Le nuove Srl
Le nuove Srl
di Daniela Boggiali e Antonio Ruotolo
Ufficio studi, Consiglio nazionale del Notariato
Cronologia degli interventi normativi
L’introduzione nel nostro ordinamento di modelli di società a responsabilità limitata il cui capitale potesse esser inferiore al minimo di 10.000 euro stabilito dal n. 4, del comma 2 dell’art. 2463, c.c., è avvenuta gradualmente, con provvedimenti legislativi tutti caratterizzati dall’urgenza e, giocoforza, da notevoli problemi di coordinamento.
Ancorché tali provvedimenti si siano succeduti in un arco temporale limitato, si è creata una stratificazione di norme che, in alcuni casi, non è stata accompagnata da interventi di coordinamento delle disposizioni normative interessate dalla riforma della disciplina della costituzione e del capitale delle Srl(1).
Appare, pertanto, utile ripercorrere le tappe degli interventi del legislatore in ordine cronologico.
La Srls prima versione
La prima tappa del processo normativo di riforma delle Srl è rappresentata dal D.l. 24 gennaio 2012, n. 1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, il cui articolo 3 introduce l’art. 2463-bis c.c.(2)
Nella versione originaria del decreto, anteriore alla legge di conversione, la società semplificata a responsabilità limitata poteva essere costituita da persone fisiche che non avessero compiuto i 35 anni di età mediante scrittura privata la quale doveva indicare, fra l’altro, il capitale minimo di un euro, da conferirsi in denaro, sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione. Si prevedeva che laddove il socio perdesse il requisito anagrafico egli venisse escluso di diritto salvo che l’assemblea convocata senza indugio dagli amministratori non deliberasse la trasformazione della società; allo stesso modo la perdita, da parte di tutti i soci, del requisito anagrafico era causa di scioglimento della società.
La completa attuazione della previsione normativa era comunque collegata ad un decreto ministeriale che doveva essere emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, che avrebbe «tipizzato lo statuto standard della società» e individuato «i criteri di accertamento delle qualità soggettive dei soci». Per quanto non espressamente previsto nell’art. 2463-bis c.c., la norma rinviava, nei limiti della compatibilità, alla disciplina delle Srl.
La Srls seconda versione
In sede di conversione del D.l. 1/2012, ad opera della L. 24 marzo 2012, n. 27, la disciplina della società a responsabilità limitata semplificata venne pressoché integralmente riscritta, con la previsione della necessità della forma pubblica per l’atto costitutivo, da redigersi in conformità al modello standard tipizzato con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro sessanta giorni dalla legge di conversione.
In questa “seconda versione” della Srls permane il presupposto indefettibile che i soci non abbiano compiuto i 35 anni di età alla data della costituzione; il requisito di età rileva anche ai fini della cessione delle quote, essendo prevista espressamente la nullità del trasferimento della partecipazione a soggetti che ne siano privi. Gli amministratori devono essere scelti fra i soci.
L’ammontare del capitale sociale deve essere pari almeno ad 1 euro e inferiore all’importo di 10.000 euro previsto per la Srl, e deve esser sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione. Il conferimento deve farsi in denaro ed essere versato all’organo amministrativo.
Vengono, inoltre, previste la non debenza degli onorari notarili ed altre agevolazioni («l’atto costitutivo e l’iscrizione nel Registro delle imprese sono esenti da diritto di bollo e di segreteria e non sono dovuti onorari notarili»)(3).
Inoltre, si prevede che «il Consiglio nazionale del Notariato vigila sulla corretta e tempestiva applicazione delle disposizioni del presente articolo da parte dei singoli notai e pubblica ogni anno i relativi dati sul proprio sito istituzionale».
Anche in questa veste la completa attuazione della previsione normativa era rinviata alla definizione del modello standard da parte del decreto ministeriale.
La società a capitale ridotto
Nell’ambito delle Srl che derogano al requisito del capitale minino di 10.000 euro, con l’obiettivo di estendere tale possibilità anche ad altri soggetti, alla disciplina della Srls se ne affianca, nel giugno 2012, un’altra: l’art. 44 del D.l. 22 giugno 2012, n. 83, recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”, introduce nel nostro ordinamento la società a responsabilità limitata a capitale ridotto.
Solo che, anziché introdurre modifiche alla disciplina della società a responsabilità limitata semplificata, il legislatore preferisce intervenire al di fuori del codice civile, prevedendo uno strumento che si affianca a quello contemplato dall’art. 2463-bis c.c. che pure è evocato, sin dall’incipit della nuova norma.
Che si trattasse di una disciplina diversa emergeva dalla previsione per cui restava «fermo quanto previsto dall’articolo 2463-bis».
Disciplina diversa e con destinatari diversi, almeno sino alla conversione del decreto: la società a responsabilità limitata semplificata era riservata a soggetti persone fisiche che non avessero compiuto i 35 anni di età alla data della sua costituzione; laddove la società a responsabilità limitata a capitale ridotto era invece riservata, nel testo originario, a persone fisiche che avessero compiuto i trentacinque anni di età alla data della costituzione, sebbene tale requisito anagrafico non fosse ribadito in alcun modo per le vicende circolatorie.
In sede di conversione, con la legge 7 agosto 2012, n. 134, venne poi introdotta la previsione per cui «al fine di favorire l’accesso al credito dei giovani imprenditori, il Ministro dell’economia e delle finanze promuove un accordo con l’Associazione bancaria italiana per fornire credito a condizioni agevolate ai giovani di età inferiore a trentacinque anni, che intraprendono attività imprenditoriale attraverso la costituzione di una società a responsabilità limitata a capitale ridotto» (art. 44, comma 4-bis). Disposizione che, secondo l’interpretazione data dal Ministero dello sviluppo economico del 30 agosto 2012(4 )(ed in tal senso era anche la posizione del Consiglio nazionale)(5), consentiva di ritenere possibile il ricorso alla società a capitale ridotto anche per le persone fisiche infra-trentacinquenni. Quanto all’atto costitutivo, l’art. 44 prevedeva il ricorso all’atto pubblico, senza tuttavia riferirsi a un modello standard tipizzato, che invece connota la società a responsabilità limitata semplificata, pur richiamando di quest’ultima alcuni elementi contenutistici, e cioè gli elementi di cui al secondo comma dell’articolo 2463-bis.
In sostanza, della società a responsabilità limitata semplificata, la società a responsabilità limitata a capitale ridotto mutuava, come elemento qualificante, la regola per cui il capitale deve essere pari almeno ad 1 euro e inferiore all’importo di 10.000 euro previsto all’articolo 2463 come capitale minimo per una Srl “ordinaria”; nonché quella per cui il conferimento deve farsi necessariamente in denaro ed essere versato all’organo amministrativo (e non alla banca come per la Srl “ordinaria”). Ma, a differenza della società a responsabilità limitata semplificata, gli amministratori non dovevano essere necessariamente soci, e potevano essere scelti quindi tra soggetti estranei alla società.
Non era invece previsto alcun richiamo alla disciplina dei commi 3 e 4 dell’art. 3 del D.l. 1/2012, e quindi doveva escludersi che per le società a responsabilità limitata a capitale ridotto «l’atto costitutivo e l’iscrizione nel Registro delle imprese sono esenti da diritto di bollo e di segreteria e non sono dovuti onorari notarili». Né era previsto che il Consiglio nazionale del Notariato avesse uno specifico compito di vigilanza sulla corretta e tempestiva applicazione della nuova disciplina.
Il decreto ministeriale contenente il modello standard
Il D.m. 23 giugno 2012, n. 138, in vigore dal 29 agosto 2012, reca il regolamento sul modello standard di atto costitutivo e statuto della società a responsabilità limitata semplificata e individuazione dei criteri di accertamento delle qualità soggettive dei soci, in attuazione dell’articolo 2463-bis c.c.
L’art. 1 ribadisce che l’atto costitutivo, recante anche le norme statutarie della società a responsabilità limitata semplificata di cui all’articolo 2463-bis del codice civile deve essere redatto per atto pubblico in conformità al modello standard riportato nella tabella A allegata al decreto.
Dunque, si prevede un unico atto rispettoso della legge notarile e contenente le regole organizzative della società, tra le quali, oltre alle generalità dei comparenti, devono essere inseriti: a) la denominazione sociale contenente l’indicazione di società a responsabilità limitata semplificata e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie; b) le attività che costituiscono l’oggetto sociale; c) l’ammontare del capitale sociale - che si ricorda deve esser pari almeno ad 1 euro e inferiore all’importo di 10.000 euro previsto all’articolo 2463, comma 2, numero 4), e che va sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione - e le quote di partecipazione sottoscritte da ciascun socio; d) la previsione, peraltro già contenuta nella norma codicistica, del divieto di cessione delle quote a soci che abbiano compiuto i 35 anni ribadendosi la nullità dell’eventuale atto di trasferimento;
e) la nomina degli amministratori - che contestualmente sono tenuti a dichiarare la insussistenza di cause di ineleggibilità e decadenza - cui spetta la rappresentanza generale della società, ricordandosi che gli amministratori possono esser solo soci nominati con decisione sociale; f) la previsione per cui l’assemblea dei soci, ove richiesta, è presieduta dall’amministratore unico o dal presidente del consiglio di amministrazione.
Il comma 2 dispone che «si applicano, per quanto non regolato dal modello standard di cui al comma 1, le disposizioni contenute nel libro V, titolo V, capo VII del codice civile, ove non derogate dalla volontà delle parti».
La previsione ha dato luogo a dubbi sulla rigidità del modello, cioè sulla possibilità di introdurvi clausole ulteriori, questione fra le più dibattute all’indomani dell’entrata in vigore del D.m. 138/2012, anche per l’esigenza di sopperire a supposte lacune relative ad aspetti non contemplati nel modello, quali ad esempio la durata della società o la decorrenza del primo esercizio.
Sul punto sono state assunte posizioni diverse sinteticamente riassumibili nel senso della:
- assoluta rigidità dell’atto costitutivo dato che la legge - norma primaria - prevede che lo stesso sia redatto «in conformità al modello standard tipizzato» mentre il riferimento alla diversa volontà delle parti è contenuto in una disposizione regolamentare(6 ). La norma, secondo tale impostazione, non poteva che essere intesa nel senso che le disposizioni che integrano la disciplina degli aspetti organizzativi della società in aggiunta a quelle contenute nello statuto standard, sono le norme codicistiche che regolano le fattispecie generali. Il modello standard non dà, infatti, scelte opzionali se non in ipotesi espressamente previste (es. nella scelta tra amministratore unico e c.d.a.). Per tutto ciò che non è disciplinabile nell’atto costitutivo quindi, stante la rigidità del modello standard, trova applicazione - in quanto compatibile - la corrispondente disciplina codicistica della Srl;
- integrabilità dell’atto costitutivo relativamente ad aspetti marginali derivanti da lacune nel modello(7);
- integrabilità e modificabilità (piena) del modello ministeriale(8).
Le novità del decreto lavoro del giugno 2013
Il D.l. 28 giugno 2013, n. 76 recante “Primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (Iva) e altre misure finanziarie urgenti” interviene ulteriormente, con i commi 13-15 dell’art. 9, sulla materia, riscrivendo la disciplina delle società a responsabilità limitata semplificata, estendendo la Srls anche alle persone fisiche che abbiano compiuto i 35 anni di età e contemporaneamente espungendo le Srl a capitale ridotto.
Viene, infatti, estesa la possibilità di costituire Srl semplificate a tutte le persone fisiche, under e over 35; conseguentemente vengono eliminati sia il requisito del non aver compiuto 35 anni per la costituzione della società, sia il divieto di cedere le quote a soggetti over 35.
Viene espunta dal comma 2, n. 6, dell’art. 2463-bis la precisazione secondo cui gli amministratori della società debbono esser soci.
Vengono “abrogate” le Srl a capitale ridotto e quelle già costituite ed iscritte nel registro delle imprese vengono “riqualificate” come Srl semplificate.
Non viene modificato, né abrogato, il comma 3 dell’art. 3 del D.l. 1/2012 che, al momento della sua introduzione, sanciva l’esenzione da diritti di bollo, segreteria e onorari notarili per la costituzione di Srl semplificate da parte delle persone fisiche che non avessero compiuto 35 anni d’età alla data della costituzione.
Infine, il comma 15 modifica il comma 4-bis dell’art. 44 del D.l. 83/2012, che originariamente conteneva la disciplina della Srl a capitale ridotto, ricalibrando la norma sulle Srl semplificate (oggi del seguente tenore: «Al fine di favorire l’accesso dei giovani imprenditori al credito, il Ministro dell’economia e delle finanze promuove, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, un accordo con l’Associazione bancaria italiana per fornire credito a condizioni agevolate ai giovani di età inferiore a trentacinque anni, che intraprendono attività imprenditoriale attraverso la costituzione di una società a responsabilità limitata semplificata»).
(Segue): e della relativa legge di conversione
In sede di conversione del D.l. 76/2013 ad opera della L. 9 agosto 2013, n. 99, la disciplina viene ulteriormente riscritta.
Viene innanzitutto introdotto un nuovo comma, dopo il comma 2, dell’art. 2463-bis c.c., ove si precisa che «Le clausole del modello standard tipizzato sono inderogabili» (aggiungendo la lettera b-bis) al comma 13 dell’art. 9 del decreto legge).
A fronte della espunzione dal nostro ordinamento delle Srl a capitale ridotto, viene prevista la possibilità per tutte le società a responsabilità limitata di determinare l’ammontare del capitale in misura inferiore a euro diecimila, pari almeno a un euro, con conferimenti esclusivamente in denaro (mediante aggiunta del comma 4 all’art. 2463, c.c.).
In tale ipotesi sorge per la società l’obbligo di accantonare una somma da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio pari almeno ad un quinto degli stessi, obbligo che permane sino a che riserva e capitale non abbiano raggiunto l’ammontare di 10.000 euro. La riserva può esser utilizzata solo per imputazione a capitale e per copertura di eventuali perdite con obbligo di sua reintegrazione laddove essa sia diminuita (art. 2463, comma 5, c.c.).
Infine, nella prospettiva della semplificazione degli adempimenti a carico delle società, la legge di conversione modifica la disciplina dell’art. 2464 c.c., prevedendosi che il versamento del 25% avvenga direttamente all’organo amministrativo nominato nell’atto costitutivo in luogo della banca con indicazione in atto dei mezzi di pagamento(9).
Queste ultime novità hanno una portata generale, in quanto modifica la disciplina della Srl ordinaria e, pertanto, conviene muovere l’analisi delle nuove società a responsabilità limitata proprio dal disposto dei commi 4 e 5 dell’art. 2463 c.c.
Le Srl con capitale inferiore a diecimila euro
Il nuovo importo legale minimo del capitale delle Srl
In sede di conversione del D.l. 28 giugno 2013, n. 76, con legge 9 agosto 2013, n. 99, mediante l’aggiunta del comma 15-ter all’art. 9, sono stati introdotti due nuovi commi nell’art. 2463 c.c., e, in particolare:
- un nuovo comma 4, il quale stabilisce che «l’ammontare del capitale può essere determinato in misura inferiore a euro diecimila, pari almeno a un euro. In tal caso i conferimenti devono farsi in denaro e devono essere versati per intero alle persone cui è affidata l’amministrazione»;
- un nuovo comma 5, il quale dispone che «La somma da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato, per formare la riserva prevista dall’articolo 2430, deve essere almeno pari a un quinto degli stessi, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro.
La riserva così formata può essere utilizzata solo per imputazione a capitale e per copertura di eventuali perdite. Essa deve essere reintegrata a norma del presente comma se viene diminuita per qualsiasi ragione».
Si impone, quindi, un’analisi delle peculiari regole in tema di conferimenti e di riserva legale delle Srl capitale compreso tra 1 e 9.999,99 euro, al fine di valutare, altresì, la natura giuridica di tali società.
I conferimenti nelle Srl con capitale inferiore a 10.000 euro
Nelle Srl con capitale pari o superiore a 10.000 euro, alla sottoscrizione dell’atto costitutivo deve essere versato almeno il 25% dei conferimenti in denaro e l’intero ammontare di quelli in natura.
Quando l’ammontare del capitale viene, invece, determinato in misura inferiore a 10.000 euro, ma pari almeno a 1 euro, i conferimenti possono farsi esclusivamente in denaro e devono essere interamente versati all’atto della sottoscrizione.
Ciò significa che in una Srl con 10.000 euro di capitale, da coprire interamente con conferimenti in denaro, i soci sono complessivamente tenuti a versare almeno 2.500 euro all’atto della sottoscrizione. Viceversa, in una Srl con 9.999 euro di capitale, i conferimenti possono farsi soltanto in denaro e i soci sono complessivamente tenuti a versare tutti i 9.999 euro all’atto della sottoscrizione.
Pertanto, l’importo di capitale convenzionalmente determinato dalle parti in misura inferiore a 10.000 euro deve essere integralmente coperto da versamenti in denaro.
Non sembrerebbe, tuttavia, da escludere che, anche quando il capitale sia inferiore a 10.000 euro, i soci possano attribuire alla società beni in natura, ma in tal caso si tratta di qualificare tali apporti che non potrebbero comunque essere imputati a capitale e che, quindi, dovrebbero essere iscritti in apposita riserva. Va però segnalato che, pur non dubitandosi della legittimità di apporti fuori capitale, è discusso tanto il loro regime giuridico, quanto la possibilità che questi siano rappresentati anche da beni diversi dal denaro(10).
La possibilità di apporti in natura fuori capitale presenta, infatti, diversi profili problematici(11), quali, ad esempio, il possibile aggiramento della disciplina della valutazione e stima dei conferimenti(12), profili che meritano di essere maggiormente approfonditi in altra sede, considerato che sollevano problematiche che coinvolgono tutte le società di capitali(13).
Nulla esclude, poi, che i soci possano decidere il versamento di un sovrapprezzo in denaro, il cui importo complessivo possa anche superare, se sommato al capitale sociale, la soglia di 10.000 euro(14). Non esiste, infatti, per tali Srl, l’obbligo di capitalizzare la società fino all’importo di 10.000 euro. Il comma 5 dell’art. 2463 c.c., in deroga all’art. 2430 c.c., impone di accantonare un quinto, e non un ventesimo, degli utili, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di 10.000 euro e non, invece, fino a che questa non abbia raggiunto il quinto del capitale. Tuttavia, al raggiungimento della soglia prevista per la riserva legale, non sussiste l’obbligo per la società di imputare a capitale quanto è stato accantonato, né è previsto un termine di scadenza entro il quale la società sia tenuta a raggiungere, tra capitale e riserva, l’ammontare di 10.000 euro.
Ciò significa che la società, pur avendo a disposizione consistenti mezzi patrimoniali, non ha l’obbligo di imputarli a capitale, e che la stessa può continuare ad esistere senza limiti temporali con un capitale compreso tra 1 e 9.999,99 euro.
Una volta versato il sovrapprezzo, però, questo andrà a costituire la riserva da sovrapprezzo di cui all’art. 2431 c.c.
Tale norma stabilisce che «Le somme percepite dalla società per l’emissione di azioni ad un prezzo superiore al loro valore nominale, ivi comprese quelle derivate dalla conversione di obbligazioni, non possono essere distribuite fino a che la riserva legale non abbia raggiunto il limite stabilito dall’articolo 2430».
Per le Srl con capitale compreso tra 1 e 9.999,99 euro, ai fini della distribuzione della riserva da sovrapprezzo, il riferimento al «limite stabilito dall’articolo 2430» deve ritenersi integrato da quanto sancito nel comma 5 dell’art. 2463 c.c. e, pertanto, per tali società la riserva da sovrapprezzo potrà essere distribuita quando la somma tra l’ammontare della riserva legale e quello del capitale sociale sarà pari a 10.000 euro.
La riserva legale nelle Srl con capitale inferiore a 10.000 euro
Nelle Srl con capitale pari o superiore a 10.000 euro, la disciplina della riserva legale è quella prevista dall’art. 2430 c.c. in tema di SpA per effetto del rinvio contenuto nell’art. 2478-bis c.c.
Pertanto, in base al combinato disposto delle predette norme, la Srl con capitale pari o superiore a 10.000 euro deve accantonare a riserva legale almeno la ventesima parte degli utili netti annuali, fino a che la riserva non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale. Viceversa, per le Srl con capitale inferiore a 10.000 euro, il comma 5 dell’art. 2463 c.c. dispone testualmente che «La somma da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato, per formare la riserva prevista dall’articolo 2430, deve essere almeno pari a un quinto degli stessi, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro».
Quindi, a titolo esemplificativo, una Srl con capitale di 10.000 euro deve accantonare il 5% degli utili netti annuali fino al raggiungimento dell’importo di 2.000 euro.
Viceversa, una Srl con capitale di 1 euro deve accantonare il 20% degli utili netti annuali fino al raggiungimento dell’importo di 9.999 euro. È evidente come, in tale ipotesi, la riserva imposta dalla legge superi notevolmente il parametro del quinto del capitale previsto in via generale dall’art. 2430 c.c. Ancora, sempre a titolo esemplificativo, una Srl con capitale di 9.000 euro è tenuta ad accantonare il 20% degli utili netti annuali fino al raggiungimento dell’importo di 1.000 euro. Poiché in questo caso l’importo della riserva è ancora inferiore al parametro del quinto del capitale sociale previsto in via generale dall’art. 2430 c.c. (cioè 1.800 euro), la società dovrà continuare ad accantonare gli utili per consentire la formazione di una riserva pari al quinto del capitale. Tuttavia, in seguito al superamento della soglia dei 10.000 euro, l’accantonamento verrà eseguito applicando il criterio ordinario del ventesimo degli utili di cui all’art. 2430 c.c. e non, invece, quello integrativo del quinto di cui all’art. 2463, comma 5, c.c., applicabile solo al disotto della soglia dei 10.000 euro(15).
Quanto al regime di tale riserva, l’art. 2430 c.c., applicabile alle Srl con capitale pari o superiore a 10.000 euro, stabilisce che essa debba essere reintegrata se viene diminuita per qualsiasi ragione.
Si ritiene che la funzione della riserva legale sia quella di assicurare stabilità al capitale sociale evitando che questo possa essere colpito direttamente dal verificarsi di eventuali perdite. Essa, pertanto, è soggetta ad un regime di indisponibilità espressamente derogabile in funzione della copertura delle perdite che, secondo parte della dottrina e della e giurisprudenza, costituisce l’unica modalità di suo utilizzo(16).
Differentemente, per le Srl con capitale inferiore a 10.000 euro, l’art. 2463, comma 5, c.c. dispone espressamente che la riserva così formata possa essere utilizzata non solo per la copertura delle perdite, ma anche per l’imputazione a capitale, fermo restando l’obbligo di reintegrarla laddove essa venga diminuita per qualsiasi ragione.
Rispetto, quindi, alla disciplina contenuta nell’art. 2430 c.c. è espressamente prevista la possibilità di utilizzare la riserva legale per eseguire un aumento gratuito di capitale: si tratterà poi di valutare se tale previsione costituisca un’eccezione alla utilizzabilità della riserva indisponibile limitatamente alla copertura delle perdite o, piuttosto, una conferma dell’opinione che ritiene in via generale ammissibile l’imputazione della riserva legale a capitale.
La norma sembra comunque trovare la sua giustificazione nell’esigenza di favorire la capitalizzazione della società, in considerazione del fatto che si tratta di società con capitale inferiore alla soglia di 10.000 euro.
Tanto l’art. 2430, quanto l’art. 2463, comma 5, c.c., prevedono, poi, un analogo obbligo di reintegrazione della riserva legale. La riserva deve essere reintegrata qualora essa risulti diminuita perché è stata utilizzata per coprire delle perdite o - eventualmente - per un aumento gratuito di capitale.
Non sembra, altresì, che le Srl con capitale inferiore a 10.000 euro siano soggette ad un doppio regime di riserva legale, quello di cui all’art. 2463, comma 5 c.c. e quello di cui all’art. 2430 c.c.
In altri termini, una volta raggiunta la soglia della riserva legale di cui all’art. 2430, accantonata secondo i criteri integrativi di cui all’art. 2463, comma 5, c.c., la società non sembrerebbe tenuta a provvedere ad un secondo integrale accantonamento realizzato esclusivamente secondo i criteri di cui all’art. 2430 c.c.
L’art. 2463, comma 5, c.c. detta, infatti, una disciplina integrativa di quella contenuta nell’art. 2430 c.c., rispetto alla quale introduce le seguenti varianti: un importo più elevato degli utili da accantonare, un diverso criterio di calcolo della soglia legale della riserva, l’espressa possibilità di utilizzare la riserva per gli aumenti di capitale.
Queste varianti non sembrano però tali da far ritenere l’esistenza dell’obbligo, per le Srl con capitale inferiore a 10.000 euro, di accantonare due distinte riserve legali.
L’art. 2463, comma 5, c.c. richiama espressamente, infatti, l’art. 2430 c.c., mettendo in risalto, quindi, la circostanza per cui la riserva in oggetto abbia la stessa natura di quella legale, dalla quale si differenzia per le modalità e l’entità dell’accantonamento.
Laddove si accolga tale impostazione, sembra doversi ritenere che la Srl con capitale inferiore a 10.000 euro non abbia l’obbligo di accantonare due riserve legali, né che essa - una volta raggiunto un importo che, sommato al capitale, sia pari a 10.000 euro e sempre che esso abbia raggiunto il quinto dell’importo del capitale stabilito nell’atto costitutivo - abbia l’obbligo di continuare ad accantonare gli utili ricorrendo, però, al diverso criterio di cui all’art. 2430 c.c.
Si deve, infine, segnalare che il legislatore non ha imposto né un termine di scadenza entro il quale la società con capitale inferiore a 10.000 euro sia obbligata a raggiungere la soglia della riserva legale di cui all’art. 2463, comma 5, c.c., né l’obbligo di imputare a capitale quanto accantonato in base alla predetta norma(17).
La natura delle Srl con capitale compreso tra 1 e 9.999,99 euro
La circostanza per cui il legislatore non impone, per le società con capitale compreso tra 1 e 9.999,99 euro, una volta effettuati gli accantonamenti ai sensi del comma 5 dell’art. 2463, c.c., l’obbligo di adottare un capitale almeno pari a 10.000 euro comporta che il nuovo minimo legale del capitale delle Srl è di 1 euro(18).
Lo stesso tenore del comma 4 dell’art. 2463 c.c., ove precisa che l’ammontare del capitale può essere determinato in misura inferiore a euro diecimila, pari almeno a un euro, sembra confermare che l’importo di un euro diviene requisito minimo della società, non solo per la sua fase genetica ma anche per quelle successive.
Vero è che tali Srl devono accantonare una riserva tale che, sommata al capitale, raggiunga l’ammontare di 10.000 euro. Tuttavia, una volta raggiunto tale importo, la società non ha l’obbligo di imputare tale riserva a capitale e, quindi, essa può continuare ad esistere senza limiti di tempo con un capitale inferiore all’importo di 10.000 euro previsto dall’art. 2463, comma 2, n. 4, c.c.
L’importo di 10.000 euro non rappresenta più, quindi, il minimo legale del capitale sociale, bensì una soglia rilevante ai fini della disciplina applicabile in tema di conferimenti e riserva legale: ma, ad eccezione di tali disposizioni, le Srl con capitale compreso tra 1 e 9.999,99 euro risultano interamente soggette alle norme del capo VII del libro V del codice.
Esse non sono, dunque, un nuovo tipo sociale, né gli aumenti o le riduzioni di capitale che determinano il superamento, verso l’alto o verso il basso, della soglia dei 10.000 euro hanno la natura di trasformazione.
A ciò si aggiunga che, come rilevato in dottrina, il legislatore non impone più (come avveniva in passato, con l’espressione “a capitale ridotto”) alcuna evidenza nella denominazione sociale della circostanza che la società abbia un capitale inferiore ai 10.000 euro(19).
Alle predette società, pertanto, si applicano le disposizioni comuni in tema di denominazione, circolazione delle partecipazioni sociali, organi della società, recesso ed esclusione, modifiche statutarie. Occorre, tuttavia, considerare che, nonostante il legislatore abbia modificato la soglia minima del capitale sociale in sede di costituzione della società e introdotto un nuovo regime di conferimenti, tali novità non sono state coordinate con le disposizioni in tema di aumento e riduzione del capitale.
Ciò determina il sorgere di dubbi interpretativi in considerazione del fatto che, in particolare, le norme sui conferimenti in sede di aumento sembrano riferirsi all’ipotesi del capitale almeno pari a 10.000 euro, così come quelle sulla riduzione del capitale continuano a contemplare, quale soglia minima, il predetto importo di 10.000 euro. Tali questioni meritano uno specifico approfondimento.
Aumenti e riduzioni nelle nuove Srl
I riflessi delle nuove norme in tema di costituzione della Srl sulla disciplina dell’aumento e riduzione del capitale
Le nuove regole in tema di ammontare minimo del capitale e di composizione dello stesso previste dai commi 4 e 5 dell’art. 2463, c.c., si ripercuotono anche sulla disciplina dell’aumento e della riduzione del capitale.
Per effetto di tali disposizioni, si pongono nell’immediato le seguenti questioni operative:
- quale sia il regime dei conferimenti in sede di aumento di capitale delle Srl con capitale inferiore a 10.000 euro;
- quale sia la disciplina della riduzione del capitale per le Srl con capitale inferiore a 10.000 euro, considerato che le norme sulla riduzione del capitale (artt. 2482, 2482-bis e 2482-ter c.c.) non sono state modificate dall’art. 9 D.l. 76/2013 e che le stesse contemplano come soglia minima del capitale sociale l’importo di 10.000 euro di cui al n. 4, del comma 2 dell’art. 2463 c.c.;
- se le Srl con capitale superiore a 10.000 euro possano ridurre il capitale al di sotto di tale soglia, considerato che il nuovo limite legale minimo di capitale è di 1 euro e non più di 10.000 euro.
I conferimenti in sede di aumento nelle Srl con capitale inferiore a 10.000 euro
La disciplina dei conferimenti in sede di aumento di capitale nelle Srl è contenuta nell’art. 2481-bis, comma 4, c.c., il quale dispone quanto segue: «Salvo quanto previsto dal secondo periodo del quarto comma e dal sesto comma dell’art. 2464, i sottoscrittori dell’aumento di capitale devono, all’atto della sottoscrizione, versare alla società almeno il venticinque per cento della parte di capitale sottoscritta e, se previsto, l’intero soprapprezzo. Per i conferimenti di beni in natura o di crediti si applica quanto disposto dal quinto comma dell’art. 2464».
Tale disposizione ammette dunque espressamente la possibilità di conferire, in sede di aumento di capitale a pagamento, denaro o beni in natura.
Occorre, tuttavia, valutare se, anche in caso di aumento deliberato in una Srl con capitale inferiore a 10.000 euro, sia possibile versare almeno il venticinque per cento dei conferimenti in denaro, e se sia altresì possibile eseguire conferimenti in natura.
Appare, infatti, necessario coordinare la disciplina dell’aumento di capitale contenuta nell’art. 2481- bis, comma 4, c.c., con il disposto del comma 4 dell’art. 2463 c.c., il quale impone che, quando il capitale è inferiore a 10.000 euro, i conferimenti possano farsi esclusivamente in denaro e debbano essere interamente versati al momento della sottoscrizione.
In sostanza, si deve verificare se le regole dell’integrale versamento del conferimento in denaro e dell’esclusività del versamento in denaro valgano soltanto in sede di costituzione, o anche in sede di aumento di capitale.
Innanzitutto, appare opportuno tenere presente che la disciplina dei conferimenti eseguiti in esecuzione di un aumento di capitale è sostanzialmente modellata su quella dettata per i conferimenti eseguiti al momento della costituzione della società e, pertanto, non vi sarebbe alcun motivo per discostarsi da quest’ultima in caso di aumento(20).
Per le Srl con capitale inferiore a 10.000 euro, la ratio dell’esclusività del versamento in denaro può essere rinvenuta nella maggiore idoneità di tale bene, rispetto quelli in natura, a garantire l’effettiva capitalizzazione della società, in coerenza anche con una riduzione dei costi per la capitalizzazione della società(21).
Inoltre, dall’art. 2463, comma 4, c.c., emerge che tanto la regola sul capitale minimo quanto quella sui conferimenti stabiliscono requisiti richiesti non solo per la costituzione della società intesa come momento genetico, ma necessari anche per le fasi successive. Ciò vale, in particolare per i conferimenti, almeno sino a quando non risultino applicabili regole diverse in ragione del superamento dell’importo previsto dal comma 2, n. 4, dell’art. 2463 c.c.
Sembrerebbe allora preferibile ritenere che tanto la regola dell’esclusività del conferimento in denaro, quanto quella dell’integrale versamento dello stesso, debbano essere rispettate anche in sede di aumento di capitale nei casi in cui, per effetto dell’aumento il capitale della società non superi l’importo di 10.000 euro.
Pertanto, in questa prima e più rigorosa impostazione, in caso di aumento deliberato da una società con capitale inferiore a 10.000 euro, se per effetto dell’aumento l’importo del capitale rimane al di sotto dei 10.000 euro, i conferimenti dovrebbero farsi esclusivamente in denaro e dovrebbero essere interamente versati.
In tale prospettiva pare allora possibile adottare, già in sede di atto costitutivo di una Srl con capitale inferiore a 10.000 euro, una clausola che ammetta i conferimenti in natura per l’ipotesi in cui, a seguito di un aumento, il capitale della società dovesse risultare pari o superiore a 10.000 euro. Diversamente, altri rinvengono la giustificazione della previsione esclusivamente nella mera ottica di semplificazione del procedimento di costituzione, evitandosi in tal modo il ricorso alla altrimenti necessaria perizia(22).
E in tale prospettiva, si circoscrive l’obbligo di integrale versamento dei conferimenti in denaro e il divieto di conferimenti diversi dal denaro alla fase costitutiva.
Mentre, tale obbligo e tale divieto non si applicherebbero ai conferimenti da eseguire in sede di aumento di capitale, nemmeno nelle ipotesi in cui il capitale non venga aumentato a un importo pari o superiore a euro 10.000.
Di conseguenza, le operazioni di aumento di capitale sarebbero interamente disciplinate dalle norme dettate per la Srl “ordinaria”(23).
V’è però da osservare che questa seconda interpretazione si basa su una ratio tutta incentrata sulla presenza di agevolazioni in sede di costituzione della società che, se può tuttora valere per le Srl semplificate, appare invece più difficilmente sostenibile per le Srl con capitale inferiore a 10.000 euro, considerato che il comma 4 dell’art. 2463 c.c., configura una disciplina di società a regime e non più solo di start-up.
Inoltre, a ben vedere, è difficile rinvenire nella disciplina delle società in questione una vera e propria semplificazione in tema di conferimenti: tale non è l’integrale versamento (che sembra spiegarsi solo in ragione dell’esiguità del capitale); tale non è più (se mai lo sia stata) la previsione secondo cui il versamento deve esser effettuato nelle mani degli amministratori, dato che essa è ormai norma generale applicabile, con la modifica dell’art. 2464, c.c., a tutte le Srl.
Differentemente, che si acceda alla prima quanto alla seconda delle tesi sopra esposte, se, per effetto dell’aumento, l’importo del capitale risulta pari o superiore a 10.000 euro, i conferimenti potranno essere eseguiti anche in natura, laddove ciò sia previsto nell’atto costitutivo. Analogamente, in caso di conferimento in denaro che porti il capitale ad una soglia pari o superiore a 10.000 euro, sarà sufficiente versare il 25% dello stesso.
In questo caso, infatti, poiché la società ha raggiunto o superato la soglia di 10.000 euro di capitale, essa non risulta più soggetta alle cautele imposte dall’art. 2463, comma 4, c.c. (oltre che alle regole di accantonamento della riserva di cui al comma 5 dello stesso articolo).
La riduzione del capitale nelle Srl con capitale inferiore a 10.000 euro
1. La riduzione volontaria
L’art. 2482, comma 1, c.c., stabilisce che «la riduzione del capitale sociale può avere luogo, nei limiti previsti dal n. 4, dell’art. 2463, mediante rimborso ai soci delle quote pagate o mediante liberazione di essi dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti».
L’applicabilità di tale disposizione rispetto alle Srl che presentino le caratteristiche di cui ai commi 4 e 5 dell’art. 2463 c.c. appare estremamente problematica data l’evidente mancanza di un coordinamento dell’intera disciplina concernente la riduzione del capitale sociale con il mutato regime del capitale (minimo) della società a responsabilità limitata.
L’art. 2482, comma 1, c.c., infatti, se applicato nel suo tenore letterale, esclude che le Srl con capitale inferiore a 10.000 euro possano ridurre volontariamente il loro capitale, in quanto esso è sempre, per definizione, inferiore al limite previsto dal n. 4, del comma 2 dell’art. 2463 c.c., ossia è sempre inferiore a 10.000 euro.
Tuttavia, appare possibile formulare una diversa interpretazione, laddove si tenga presente che il riferimento all’importo di cui al «n. 4, dell’art. 2463 c.c.» consiste in un riferimento all’importo minimo legale sancito per le Srl tradizionali, ossia quelle disciplinate dal legislatore prima delle modifiche introdotte dalla legge di conversione del D.l. 76/2013, per le quali il minimo legale era pari a 10.000 euro.
Differentemente, in seguito alle modifiche introdotte con la legge di conversione del D.l. 76/2013, per le società con capitale inferiore a 10.000 euro, l’art. 2463, comma 4, c.c. stabilisce espressamente che l’importo minimo legale del capitale è di 1 euro.
Si può, dunque, ipotizzare che, poiché l’art. 2482 c.c. consente la riduzione volontaria del capitale fino ad una soglia almeno pari a quella del minimo legale, e poiché il minimo legale delle Srl è di 1 euro, la disciplina di cui all’art. 2482-bis c.c. sarebbe applicabile nella misura in cui la riduzione abbia luogo non più entro il limite dei 10.000 euro previsto dal n. 4, dell’art. 2463 c.c. - che costituiva il vecchio minimo legale per le società con capitale pari o superiore a tale limite - bensì entro il diverso limite di 1 euro previsto dall’art. 2463 comma 4 c.c.
Tale conclusione sembra essere coerente con il nuovo sistema del capitale delle Srl delineato dal legislatore, in cui le società con capitale inferiore a 10.000 euro si differenziano soltanto per essere soggette a due regole peculiari in tema di composizione del capitale sociale e formazione della riserva legale.
Con riferimento a quest’ultima il legislatore non impone né un termine di scadenza entro il quale la società sia tenuta a raggiungere, tra capitale e riserva, l’ammontare di diecimila euro, né l’obbligo di imputare a capitale l’ammontare della riserva legale una volta che questa abbia raggiunto la soglia prevista dalla legge.
Ciò significa che la società, pur avendo a disposizione consistenti mezzi patrimoniali, non ha l’obbligo di imputarli a capitale, e che la stessa può continuare ad esistere senza limiti temporali con un capitale compreso tra 1 e 9.999,99 euro.
In sostanza:
- tanto l’assenza di un termine di scadenza per il raggiungimento della soglia prevista per la riserva legale,
- quanto l’assenza di un obbligo di capitalizzazione della società all’importo di 10.000 euro al momento in cui la predetta soglia sia stata raggiunta,
- così come la mancata previsione di una causa di scioglimento derivante dal mancato raggiungimento della soglia di 10.000 euro di capitale, sembrano costituire dei dati normativi dai quali appare possibile desumere che la nuova disciplina in tema di capitale minimo delle Srl, contenuta nei commi 4 e 5 dell’art. 2463 c.c., non si esaurisca con la fase costitutiva della società, ma possa riguardare anche vicende successive.
Pur dando conto dell’incertezza che deriva dal menzionato difetto di coordinamento e, quindi, dalla possibilità di diverse letture, laddove si accogliesse tale interpretazione, non sembrerebbe possibile negare ad una Srl la facoltà di fissare liberamente il proprio capitale in un importo compreso tra 1 e 9.999,99 euro non solo in sede di costituzione, ma anche successivamente alla costituzione, ricorrendo alla riduzione volontaria del capitale, purché essa avvenga nel rispetto delle cautele imposte dall’art. 2482 c.c. e, in particolare, nel rispetto del comma 2 della predetta norma, il quale stabilisce che «la decisione dei soci di ridurre il capitale sociale può essere eseguita soltanto dopo novanta giorni dal giorno dell’iscrizione nel registro delle imprese della decisione medesima, purché entro questo termine nessun creditore anteriore all’iscrizione abbia fatto opposizione».
2. La riduzione per perdite
L’art. 2482-bis, comma 1, c.c. stabilisce che «quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea dei soci per gli opportuni provvedimenti».
Il successivo comma 4 dispone che «se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, deve esser convocata l’assemblea per l’approvazione del bilancio e per la riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate».
Il contenuto di tali disposizioni non sembra porsi in contrasto con la disciplina delle società con capitale inferiore a 10.000 euro: laddove infatti, l’ammontare del capitale convenzionalmente determinato dalle parti dovesse diminuire di oltre un terzo in conseguenza di perdite, i soci sarebbero tenuti a ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate(24).
L’art. 2482-ter c.c. contiene, invece, la disciplina della riduzione del capitale al disotto del minimo legale, prevedendo quanto segue: «se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito dal n. 4, dell’art. 2463, gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo. È fatta salva la possibilità di deliberare la trasformazione della società».
Anche qui l’evidente mancanza di coordinamento della norma con il mutato regime del capitale (minimo) della società a responsabilità limitata rende arduo il compito per l’interprete.
La disposizione in esame, infatti, nella sua formulazione letterale, non sarebbe mai applicabile alle società con capitale inferiore a 10.000 euro, poiché per definizione, esse hanno sempre il capitale inferiore all’importo stabilito dal n. 4, dell’art. 2463 c.c.
Si può, tuttavia, anche qui ipotizzare che il riferimento all’importo di cui al «n. 4, dell’art. 2463 c.c.» consista in un riferimento all’importo minimo legale sancito per le Srl tradizionali, ossia quelle disciplinate dal legislatore prima delle modifiche introdotte dalla legge di conversione del D.l. 76/2013, per le quali il minimo legale era pari a 10.000 euro.
Si può, dunque, supporre che, poiché l’art. 2482-ter c.c. contiene la disciplina della riduzione del capitale al disotto del minimo legale, e poiché il minimo legale delle Srl è oggi di 1 euro, la disciplina di cui all’art. 2482-ter c.c. si applichi quando, per perdite superiori al terzo del capitale, questo risulti inferiore ad un euro.
Tale conclusione, oltre a trovare una conferma nel dato letterale dell’art. 2482-ter c.c., la cui rubrica è appunto intitolata “Riduzione del capitale al disotto del limite legale”, sembrerebbe altresì coerente con la disciplina prevista per il tipo di società in esame(25).
Il legislatore, infatti, nell’abbassare la soglia del capitale al disotto dei 10.000 euro, ha fissato come minimo legale l’importo irrisorio di 1 euro. Tuttavia, l’aver fissato tale importo sta a significare che la società, pur potendo venire ad esistenza ed operare con un patrimonio sostanzialmente nullo, non può operare laddove tale patrimonio abbia un valore negativo, il che potrebbe avvenire quando la società sia titolare esclusivamente di debiti. In sostanza, prevedere che il capitale minimo sia pari a 1 euro equivale ad impedire che la società possa costituirsi o continuare ad operare in presenza di un patrimonio negativo.
Pertanto, ipotizzando che una Srl con capitale di 9.000 euro subisca perdite pari a 3.500 euro (ossia superiori al terzo del capitale), si applica la disciplina di cui all’art. 2482-bis c.c. e, quindi, se nel corso dell’esercizio successivo a quello in cui le perdite sono state rilevate, esse non risultano diminuite a meno di un terzo, deve essere convocata l’assemblea per la riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate.
Laddove, invece, la società subisca delle perdite pari a 9.000 euro, trova applicazione l’art. 2482-ter c.c. e, pertanto, gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore a 1 euro.
Laddove, quindi, il dato letterale dell’art. 2482-ter c.c. prevede l’obbligo di ricostituire il capitale al minimo di cui al n. 4, del comma 2 dell’art. 2463 c.c., tale disposizione dovrebbe intendersi riferita al nuovo minimo legale di 1 euro di cui al comma 4 del medesimo art. 2463 c.c.
Appare, altresì, opportuno segnalare che, nel caso di Srl con capitale pari a 1 euro, qualunque perdita pari o superiore a 34 centesimi di euro imporrebbe la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore a 1 euro. L’applicazione al caso di specie dell’art. 2482-ter c.c. serve, di fatto, ad impedire che la società possa continuare ad operare con un patrimonio di segno negativo(26).
La riduzione del capitale nelle Srl con capitale superiore a 10.000 euro
1. La riduzione volontaria
Anche con riferimento alla applicabilità dell’art. 2482, c.c. alle società con capitale superiore a 10.000 euro che intendano ridurlo volontariamente al disotto di tale importo, sembra possibile escludere un’interpretazione letterale della norma e tener conto, invece, del nuovo sistema del capitale delle Srl delineato dal legislatore.
Si è detto come l’assenza di un termine di scadenza per il raggiungimento della soglia prevista per la riserva legale, nonché di un obbligo di capitalizzare della società all’importo di 10.000 euro al momento in cui la predetta soglia sia stata raggiunta, e la mancata previsione di una causa di scioglimento derivante dal mancato raggiungimento della soglia di 10.000 euro di capitale, costituiscano dati normativi dai quali appare possibile desumere che la nuova disciplina in tema di capitale minimo delle Srl, contenuta nei commi 4 e 5 dell’art. 2463 c.c., non si esaurisca con la fase costitutiva della società, ma possa riguardare anche vicende successive.
Si è inoltre detto che la soglia dei 10.000 euro di cui al n. 4, dell’art. 2463 c.c. non indica più l’importo minimo del capitale sociale delle Srl, ma opera come termine di riferimento per l’adozione di regole diverse in tema di composizione del capitale e criteri di accantonamento della riserva legale.
Tali considerazioni permettono di affermare che il riferimento contenuto nell’art. 2482, comma 1, c.c., secondo cui la riduzione del capitale sociale può avere luogo, nei limiti previsti dal n. 4), dell’art. 2463, c.c., ossia nel limite di 10.000 euro, dipenda ormai da un mancato coordinamento con l’introduzione delle nuove regole in tema di capitale minimo delle Srl.
In seguito, infatti, alle novità introdotte dalla legge di conversione all’art. 9 del D.l. 76/2013, il nuovo importo minimo legale del capitale delle Srl è contenuto nel comma 4 dell’art. 2463 c.c., che lo fissa in 1 euro. Poiché, invece, la soglia dei 10.000 euro di cui al n. 4, dell’art. 2463 c.c., non indica più l’importo minimo del capitale sociale, la disciplina contenuta nell’art. 2482, comma 1, c.c. dovrebbe essere interpretata nel senso che la riduzione volontaria del capitale è consentita entro l’ammontare minimo del capitale sociale stabilito dal comma 4 dell’art. 2463 c.c., che è pari a 1 euro(27).
Si potrebbe obiettare, in contrario, che sul piano sistematico la presenza di una disciplina intesa a favorire la patrimonializzazione della società con capitale inferiore a 10.000 euro, mediante l’accantonamento di una riserva accelerata in base al meccanismo del comma 5 dell’art. 2463 c.c., sia incoerente con la possibilità di porre in essere riduzioni volontarie al disotto della predetta soglia, che comporterebbero la restituzione di elementi patrimoniali ai soci.
Invero, la disciplina della riserva legale, sia nella misura ordinaria prevista dall’art. 2430, c.c., sia nella versione accelerata introdotta dal comma 5 dell’art. 2463 c.c., impone alla società di procedere ad una patrimonializzazione fino alle soglie ivi rispettivamente previste; ma non vieta di ridurre il capitale attraverso effettiva diminuzione del patrimonio sociale. L’avvenuto accantonamento o meno della riserva legale, infatti, non incide sulla possibilità di ridurre volontariamente il capitale sociale.
Se si muove dalla considerazione, già espressa in questa sede, secondo cui il nuovo minimo legale del capitale della società a responsabilità limitata è quello previsto dall’art. 2463, comma 4, c.c. - rispetto al quale il raggiungimento dell’importo di 10.000 euro implica, per il profilo che qui interessa, la disattivazione dell’obbligo di accantonamento di una riserva maggiorata - la scelta volontaria di portare il capitale al di sotto dell’importo di 10.000 euro comporta per i soci l’assoggettamento ad un obbligo di formazione accelerata della riserva e con esso una ridotta distribuibilità degli utili.
Inoltre, come si vedrà nel prosieguo, ove si accogliesse tale obiezione, si dovrebbero individuare due diversi importi di riferimento nella disciplina delle riduzioni: l’uno, per il caso previsto dall’art. 2482 c.c., che sarebbe appunto di 10.000 euro; l’altro, per l’ipotesi prevista dall’art. 2482-ter c.c., pari invece ad un euro. Il che, evidentemente, produrrebbe un risultato ancor più incoerente.
Aderendo, invece, all’interpretazione qui proposta, ne conseguirebbe che una Srl con capitale superiore a 10.000 euro potrebbe deliberare la riduzione volontaria ad una soglia inferiore a 10.000 euro, ma almeno pari a 1 euro. Tale operazione dovrebbe comunque avvenire nel rispetto delle cautele imposte dall’art. 2482 c.c. e, in particolare, nel rispetto del comma 2 della predetta norma, il quale stabilisce che «la decisione dei soci di ridurre il capitale sociale può essere eseguita soltanto dopo novanta giorni dal giorno dell’iscrizione nel registro delle imprese della decisione medesima, purché entro questo termine nessun creditore anteriore all’iscrizione abbia fatto opposizione».
In tal modo la società si assoggetterebbe alle peculiari regole stabilite in questo caso dal legislatore in tema di composizione del capitale e formazione della riserva legale. Sarebbe cioè necessario che l’importo del capitale sia interamente versato e la società verrebbe altresì assoggettata all’obbligo di accantonare un quinto degli utili netti risultanti in bilancio, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro(28).
Tale ricostruzione aprirebbe nuovi spazi per il mantenimento dell’attività d’impresa da parte di quelle Srl che, non volendo o potendo conservare un capitale pari a 10.000 euro, piuttosto che ricorrere allo scioglimento o alla trasformazione verso un tipo personale, intendano continuare la loro attività sotto il medesimo tipo sociale: obiettivo che potrebbe realizzarsi laddove si ammettesse l’adozione di un capitale inferiore a quello previsto dal comma 2, n. 4, dell’art. 2463, c.c., non solo in fase di costituzione, ma anche durante la vita della società.
In tale prospettiva, il nuovo capitale minimo della Srl individuato dal comma 4 dell’art. 2463, c.c., non avrebbe solo la funzione di favorire la nascita di nuove imprese, ma anche quella di consentire la conservazione di quelle esistenti.
2. La riduzione per perdite
Le novità introdotte dall’art. 9 D.l. 76/2013 non sembrano determinare modifiche in merito all’applicazione della disciplina della riduzione del capitale per perdite ex art. 2482-bis c.c., il quale stabilisce che in caso di perdite superiori a un terzo del capitale, gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea dei soci per gli opportuni provvedimenti. Se, poi, entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, deve esser convocata l’assemblea per l’approvazione del bilancio e per la riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate.
Assume, invece, rilievo il contenuto dell’art. 2482-ter c.c., il quale stabilisce che «se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito dal n. 4, dell’art. 2463, gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo. È fatta salva la possibilità di deliberare la trasformazione della società».
In presenza di perdite superiori al terzo del capitale sociale e che, contemporaneamente, fanno scendere il capitale al disotto di 10.000 euro, le Srl con capitale superiore a 10.000 euro sembrano, come in passato, tenute a convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale o, in subordine, la trasformazione o lo scioglimento della società.
Infatti, benché per effetto delle nuove disposizioni introdotte dall’art. 9 D.l. 76/2013, nel nostro ordinamento siano oggi ammesse società con capitale inferiore a 10.000 euro, appare logico ritenere che in presenza dei presupposti di cui all’art. 2482-ter c.c. (perdite superiori al terzo del capitale sociale che lo facciano scendere al disotto dei 10.000 euro) resti comunque fermo l’obbligo - per le società con capitale superiore a 10.000 euro - di adottare una delibera di riduzione, di trasformazione o di scioglimento della società.
Sebbene, quindi, la soglia dei 10.000 euro non rappresenti più l’ammontare minimo del capitale, essa comunque rimane una soglia rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 2482-ter, c.c., in quanto il suo superamento determina l’applicazione di regole differenti in tema di conferimenti ed accantonamento della riserva legale.
Il passaggio, per effetto delle perdite subite, al diverso regime delle società con capitale inferiore a 10.000 euro impone, pertanto, la necessità di intervenire mediante l’adozione dei provvedimenti elencati nell’art. 2482-ter c.c. di riduzione, trasformazione o scioglimento della società.
Occorre, però, valutare se la Srl con capitale eroso dalle perdite, in seguito alla delibera di riduzione, sia poi obbligata a riportare il capitale ad una soglia pari a 10.000 euro, come sembrerebbe imporre il dato testuale dell’art. 2482-ter c.c., oppure se essa possa adottare un capitale almeno pari al nuovo minimo legale previsto dall’art. 2463, comma 4, c.c., che è stabilito in 1 euro.
A tale proposito sembra, anche in questo caso, necessario coordinare la previsione che impone il contemporaneo aumento del capitale ad una cifra non inferiore al minimo stabilito dal n. 4) dell’art. 2463 c.c. con il fatto che sono oggi ammesse Srl con capitale inferiore a 10.000 euro.
Anche in tale ipotesi, rifuggendo da un’applicazione letterale dell’art. 2482-ter, comma 1, c.c., sembra possibile prospettare una diversa interpretazione, che risulti probabilmente più coerente con la nuova disciplina del capitale sociale.
L’adozione di un capitale compreso tra 1 e 9.999,99 euro non sembra, infatti, essere limitata al momento dell’atto costitutivo, in quanto, come in precedenza rilevato, le società con capitale inferiore a 10.000 euro non hanno l’obbligo di raggiungere tale soglia durante la loro esistenza.
Inoltre, la scelta di fissare un capitale compreso tra 1 e 9.999,99 euro non è limitata al ricorrere né di determinati requisiti soggettivi dei soci, né di altre circostanze che possano caratterizzare esclusivamente la fase costitutiva della società.
Pertanto, come già in precedenza rilevato, l’introduzione, ad opera dell’art. 9 D.l. 76/2013, di società che possano conservare per tutta la loro esistenza un capitale inferiore a 10.000 euro sembra significare che la scelta di adottare un capitale inferiore alla predetta soglia possa avvenire anche in un momento diverso dalla loro nascita.
Tale circostanza sembra valere tanto per le società che siano nate con capitale compreso tra 1 e 9.999,99 euro, quanto per le società originariamente costituite con capitale pari o superiore a 10.000 euro.
Appare, quindi, consentito ipotizzare che, in caso di perdite rilevanti ai sensi dell’art. 2482-ter c.c., la società, in seguito alla riduzione di capitale finalizzata all’assorbimento delle perdite, possa adottare un capitale inferiore a 10.000 euro, purché almeno pari ad 1 euro, il quale risulta pertanto essere il nuovo importo minimo legale del capitale sociale, valevole per tutte le Srl(29).
Accogliendo tale interpretazione, una società con capitale di 10.000 euro, che abbia subito perdite pari a 4.000 euro, potrebbe, ad esempio, limitarsi a ridurre il capitale a 6.000 euro, senza essere obbligata a riportarlo a 10.000.
La stessa società con capitale di 10.000 euro, ove avesse subito perdite per 11.000 euro, sarebbe obbligata ad abbattere il capitale e ad eliminare la residua perdita di 1.000 euro con la tecnica del sovrapprezzo o degli aumenti e successive riduzioni fino ad assorbimento della stessa. Una volta assorbita la perdita, la società avrebbe poi l’obbligo di ricostituire il capitale ad almeno 1 euro e non, invece, al maggiore limite di 10.000 euro.
In entrambi i casi occorre, altresì, che siano rispettate le condizioni imposte per le Srl con capitale inferiore a 10.000 euro, quali la necessità che il capitale sia interamente versato e l’obbligo di accantonare la riserva legale secondo il criterio dell’art. 2463 comma 5 c.c.
La costituzione semplificata delle Srl
La semplificazione nella costituzione di Srl con capitale inferiore a 10.000 euro da parte di persone fisiche. L’inderogabilità del modello
La disciplina della Srl semplificata è contenuta nell’art. 2463-bis c.c., il quale stabilisce che quando i soci sono tutti persone fisiche, essi possono costituire Srl con capitale inferiore a 10.000 euro, ma superiore a 1, con contratto o atto unilaterale redatto per atto pubblico in conformità ad un modello standard tipizzato con decreto del Ministro della giustizia.
Gli elementi che caratterizzano la Srl semplificata di cui all’art. 2463-bis c.c. sono:
- l’accesso riservato alle sole persone fisiche,
- il procedimento agevolato di costituzione secondo un modello standard tipizzato ed inderogabile
- la necessità che nella denominazione sia appunto indicato l’aggettivo “semplificata”.
Non costituiscono, invece, più elementi caratterizzanti ed esclusivi della Srl semplificata né l’importo del capitale sociale (inferiore a 10.000 euro, ma almeno pari a 1 euro), né il regime dei conferimenti, i quali sono oggi previsti anche per le Srl diverse da quelle semplificate per effetto delle modifiche apportate agli artt. 2463 e 2464 c.c.
In presenza dei presupposti richiesti dall’art. 2463-bis c.c. (soci persone fisiche, capitale inferiore a 10.000 euro, atto costitutivo redatto mediante l’utilizzo di un modello standard tipizzato con regolamento ministeriale e denominazione comprendente l’aggettivo “semplificata”), il comma 3 dell’art. 3 del D.l. 1/2012 prevede che «l’atto costitutivo e l’iscrizione nel Registro delle imprese sono esenti da diritto di bollo e di segreteria e non sono dovuti onorari notarili».
Una delle questioni più dibattute ha riguardato la possibilità di integrare o meno lo statuto standard tipizzato(30), il cui contenuto, definito nella tabella allegata al D.m. 138/2012, è stato oggetto di critiche da parte della dottrina a causa delle lacune che lo caratterizzano.
Questione che va oggi esaminata alla luce sia della espressa previsione della inderogabilità introdotta dal D.l. 76/2013 che del delinearsi, attraverso la stratificazione delle norme, di una disciplina complessiva delle nuove Srl che inizia ad avere una propria organicità.
Il modello standard tipizzato, infatti, si limita ad indicare: 1) il cognome, il nome, la data, il luogo di nascita, il domicilio, la cittadinanza di ciascun socio; 2) la denominazione sociale contenente l’indicazione di società a responsabilità limitata semplificata e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie; 3) l’ammontare del capitale sociale, pari almeno ad 1 euro e inferiore all’importo di 10.000 euro previsto all’articolo 2463, secondo comma, numero 4, sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione. Il conferimento deve farsi in denaro ed essere versato all’organo amministrativo; 4) i requisiti previsti dai numeri 3, 6, 7 e 8 del secondo comma dell’articolo 2463; 5) luogo e data di sottoscrizione; 6) gli amministratori. Mancano, ad esempio, tanto la previsione della durata della società, quanto la regolamentazione della decorrenza dell’esercizio sociale.
Ora, l’introduzione da parte del D.l. 76/2013 della previsione di cui al comma 3 dell’art. 2463-bis, c.c., secondo cui le clausole del modello standard tipizzato sono inderogabili, sembra escludere che l’atto costitutivo della Srl semplificata possa avere un contenuto diverso da quello stabilito dall’art. 2463-bis, comma 2, al quale deve conformarsi il modello standard di cui al regolamento ministeriale.
Si potrebbe, invero, ipotizzare una diversa interpretazione, in base alla quale la previsione dell’inderogabilità riguarderebbe le sole clausole del modello tipizzato, la cui formulazione non potrebbe essere modificata, ma non il modello di atto costitutivo in sé, come se fosse invece possibile l’inserimento di pattuizioni ulteriori, aventi ad oggetto la regolamentazione di aspetti non disciplinati nelle clausole standard.
Ma tale considerazione, fondata solo sul dato testuale, sembra prestare il fianco a critiche sul piano sistematico.
Il dato da cui muovere è sempre rappresentato dal combinato disposto dei commi 2 e 3 dell’art. 2463-bis, c.c.; e dalla previsione dell’art. 3, comma 3, del D.l. 1/2012, per il quale «l’atto costitutivo e l’iscrizione nel Registro delle imprese sono esenti da diritto di bollo e di segreteria e non sono dovuti onorari notarili».
Non sembra potersi mettere in dubbio che questa seconda disposizione, concedendo delle agevolazioni sul piano tributario ed amministrativo e, al contempo, prevedendo la gratuità della prestazione professionale del notaio, debba esser interpretata in senso restrittivo, in quanto norma eccezionale, non estensibile a fattispecie diverse rispetto a quella alla quale essa espressamente si riferisce.
Va ricordato come le agevolazioni riguardino solo ed esclusivamente le società i cui soci siano persone fisiche: sebbene la normativa sia nata per favorire l’accesso all’attività imprenditoriale dei giovani che non avessero compiuto il trentacinquesimo anno di età oggi, con l’eliminazione del requisito anagrafico, essa vede come possibili destinatari altre fasce socialmente deboli(31).
Sia l’esenzione da diritto di bollo e di segreteria, sia la gratuità dell’intervento del notaio corrispondono alla finalità di abbattere i costi di avvio delle nuove imprese semplificate; e, con riferimento alla seconda, la scelta presupponeva necessariamente di ridurre quanto più possibile la prestazione professionale del notaio al solo controllo di legalità, appunto attraverso il ricorso ad un modulo(32).
Appare evidente come l’inderogabilità del contenuto dello statuto tipizzato e la norma agevolativa vadano di pari passo: la prima, riducendo per quanto possibile gli oneri di costituzione della società, giustifica la seconda.
Un’interpretazione che limitasse l’inderogabilità alle sole clausole adottate dal decreto ministeriale e, al contempo, consentisse la piena esplicazione dell’autonomia statutaria attraverso l’adozione di clausole integrative del modello, produrrebbe l’effetto di estendere inevitabilmente la portata del regime agevolato ben al di là del suo ambito di applicazione definito dalle richiamate disposizioni. Ecco allora che, nell’opposta prospettiva, la previsione dell’inderogabilità rappresenta uno di quei limiti imposti dalla legge che impediscono alle parti di determinare liberamente il contenuto del contratto ai sensi dell’art. 1322 c.c.
In sostanza l’atto costitutivo non può avere un contenuto diverso da quello stabilito dal legislatore e che è riprodotto nel regolamento ministeriale, né le parti possono inserirvi clausole integrative.
V’è da chiedersi, allora, cosa accada laddove l’atto costitutivo di una società denominata a responsabilità limitata semplificata contenga delle clausole ulteriori o difformi dal contenuto del modello standard tipizzato.
La questione, ovviamente, non riguarda l’integrazione necessaria per il rispetto delle norme della legge notarile sulla forma degli atti, e quelle indicazioni e menzioni che sono richieste dagli artt. 47 e ss. della legge n. 89/1913 essendo questo un dato ormai pacifico(33); bensì, più propriamente, quelle clausole che integrano le regole organizzative della società, all’interno delle quali parte degli interpreti aveva pure individuato talune pattuizioni compatibili con l’assetto normativo anteriore al D.l. 76/2013(34). Ora, al di là dell’adozione dell’una o dell’altra tra interpretazioni sopra prospettate, resta il fatto che, sul piano sistematico, la presenza di clausole aggiuntive o, persino, derogatorie, implica una difformità rispetto al modello e, quantomeno, una riqualificazione della fattispecie: l’accesso alle agevolazioni previste dal comma 3 dell’art. 3 del D.l. 1/2012 (e segnatamente quelle tributarie ed amministrative) presuppone, infatti, due requisiti - la partecipazione di sole persone fisiche e l’adozione di uno statuto standard - il secondo dei quali mancherebbe ove l’atto costitutivo contenesse pattuizioni diverse o ulteriori.
In tal caso, quindi, a prescindere dalla questione della validità delle singole clausole, la società a responsabilità limitata con capitale inferiore ai 10.000 euro non avrebbe i requisiti per poter esser qualificata anche come “semplificata”, con inevitabili conseguenze in ordine all’indebito accesso alle agevolazioni previste dal D.l. 1/2012.
V’è un ulteriore elemento da tenere poi in dovuto conto: il legislatore, sia pur dopo gli ultimi interventi che hanno complessivamente ridisegnato la disciplina delle nuove Srl, continua a richiedere l’indicazione dell’aggettivo “semplificata” nella denominazione delle società che vengono costituite con il ricorso al modello standard.
Considerato che tale aggettivo non serve a mettere in evidenza il profilo della sottocapitalizzazione della società (attualmente infatti esistono altre Srl con capitale inferiore a 10.000 euro, che non devono aggiungere nulla alla indicazione del tipo), la permanenza nella denominazione del termine semplificata può oggi avere un senso proprio per indicare una società che nasce tra sole persone fisiche con un procedimento appunto semplificato e con regole organizzative predeterminate dal legislatore e la cui segnalazione è necessaria sin tanto che le regole organizzative non siano mutate.
In altre parole, «la normativa che impone alle Srls di segnalare tale propria veste sia nella denominazione sociale sia negli atti e nella corrispondenza della società, oltre che nello spazio elettronico dedicato della società (art. 2463-bis comma 3 c.c.), essendo venuta meno ogni disciplina speciale della società dopo la sua iscrizione nel Registro delle imprese, acquisisce la più limitata finalità di richiamare l’attenzione dei terzi - alla stregua di una ulteriore semplificazione, questa volta a beneficio dei fruitori della pubblicità commerciale - sul fatto che, per tali società, l’atto costitutivo non può essere difforme dalle regole poste dall’art. 2463-bis co. 2 c.c. e dal modello standard approvato con decreto ministeriale»(35).
Le norme applicabili alle Srl costituite con il procedimento semplificato
Ad eccezione dei benefici in tema di spese per la costituzione della società, dell’impossibilità di inserire in tale sede pattuizioni integrative del modello standard, della partecipazione limitata alle persone fisiche e dell’obbligo di indicare nella denominazione l’espressione “società a responsabilità limitata semplificata”, le Srl semplificate sono per il resto integralmente regolate dalla norme in materia di Srl “ordinarie” nei limiti della compatibilità (art. 2463-bis, comma 5: «si applicano alla società a responsabilità limitata semplificata tutte le altre disposizioni in tema di società a responsabilità limitata “ordinaria” in quanto compatibili»).
Tuttavia, per effetto delle novità introdotte dall’art. 9, D.l. 28 giugno 2013, n. 76, e dalla legge di conversione 9 agosto 2013, n. 99, che non solo ha previsto la possibilità di costituire Srl ordinarie con capitale inferiore a 10.000 euro, ma ha anche soppresso la previsione che imponeva nelle Srl semplificate di nominare gli amministratori tra i soci, possono sorgere dubbi interpretativi relativamente alla disciplina sulla formazione della riserva legale e in merito alla possibilità di nominare amministratori soggetti estranei alla compagine sociale.
1. La disciplina del capitale e della for mazione della riserva legale
Relativamente all’ammontare del capitale sociale, l’art. 2463-bis c.c. riproduce le prescrizioni del comma 4 dell’art. 2463 c.c., prevedendo entrambe le norme che il capitale possa essere determinato in misura inferiore a euro 10.000, ma pari almeno a 1 euro, e che i conferimenti debbano farsi in denaro ed essere versati per intero all’organo amministrativo.
È, tuttavia, dubbio se alle Srl semplificate si applichi anche la regola speciale sulla formazione della riserva legale sancita dal comma 5 dell’art. 2463 c.c. per le Srl ordinarie con capitale inferiore a 10.000 euro, il quale dispone che «La somma da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato, per formare la riserva prevista dall’articolo 2430, deve essere almeno pari a un quinto degli stessi, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro».
In assenza di disposizioni specifiche sul punto, allo stato attuale sembrano ipotizzabili due contrapposte interpretazioni.
Da un lato, si può ritenere che, poiché ai sensi del comma 5 dell’art. 2463-bis c.c. alla semplificata si applicano le disposizioni della Srl ordinaria in quanto compatibili, trattandosi di società con capitale inferiore a 10.000 euro, essa sarebbe soggetta anche al comma 5 dell’art. 2463 c.c., che in deroga all’art. 2430 c.c. impone di accantonare un quinto, e non un ventesimo, degli utili, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro e non, invece, fino a che questa non abbia raggiunto il quinto del capitale.
Dall’altro lato, si potrebbe in contrario ipotizzare che, poiché l’art. 2463-bis c.c. contiene una disciplina specifica del capitale sociale, la quale si limita a prevedere l’importo minimo e massimo e l’obbligo di conferire esclusivamente denaro, l’accantonamento della riserva legale debba avvenire secondo i criteri di cui all’art. 2430 c.c., in quanto nell’art. 2463-bis è riprodotto soltanto il contenuto del comma 4 dell’art. 2463 c.c. (e cioè la previsione sull’importo minimo e massimo e sui conferimenti in denaro), ma non anche il contenuto del successivo comma 5 (e cioè i criteri per la formazione del capitale sociale)(36).
In tale prospettiva, allora, si potrebbe riconoscere all’aggettivo “semplificata” l’ulteriore funzione di evidenziare il fatto che la società non deve sottostare alle regole di formazione della riserva legale previste dal comma 5 dell’art. 2463, c.c.
Aderendo, però, a quest’ultima interpretazione, si applicherebbe una disposizione relativa alle società con capitale superiore a 10.000 euro, laddove, invece, sembrerebbe più coerente applicare la regola dettata per le società con capitale inferiore a tale importo, quali d’altronde sono le stesse Srls.
Poiché, infatti, alle Srl semplificate si applicano le norme sulle Srl in quanto compatibili, trattandosi di società con capitale inferiore a 10.000 euro, non sembrano sussistere elementi di incompatibilità con l’applicazione della regola contenuta nel comma 5 dell’art. 2463 c.c., che impone criteri di accantonamento della riserva legale basati su di un capitale sociale inferiore a 10.000 euro, posto che la norma ha la funzione di favorire la successiva patrimonializzazione della società(37).
La questione relativa ai criteri da adottare nella formazione della riserva legale assume rilievo, soprattutto con riguardo alla responsabilità degli amministratori, in quanto l’art. 2627 c.c. punisce con l’arresto fino ad un anno gli amministratori che ripartiscano utili destinati per legge a riserva o che ripartiscono riserve che non possono per legge essere distribuite.
2. La nomina di amministratori non soci
Un ulteriore dubbio concernente la disciplina applicabile alle Srl semplificate riguarda la possibilità di nominare amministratori dei soggetti diversi dai soci.
L’art. 2475 c.c., norma generale sull’amministrazione delle Srl, dispone che l’amministrazione della società debba essere affidata a uno o più soci, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo.
L’art. 2463-bis, comma 2, n. 6, c.c., che disciplina la costituzione della Srl semplificata, nella sua formulazione originaria imponeva l’obbligo di scegliere gli amministratori nominati nell’atto costitutivo tra i soci.
Sennonché il legislatore, con la lett. b, del comma 13 dell’art. 9 D.l. 76/2013, ha provveduto a sopprimere la previsione dell’art. 2463-bis, comma 2, n. 6, c.c. relativa all’obbligo di scegliere tra i soci gli amministratori nominati nell’atto costitutivo.
Come interpretare tale abrogazione?
Si potrebbe in primo luogo ipotizzare che tale abrogazione abbia lo scopo di eliminare una disposizione superflua, considerato che l’atto costitutivo delle Srl semplificate ha un contenuto standard che non può essere in tale sede integrato dall’autonomia statutaria e, pertanto, non potendo inserire una clausola che - ai sensi dell’art. 2475 c.c. - consentisse la nomina di amministratori estranei, anche a prescindere dall’esplicito divieto contenuto nella precedente formulazione dell’art. 2463-bis, comma 2, n. 6, c.c., in ogni caso i soci non avrebbero potuto nominare amministratori estranei.
Pertanto, in base a tale prima interpretazione, l’abrogazione dell’obbligo di scegliere gli amministratori tra i soci, contenuto nella precedente formulazione dell’art. 2463-bis, comma 2, n. 6, c.c., avrebbe lo scopo di eliminare una disposizione superflua.
Conseguentemente, nelle Srl semplificate non sarebbe mai possibile nominare amministratori estranei in sede di atto costitutivo, perché l’inderogabilità del modello standard impedisce di adottare una clausola che consenta la nomina di un estraneo ai sensi dell’art. 2475 c.c. Viceversa, tale clausola potrebbe essere inserita in un momento successivo alla costituzione della società e varrebbe, pertanto, per le ulteriori nomine dell’organo amministrativo.
Appare, altresì, possibile una seconda interpretazione, in quanto l’art. 2475 c.c. stabilisce che l’amministrazione della società debba essere affidata ai soci «salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo».
Il riferimento che fa salva la diversa disposizione dell’atto costitutivo, può essere interpretato non solo nel senso che è consentita l’adozione di una clausola derogatoria, valevole per ogni nomina dell’organo amministrativo, ma anche che la nomina dei primi amministratori possa riguardare gli estranei, poiché avviene in sede di atto costitutivo, e poiché in tale sede è possibile derogare all’obbligo di scegliere gli amministratori tra i soci.
In sostanza, potendo l’atto costitutivo disporre diversamente da quanto prescritto dall’art. 2475 c.c., in tale contesto i soci sarebbero legittimati a nominare amministratori estranei alla compagine sociale, senza che in tale sede occorra adottare un’apposita clausola che consenta tale nomina, clausola che invece si renderebbe necessaria per le nomine successive.
In quest’ottica, la previsione dell’obbligo di scegliere gli amministratori tra i soci, contenuto nella precedente formulazione dell’art. 2463-bis, comma 2, n. 6, c.c., avrebbe avuto lo scopo di impedire la nomina di estranei che invece, in assenza di un’apposita previsione in tal senso, sarebbe stata consentita.
Conseguentemente, l’abrogazione del predetto obbligo avrebbe lo scopo di consentire la nomina di amministratori estranei in sede di atto costitutivo.
Pertanto, in base a questa seconda interpretazione, è possibile nominare amministratori estranei in sede di atto costitutivo, mentre per le successive nomine sarebbe necessaria l’adozione di un’apposita clausola statutaria ai sensi dell’art. 2475 c.c.
Appare, infine, possibile una terza interpretazione.
Occorre, infatti, considerare che ai sensi del comma 5 dell’art. 2463-bis c.c., la disciplina delle Srl si applica alle Srl semplificate in quanto “compatibile”.
Nel caso di specie, la compatibilità dell’art. 2475 c.c. con le norme delle Srl semplificate potrebbe ritenersi esclusa proprio per effetto della soppressione del divieto di nominare amministratori estranei, realizzata dalla lett. b, del comma 13 dell’art. 9 D.l. 76/2013, la quale dimostrerebbe la volontà del legislatore che nelle Srl semplificate possano ricoprire la carica di organo amministrativo anche soggetti diversi dai soci.
Poiché, però, il meccanismo di cui al comma 1 dell’art. 2475 c.c. impone un’apposita clausola statutaria per la nomina di amministratori estranei, mentre il modello standard in sede di atto costitutivo non può essere integrato con ulteriori clausole statutarie, l’applicazione del comma 1 dell’art. 2475 c.c. risulterebbe incompatibile con la disciplina delle Srl semplificate, per le quali sarebbe venuto meno il divieto in questione.
Pertanto, in base a questa terza interpretazione, il comma 1 dell’art. 2475 c.c. non si applicherebbe alle Srl semplificate in quanto incompatibile con la loro disciplina ai sensi dell’art. 2463-bis comma 5 c.c. e, quindi, sarebbe sempre possibile nominare amministratori estranei, a prescindere dall’adozione di un’apposita clausola statutaria in tal senso(38).
Il rinvio alla disciplina sulle Srl e la natura giuridica delle Srl semplificate
Per ciò che concerne le altre regole applicabili alle Srl semplificate, dall’analisi del contenuto dell’art. 2463-bis c.c. emerge che tutte le deroghe alla disciplina delle Srl riguardino esclusivamente il momento costitutivo della società e che, pertanto, esse, pur conservando la denominazione di società semplificate, sono interamente soggette alle regole delle Srl ordinarie, rispetto alle quali, quindi, le Srl semplificate non sembrano costituire un tipo a sé stante.
La possibilità di adottare un capitale inferiore a 10.000 euro, ma almeno pari a 1 euro, non costituisce più, infatti, un elemento che caratterizza in senso esclusivo le Srl semplificate, in quanto, per effetto del nuovo comma 4 dell’art. 2463 c.c., introdotto con il D.l. 76/2013, tale facoltà è attualmente concessa a chiunque intenda costituire una Srl
Quanto all’inserimento dell’espressione “semplificata” nella denominazione sociale, sembrerebbe trattarsi di un elemento volto ad indicare non tanto l’appartenenza ad un tipo sociale diverso da quello delle Srl, quanto a dare evidenza all’assoggettamento al regime agevolato riguardante la costituzione della società e alla circostanza che, come detto, l’atto costitutivo non può essere difforme dalle regole poste dall’art. 2463-bis co. 2 c.c. e dal modello standard approvato con decreto ministeriale(39).
L’espressione “semplificata” sembra svolgere, infatti, una funzione analoga a quella, ad esempio, ricoperta dall’inserimento nella denominazione sociale dei termini “società in liquidazione” richiesto dal comma 2 dell’art. 2487-bis c.c.(40 )
L’aggiunta prevista dall’art. 2487-bis c.c. altro non è se non una mera indicazione esterna, che pertanto non fa parte della denominazione stessa, volta a segnalare all’esterno l’assoggettamento della società a regole peculiari integrative della disciplina legale relativa al tipo sociale indicato nella denominazione(41).
In tutti questi casi, l’aggiunta nella denominazione di espressioni ulteriori rispetto a quelle che caratterizzano il tipo sociale sembra, quindi, avere lo scopo non tanto di indicare l’appartenenza ad un differente tipo sociale, quanto piuttosto quello di segnalare l’applicabilità di regole integrative del modello legale.
In considerazione del fatto che le regole speciali delle Srl semplificate sembrano riguardare la sola fase costitutiva della società, si potrebbe ipotizzare che, successivamente alla costituzione della stessa, i soci possano integrare il contenuto dell’atto costitutivo, nella forma richiesta dall’art. 2480 c.c., che richiede la verbalizzazione notarile ai sensi dell’art. 2436 c.c., adottando clausole organizzative in deroga alla disciplina legale statutaria, entro i limiti che sono consentiti all’autonomia privata e senza che, ovviamente, si applichi il comma 3 dell’art. 3 del decreto legge 1/2102, norma eccezionale che si riferisce appunto alla sola fase costitutiva.
È evidente, comunque, che laddove si ritenga che l’aggettivo “semplificata” nella denominazione sociale abbia anche il significato di dare contezza ai terzi che le regole organizzative di quella società corrispondono a quelle contenute nel modello ministeriale, l’integrazione dell’atto costitutivo con nuove clausole impone l’espunzione di tale aggettivo.
In virtù delle considerazioni finora svolte, l’adozione di clausole integrative del modello standard, che in forza dell’espressa previsione dell’inderogabilità dello stesso potrebbe avvenire solo in una fase successiva alla costituzione della società, sembrerebbe avere la natura di modifica statutaria e non, invece, di trasformazione.
L’attuale dato normativo sembra, quindi, suggerire come abbia senso parlare di società semplificata soltanto con riferimento al momento della costituzione e sino a che si mantenga un atto costitutivo conforme alle regole poste dall’art. 2463-bis comma 2 c.c. e al modello standard approvato con decreto ministeriale(42): successivamente a tale momento, soprattutto laddove lo statuto sia integrato a seguito di modifiche, la Srl dovrà esser riguardata alla luce della previsione dell’art. 2463, comma 4, ovvero, in caso di aumento di capitale ad almeno 10.000 euro, quale Srl “ordinaria”.
Laddove si accogliesse tale interpretazione, ne conseguirebbe, inoltre, che, una volta costituita la società da sole persone fisiche, i soci potrebbero successivamente alienare le partecipazioni a soggetti diversi, in quanto le agevolazioni previste dall’art. 3, comma 3, del D.l. 1/2012 riguardano esclusivamente la fase costitutiva, ed è solo in tale momento che deve sussistere il requisito soggettivo dell’essere persona fisica al fine di poter usufruire dei relativi benefici di spesa(43). Ed il legislatore non impone più in alcun modo la permanenza del requisito soggettivo (l’esser persone fisiche) in capo ai soci, neppure per un periodo di tempo limitato.
Tuttavia, poiché la cessione a soggetti diversi dalle persone fisiche presuppone che la società venga riqualificata come Srl “ordinaria”, sembra rendersi necessaria - in analogia con quel che avviene per l’adozione di clausole integrative o derogatorie al modello standard successivamente alla costituzione - la preventiva eliminazione dell’aggettivo “semplificata” dalla denominazione.
Srl semplificate, intestazione fiduciaria e diritti reali minori
Atteso che la normativa in materia stabilisce che possano essere soci di Srl semplificate solo persone fisiche, è discusso se sia ipotizzabile la partecipazione di una società fiduciaria in sede di atto costitutivo, magari esplicitando che quest’ultima agisce per conto di una persona fisica.
Sebbene sia estremamente controverso se, per effetto dell’intestazione fiduciaria di un bene, il fiduciario acquisti la sola legittimazione all’esercizio del diritto(44), la cui titolarità rimane in capo al fiduciante ovvero la piena titolarità del diritto trasferito(45), sembra prevalere quest’ultimo orientamento che appare maggiormente conforme al sistema della titolarità delle partecipazioni sociali.
In tale sistema è socio - ed è, quindi, legittimato ad esercitare i diritti sociali - colui che risulta iscritto nel libro soci o intestatario delle azioni in base ad una serie continua di girate, in caso di SpA, o iscritto nel Registro delle imprese, in caso di Srl, a prescindere dall’eventuale sussistenza di sottostanti rapporti fiduciari con terze persone(46).
Ora, il ricorso all’intestazione fiduciaria di partecipazioni è in genere finalizzato anche ad impedire che i terzi vengano a conoscenza del soggetto nel cui interesse vengono gestite le partecipazioni sociali. Questi ultimi restano tutelati dal fatto che, poiché il fiduciario è l’intestatario dei rapporti giuridici da esso gestiti in forza del pactum fiduciae, lo stesso risponderà all’esterno secondo le normali regole della responsabilità, ferma restando l’eventuale rivalsa nei confronti del fiduciante secondo le pattuizioni che regolano i rapporti interni.
Tale configurazione del rapporto fiduciario è chiaramente incompatibile nella fase costitutiva della società a responsabilità limitata semplificata, alla quale è ammessa la partecipazione solo di persone fisiche; viceversa, nella fase successiva dovrebbero valere le considerazioni in precedenza espresse sul trasferimento della partecipazione a soggetti non persone fisiche.
La circostanza per cui in sede di atto costitutivo i soci debbano esser tutti persone fisiche non esclude, infine, la possibilità di costituire già in tale fase diritti reali minori in favore di soggetti non persone fisiche: ciò in quanto l’usufruttuario o il creditore pignoratizio non rivestono la qualità di soci(47).
Questioni di diritto transitorio
L’utilizzabilità del modello di Srl semplificata non adeguato
È possibile ricevere atti costitutivi di Srl semplificate utilizzando il modello emanato con D.m. 23 giugno 2012, n. 138, modificato dal notaio nelle parti incompatibili con la nuova normativa introdotta dal comma 13 dell’art. 9 D.l. 76/2013, considerato che la legge di conversione 9 agosto 2013, n. 99 ha espressamente introdotto la previsione secondo cui «Le clausole del modello standard tipizzato sono inderogabili»?
Va ricordato come il comma 13 dell’art. 9 D.l. 76/2013 abbia esteso la possibilità di ricorrere alla Srl semplificata anche alle persone fisiche che abbiano compiuto i 35 anni d’età e contemporaneamente ha soppresso il divieto di trasferimento a soggetti ultratrencinquenni, nonché modificato il n. 6, dell’art. 2463-bis nella parte in cui specificava che gli amministratori debbono esser scelti fra i soci.
Il modello standard di atto costitutivo allegato al D.m. 138/2012, norma regolamentare, contiene, dunque, delle clausole ormai in contrasto con la norma primaria sopravvenuta, quali, segnatamente, quella relativa al divieto di trasferimento delle quote agli over 35 (art. 4) e, secondo una delle possibili letture di cui si è dato conto, quella della scelta degli amministratori esclusivamente fra i soci (art. 5).
Tali clausole - in quanto riproduttive di disposizioni di legge oggi abrogate - non sembrano potersi ritenere ancora efficaci ed appare necessario che le stesse vengano espunte in sede di costituzione della società mediante ricorso al modello standard, proprio in ragione dell’inderogabilità di quest’ultimo.
Tale inderogabilità, espressamente prevista dall’art. 2463-bis comma 3, c.c., a tenore del quale «Le clausole del modello standard tipizzato sono inderogabili», impone che il contenuto dell’atto costituivo sia determinato dalla legge e non dalla volontà delle parti.
Ciò esclude che l’atto costitutivo possa avere un contenuto diverso da quello stabilito dal legislatore e implica, altresì, che - essendo i soci tenuti ad adottare un modello di atto costitutivo riproduttivo della disciplina stabilita dal legislatore - se il legislatore modifica tale disciplina, le clausole statutarie difformi, contenute in un modello non adeguato, che è una norma regolamentare e di rango minore, debbano essere disapplicate.
L’adeguamento del modello alla normativa sopravvenuta, che viene eseguito in sede di atto costitutivo, non rappresenta, dunque, una “deroga” vietata ai sensi dell’art. 2463-bis comma 3, c.c., in quanto non dipende da una manifestazione della volontà dei soci, ma dall’applicazione della disciplina legale vigente.
In attesa dell’emanazione di un nuovo decreto ministeriale che recepisca tali novità, è quindi da ritenere comunque possibile procedere al ricevimento di atti costitutivi di Srl semplificata con immediata utilizzazione del modello standard di cui al D.m. 138/2012, il quale deve intendersi immediatamente modificato nelle clausole incompatibili con il D.l. 76/2013, le quali dovranno pertanto essere omesse. Nello stesso senso si pronuncia la nota n. 118972.U del Ministero della giustizia - Dipartimento per gli affari della giustizia - di data 11 settembre 2013, integrata da successiva comunicazione in data 13 settembre 2013, nella quale, riguardo alla concreta applicazione del modello standard di atto costitutivo tipizzato attualmente con D.m. 23 giugno 2012, n. 138, si rileva come «esso non appare più completamente armonico con il disposto della norma primaria (costituita dall’art. 2463-bis c.c., da leggersi in relazione con l’art. 2463 c.c.), ma del quale tuttavia viene stabilita la inderogabilità, proprio dalla legge di riforma». Nella nota si condivide pertanto la soluzione della soppressione dal modello standard tipizzato della clausola sub 4, «in quanto il requisito anagrafico è stato abolito dal menzionato decreto legge 28 giugno 2013, n. 76». Inoltre «quanto osservato in ordine alla soppressione della clausola sub 4 in forza delle modifiche apportate all’art. 2463-bis c.c. vale anche per la clausola sub 5, che conseguentemente viene modificata non essendo più richiesto dalla legge che l’amministrazione della società sia affidata a uno dei soci».
Le Srl semplificate costituite con il vecchio modello
Le Srl semplificate costituite in data anteriore al 28 giugno 2013 (data di entrata in vigore del D.l. 76/2013) ai sensi dell’art. 2436-bis c.c., introdotto dall’art. 3 D.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito nella L. 24 marzo 2012, n. 27, contengono sia l’espressa previsione del divieto di trasferimento delle quote a persone che abbiano compiuto i 35 anni alla data della cessione e della nullità dell’eventuale atto, sia l’obbligo di scegliere gli amministratori tra i soci della società.
Con riferimento all’eliminazione del requisito anagrafico per la costituzione delle Srl semplificate, il comma 13 dell’art. 9 D.l. 76/2013 ha abrogato il divieto di trasferimento delle quote di Srl semplificata in favore di persone che abbiano compiuto i trentacinque anni d’età alla data della cessione.
Per effetto dell’abrogazione tale trasferimento dovrebbe ritenersi consentito nonostante quanto riportato negli statuti.Le relative clausole - in quanto riproduttive di un divieto legale oggi abrogato - non sembrano oggi potersi ritenere ancora efficaci, laddove si consideri che, nelle Srl semplificate, il legislatore esclude la facoltà per i privati di adottare pattuizioni derogatorie alla disciplina legale prevista per tale modello societario (art. 2463-bis comma 3, c.c.).
Ciò esclude che lo statuto possa avere un contenuto diverso da quello stabilito dal legislatore e implica, altresì, che - essendo i soci tenuti ad adottare un modello di atto costitutivo riproduttivo della disciplina stabilita dal legislatore - se il legislatore modifica tale disciplina, le clausole statutarie difformi, valide e vincolanti per il passato, dovrebbero perdere efficacia per il futuro(48).
In altre parole, appare difficile sostenere la sopravvivenza del divieto di cessione a soggetti non aventi i requisiti d’età (vigenti all’epoca della costituzione), quale clausola ascrivibile alla categoria delle disposizioni convenzionali volontarie, in grado di resistere alla normativa sopravvenuta.
Si tratta di una conclusione analoga a quella a suo tempo adottata in tema di abrogazione successiva dei vincoli di inalienabilità posti dall’art. 35 L. 865/1971 e riprodotti nelle clausole delle convenzioni fino a quel momento stipulate, che sancivano la nullità delle alienazioni compiute in violazione dei divieti. Si è ipotizzato, infatti, che per effetto dell’abrogazione di tali divieti, le clausole delle convenzioni che li riproducessero dovessero intendersi prive di effetto(49).
Occorre, inoltre, tenere presente che mentre per i divieti di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica la legge non imponeva l’obbligo di inserire espressamente gli stessi nelle convenzioni e che, pertanto, l’adozione di tali clausole era volontaria, nel caso delle Srl semplificate la presenza del divieto di cessione era obbligatoria, in quanto allora imposta dal modello standard.
Si era, inoltre, pervenuti a conclusioni simili in merito alla questione dell’introduzione della disciplina del sindaco unico nelle Srl per effetto dell’art. 14, commi 13 e 14, della legge 12 novembre 2011, n. 183 e, successivamente, dell’art. 35 del D.l. 9 febbraio 2012, n. 5 convertito in legge 4 aprile 2012, n. 35(50).
E va anche considerato che la sopravvenuta inefficacia di clausole statutarie incompatibili con la normativa succedutasi nel tempo è fenomeno che si è verificato anche quando è entrata in vigore della riforma del diritto societario.
L’art. 223-bis disp. att. c.c., il quale concedeva un termine per adeguare gli statuti delle società di capitali a tale riforma, prevedeva che in ogni caso, scaduto il predetto termine, in mancanza di tale adeguamento le disposizioni in contrasto con le nuove norme “inderogabili” avrebbero in ogni caso perso efficacia.
Considerato che nelle Srl semplificate la volontà delle parti non può derogare al contenuto legale dell’atto costitutivo, la sopravvivenza di clausole in contrasto con le norme sopravvenute implicherebbe la presenza di statuizioni volontarie incompatibili con la nuova disciplina, le quali sembrano, dunque, destinate a perdere efficacia.
Sempre in considerazione dell’inderogabilità del contenuto dell’atto costitutivo delle Srl semplificate, i soci non potrebbero conservare la pattuizione corrispondente al divieto abrogato, a meno che gli stessi non decidano di adottare un simile divieto ricorrendo, però, attraverso apposita modificazione, al modello della Srl ordinaria, che consente l’adozione di limiti alla circolazione delle partecipazioni. Ne consegue che, in assenza di particolari disposizioni transitorie, sia possibile ipotizzare che le clausole statutarie contenenti il divieto di cessione di quote a persone che abbiano compiuto il trentacinquesimo anno d’età siano divenute inefficaci.
Bisogna, tuttavia, tenere presente che, pur dovendosi ritenere prive di efficacia le clausole riproduttive del divieto di cessione, la loro presenza negli atti costitutivi potrebbe generare incertezze sulla loro valenza, soprattutto ai fini di un possibile contenzioso tra i soci.
A tale proposito, anche in caso di controversia tra le parti sulla sopravvivenza del divieto, la cessione eventualmente eseguita in favore di persona di età superiore a trentacinque anni non potrebbe essere dichiarata nulla, in quanto è stata abrogata la norma che sanciva la nullità, né tale nullità potrebbe avere la sua fonte nella volontà delle parti riprodotta in una clausola statutaria.
Non va, peraltro, esclusa l’opportunità che, al fine di garantire la certezza dei rapporti giuridici e di prevenire il sorgere di azioni contenziose, le parti richiedano un formale adeguamento degli atti costitutivi già redatti, eliminando le clausole riproduttive del divieto abrogato.
Analoghe considerazioni dovrebbero valere per ciò che concerne i requisiti di nomina degli amministratori, ove si acceda alla terza delle ricostruzioni sopra prospettate, secondo cui l’eliminazione dell’obbligo di nominare gli amministratori tra i soci renderebbe sempre possibile la designazione di terzi estranei, a prescindere dall’adozione di apposita clausola in tal senso.
con riferimento al momento della costituzione e sino a che si mantenga un atto costitutivo conforme alle regole poste dall’art. 2463-bis comma 2 c.c. e al modello standard approvato con decreto ministeriale: successivamente a tale momento, soprattutto laddove lo statuto sia integrato a seguito di modifiche, la Srl dovrà esser riguardata alla luce della previsione dell’art. 2463, comma 4, ovvero, in caso di aumento di capitale ad almeno 10.000 euro, quale Srl “ordinaria”.
Laddove si accogliesse tale interpretazione, ne conseguirebbe, inoltre, che, una volta costituita la società da sole persone fisiche, i soci potrebbero successivamente alienare le partecipazioni a soggetti diversi, in quanto le agevolazioni previste dall’art. 3, comma 3, del D.l. 1/2012 riguardano esclusivamente la fase costitutiva, ed è solo in tale momento che deve sussistere il requisito soggettivo dell’essere persona fisica al fine di poter usufruire dei relativi benefici di spesa . Ed il legislatore non impone più in alcun modo la permanenza del requisito soggettivo (l’esser persone fisiche) in capo ai soci, neppure per un periodo di tempo limitato.
Tuttavia, poiché la cessione a soggetti diversi dalle persone fisiche presuppone che la società venga riqualificata come Srl “ordinaria”, sembra rendersi necessaria - in analogia con quel che avviene per l’adozione di clausole integrative o derogatorie al modello standard successivamente alla costituzione - la preventiva eliminazione dell’aggettivo “semplificata” dalla denominazione.
La sorte delle società a capitale ridotto
La portata effettiva della riqualificazione, operata dal D.l. 76/2013, delle società a capitale ridotto esistenti in società a responsabilità limitata semplificata appare, ad un prima lettura, di difficile comprensione.
Quella della Srl semplificata, nella prospettiva che si è sin qui proposta, sembra, infatti, una disciplina dettata per la fase costitutiva della società: non si comprende il senso di riqualificare una società a responsabilità limitata già esistente, che ha come peculiarità quella di derogare all’importo di cui all’art. 2463, comma 2, n. 4, c.c., per applicarvi quindi una disciplina attinente ad una fase costitutiva che qui è già esaurita, e non, piuttosto, quella prevista dai commi 4 e 5 dell’art. 2463 c.c. in via generale per tutte le Srl con capitale inferiore ai 10.000 euro.
Va però al riguardo ricordato come la previsione dei commi 14 e 15 dell’art. 9 D.l. 76/2013, che prevedono l’espunzione dal nostro ordinamento delle società a capitale ridotto e la riqualificazione di quelle esistenti in società a responsabilità limitata semplificate, era presente nel testo del decreto legge in oggetto già prima della sua conversione in legge.
In tale contesto mancava, invece, perché è stata introdotta solo in sede di conversione, la previsione dei commi 4 e 5 dell’art. 2463 c.c., che avrebbe consentito a chiunque di costituire Srl con capitale inferiore a 10.000 euro.
Sicché, in quel momento storico, espunta la disciplina della società a capitale ridotto, l’unico possibile riferimento nel nostro ordinamento per società che derogassero all’importo dei 10.000 euro era appunto l’art. 2463-bis c.c. sulle Srl semplificate.
È solo in sede di conversione, infatti, che il legislatore introduce in via generale la possibilità che le società a responsabilità limitata fissino il capitale sociale ad un ammontare inferiore ai 10.000 euro previsti dall’art. 2463, comma 2, n. 4, c.c.
Di fatto, attraverso tale previsione, la disciplina della vecchia società a responsabilità limitata a capitale ridotto, più che abrogata, è stata modificata (con la previsione di regole particolari per la formazione delle riserve; l’estensione dell’ambito soggettivo anche a soggetti diversi da persone fisiche, ecc.) e ricollocata dalla sede originaria, la norma speciale, nel codice civile. Quasi come se la società a responsabilità limitata a capitale ridotto, uscita dalla finestra del decreto legge, fosse rientrata dalla porta principale del codice civile, collocandosi immediatamente prima della disciplina della sua variante semplificata.
Tuttavia, nella legge di conversione, sembra non ci si sia resi conto del mutato contesto normativo: permane, infatti, la riqualificazione delle società a responsabilità limitata a capitale ridotto come società a responsabilità limitata semplificate anche se, sul piano interpretativo, è chiaro che l’asimmetria può risolversi facilmente riportando le società a capitale ridotto esistenti al loro alveo naturale, e cioè alla disciplina prevista dai commi 4 e 5 dell’art. 2463 c.c.(51)
Del difetto di coordinamento verificatosi in sede di conversione del decreto legge potrebbe esser una conferma anche l’attuale previsione contenuta nel comma 4-bis dell’art. 44 del D.l. 83/2012 (norma che in precedenza disciplinava appunto le società a capitale ridotto) e che è l’unica norma che, in questa materia, continua a far riferimento ad un requisito anagrafico.
In tale disposizione, il decreto legge 76/2013 ha sostituito il riferimento alle Srlcr con quello alle società semplificate («4-bis. Al fine di favorire l’accesso dei giovani imprenditori al credito, il Ministro dell’economia e delle finanze promuove, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, un accordo con l’Associazione bancaria italiana per fornire credito a condizioni agevolate ai giovani di età inferiore a trentacinque anni, che intraprendono attività imprenditoriale attraverso la costituzione di una società a responsabilità limitata semplificata»).
Alla luce delle novità introdotte dalla legge di conversione all’art. 2463 c.c. sembra totalmente incoerente limitare, attraverso una interpretazione letterale, le agevolazioni promesse dal comma 4-bis ai soli giovani under 35 che si siano avvalsi dello strumento della Srl con capitale inferiore ai 10.000 euro con statuto standard; senza riconoscerle invece anche ai giovani under 35 che si siano avvalsi dello strumento della Srl con capitale inferiore ai 10.000 euro senza statuto standard.
Pur essendo auspicabile un intervento correttivo del legislatore, nella prospettiva che qui si accoglie non v’è alcun obbligo di adeguare gli statuti esistenti, né di modificare la denominazione espungendo l’espressione “a capitale ridotto” (che ha perso di significato, non essendo necessaria ad evidenziare l’applicazione delle regole previste dai commi 4 e 5 dell’art. 2463, c.c.) sostituendola con l’aggettivo “semplificata”. Anzi, in questo contesto, l’inserimento di tale ultimo aggettivo sarebbe persino fuorviante, non essendovi nelle società in discorso alcuno degli elementi caratterizzanti desumibili dall’art. 2463-bis, c.c.
La trasformazione da e in nuove Srl
Come in precedenza rilevato, tanto la Srl semplificata, quanto la Srl con capitale inferiore a 10.000 euro appartengono al tipo sociale della Srl
Ne consegue, quindi, che l’adozione di un capitale pari o superiore a 10.000 euro, così come, per le Srl semplificate, l’adozione di clausole statutarie integrative del modello standard tipizzato, non hanno la natura di trasformazione, bensì di modifica statutaria(52 )che non dà luogo a recesso e che dovrà integralmente rispettare le prescrizioni di cui all’art. 2480 c.c.(53)
Va in tale sede ribadito come le modifiche statutarie, ancorché riguardanti le Srl semplificate, siano al di fuori del perimetro di applicazione dell’art. 3, comma 3, del D.l. 1/2012 che prevede l’esenzione da diritti di bollo e di segreteria e la gratuità della prestazione notarile.
Laddove, poi, tali società intendano adottare regole organizzative diverse da quelle stabilite per le Srl ordinarie, si applicheranno le regole sulla trasformazione da Srl in altro tipo di società di capitali o in società di persone.
Per ciò che concerne, invece, la trasformazione in “nuove Srl”, è discusso se anche la società a responsabilità limitata semplificata possa costituire punto d’approdo dell’operazione.
Sebbene non manchi chi sostenga la tesi favorevole, l’opinione prevalente è che, rappresentando quella della semplificata una disciplina della fase costitutiva della società, essa non sia replicabile rispetto ad un soggetto già esistente(54).
Per la società semplificata, infatti, la funzione limitata all’avvio di una “nuova impresa” pare facilmente desumibile da una serie di indici normativi, compresa la riduzione dei costi, che ben si spiega con riguardo a tale fase, sì che laddove la variante Srls funga da modello di approdo certamente l’operazione non godrà delle agevolazioni previste dal D.l. 1/2012 per la sola fase genetica.
In sostanza, si dovrebbe dare il caso di una società già esistente (in ipotesi una Snc) che si trasformi in Srl con capitale inferiore ai 10.000 euro e che adotti “volontariamente” lo statuto standard: in tale ipotesi, appare più corretto qualificare la società risultante dalla trasformazione come Srl ordinaria con capitale inferiore ai 10.000 euro, le cui regole organizzative, per scelta dei soci, siano quelle previste dal D.m. 138/2012, ma che non potrà in ogni caso fruire delle agevolazioni di cui al D.l. 1/2012.
Ben diverso è, invece, il discorso per la Srl con capitale inferiore ai 10.000 euro, nella quale la divergenza rispetto alla Srl ordinaria attiene esclusivamente all’ammontare del capitale ed al regime dei conferimenti e dei versamenti, nonché alla formazione della riserva legale, poiché per il resto vi è la medesima libertà di definire le regole organizzative negli spazi concessi dal legislatore(55).
Appare quindi possibile una trasformazione omogenea (progressiva, da società di persone, o regressiva, da SpA o Sapa) o eterogenea in società a responsabilità limitata il cui capitale sia fissato in un ammontare inferiore ai 10.000 euro(56). Sempre invirtù di tali considerazioni sembra ammissibile che la società a responsabilità limitata con capitale inferiore ai 10.000 euro possa essere l’esito di operazioni di fusione e di scissione (trasformative o meno).
(1) Ampia la bibliografia sul punto. Negli studi del Consiglio Nazionale del Notariato, G. FERRI JR., «Prime osservazioni in tema di società a responsabilità limitata semplificata e di società a responsabilità limitata a capitale ridotto», in Studi e materiali, 2013, p. 807 e ss. e in Riv. dir. comm., 2013, p. 135 e ss. Nelle Segnalazioni novità normative del Consiglio nazionale del Notariato,
F.G. NARDONE-D. BOGGIALI-A. RUOTOLO, Società a responsabilità limitata a capitale ridotto (art. 44 del D.l. 22 giugno 2012, n. 83), in CNN Notizie 10 agosto 2012; F.G. NARDONE-D. BOGGIALI-A. RUOTOLO, Regolamento della società a responsabilità limitata semplificata, in CNN Notizie, 27 agosto 2012; F.G. NARDONE-A. RUOTOLO, Società a responsabilità limitata semplificata. Questioni applicative, in CNN Notizie del 5 novembre 2012; G. LAURINI, Srls e modello standard tipizzato. La circolare del Ministero dello sviluppo economico ed il parere del Ministero della giustizia, in CNN Notizie del 9 gennaio 2013; D. BOGGIALI-A. RUOTOLO, Società a responsabilità limitata semplificata, inderogabilità del modello standard e novità introdotte dal decreto del fare, in CNN Notizie del 18 settembre 2013. In dottrina, P. REVIGLIONO, «La società semplificata a responsabilità limitata: un “buco nero” nel sistema delle società di capitali», in Nuovo dir. soc., 2012, 4, p. 7 e ss.; ID., La società a responsabilità limitata semplificata, in M. Bione-R. Guidotti-E. Pederzini, La nuova società a responsabilità limitata, Tratt. Galgano, Padova, 2012, p. 637 e ss.; R. GUIDOTTI-E. PEDERZINI, La società a responsabilità limitata a capitale ridotto, in M. Bione-R. Guidotti-E. Pederzini, La nuova società a responsabilità limitata Tratt. Galgano, Padova, 2012, p. 659 e ss.; V. SALAFIA, «La società a responsabilità limitata semplificata e il tribunale delle imprese», in Società, 2012, p. 152 e ss.; A. BAUDINO, «La nuova società a responsabilità limitata semplificata. Prime riflessioni e spunti operativi», in Nuovo dir. soc., 2012, 12, p. 21 e ss.; I. LUCATI, «Una Srl semplificata per giovani imprenditori», in Obbl. e contr., 2012, p. 469 e ss.; A. BUSANI, «Srl “a capitale ridotto”: nasce un nuovo tipo di società a responsabilità limitata», in Corr. trib., 2012, p. 2239; F. ATTANASIO, «Srl semplificata: verso il superamento della nozione di capitale sociale?», in Società, 2012, p. 895 e ss.; M. SPIOTTA, «Srl unilaterale “semplificata” o a “capitale ridotto”: problemi e prospettive», in Nuovo dir. soc., 2012, 18, p. 54 e ss.; A. BUSANI - C.A. BUSI, «La Srl semplificata (Srls) e a capitale ridotto (Srlcr)», in Società, 2012, p. 1305; F. MAGLIULO, «Trasformazione, fusione e scissione delle nuove Srl», in Riv. not., 2012, p. 1419 e ss.; MONTANARI, «Le società “sub-prime” e il capitale (sociale, nominale, minimo...)», in Riv. dir. priv., 2012, p. 553 e ss.; M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto. Una nuova geometria del sistema o un sistema disarticolato?», Riv. soc., 2012, p. 1101 e ss.; A. POSTIGLIONE, «I limiti alla modificabilità dell’atto costitutivo ‘’standard’’ della Srl semplificata», in Corr. trib., 2013, p. 1136 e ss.; G. PAPPALARDO, «Le società a responsabilità limitata con capitale ridotto», in Vita not., 2013, p. 461; M. RESCIGNO, «La società a responsabilità limitata a capitale ridotto e semplificata», in Nuove leggi civ. comm., 2013, p. 65 e ss.; L. DE ANGELIS, «La Srl semplificata ed a capitale ridotto», in Soc. e contratti, 2013, 3, p. 6 e ss.; NICCOLI, «Srl semplificata: integrabile il modello standard», in Gazz. not., 2013, p. 217 e ss.; M. MALTONI, «La società a responsabilità limitata semplificata e la società a responsabilità limitata a capitale ridotto: sintesi delle questioni applicative», in L’immobile e l’impresa, 2013, p. 99 e ss.; A. BARTOLACELLI, «“Novissime” modifiche alla disciplina della Srls.: saggio minimo di diritto transitorio», in Nuovo dir. soc., 2013, 16, p. 7 e ss.; F. TASSINARI, «“Ne sexies in idem”: la ricerca del legislatore italiano di semplificare la costituzione delle Srl», in Soc. e contr., 2013, 9, p. 8 e ss.; C.A. BUSI, «La controriforma delle Srl e le operazioni straordinarie», in Soc. e contr., 2013, 9, p. 25 e ss.; G.B. PORTALE, «Il diritto societario tra diritto comparato e diritto straniero», in Riv. soc., 2013, p. 325 e ss.; A. BUSANI, «La nuova società a responsabilità semplificata e la nuova Srl con capitale inferiore a 10mila euro», in Società, 2013, p. 1069; G. MARASÀ, «Considerazioni sulle nuove Srl: Srl semplificate, Srl ordinarie e start-up innovative prima e dopo la L. n. 99/2013 di conversione del D.l. n. 76/2013», in Società, 2013, p. 1086 e ss. Sul tema di segnala, altresì, Assonime, La società a responsabilità limitata con capitale ridotto, circ. n. 29 del 30 ottobre 2012.
(2) Sono ben note le ragioni addotte a giustificazione dell’intervento nor mativo, collegate alla necessità di consentire all’Italia di risalire dal 77° posto in cui si collocava all’interno dell’annuale rapporto della Banca Mondiale “Doing business”. Sul punto, F. TASSINARI, «“Ne sexies in idem”: la ricerca del legislatore italiano …», cit., p. 9 e ss.
(3) Come è stato in precedenza precisato (F.G. NARDONE-A. RUOTOLO, op. cit.), «La gratuità della prestazione notarile va riferita alla redazione dell’atto costitutivo in conformità al modello tipizzato approvato con il decreto n. 138/2012. Dunque nessun onorario è dovuto al notaio, né per il ricevimento dell’atto, né per il rilascio delle copie necessarie per gli adempimenti. Nonostante la legge taccia riguardo alle copie (l’esenzione dagli onorari notarili appare riferibile alla sola redazione dell’atto e alla sua iscrizione nel registro, con la conseguenza che anche per la copia utilizzata a tal fine non è dovuto onorario, così come non è dovuta l’imposta di bollo), sembra potersi ritenere, in linea con la finalità del provvedimento, che nell’ambito della prestazione notarile “gratuita” sia ricompreso anche il rilascio di una copia per la società, ma non il rilascio di copie ulteriori eventualmente richieste dai contraenti. Quanto alle esenzioni dai diritti di bollo e di segreteria, sulla base del dato normativo, esse riguardano: - l’imposta di bollo sull’atto costitutivo. La norma parla di diritti ma è da intendersi come riferita all’imposta di bollo. Trattandosi di atto costitutivo di società senza (per divieto di legge) conferimento di immobile cui, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, si applica il bollo forfetario che comprende l’originale, i suoi allegati non soggetti a bollo fin dall’origine, copia per la registrazione e per il Registro delle imprese e domanda per l’iscrizione nel Registro delle imprese (art. 1 comma 1-bis della Tariffa allegata al D.P.R. 642/1972). È da intendersi che l’esenzione di cui al comma 3 dell’art. 3 si estenda anche alla copia per la registrazione. - l’imposta di bollo sulla copia per l’iscrizione nel Registro delle imprese (invero coperta già dalla previsione di cui sopra); - i diritti per il Registro imprese. Non v’è invece alcuna esenzione per l’imposta di registro (di euro 168), né per la tassa camerale per l’iscrizione al Registro delle imprese, il cui importo varia a seconda del Registro delle imprese (l’importo di euro 200 è maggiorato presso alcune Camere di commercio) del cui versamento è solitamente incaricato il notaio». È sorto, infine, il dubbio se sia dovuta anche la tassa archivio ex art. 39 della legge 22 novembre 1954, n. 1158, il quale prevede che «le parti a mezzo del notaio, devono corrispondere all’Archivio notarile del distretto una tassa nella misura del 10 per cento dell’onorario stabilito per l’originale di ogni atto fra vivi soggetto a registrazione e di ogni atto di ultima volontà». Va ricordato come l’art. 9, comma 1, dello stesso D.l. 1/2012 disponga che «Sono abrogate le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema “ordinistico”, venendo così formalmente meno il parametro di riferimento per il calcolo della tassa d’archivio, rappresentato dal D.m. 27 novembre 2001».
(4) Ministero dello sviluppo economico. Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione. Prot. n. 0182223 del 30 agosto 2012: Società a responsabilità limitata a capitale ridotto (art. 44 del D.l. 83/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 134/2012) Integrazione del proprio parere del 31/07/2012 prot. 170741.
(5) F.G. NARDONE-D. BOGGIALI-A. RUOTOLO, Società a responsabilità limitata a capitale ridotto …, cit.; G. FERRI JR, op. cit., p. 807 e ss.; D. BOGGIALI-A. RUOTOLO, Costituzione di società a capitale ridotto con partecipazione di soci under 35, quesito di impresa n. 332-2013/I, in CNN Notizie del 6 maggio 2013. In tal senso anche la Commissione società del Consiglio notarile di Milano, con la Massima n. 129 del 5 marzo 2013, relativa ai Requisiti soggettivi e partecipazioni in Srl a capitale ridotto, ove si afferma che «I soci fondatori di una Srl a capitale ridotto devono necessariamente essere persone fisiche, aventi un’età sia superiore che inferiore ai 35 anni», nonché la circolare Assonime n. 29 del 30 ottobre 2012. Isolata, in senso contrario, la posizione di G. PAPPALARDO, op. cit., p. 478 e ss.
(6) F.G. NARDONE-A. RUOTOLO, op. cit.; Commissione Società del Triveneto, Orientamento R.A.1, modificato 9/13 (Modello standard tipizzato dell’atto costitutivo-statuto della Srl semplificata e sua inderogabilità sostanziale), secondo cui «Le clausole negoziali del modello standard tipizzato dell’atto costitutivo-statuto della Srls sono inderogabili, mentre le formule dell’atto pubblico con esso proposte hanno valore meramente indicativo. Tali formule appaiono, infatti, inserite nel modello standardizzato al solo scopo di semplificarne la lettura, tant’è che risultano incomplete (ad esempio manca l’intestazione “Repubblica Italiana” e l’espressa menzione del distretto notarile di iscrizione del notaio rogante), oltre che riferite ad un’unica ipotesi tipo (quella dell’atto pubblico in cui intervengono soggetti non rappresentati, che conoscono la lingua italiana, che sanno leggere e scrivere, che non richiedono l’assistenza di testimoni, ecc.). Nel caso concreto il notaio rogante potrà dunque utilizzare le formule dell’atto pubblico che riterrà più opportune, anche discostandosi da quelle contenute nel modello tipizzato, il tutto, ovviamente, nel pieno rispetto della disciplina legale sulla forma degli atti pubblici contenuta nella legge notarile e nelle altre norme speciali. Il medesimo notaio rogante e/o le parti non potranno, invece, apportare alcuna modifica alle clausole negoziali tipizzate del negozio costitutivo della Srl semplificata, a meno che non sia necessario adeguarle a disposizioni di legge sopravvenute non ancora recepite dal modello ministeriale».
(7) In tal senso la Massima n. 127 del 5 marzo 2013 del Consiglio Notarile di Milano che si riferisce ad esempio all’indicazione dell’indirizzo della sede sociale, ai sensi dell’art. 111-ter disp. att. c.c., o all’indicazione della data di scadenza degli esercizi sociali.
(8) Così si esprime la nota del Ministero di giustizia e del Ministero dello sviluppo economico n. 43644 del 10 dicembre 2012, secondo cui è possibile «investire il professionista del compito di modulare il negozio secondo le esigenze proprie dell’attività di impresa che si intende svolgere in forma collettiva con quel modello societario semplificato». Affermazione, questa, che pareva alludere ad un incarico professionale che fuoriuscisse dalla gratuità della prestazione notarile.
(9) Per tale profilo, che non verrà approfondito in questa sede, si rinvia ad N. ATLANTE, Prime questioni operative in tema di nuove norme sui conferimenti in danaro in sede di costituzione di Srl ordinarie, segnalazione novità normativa, in CNN Notizie del 4 settembre 2013. In dottrina, sul punto, F. TASSINARI, «“Ne sexies in idem”: la ricerca del legislatore italiano …», cit., p. 13 e ss..; C.A. BUSI, «La controriforma delle Srl e le operazioni straordinarie», cit., p. 25 e ss.
(10) Esamina il problema, ma solo sotto il profilo di apporti consistenti in crediti verso dei soci terzi, G. TANTINI, I “versamenti in conto capitale” tra conferimenti e prestiti, Milano, 1990, p. 50 e ss. Sulla natura della riserva così formata, U. TOMBARI, “Apporti spontanei” e “prestiti” dei soci nelle società di capitali, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso a cura di P. Abbadessa e G.B. Portale, 1, Torino, 2007, p. 551 e ss
(11) Rileva, ad esempio, F. TASSINARI, Il finanziamento della società mediante mezzi diversi dal conferimento, in C. CACCAVALE, F. MAGLIULO, M. MALTONI, F. TASSINARI, La riforma della società a responsabilità limitata, Milano, 2004, p. 123, nt. 4 come il tema sia poco indagato dalla dottrina (che si è prevalentemente occupata degli apporti in denaro).
(12) G.A.M. TRIMARCHI, L’aumento del capitale sociale, Milano, 2007, p. 76.
(13) La giurisprudenza ha sancito la nullità degli accordi tra soci e società, volti ad eseguire un conferimento in natura mascherato con lo scopo di evitare l’applicazione delle garanzie previste dal legislatore per l’imputazione a capitale dei beni diversi dal denaro (App. Milano, 15 dicembre 2000). In particolare, la violazione delle predette norme determinerebbe tanto la nullità del negozio di scambio, quanto quella dell’aumento di capitale ad esso collegato (G.B. PORTALE, I conferimenti in natura “atipici” nelle SpA, Torino, 2004, p. 9; V. MANZO, «L’aumento di capitale mediante compensazione tra il debito da conferimento ed il credito vantato dal socio nella Srl», in Notariato, 2013, p. 470). In merito alla questione degli apporti in natura, rimane altresì da approfondire se sia o meno obbligatorio presentare la relazione giurata dell’esperto di cui all’art. 2465 c.c., se non al momento dell’apporto, quantomeno nel momento in cui si dovesse procedere ad un aumento gratuito di capitale utilizzando il bene trasferito alla società a titolo di apporto e non, invece, di conferimento.
(14) F. TASSINARI, «“Ne sexies in idem”: la ricerca del legislatore italiano …», cit., p. 19, ammette tanto apporti d’opera o di servizi, quanto il sovrapprezzo.
(15) In tal senso anche F. TASSINARI, «“Ne sexies in idem”: la ricerca del legislatore italiano …», cit., p. 20 e A. BUSANI, «La nuova società a responsabilità semplificata e la nuova Srl con capitale inferiore a 10mila euro», cit., p. 1082.
(16) In giurisprudenza, v. Trib. Vicenza 10 giugno 1986, in Soc., 1987, p. 171; Trib. Cassino 1 febbraio 1991, in Riv. dir. civ., 1992, p. 339; Trib. Bologna 3 dicembre 1995, in Soc., 1996, p. 688. In dottrina, V. ALLEGRI, «Patrimonio sociale e poteri dell’assemblea nella società per azioni», in Riv. soc., 1968, p. 64; G. FRÈ, Società per azioni, in Comm. Scialoja, Branca, Bologna-Roma, 1982, p. 804; G. TANTINI, Le modificazioni dell’atto costitutivo nella società per azioni, Padova, 1973, p. 259; F. DI SABATO, Manuale delle società, Torino, 1992, p. 613 e ss; G.E. COLOMBO, Il bilancio di esercizio, in Tratt. Colombo, Portale, 7, Torino, 1994, p. 513 e ss. In senso favorevole alla imputazione a capitale della riserva legale, C. COSTA, L’imputabilità a capitale della riserva legale, in AA.VV., Riserve e fondi nel bilancio di esercizio, Milano, 1986, p. 125; S. FORTUNATO, «Capitale e bilanci nelle SpA», in Riv. soc., 1991, p. 151 e ss.; C.A. BUSI, «Divieto di imputazione a capitale della riserva legale e omologazione parziale», in Notariato, 1996, p. 255 e ss.; G. BIANCHI, Le operazioni sul capitale sociale: dopo la riforma del diritto societario, Padova, 2007, p. 191 e ss.; B. QUATRARO, Commento agli artt. 2421-2435-bis c.c., in La riforma del diritto societario a cura di G. Lo Cascio, Milano, 2003, p. 175 e ss.
(17) Rileva l’insussistenza di un obbligo di imputare quanto accantonato a capitale A. BUSANI, «La nuova società a responsabilità semplificata e la nuova Srl con capitale inferiore a 10mila euro», cit., 1083.
(18) La fissazione, in via generalizzata, di un capitale così esiguo per la costituzione della società rievoca il dibattito sul ruolo del capitale sociale, recentemente riaperto da G.B. PORTALE, «Società a responsabilità limitata senza capitale e imprenditore individuale con capitale “destinato” (Capitale sociale quo vadis?)», in Riv. soc., 2010, I, p. 1237 e ss.
(19) A. BUSANI, «La nuova società a responsabilità semplificata e la nuova Srl con capitale inferiore a 10mila euro», cit., p. 1084, il quale aggiunge che «in altri termini, sembra sia qui riproponibile - seppur mutando gli opportuni riferimenti - la stessa considerazione per la quale la Srl con un capitale sociale pari o superiore a 120mila euro - oppure dotata di determinate altre caratteristiche dimensionali - non pare essere un “sottotipo” o, meglio un “sovratipo” rispetto alla Srl che non abbia l’obbligo di dotarsi dell’organo di controllo».
(20) Tale caratteristica consente, ad esempio, di estendere la regola dell’assegnazione di quote non proporzionale al conferimento, prevista solo per la costituzione del capitale, anche all’ipotesi di aumento di capitale; in tal senso, F. MAGLIULO, «L’assegnazione di partecipazioni sociali in misura non proporzionale al conferimento», in Notariato, 2003, p. 638, spec. p. 647; J. SODI, «L’assegnazione delle partecipazioni non proporzionale ai conferimenti nelle società di capitali», in Studi e materiali, 2008, p. 584 e ss.
(21) Per un riferimento al ruolo del conferimento in denaro nelle società di capitali, v. E. GINEVRA, Sottoscrizione e aumento di capitale nella SpA, Milano, 2001, p. 139 e ss. Il denaro, infatti, in quanto bene fungibile, consente alla società lo svolgimento di qualsiasi attività di natura economica e non presenta, inoltre, il rischio di un suo venir meno in un momento successivo per effetto di circostanze sopravvenute, le quali potrebbero, invece, caratterizzare i conferimenti in natura, quali ad esempio l’evizione di un bene o l’inadempimento del credito che siano stati conferiti in società. Il fatto, poi, che a differenza delle Srl con capitale pari o superiore a 10.000 euro non sia prevista la facoltà, per l’atto costitutivo, di consentire i conferimenti in natura, sembrerebbe significare che la norma sia diretta a tutelare interessi non tanto endosocietari, quanto piuttosto di terzi (creditori), per i quali, in presenza di un capitale inferiore a 10.000 euro, non sarebbe sufficiente la garanzia della perizia prevista dall’art. 2465 c.c. E nella stessa prospettiva si spiegherebbe allora la regola dell’integrale versamento dei conferimenti in denaro, che tutelerebbe analoghe esigenze: in considerazione di un ammontare ridotto del capitale sociale, il legislatore avrebbe ritenuto opportuno garantire la totale copertura dello stesso, prevedendo l’integrale versamento dei conferimenti dovuti dai soci.
(22) Secondo C.A. BUSI, «La controriforma delle Srl e le operazioni straordinarie», cit., p. 31, è «realistico ritenere che il legislatore abbia semplicemente voluto snellire la fase della costituzione della società, evitando il procedimento di stima che impone il conferimento in natura, procedimento normalmente lungo e complicato». Per A. BUSANI, «La nuova società a responsabilità semplificata e la nuova Srl con capitale inferiore a 10mila euro», cit., p. 1075, ma con riferimento alle società semplificate, «il legislatore ha inteso con ciò snellire la fase della costituzione della società, evitando il procedimento di stima che si impone per il conferimento in natura, che è un iter normalmente non semplice e non breve».
(23) Così, ma con riferimento alla disciplina delle Srl semplificate e di quelle a capitale ridotto in vigore anteriormente alle modifiche introdotte dal D.l. 76/2013, la Massima n. 130 del 5 marzo 2013 del Consiglio notarile di Milano (Ambito di applicazione dell’obbligo di integrale versamento dei conferimenti in denaro e del divieto di conferimenti diversi dal denaro, nella Srl semplificata e nella Srl a capitale ridotto (art. 2463-bis c.c. e art. 44 D.l. 83/2012)).
(24) Se, quindi, una Srl con capitale pari a 9.000 euro subisce perdite superiori a 3.000, in base all’art. 2446 c.c. deve essere convocata l’assemblea per la riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate nel corso dell’esercizio precedente.
(25) Per la applicabilità della disciplina della riduzione per perdite, C.A. BUSI, «La controriforma delle Srl e le operazioni straordinarie», cit., p. 32 e ss., il quale rinviene un argomento decisivo in tal senso nella «espressa deroga a detta disciplina prevista per le sole società innovative (art. 47 del relativo Decreto) che nel caso di assemblea convocata ex art. 2482-bis c.c. possono allungare a due anni il periodo di “grazia” prima di intervenire a ridurre il capitale e nel caso di assemblea riunita ex 2482-ter c.c. possono in alternativa all’immediata riduzione del capitale ed al contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra inferiore al minimo legale, rinviare tale decisione alla chiusura dell’esercizio successivo, precisandosi inoltre che sino alla chiusura di tale esercizio non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale». Nello stesso senso, A. BUSANI, «La nuova società a responsabilità semplificata e la nuova Srl con capitale inferiore a 10mila euro», cit., p. 1081.
(26) In considerazione dell’irrisorietà della perdita rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 2482-ter c.c., è opportuno che la società sia adeguatamente patrimonializzata, al fine di evitare che qualunque operazione che implichi un impegno di spesa da parte della stessa possa determinare l’obbligo di adottare i provvedimenti di cui all’art. 2482-ter c.c., imponendo così alla società di convocare costantemente l’assemblea per deliberare la riduzione ed il contemporaneo aumento del capitale ad almeno 1 euro o, in alternativa, la trasformazione o lo scioglimento della società.
(27) In senso favorevole alla riduzione volontaria A. BUSANI, «La nuova società a responsabilità semplificata e la nuova Srl con capitale inferiore a 10mila euro», cit., p. 1082 e ss. per il quale «a questo approdo non si potrebbe certo giungere se la “nuova Srlcr” venisse intesa come una fattispecie d’ “ingresso” nel sistema, destinata ad evoluzioni solo “in aumento”: ma, come già rilevato, nell’ordinamento non paiono esservi indizi, espliciti o impliciti, secondo il quali la Srl a capitale ridotto sia da intendere come una situazione temporanea». In senso contrario, invece, C.A. BUSI, «La controriforma delle Srl e le operazioni straordinarie», cit., p. 33, che non ritiene ammissibile questa operazione la quale andrebbe «a contraddire lo spirito del legislatore che a fronte di una agevolazione di start-up, consistente nel consentire la nascita della società senza esborso iniziale significativo di denaro impone poi una marcia forzata per raggiungere comunque una patrimonializzazione pari a 10.000 euro».
(28) Nell’ipotesi in cui, durante il periodo in cui il capitale era pari o superiore a 10.000 euro, siano stati effettuati dei conferimenti in natura, questi possono continuare a rimanere imputati a capitale. La disciplina sui conferimenti trova, infatti, applicazione in presenza di una sottoscrizione rispetto alla quale il conferimento debba ancora essere eseguito. Tali circostanze non ricorrono, invece, in sede di riduzione del capitale, nella quale manca l’esecuzione di nuovi conferimenti. In sostanza, la regola del comma 4 dell’art. 2463 c.c., che vieta i conferimenti in natura nelle società con capitale inferiore a 10.000 euro, non potrebbe riguardare quelli già eseguiti e che erano soggetti ad una diversa disciplina.
(29) A. BUSANI, «La nuova società a responsabilità semplificata e la nuova Srl con capitale inferiore a 10mila euro», cit., p. 1083 e ss.; G. MARASÀ, op. cit., p. 1093.
(30) Questione che si è posta periodicamente con il susseguirsi degli interventi normativi che hanno riguardato la disciplina delle società a responsabilità limitata semplificate, sino a delinearsi, con l’entrata in vigore del D.m. 138/2012, tre diverse possibili ricostruzioni, che, come si è in precedenza accennato, oscillavano tra l’inderogabilità assoluta, la possibilità di integrare l’atto costitutivo relativamente a elementi marginali e la piena integrabilità e modificabilità del modello nel presupposto del riconoscimento della prestazione professionale del notaio. V. § Cronologia degli interventi normativi e nt. 5 e ss.
(31) A. BUSANI, «La nuova società a responsabilità semplificata e la nuova Srl con capitale inferiore a 10mila euro», cit., p. 1069.
(32) Lo evidenzia F. TASSINARI, «“Ne sexies in idem”: la ricerca del legislatore italiano …», cit., p. 23. Nello stesso senso anche P. REVIGLIONO, op. cit., p. 658.
(33) Sul punto, F.G. NARDONE-A. RUOTOLO, op. cit.; Commissione Società del Triveneto, Orientamento R.A.1, modificato 9/13 (Modello standard tipizzato dell’atto costitutivo- statuto della Srl semplificata e sua inderogabilità sostanziale), secondo cui «Le clausole negoziali del modello standard tipizzato dell’atto costitutivo-statuto della Srls sono inderogabili, mentre le formule dell’atto pubblico con esso proposte hanno valore meramente indicativo. Tali formule appaiono infatti inserite nel modello standardizzato al solo scopo di semplificarne la lettura, tant’è che risultano incomplete (ad esempio manca l’intestazione “Repubblica Italiana” e l’espressa menzione del distretto notarile di iscrizione del notaio rogante), oltre che riferite ad un’unica ipotesi tipo (quella dell’atto pubblico in cui intervengono soggetti non rappresentati, che conoscono la lingua italiana, che sanno leggere e scrivere, che non richiedono l’assistenza di testimoni, ecc.). Nel caso concreto il notaio rogante potrà dunque utilizzare le formule dell’atto pubblico che riterrà più opportune, anche discostandosi da quelle contenute nel modello tipizzato, il tutto, ovviamente, nel pieno rispetto della disciplina legale sulla forma degli atti pubblici contenuta nella legge notarile e nelle altre norme speciali». Massima n. 127 del 5 marzo 2013 del Consiglio notarile di Milano, secondo cui «L’atto notarile col quale viene costituita una Srl semplificata ai sensi dell’art. 2463-bis c.c. può contenere, oltre a quanto espressamente previsto nel modello standard tipizzato, adottato con D.m. giustizia 138/2012: (a) le dichiarazioni, le menzioni e le attestazioni di carattere formale, con particolare riguardo a quelle richieste dalla legge notarile in ordine all’intervento delle parti, alla loro capacità e ad altri aspetti della formazione dell’atto pubblico».
(34) Sul punto, Massima n. 127 del 5 marzo 2013 del Consiglio notarile di Milano, secondo cui «L’atto notarile col quale viene costituita una Srl semplificata ai sensi dell’art. 2463-bis c.c. può contenere, oltre a quanto espressamente previsto nel modello standard tipizzato, adottato con D.m. giustizia 138/2012: … (b) le dichiarazioni che le parti rivolgono al notaio al fine della redazione della domanda di iscrizione della società nel Registro delle imprese, quali ad esempio l’indicazione dell’indirizzo della sede sociale, ai sensi dell’art. 111-ter disp.att.c.c., o l’indicazione della data di scadenza degli esercizi sociali; (c) le clausole meramente riproduttive di norme di legge, quand’anche redatte in documento separato, eventualmente contenente anche gli elementi non contingenti e transitori dell’atto costitutivo. La presenza di clausole convenzionali aggiuntive - ove compatibili con la disciplina generale della Srl e con la disciplina della Srl a capitale ridotto - non incide sulla legittimità dell’atto costitutivo né sulla validità delle clausole stesse. Non si ritiene in ogni caso che si collochino al di fuori del perimetro del modello della Srl semplificata, tenuto conto del disposto dell’art. 1, comma 2, D.m. giustizia 138/2012, le eventuali clausole concernenti la durata della società, la scelta del modello di amministrazione (collegiale, unipersonale, pluripersonale congiunta o disgiunta) e la previsione della possibilità di decisioni non assembleari». Tale ultima affermazione si giustifica, si legge in motivazione, in quanto «le parti esercitino un’opzione o adottino una disciplina già presente nel regime legale delle Srl “ordinarie”». Sulla stessa linea, A. BUSANI, «La nuova società a responsabilità semplificata e la nuova Srl con capitale inferiore a 10mila euro», cit., p. 1073 e ss., che ritiene inammissibili integrazioni destinate a disciplinare stabilmente la vita della società ma non quelle che regolamentino temporaneamente l’attività sociale. In senso contrario, Commissione Società del Triveneto, Orientamento R.A.1, modificato 9/13 (Modello standard tipizzato dell’atto costitutivo-statuto della Srl semplificata e sua inderogabilità sostanziale), secondo cui «Il medesimo notaio rogante e/o le parti non potranno, invece, apportare alcuna modifica alle clausole negoziali tipizzate del negozio costitutivo della Srl semplificata, a meno che non sia necessario adeguarle a disposizioni di legge sopravvenute non ancora recepite dal modello ministeriale»; F.G. NARDONE-A. RUOTOLO, op. cit.
(35) F. TASSINARI, «“Ne sexies in idem”: la ricerca del legislatore italiano …», cit., p. 21.
(36) Di questo avviso è C.A. BUSI, «La controriforma delle Srl e le operazioni straordinarie», cit., p. 29, il quale rileva che «il legislatore ove ha voluto un’identica applicazione operativa sia per la srl con capitale inferiore a 10.000 euro che per la Srls si è espresso in tal senso. Si pensi all’obbligo di versare il capitale in denaro per intero nelle mani dell’organo amministrativo. Inoltre, l’intento “agevolativo” in favore della srls non sembra per nulla involontario in un legislatore che ha previsto addirittura la gratuità della prestazione notarile nel caso di costituzione per la sola srls. Sembra, pertanto, che il mancato obbligo di riservizzazione possa rappresentare una ulteriore agevolazione destinata alla sola Srls».
(37) Per la compatibilità della disposizione sulla formazione accelerata della riserva legale del comma 5 dell’art. 2463, c.c., con la disciplina della Srls., G. MARASÀ, op. cit., p. 1092, il quale evidenzia che l’esigenza di patrimonializzazione delle società che fruiscono del privilegio della irresponsabilità dei soci ma che nascono sottocapitalizzate è comune tanto alle Srl che ricorrono al disposto dell’art. 2463, comma 4, quanto alle Srls. Nello stesso senso, F. TASSINARI, «“Ne sexies in idem”: la ricerca del legislatore italiano …», cit., p. 20.
(38) Nello stesso senso si pronuncia la nota n. 118972.U del Ministero della giustizia - Dipartimento per gli affari della giustizia - di data 11 settembre 2013, integrata da successiva comunicazione in data 13 settembre 2013, nella quale, riguardo alla concreta applicazione del modello standard di atto costituivo tipizzato attualmente con D.m. 23 giugno 2012, n. 138, si rileva come «esso non appare più completamente armonico con il disposto della norma primaria (costituita dall’art. 2463-bis c.c., da leggersi in relazione con l’art. 2463 c.c.), ma del quale tuttavia viene stabilita la inderogabilità, proprio dalla legge di riforma». Nella nota si ritiene pertanto da intendersi soppressa dal modello standard tipizzato della clausola sub 4, «in quanto il requisito anagrafico è stato abolito dal menzionato decreto legge 28 giugno 2013, n. 76 e della clausola sub 5, che conseguentemente viene modificata non essendo più richiesto dalla legge che l’amministrazione della società sia affidata a uno dei soci». Perviene alle medesime conclusioni sulla portata della norma A. BUSANI, «La nuova società a responsabilità semplificata e la nuova Srl con capitale inferiore a 10mila euro», cit., p. 1077, il quale tuttavia ritiene necessario che l’atto costitutivo sia integrato con una apposita previsione in tale senso.
(39) Se poi si dovesse ritenere che la società semplificata non debba sottostare alle regole di formazione della riserva legale previste dal comma 5 dell’art. 2463, c.c., l’aggettivo semplificata svolgerebbe l’ulteriore funzione di rendere immediatamente evidente ai terzi tale circostanza.
(40) L’esempio è anche in G. FERRI JR, op. cit., p. 811, ripreso da C.A. BUSI, «La controriforma delle Srl e le operazioni straordinarie», cit., p. 34.
(41) C. CACCAVALE - F. MAGLIULO - F. TASSINARI, Scioglimento e liquidazione, clausole compromissorie e di conciliazione, normativa transitoria, in C. CACCAVALE - F. MAGLIULO - M. MALTONI - F. TASSINARI, La riforma della società a responsabilità limitata, Milano, 2004, p. 518.
(42) F. TASSINARI, «“Ne sexies in idem”: la ricerca del legislatore italiano …», cit., p. 21.
(43) In tal senso anche «“Ne sexies in idem”: la ricerca del legislatore italiano …», cit., p. 21. Diversamente, nel periodo in cui ancora non esistevano le Srl con capitale inferiore a 10.000 euro, i benefici riservati alle le Srls, la cui costituzione era consentita alle sole persone fisiche che non avessero compiuto il trentacinquesimo anno d’età, consistevano non soltanto nell’esenzione dalla maggior parte delle spese di costituzione, ma anche nella possibilità di avere un capitale inferiore a 10.000 euro. In quel caso, la successiva cessione delle partecipazioni a soggetti privi dei requisiti richiesti per la costituzione di tali società (che era espressamente vietata dalla legge), avrebbe consentito di accedere al beneficio del capitale inferiore a 10.000 euro a soggetti privi della legittimazione ad accedervi. Sulla possibilità di trasferire a soggetti non persone fisiche la partecipazione di una Srlcr - istituto abrogato dal D.l. 76/2013, ma che analogamente alle Srl semplificate poteva essere costituito solo da persone fisiche - si era espressa in modo nettamente negativo la Massima n. 129 del 5 marzo 2013 della Commissione Società del Consiglio notarile di Milano, Requisiti soggettivi e partecipazioni in Srl a capitale ridotto (art. 44 D.l. 83/2012). Ad oggi, poiché una Srl con capitale inferiore a 10.000 euro può, invece, essere costituita da chiunque, la cessione di quote di Srl semplificate (già costituite) a soggetti diversi dalle persone fisiche non sembra aggirare alcun divieto di legge.
(44) In tal senso Cass. 27 marzo 1997, n. 2756, in Corr. giur., 1997, p. 1080; App. Milano 3 luglio 1992, in Soc., 1992, p. 1539; Trib. Como, 23 febbraio 1994, in Soc., 1994, p. 678. Diversamente, per Cass. 5 febbraio 2000 n. 1289 «né la dottrina né la giurisprudenza hanno mai assunto ad elemento decisivo, per la ravvisabilità del pactum fiduciae, la natura reale della posizione giuridica soggettiva da ritrasferire. Al contrario, è stato sempre correttamente ritenuta irrilevante la natura giuridica di tale posizione soggettiva assumendo rilievo decisivo solo l’obbligo del fiduciario di ritrasferire il bene od il diritto acquistato al fiduciante o ad una terza persona». Secondo tale pronuncia, l’intestazione fiduciaria determina il trasferimento in capo al fiduciario della titolarità del diritto oggetto di fiducia e che, avendo il pactum fiduciae natura meramente obbligatoria, l’obbligo di restituzione del bene produca solamente effetti interni tra le parti»..
(45) Cass. 6 maggio 2005 n. 9402 rileva quanto segue: «in particolare l’intestazione fiduciaria di titoli azionari (o di quote di partecipazione societaria) integra gli estremi dell’interposizione reale di persona, per effetto della quale l’interposto acquista (a differenza che nel caso di interposizione fittizia o simulata) la titolarità delle azioni o delle quote, pur essendo - in virtù di un rapporto interno con l’interponente di natura obbligatoria - tenuto ad osservare un certo comportamento convenuto in precedenza con il fiduciante, nonché a ritrasferire i titoli a quest’ultimo ad una scadenza convenuta, ovvero al verificarsi di una situazione che determini il venir meno del rapporto fiduciario». Nello stesso senso Cass. 27 novembre 1999, n. 13261; Cass. 29 maggio 1993, n. 6024; Cass. 18 ottobre 1991, n. 11025 e Cass. 18 ottobre 1988, n. 5663; Cass. 9 maggio 2011, n. 10163 in Giust. civ. Mass., 2011, 5, p. 721; Cass. 10 maggio 2010, n. 11314, in Giust. civ. Mass., 2010, 5, p. 713; Cass. 8 maggio 2009, n. 10590.
(46) Laddove, infatti, l’ordinamento ha voluto dare rilievo all’esistenza di rapporti sottostanti, essi sono stati espressamente contemplati, come ad esempio nell’art. 2504-ter, comma 2, c.c., o negli artt. 2357, sull’acquisto di azioni proprie, 2358, in materia di operazioni sulle proprie azioni, e 2359 c.c., relativo al controllo societario, laddove si prevede espressamente l’applicabilità della disciplina contenuta in tali norme anche in caso di partecipazioni possedute per il tramite di interposta persona e società fiduciarie.
(47) Si pone invece il problema A. BUSANI, «La nuova società a responsabilità semplificata e la nuova Srl con capitale inferiore a 10mila euro», cit., p. 1074, il quale esclude che anche successivamente alla costituzione della Srls le partecipazioni possano appartenere a soggetti non persone fisiche.
(48) L’inderogabilità, espressamente introdotta dal D.l. 76/2013, era già stata sostenuta anche anteriormente da F.G. NARDONE-A. RUOTOLO, op. cit.
(49) L’inderogabilità, espressamente introdotta dal D.l. 76/2013, era già stata sostenuta anche anteriormente da F.G. NARDONE-A. RUOTOLO, op. cit.
(50) In quel caso si era posto il problema della possibilità di ricorrere al “sindaco unico” per le società già esistenti, il cui atto costitutivo disciplinasse espressamente la composizione numerica dell’organo di controllo e non si limitasse ad un rinvio generico alla legge o all’art. 2477 c.c. E si era affermato che, comunque, nessun intervento sull’atto costitutivo fosse necessario anche in presenza di detta clausola, «sulla base del rilievo per cui dette clausole avevano la loro ragion d’essere semplicemente perché riproduttive del disposto dell’art. 2477, c.c., nel testo anteriore alla sua modifica, e potendosi ritenere le stesse come espressione della scelta opzionale consentita dal legislatore»: F.G. NARDONE-A. RUOTOLO, «Il sindaco “unico” nella Srl e nella SpA», in Studi e materiali, 2012, p. 124.
(51) È dello stesso avviso F. TASSINARI, «“Ne sexies in idem”: la ricerca del legislatore italiano …», cit., p. 21, per il quale «per effetto della legge di conversione, la riqualificazione di cui al comma 15 deve essere oggetto di una rilettura da parte dell’interprete a titolo di adeguamento, ed essere riferita non più alla Srls, ma, direttamente, alla Srl ordinaria, per la quale nulla più osta, a partire dalla legge di conversione stessa, ad avere una capitale sociale inferiore a 10.000 euro».
(52) G. MARASÀ, op. cit., p. 1093; M. CIAN, op. cit., p. 1108; M. MALTONI, op. cit., p. 102; G. FERRI JR, op. cit., p. 818.
(53) F. TASSINARI, «“Ne sexies in idem”: la ricerca del legislatore italiano …», cit., p. 21.
(54) F. TASSINARI, «“Ne sexies in idem”: la ricerca del legislatore italiano …», cit., p. 21, per il quale la Srls. rappresenta soltanto una regola speciale per l’atto di costituzione, che in tale specifico ambito esaurisce la propria portata. Al di fuori della fase costitutiva, l’ordinamento torna a conoscere, del tutto opportunamente, un solo set di norme applicabili a tutte le Srl.
(55) In tal senso già A. RUOTOLO - D. BOGGIALI, Trasformazione di Snc in Srl a capitale ridotto, quesito di impresa n. 198-2012/I, in CNN Notizie del 10 aprile 2013.
(56) C.A. BUSI, «La controriforma delle Srl e le operazioni straordinarie», cit., p. 37; G. MARASÀ, op. cit., p. 1093; G. FERRI JR., op. cit., p. 815; M. MALTONI, op. cit., p. 103.
|
|
|