La nuova Srl semplificata
La nuova Srl semplificata
di Carlo Alberto Busi
Notaio in Padova

Introduzione

Con la conversione con modificazioni del D.l. 28 giugno 2013, n. 76 nella legge 9 agosto 2013, n. 99, pubblicata in G.U. n. 196 del 22 agosto 2013 in vigore dal 23 agosto 2013 il legislatore ha parzialmente invertito rotta e dopo aver frammentato la disciplina della Srl attraverso la creazione prima della Srl semplificata e poi della Srl a capitale ridotto (quest’ultima addirittura normata fuori dal codice civile nell’art. 44 del D.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134) inverte la tendenza alla frammentazione, sopprimendo la normativa speciale contenuta nell’art. 44 (legge citata) riguardante la Srlcr, e rielaborando la disciplina generale del capitale nella Srl modificando gli artt. 2463 (costituzione) e 2464 (conferimenti) del c.c. Le Srlcr scompaiono e vengono riqualificate d’ufficio come Srl semplificate. Anche le Srl semplificate subiscono l’intervento legislativo, infatti, viene consentito anche a soggetti di età superiore ai 35 anni l’accesso a detto modello e, di conseguenza, la cessione quote fra persone fisiche in tale modello diventa libera anche nei confronti di over 35(1). A fronte della riorganizzazione delle Srl ci si chiede se la Srl semplificata assuma maggior autonomia ed indipendenza o, viceversa, veda ridotta anche la rilevanza della propria identità.

Considerazioni di natura sistematica

Il legislatore con l’abrogazione della disciplina (esterna al codice civile) in tema di Srlcr e la conseguente scelta di disciplinare la Srl ordinaria anche con capitale inferiore a 10.000 euro, sembra da un lato voler ridurre nuovamente ad unità la disciplina della Srl, dall’altro sembra mantenere in parte la disomogeneità con l’altra Srl (speciale) quella semplificata che mantiene una sua “indipendenza” consacrata nell’articolo ad essa dedicato dal legislatore, ossia l’art. 2463-bis, c.c. e sottolineata dall’acronimo Srls che ne continua ad evidenziare la specialità rispetto alle ipotesi disciplinate dall’art. 2463, c.c.
La c.d. controriforma delle Srl pone l’interprete di fronte ad una Srl ordinaria a tre velocità. Infatti, il capitale che rimane rilevante, a prescindere dalla sua entità, viene regolato con una disciplina integrativa se inferiore a 10.000 euro o se superiore a 120.000.
Infatti, la Srl ordinaria con capitale “marginale” (ossia inferiore a 10.000 euro) è diversamente regolata in fase di costituzione, visto l’obbligo di ricevere solo versamenti in denaro da liberare per intero immediatamente, ma è diversamente regolata anche in una fase successiva alla costituzione, visto l’obbligo di maggior accantonamento a riserva legale (20% rispetto all’ordinario 5%), che ne fanno una Srl a “dividendo inizialmente ridotto”. Viceversa, la Srl a capitale “rilevante”, ossia superiore a 120.000 euro, è assoggettata all’obbligo di nomina dell’organo di controllo sancita dall’art. 2477, c.c.
Quindi, si potrebbe affermare che la entità del capitale nella Srl ordinaria crea tre scaglioni; il primo da 1 euro a meno di 10.000 Euro; il secondo da 10.000 sino a una cifra inferiore a quella minima stabilita per le spa (120.000 Euro); ed un terzo ed ultimo scaglione per le Srl con capitale pari o superiore a 120.000 euro. A fianco o a margine delle Srl ordinarie, regolate dal combinato disposto degli articoli 2463 e 2477, c.c., si colloca la Srl semplificata regolata dalla normazione primaria contenuta nell’art. 2363-bis , c.c., e da quella secondaria contenuta nel D.m. che disciplina lo “statuto standard”.
Questa riduzione delle fattispecie da tre a due, ha spinto qualche interprete ad affermare (nella ricostruzione dei rapporti tra la Srl semplificata e la Srl ordinaria) che la Srl semplificata prevista dall’art. 2363-bis si porrebbe del tutto al di fuori della disciplina del capitale sociale e ne prescinderebbe a differenza della Srl ordinaria (con capitale pari o superiore o inferiore a 10.000 euro).
Tradotto in termini operativi ciò porterebbe ad esempio a ritenere inapplicabili alla Srl semplificata le norme che regolano la disciplina della riduzione del capitale per perdite o addirittura ad affermare che il passaggio da Srl semplificata a ordinaria costituisca tecnicamente una trasformazione. Tale ricostruzione sembra enfatizzare troppo la disomogeneità tra Srl ordinaria ed Srl semplificata. È, infatti, necessario sottolineare come con la controriforma i requisiti caratterizzanti la Srl semplificata si sono drasticamente ridotti. Mentre prima della controriforma la Srl semplificata era connotata dalla sua destinazione esclusiva all’imprenditoria giovanile, marcata dalla espressa previsione di un limite anagrafico imposto ai soci costituenti (che non dovevano aver compiuto i 35 anni), e rafforzata (nella normazione secondaria) dalla sanzione della nullità per l’ipotesi di cessione delle quote sociali ai soci over 35, dopo la controriforma tale connotazione si perde con l’abrogazione del requisito anagrafico prima richiesto in sede di costituzione e in sede di successiva cessione della quota.
Persa la connotazione anagrafica che faceva del modello Srl semplificata una società “per giovani”, si potrebbe pensare che la caratteristica saliente del modello Srls sia “la veste povera dello statuto standard” a cui fa da contro altare la gratuità della prestazione notarile e qualche altro sgravio a livello di diritti camerali per l’iscrizione al Registro delle imprese.
Se così fosse ci si potrebbe chiedere allora perché il legislatore che ha rinunciato a “targare la Srl a capitale ridotto” abbia voluto mantenere invece la sottolineatura del modello semplificata, portata dall’acronimo Srl semplificata.
È evidente che il termine “semplificata” non sottolinea più l’eccezionalità dell’importo inferiore a 10.000 euro del capitale sociale, visto che tale importo ridotto non è segnalato nell’omologa ipotesi di Srl ordinaria a capitale marginale, né sembra che l’adozione dello statuto standard abbia una rilevanza che travalichi l’interesse personale dei soci.
Il senso che si potrebbe rinvenire in tale sopravvissuta distinzione sembra quello di segnalare la vigenza di ulteriori esenzioni premiali, come l’esenzione dall’obbligo di accantonamento a riserva legale degli utili prevista dall’art. 2463, c.c., novellato per le Srl ordinarie a capitale marginale, ulteriormente di sottolineare le differenze applicative rispetto alla Srl ordinaria nascenti dalla presenza di un capitale massimo inferiore a 10.000 euro e di richiamare l’attenzione sul minore coinvolgimento del notaio nei controlli in sede di costituzione della società.
In riferimento all’ultimo aspetto, infatti, nel caso di costituzione della Srl a capitale marginale (art. 2463, c.c.) è fatto obbligo al notaio di indicare in atto i mezzi di pagamento mentre, diversamente nella Srls tale indicazione è affidata ad una sorta di “autocertificazione” di soci ed amministratori peraltro imposta dalla sola normativa secondaria (c.d. statuto standard).

Le chiavi di lettura proposte per la Srl semplificata riformata

Nell’esame della “nuova” Srl semplificata le chiavi di lettura proponibili sembrano essere le seguenti: secondo una prima ricostruzione la Srl semplificata è un tipo (o/una disciplina) diverso rispetto alla Srl ordinaria(2), tipo diverso nel quale probabilmente il capitale sociale è irrilevante;
per una seconda teoria, completamente opposta alla prima, la disciplina della Srls «lungi dall’individuare un autonomo tipo di società, appare addirittura sprovvista di un autentico carattere organizzativo o anche soltanto procedimentale (come invece è a dirsi, ad esempio, per quanto riguarda le società per azioni, della costituzione per pubblica sottoscrizione): essa, infatti, non solo non rappresenta un nuovo modello, per quanto elementare, di organizzazione, ma, a dispetto della sua denominazione “ufficiale”, non può dirsi nemmeno diretta a semplificare il procedimento costitutivo (o modificativo), limitandosi a svolgere la funzione, sistematicamente del tutto marginale, per non dire modesta, di rendere economicamente meno onerosa la costituzione della società»(3);
tra queste due posizioni diametralmente opposte se ne collocano di intermedie come ad esempio la teoria di chi ritiene che la Srls dopo la costituzione si comporti come la Srl tradizionale(4 )o altra tesi secondo cui la Srl semplificata e la Srl ordinaria a capitale marginale (under 10.000) costituiscono un insieme sistematico che va disciplinato con le stesse regole e si differenzia solo dalla disciplina della Srl ordinaria con capitale minimo (over 10.000); conseguenza di tale ricostruzione è l’applicabilità alla Srl semplificata dell’obbligo di accantonare la riserva di accumulo (previsto espressamente dall’art. 2463, c.c., per la sola Srl con capitale marginale), ma anche l’impossibilità di applicare a tutte le tipologie di Srl con capitale sotto i 10.000 euro gli artt. 2482 e 2482-ter che prevedono appunto il tetto minimo di 10.000 euro.
Si cercherà di dimostrare nel prosieguo del presente lavoro che, in realtà, la Srls ha una propria disciplina eccezionale rispetto a quella dell’Srl ordinaria, da tutti percepita nella sua manifestazione più evidente nella fase costitutiva, che però non si esaurisce in detta fase, come sottolineato dal legislatore che dopo aver disciplinato espressamente con normativa in deroga la costituzione della Srls ha cura di precisare che per quanto non previsto dall’art. 2463-bis, c.c., valgono le norme della Srl ordinaria «in quanto compatibili», compatibilità ad esempio esclusa nell’ipotesi di norme che richiedano come capitale minimo la somma di euro 10.000 (vedi artt. 2482 o 2482-ter) o da escludere nel caso di previsioni contenute nell’omologo articolo 2463 in materia di costituzione di Srl ordinaria e non replicate nell’art. 2463-bis dedicato alla costituzione della Srls (si pensi all’obbligo di costituzione della riserva rafforzata). Sul punto si tornerà ampiamente in seguito.

La definizione dei rapporti tra Srl ordinaria e Srl semplificata. La negazione della Srls come tipo autonomo rispetto alla Srl ordinaria

La prima questione da affrontare (come sopra anticipato) sotto il profilo sistematico riguarda la qualificazione della Srls.
È da verificare se la Srl semplificata costituisca un tipo/modello/forma societaria autonoma, o se, viceversa, sia da ricondurre al tipo Srl ordinaria, costituendo non un tipo autonomo, ma un regime disciplinare autonomo (o una forma o sottotipo che dir si voglia) del medesimo tipo.
A favore della qualificazione della Srls in termini di tipo autonomo sembrerebbe potersi invocare, da un lato, la circostanza che la Srls risulta dotata di una propria specifica, denominazione sociale, che deve contenere ”l’indicazione di società a responsabilità limitata semplificata”, denominazione sociale che, peraltro, la legge annovera tra gli elementi da indicare «negli atti, nella corrispondenza e nello spazio elettronico della società» (così l’art. 2463-bis, terzo comma, c.c.) e dall’altro, la scelta di circoscrivere l’applicabilità alla figura in esame della disciplina della ordinaria Srl entro i limiti della compatibilità, analogamente a quanto mostra di fare, tra l’altro, l’art. 2454, c.c., che dichiara applicabili alla società in accomandita per azioni le disposizioni relative alla società per azioni, ma appunto solo «in quanto compatibili con» quelle dettate a proposito della prima.
Nonostante, parte della dottrina confermi anche dopo la controriforma l’autonomia tipologica della Srl semplificata(5 )la dottrina ritiene che non si possa parlare, neppure impropriamente(6), di tipo a proposito della Srl semplificata(7).
In primo luogo, è da valorizzare la collocazione sistematica dell’art. 2463-bis nel titolo e capo dedicato alla Srl, atteso che ogni capo contiene definizione e disciplina di un unico tipo, trovando poi diversa sede la regolamentazione di vicende comuni a più tipi(8).
Sempre nel medesimo senso, si presta ad essere richiamata la scomparsa, in sede di conversione, dell’espresso riferimento alla trasformazione della società a responsabilità limitata semplificata presente nell’originaria versione dell’art. 2463-bis, c.c., trasformazione che, nell’impianto della norma poteva indurre a pensare che la Srls fosse un tipo diverso rispetto alla Srl ordinaria(9).
Non sembra deporre in senso contrario nemmeno la coniazione di un nomen ad hoc e l’obbligo di farne menzione nella denominazione sociale, dal momento che la circostanza che essa debba contenere specifiche indicazioni non implica che si sia in presenza di un tipo autonomo e diverso, come dimostra, in particolare, l’art. 2487-bis, secondo coma c.c., che, pur imponendo alla società di capitali in liquidazione di aggiungere alla denominazione sociale l’indicazione trattasi di società in liquidazione non appare di per sé sufficiente a qualificare quest’ultima come un tipo diverso dalla società non ancora disciolta(10).
L’indicazione di Srl “semplificata” sembra avere la funzione di informazione simile all’indicazione del capitale negli atti e nella corrispondenza della società e non la funzione di identificazione di un diverso tipo societario(11).
La clausola di compatibilità secondo la dottrina «pare più la ricaduta di una pigrizia della quale il legislatore ha già dato prova nella fattispecie, assai simile, della piccola società cooperativa, che il frutto di una scelta di sistema»(12 )e comunque la verifica di compatibilità tra complessi di discipline non definisce necessariamente un autonomo tipo societario, considerato che dalla verifica di compatibilità della disciplina dell’organizzazione nel caso di società in liquidazione art. 2488, c.c., certamente non discende la definizione di società in liquidazione come autonomo tipo(13).
L’analisi sin qui svolta non deve portare però nemmeno ad una assolutistica affermazione secondo cui «il fatto che la Srls sia o no una Srls non ha quasi nessuna importanza e non si capisce perché dovrebbe essere necessario, sotto pena di sanzioni, dirlo al pubblico»(14).
Infatti, la Srls si differenzia dalla Srl ordinaria sia sul piano organizzativo, sia su quello della struttura finanziaria, come si scriverà in seguito, anche se dette variazioni non sembrano sufficienti a far uscire la Srls dal modello Srl ordinaria(15).
Peraltro le restrizioni sembrano in linea non in contraddizione con la centralità del socio e la sua immanenza in ordine alla gestione già evidenziate dalla riforma della disciplina della Srl.
Quanto sin qui scritto consente di affermare, in primo luogo, che il passaggio da Srls a Srl ordinaria non costituisca tecnicamente una trasformazione ai sensi degli articoli 2498 e ss. del codice civile, ma una semplice modificazione statutaria(16), ovviamente da adottare con formale espressa delibera dei soci ai sensi dell’art. 2480, c.c.(17)

La Srls come sottotipo o disciplina speciale

La dottrina già prima degli interventi legislativi fiume in materia di Srl semplificata, Srl innovativa ed Srl a capitale ridotto aveva sottolineato «la presenza sotto il livello tassonomico del tipo Srl di ulteriori articolazioni a valenza non meramente descrittiva ma normativa»(18).
Si era scritto che «di una fattispecie concreta qualificabile come Srl andava scrutinata altresì l’appartenenza o meno ad una o più delle suddette articolazioni, giacché tale appartenenza poteva comportare l’applicazione alla fattispecie in parola di una disciplina parzialmente diversa da quella applicabile ad altre fattispecie pure riconducibili al tipo Srl»(19).
La dottrina che si è interessata della Srls ha concluso che non si tratta di un nuovo tipo di società, ma di una Srl speciale, caratterizzata da una disciplina per la quale è possibile optare(20).
La dottrina ha affermato che le differenze tra Srls e Srl tradizionale sono differenze di disciplina non di fattispecie(21).
Si è scritto che la Srls in nulla si differenzia dalla Srl ordinaria se non per modestissime discontinuità regolamentari che costituiscono semplici restrizioni rispetto alla maggiore flessibilità del modello ordinario(22).
Tuttavia, una volta condivisa la ricostruzione che definisce la Srls come una variante della Srl ordinaria, si deve indagare il perimetro di specialità della disciplina della Srls e qui le divergenze interpretative si ampliano.
Vi è infatti una corrente dottrinale che ritiene che la Srls sia caratterizzata da una disciplina eccezionale e derogatoria «si noti, non già all’intero sistema di regole in cui si articola la disciplina della società a responsabilità limitata, ma esclusivamente a quella disposizione, dettata dall’art. 2463, secondo comma, n. 4, c.c., che fissa nella misura di diecimila euro il limite minimo del capitale nominale; come pure alle regole estranee alla disciplina societaria,che richiedono il pagamento dei diritti di bollo e di segreteria e la corresponsione dell’onorario del notaio»(23).
Analogamente altra dottrina conclude che la Srls dopo la costituzione diventa sostanzialmente una Srl tradizionale con meno di diecimila euro di capitale(24).
Queste ricostruzioni minimaliste che cercano di svilire la struttura “speciale” della Srls hanno una comune finalità, (che poggia su diverse personali motivazioni), ossia quella di rendere applicabile anche alla Srls la riserva di accumulo prevista espressamente per la sola Srl ordinaria con capitale inferiore a 10.000 euro.
La dottrina cerca di limare o svilire le ipotetiche altre differenze tra Srl ordinaria e Srls per poter concludere che la Srl ordinaria e la Srls sono accomunate dalla applicazione delle stesse regole in tutte le situazioni esaminate e quindi non vale la pena di creare una discontinuità di disciplina per la sola ipotesi di applicazione della c.d. riserva legale da accumulo.
Per dirla con una espressione figurativa se la Srls ha in comune con la Srl ordinaria tutti gli altri connotati, non si vede perché dovrebbe avere un unico tratto distintivo suo peculiare.
Si dimostrerà nel prosieguo come invece, ad avviso di chi scrive, la Srls abbia una propria disciplina non solo al momento della nascita ma anche durante la propria vita.

La clausola di rinvio. Sua valenza

Nella storia della Srl si è spesso abusato della tecnica del rinvio, rinvio che prima della riforma il legislatore aveva utilizzato rinviando genericamente alla disciplina della SpA. Come sottolineato dalla dottrina, occorre essere consapevoli che, attraverso l’impiego del rinvio, la norma richiamata risulta applicabile sì direttamente (anziché analogicamente) a materia diversa da quella di origine, in quanto viene elevata dalla norma di richiamo disposizione regolante tale diversa materia, ma non anche automaticamente, giacché la sua applicazione, proprio perché riguardante una materia diversa da quella originaria, si produce pur sempre in virtù di apposita norma secondaria (quella di rinvio appunto), la quale, al pari di ogni altra norma, dovrà essere oggetto di autonomo processo esegetico(25). Nel caso della Srls è il legislatore a prevedere espressamente che alla Srls si applica la disciplina della Srl ordinaria «in quanto compatibile»(26), ma ciò non vuol dire assolutamente che sia «legittimo richiedere che l’onere della prova spetti a chi sostiene la tesi dell’incompatibilità», come da taluno affermato, visto che «la norma (o la disciplina) richiamata dovrà innanzi tutto interpretarsi tenendo conto della norma richiamante, vale a dire della più ampia portata che la prima assume, grazie alla seconda, in un contesto diverso da quello originario, e dunque nel significato che appaia più consono alla peculiarità di quest’ultimo; se poi, nonostante il ricorso al descritto processo ermeneutico, permanga un giudizio di incompatibilità fra le suddette peculiarità e il tenore della norma oggetto»(27 )del richiamo, l’interprete dovrà puramente e semplicemente rinunciare a farne applicazione parziale o totale(28).
Non solo, nel caso di rinvio lo stesso dovrà intendersi come rinvio formale e non recettizio ossia non da intendersi operato al solo contenuto esibito dalle medesime al momento del richiamo (rinvio materiale recettizio) ma anche a quello risultante da loro eventuali successive modificazioni o integrazioni.
Qualcuno ha scritto in modo critico che il rinvio «pare più la ricaduta di una pigrizia della quale il legislatore ha già dato prova nella fattispecie assai simile, della piccola società cooperativa che il frutto di una scelta di sistema».
Viceversa, ad avviso di chi scrive, la previsione dell’applicazione delle norme della Srl ordinaria “in quanto compatibili”, sottolinea la “discontinuità di disciplina” tra la regolamentazione della Srls e la Srl ordinaria, discontinuità o diversità che non si può circoscrivere «soltanto alle norme che riguardano la costituzione della Srls»(29), come tali confinate nel solo articolo 2463-bis, c.c., visto che se così fosse, sarebbe stato sufficiente l’introduzione di detto articolo senza necessità del rinvio finale di “compatibilità”.
Invece, la dottrina, quasi infastidita dalla “specialità” della Srl semplificata afferma che il principio da cui si deve muovere è che l’art. 2463-bis. detti, in linea di principio, una disciplina della costituzione della Srls, ma nulla più(30).
Partendo da quello che dovrebbe essere non un punto di partenza ma un punto di approdo detta dottrina cerca di “livellare” la disciplina della Srls su quella della Srl ordinaria in materia di riduzione reale o nominale del capitale, di trasformazione della società etc., al fine di approdare all’esame della questione più spinosa ossia la applicabilità/inapplicabilità alla Srls della riserva di accumulo prevista per la “sola” Srl ordinaria con capitale under 10.000 con la contestabile e non sufficientemente motivata affermazione che «non si vede perché l’applicazione anche alle Srls del nuovo comma 5 dell’art. 2463 c.c. dovrebbe essere incompatibile con la rimanente disciplina dell’istituto o con la ratio giuridica dell’istituzione delle Srls, anche a prescindere dalle eventuali diverse aspettative e intenzioni del legislatore storico»(31).
Nel prossimo paragrafo è intenzione, viceversa, dimostrare che il legislatore, a ragion veduta, ha inserito la clausola di “compatibilità” perché le peculiarità della disciplina della Srls soprattutto in materia di capitale e patrimonio anche se ricevono la loro “investitura” nell’art. 2463-bis, c.c., si riverberano anche successivamente soprattutto in materia di aumento, riduzione e riservizzazione del capitale/patrimonio.

I requisiti tipologici/disciplinari della Srl semplificata prima della controriforma

Nel primo intervento contenuto nel D.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 era stata disciplinata la società a responsabilità limitata semplificata, struttura che si innestava e si innesta tuttora nel corpus normativo della Srl ordinaria, mediante aggiunta nel libro V titolo V, sezione I, di un unico articolo ossia l’art. 2463-bis, che segue l’art. 2463, c.c., in tema di costituzione della Srl ordinaria.
Detta norma al primo comma imponeva che i costituenti la società fossero persone fisiche che non avessero compiuto i trentacinque anni di età alla data della costituzione e che il capitale fosse pari almeno a 1 euro e inferiore all’importo di euro 10.000,00(32).
Emergeva chiaramente l’eccezionalità della disciplina finalizzata a fronteggiare la crisi economica consentendo l’accesso dei giovani alle attività imprenditoriali, com’è nella lettura e nello spirito dell’art. 3 dell’originario D.l. 1/2012, titolato “Accesso dei giovani alla costituzione di società a responsabilità limitata”(33).
L’art. 2463-bis, disciplinava esclusivamente la costituzione della Srl semplificata e la cessione delle sue quote per atto tra vivi, rinviando per la restante disciplina a quanto tipizzato nello statuto standard, successivamente emanato con decreto 23 giugno 2012, n. 138 e alle norme della Srl ordinaria contenute nel medesimo capo “in quanto compatibili”(34), statuto che sembrava dovesse essere “inderogabile”.
Nel riassumere brevemente gli originari connotati tipici di detta società si deve partire dalla denominazione che deve necessariamente contenere la dizione “società a responsabilità limitata semplificata”; con riferimento alla compagine sociale, come già scritto i soci dovevano essere necessariamente persone fisiche di età inferiore a 35 anni(35), con conseguente preclusione per società o altri enti che non potevano far parte della compagine sociale.
A differenza di quanto previsto in altri ordinamenti(36 )tuttavia non esisteva e non esiste (anche dopo la riforma della Srls) alcun limite numerico massimo di soci. Un aspetto caratterizzante la Srls era poi quello che imponeva che gli amministratori fossero obbligatoriamente anche soci.
Infine, il capitale sociale doveva e deve tuttora essere ricompreso fra il valore simbolico di 1,00 euro ed un valore massimo inferiore a 10.000,00 euro.
Infine il capitale sociale in sede di costituzione doveva e deve ancor oggi essere liberato esclusivamente attraverso versamenti in denaro, con preclusione quindi di conferimenti di beni, crediti, o servizi e probabilmente anche delle polizze assicurative a garanzia dello stesso. Infine, nella Srls il conferimento in denaro doveva e deve essere integralmente versato in sede di costituzione, a prescindere dalla presenza multipla o unipersonale nella compagine sociale.

L’età dei soci come requisito caratterizzante la Srls prima della L. 9 agosto 2013, n. 99

La Srls originaria prevedeva un età massima per i soci che potevano legittimamente far parte della società. Questi, infatti, dovevano necessariamente essere (all’atto costitutivo o al subentro in caso di cessione di quote per atto tra vivi) di età inferiore a 35 anni.
Tale scelta era stata criticata in virtù della arbitrarietà dell’accesso riservato ai giovani piuttosto che all’imprenditoria femminile, o ai disoccupati, o ai cassaintegrati(37).
Si era affermato che il disposto normativo poteva prestarsi a rischi di incostituzionalità ai sensi dell’art. 41 della Costituzione secondo il quale l’iniziativa economica privata è libera(38). Peraltro, a livello europeo, una limitazione legata all’età anagrafica non era e non è contemplata in nessuno stato.
La scelta eccentrica del legislatore sembrava finalizzata a consentire l’accesso alle agevolazione creditizia ai giovani che si affacciano al mercato, come sembrerebbe evidente dal comma sesto dell’art. 57 del c.d. “decreto sviluppo” secondo cui «ai progetti di investimento presentati dalle società Esco, … dalle Srls si applica la riduzione del 50% del tasso di interesse di cui al decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 17 novembre 2009»(39).
Tutti i soci che costituivano una Srls dovevano avere un età anagrafica inferiore ai 35 anni. La norma era silente, però, sulle eventuali conseguenze del superamento (successivo alla costituzione) di tale età anche da parte di un solo socio(40).
Si era ipotizzato che al raggiungimento del 35° anno di età di uno dei soci, la società dovesse sciogliersi. Si era anche affermato che il socio divenuto over 35 venisse escluso automaticamente dalla società, con conseguente obbligo di liquidarne la quota, anche se tale soluzione sembrava oltremodo penalizzante per la società costretta ad un esborso importante per liquidare il socio divenuto “vecchio”(41).
Una terza opzione prevede un obbligo di “passaggio” da Srls a Srl ordinaria. Anche tale rimedio non trovava, però, un riscontro normativo ed anzi, visto che detta transizione imponeva il previo aumento del capitale sino al minimo legale previsto per la Srl ordinaria, ossia euro 10.000,00 sorgeva il dubbio se si potessero costringere i soci a versamenti obbligatori, in contraddizione con il consolidato principio secondo cui non poteva essere imposta ai soci la sottoscrizione di un aumento del capitale(42). Ancora, si sosteneva che il compimento del 35° anno di età da parte di uno o più soci non avesse alcuna conseguenza giuridica significativa, né riguardo alla singola partecipazione (esclusione di diritto del socio - obbligo di cessione a persone under 25), né riguardo alla società (scioglimento)(43).
A fondamento di tale ricostruzione si era sostenuto che il divieto contenuto nell’art. 2463-bis c.c. doveva essere letto solo in un ottica antielusiva rispetto al divieto di costituzione della Srls da parte di over 35 e non come indice di una soglia legale oltre la quale i soci o la società non potevano continuare l’attività intrapresa.
A quest’ultima tesi si rispondeva che il legislatore non disciplinava un lasso temporale di efficacia del divieto di cessione che fosse di per sé sufficiente ad evitare la maliziosa elusione del requisito anagrafico in sede di costituzione, come invece espressamente disposto nell’art. 2343-bis c.c. in materia di conferimento in natura, ma poneva un divieto assoluto senza possibilità di deroga.
Sembrava, pertanto, preferibile ritenere che venuto meno il requisito anagrafico in capo anche ad un solo socio la società “evolveva” naturalmente in Srl a capitale ridotto. Tale opzione era sdoganata dal Parere del Ministero dello sviluppo economico n. 182223 del 30 agosto 2012 che legittimava la partecipazione a detta società anche di soci under 35. Rimaneva da indagare se a detta evoluzione si dovesse dare piena pubblicità attraverso la modifica della sigla contenuta nella denominazione e quindi attraverso almeno una minima modifica da adottare con atto notarile o forse anche d’ufficio con una mera comunicazione al Registro delle imprese.
Nella Srls era previsto un divieto di cessione delle quote per atto tra vivi a soggetti che avessero compiuto i trentacinque anni di età alla data della cessione, divieto contenuto nel comma quarto dell’art. 2463-bis, c.c., riconfermato nello statuto standard al n. 4, la cui violazione era sanzionata con una espressa previsione di nullità dell’atto (di cessione), non di inefficacia e/o inopponibilità alla società dell’atto di trasferimento. Essendo l’accertamento dell’età anagrafica under 35 in sede di costituzione obbligo imposto e sanzionato per il notaio dall’art. 49 (novellato) della legge notarile n. 89/1913 e conseguentemente obbligo imposto e sanzionato anche in caso di cessione per atto tra vivi, si poteva legittimamente dubitare che per le Srls fosse ammessa una cessione di quote redatta ai sensi dell’art. 36, comma 1-bis della L. 133/2008(44).
Il legislatore precisa che il divieto di trasferimento ad over 35 riguarda solo gli atti tra vivi e non menzionava la successione mortis causa.
Secondo una prima tesi, se il divieto di cessione di quote di Srl contenuto nel comma 4 dell’art. 2463- bis, c.c. era riferito ai soli atti negoziali tra vivi, nel caso di morte di un socio, la sua quota si trasferiva agli eredi accettanti anche se questi erano persone fisiche che avevano compiuto i trentacinque anni di età, ovvero altri soggetti di diritto diversi dalle persone fisiche, compreso lo Stato(45). In altre parole, il trasferimento non volontario delle quote non era impedito dal divieto previsto per i soli atti inter vivos e seguiva la disciplina delineata per la Srl ordinaria. Secondo la stessa ricostruzione, l’occasionale presenza di soggetto over 35, determinata da una successione mortis causa, non obbligava alla cessione a soggetto avente i requisiti under 35, se non nel caso in cui si voleva dismettere la partecipazione volontariamente(46).
Di contrario avviso era lo scrivente, poiché appariva evidente l’incongruenza rappresentata, da una parte dal consentire, anche se mortis causa, l’ingresso in società di un over 35, dall’altro dal mantenere fermo l’obbligo previsto dall’art. 2463-bis c.c. in caso di cessione inter vivos da parte dello stesso soggetto. Inoltre, l’art. 2643-bis, secondo comma al n. 6 prevedeva che gli amministratori dovevano essere scelti tra i soci e, quindi, nella normalità tra gli under 35 e non sembrava pertanto scontato che l’over 35 potesse assumere la qualifica di amministratore (soluzione obbligata nel caso di Srls unipersonale).
Sembrava invece più lineare con il sistema, ritenere che in caso di successione a favore di un over 35, la Srls si evolvesse in Srlcr e che l’ingresso in società di un over 35 costituisse un punto di non ritorno per la Srls. Ciò consentiva all’over 35 succeduto mortis causa di negoziare la sua uscita dalla società mediante la cessione della propria partecipazione ad una cerchia di possibili acquirenti ben più ampio, così come di assumere la direzione dell’impresa come amministratore.
Chi riteneva che la presenza esclusiva di soci che non avessero compiuto i 35 anni di età non costituiva un carattere “distintivo” della Srls durante la sua esistenza, bensì essenzialmente al momento della sua costituzione(47 )smorzava la valenza tipologica del requisito soggettivo anagrafico, ma tale ricostruzione non sembrava pacifica in dottrina(48).

I requisiti caratterizzanti la Srls dopo la L. 9 agosto 2013, n. 99

I requisiti tipologici della Srl semplificata sono rappresentati dopo la controriforma da una serie di prescrizioni normative che direttamente o indirettamente ne caratterizzano la fattispecie.
In primo luogo, vi sono una serie di prescrizioni che riguardano l’entità del capitale e che indirettamente incidono anche sulla disciplina delle operazioni straordinarie, si veda: la previsione di un capitale minimo pari ad 1 euro; l’oggetto del conferimento, che come nella tedesca UG deve essere quello naturale (art. 2464, comma 3, c.c.) in ogni modello societario, ossia il denaro, con esclusione in sede di costituzione di conferibilità di opere o servizi, di beni in natura o di crediti; la copertura integrale del capitale sottoscritto; la previsione di un capitale “massimo”; l’assenza dell’obbligo di accantonamento degli utili per la costituzione della riserva “rapida” di accumulo; in secondo luogo, una serie di disposizioni definibili di semplificazione, finalizzata a un risparmio di spesa, generato dall’alleggerimento dell’opera di “omologazione” sui contenuti costitutivo/statutari da parte del notaio e del controllo formale del Registro delle imprese, semplificazioni che in parte si intrecciano e incidono sulle norme in tema di entità del capitale, semplificazioni che giustificano la gratuità delle prestazioni notarili e gli sgravi del Registro imprese vedi: in primo luogo l’obbligo per i soci costituenti di adottare lo statuto standard; dalla previsione che coloro che intervengono alla costituzione della Srls debbono essere persone fisiche; infine, una terza serie di obblighi pubblicitari ossia: l’indicazione nella denominazione sociale della qualifica di Srl semplificata; l’obbligo di creare uno spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato con la rete telematica ad accesso pubblico (art. 2463-bis, comma 4, c.c.).
La giustificazione, ma soprattutto il peso dei requisiti sopra riportati nella caratterizzazione della disciplina “speciale” della Srls nonché l’ambito della loro portata verranno approfonditi nei paragrafi successivi partendo dall’indagine del tanto “contestato” statuto standard.

La inderogabilità dello statuto standard. La querelle prima dell’emendamento

L’art. 2463-bis c.c. stabilisce che l’atto costitutivo deve essere redatto in conformità al modello standard tipizzato con decreto ministeriale e ciò pareva deporre (anche prima dell’emendamento) nel senso dell’assoluta immodificabilità dello stesso.
Il Regolamento ministeriale n. 138/2012 successivamente emanato pareva contraddire questa interpretazione là dove statuiva che «si applicano, per quanto non regolato dal modello standard, le norme della Srl ordinaria ove non derogate dalla volontà delle parti».
Valorizzando quest’ultimo inciso si poteva ritenere modificabile lo statuto standard.
A favore della prima soluzione sembrava deporre il fatto che la norma di legge (ossia l’art. 2463-bis c.c.) non consente deroghe per volontà delle parti formalizzate nell’atto costitutivo e un regolamento non può derogare ad una norma di legge(49).
Sotto il profilo sostanziale, qualora si fosse ridotto il modulo standard ad un semplice zoccolo duro minimale, si sarebbe svuotato del tutto di significato e di effetti concreti la scelta del legislatore di inquadrare in uno schema ben preciso e delimitato la Srl semplificata, nella quale alla eccezionale compressione dell’autonomia privata corrisponde l’abbattimento dei costi di start-up e in particolare l’azzeramento di quelli professionali, proprio perché l’adozione di un atto costitutivo standard comprime e semplifica la prestazione professionale(50).
Portando alle estreme conseguenze detta tesi si era arrivati ad affermare che «sarebbero nulle le clausole difformi dal modello standard, che sarebbero sostituite di diritto da quello standard»(51).
Per detta ricostruzione non si potrebbe «deragliare dal binario dell’atto costitutivo standard»(52 )e non sarebbero attivabili tutte le opzioni che la legge consente vengano introdotte nello statuto per volontà delle parti ed in particolare: la facoltà di attribuire ai soci diritti particolari; la possibilità di prevedere un termine per l’approvazione del bilancio, anche al solo fine di allinearne la durata all’anno solare; la possibilità di prevedere quorum diversi da quelli prescritti dalla legge; la possibilità di indicare la durata della società, in tal modo disinnescando il pericolo di recesso libero dei soci a fronte della durata illimitata della società; la possibilità di convenire cause di recesso ulteriori rispetto a quelle previste per legge; la possibilità di pattuire cause di esclusione dalla società; la possibilità di pattuire clausole inerenti il trasferimento delle quote di partecipazione al capitale (quali l’intrasferibilità, la prelazione, il gradimento, ecc.)(53).
Altra dottrina criticava il modello standard visto che lo stesso «appare troppo sintetico ed inidoneo a disciplinare i vari profili della vita societaria»(54). L’autore della critica continuava affermando che «irrigidendo la disciplina e impedendo tutta una serie di opzioni può sorgere il rischio di rendere inutilizzabile o scarsamente fruibile il nuovo istituto, che deve già scontare i problemi relativi alla sostanziale mancanza del capitale sociale»(55).
Partendo da detto presupposto si era ritenuto che in ottica letterale, il regolamento ministeriale si esprimeva in modo sufficientemente chiaro per consentire integrazioni allo statuto standard(56).
Di conseguenza, per quanto non contemplato dal modello standard i soci potevano escludere l’applicazione automatica delle regole base sulla Srl (che risulterebbero norme di riferimento laddove nulla venga disposto) e far inserire dal notaio delle clausole ad hoc(57).
Secondo una tesi intermedia il regolamento ministeriale poteva intendersi come legittimazione alla stipulazione di patti parasociali integrativi, anche se tale ricostruzione non è in linea con l’ambito applicativo delineato dal regolamento.
La soluzione della questione era ulteriormente complicata dalla diatriba insorta tra Ministero della giustizia e ministero dello sviluppo economico.
Infatti il Ministero dello sviluppo economico aveva richiesto un parere sulla questione al Ministero di giustizia.
In tale richiesta di parere (inviato con nota del 30/08/2012 prot. n. 182451, Il Ministero dello sviluppo economico, come precisato nella circolare n. 3657/c, della nota di richiesta evidenziava «che non sembravano desumibili dal complessivo quadro normativo, elementi inequivoci ai fini della definizione della questione in esame e dichiarava, comunque, di ritenere maggiormente coerente con il quadro normativo in essere l’interpretazione secondo cui l’atto costitutivo (nonché statuto) redatto secondo il modello standard, non potesse essere oggetto di integrazioni, risultando altrimenti necessario utilizzare altre forme societarie (ad esempio, e per contiguità, la Srl a capitale ridotto), per le quali sono previsti modelli standard, è la gratuità dell’operato del notaio»(58).
Il Ministero della giustizia con nota prot. n. 43644 del 10 dicembre 2012 aveva espresso il proprio parere sulla questione, pervenendo a conclusioni non coincidenti con quelle prospettate dal Ministero dello sviluppo economico.
Il ministero della giustizia riteneva infatti «che l’atto costitutivo e lo statuto della società in questione ben possano essere integrati dalla volontà negoziale delle parti», e che, «in un sistema che delinea il paradigma della società a responsabilità limitata in chiave di ampia derogabilità da parte dei soci, appariva del tutto incongruo ritenere che la norma primaria avesse voluto (non espressamente) limitare l’autonomia negoziale rimettendo ad una normativa regolamentare l’individuazione delle innumerevoli possibili opzioni concernenti l’organizzazione ed il funzionamento della società, senza peraltro che la selezione fosse dalla legge in alcun modo indirizzata con la formulazione di criteri e principi volti a conformare il modello inderogabile di costituzione dell’ente»(59).
Alla luce di quanto sopra esposto, si poteva riassumere la situazione come segue.
Erano a disposizione due opzioni per chi intendeva costituire una Srl semplificata, una sorta di Srl semplificata a doppia velocità o a doppio binario.
Come prima soluzione si poteva costituire una Srls optando per «il modulo standard adottato con decreto interministeriale n. 138/2012 (articolo 1, comma 1) che contiene clausole minime essenziali che, integrate dalla regolamentazione codicistica, consentono il funzionamento della società a responsabilità limitata semplificata costruita su quel modello»(60).
Come seconda soluzione si poteva all’opposto derogare a detto modello standard chiedendo al notaio «di modulare il negozio secondo le esigenze proprie dell’attività d’impresa che si intende svolgere in forma collettiva con quel modello societario semplificato»(61).
Infatti secondo quanto affermava il Ministero di giustizia «nulla impedisce alle parti di derogare allo schema tipico mediante la pattuizione di un diverso contenuto di atto costitutivo e statuto per tutte le ipotesi in cui la normativa codicistica consente, appunto, una deroga negoziale (così espressamente l’articolo 1, comma 2)»(62).
«Le disposizioni contenute nell’alinea del secondo comma dell’art. 2463-bis, c.c., per il quale, nella società responsabilità limitata semplificata - l’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico in conformità al modello standard tipizzato con decreto del Ministero della giustizia..., non sembra possa essere letta come norma limitativa dell’autonomia negoziale delle parti che intendono adottare il nuovo modello societario in questione, del quale la stessa norma richiamata delinea i caratteri essenziali come sottotipo della società a responsabilità limitata (v. ultimo comma dell’articolo 2463-bis c.c. che, appunto, richiama la disciplina della Srl in quanto compatibile)»(63).
In altre parole, se ben si interpretava quanto scritto dal Ministero di giustizia esistevano alcuni elementi soggettivi e oggettivi «che delineano l’identità dell’ente (e che pertanto ne costituiscono un ineliminabile contenuto)»(64), ma lo statuto standard non rientrava tra gli elementi caratterizzanti. Pertanto, chi voleva costituire una Srls doveva rispettare il requisito soggettivo che imponeva la presenza di soli soci persone fisiche (con esclusione di persone giuridiche), doveva rispettare il requisito anagrafico (tutti i soci under 35), doveva rispett are i limiti all’attribuzione dei poteri di amministrazione (solo a soci), doveva rispettare il minimo e il massimo del capitale (da euro 1 a euro 9.999), doveva rispettare il divieto di cessione delle partecipazioni per atto inter vivos a soggetti over 35 e a quant’altro richiesto dall’art. 2463-bis,c.c., mentre la disciplina applicabile sul funzionamento della società era rimessa alla libera volontà dei soci.
Con parole più semplici lo statuto standard non era ritenuto elemento caratterizzante inderogabilmente la Srls, ma era considerato un mero modello base, implementabile e/o modificabile con tutte le opzioni consentite all’autonomia privata dalla disciplina della Srl ordinaria, salvo quegli elementi caratterizzati la sola Srls contenuti nella fonte primaria ossia l’art. 2643-bis, c.c., e sopra esemplificativamente riportati.
Più precisamente se era vero che «il modulo standard adottato col decreto interministeriale 138/2012 (articolo 1,comma 1) contiene clausole minime essenziali che, integrate dalla regolamentazione codicistica, consentono il funzionamento della Srls», nulla «impedisce alle parti di derogare allo schema tipico mediante la pattuizione di un diverso contenuto di atto costitutivo e statuto per tutte le ipotesi i cui la normativa codicistica consente, appunto, una deroga negoziale»(65).
Quindi un doppio binario per la Srls. Da un lato la Srl, che a questo punto potremmo definire “supersemplificata”, sommariamente regolata da statuto standard la cui disciplina era integrata automaticamente dalla disciplina standard della Srl ordinaria.
Dall’altro una Srl “meno semplificata” caratterizzata da alcune caratteristiche imposte dall’art. 2463- bis, ma con uno statuto arricchito di proprie clausole pattizie.
Partendo dal presupposto che lo statuto standard fosse integrabile restava da verificare se l’integrazione portasse come conseguenza la perdita di agevolazioni fiscali e/o la perdita di esenzioni dagli onorari notarili. In riferimento all’esenzione dagli onorari prevista dall’articolo 3,comma 3, del decreto legge n. 1/2012, il Ministero di giustizia scriveva che «ritenere che la gratuità della prestazione professionale si determini (e sia perciò esigibile) allorchè l’attività del notaio rogante si limiti all’adozione del modello ministeriale, non poteva portare di necessità, ad una lettura dell’intera disposizione nel senso di considerare intangibile il medesimo modello di atto costitutivo e statuto. Certamente il modello standard aveva la finalità di garantire l’esenzione dal pagamento degli onorari notarili, ma non vietava alle parti di investire il professionista del compito di modulare il negozio secondo le esigenze proprie dell’attività d’impresa che si intende svolgere in forma collettiva con quel modello societario semplificato»(66).
Quanto scritto sembrava significare che la scelta di abbandonare lo statuto standard comportava la perdita dell’esenzione dagli onorari notarili,visto che il professionista doveva, solo se richiesto espressamente dalla parte, intervenire per modellare la Srls ben oltre a quanto previsto nello statuto standard.
Il ragionamento era condiviso nella circolare dell’Associazione italiana dottori commercialisti di Milano secondo cui nel caso di rilevanti modifiche/integrazioni apportate al modello standard di statuto delle Srl semplificate doveva comunque essere riconosciuto un compenso al notaio(67). Tale soluzione era, peraltro, in linea con quella accolta negli altri ordinamenti, nei quali l’abbandono del modello standard comportava solo la perdita dei benefici economico/procedurali offerti in fase di costituzione. Si pensi all’ordinamento francese che propone uno statuto-tipo per la costituzione di una Sarl con socio unico persona fisica, ma contempla espressamente anche la modificabilità dello stesso (artt. L223-1 e D223.2 code com.), o alla modificabilità dello statuto standard della GmbH tedesca che non ne inficia la valida costituzione della società ma solo la riconduzione della stessa nella procedura ordinaria, con conseguente innalzamento dei costi o allo estatuto orientativo previsto dall’ordinamento spagnolo per la Slne, che consente comunque ai soci di redigere uno statuto diverso, per il quale viene ripristinato l’iter ordinario di registrazione della società con preclusione della procedura alternativa più celere e snella di registrazione.

La inderogabilità dello statuto standard. Storia dell’emendamento e sua valenza non interpretativa ma bensì innovativa

La controriforma delle Srl prevede espressamente che lo statuto standard della Srl semplificata è inderogabile.
In dottrina vi è però chi ancora pone dubbi sull’inderogabilità.
Si è scritto infatti che «tuttavia a ben vedere, la legge rinvia al modello e il modello (o meglio il D.m. che lo approva) contiene un’apertura alle opzioni consentite da norme suppletive e dispositive dettate per le Srl tradizionali. Sembra un paradosso di Epimenide, uno strano anello di Godel, ma l’ipotesi secondo cui resiste uno spazio di libertà per la redazione dell’atto costitutivo delle Srls. non è logicamente esclusa»(68).
Alla luce del nuovo inciso che prevede “l’inderogabilità” si potrebbe ritenere che quanto riportato nel paragrafo precedete sia divenuto irrilevante.
In realtà, tale affermazione sarebbe corretta solo nel caso in cui si ritenga che tale inciso non abbia valenza “innovativa”ma solo “interpretativa”.
Ad avviso di chi scrive, invece, proprio le contrarie interpretazioni espresse in precedenza a livello ministeriale impongono di ritenere la previsione di inderogabilità come “innovativa”, con salvezza pertanto delle Srls iscritte prima dell’entrata in vigore della legge 99/2013 con statuti implementati o comunque diversi da quello standard.

Statuto standard o atto costitutivo standard o meglio ancora atto costitutivo standardcon qualche correttivo organizzativo

Quando si parla di “statuto standard” si pensa subito all’insieme di clausole che regolano il funzionamento della società. In realtà, il cd “statuto standard” di cui al D.m. 23 giugno 2012, n. 138 più che un vero e proprio statuto standard rappresenta un “atto costitutivo standard”, come inteso dalla dottrina tradizionale(69), ossia un insieme di dati e indicazioni, rilevati “una tantum” necessari ai fini dell’iscrizione della società nel Registro delle imprese o costituenti “scelte”, ma non regole di funzionamento (si pensi alla scelta del sistema di amministrazione tra amministratore unico o consiglio di amministrazione). Dopo l’abbattersi della mannaia del legislatore sui requisiti originariamente previsti per la Srls il modello standard ministeriale sembra contenere due soli punti che possono qualificarsi come regole per il funzionamento della società.
Il punto 5 che precisa che l’amministrazione è affidata a soggetti “scelti con decisione dei soci”, impedendo con ciò ogni diversa disposizione, mentre il n. 8 prevede che l’assemblea sia presieduta dall’amministratore unico o dal presidente del consiglio di amministrazione.
Il n.5 in realtà esclude una possibilità che solo una clausola statutaria poteva introdurre creando un diritto particolare di amministrazione (art. 2468, coma terzo, c.c.), mentre il n. 8 necessariamente decapita l’art. 2479-bis,comma quarto c.c. che esordisce affidando la presidenza alla persona indicata in statuto, indicazione ovviamente impossibile nella Srls.
In conclusione più che di statuto standard dovrebbe parlarsi di “atto costitutivo corretto senza statuto” e se proprio di statuto si vuole parlare si deve parlare di “statuto legale” o per usare un termine in voga di “statuto legale di default”.
Infatti, le regole di funzionamento della Srls sono rappresentate dalle opzioni base contenute per la Srl nel codice civile. Si potrebbe scrivere in altre parole che lo statuto della Srls (con le piccole correzioni di cui sopra) è rappresentato da una sorta di unico articolo ove è scritto «si applicano le norme della Srl ordinaria in quanto compatibili». Tale opzione era già stata proposta provocatoriamente all’indomani della riforma delle società per contrastare i “c.d. statuti incontinenti” ossia quegli statuti che contenevano una marea disordinata di clausole.

L’ incidenza delle modifiche legislative sullo statuto standard

All’articolo 2463-bis, c.c., c.c. la controriforma ha apportato le seguenti modificazioni: al comma 1, le parole: «che non abbiano compiuto i trentacinque anni di età alla data della costituzione sono soppresse»; al comma 2, punto 6), le parole: «i quali devono essere scelti tra i soci» sono soppresse.
Il taglio della normativa primaria incide anche sulla normativa secondaria ossia sul modello standard di atto costitutivo tipizzato con il D.m. 23 giugno 2012, n. 138.
Il Ministero della giustizia con nota n. 118972 dell’11/09/2013 ha affermato che l’abolizione del requisito anagrafico ha determinato la soppressione del n. 4 dello statuto standard che prevedeva la nullità della cessione di quote a over 35.
Il Ministero di grazia e giustizia con nota integrativa del 16/09/2013 ha ulteriormente affermato che in seguito alle modifiche apportate all’art. 2463-bis l’amministratore può essere nominato anche fra un non socio, di talché anche la clausola sub 5 del modello deve ritenersi soppressa.
In riferimento alla prima dichiarata soppressione ossia quella del divieto di cessione della quota ad over 35 vi è chi ritiene che detta soppressione non possa avere effetto retroattivo. Si è osservato che chi ha costituito la Srls vigente il limite massimo di età poteva essere portatore di una volontà equivalente a quella espressa dal n. 4 dello statuto standard che prevedeva la nullità della cessione di quote a over 35.
Tale ricostruzione non sembra accettabile. Infatti, l’effetto dell’intrasferibilità era un effetto legale inderogabile abrogato ora dal legislatore.
In riferimento alla seconda soppressione si potrebbe affermare che lo sdoganamento dei non soci per la gestione della Srl semplificata operato con il D.l. n. 76/2013, resterebbe “lettera morta” a causa dell’impossibilità di variare le clausole del “modello standard”. Infatti, la disciplina della Srl ordinaria recita «l’amministrazione della società è affidata a uno o più soci, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo» (art. 2475, comma primo, c.c.); espressione normativa che non può non essere ritenuta riferibile anche alla Srl semplificata per effetto del richiamo che la disciplina della Srls opera, ex art. 2463-bis, ultimo comma, c.c., alle norme della Srl “ordinaria” in quanto compatibili. È evidente che se non si conoscesse la storia del divieto e della sua abrogazione sarebbe inammissibile l’introduzione nello statuto standard di una clausola che preveda espressamente «la possibilità della nomina di amministratori estranei». Dovendo trovare una ricostruzione che consenta di giungere al risultato di non vanificare l’intervento legislativo, sembra si possa affermare che il comma 1 dell’art. 2475, c.c., non trova applicazione nel caso di Srls in quanto non compatibile con la loro disciplina, e pertanto non applicabile ex art. 2463-bis, comma 5, c.c., in tal modo legittimando la nomina di amministratori estranei, a prescindere dall’adozione di un’apposita clausola statutaria in tal senso.

Il principio di immodificabilità dello statuto standard

Qualcuno ha sottolineato che sotto il profilo lessicale l’emendamento dell’art. 2463-bis, c.c., che recita «le clausole del modello standard tipizzato sono inderogabili» non vieterebbe di implementare le clausole dello statuto standard ma solo di derogarle(70).
Quindi, ferme restando le previsioni standard si potrebbe “aggiungere” clausole.
Infatti, la norma non recita «lo statuto standard è inderogabile» ma «le clausole dello statuto standard sono inderogabili».
Questa interpretazione che riaprirebbe la querelle della implementabilità dello statuto standard è, però, antistorica, o meglio non tiene conto della motivazione della sua introduzione ossia il riaffermarsi del principio (della cui correttezza costituzionale si potrebbe dubitare)(71 )secondo cui la semplificazione della prestazione legata al recepimento del solo statuto standard porta ad una serie di benefit economici (prestazione notarile gratuita ecc.) che sono legati all’utilizzo dello statuto standard.
Alla luce dell’emendamento circa l’inderogabilità dello statuto standard vanno vagliate anche le possibili ipotesi di ammissibilità di aggiunte allo stesso.
Prima della controriforma e dell’introduzione dell’emendamento che sancisce l’imposta inderogabilità gli orientamenti permissivi erano molteplici:
si scriveva nella circolare n. 6/2013 dell’Associazione italiana commercialisti sezione di Milano che la gratuità della prestazione notarile permarrebbe nel caso lo statuto standard venisse «integrato con modifiche di limitata significatività»(72); a sua volta il notariato di Milano riteneva preferibile parlare di una «ragionevole flessibilità statutaria»(73). Dopo la controriforma si è scritto che «resta comunque fermo che la disposta inderogabilità del modello standard, se impedisce l’inserzione di clausole discrezionali o opzionali, non può essere interpretata così rigorosamente da non consentirne ogni variazione dovuta, innocua o attinente non alla struttura permanente della Srl semplificata ma al suo temporaneo funzionamento»(74).
“Limitata significatività”, “ragionevole flessibilità, “variazione dovuta, innocua”, terminologie che evocano tutte una interpretazione soggettiva che potrebbe risultare arbitraria.
Queste interpretazioni legate al buon senso vanno in qualche modo ricondotta a criterio sistematico, potendo se affidata alla libera interpretazione risultare appunto arbitrarie.
Si potrebbe applicare un criterio meramente quantitativo, ma lo stesso non troverebbe nella legge e nei regolamenti alcuna giustificazione.
Ugualmente il criterio fatto proprio dalla circolare n.6/2013, se interpretato in senso letterale non sarebbe decisivo, visto che il concetto di “significatività” si presta a molte letture.
Se si vuole cercare una chiave di lettura che trovi un minimo conforto nel dato normativo, sembra si possa partire dagli spazi che lo stesso statuto standard sembra assegnare all’autonomia negoziale dei comparenti.
In primis la derogabilità andrà quindi riferita a quegli spazi che lo statuto standard sottintende assegnare alle parti, sottolineati da tratteggi da completare e alle diverse soluzioni tra parentesi opzionabili e riguardanti soprattutto la scelta del sistema di amministrazione(75 )e a quanto necessario per allineare lo statuto standard alle menzioni richieste dalla legge notarile.
In secondo luogo, potrebbero forse ritenersi applicabili tutte quelle integrazioni che rispondono ad esigenze operative, ma che non costituiscono tecnicamente clausole statutarie con valore organizzativo permanente e che normalmente trovano collocazione nell’atto costitutivo e non fanno parte dello statuto.
Si pensi alle dichiarazioni che le parti rivolgono al notaio al fine della domanda di iscrizione della società nel registro delle imprese, quali ad esempio l’indicazione dell’indirizzo della sede sociale, ai sensi dell’art. 111-ter disp. att. c.c.
Il Ministero per lo Sviluppo economico con nota prot. 6404 del 15 gennaio 2014, ritornando per l’ennesima volta sulla questione della integrabilità e modificabilità dello statuto standard della Srls, ha messo una pietra tombale sulla questione affermando che l’intervenuta modifica dell’art. 2463-bis che dispone le clausole dello statuto standard tipizzato sono inderogabili è determinata dalla necessità di “evitare una sovrapposizione” fra la Srls e la Srl ordinaria con capitale under 10.000 per cui si deve concludere per l’assoluta inderogabilità del modello.
Alla luce di quanto sopra sembra che ragioni di prudenza inducano ad abbandonare quegli orientamenti di apertura che ritenevano possibile l’indicazione della data di scadenza degli esercizi sociali(76), o l’indicazione della durata in carica degli amministratori, in antitesi al principio, operante nel silenzio dell’atto costitutivo, dell’investitura a tempo indeterminato(77), o ancora clausole riguardanti la durata limitata della società e la previsione della possibilità di decisioni assembleari, ritenute da taluni clausole convenzionali lecite(78).

L’obbligo che i costituenti la società siano persone fisiche

È dubbio se l’imposta partecipazione di sole persone fisiche all’atto costitutivo della Srls implichi anche un tacito divieto di successiva cessione delle quote sociali a soggetti diversi dalle persone fisiche. In tal senso si esprime parte della dottrina che opta per la ricostruzione che ritiene che l’ingresso in società di fonte volontaria da parte di soggetti diversi dalle persone fisiche deve ritenersi vietato(79).
Si adducono a sostegno della tesi ragioni “antielusive” affermando che se così non fosse, sarebbe facile aggirare l’intento normativo di circoscrivere le agevolazioni e le semplificazioni previste dalla legge a determinati soggetti, mediante successivi atti diretti volontariamente a determinare l’ingresso in società di soggetti non agevolabili(80). Inoltre, si è affermato che un espresso divieto di cessione delle quote a soggetti diversi dalla persone fisiche è presente nelle legislazioni che prevedono tale requisito soggettivo di partecipazione alla costituzione di Srl di tipo semplificato(81).
Secondo tale orientamento la norma proibitiva così ricavata dal sistema andrebbe estesa ad ogni atto volontario che determini l’acquisto della qualità di socio della Srls.
Ad avviso di chi scrive la risposta sembra debba essere negativa.
Infatti, la norma di divieto dettata per il solo momento della costituzione sembra conseguenza dell’alleggerimento della funzione di controllo del notaio controbilanciata dalla gratuità della sua prestazione.
Mancando una ulteriore agevolazione (gratuità dell’intervento notarile) in sede di cessione della quota tale ipotetico divieto non è più giustificato dal disimpegno del notaio.
Una diversa soluzione poteva forse ipotizzarsi quando il divieto di intervento di soggetti diversi dalla persona fisica era legato e rafforzato dal divieto di interveto di soggetti persone fisiche di età superiore ai 35 anni, divieto “doppiato” nell’ipotesi di cessione delle quote in forza di una previsione dello statuto standard che addirittura fulminava la cessione a soggetti over 35 con l’espressa sanzione della nullità. Venuto meno integralmente il divieto di partecipazione alla Srls di soggetti over 35 fenomeno a cui lo statuto standard aggiungeva il corrispondente divieto di cessione, viene meno quel collegamento legislativo/regolamentare tra divieto in sede di costituzione trasposto in sede di cessione che poteva indurre a ritenere che uguale meccanismo potesse realizzarsi nel caso di ingresso successivo di persone non fisiche.
In conclusione, visto il disposto dell’ultimo comma dell’art. 2463-bis, secondo cui salvo quanto previsto nel predetto articolo si applicano alla Srls le disposizioni del presente capo in quanto compatibili, non sembra ipotizzabile ritenere esistente un divieto implicito di cessione delle quote di Srls a favore di soggetti non persone fisiche, né detta cessione sembra comportare alcuna conseguenza sulla Srls, come per esempio una implicita trasformazione della stessa in Srl ordinaria a capitale ridotto.

Il capitale minimo e massimo

Nelle Srls semplificate è previsto che il capitale non possa essere inferiore ad 1 euro e debba essere inferiore a 10.000 euro(82).
In riferimento al capitale minimo si deve riscontrare che la Srls resta tipo logicamente connotata dall’esistenza del capitale sociale, sia pure ridotto a un valore simbolico, con la conseguenza che a differenza delle società personali, ove l’incidenza delle perdite sul capitale ed oltre la consistenza di questo, rileva esclusivamente sulla possibilità di procedere a riparto di nuovi utili, nella Srls il sistema del capitale non sembra aver perso il proprio ruolo di spia della possibile crisi(83).
Sull’opportunità di prevedere anche un capitale massimo in dottrina sono state espresse molte perplessità, perché ai più sfugge la ratio di tale previsione(84). Si è scritto che risulta oscura la funzione, o comunque incerta l’efficacia, della previsione di un limite massimo riferito al capitale sociale(85), e che detta previsione costituisce una «stranezza senza precedenti»(86).
Si è detto che «è pur vero che il capitale ridotto è il beneficio concesso ai soci, ma può apparire singolare che la decisione di capitalizzare maggiormente la società comporti l’uscita dal modello»(87). In realtà, l’indicazione del capitale massimo è una realtà comune anche ad altri ordinamenti (modelli tedesco e belga) e riveste l’importante ruolo di spartiacque tra norme della Srl ordinaria applicabili o non alla Srls.
Alla Srls non saranno applicabili quelle norme che parlano di capitale minimo di 10.000 euro e ciò non solo perché il capitale minimo della Srls è di euro 1 ma, anche e soprattutto perché il suo capitale massimo è inferiore a 10.000 euro. Gli artt. 2482 o 2482-ter non saranno pertanto applicabili alla Srls, ma non solo: non sarà applicabile alla Srls nemmeno la c.d. riserva da accumulo prevista dall’art. 2464, c.c., per la Srl ordinaria con capitale inferiore a 10.000 euro.
Infatti, la Srl ordinaria con capitale inferiore a 10.000 euro è una eccezione alla Srl ordinaria con capitale pari o superiore ai 10.000 euro, eccezione “controbilanciata” dal legislatore con la previsione di una patrimonializzazione accelerata della società.
La Srls non ha un capitale per così dire in deroga al minimo di legge, anzi è una disciplina/fattispecie destinata fisiologicamente a vivere con un capitale inferiore ai 10.000 euro e non ha pertanto alcun senso imporgli delle marce forzate per giungere alla sua fuoriuscita dal modello (non alla sua regolarizzazione come nel caso della Srl ordinaria under 10.000.
La dottrina si è interessata all’ipotesi (un po’ di scuola) della Srls costituita con meno di 1 euro di capitale giungendo alla conclusione che la società non sia nulla, salvo l’obbligo di regolarizzazione(88). La stessa dottrina sostiene anche che qualora sia violato il limite massimo del capitale e la società sia iscritta come Srls si dovrebbe riqualificare la società come Srl tradizionale(89).

L’indicazione in atto dei mezzi di pagamento. Ruolo del notaio dei soci e degli amministratori. Differenze tra Srl ordinarie e Srls

La nuova normativa prevede che nelle Srl ordinarie (sia con capitale in denaro superiore che inferiore a 10.000 euro) «i mezzi di pagamento sono indicati nell’atto».
Nella normativa primaria della Srls (art. 2363-bis) manca una previsione analoga. La regolamentazione dei versamenti nella Srls è rimessa alla sola regolamentazione di rango secondario ossia alle previsioni contenute nello statuto standard che precisa al punto 7 che i soci dichiarano che i conferimenti sono stati eseguiti nel modo seguente: il signor ha versato all’organo amministrativo che ne rilascia liberatoria quietanza, la somma di euro... a mezzo di ...;
L’organo amministrativo dichiara di aver ricevuto la predetta somma ed attesta che il capitale sociale è interamente versato.

In riferimento alla disciplina delle Srl ordinaria con capitale inferiore a 10.000 euro e a quello della Srl semplificata ci si potrebbe chiedere se abbia ancora un senso parlare di effettività del capitale sociale e di onere di prova della effettiva esistenza del capitale sociale vista la scelta legislativa di consentire la costituzione di Srl con un solo euro di capitale.
Si potrebbe ragionevolmente ritenere che la risposta sia negativa vista l’esiguità dell’ipotetico 1 euro di possibile capitale iniziale al quale sembra difficile poter assegnare un peso e un ruolo significativo nella patrimonializzazione della società.
Tuttavia, in senso opposto sembrerebbe deporre l’obbligo di versamento integrale del capitale iniziale che potrebbe leggersi e riassumersi nello slogan “pochi ma tutti subito”, obbligo che evidenzierebbe una diversa ma rinnovata attenzione per l’effettività del capitale.
Ad avviso di chi scrive questa seconda ricostruzione va però meditata anche alla luce di due ulteriori nuove prescrizioni dettate la prima sia per Srl ordinarie con capitale inferiore a 10.000 euro che per le Srl semplificate, ossia il divieto di conferire beni in natura in sede di costituzione, la seconda (ad avviso di chi scrive vedi infra) per la sola Srl ordinaria under 10.000 ossia la previsione della riserva di accumulo.
Con il divieto di conferire beni in natura il legislatore sembra si voglia tutelare dal rischio di far partire società che non solo non abbiano liquidità sufficiente ma che addirittura si portino “in casa” patrimoni negativi. Con l’imposizione dell’obbligo di accumulo della riserva il legislatore evidenzia come dal concetto di effettività del capitale sociale si sia passato al più evoluto concetto di “effettività del patrimonio sociale”.
Se nella Srl ordinaria con capitale inferiore ai 10.000 euro sembra permanga anche se “annacquato” o per meglio dire “modificato” il principio di effettività del capitale resta da verificare a chi spetti la responsabilità e il controllo della effettiva esistenza del capitale sociale.
Per parte della dottrina (genericamente sia per le Srl ordinarie che per quelle semplificate) alla luce della nuova disciplina solo gli amministratori rispondono dell’effettività del capitale sociale e possono ad esempio pretendere un assegno circolare in luogo di un assegno bancario, trattandosi di una valutazione attinente alla loro responsabilità e non alla astratta legittimità del mezzo di pagamento; ciò porta come corollario l’affermazione che «nessuna eccezione potrà essere sollevata al riguardo dal notaio rogante o dall’ufficio del Registro delle imprese»(90).
Quest’ultima tesi nel caso di Srl ordinarie costituite con capitale inferiore a 10.000 euro desta qualche perplessità. Infatti, l’obbligo per il notaio di indicare in atto i mezzi di pagamento potrebbe essere letto nel senso di sottoporre al suo controllo la verifica dell’idoneità di detti mezzi a «coprire effettivamente il capitale».
Il problema è allora capire se il legislatore quando parla di conferimenti “versati” intenda per versati “incassati”, o in altre parole se il mezzo di pagamento sia inteso pro soluto o pro solvendo?
Scegliendo la soluzione più rigorosa spetterebbe al notaio (nel caso di Srl ordinaria) la valutazione circa la ammissibilità di un versamento da parte dei soci a mezzo di assegno bancario. Infatti, l’assegno bancario è un titolo di credito che non garantisce l’esistenza sottostante della necessaria provvista e quindi la certezza del pagamento(91).
È vero però anche che il notaio può garantire nell’attuale procedimento l’eventuale esistenza del capitale solo al momento della costituzione della società, ma non più al momento dell’iscrizione. Infatti, all’atto di costituzione può anche essere consegnato all’amministratore un assegno circolare o contante nei limiti dell’uso consentito dalla legge (art. 49,comma 1, D.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 inferiore a euro 1000 per ciascun conferimento in denaro), ma detti valori potrebbero essere smarriti dall’amministratore prima dell’iscrizione della società nel Registro delle imprese.
Questo rischio non si correva con la “ormai pensionata” distinta di versamento dei centesimi rilasciata da una banca. Infatti, fino all’iscrizione della società nel registro delle imprese le somme tecnicamente erano nelle mani della banca che ne garantiva l’esistenza sino a dopo l’iscrizione della società nel registro delle imprese.
In conclusione, sembra che si possa affermare la permanenza del principio di garanzia dell’effettività del capitale sociale che nell’attuale procedimento è rimessa: sicuramente sotto un profilo sostanziale solo agli amministratori che hanno la materiale detenzione dei valori conferiti, essendo più dubbio se si possa configurare anche una responsabilità del notaio nel vagliare in sede di stipula dell’atto notarile «l’astratta idoneità dei mezzi di pagamento a garantire l’effettività del capitale sociale».
Ad avviso di chi scrive se di eventuali responsabilità del notaio si può discutere in riferimento alla verifica dell’effettività del capitale sociale nelle Srl ordinarie la stessa va esclusa nell’ipotesi di costituzione di Srl semplificata per i seguenti motivi:
In primo luogo, lo statuto standard precisa al punto 7 che i soci dichiarano che i conferimenti sono stati eseguiti nel modo seguente: il signor ha versato all’organo amministrativo che ne rilascia liberatoria quietanza, la somma di euro... a mezzo di ...; L’organo amministrativo dichiara di aver ricevuto la predetta somma ed attesta che il capitale sociale è interamente versato. Sono i soci che dichiarano i mezzi di pagamento non il notaio come accade nell’art. 2464 dove si scrive «che i mezzi di pagamento sono indicati nell’atto» e quindi in questo caso sotto la responsabilità del notaio;
in secondo luogo la dichiarazione che il capitale sociale è interamente versato è dell’organo amministrativo, non del notaio.
In conclusione, in linea con il concetto di gratuità della prestazione il notaio in nessun modo risponde dell’effettivo versamento/incasso del capitale sociale nella Srl semplificata, mentre la soluzione della irresponsabilità del notaio è dubbia nella Srl ordinaria.
A chi potrebbe criticare la tesi adottata in materia di Srls in quanto fondata su una normazione secondaria, rappresentata dallo statuto standard, si contro obietta che la soluzione qui proposta per le Srls trova fondamento anche nella disciplina primaria che per tali Srl nell’articolo 2463-bis omette di richiedere l’indicazione in atto dei mezzi di pagamento, dovendosi ricordare peraltro che la Srls nasceva addirittura inizialmente come modello autocertificato per scrittura privata dai soci senza alcun controllo notarile.

Cosa accade al notaio che non menziona i mezzi di pagamento in atto? Conseguenze nel caso di Srl ordinaria o Srls

Nel caso della Srl ordinaria il notaio che non menziona i mezzi di pagamento in atto viola una norma non posta però dall’ordinamento a pena di nullità per cui non risponde ex art. 28 legge notarile ma forse con una diversa e più lieve responsabilità disciplinare. Circa la iscrizione nel Registro imprese dell’atto costitutivo la mancata indicazione nell’atto costitutivo dei mezzi di pagamento non esonera il notaio dall’obbligo di richiedere l’iscrizione dell’atto costitutivo, notaio che ovviamente si procurerà la prova dell’effettivo versamento del capitale redigendo magari un atto integrativo.
Nel caso di Srl semplificata abbiamo visto che non è il notaio ad attestare i mezzi di pagamento che nello statuto standard sono auto dichiarati dai soci. Quindi nel caso di mancata trascrizione in atto della dichiarazione del socio ci si può solo chiedere se si possa dire che il notaio abbia violato il nuovo terzo comma dell’art. 2463-bis, c.c. che recita «le clausole del modello standard sono inderogabili». La risposta sembra debba essere negativa perché l’indicazione dei mezzi di pagamento da parte dei soci «non può considerarsi una clausola statutaria».

Gli obblighi di versamento integrale e in denaro in sede di costituzione della società sono applicabili anche in sede di aumento del capitale a pagamento?

L’art. 2463-bis, secondo comma al n. 3 prevede per la Srls che il capitale sociale deve essere sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione(92).
Detto obbligo potrebbe ritorcersi come un boomerang contro la società visto che potrebbe costringere i soci fondatori a fissare il capitale sociale ad una misura molto bassa. Infatti, supponendo che i soci abbiano a disposizione 2.000,00 euro da investire nella costituenda società, l’obbligo del versamento integrale imporrà loro di fissare il capitale sociale alla medesima cifra.
Se si fosse invece prevista la facoltà di conferire soltanto il 25% del capitale sociale come per la Srl ordinaria con capitale superiore a 10.000 euro, i soci avrebbe potuto costituire già una società con capitale di euro 8.000,00. Il legislatore esclude inoltre che in sede di costituzione di Srls e Srl con capitale inferiore a 10.000 euro possano essere conferiti beni in natura.
A tale scelta si potrebbe obbiettare che una società non ha, in linea di massima, unicamente bisogno di denaro per poter iniziare l’attività commerciale, bensì anche di beni in natura, come nel caso in cui alcuni beni particolari dei soci non possano essere altrimenti reperibili sul mercato(93).
Parte della dottrina ritiene che in sede di aumento del capitale debbano valere le stesse modalità e quindi entrambi i limiti di conferimento previste in sede di costituzione(94 )(versamento integrale del denaro e divieto di conferimenti diversi dal denaro).
La ragione di ciò sarebbe da rinvenire nel ragionamento che se non valessero in sede di sottoscrizione dell’aumento di capitale le stesse regole vigenti in sede di costituzione, queste ultime potrebbero essere facilmente aggirate(95).
Si potrebbe anche pensare che il legislatore, in considerazione dell’esiguità iniziale del capitale sociale, abbia voluto forse compensare tale limitatezza con l’obbligo di un conferimento integrale in denaro che, in quanto valore determinato, garantisce un minimo di certezza, garanzia non ottenibile nel caso di conferimento in natura, di per sé insicuro per gli impliciti problemi di valutazione. In tal senso si esprime parte della dottrina secondo cui la Srls sarebbe destinata a rimanere semplificata (sul piano delle regole organizzative) per tutto il tempo in cui essa esiste come tale, sicché l’incompatibilità dei conferimenti non di denaro con la logica dello snellimento delle procedure e del risparmio di costi, che ispira il legislatore, dovrebbe reputarsi perpetua e non già circoscritta alla sola fase costitutivo dell’ente(96).
Tale ricostruzione non sembra condivisibile. Infatti, l’impressione è che trattandosi di norme di divieto sia difficile immaginarne l’applicazione al di là delle fattispecie per le quali esse sono espressamente dettate(97).
Nello specifico si è sottolineato come (in riferimento al primo obbligo) la copertura integrale del capitale sottoscritto non abbia alcun rilievo pratico(98), tanto da parlarsi di sfida all’ironia dell’interprete, sollecitata anche dall’ampia e liberatoria quietanza che gli amministratori devono rilasciare ai conferenti(99).
Ma il motivo decisivo per ritenere che nel caso di aumento del capitale riprenda vigore il principio del versamento del solo 25% è dato dal testo del comma 4 dell’art. 2463-bis, c.c., dove si scrive che, negli atti e nella corrispondenza della Srls deve essere indicato l’ammontare del capitale sottoscritto e versato. Evidentemente la norma non avrebbe senso se valesse l’obbligo di effettuare e liberare immediatamente tutti i conferimenti in denaro, come in sede di costituzione.
In tal senso sembra orientare anche il contemporaneo rinvio nel caso della Srls alla disciplina della Srl ordinaria che indurrebbero a ritenere che in sede di aumento riprenda vigore la regola del versamento del solo 25% del capitale sottoscritto (salvo il caso di Srl unipersonale)(100).
Affrontando il secondo obbligo (ossia quello che impone il versamento in denaro)(101 )si è sottolineato che non avrebbe senso impedire di conferire opere o servizi o beni e crediti in sede di aumento del capitale(102).
A chi scrive sembra realistico ritenere che il legislatore abbia semplicemente voluto snellire la fase della costituzione della società evitando il procedimento di stima che impone il conferimento in natura, procedimento normalmente lungo e complicato(103).

La inapplicabilità alla Srls della c.d. riserva legale di “risparmio” o accumulo

Il legislatore al fine di favorire la costituzione delle Srl ordinarie consente che le stesse abbiano un capitale pari anche ad un solo euro, rinunciando a porre inderogabilmente come capitale minimo 10.000 euro. Il legislatore ha rinunciato, però, alla sola capitalizzazione formale immediata non alla patrimonializzazione della società. Al fine di ottenere la formazione di un patrimonio netto almeno dell’importo di euro 10.000 ha affiancato al capitale sociale un altro strumento di patrimonializzazione e quindi anche di tutela dei creditori. Ha fissato una prescrizione secondo la quale nelle Srl ordinarie con capitale inferiore ai 10.000 euro deve essere costituita una “particolare” riserva legale (c.d. riserva di risparmio o accumulo)(104).
Il nuovo art. 2463, c.c., prevede che «la somma da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato, per formare la riserva prevista dall’articolo 2430, deve essere almeno pari a un quinto degli stessi, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro».
Il legislatore ha scelto di utilizzare la posta alter ego del capitale ossia la riserva legale per raggiungere comunque una patrimonializzazione che porti la società ad una cassettizzazione di 10.000 euro. L’obbligo di costituire la c.d. riserva di accumulo è prevista (art. 2463,c.c.) per la sola Srl ordinaria con capitale inferiore a 10.000 euro non, invece per la Srls (regolamentata dall’art. 2463-bis).
La “patch dipendence” potrebbe portare l’interprete a rinvenire nell’omessa previsione dell’obbligo di riservizzazione in capo alla Srls un ingiusto effetto discorsivo destinato a favorire la Srls nell’ambito delle costituzioni di Srl(105).
Si è scritto che la mancata applicazione della disciplina della speciale riserva di accumulo alla Srls penalizzerebbe i creditori sociali della Srls(106).
La soluzione che ritiene applicabile anche alle Srls l’obbligo di accantonamento di una riserva di accumulo per via di una “interpretazione ortopedico integrativa da parte dell’operatore” non sembra a chi scrive condivisibile.
Infatti, in primo luogo, il legislatore ove ha voluto un’identica applicazione operativa sia per la Srl con capitale inferiore a 10.000 euro che per la Srls si è espresso in tal senso. Si pensi all’obbligo di versare il capitale in denaro per intero al momento della costituzione della società.
In secondo luogo, nella Srl ordinaria la regola è che il capitale «deve essere di almeno 10.000 euro» e quindi il capitale inferiore in deroga alla regola costituisce una eccezione “controbilanciata” dall’obbligo di accantonamento accellerato a riserva. Nella Srls la regola (non l’eccezione) è che il capitale sia fissato sotto i 10.000 euro e non c’è pertanto nessuna necessità di “correggere” la regola base.
In terzo luogo, se è vero che l’obbligo di accantonamento è regola che disciplina una fase successiva alla costituzione è altrettanto vero che l’obbligo di riservizzazione è strettamente connesso ad una scelta realizzata dai soci in sede di costituzione della società e per questo motivo è collocata nella norma regolante la costituzione della Srl ordinaria con capitale inferiore a 10.000 euro (art. 2363).
Detta collocazione non è replicata nella norma dedicata alla costituzione della Srls (art. 2363-bis) perché detta costituzione è “agevolata” non solo all’atto della costituzione ma anche nella disciplina conseguente alla scelta di detto tipo/disciplina.
Inoltre, l’intento “agevolativo” in favore della Srls non sembra per nulla involontario in un legislatore che ha previsto addirittura la gratuità della prestazione notarile nel caso di costituzione della sola Srls. Sarebbe incoerente favorire la partenza della società per subito dopo negarle l’immediata fruibilità di detto vantaggio rendendo più difficile la distribuzione dell’utile.
Sembra, pertanto, che la mancata indicazione dell’obbligo di riservizzazione possa rappresentare una ulteriore agevolazione destinata alla sola Srls che giustifica anche la confermata “segnalazione” nella denominazione della caratteristica di Srl “semplificata”.
La soluzione proposta in questa sede non è priva di rilevanti conseguenze. Infatti, il legislatore ha cura di precisare che la riserva formata ai sensi dell’art. 2463, c.c. può essere utilizzata solo per imputazione a capitale e per copertura di eventuali perdite. Questa precisazione restrittiva escluderebbe, pertanto ad esempio, che detta riserva possa essere utilizzata al fine di liquidare un socio recedente. Una limitazione di siffatta ampiezza se può giustificarsi nell’ambito della disciplina della Srl ordinaria che eccezionalmente deroga al proprio minimo di capitale e che può tranquillamente evitare il c.d. recesso libero, fissando con clausola statutaria la propria durata, non sembra compatibile con la disciplina della Srls che non contemplando nel proprio statuto standard “inderogabile” la previsione della durata è di conseguenza necessariamente Srl a durata illimitata dalla quale ogni socio può recedere liberamente. Conseguenza di quanto sopra affermato è l’assenza per la Srls di obbligo di riservizzazione ex art. 2463 con conseguente inapplicabilità dell’art. 2627, c.c., in tema di responsabilità degli amministratori per illegittima ripartizione di utili destinati per legge a riserva.
Alla dottrina che coscientemente vuole contraddire la decisione del legislatore (se si ritenga che si sia pronunciato nel senso dell’inapplicabilità della riserva di accumulo alla Srls) attraverso un’interpretazione correttiva che passi attraverso l’utilizzo della clausola di rinvio alle norme della Srl ordinaria “in quanto compatibili”, al fine di rafforzare le garanzie per i creditori sociali(107 )si può obbiettare che come scriveva Friedrich Nietzsche in Umano troppo umano «con un talento in più si è spesso più insicuri che con uno in meno: come il tavolo sta meglio su tre che su quattro gambe».

La riduzione reale del capitale nella Srls

Quanto sopra affermato costituisce se non la base perlomeno il rafforzamento del ragionamento che porta a ritenere ammissibile una riduzione reale del capitale nella Srls(108).
È bene precisare che in ogni caso non sembra esistano limiti nel caso in cui la riduzione reale avvenga mediante passaggio a riserva della quota di capitale ridotta(109). Infatti, è lo stesso legislatore che parifica capitale e riserva legale nel momento in cui richiede alla Srl ordinaria under 10.000 di raggiungere la sommatoria di euro 10.000 complessivi tra le due poste con piena libertà di imputare alternativamente nelle due poste i relativi importi.
Il problema potrebbe porsi qualora si voglia restituire ai soci la quota di capitale ridotta.
Si è già scritto(110 )che nella Srl ordinaria con capitale inferiore ad euro 10.000 si potrebbe dubitare della ammissibilità di una riduzione reale del capitale per due ordini di motivi.
Il primo limite è di natura letterale. Infatti, l’art. 2482 c.c. consente la riduzione del capitale sociale «nei limiti previsti dal numero 4, dell’art. 2463» e cioè quando il capitale non discende in esito alla riduzione reale al di sotto dei 10.000 euro.
Il secondo potrebbe essere di natura sistematica. Infatti, se la Srl ordinaria con capitale inferiore a 10.000 euro ha un obbligo di accumulo a riserva sino a raggiungere un patrimonio almeno pari (tra riserve e capitale) a 10.000 euro potrebbe essere contraddittorio consentirle una anticipata distribuzione ai soci del capitale.
Nessuna delle due obiezioni sembra poter riguardare la Srls.
Sicuramente non la prima, visto che la Srls deve costituirsi necessariamente e non eccezionalmente con capitale inferiore a 10.000 euro. Probabilmente nemmeno la seconda se si condivide quanto scritto nel paragrafo che precede.

L’applicazione della disciplina sulla riduzione del capitale per perdite alla Srls con capitale necessariamente inferiore a 10.000 euro

È da verificare la compatibilità del capitale inferiore a 10.000 euro (che può essere pari ad 1 euro) con le norme in materia di riduzione del capitale per perdite proprie della Srl ordinaria con capitale superiore a 10.000 euro.
Si potrebbe cedere alla tentazione di ritenere che, vista l’esiguità del capitale minimo previsto per detta struttura societarie(111), alle stesse sia inapplicabile la disciplina in tema di riduzione del capitale per perdite(112).
Si è scritto che sembra plausibile pensare che gli obblighi previsti dagli artt. 2482-bis e 2482-ter, c.c., non siano connaturati affatto con la responsabilità limitata (ad esempio non sono previsti nelle società cooperative, ove pure la responsabilità limitata dei soci è la regola: cfr. art. 2518 c.c.), bensì siano coerenti solo con forme societarie ove una capitalizzazione di una certa entità richiesta per legge, funge come una sorta di garanzia in ordine alla possibilità di perseguire gli scopi sociali (oltre che come garanzia per i creditori della società)(113).
Si è sostenuto che la funzione del capitale sociale nella Srl semplificata degraderebbe a quella di mera quantificazione dei conferimenti iniziali (alla stregua di quanto previsto per le società di persone) per cui in presenza di perdite tali da intaccare il capitale non vi sarebbe alcun obbligo di assumere opportuni provvedimenti(114).
La conclusione sarebbe che la circostanza stessa che il capitale possa essere fissato in un solo euro comporta necessariamente l’inapplicabilità di quel complesso di norme che salvaguardano l’intangibilità del capitale sociale e, per converso, «comporta l’accettazione del principio che la società possa costituirsi e operare con un patrimonio netto anche significativamente negativo»(115). Addirittura si è affermato che la riduzione del capitale sotto il minimo (e quindi, in ipotesi, il suo azzeramento) non costringerebbe i soci ad un immediato intervento. Soltanto in caso di persistere di una tale situazione nel tempo potrebbe trovare applicazione lo scioglimento per impossibilità di conseguire l’oggetto sociale(116).
Ad avviso di chi scrive, in assenza di un’esplicita norma di legge, non sembra, però, si possa ritenere che la funzione del capitale in dette Srl a capitalizzazione ridotta possa essere degradata a quella di mera quantificazione dei conferimenti iniziali, essendo, peraltro, detta soluzione incompatibile con la responsabilità limitata dei soci(117).
Il nostro legislatore peraltro, ha indicato una soglia minima di capitale sociale, un euro appunto, e questo senz’altro perché stante l’inquadramento della fattispecie come variante del modello generale Srl, si è scelto di non derogare al principio del minimo legale(118).
Un argomento di tipo comparatistico a favore della non derogabilità si può trarre dalla Sarl francese che pur potendo avere un capitale minimo simbolico di 1 euro resta assoggettata alla regola di cui all’art. L., 223-42 cod. com., che dispone l’obbligo di ricostituire il capitale in presenza di perdite pari o superiori alla metà del medesimo(119), analogamente a quanto previsto per la Sociedad limitada nueva empresa spagnola istituita con legge n. 7/2003(120).
Un secondo argomento, è desunto dal fatto che mancando misure alterativa di salvaguardia della posizione dei creditori, devono trovare applicazione le comuni tutele del capitale sociale (compreso il divieto di distribuire utili finché il capitale perduto non sia reintegrato)(121).
Un terzo argomento si può trarre dalla considerazione che se da un lato è vero che la società può essere costituita con un solo euro è altrettanto vero che la stessa può essere dotata di un capitale prossimo ai 10.000,00 euro di capitale di quella ordinaria ossia (9.999,99 euro).
Argomento decisivo per propendere per l’applicabilità della disciplina della Srl ordinaria in caso di perdita anche alla Srls e Srl con capitale inferiore a 10.000 euro si trae dalla espressa deroga a detta disciplina prevista per le sole società innovative (art. 47 del relativo decreto) che nel caso di assemblea convocata ex art. 2482-bis possono allungare a due anni il periodo di “grazia” prima di intervenire a ridurre il capitale e nel caso di assemblea riunita ex 2482-ter c.c. possono in alternativa all’immediata riduzione del capitale ed al contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra inferiore al minimo legale, rinviare tale decisione alla chiusura dell’esercizio successivo, precisandosi inoltre che sino alla chiusura di tale esercizio non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale(122).
Anche in altri contesti normativi il legislatore si è preoccupato di prevedere la sospensione delle regole sulla riduzione come nell’art. 182-sexies, L.fall., (introdotto dall’art. 33, comma 1, D.l. n. 83/2012) con riguardo alle società di capitali che intendano accedere al concordato preventivo o ad accordi di ristrutturazione dei debiti(123).

La riduzione del capitale per perdite nella Srls

Nel precedente paragrafo si è affermato che alla Srls si applicano le norme sulla riduzione del capitale per perdite(124). Tuttavia mentre l’art. 2482-bis è norma facilmente applicabile anche alle Srls che hanno capitale inferiore ai 10.000 euro perché tratta di una perdita rapportabile a qualsiasi importo di capitale «diminuzione dello stesso di oltre un terzo» l’art. 2482-ter parla di riduzione del capitale «al di sotto del minimo stabilito dal numero 4, dell’art. 2463», ossia 10.000 euro(125).
Per la Srls allora la norma principale che disciplina la perdita c.d. “grave” del capitale diviene ad avviso di chi scrive non più l’art. 2482-ter ma bensì l’art. 2484 n. 4 secondo cui la società si scioglie «per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dall’art. 2482-ter». Questa ultima norma (art. 2482-ter) non è pertanto più la norma che regolamenta la riduzione del capitale per perdita del capitale al di sotto del minimo legale ma è semplicemente la norma che regola le sole modalità di reazione alla perdita (ricapitalizzazione/trasformazione).
In altre parole se la Srls scende anche di 1 centesimo di euro sotto il proprio minimo di capitale si trova in stato di scioglimento a prescindere dalla concomitante condizione della perdita di oltre un terzo (una Srls con capitale di 1 euro è in stato di scioglimento quando il capitale è ridotto a 99 centesimi anziché 66 centesimi).

La Srl ordinaria e il possibile approdo alla Srls attraverso una riduzione del capitale ex art. 2482-ter

Molti ritengono che «in nessun caso, la Srls potrà costituire il punto di approdo di un’operazione diversa dall’atto costitutivo stesso (si tratti di una riduzione del capitale sociale, trasformazione di società di persone, fusione ecc.»(126). Si tratterebbe di sottotipi di “entrata” e non di “destinazione”(127).
«Lo si è argomentato sia dall’intenzione del legislatore, desumibile dai lavori preparatori, di predisporre tale strumento per promuovere l’avvio di nuove iniziative economiche sia dalla circostanza che la nuova disciplina è fruibile subordinatamente all’adozione di un modello ministeriale standard che è stato predisposto considerando unicamente la fase della costituzione»(128).
La Srl semplificata è stata battezzate come struttura nata per agevolare la costituzione della società(129).
Secondo taluni quindi si tratterebbe di sottotipo di “entrata” e non di “destinazione”. La presenza di agevolazioni nella sola fase di costituzione e l’imposizione della obbligatoria disciplina statutaria standardizzata farebbero ritenere che dette Srl possano solo passare a strutture più “evolute”, ma non viceversa(130).
Tale tesi deriverebbe dalla scelta legislativa di intervenire con agevolazioni sul capitale solo nella fase della costituzione e non nella fase “ipotetica” in cui tale schema societario è il naturale approdo per società in crisi che perdono capitale. In sintesi, la Srl semplificata potrebbe modificarsi in Srl ordinaria, ma non viceversa.
Si è sostenuto che l’operazione non sarebbe legittima anche perché la trasformazione della Srl in Srls in sede di riduzione del capitale per perdite abbasserebbe il livello di tutela dei creditori sociali della Srl senza che questi possano opporsi, non essendo previsto lo strumento dell’opposizione dei creditori alla trasformazione, salvo il caso della trasformazione eterogenea che qui non ricorre(131).
Per taluni l’inammissibilità si baserebbe sul fatto che la società trasformanda potrebbe presentare un capitale formato da conferimenti di beni in natura e/o crediti e quindi attraverso una trasformazione di tale Srl si violerebbe il comma secondo punto 3 dell’art. 2463-bis, c.c. e l’art. 2464, che per le Srl minori richiedono espressamente che i versamenti siano effettuati in denaro. Dal divieto dei conferimenti in natura dovrebbe inferirsi un principio generale di necessaria composizione monetaria del capitale, nel momento in cui questo viene comunque formato e imputato alla Srl minore, e dunque anche in sede di evoluzione regressiva (passaggio da Srl con capitale superiorea10.000 euro a Srl minori).
Infine, nel senso di cui sopra sembrava potesse lavorare anche l’impressione, poi progressivamente scemata, che la Srls a causa dell’evolvere dell’età dei suoi soci, fosse da qualificare come una fattispecie a “orologeria”, cioè obbligata, a un certo tempo dato, a progredire ascensionalmente verso un assetto strutturale più evoluto.
Ad avviso di chi scrive, come già ampiamente motivato(132), in assenza di un espresso divieto legislativo non sembra possibile configurare un divieto implicito ad una ipotetica trasformazione di società di persone in Srls(133 )o al passaggio da Srl capitalizzata ad Srls(134).
La tesi che vieterebbe all’organizzazione più evoluta o più capitalizzata di modificarsi in struttura meno capitalizzata e/o evoluta, si potrebbe giustificare: in presenza di un espresso divieto alla modificazione “regressiva”(135); eventualmente, solo alla luce di un chiaro riscontro normativo che imponesse una scadenza temporale dalla costituzione per la trasformazione della start-up in società ordinaria (come nella legge belga (Starter, Sprl-s)(136).
La disciplina della Srls non prevede alcun “obbligo ascensionale” in capo alla semplificata e neppure alcun “divieto discensionale” dalla Srl ordinaria(137).
Si ritiene pertanto che nulla osti alla modificazione della struttura di una Srl ordinaria in Srls a capitale inferiore a 10.000 euro, purché nel caso di società in bonis si rispetti la disciplina dell’art. 2482, c.c., in tema di riduzione reale del capitale, necessaria al fine di portare il capitale al di sotto dei 10.000,00 Euro o nel caso di società in perdita si utilizzi “come ascensore per scendere” l’art. 2482-ter o l’art. 2482-bis.
Nel caso di perdita più grave, nell’inciso dell’art. 2482-ter «è fatta salva la possibilità di deliberare la trasformazione della società» si può ricomprendere anche la nuova ipotesi di passaggio dal tipo ordinario Srl con capitale oltre 10.000 euro a Srl con capitale inferiore a 10.000 euro, con riduzione del capitale fino ad un minimo di 1 Euro. Nel caso di perdita meno grave, l’operazione di evoluzione “regressiva” rientrerebbe negli “opportuni provvedimenti”.
Solo in riferimento all’ipotesi di perdita grave del capitale nella Srl prevista dall’art. 2482-ter è necessario analizzare se possa avere un senso accedere alla disciplina della Srls piuttosto che scendere nell’ambito della Srl ordinaria con capitale marginale.
Si deve sottolineare nuovamente che mentre la Srls è regolata da una disciplina che prevede un capitale “inferiore a 10.000 euro” la Srl ordinaria nella nuova versione prevede che il capitale sociale può “eccezionalmente” essere determinato in misura inferiore a euro 10.000.
L’art. 2482-ter prevede che si debba reagire alla perdita di oltre un terzo del capitale qualora questo si riduca al di sotto del minimo stabilito dal numero 4, dell’art. 2463 (ossia 10.000 euro).
Si potrebbe affermare che l’art. 2463-bis e l’art. 2363, c.c. abbiano tacitamente abrogato l’art. 2482- ter che dovrebbe ora leggersi come nel senso che si debba intervenire ex art.2482-ter per ricostituire il capitale o trasformare la società solo qualora il capitale si riduca al di sotto del nuovo limite minimo di capitale ossia 1 euro.
Tale ricostruzione pur essendo di grande interesse ha il vizio di riscrivere l’art. 2482-ter e ciò non sembra possibile.
Se la società ha un capitale superiore ai 10.000 euro, ad avviso di chi scrive, dovrà comunque attivare la procedura di cui all’art. 2482-ter, con la sola variante che l’assemblea convocata senza indugio per fronteggiare la perdita potrà anche semplicemente ridurre il capitale se questo permane superiore a 1 euro.
Le obbiezioni mosse dalla dottrina alla legittimità di tale operazione sono per la Srls facilmente superabili.
Non sembra si possa sostenere che il disposto dell’art. 2482-ter sia inderogabile e che quindi i soci non possano evitare lo scioglimento seguendo strade diverse da quelle della ricapitalizzazione o della trasformazione previste dalla legge. Ciò non tanto o solo perché l’operazione di trasformazione sarebbe consentita (perché espressamente prevista come trasformazione dall’art. 2447) ad una SpA e non ad una Srl che si trovi nella medesima situazione con una «disparità di trattamento che non avrebbe alcuna plausibile giustificazione»(138), quanto per il fatto che la dottrina già da tempo ritiene gli artt. 2447 e 2482-ter norme non tassative laddove elencano le modalità di intervento per evitare lo scioglimento.
Invece, potrebbe essere di ostacolo all’operazione l’obbligo di creazione della riserva da accumulo ma detto ostacolo tuttalpiù sembra porsi per l’approdo alla Srl ordinaria con capitale marginale non nel caso di approdo alla Srls(139), qualora si condivida la ricostruzione sopra proposta della inapplicabilità della riserva di accumulo alla Srls.

La conversione della Srlcr in Srls

La controriforma della Srl elimina la Srlcr, società che nell’intento del legislatore si collocava a metà strada tra la Srls e la Srl tradizionale. Erano, infatti, legittimati a costituirla soltanto coloro che avevano compiuto i 35 anni.
Nell’ intervento contenuto nel D.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 era stata disciplinata la società a responsabilità limitata a capitale ridotto(140) il cui incipit all’articolo 1 fa riferimento alla Srl semplificata esordendo con un enigmatico «fermo quanto previsto dall’articolo 2463-bis del codice civile» per poi precisare che i costituenti dovevano essere persone fisiche che avevano compiuto i trentacinque anni di età alla data della costituzione e per espresso rinvio alla disciplina della Srls che il capitale fosse pari almeno a 1 euro e inferiore all’importo di euro 10.000,00(141). Detta struttura aggregativa si differenziava dalla Srl semplificata, soprattutto per la mancata previsione di risparmi sui costi di costituzione e per la possibilità di adottare uno statuto simile a quello della Srl tradizionale e non quello standard di riferimento proprio della Srl semplificata(142). Inoltre nella Srlcr era possibile affidare l’amministrazione della società anche a non soci, come nella Srl ordinaria. Restavano in comune con la Srls l’agevolazione di versare un capitale inferiore ai 10.000,00 euro, con l’obbligo di versare tale capitale immediatamente e interamente in denaro.
La Srlcr era nata come società destinata agli over 35.
Scriveva l’art. 44 comma 1, del Decreto Sviluppo, fermo restando quanto previsto dall’art. 2463-bis, la Srlcr può essere costituita «da persone fisiche che abbiano compiuto i 35 anni di età».
Di contro, nell’ultimo periodo dell’art. 44 aggiunto in sede di conversione della legge, si erano previste condizioni creditizie di favore ai giovani di età inferiore ai 35 anni, che intraprendono una attività imprenditoriale attraverso la costituzione di una Srl a capitale ridotto.
La norma era sembrata in chiave di prima interpretazione del tutto contraddittoria. Da un lato, infatti, non si comprendeva come potessero essere agevolati finanziariamente dei giovani ai quali la partecipazione alla società sembrava preclusa e dall’altro non sembrava ammissibile per i giovani ed anziani insieme poter costituire una Srlcr, stante la paventata inibizione ai primi di entrare nella compagine societaria.
Al fine di dirimere i dubbi interpretativi il Ministero dello sviluppo economico con il parere 30 agosto 2012 n. 182223, in risposta a specifico quesito posto dal Registro imprese di Cosenza, aveva chiarito che, proprio in relazione all’ultimo comma dell’art. 44, fosse da ritenersi, nonostante il contenuto decettivo della norma, che anche soci di età inferiore ai 35 anni di età possano far parte, nonché costituire anche autonomamente, una società a capitale ridotto.
Sotto il profilo teorico, detta interpretazione abbatteva quel muro che avrebbe stagnato i due sottotipi rendendo impossibile il passaggio dal sottotipo Srls al sottotipo Srlcr, al verificarsi di eventi quali il compimento dei 35 anni da parte di uno dei soci originariamente under 35 (salvo il caso di scuola di tutti soci under 35 nati lo stesso giorno che quindi saltano dalla Srls a Srlcr insieme) o che avrebbe posto dubbi circa la legittimità dell’ingresso in società di un over 35 in esito ad un evento non volontario quale la successione mortis causa.
L’interpretazione ministeriale, infatti, consentiva di considerare irrilevante il requisito soggettivo anagrafico nella Srlcr, permettendo a detto sotto tipo di porsi come naturale approdo della Srls nel momento in cui i soci superavano i 35 anni di età. Probabilmente, l’impossibilità di destinare la Srlcr agli over 35 ha tolto a detta organizzazione quell’elemento che ne giustificava l’esistenza come naturale contrappeso alla Srls pensata per gli under 35.
La controriforma all’art. 9 comma 15 del D.l. 76/2003 ha previsto che tutte le Srlcr che risultano iscritte al Registro delle imprese alla data di entrata in vigore del D.l. “sono qualificate società a responsabilità limitata semplificata.
In sede di conversione del D.l. ad opera della L. 9972013, il legislatore ha tuttavia sancito anche che le clausole del modello standard tipizzato sono inderogabili.
Qualora si ritenga che l’ultimo intervento del legislatore in sede di conversione abbia efficacia “interpretativa” e non “innovativa” si dovrebbe ritenere di conseguenza che le Srlcr abbiano uno statuto non conforme alle previsioni dell’art. 2463-bis,c.c., e del modello standard ministeriale.
Di conseguenza o si giunge ad affermare che detti statuti debbano essere considerati inefficaci per tutto ciò che contengono in difformità rispetto allo statuto standard, o si ritiene che la riqualificazione di cui al comma 15 debba essere oggetto di una rilettura da parte dell’interprete a titolo di adeguamento, ed essere riferita non più alla Srls, ma direttamente, alla Srl ordinaria(143).
Aderire alla prima soluzione costituirebbe una grave violazione dell’autonomia contrattuale dei soci che in sede di costituzione dell’allora Srlcr hanno legittimamente munito la propria società di una regolamentazione articolata; optare per la seconda soluzione significa attribuire all’interprete un potere correttivo che non trova alcun fondamento giuridico.
Sembra preferibile una terza soluzione già sopra prospettata, ossia ritenere che l’intervento legislativo in sede di conversione laddove prevede che lo statuto standard sia inderogabile non abbia valore “interpretativo” ma, bensì,”innovativo”.

I rapporti tra Srl semplificata e Srl innovativa

Il legislatore ha introdotto la disciplina delle start-up innovative che introduce nel sistema del diritto societario importanti deroghe ai principi in materia di riduzione del capitale per perdite, incide sulla problematica della specificità dell’oggetto sociale e crea nel caso di utilizzo del modello Srl una struttura societaria molto vicina al modello SpA prevedendo deroghe di rilievo alla disciplina ordinaria della Srl che superano alcuni dei limiti storici di detto tipo. L’esistenza di una mission innovativa dell’azienda determina nel D.l. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito in legge 17 dicembre 2012, n. 221, comporta una deroga “premiale” ad alcune regole proprie del diritto societario, in particolare con riferimento al trattamento di eventuali perdite civilistiche, trattamento più leggero rispetto a quello riservato alle società non innovative(144).
L’art. 25, comma secondo, del D.l. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito in legge 17 dicembre 2012, n. 221 individua i requisiti soggettivi e oggettivi che devono avere le società per essere considerate start-up innovative e fruire in tal modo del regime agevolativo delineato nella sezione IX.
La disciplina può applicarsi non solo alle società di nuova costituzione, ma anche a società già operative, purché non siano state costituite da oltre 48 mesi.
Ciò determina una evoluzione del concetto di start-up non più legato ad imprese di nuova costituzione ma a una disciplina legale di nuova introduzione, tuttavia “compatibile” con imprese preesistenti “seminuove”.
Le società già costituite devono provvedere nel termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto a depositare presso l’ufficio del registro delle imprese una dichiarazione sottoscritta dal rappresentante legale, attestante il possesso dei requisiti richiesti(145).
La start-up innovativa, per espressa previsione normativa non può derivare da operazioni di fusione, scissione o a seguito di cessione di azienda o ramo di azienda e non deve essere quotata su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione.
La forma societaria richiesta è quella delle società di capitali, anche in forma di cooperativa, di diritto italiano, o equivalenti comunitarie, che abbiano la residenza nel nostro paese ai sensi e agli effetti dell’art. 73 del Tuir.
A queste caratteristiche se ne devono aggiungere di ulteriori.
La principale è che l’oggetto sociale esclusivo o prevalente deve essere lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico(146).
La speranza è che nel prosieguo vengano offerti chiarimenti e precisazioni circa quali prodotti o servizi si possano considerare come tali.
La sensazione è che, tuttavia, dalla mera lettura dell’oggetto sociale statutario non possa desumersi la reale innovatività della società ma eventualmente solo quella “formale”, con non poche questioni interpretative legate alla modifica apportata in sede di conversione che non richiede più un oggetto innovativo “esclusivo” ma solo “prevalente”, il che se da un lato amplia le possibilità per le società soprattutto già costituite di rientrare nella normativa di favore attenuando i canoni richiesti per il riconoscimento dei requisiti di start-up innovativa, dall’altro creerà non poche querelle sulla valutazione e interpretazione del concetto di prevalenza.
In sede di formulazione della clausola statutaria si teme che la prassi procederà con una vuota riproduzione della terminologia normativa, al più arricchita dell’indicazione del settore in cui opererà la società.
Se la società è già esistente e operante la stessa non dovrà aver distribuito in precedenza utili né dovrà distribuirne in futuro. Inoltre, è prescritto che a decorrere dal secondo anno di attività il totale del valore della produzione annua, risultante da bilancio approvato non sia superiore ad euro 5.000. Infine, è richiesto che la maggioranza del capitale sociale e dei voti nell’assemblea ordinaria sia al momento della costituzione e per i successivi 24 mesi rappresentata da persone fisiche.
Oltre ai requisiti appena descritti il legislatore ne impone un ulteriore che può essere alternativamente individuato tra i seguenti, tutti sufficienti comunque per attestare la mission innovativa dell’impresa: le spese di ricerca e sviluppo, come risultanti dall’ultimo bilancio approvato e descritto in nota integrativa, devono essere almeno uguali al 20% del maggior valore tra costi e valore totale della produzione di cui alle lettere A) e B) dello schema di conto economico; almeno 1/3 del totale della forza lavorativa complessiva deve essere rappresentato da personale in possesso di un dottorato di ricerca o che svolgeva il dottorato presso università si a italiane che straniere o comunque in possesso di una laurea e che abbia svolto, da almeno un triennio, attività di ricerca certificata presso istituti pubblici o privati, in Italia o all’estero; la società deve essere titolare o depositaria o licenziataria di almeno una privativa (protezione accordata alla legge) relativa a un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografica di prodotto a semiconduttori o una nuova varietà vegetale, direttamente afferenti all’oggetto sociale e all’attività di impresa. Il legislatore dimostra una particolare sensibilità per le start- up innovative costituite in forma di Srl.
Per queste ultime è, infatti, ammessa la possibilità di prevedere nell’atto costitutivo la creazione di categorie di quote fornite di diritti differenziati.
Sempre nell’atto costitutivo è possibile, derogando all’art. 2479, c.c., creare quote che non attribuiscono diritti di voto o che li attribuiscono non proporzionalmente alla partecipazione detenuta dal socio o, ancora, diritti di voto limitati a particolari argomenti o subordinati al verificarsi di determinate situazioni non meramente potestative. Infine, in riferimento al divieto di cui all’art. 2474 del c.c., in particolare all’acquisto da parte della società di proprie quote, è prevista la deroga quando l’operazione è direttamente connessa a piani di incentivazione che prevedano l’assegnazione di quote a dipendenti, collaboratori, amministratori e prestatori di opere e servizi, includendovi anche i professionisti.
Come già si può intuire da quanto scritto in precedenza, la disciplina della Srl innovativa, pur essendo astrattamente applicabile secondo la dottrina(147 )a tutte le Srl ordinarie o semplificate, potrebbe essere caratterizzata da una incompatibilità di fatto con la struttura della Srls e della Srlcr.
Infatti, in dette Srl non sono ammessi (per chi scrive solo nell’atto di costituzione della società ma per la maggioranza dei commentatori anche successivamente) come soci le società lucrative e/o altri enti, che nella logica economica dovrebbero essere i principali finanziatori delle iniziative innovative.
Sotto il profilo strettamente interdisciplinare è poi da verificare se le deroghe non generalmente applicabili a tutte le start-up innovative ma riservate esclusivamente alle start-up innovative costituite in forma di società a responsabilità limitata siano compatibili con la disciplina della Srls.
Si pensi: 1) alla possibilità di prevedere nell’atto costitutivo la creazione di categorie di quote fornite di diritti differenti, determinandone il contenuto; 2) all’opportunità di inserire nell’atto costitutivo, in deroga all’art. 2479, c.c., quote che non attribuiscano diritti di voto o che li attribuiscano non proporzionalmente alla partecipazione detenuta dal socio o, ancora, diritti di voto limitati a particolari argomenti o subordinati al verificarsi di determinate situazioni non meramente potestative.
Tali discipline prevedono, infatti, interventi pesanti sulla normativa di default della Srl, interventi che parrebbero preclusi ad esempio dalla scelta del modello Srl semplificata, legata al rispetto del format standard. Le possibili chiavi di lettura sembrano, pertanto, essere le seguenti: 1) la Srl semplificata non può mai accedere alla disciplina di favore della Srl innovativa; 2) la Srl semplificata può accedere all’intera disciplina della Srl innovativa, con facoltà di utilizzare anche le specifiche opzioni speciali che richiedono una previsione statutaria; 3) la Srl semplificata può utilizzare la disciplina eccezionale premiale che connota la Srl innovativa, fatta eccezione per quelle opzioni che richiedono una lavorazione dello statuto(148).

I rapporti tra Srl semplificata e Srl tra professionisti

La dottrina si è chiesta se per il tramite di una Srls possa costituirsi una società tra professionisti.
La rigidità del modello standard impedisce di inserire nello statuto di una Srls tutta una serie di precetti, quali i requisiti di ammissione dei soci professionisti, le cause di esclusione degli stessi nonché pure quelli riguardanti le modalità di erogazione delle prestazioni professionali da parte dei soci, che la legge vuole facciano parte dei patti sociali di dette società tra professionisti.

Conclusioni

Parte della dottrina ha scritto che con la Srls si è disconosciuta la stessa riforma societaria del 2003 finalizzata nella Srl a creare alla società un «abito su misura, di alta moda»(149), fine contraddetto dalla previsione di uno statuto standard povero che «non contiene alcuna norma relativa al funzionamento dell’organizzazione»(150). Altra dottrina ritiene, invece, che la nuova disciplina della Srl e in particolare la Srls semplificata «rispondano all’obiettivo primario di realizzare una struttura finanziaria efficiente e concorrenziale così da favorire la nascita, la crescita e la competitività delle imprese»(151), in particolare dopo l’affermarsi del riconoscimento della libertà di stabilimento a tutte le società comunitarie nella forma giuridica ammessa nello stato di origine(152).
Chi scrive ritiene che il giudizio sull’introduzione in Italia della Srls non possa prescindere dall’esame del contesto globale in cui tale operazione si inserisce.
Dopo le sentenze della Corte di giustizia europea nei casi “Centros”(153), “Uberseering”(154 )e “Inspire Art”(155 )che hanno affermato la libertà di stabilimento si è creato il terreno adatto alla competizione degli ordinamenti, anche all’interno dell’unione europea, in materia societaria (c.d. concorrenza orizzontale)(156), con la conseguenza di porre i legislatori nazionali nella condizione di dover reagire alla diffusione del fenomeno della costituzione di Private limited companies, dette anche “società fermo- posta”, assoggettate, notoriamente, ad una disciplina molto lasca con riguardo alla formazione e alla tutela dell’integrita del capitale sociale, registrate nel Regno Unito, ma operanti unicamente, per il tramite di filiali, in altri paesi, ai cui cittadini, in realtà, è per lo più da imputare tale costituzione all’estero.
La disciplina del Regno Unito ha impattato con una disciplina comunitaria che sconta la mancanza di regole ed un eccessivo liberismo, ed ha piegato la disciplina dei Paesi della comunità europea che di conseguenza in parte navigano verso una cancellazione del c.d. capitale sociale(157).
Si pensi alla Francia con la riforma della Sarl, realizzata con la legge 1 agosto 2003, n. 721, che ha eliminato la nozione di capitale sociale minimo, rimettendone la determinazione allo statuto e statuendo, quindi, che lo stesso debba continuare ad esistere, ma anche nella misura di un solo euro, od anche meno(158), a cui ha fatto seguito l’introduzione con L. n. 2010-658 del 15 giugno 2010 dell’ “entrepreneur individuel à responsabilità limitèe” e, più recentemente alla Germania con il nuovo tipo della “società fra imprenditori a r.l.”, in tedesco unternehmergesellschaft, abbreviato UG, con capitale espresso in euro da 1 a 24.999, senza centesimi, da versare interamente ed effettivamente in denaro, non essendo ammessi conferimenti in natura, di cui alla legge 23 ottobre 2008 sull’ammodernamento del diritto relativo alla società a responsabilità limitata e sulla lotta contro le sue improprie utilizzazioni (MoMiG)(159 )- Detto tipo di società può essere costituita con 1 euro di capitale, con l’obbligo, però, di destinare annualmente ad una riserva legale il 25% dell’utile netto, fino al raggiungimento della soglia di euro 25.000 (senza che ciò comporti l’automatica trasformazione in GmbH. Nonostante subito dopo la sua introduzione detto tipo societario fosse stato battezzato, sfruttando l’acronimo UG che deve apparire nella denominazione sociale, come sinomino di “unter geiern” (società tra avvoltoi), o di “unter gaunern” (società di truffatori), o, ancora, di “unsaubere geschafte” (società per affari sporchi), ha avuto un buon successo con più di 22.000 società già costituite al 31 dicembre 2009.
Infine, la sociètè privèe à responsabilitè limitèe belga che può essere costituita con un capitale sociale variabile da euro 1 a euro 18.549. Tali “liberalizzazioni” del capitale potevano incidere anche sul nostro sistema visto che la Corte di giustizia europea ha sentenziato che gli artt. 43 e 48 del trattato Ce ostano ad una normativa nazionale, come la olandese Wer op de formeel buitenlandse vennootschappen, che subordina l’esercizio della libertà di stabilimento a titolo secondario in tale stato, da parte di una società costituita secondo la legislazione di uno stato membro, a determinate condizioni, relative al capitale minimo e alla responsabilità degli amministratori, stabilite dal diritto societario nazionale per la costituzione di società(160).
In detto contesto internazionale l’introduzione della Srls è stata quasi una scelta obbligata per il legislatore italiano che con coraggio l’aveva destinata all’imprenditoria giovanile, scelta di destinazione poi venuta meno, forse più per necessità di correggere gli svarioni inerenti alla Srlcr che non ad un effettivo ripensamento.
In questo modificato contesto normativo, la Srls italiana, nata come società per giovani, stenta a mantenere una propria identità, una volta persa la connotazione di strumento creato per l’imprenditoria giovanile.
Solo una interpretazione normativa coraggiosa che non appiattisca la Srls sul modello della Srl ordinaria con capitale inferiore ai 10.000 euro sembra in grado di salvare la Srls da un progressivo tramonto di detto modello e dalla conseguente abrogazione.


(1) N. ATLANTE, Prime questioni operative in tema di nuove norme sui conferimenti in denaro in sede di costituzione di Srl ordinarie, in CNN notizie; F. ATTANASIO, «Srl semplificata: verso il superamento della nozione di capitale sociale?», in Società, 2012, p. 895; P. BALZARINI, «Srl semplificata, Srl a capitale ridotto: modifiche ed abrogazioni», in Riv. soc., 2013, p. 1036; A. BARTOLACELLI, «Novissime modifiche alla disciplina della Srls: saggio minimo di diritto transitorio», in Nuovo dir. soc., 2013, 16, p. 7; A. BAUDINO, «La nuova società a responsabilità limitata semplificata», in Nuovo dir. soc., 2012, 12, p. 38; C.A. BUSI, «La nuova Srl semplificata», in Soc. e contr., bil. e rev., 2013, 12, p. 16; C.A. BUSI, «La controriforma delle Srl e le operazioni straordinarie, in Soc. e contr., bil. e rev., 2013, n. 9, p. 25; C.A. BUSI, «Il regime “premiale” della start-up innovativa», in Soc. e contr., bil. e rev., 2013, n. 1, p. 15; A. BUSANI-C.A. 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(2) G.C. RIVOLTA, op. cit., riportato in C. MONTAGNANI, «Prime (e ultime) osservazioni su Srl ordinaria e semplificata quasi senza (ma on) capitale», cit., p. 7.

(3) G. FERRI JR, «Recenti novità legislative in materia di società a responsabilità limitata», cit., p. 423; secondo G. MARASÀ, op. cit., p. 1095 «la Srls da variante funzionale al godimento di un regime differenziato e privilegiato sul piano privatistico, quale era inizialmente, la Srl semplificata si presenta adesso - dopo che tale regime è diventato diritto comune e non più privilegio riservato ai giovani - come una variante (non solo accessibile a tutte le persone fisiche ma anche) funzionale solo al godimento di risparmi, notarili, fiscali e camerali nella fase della costituzione».

(4) M.S. SPOLIDORO, op. cit., p. 1112.

(5) G.C. RIVOLTA, op. cit., riportato in C. MONTAGNANI, «Prime (e ultime) osservazioni su Srl ordinaria e semplificata quasi senza (ma on) capitale», cit., p. 408, nota 82.

(6) C. IBBA, op. cit., p. 251.

(7) A. BUSANI-C.A. BUSI, op. cit., p. 1307; C. MONTAGNANI, «Prime (e ultime) osservazioni su Srl ordinaria e semplificata quasi senza (ma on) capitale», cit., p. 408; S. PATRIARCA, op. cit., p. 9; G. FERRI JR, «Prime osservazioni in tema di società a responsabilità limitata semplificata …», cit., p. 146; M. CIAN, op. cit., p. 1104; M. RESCIGNO, op. cit., p. 68.

(8) S. PATRIARCA, op. cit., p. 10, precisa che la Srls si colloca logisticamente nell’ambito della disciplina generale della Srl.

(9) G. FERRI JR, «Prime osservazioni in tema di società a responsabilità limitata semplificata …», cit.

(10) G. FERRI JR, «Prime osservazioni in tema di società a responsabilità limitata semplificata …», cit. Non convince il riferimento alle società unipersonali visto che la unipersonalità non entra a far parte della denominazione della società. Contra C. MONTAGNANI, «Prime (e ultime) osservazioni su Srl ordinaria e semplificata quasi senza (ma on) capitale», cit., p. 410.

(11) M. CIAN, op. cit., p. 1105.

(12) C. MONTAGNANI, «Prime (e ultime) osservazioni su Srl ordinaria e semplificata quasi senza (ma on) capitale», cit., p. 409.

(13) G. FERRI JR, «Prime osservazioni in tema di società a responsabilità limitata semplificata …», cit., p. 139.

(14) M.S. SPOLIDORO, op. cit., p. 1110.

(15) M. CIAN, op. cit., p. 1105.

(16) C.A. BUSI, «Srl semplificata, riserva dei notai», in Italia oggi, 11 settembre 2012, p. 21; M. RESCIGNO, op. cit., p. 69. Scrive G. LAURINI, op. cit., p. 234 che «la Srl semplificata appartiene dunque al tipo Srl, pur caratterizzata da alcune norme particolari ne consegue che successive modifiche statutarie che allontanino la società originariamente costituita dai rigidi schemi dettati dal legislatore col metodo standard tipizzato per la semplificata, quali un aumento del capitale fino alla soglia dei 10mila euro prevista per la Srl ordinaria, conferimenti in natura, ingresso di soci non persone fisiche etc., non determineranno una trasformazione in senso tecnico, propria di passaggio da un tipo all’altro di società, ma soltanto u rientro nel caso concreto della semplificata nello schema tipologico della Srl ordinaria».

(17) Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di Atti societari, Orientamento n. R.A.4. nonché circolare Assonime n. 29/2012, in Riv. soc., 2012, p. 1268; M. CIAN, op. cit., p. 1107.

(18) G. ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, in Commentario Schlesinger, Milano, 2010, tomo primo, p. 46.

(19) G. ZANARONE, op. cit., p. 47.

(20) Scrive S. PATRIARCA, op. cit., p. 10, che «in definitiva, mi pare del tutto ragionevole concludere, in assenza di prove convincenti circa una pretesa autonomia di queste figure rispetto alla Srl base, nel senso che il legislatore non abbia inteso introdurre nell’ordinamento dei nuovi modelli, ma si sia limitato a declinare la Srl verso nuovi utilizzi». Nello stesso senso si esprime G. LAURINI, op. cit., p. 234.

(21) M.S. SPOLIDORO, op. cit., p. 1109.

(22) M. CIAN, op. cit., p. 1105.

(23) G. FERRI JR, «Prime osservazioni in tema di società a responsabilità limitata semplificata …», cit., p. 147.

(24) M.S. SPOLIDORO, op. cit., p. 1111.

(25) G. ZANARONE, op. cit., p. 20.

(26) M.S. SPOLIDORO, op. cit., p. 1101.

(27) C. MONTAGNANI, «Prime (e ultime) osservazioni su Srl ordinaria e semplificata quasi senza (ma on) capitale», cit., p. 409.

(28) G. ZANARONE, op. cit., p. 22.

(29) M.S. SPOLIDORO, op. cit., p. 1095.

(30) M.S. SPOLIDORO, op. cit.

(31) M.S. SPOLIDORO, op. cit., p. 1103. Su posizioni ancora più estreme G. FERRI JR, «Prime osservazioni in tema di società a responsabilità limitata semplificata …», cit., p. 423.

(32) Su Srl semplificata si veda l’ampia panoramica di A. BUSANI-C.A. BUSI, op. cit., p.1305.

(33) G. LAURINI, op. cit., p. 239.

(34) L. DE ANGELIS, «La Srl semplificata», in Le guide Il fisco, Start-up innovativa e Srl a 1 Euro, 2012, p. 60; L. DE ANGELIS-C. FERRIOZZI, «Srl semplificata, il risparmio c’è ma è solo iniziale, non a regime», in Italia oggi, 2 aprile 2012, p. 12.

(35) La dottrina parla di “Srl giovanile” o “Srl young” così L. DE ANGELIS, «La Srl semplificata ed a capitale ridotto», cit., p. 6.

(36) In Spagna alla Societad limitada nueva impresa non possono partecipare più di cinque soci; in Germania la GmbHG può essere costituita da non più di tre fondatori.

(37) L. DE ANGELIS, «La nuova Srl semplificata e a capitale ridotto», in Italia oggi, Sette Dossier, 24 settembre 2012, p. 5.

(38) Precisava C. IBBA, op. cit., p. 251 che concedere l’agevolazione solo al di sotto di una certa fascia di età può rivelarsi, in sostanza, una misura «non liberalizzatrice ma limitativa e, con ogni probabilità, ingiustificatamente limitativa». In tal senso anche P. REVIGLIONO, op. cit., p. 12.

(39) Come ricordato da L. GANZETTI., op. cit., p. 17, il legislatore proprio al fine di evitare di prestare il fianco a questioni di legittimità costituzionale aveva previsto la possibilità di costituire una Srl a capitale ridotto anche per gli over 35, attraverso la previsione di un ulteriore modello societario, la Srlcr.

(40) A una prima lettura per A. BUSANI, «Nuova società se l’under 35 esce», in Il sole 24 ore, 19 agosto 2012, «nel caso di Srls uni personale, il trentacinquesimo compleanno dell’unico socio genererà evidentemente la necessità di scogliere la società o di trasformarla in Srlcr o in Srl normale (salvo che l’over 35 ceda la sua partecipazione a un under 35). Anche nel caso di Srls pluripersonale si dovrebbero aprire le seguenti alternative: lo scioglimento della Srls, trasformazione della Srls in Srl normale; la cessione delle quote del socio over 35 ai soci under 35 o a taluni di essi».

(41) Inoltre, «ciò rendeva la posizione in società del meno giovane fra i soci del tutto precaria: salvo che egli avesse la maggioranza per deliberare quella che (più o meno propriamente) era chiamata trasformazione, la sua permanenza in società era in sostanza rimessa al buon cuore degli altri soci: in una società del genere, evidentemente, chi sta meglio è il più giovane, che può aspettare il compimento della maggiore età (maggiore di 35 anni, intenso) da parte degli altri per diventare il padrone», così C. IBBA, op. cit., p. 251.

(42) Si è scritto che «sembra quindi che l’unica via percorribile, in caso di sopraggiunto limite di età da parte dei soci, sia quello della trasformazione in società di persone». Così E. ROSSI, «La nuova Srl semplificata. Prime riflessioni», in Il fisco, 2012, p. 2403. Tuttavia, anche tale soluzione è oltremodo penalizzante per i soci addirittura costretti a perdere tutti o parte la responsabilità limitata.

(43) Secondo la circolare n. 29 del 30 ottobre 2012 di Assonime «si deve ritenere che il superamento del requisito anagrafico non determini effetti sulla partecipazione del singolo socio o sull’organizzazione della società e che i presupposti che giustificano esclusione del socio, trasformazione o scioglimento della Srls siano solo quelli indicati in generale per le Srl dagli articoli 2473-bis e 2484 del codice civile».

(44) C.A. BUSI, «Srl semplificata, riserva dei notai», cit., p. 21.

(45) Orientamenti del Comitato Triveneto dei Notai in materia di atti societari , Orientamento n. R.A.2.

(46) Orientamenti del Comitato Triveneto dei Notai in materia di atti societari , Orientamento n. R.A.2.

(47) «Motivazione della massima 128 del 5/372013 del Consiglio notarile di Milano. Commissione società», in Riv. not., 2013 III, p. 818; in tal senso anche Comitato Triveneto dei Notai, Orientamento n. R.A.3, settembre 2012; M. CIAN, op. cit., p. 1117.

(48) R. GUIDOTTI-E. PEDERZINI, La società a responsabilità limitata a capitale ridotto, in La società a responsabilità limitata a capitale ridotto a cura di M. Bione - R. Guidotti - E. Pederzini, Padova, 2012, p. 661, i quali, incidentalmente, esaminando le differenze esistenti tra la Srl semplificata e quella a capitale ridotto, affermano che per le Srl a capitale ridotto «la scelta normativa comporta, come è ovvio, l’inapplicabilità del divieto previsto per la Srls di cessione delle quote a persone fisiche di età superiore ai trentacinque anni o l’esclusione di diritto, con conseguente obbligo di liquidazione della quota, del socio che abbia raggiunto l’età soglia». C. DE STEFANIS-C. CICALA, Srl semplificata e a capitale ridotto, Santarcangelo di Romagna, 2012, p. 33, affermano che «nelle Srl semplificate uni personali il compimento del 35° anno di età comporta lo scioglimento della società oppure la trasformazione in normale Srl ovvero Srl a capitale ridotto; nel caso di Srl semplificate pluripersonali il compimento dei 35 anni da parte dei singoli soci comporta la trasformazione in normale Srl ovvero Srl a capitale ridotto».

(49) A. BUSANI, «Società under 35 al via mercoledì», in Il sole 24 ore, 27 agosto 2012, p. 5.

(50) A. BUSANI, «Società under 35 al via mercoledì», cit., p. 5; Orientamenti del Comitato Triveneto dei Notai in materia di atti societari, Orientamento n. R.A.1/2012.

(51) A. BUSANI, «Srl semplificata a statuto standard», in Il sole 24 ore, 17 agosto 2012, p. 17.

(52) L’espressione è di A. BUSANI, «Società under 35 al via mercoledì», cit., p. 5.

(53) In realtà come sottolineato da F.G. NARDONE-A. RUOTOLO, Società a responsabilità limitata semplificata. Questioni applicative, in CNN notizie, 5 novembre 2012, si sostiene che lo standard è «un documento unico, e quindi non v’è, né vi potrebbe essere, uno statuto allegato così come anche previsto in via generale dal codice per la società a responsabilità limitata ordinaria».

(54) O. CAGNASSO, «Nel limbo gli effetti del superamento della soglia», cit., p. 24.

(55) O. CAGNASSO, «Nel limbo gli effetti del superamento della soglia», cit., p. 24.

(56) L. DE ANGELIS, «Srl a capitale ridotto con under 35», in Italia oggi, 30 agosto 2012, p. 24; STROPPA, «Srl semplificate, statuto fluido», in Italia oggi, 31 ottobre 2012, p. 39.

(57) L. DE ANGELIS, «La nuova Srl semplificata e a capitale ridotto», cit., p. 8. Secondo la circolare n. 29 del 30 ottobre 2012 di Assonime «si deve ritenere preferibile la tesi che consideri legittimo, per quanto non regolato dal modello, inserire clausole statutarie ulteriori e usufruire degli spazi di autonomia propri della società a responsabilità limitata, a condizione di non porsi in contrasto con le previsioni del modello e le finalità specifiche della Srls». In tal senso anche A. BAUDINO, op. cit., p. 38.

(58) Così la circolare n. 3657/c del Ministero dello sviluppo economico.

(59) Così il Ministero della giustizia riportato nella circolare n. 3657/c del Ministero dello sviluppo economico.

(60) Così il Ministero della giustizia nel parere allegato alla circolare n. 3657/c del Ministero dello sviluppo economico.

(61) Così il Ministero della giustizia nel parere allegato alla circolare n. 3657/c del Ministero dello sviluppo economico.

(62) Così il Ministero della giustizia nel parere allegato alla circolare n. 3657/c del Ministero dello sviluppo economico.

(63) Così il Ministero della giustizia nel parere allegato alla circolare n. 3657/c del Ministero dello sviluppo economico.

(64) Così il Ministero della giustizia nel parere allegato alla circolare n. 3657/c del Ministero dello sviluppo economico.

(65) Così il Ministero della giustizia nel parere allegato alla circolare n. 3657/c del Ministero dello sviluppo economico.

(66) Così il Ministero della giustizia nel parere allegato alla circolare n. 3657/c del Ministero dello sviluppo economico.

(67) Vedi la circolare 25 marzo 2013 n. 6 dell’Associazione italiana dottori commercialisti, in Ratio soc. e impr., 2013, 2, 7. In tal senso anche L. DE ANGELIS, «La Srl semplificata ed a capitale ridotto», cit., p. 10, secondo cui «si è dell’avviso, a riguardo, che nel caso di statuto standard emendato (o di statuto redatto ex novo), il notaio possa essere legittimato a chiedere un compenso parametrato alle clausole particolari richieste (o consigliate dal professionista) ai soci (o all’atto costitutivo redatto)».

(68) M.S. SPOLIDORO, op. cit., p. 1106 che conclude affermando che «sicuramente la conclusione più saggia per i pratici più prudenti sarà quella di lasciar da canto queste aperture e seguire la tesi che attribuisce all’atto costitutivo standard un’assoluta inflessibilità».

(69) V. E. BARCELLONA, Atto costitutivo e statuto, in Srl, Commentario dedicato a G.B. Portale, Milano, 2011, p. 98; M. SCIUTO, «L’atto costitutivo della società a responsabilità limitata», in Riv. soc., 2009, p. 670, nota 21.

(70) Secondo G. MARASÀ, op. cit., p. 1089, la nuova formulazione «non risolve il precedente dibattito sulla possibilità o meno di completare le previsioni del modello tipizzato sia con clausole integrative (per esempio, in punto di durata della società) sia anche con clausole in deroga alla restante disciplina legale dispositiva della Srl».

(71) G. LAURINI, «Srl semplificata: storia di una prestazione gratuita», in Notariato, 2013, p. 485.

(72) Vedi la circolare 25 marzo 2013 n. 6 dell’Associazione italiana dottori commercialisti sezione di Milano, in Ratio soc. e impr., 2013, 2, p. 7.

(73) Sul tema si veda L. DE ANGELI-VENTURA, «Srls, lo statuto rigido le affossa», in Italia oggi, 8 novembre 2012, p. 41.

(74) A. BUSANI, «La nuova società a responsabilità limitata semplificata e la nuova Srl con capitale inferiore a 10mila euro», cit., p. 2013.

(75) C.A. BUSI, «Srl semplificata, riserva dei notai», cit., p. 21.

(76) Vedi massima. 127 del 5 marzo 2013 del Notariato Milanese.

(77) M. CIAN, op. cit., p.1114.

(78) Vedi massima. 127 del 5 marzo 2013 del Notariato Milanese.

(79) F. MAGLIULO, «Le operazioni straordinarie nelle nuove fattispecie codicistiche …», cit., p. 76; A. BARTOLACELLI, op. cit., p. 22, pur avanzando dubbi sulla sanzione applicabile; G. LAURINI, op. ult. cit., p. 233.

(80) G. PAPPALARDO, op. cit., p. 483 che non ritiene possibile utilizzare la Srls con altri soggetti, non ammessi alla costituzione iniziale, al fine di poter disporre di una scatola ove far confluire beni vari senza impegno alcuno di capitale; G. RIZZI, Srl & dintorni, dattiloscritto in lista sigillo del 31 agosto 2012, il quale scrive «che senso ha, infatti, porre un requisito soggettivo solo per il momento della costituzione, per, poi, consentire, anche solo dopo pochi giorni, l’ingresso in società di società, associazioni, fondazioni ecc.? Se nella norma si è fatto riferimento al momento della costituzione è perché è questo momento rilevante per questa particolare società, che abbiamo, non a caso, definito società di start-up. Ma questo non significa che subito dopo la costituzione si possa snaturare la peculiarità di questa società».

(81) Vedi la legislazione belga all’art. 249 § 2 del Code des societes.

(82) Ampi richiami sull’intera problematica connessa alla capitalizzazione delle società in M. MIOLA, «La tutela dei creditori ed il capitale sociale: realtà e prospettive», in Riv. soc., 2012, p. 250.

(83) N. DE LUCA, op. cit., p. 1186. Sul punto si tornerà ampiamente in seguito quando si parlerà di riduzione del capitale.

(84) C. MONTAGNANI, «Prime (e ultime) osservazioni su Srl ordinaria e semplificata quasi senza (ma on) capitale», cit., p. 405.

(85) G. FERRI JR, «Recenti novità legislative in materia di società a responsabilità limitata», cit., p. 141.

(86) A. BUSANI, «La nuova società a responsabilità limitata semplificata e la nuova Srl con capitale inferiore a 10mila euro», cit., p. 1075. Scrive G. PAPPALARDO, op. cit., p. 461, «il fatto poi che sia prevista una misura massima del capitale pone poi queste società (Srls e Srlcr) come un unicum nel panorama societario italiano, dove a nessun altro tipo di società viene mai imposto un tetto massimo di capitalizzazione. E come si sa, dall’unicum al monstrum il passo è breve».

(87) M. RESCIGNO, op. cit., p. 73.

(88) M.S. SPOLIDORO, op. cit., p. 1100.

(89) M.S. SPOLIDORO, op. cit., p. 1100.

(90) F. TASSINARI, op. cit., p. 16.

(91) M. RESCIGNO, op. cit., p. 73, nota 22; N. ATLANTE, op. cit.; A. BUSANI, «Per le Srl costituzione in salita», in Il sole 24 ore, 4 settembre 2012, p. 10.

(92) F. ATTANASIO, op. cit., p. 895.

(93) Secondo taluni a tale finalità primaria si aggiunge probabilmente un ulteriore scopo ossia la protezione dei soci fondatori dai rischi della responsabilità personale derivante dall’eventuale protrarsi della fase di costituzione.

(94) F. MAGLIULO, «Capitale sociale e operazioni straordinarie nelle nuove Srl», cit.

(95) F. MAGLIULO, op. ult. cit.

(96) M. NOTARI, Intervento del 24 settembre 2012 presso il Consiglio notarile di Milano, reperibile in http://player. vimeo.com/video/51593880; M. CIAN, op. cit., p. 1115, nota 30.

(97) A. BUSANI, «La nuova società a responsabilità limitata semplificata e la nuova Srl con capitale inferiore a 10mila euro», cit., p. 1076.

(98) C. MONTAGNANI, «Prime (e ultime) osservazioni su Srl ordinaria e semplificata quasi senza (ma on) capitale», cit., p. 404.

(99) M. RESCIGNO, op. cit., p. 80.

(100) In tal senso Massima di Milano n.130 del 5 marzo 2013.

(101) Nel modello spagnolo di Srl con capitale di non meno di euro 3.100 solo il capitale minimo deve essere liberato in denaro: il resto può essere frutto di aportaciones non dinerarias.

(102) C. MONTAGNANI, «Prime (e ultime) osservazioni su Srl ordinaria e semplificata quasi senza (ma on) capitale», cit., p. 405; S. PATRIARCA, op. cit., p. 20; M.S. SPOLIDORO, op. cit., p. 1104.

(103) In tal senso Massima di Milano n.130 del 5 marzo 2013. Secondo la circolare n. 29 del 30 ottobre 2012 di Assonime «Ci si può chiedere se l’obbligo di conferimento in denaro valga anche in sede di aumento del capitale sociale. Al quesito deve darsi risposta negativa nel caso in cui l’aumento del capitale comporti il superamento del tetto massimo del capitale consentito, cioè quando l’aumento porti il capitale ad eguagliare o superare la soglia dei 10.000 euro. In tale ipotesi, infatti, l’aumento comporta il mutamento del modello societario e il passaggio al regime della società a responsabilità limitata ordinaria. Non vi potrebbe essere, pertanto, un obbligo di eseguire i conferimenti solo in denaro. Una diversa soluzione si dovrebbe adottare per gli aumenti di capitale che portano il valore del capitale ad una cifra comunque inferiore ai 10.000 euro. Va considerato, in questi casi che il divieto di conferimenti in natura è una regola immanente alle nuove figure societarie e ne dovrebbe derivare che tale divieto valga anche in sede di aumento del capitale. Se però, come si è detto, la ratio dell’obbligo di conferimento in natura va rinvenuta nelle esigenze di semplificazione della fattispecie costitutiva della società, in un momento successivo alla costituzione queste esigenze potrebbero essere venute meno e conseguentemente anche il divieto di conferimento in natura».

(104) In Belgio vi è anche l’obbligo di predisporre con l’assistenza di un professionel du chiffre un piano finanziario di verifica dell’adeguatezza del capitale in relazione all’attività svolta.

(105) G. MARASÀ, op. cit., p. 1092.

(106) M.S. SPOLIDORO, op. cit., p. 1095.

(107) M. SPOLIDORO, op. cit., p. 1095.

(108) N. DE LUCA, op. cit., p. 1186, ritiene semplicemente che «nelle Srls, potendosi determinare un capitale statutario non inferiore a 1 euro ma non superiore a 9.999 euro, non pare doversi dubitare che i soci possano deliberare una riduzione volontaria effettiva».

(109) C.A. BUSI, Riduzione del capitale nelle SpA e Srl, Milano, 2010, p. 612.

(110) C.A. BUSI, «La controriforma delle Srl e le operazioni straordinarie, op. cit., p. 33.

(111) È evidente che se il capitale sociale è fissato in un ammontare minimo e ci si trova nella fase di avvio dell’attività, presumibilmente senza la presenza di riserve, il verificarsi di una perdita anche irrisoria incidendo sul capitale potrebbe imporre obblighi di ricapitalizzazione. In tal senso P. REVIGLIONO, op. cit., p. 23.

(112) Secondo la circolare n. 29 del 30 ottobre 2012 di Assonime la disciplina sulla riduzione del capitale trova applicazione; M. CIAN, op. cit., p. 1123. In senso contrario: A. BAUDINO, op. cit., p. 25.

(113) G. PAPPALARDO, op. cit., p. 485.

(114) G. PAPPALARDO, op. cit.;. E. GINEVRA, op. cit., p. 177, sottolinea come alla previsione della Srls con capitale minimo di 1 euro pare sottesa l’idea che si possa rinunciare, in astratto, al capitale sociale.

(115) A. BAUDINO, op. cit., p. 29.

(116) A. BAUDINO, op. cit., p. 30.

(117) Sollevano la questione A. BUSANI-E. LUCCHINI GUASTALLA, «Dubbi sull’obbligo di ricapitalizzare», in Il sole 24 ore, 28 settembre 2012, p. 30. Per l’applicabilità della disciplina in tema di perdite: L. DE ANGELIS, «Srl semplificate, peso alle perdite», in Italia oggi, 5 novembre 2012, p. 14.

(118) C. PASQUARIELLO, op. cit., p. 1115.

(119) C. CINCOTTI, «La disciplina della Sarl di diritto francese nell’ambito del dibattito europeo sul capitale sociale», in Giur. comm., 2007, p. 600; P. BALZARINI, «La modernizzazione del diritto societario francese», in Riv. soc., 2005, p. 248.

(120) Sull’argomento in ultimo: P. BELTRAMI, «La nuova legge spagnola sulle società di capitali», in Riv. soc., 2011, p. 77.

(121) A. BUSANI-C.A. BUSI, op. cit., p. 1318; S. PATRIARCA, op. cit., p. 19.

(122) Sull’argomento: C.A. BUSI, «Il regime “premiale” della start-up innovativa», cit., p. 15.

(123) Su detto argomento: A. JORIO, «La riforma fallimentare:pregi e difetti delle nuove regole», in Giur. comm., 2013, I, p. 703; C. MONTAGNANI, «Disciplina della riduzione del capitale: impresa o legislatore i crisi?», cit., p. 754; T. ARIANI, «Disciplina della riduzione del capitale per perdite in caso di presentazione di domanda di concordato preventivo, nota a Trib. Ancona, 12 aprile 2012», in Dir. fall., 2013, p. 110; E. BERTACCHINI, «Crisi d’impresa tra contraddizioni e giuridica vaghezza, riflessioni a margine del c.d. decreto sviluppo (D.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 », in Contr e impr., 2013, p. 354.

(124) C.A. BUSI, «La controriforma delle Srl e le operazioni straordinarie, op. cit., p. 32; in tal senso anche G. MARASÀ, op. cit., p. 1090.

(125) N. DE LUCA, op. cit., p. 1187.

(126) F. TASSINARI, op. cit., p. 21; M.S. SPOLIDORO, op. cit., p. 1113.

(127) M. RESCIGNO, op. cit., p. 69.

(128) G. MARASÀ, op. cit., p.1092; M. MALTONI, op. cit., p. 103.

(129) L. DE ANGELIS-C. FERIOZZI, «Srl semplificata, il risparmio c’è ma è solo iniziale, non a regime», in Italia oggi Sette, 2.4, 2012, p. 12. La progressione verso il modello ordinario implica la rinunzia alla denominazione riservata alla figura minore. Ciò non accade in altri ordinamenti in cui è consentito il mantenimento della locuzione originaria (v. il § 5°, Abs. 5,GmbHG tedesco), al fine di permettere alla società di conservare per intero il segno denominativo che l’ha contraddistinta nel mercato e in considerazione del fatto che la decettività per i terzi non arrecherebbe loro alcun pregiudizio, veicolando un’informazione semmai deteriore per l’immagine della società medesima; va peraltro osservato che, mentre in Germania la continuità del segno “Unternehmergesellschaft”,in luogo di GmbH, può effettivamente rappresentare un valore per l’ente, la scelta del legislatore italiano non già di sostituire, bensì di semplicemente integrare la comune espressione “Srl”, rende verosimilmente la caduta dell’aggettivo (e, rispettivamente, del complemento) meno suscettibile di compromettere la riconoscibilità della società, dopo l’upgrade.

(130) M. MALTONI, op. cit., p. 103.

(131) M.S. SPOLIDORO, op. cit., p. 1112.

(132) C.A. BUSI, op. ult. cit., p. 36.

(133) C.A. BUSI, op. ult. cit., p. 37.

(134) Scrive C. MONTAGNANI, «Disciplina della riduzione del capitale: impresa o legislatore i crisi?», cit., p. 413, «che più che legittima, è obbligata la seconda alternativa, che produce il risultato non (o ameno non solo) di agevolare la nascita di imprese la cui patrimonializzazione è affidata ad altro tipo di sacrificio dei soci (la non distribuzione degli utili e i finanziamenti), ma di mantenere sul mercato quelle che si sono rivelate incapaci di salvaguardare anche solo l’investimento iniziale. Risultato che, come dicevo potrebbe non essere incoerente con gli atri interventi provocati dall’attuale crisi economica, e che andrebbero, però accompagnato da più efficaci strumenti di tutela del mercato».

(135) Tale divieto potrebbe essere desunto anche da una prescrizione di legge che impedisse espressamente la riduzione del capitale della Srl ordinaria al di sotto dei 10.000 euro, così come disposto dal § 58, Abs. 2. Satz 1, GmbHG della GmbH tedesca per la riduzione del capitale sotto i 25.000.

(136) La legge belga (Starter, SPRL-S) prevede la trasformazione obbligatoria della società semplificata dopo al massimo 5 anni in Srl ordinaria. Non basterebbe, invece, di una previsione simile a quella propria della tedesca Unternehmergesellschaft Gmbh, che impone un obbligo di accantonamento a riserva del 25% degli utili, fino ad arrivare a un patrimonio di euro 25.000, con l’evidente scopo di consentire l’evoluzione di detta società in una Gmbh ordinaria, scopo, però, non imposto legalmente alla società semplificata. Sull’argomento: G.D. VON DER LAAGE, «La Unternehmergesellschaft (halftungsbeschrankt): il nuovo modello di GmbH (Srl) nella recente riforma tedesca», in Riv. soc., 2011, p. 404.

(137) A. BUSANI, «La nuova società a responsabilità limitata semplificata e la nuova Srl con capitale inferiore a 10mila euro», cit., p. 15; G. MARASÀ, op. cit., p. 1093.

(138) G. MARASÀ, op. cit., p. 1093.

(139) Sul punto ampiamente i dubbi di G. MARASÀ, op. cit.

(140) Su Srl a capitale ridotto si veda l’ampia panoramica di A. BUSANI-C.A. BUSI, op. cit., p. 1305.

(141) V. L. DE ANGELIS, «La nuova Srl semplificata e a capitale ridotto», cit., p. 72.

(142) L. DE ANGELIS, op. ult. cit., p. 6, la definisce una Srl “light”.

(143) F. TASSINARI, «Ne sexies in idem: la ricerca del legislatore italiano di semplificare la costituzione delle Srl», in Soc. e contr., bil. e rev., 2013, 9, p. 8.

(144) Sull’argomento: C.A. BUSI, «Il regime “premiale” della start-up innovativa», cit., p. 15; M. MALTONI-P. SPADA, «L’impresa start-up innovativa costituita in società a responsabilità limitata», in Riv. not., 2013, I, p. 586.

(145) L’iscrizione nella sezione speciale è presupposto per poter beneficiare della disciplina di favore. In argomento: R. VITALE, «Costituzione e riduzione degli oneri per l’avvio delle start-up innovative», in Le guide Il fisco, Start-up innovativa e Srl a 1 Euro, 2012, 19; P. ALBERTI, « Start-up innovative: nozione e caratteristiche principali», in Le guide Il fisco, cit., p. 7; C. FERIOZZI, «Incubatori doc per le start-up, in Italia oggi, 5 ottobre 2012, 23; M. CAPRINO-S. FOSSATI, «Parte la corsa delle start-up innovativa», in Il sole 24 ore, 20 ottobre 2012, p. 25; G. ANDREANI-A. TUBELLI, «Semplificazioni in arrivo per start-up innovative e incubatori certificati», in Corr. trib., 2012, 42, p. 3226; E. PUCCI-L. SCAPPINI, «Le start-up innovative: caratteristiche e agevolazioni», in Il fisco, 2012, 41-2, p. 6651; C. DE STEFANIS, «Start-up innovative senza spese in Cdc», in Italia oggi, 23 ottobre 2012, 37; G. FERRANTI, «La detassazione degli investimenti nelle start-up innovative», in Corr. trib., 2012, 42, p. 32- 33; A. SACRESTANO, «Start-up, l’incentivo è biennale», in Il sole 24 ore, 9 ottobre 2012, p. 28.

(146) P. ALBERTI, op. cit., p. 7.

(147) M. RESCIGNO, op. cit., p. 66.

(148) M. MALTONI-P. SPADA, op. cit., p. 589.

(149) C. MONTAGNANI, «Disciplina della riduzione del capitale: impresa o legislatore i crisi?», cit., p. 767.

(150) C. MONTAGNANI, op. ult. cit., p. 767.

(151) C. PASQUARIELLO, op. cit., p. 1113.

(152) F. MUCCIARELLI, Società di capitali, trasferimento all’estero della sede sociale e arbitraggi societari, Milano, 2010, p. 95; G. MANZINI-F. MUCCIARELLI, «Rivoluzione cartesiana? La fine del vincolo necessario tra società e legislazione nazionale», in Giur. comm., 2009, II, p. 614; M. BENEDETTELLI, «Sul trasferimento della sede sociale all’estero», in Riv. soc., 2010, p. 1251.

(153) V. Corte di giustizia, 9 marzo 1999, causa C-212/97, in Foro it., 2000, IV, c. 317.

(154) V. Corte di giustizia, 5 novembre 2002, causa C-208/00, in Giur. it., 2003, 703.

(155) V. Corte di Giustizia, 30 settembre 2003, causa C-30.9.2003, in Giur. Comm., 2005, II, 5.

(156) T. BALLARINO, «Sulla mobilità delle società nella Comunità europea. Da Daily Mail a Uberseering: norme imperative, norme di conflitto e libertà comunitarie», in Riv. soc., 2003, p. 684; F. MUCCIARELLI, «Libertà di stabilimento comunitaria e concorrenza tra ordinamenti societari», in Giur. comm., 2000, II, p. 572.

(157) G.B. PORTALE, «Società a responsabilità limitata senza capitale sociale e imprenditore individuale con capitale destinato (capitale sociale quo vadis?)», in Riv. soc., 2010, p. 1237.

(158) C. CINCOTTI, op. cit., p. 600.

(159) R. WEIGMANN, «La riforma tedesca della disciplina della Srl», in Nuovo dir. soc., 2009, 6. Sull’argomento anche SCHON, Legal capital, Entity Shielding and Solvency tests: the german view, in AA.VV., La società per azioni oggi, a cura di Balzarini, Carcano, Ventoruzzo, Milano, 2007, Vol. I, p. 493.

(160) C. Giust. Ce, 30 settembre 2003, in Giur. it., 2004, p. 25, con nota di R. WEIGMANN.

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