La Srl nei nuovi provvedimenti legislativi. Motivi ispiratori comuni, potenzialità e criticità
La Srl nei nuovi provvedimenti legislativi.
Motivi ispiratori comuni, potenzialità e criticità
di Giuseppe Zanarone
Emerito di Diritto commerciale, Università di Pavia

Premessa: origini e motivi ispiratori comuni delle novità legislative in materia di Srl

Più che delle “nuove” Srl, aggettivo abbondantemente sprecato già all’indomani della riforma del diritto societario del 2003, vorrei parlarvi - seguendo, credo, l’intenzione degli organizzatori di questo convegno - delle “nuovissime” Srl, vale a dire di quelle che sono scaturite dai più recenti provvedimenti legislativi, in particolare dai provvedimenti che si sono succeduti nell’ultimo biennio, più specificatamente ancora nel periodo intercorrente fra il novembre 2011, mese di emanazione della legge di stabilità per il 2012, e l’agosto del 2013, mese della conversione in legge del c.d. decreto lavoro. Si tratta infatti di un periodo assai significativo (occorre decidere se mirabilis oppure horribilis, secondo i punti di vista) per il nostro tipo societario, a causa delle rilevanti novità che l’hanno investito: novità di cui è sembrato qui opportuno tentare di fornire, se non una compiuta ricostruzione, data la loro vicinanza temporale, una prima illustrazione, anche in considerazione della presenza massiccia che la Srl vanta nell’economia del nostro Paese, dove rappresenta il tipo societario in assoluto più diffuso (basti pensare che, in base ai dati Infocamere sulle consistenze del Registro delle imprese al 30 giugno 2013, le Srl attive risultano ammontare a ben 941.902 unità, contro le 432.714 Snc e le sole 35.624 SpA).
Data la molteplicità delle suddette novità, non entrerò nel merito di ciascuna di esse (lo faranno meglio di me i relatori che mi seguiranno), ma cercherò di delinearne un quadro di insieme tentando di individuarne le ragioni giustificatrici comuni e di evidenziarne le potenzialità e le eventuali criticità. Incominciando dalle ragioni giustificatrici, occorre partire, per coglierle, dagli eventi politici che hanno generato i provvedimenti di cui parliamo, cioè dalla loro occasio legis.
Come tutti sicuramente ricordiamo, il 5 agosto del 2011, in piena esplosione dello spread fra i buoni del tesoro decennali italiani e gli equivalenti bund tedeschi, il Consiglio direttivo della Banca centrale europea, dopo aver discusso la situazione dei mercati dei titoli di Stato italiani, indirizzava al nostro Presidente del Consiglio pro tempore una lettera volta ad ottenere dalle autorità italiane un’azione pressante per ristabilire la fiducia degli investitori.
Al fine del raggiungimento di tale scopo, e nel presupposto che la difficile situazione italiana fosse dovuta fondamentalmente all’enorme debito pubblico, o meglio all’enorme squilibrio fra debito pubblico e prodotto interno lordo, la Bce indicava alcune misure idonee ad agire in senso virtuoso vuoi sul numeratore che sul denominatore di tale rapporto.
Per quanto riguarda il denominatore (che è quello più interessante ai nostri fini), si raccomandava l’adozione di misure significative per incrementare il potenziale di crescita del prodotto interno lordo: misure che venivano indicate fondamentalmente nella promozione della concorrenza, particolarmente nei servizi, e nel ridisegno di sistemi regolatori e fiscali che fossero più adatti a sostenere la competitività delle imprese e l’efficienza del mercato del lavoro.
Ora, che cosa c’entra tutto questo con la Srl?
Lo si capisce se si scorre la lettera del 26 ottobre 2011 con la quale il Governo italiano rispondeva alla ricordata missiva dell’Unione europea manifestando i propri intenti in ordine all’attuazione delle attese comunitarie. Tali intenti si traducevano, con riferimento alla crescita, in alcuni grandi obiettivi, tra i quali, per quanto riguarda più da vicino il discorso che qui ci interessa circa le forme giuridiche di impresa, risultavano annoverati: a) l’apertura dei mercati in chiave concorrenziale, attraverso un sistema di liberalizzazioni in grado di eliminare gli ostacoli all’ingresso di nuove imprese sui mercati medesimi e quindi di aumentare l’offerta complessiva; b) la semplificazione normativa e amministrativa, vale a dire la riduzione di quegli oneri burocratici o di altro genere che, traducendosi in ritardi o costi non strettamente necessari, compromettono le capacità di investimento dell’impresa; c) il sostegno all’imprenditorialità e all’innovazione, attraverso incentivi alla capitalizzazione e al finanziamento delle nuove imprese e delle imprese esistenti idonei ad incrementarne la capacità produttiva. Ebbene, già nella stessa lettera di intenti si faceva riferimento esplicito alla Srl allorché, nel paragrafo della semplificazione normativa e amministrativa, si contemplava tra le altre misure quella per cui il Governo mirava a «semplificare la costituzione del bilancio delle Srl, la digitalizzazione del deposito dell’atto di trasferimento delle quote delle società e lo snellimento in materia di vigilanza delle società di capitali e degli organi di controllo».
Ora, poiché tutti i successivi provvedimenti che hanno toccato più o meno da vicino la Srl risultano adottati dichiaratamente - come si legge non solo nei lavori preparatori ma addirittura nei preamboli dei medesimi - in attuazione degli impegni presi in sede europea, anche le novità in essi contenute riguardanti la Srl devono inquadrarsi e interpretarsi alla luce delle indicazioni di principio che da quegli impegni scaturiscono e che si esprimono - come abbiamo visto - nelle parole d’ordine della liberalizzazione, della semplificazione e del sostegno all’imprenditorialità.
Per dire la verità, il legislatore italiano da tempo, proprio in materia di Srl, aveva mosso passi sul terreno di tali principi.
Riguardo alla liberalizzazione, se noi intendiamo per libertà di impresa non solo quella di iniziativa in senso stretto, vale a dire di accesso ad una determinata attività produttiva, ma anche quella di esercitarla nelle forme organizzative volute, l’incremento della libertà d’impresa in materia di Srl è stato perseguito sia consentendo l’adozione di questo tipo societario ad un numero crescente di soggetti, sia aumentando il ruolo dell’autonomia statutaria nella regolamentazione del medesimo.
A) Sotto il primo profilo, quello cioè dell’apertura del tipo ad un numero crescente di soggetti, basti pensare, per esempio, alla possibilità, stabilita con la L. 88/1993 attuativa della XII direttiva Ce, vale a dire ben 10 anni prima rispetto alla SpA, che la Srl potesse essere costituita per atto unilaterale e potesse dunque essere utilizzata non più solamente da una pluralità di persone, come in passato, ma anche da una sola, e dunque anche da un imprenditore individuale; si consideri, ancora, sempre sotto il profilo della fruizione del tipo Srl da parte di un numero crescente di soggetti, a quella liberalizzazione strisciante che è stata rappresentata dalla perdurante mancata rivalutazione dei capitali minimi, cioè dal mancato adeguamento di essi al mutato potere d’acquisto della nostra moneta, fenomeno che dura ormai dall’ultima rivalutazione avvenuta con la legge Pandolfi del 1977, vale a dire da ormai 36 anni, nel corso dei quali la nostra moneta ha subito ulteriori deprezzamenti connessi ai processi inflazionistici che l’hanno colpita, con la conseguenza che gli attuali 10.000 euro costituenti il capitale minimo della Srl risultano avere, applicando l’indice di rivalutazione della moneta, un potere d’acquisto pari a circa il 13,6% di quello del 1977 e possono dunque essere messi a disposizione da un numero di soggetti ben superiore a quello di allora.
B) Sotto il secondo profilo, quello della autonomia statutaria, è noto come il processo di liberalizzazione in materia di Srl sia stato spinto alle estreme conseguenze con la riforma del 2003, nella quale il ruolo dell’autonomia statutaria, vale a dire della volontà delle parti in sede di regolamentazione del rapporto, è stato fortemente accentuato rispetto al passato lasciando all’atto costitutivo la possibilità di ampiamente derogare al regime legale, quantomeno in tema di organizzazione interna e di rapporti sociali, sì che oggi la Srl si presenta come un modello fortemente elastico, passibile di essere plasmato dalla volontà dei soci a somiglianza di una società di persone o di una SpA.
Riguardo alla semplificazione e alla riduzione dei costi, anche qui il legislatore si è mosso da tempo nel senso di favorire in modo particolare la Srl rispetto alla SpA. Ciò è avvenuto già fin dall’introduzione di questo tipo societario nel nostro ordinamento (basti pensare alla possibilità, che da subito il codice civile del 1942 aveva previsto per la piccola Srl, vale a dire per la Srl con capitale sociale inferiore a quello della SpA, di evitare la nomina del collegio sindacale). Ma il favor legislativo verso la Srl si è manifestato anche successivamente (ad es. con la riforma del 2003, dove viene eliminata la fase della revisione della stima dei conferimenti in natura e dove viene consentita l’adozione delle decisioni dei soci o degli amministratori attraverso procedimenti semplificati come la consultazione scritta, o, ancora con la legge del 2009 che abolisce la tenuta obbligatoria del libro dei soci).
Per quanto concerne, l’incentivazione, soprattutto finanziaria, all’imprenditorialità, almeno a partire dalla riforma del 2003 viene agevolato il reperimento da parte della Srl vuoi di capitale di rischio, attraverso l’apertura di questo tipo societario ai conferimenti d’opera (art. 2464, comma 4, c.c.), ancora preclusi nella SpA (sia pure con le garanzie di una polizza assicurativa o di una fideiussione bancaria), vuoi di capitale di credito, attraverso la possibilità, per la prima volta concessa alla Srl dall’art. 2483 c.c. di emettere titoli di debito, vale a dire sostanzialmente obbligazioni, prima riservate alla sola SpA. Rispetto tuttavia agli interventi legislativi fin qui operati a favore della Srl, occorre dire che il legislatore più recente ha decisamente premuto sul pedale dell’acceleratore, peraltro non sempre con adeguata consapevolezza circa l’impatto che le soluzioni adottate sono suscettibili di avere sul complesso degli interessi in gioco.
Passiamo ora rapidamente in rassegna i suddetti interventi tentandone un inquadramento alla luce delle rispettive ragioni ispiratrici.

Interventi riconducibili (quantomeno in via prevalente) alla logica della liberalizzazione

A) Certamente riconducibile a tale logica è la possibilità, per la Srl, di costituirsi con un capitale inferiore a 10.000 euro, purché almeno pari ad un euro: possibilità che, inizialmente riservata alle persone fisiche infratrentacinquenni con la Srl semplificata di cui al nuovo art. 2463-bis c.c., come introdotto dal D.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in L. 24 marzo 2012, n. 27, viene successivamente estesa anche alle persone fisiche che abbiano compiuto i trentacinque anni di età con la Srl a capitale ridotto di cui all’art. 44 D.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134. Una volta soppressa la Srl a capitale ridotto ad opera del D.l. 28 giugno 2013, n. 76, la suddetta possibilità, in sede di conversione di tale decreto nella L. 8 agosto 2013, n. 99, viene estesa a chiunque, anche alle persone giuridiche, attraverso la semplice modifica delle disposizioni sul capitale minimo di cui all’art. 2463 c.c., e dunque rimanendo all’interno della Srl ordinaria, mentre la Srl semplificata, con l’ulteriore beneficio dell’esenzione dagli oneri notarili e dai diritti di bollo e di segreteria, sia pure condizionato all’adozione di uno statuto tipizzato a livello ministeriale, viene riservata alle sole persone fisiche, le quali addirttura, se infratrentacinquenni, potranno fruire di ulteriori agevolazioni creditizie derivanti da appositi accordi fra il ministero dell’economia e delle finanze e l’associazione bancaria italiana. In ogni caso, l’autorizzazione a determinare il capitale sociale in misura inferiore a 10.000 trova compensazione (insufficiente, come vedremo) in alcuni correttivi posti a tutela dei terzi quali l’obbligo di effettuare i conferimenti in danaro e di versarne l’intero importo in sede di sottoscrizione dell’atto costitutivo, e soprattutto, da ultimo, la previsione di una riserva legale accelerata e maggiorata rispetto a quella ordinariamente richiesta.
Che i provvedimenti in parola siano finalizzati all’obiettivo delle liberalizzazioni, in funzione di promozione della concorrenza, scaturisce nettamente dai rispettivi lavori preparatori, dove si dice ad es., a proposito dell’originaria Srl semplificata, che le disposizioni sulla medesima tendono «a favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro … mediante la loro partecipazione a strutture associate prive dei rigorosi limiti previsti fino ad ora per le società di capitali, che di fatto impediscono l’accesso a tale tipo di struttura da parte degli imprenditori più giovani e meno abbienti», mentre, con riferimento alla Srl a capitale ridotto estesa a tutte le persone fisiche, si afferma l’intenzione di perseguire, mediante la rimozione del vincolo anagrafico dei 35 anni, un avanzamento del nostro Paese nella classifica Doing business stilata dalla Banca mondiale, dove esso occupa solamente il 77° posto, dietro a tutti i principali Paesi industrializzati, nella specifica voce “Starting a business”, scontando prevalentemente i maggiori oneri per l’avvio dell’impresa rappresentati anche dal capitale minimo, più elevato rispetto a quello richiesto dai Paesi Ue nostri potenziali concorrenti (è bene ricordare che all’interno di questi ultimi è in atto da tempo un movimento il quale si è tradotto, prima in Gran Bretagna, poi in Francia, poi in Germania, in Olanda, in Belgio, in Spagna, nella possibilità di dar vita ad una società di capitali di un euro proprio con riferimento ai tipi corrispondenti alla nostra Srl).
B) Alla logica della liberalizzazione appartiene anche la nuova disciplina delle società tra professionisti (anche se non riguardante la sola Srl), in quanto l’art. 10 della L. 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012), consente la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile, e dunque anche in forma di Srl, con ciò operandosi il definitivo superamento, come mettono in rilievo le relazioni di accompagnamento al provvedimento, del tradizionale divieto legislativo di esercizio delle attività professionali in forma societaria, e con effetto, dunque, di liberalizzare l’esercizio di tali attività, secondo i voti, del resto, del ricordato documento dell’Ue che raccomandava all’Italia di procedere nella liberalizzazione, fra l’altro, anche dei servizi.

Interventi prevalentemente riconducibili alla logica della semplificazione

A) A tale logica obbediscono certamente gli interventi legislativi in materia di controlli nella Srl, in base ai quali viene prima sostituito (art. 14 L. 12 novembre 2011, n. 183) e poi ulteriormente modificato (art. 35 D.l. 9 febbraio 2012, n. 5, come convertito il L. 4 aprile 2012, n. 35) l’art. 2477 c.c. nel senso che la Srl , in caso di nomina obbligatoria dell’organo di controllo (ad esempio perché il capitale della Srl ha raggiunto quello minimo della SpA), mentre in passato doveva munirsi di un collegio sindacale esattamente come la SpA (cioè di un organo composto da almeno tre membri effettivi e due supplenti), oggi può nominare anche un solo sindaco, o addirittura un revisore al posto del sindaco. Che la ragione ispiratrice sia quella indicata emerge con certezza dal tenore dei suddetti interventi in quanto il primo, vale a dire l’art 14 della L. 183/2011, è rubricato con il titolo “Riduzione degli oneri amministrativi per imprese e cittadini”, mentre il secondo, cioè l’art. 35 D.l. 5/2012, si trova collocato all’interno di un capo dedicato specificamente alle “Semplificazioni per le imprese”.
B) Sempre alla logica delle semplificazioni appartiene altresì la nuova disciplina delle formalità per il trasferimento delle partecipazioni di Srl, anch’essa contenuta nell’art. 14 della L. 183/2011 (legge di stabilità per il 2012).
Com’è noto, in base all’art. 2470, comma 2, c.c. occorre, per l’opponibilità alla società del trasferimento inter vivos della partecipazione in una Srl, il deposito dell’atto di trasferimento presso l’ufficio del Registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale: deposito il quale deve avvenire a cura del notaio chiamato ad autenticare le sottoscrizioni apposte all’atto.
Ebbene, la recentissima legge di stabilità per il 2012, con il già citato art. 14, intitolato “Riduzione degli oneri amministrativi per imprese e cittadini”, dettando una vera e propria interpretazione autentica di una disposizione del 2008 che consentiva, in alternativa alla procedura dell’art. 2470 c.c., la sottoscrizione dell’atto di trasferimento con firma digitale ed il suo deposito presso il Registro delle imprese a cura di un dottore commercialista, ragioniere o perito commerciale, anziché di un notaio, stabilisce, prendendo posizione su un contrasto interpretativo sorto all’indomani di tale disposizione, che quest’ultima «deve intendersi nel senso che l’atto di trasferimento delle partecipazioni di società a responsabilità limitata ivi disciplinato è in deroga al secondo comma dell’articolo 2470 del codice civile ed è sottoscritto con la firma digitale di cui all’articolo 24 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (codice dell’amministrazione digitale)»: vale a dire con firma digitale semplice e non con la firma autenticata di cui al successivo art. 25 di quest’ultimo, con la conseguente totale ininfluenza dell’intervento notarile nella procedura telematica di trasferimento delle quote.

Interventi riconducibili alla logica dell’incentivazione, soprattutto finanziaria, all’imprenditorialità

Al netto delle agevolazioni fiscali, che pure sono importantissime per stimolare la crescita, e dei trasferimenti diretti alle imprese (aiuti di Stato), le incentivazioni alle imprese si sono fondamentalmente tradotte in interventi normativi volti a stimolare la possibilità per queste ultime di finanziarsi anche attraverso canali alternativi rispetto a quello bancario, nella convinzione che la nuova regolamentazione Basilea III determini un prolungato periodo di razionamento del credito bancario all’economia e che quindi occorra attivare il ricorso a fonti diverse di reperimento delle risorse finanziarie, quali il mercato dei capitali o gli stessi soci.
A) Il mercato dei capitali.
Per quanto concerne la prima fonte di finanziamento alternativa a quella bancaria, vale a dire il mercato dei capitali, risulta particolarmente significativa, in ordine alla Srl, la nuova disciplina degli “strumenti di finanziamento”, riguardi essa la generalità delle imprese oppure singole categorie di queste ultime
A1) Strumenti di finanziamento riguardanti la generalità delle imprese.
Circa i finanziamenti riguardanti la generalità delle imprese, viene in rilievo, fondamentalmente, il D.l. 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), come convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, il cui art. 32, sotto l’intitolazione “Strumenti di finanziamento per le imprese”, pur non riguardando la sola Srl, incide tuttavia in misura significativa sulla disciplina di quest’ultima. Esso si occupa infatti, innanzi tutto, delle cambiali finanziarie, cioè di quei titoli di credito all’ordine (con scadenza da un mese a trentasei mesi, inferiore a quella normale delle obbligazioni) che, sulla base della L. 43/1994, sono emettibili in serie e sono girabili esclusivamente con la clausola “senza garanzia”, a proposito delle quali stabilisce che «possono essere emesse da società di capitali nonché da società cooperative e mutue assicuratrici diverse dalle banche e dalle micro-imprese», e dunque anche da Srl, in deroga all’art. 2483 c.c. che in questo tipo societario consente sì l’emissione di titoli di debito, ma imponendo a chi li trasferisce di garantire la solvenza della società. Il medesimo art. 32 D.l. 83/2012 autorizza inoltre le società non emittenti strumenti finanziari rappresentativi del capitale quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, e dunque anche le Srl, purché diverse dalle banche e dalle micro-imprese, ad emettere obbligazioni o titoli similari con clausole di partecipazione agli utili d’impresa e di subordinazione, purché con scadenza iniziale uguale o superiore a trentasei mesi: un’autorizzazione che sussisteva finora per la SpA, in forza dei primi due commi dell’art. 2411 c.c., ma non, almeno in modo espresso, per la Srl.
In entrambi i casi vengono ulteriormente aumentate le possibilità per la Srl di reperire nuove risorse sul mercato, grazie, ad esempio, per le cambiali finanziarie, alla maggiore facilità di circolazione connessa alla clausola “senza garanzia”, e, per i titoli con clausola di partecipazione, al fatto che essi consentono di modulare gli esborsi finanziari in funzione dei risultati d’impresa, favorendo la sostenibilità delle fasi di rapida crescita o di ristrutturazione, in cui i flussi di cassa possono essere sotto tensione per investimenti e per ricostituzione dei margini operativi.
A2) Strumenti di finanziamento riguardanti singole categorie di imprese.
Una prima tipologia riguarda i c.d. project bonds, cioè le obbligazioni o titoli di debito che l’art. 41 del D.l. 24 gennaio 2012, n. 1, dopo le modifiche subite ad opera della L. di conversione 24 marzo 2012, n. 27, novellando il codice dei contratti pubblici, consente alle società concessionarie di pubblici servizi, o comunque titolari di un contratto di partenariato pubblico privato, di emettere «al fine di realizzare una singola infrastruttura o un nuovo servizio di pubblica utilità, anche in deroga ai limiti di cui agli articoli 2412 e 2483 del codice civile …», e dunque, trattandosi di Srl, anche in deroga alle disposizioni che consentono sì l’emissione di titoli di debito ma a patto che siano sottoscritti dai soli investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale. In tal modo, uno dei tipi societari più diffusi nel nostro sistema economico, quale appunto la Srl, viene attivato per raggiungere quelli che sono gli obiettivi assegnati ai suddetti regimi di favore, vale a dire per coinvolgere nel finanziamento delle opere pubbliche non solo il sistema bancario ma il sistema finanziario nel suo complesso e, in particolare, per attrarre capitale privato verso il finanziamento a lungo termine di progetti infrastrutturali rilevanti, ad es. nei settori del trasporto, dell’energia e della banda larga.
Una seconda tipologia, particolarmente interessante per la Srl, riguarda le c.d. imprese start-up innovative, vale a dire quelle società di capitali (ivi comprese dunque anche le Srl) che abbiano quale oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico e che svolgano la propria attività da non più di quarantotto mesi. A tali imprese il più recente dei provvedimenti Monti, vale a dire il D.l. 18 ottobre 2012, n. 179, come convertito in L. 17 dicembre 2012, n. 221, contenente ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, dedica una disciplina ampiamente derogatoria rispetto al diritto societario comune, ed in particolare al diritto della Srl ordinaria, in quanto l’art. 26 del suddetto decreto consente che in una start-up innovativa costituita in forma di Srl non solo si possano far oggetto le partecipazioni sociali, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2468, comma 1, c.c., di offerta al pubblico di prodotti finanziari, magari attraverso gli appositi portali tematici, ma si possano anche emettere strumenti finanziari, sia pure diversi dalle azioni, forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nelle decisioni dei soci ai sensi degli articoli 2479 e 2479-bis del codice civile: opportunità, entrambe, che erano finora riservate solo alla SpA e che mettono ora anche la Srl in condizione di contribuire, attraverso la sollecitazione del pubblico risparmio, a creare quel contesto favorevole all’innovazione il quale, secondo i voti espressi nella norma programmatica di cui al comma 1, del precedente art. 25, dovrebbe attrarre in Italia talenti e capitali dall’estero.
B) I finanziamenti dei soci.
Per quanto concerne l’altra fonte di finanziamento alternativa a quella bancaria, vale a dire il finanziamento dei soci, particolare rilevanza assumono, riguardo alla Srl, le novità apportate dai recenti provvedimenti legislativi in materia di finanziamento alle imprese in crisi.
Il riferimento è al già ricordato D.l. 22 giugno 2012, n. 83, come convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, e in particolare all’art. 33 del medesimo dal titolo “Revisione della legge fallimentare per favorire la continuità aziendale”. Come è noto, già a partire dalle stagione riformatrice del 2005-2007, l’obiettivo di favorire la continuità aziendale era stato tenuto in gran conto dal legislatore, soprattutto nella materia dei mezzi per evitare il fallimento, dove, in seguito alla soppressione dell’amministrazione controllata, il concordato preventivo è diventato, insieme con il nuovo istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti, uno strumento che persegue lo sbocco della crisi di impresa alternativo al fallimento attraverso anche il risanamento della medesima impresa anziché la sua liquidazione. Se non che, poiché un’impresa ha bisogno di credito per sopravvivere, non è facile trovare soggetti disposti ad elargirlo in una situazione come quella del concordato la quale potrebbe in ogni momento evolvere verso il fallimento, vale a dire verso una procedura in cui i crediti dei sunnominati soggetti, in quanto necessariamente anteriori all’apertura della medesima, incorrerebbero insieme con tutti gli altri nella falcidia provocata dall’eventuale (e anzi pressoché certa) insufficienza dell’attivo.
Onde ovviare a tale inconveniente, l’art. 33 del D.l. 83/2012 riformula l’art. 182-quater L.fall. nel senso che vengono espressamente dichiarati come totalmente o parzialmente prededucibili nell’eventuale fallimento successivo, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 111 L.fall., i crediti derivanti da finanziamenti, in qualsiasi forma effettuati, “in esecuzione” di un concordato preventivo di cui agli articoli 160 e seguenti ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182- bis, nonché da finanziamenti erogati in funzione della presentazione della domanda di ammissione alle suddette procedure (a patto, in quest’ultimo caso, che i finanziamenti siano previsti dal piano di cui all’articolo 160 o dall’accordo di ristrutturazione e purché la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero l’accordo sia omologato). Non solo, ma, con il successivo art. 182-quinquies, il trattamento di favore riservato ai finanziamenti effettuati in esecuzione di un concordato o di un accordo di ristrutturazione dei debiti viene esteso anche alla c.d. “finanza interinale”, vale a dire a quei finanziamenti che vengano effettuati nel periodo intercorrente fra il deposito della domanda di ammissione al concordato o di omologazione dell’accordo di ristrutturazione.
Riguardo tuttavia al finanziamento dei soci - e veniamo così al rilievo che la novità di cui sopra riveste specificamente per la Srl - l’intenzione incentivante del legislatore ha dovuto fare i conti con una grossa difficoltà, rappresentata dalla disposizione dell’art. 2467 c.c. secondo la quale, in materia appunto di Srl, il rimborso dei finanziamenti dei soci alla società «è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori» se tali finanziamenti «sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento». Ebbene, il legislatore del 2012, pur dimostrandosi consapevole della radicalità della scelta, ritiene tuttavia che la necessità di favorire al meglio il risanamento dell’impresa in crisi attraverso l’apporto di nuove risorse finanziarie richieda l’estensione del beneficio della prededucibilità anche ai finanziamenti anomali dei soci, e che simile estensione ben possa comportare «l’esigenza di derogare alle disposizioni codicistiche in tema di postergazione» (un salto - com’è stato icasticamente affermato, dal sottosuolo della postergazione all’attico della prededucibilità senza neppure passare dal piano intermedio della concorsualità), anche se il carattere estremo di tale scelta è stato attenuato da una soluzione di compromesso per cui la prededucibilità è limitata all’ottanta per cento del credito di rimborso, con la conseguenza che il residuo venti per cento dovrà continuare a ritenersi postergato rispetto ai creditori concorsuali.

Conclusione: potenzialità e criticità delle novità legislative in materia di Srl

A) Potenzialità.
Le novità legislative riguardanti anche o solamente la Srl di cui ci siamo occupati nel corso del presente lavoro presentano, di là dai diversi motivi ispiratori, un risultato comune: quello di favorire, ulteriormente rispetto al passato, le potenzialità espansive di questo tipo societario rispetto agli altri. È indubbio infatti che tutti i provvedimenti da noi presi succintamente in esame, anche quelli di portata più generale, abbiano dimostrato di individuare nella Srl uno dei veicoli fondamentali per realizzare i rispettivi obiettivi di politica legislativa, liberalizzandone l’accesso a soggetti che prima non vi potevano accedere come i possessori di un capitale inferiore a 10.000 euro, semplificandone le regole d’uso com’è avvenuto con riferimento ai controlli e al trasferimento delle quote, e soprattutto stimolandone le possibilità di raccogliere risorse anche attraverso canali alternativi a quello bancario, come è avvenuto con la disciplina dei nuovi strumenti finanziari, dei finanziamenti dei soci all’impresa in crisi e delle imprese start-up innovative. Alcuni di questi provvedimenti, fra l’altro, hanno già avuto un significativo riscontro nella prassi, come emerge da inconfutabili evidenze empiriche.
Le suddette prospettive di ulteriore espansione della Srl rispetto agli altri tipi societari potrebbero realizzarsi innanzi tutto a danno delle società di persone, nel senso che la Srl è autorizzata ad operare in settori di attività e in fasce dimensionali che erano tradizionalmente riservate alle società di persone. Riguardo ai primi basti pensare ai vari provvedimenti che consentono la costituzione di società per l’esercizio delle professioni regolamentate in forma non più solamente, come in passato, di società di persone, ma anche di società di capitali, e dunque anche di Srl. Quanto alle fasce dimensionali, le tradizionali maggiori rigidità delle società di capitali rispetto a quelle di persone che facevano da contrappeso al beneficio della responsabilità limitata, già fortemente intaccate per la Srl con la riforma del 2003 sul terreno organizzativo attraverso un sistema che eludeva il principio di corrispondenza fra potere e rischio radicando - o consentendo all’atto costitutivo di radicare - in capo ai soci praticamente tutte le funzioni di impresa, ivi inclusa quella gestoria, vengono oggi altrettanto fortemente ridotte anche sul terreno finanziario in quanto, a seguito della disposizione di cui all’art. 2463, comma 4, c.c. che consente ad ogni Srl di costituirsi anche con un capitale di un euro, la Srl è autorizzata ad operare in una fascia dimensionale, quella inferiore a 10.000 euro, finora riservata alle società di persone. È vero che la Srl ordinaria, anche con capitale di un solo euro, presenta oneri di costituzione superiori a quelli delle società di persone in quanto legati alla necessità dell’atto pubblico, con relativi costi, e alla ineludibilità dell’iscrizione nel registro delle imprese a causa della sua efficacia costitutiva; e tuttavia, qualora la Srl scegliesse di costituirsi in forma di Srl semplificata ex art. 2463-bis c.c. (come introdotto dall’art. 3, D.l. 1/2012, convertito in L. 27/2012, e come recentemente modificato dall’art. 9, D.l. 76/2013, convertito in L. 99/2013), accettando i corrispondenti vincoli riguardanti la compagine sociale (costituita esclusivamente da persone fisiche) e l’ammontare massimo del capitale sociale (inferiore a 10.000 euro), il suo atto costitutivo, purché redatto in conformità ad un modello standard inderogabile tipizzato con decreto interministeriale, sarebbe esente da onorari notarili, e la sua iscrizione nel Registro delle imprese da diritti di bollo e di segreteria.
L’espansione della Srl propiziata dai recenti provvedimenti potrebbe realizzarsi anche in direzione della SpA, consentendo alla Srl di agire sempre più in concorrenza con quest’ultima, e ciò vuoi perché la Srl, pur potendo da tempo operare nelle stesse fasce dimensionali della SpA, lo può oggi fare con minori costi attesa ad esempio la possibilità di nominare un solo sindaco o un revisore anziché un collegio sindacale, vuoi perché la medesima Srl può oggi fruire di modalità di raccolta del capitale di rischio e di credito che erano tradizionalmente riservate alla SpA: basti pensare, oltre alla generica possibilità di emettere titoli di debito, preclusa un tempo alla Srl ma già ammessa dalla riforma del 2003 con l’art. 2483 c.c., all’attuale possibilità di emettere strumenti finanziari del tutto simili a quelli della SpA come i mini bonds delle società di progetto o le cambiali finanziarie, o titoli similari alle obbligazioni con clausola di subordinazione rispetto agli altri creditori o con clausola di partecipazione agli utili dell’impresa; basti pensare, ancora, alla possibilità per la start-up innovativa costituita in forma di Srl di fare oggetto le proprie partecipazioni, in deroga all’art. 2468, comma 2, c.c., di offerta al pubblico di prodotti finanziari, o di acquistare le medesime proprie partecipazioni, esattamente come la SpA.

B) Criticità.
L’assetto normativo appena illustrato, tuttavia, a parte l’effetto, di per sé neutro, consistente in una sempre più accentuata perdita di identità tipologica da parte della Srl, potrebbe presentare, nel merito, qualche elemento di criticità. Il dubbio nasce dalla possibilità che i provvedimenti sopraindicati, risultando tutti finalizzati a realizzare un unico valore, quello dell’efficienza e dello sviluppo produttivo dell’impresa, non abbiano tenuto in sufficiente conto, o abbiano talora completamente trascurato, altri valori, come quello della salvaguardia dei creditori, o quello della tutela del mercato, o del rispetto di principi costituzionali, o della stessa certezza del diritto.
Così, ad esempio, nel merito dei suddetti provvedimenti, è lecito chiedersi fino a che punto sia conciliabile con la tutela dei creditori la completa evaporazione della funzione garantistica del capitale minimo implicata dalla possibilità di costituire una Srl con capitale di un euro. Attenzione: il nostro Paese arriva buon ultimo, in materia, all’interno di un movimento che coinvolge da tempo i principali Paesi europei e che si è tradotto in essi, prima in Gran Bretagna, poi in Francia, poi in Germania, poi in Belgio, infine in Italia, nella possibilità di dar vita ad una società di capitali di un euro proprio con riferimento ai tipi corrispondenti alla nostra Srl (non per i tipi corrispondenti alla SpA in quanto esiste un vincolo comunitario rappresentato dalla II direttiva Ce che impone per tale società un capitale minimo di 25.000 euro): movimento al quale l’Italia non poteva estraniarsi, pena l’emarginazione nella concorrenza con i suddetti Pesi, soprattutto in seguito al consolidarsi della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, in base alla quale una società costituitasi in uno qualsiasi dei Paesi in parola, dunque anche con capitale di un euro, poteva operare in uno qualsiasi degli altri paesi membri della Ue, anche se per ipotesi ostile a riconoscere al proprio interno la corrispondente fattispecie. Com’è noto, tuttavia, la maggior parte degli ordinamenti che consentono la costituzione di una Srl con capitale di un euro prevedono dei meccanismi alternativi per la tutela dei creditori sociali, volti ad impedire che alla sottocapitalizzazione della società si accompagni una situazione di oggettiva difficoltà in ordine al soddisfacimento delle pretese creditorie: strumenti che il legislatore italiano, nel disciplinare la Srl nummo uno, ha per lungo tempo ignorato. È vero che il medesimo legislatore è corso, sia pure in corner, ai ripari con il D.l. 76/2013, come convertito nella L. 99/2013, il cui art. 15-ter ha inserito nell’art. 2463 c.c. un nuovo comma 5, in base al quale, a somiglianza di quanto avviene nell’ordinamento tedesco, in caso di costituzione di una Srl con capitale inferiore a 10.000 euro, la somma da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato, per formare la riserva prevista dall’articolo 2430 c.c., deve essere almeno pari a un quinto degli stessi, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro: riserva la quale può essere utilizzata solo per imputazione a capitale e per copertura di eventuali perdite e deve essere reintegrata con le stesse modalità di cui sopra se viene diminuita per qualsiasi ragione. È però altrettanto vero che si possono esprimere seri dubbi circa la reale efficacia correttiva di tali disposizioni, giacché la riserva legale non solo è per sua natura eventuale (in quanto da formarsi mediante accantonamento di quota degli utili realizzati) ma è inoltre sicuramente nulla nel primo esercizio di attività della società (in quanto da formarsi mediante accantonamento di utili risultanti dal bilancio d’esercizio regolarmente approvato), con la conseguenza che, nelle more dei suddetti accantonamenti, i creditori sociali di una Srl a capitale nummo uno - quanto meno quelli non strutturati impossibilitati a ottenere la garanzia fideiussoria dei soci - rischiano di trovarsi comunque senza copertura.
Sempre con riguardo alla tutela dei creditori, è lecito chiedersi quanto si accordi con tale tutela il beneficio della prededuzione in sede fallimentare concessa ai finanziatori dell’impresa in crisi, i quali vengono pagati con assoluta preferenza rispetto agli altri creditori chirografari con sacrificio della par condicio creditorum.
Sotto altro profilo, ci si può domandare quanto sia conciliabile con la tutela del pubblico risparmio il fatto che la Srl, magari con capitale di un euro e senza organo di controllo, possa addirittura sollecitare il mercato del capitale di rischio mediante offerta al pubblico delle proprie quote o di strumenti finanziari partecipativi come avviene per le start-up innovative, senza che a ciò corrisponda la rigida disciplina della SpA sotto il profilo dei doveri e responsabilità degli amministratori, nonché dei controlli.
Ci si può chiedere, infine, quanto sia conciliabile con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. il fatto che, a parità di dimensioni economiche e dunque di volume d’affari con i terzi, la Srl possa nominare anche un sindaco unico mentre la SpA sia sempre obbligata a nominare un collegio sindacale, e che la medesima Srl, avendo nominato un sindaco unico, possa addirittura tenere il bilancio nelle forme semplificate che saranno definite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Accanto alle riserve fin qui esposte in ordine alla recente produzione legislativa in materia di Srl e riguardanti il merito di quest’ultima, si potrebbe prospettare un ulteriore profilo di criticità attinente invece al metodo della medesima, in particolare alla stessa tecnica impiegata dal legislatore.
Si può osservare, intanto, che quasi tutte le novità concernenti la Srl sono state introdotte con provvedimenti d’urgenza, vale a dire mediante decreti legge: così è avvenuto ad es. per la Srl semplificata (art. 3, D.l. 1/2012 nonché, da ultimo, art. 13 e ss., D.l. 76/2013), per la più recente stesura dell’art. 2477 c.c. (art. 35, D.l. 5/2012), per la Srl a capitale ridotto (art. 44, D.l. 83/2012), per la Srl start-up innovativa (art. 26, D.l. 179/2012), senza contare le disposizioni che hanno investito il nostro tipo societario insieme con altri, come quelle sui nuovi strumenti di finanziamento per le imprese e sulle misure di gestione delle crisi aziendali (artt. 32 e 33, D.l. 83/2012). In ciò beninteso, non vi è nulla di criticabile in sé, giacché, se è vero che le finalità di volta in volta perseguite attraverso i suddetti decreti e ricostruibili dai relativi preamboli (ad esempio “implementazione della concorrenza dei mercati”, “facilitazione dell’accesso dei giovani nel mondo dell’impresa”, “riduzione degli oneri amministrativi per i cittadini e le imprese”, “impulso alla ricerca e alle innovazioni tecnologiche”, ecc.) sono tali da configurare obiettivi stabili, e non meramente congiunturali, di una moderna legislazione, è altrettanto vero che il perseguimento accelerato di simili obiettivi potrebbe essere stato imposto dalla necessità di superare una crisi straordinaria come quella, appunto, in cui si è trovata l’Italia, e con essa l’intera Europa, alla vigilia dei suddetti provvedimenti. Occorre tuttavia sottolineare come la decretazione d’urgenza, accanto al sicuro vantaggio della tempestività, potrebbe presentare per converso l’inconveniente di una insufficiente ponderazione, dovuta appunto all’urgenza e non sempre adeguatamente temperata dalla necessità della conversione in legge, atteso il termine rigido entro il quale quest’ultima deve intervenire: con la conseguente alea di un risultato potenzialmente connotato da provvisorietà e dunque instabilità (per non dire estemporaneità).
In secondo luogo, nei provvedimenti di cui sopra, le novità in materia di Srl non costituiscono l’oggetto esclusivo, e neppure principale (magari all’interno di un contesto sì più vasto ma omogeneo come quello del diritto societario), dell’intervento legislativo, ma risultano collocate, spesso disordinatamente, in un coacervo di altri interventi riguardanti i più diversi settori (basti ricordare ad esempio che, nel D.l. 1/2012, alla Srl viene specificamente dedicato un solo articolo su novantotto, e, nel D.l. 83/2012, uno solo su settanta), interventi fra di loro del tutto scollegati se non per i labili e generici macroobiettivi cui sono intitolati i singoli provvedimenti che li contengono: di conseguenza, l’attenzione che il legislatore riserva alle suddette novità appare sovente di natura episodica e asistematica, con esiti talora lacunosi, o contraddittori, o comunque non facilmente coordinabili con il complessivo assetto del nostro tipo societario.
Ora, le denunciate criticità della tecnica impiegata dal legislatore sono tali da moltiplicare a dismisura i dubbi interpretativi, con effetti non propriamente funzionali a quel rafforzamento dell’efficienza e della competitività del sistema economico che il legislatore medesimo dichiara di voler perseguire. È vero che - secondo le insostituibili parole di Giorgio Oppo - l’interprete non può sottrarsi al proprio compito più nobile, il quale non è tanto quello della caccia agli errori del legislatore, ma piuttosto quello di «ricreare fin dove possibile una coerenza precettiva ed applicativa», «superando equivocità e lacune delle formule»; è però altrettanto vero che, di fronte all’inarrestabile proliferare di provvedimenti incongrui anche sotto il profilo della tecnica legislativa, l’interprete in parola deve sempre più frequentemente, per svolgere il suddetto compito, dilatare fino all’estremo i potenziali significati delle singole norme, con il rischio di contribuire ad accentuare l’incertezza del diritto.
Ecco, è proprio questo il punto. L’equivocità del dato normativo creata dall’imperfezione della tecnica impiegata dal legislatore, con la conseguente estrema controvertibilità delle soluzioni interpretative su di esso fornite, compromette quel canone della certezza del diritto che è vitale proprio in materia di impresa (e dunque anche nella materia investita dalle considerazioni svolte nella presente relazione), al punto da aver ricevuto recentemente una sorta di canonizzazione legislativa, come risulta dal comb. disp. degli artt. 1, comma 2, e 2, comma 1, lett. c, della recente L. 11 novembre 2011, n. 180, contenente il c.d. Statuto delle imprese, dove «il diritto dell’impresa di operare in un contesto normativo certo» viene elevato addirittura al rango di principio dell’ordinamento dello Stato (da rispettarsi come tale nell’esercizio della potestà legislativa concorrente delle regioni ai sensi dell’art. 117, comma 3, Cost. e da utilizzarsi ai fini dell’analogia iuris di cui all’art. 12 preleggi).

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