel suo complesso.
Ai fini di questa indagine è importante, peraltro, evidenziare i dati statistici dell’Osservatorio della Camera di commercio di Milano divulgati di recente, i quali ci forniscono un’interessante prospettiva della situazione di insieme.
Dal 30 giugno 2005 al 1° marzo 2013 si è passati da circa 1.046.000 Srl, a 1.357.000, con un incremento dell’utilizzo di tale modello di circa il 30%.
In questo stesso periodo, invece, le SpA sono passate da 61.314 a circa 48.000, con una riduzione, quindi, di circa il 21%.
Le società di persone scendono al di sotto del numero delle Srl: a giugno del 2005 erano circa
1.227.000, mentre oggi se ne contano 1.118.000.
Il sorpasso delle Srl rispetto alle società di persone - auspicato in sede di riforma del diritto societario
- si è, pertanto, verificato.
È peraltro da chiedersi per quali motivi il modello della SpA sia in calo rispetto a quello delle Srl. In un Paese come l’Italia, in cui le società quotate sono meno di 300, la SpA è una forma societaria frequentemente utilizzata dalla media e in certi casi anche dalla piccola impresa; in altri Paesi, come ad esempio la Germania, essa è generalmente il modello della grande impresa.
La flessione del dato sulle SpA, pertanto, dipende principalmente da due fattori: da un lato il declino della grande e media azienda, dall’altro il fatto che il modello di Srl comincia a funzionare e a trovare successo nelle Pmi (anche se occorre sottolineare che l’incremento delle Srl è da ascrivere principalmente alle Srl unipersonali). Per altro verso, anche il sorpasso sulle società di persone testimonia la funzionalità del modello Srl nei confronti della piccola impresa.
È interessante porre in luce il dato relativo alle società di capitali assoggettate a direzione e coordinamento che al marzo 2013 risultavano essere 40.000 e di cui circa 32.000 sono Srl. Questo non vuol dire necessariamente che la maggior parte delle Srl facciano parte di un gruppo e che siano, quindi, in posizione di eterodirette, ma non v’è dubbio che, nell’ambito delle società dirette e coordinate, esse rappresentano il tassello migliore per dare forma organizzativa alle società eterodirette. Di qui, una ulteriore riflessione: finora il diritto dei gruppi è stato pensato prevalentemente per la SpA, ma è arrivato il momento di cominciare a considerare la Srl come modello ideale di riferimento di una società di gruppo.

Il compito di questa giornata di studi è certamente quello di riflettere sulle “nuove” Srl e sulle operazioni che tali forme di società possono porre in essere, ma anche di valutare attraverso questo contesto che cosa sia oggi la Srl in generale; in particolare, si pone la domanda se possa rappresentare quel modello competitivo che può dare un elemento di attrattività al nostro ordinamento societario rispetto a quello di altri Paesi.
E se da un lato occorre considerare i vantaggi che questo modello comporta, dall’altro bisogna analizzare i problemi che può sollevare, tra cui in particolare quello delle lacune normative. È certo, ad esempio, che il mancato richiamo (nella disciplina delle Srl) a disposizioni come quelle contenute nel diritto azionario agli artt. 2409 c.c. o 2394 c.c. siano da ricondurre ad una precisa intenzione del legislatore piuttosto che ad una lacuna normativa; è altresì evidente, tuttavia, che nella pratica quotidiana si riscontrano spesso situazioni di incertezza con riferimento al caso concreto. In particolare, è necessario capire fino a che punto ci si può spingere con un’interpretazione analogica e rispetto a quale disciplina. A fronte di ciò, le prospettive che si pongono all’interprete sono sostanzialmente tre:
• la prima ipotesi è quella di fare riferimento al corpo normativo della SpA, intendendola come un contenitore di principi generali per tutte le forme associative;
• la seconda ipotesi è quella di far riferimento al corpo normativo delle società di persone, soprattutto
nelle ipotesi in cui il modello “reale” di Srl abbia assunto forti connotati personalistici;
• la terza ipotesi è quella di ricostruire - dall’intero complesso della società a responsabilità limitata - una pluralità di principi generali propri esclusivamente di questa forma societaria, attraverso i quali colmare le eventuali lacune.

E la mia preferenza tende decisamente a questa terza ipotesi.


(1) Si fa riferimento alla società a responsabilità limitata semplificata - inserita nel nostro ordinamento all’art. 2463-bis c.c. dall’art. 3 del D.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla L. 24 marzo 2012, n. 27 - e alla società a responsabilità limitata a capitale ridotto (c.d. Srlcr), introdotta dall’art. 44 del D.l. 22 giugno 2012, n. 83 recante “Misure urgenti per la crescita del Paese” (pubblicato nella G.U. 26 giugno 2012, n. 147, convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134), poi però espunta con l’emanazione dell’art. 9, comma 14, del D.l. 28 giugno 2013, n. 76 (pubblicato nella G.U. 28 giugno 2013, n. 150) convertito in legge dall’art. 1, comma 1, della L. 9 agosto 2013, n. 99, che ha abrogato l’art. 44 commi 1, 2, 3 e 4 del D.l. 22 giugno 2012, n. 83.

(2) Basti pensare alle vicissitudini del contratto di rete e alle diverse modifiche intervenute dal 2009 ad oggi.

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