Srl “One euro capital” (Oec) e Srl semplificate
Srl “One euro capital” (Oec) e Srl semplificate
di Guseppe Antonio Michele Trimarchi
Notaio in Milano
Il processo ed il metodo della “semplificazione” della Srl: la coesistenza di modelli organizzativi diversi nell’ambito del tipo società a responsabilità limitata
È fin troppo noto che un approccio formale ed acritico all’annuale rapporto della Banca mondiale “Doing business” ha indotto il legislatore italiano tra il 2011 ed il 2013, ad una serie di interventi volti, se non nel complessivo disegno di sistema adottato, quanto meno in quello della più banale comunicazione mediatica a “semplificare” il modello organizzativo della società a responsabilità limitata.
Tra il rilevare, tuttavia, le necessità di una semplificazione del modello organizzativo della Srl incidendo sui suoi costi “costitutivi”, e favorendo, al tempo stesso, l’ipotesi di architetture strutturali più flessibili di quelle pur incisivamente già rese moderne ed efficienti dal legislatore del 2003, e l’ineffabile sforzo di un legislatore che ha dovuto ricorrere a più di cinque interventi normativi per partorire una chirurgica modifica dell’articolo 2463 c.c., una dell’articolo 2464, e l’introduzione dell’articolo 2463-bis in un arco temporale di molti mesi in cui i provvedimenti si sono peraltro rincorsi ed accavallati sovente in contraddizione tra loro, corre tutta l’evidente incertezza, se non l’assoluta assenza, di sovrastruttura politica degli obiettivi posti a fondamento della paventata “mini” riforma.
Il difetto di una strategia di politica legislativa ha finito per tradursi in un risultato normativo incerto e stentato non solo sul piano del linguaggio e del sistema che sono errori in qualche modo rinviabili agli interpreti a volte fin troppo lamentosi perfino nell’emergenza, quanto, più gravemente, sul piano del tanto declamato obiettivo coincidente con la necessità di rintracciare in iniziative del tipo di quelle qui all’esame la capacità (si auspicherebbe non solo sulla carta) di agevolare l’accesso dei giovani all’attività di impresa, di stimolare l’iniziativa economica, gli investimenti etc....
Sotto questo profilo risulta quindi difficile non condividere le critiche, talora feroci, rivolte al legislatore da chi, autorevolmente, non ha esitato a bollare il progetto come «velleitario, se si pensava che liberare diecimila euro dal vincolo di destinazione che affetta il capitale sociale (liberazione comunque parziale, posto che le eventuali risorse apportate dai soci sarebbero in ogni caso soggette alla regola della postergazione, ex art. 2467 c.c.) potesse costituire uno stimolo sufficiente per rilanciare l’economia»(1). Parimenti, non può che condividersi l’idea per cui comunque di seguito alla “mini riforma” «... l’assetto globale... prodottosi non è senza conseguenze sul piano del trattamento giuridico e dell’interpretazione dei diversi passaggi normativi il cui tenore rimane di per sé oscuro»(2).
Non mi appassiona in alcun modo l’esposizione della cronologia degli interventi normativi peraltro estesi assai puntualmente in molti apprezzabili lavori, non avendo alcun interesse a rincarare la dose di critiche giustamente già piovute (a dirotto) sul grossolano legislatore del momento(3); conseguentemente mi limiterò ad avviare ogni possibile ragionamento prendendo le mosse dalle versioni finali delle nuove regole adottate all’ambizioso fine di permettere all’Italia di scalare il 77° posto mondiale del Report “Doing business” (sebbene Voce “Starting a business”), pur consapevole che lo studio dell’evoluzione convulsa degli interventi contribuisce a spiegare alcuni nodi critici della disciplina finale oltre che a risolvere più di un intreccio determinato dal susseguirsi di norme.
Per onestà intellettuale vale anche riconoscere, in limine, che il tentativo di “semplificare” l’accesso all’esercizio collettivo dell’attività d’impresa, e ad agevolare l’accesso a strutture organizzative con responsabilità limitata ha parentele importanti, almeno in Europa: è stato evidenziato infatti che il panorama risulta comunemente articolato e tutt’altro che semplice. Con razionalità teutonica i tedeschi hanno, nel 2008, provveduto alla semplificazione societaria(4 )introducendo una variante della società a responsabilità limitata la cui disciplina, tuttavia, rileva esclusivamente nella fase di costituzione della società e mai successivamente. In altri Paesi si è intervenuti ora sul valore minimo del capitale sociale della società a responsabilità limitata come in Portogallo ed in Francia; ovvero, come in Spagna, s’è fatto ricorso alla sociedad nueva impresa creando così un “sub modello”(5 )concepito con una struttura meno rigida di quello ordinario (o generale) proprio allo scopo di assicurare una maggiore flessibilità e fruibilità del medesimo in luogo del primo.
Quindi, non deve trascurarsi che l’esigenza avvertita dal legislatore italiano sia stata comune a molti legislatori continentali, i quali hanno fatto ricorso a strumenti “risolutori” del problema stagnazione (almeno dal versante starting business) in fondo non dissimili da quelli che in qualche modo si rintracciano nell’intervento italiano di cui agli articoli 2463 e 2463-bis c.c., consistenti, in estrema sintesi, nell’eliminazione dell’obbligatorietà di una soglia minima del capitale sociale coincidente con i 10.000 euro (purché non inferiore ad euro 1) e nella previsione di un “submodello” di Srl con una spiccata vocazione semplificata sia quanto all’organizzazione dei conferimenti ed all’ammontare del capitale sociale (anch’essa con un minimo pari ad almeno 1 euro), sia con riferimento all’adozione delle regole organizzative in sede di costituzione, “costrette” esplicitamente in un modello ministeriale, oggi inderogabile, nel quale il legislatore avrebbe inteso includere il “contenuto (massimo) essenziale” necessario per fruire dell’accesso al “submodello” in questione con esclusione del ricorso all’autonomia privata, altrimenti massivamente fruibile nel modello ordinario di società a responsabilità limitata pur nelle sue diverse varianti di capitalizzazione.
A volte, tuttavia, si sa, che l’imitazione pedissequa di una terapia non solo non aiuta il medico ad effettuare diagnosi, ma sopratutto non garantisce la guarigione del malato.
Sicché occorrerà attendere il risultato concreto del ricorso a queste formule organizzative per comprenderne da un lato l’efficienza strutturale e dall’altro verificarne la congruità teleologica ponendosi, per certi aspetti, almeno dal punto di vista applicativo, come teoremi indimostrati tanto le loro preannunziate virtù taumaturgiche, quanto gli anticipati epitaffi.
Le novità normative oggi vigenti devono, innanzitutto, ricondursi alla formulazione dei commi quarto e quindi dell’articolo 2463 c.c. a mente dei quali:
4. L’ammontare del capitale può essere determinato in misura inferiore a euro diecimila, pari almeno a un euro. In tal caso i conferimenti devono farsi in denaro e devono essere versati per intero alle persone cui è affidata l’amministrazione.
5. La somma da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato, per formare la riserva prevista dall’articolo 2430, deve essere almeno pari a un quinto degli stessi, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro. La riserva così formata può essere utilizzata solo per imputazione a capitale e per copertura di eventuali perdite. Essa deve essere reintegrata a norma del presente comma se viene diminuita per qualsiasi ragione».
Su di un piano generale è opportuno sottolineare che il legislatore lascia convivere nella medesima norma la duplice previsione per cui la Srl possa avere un capitale minimo di 10.000 euro (d’ora in avanti per comodità linguistica Srl ordinaria) o un capitale inferiore a 10.000 euro purché pari o superiore ad 1 euro comunemente definite Srl a capitale ridotto(6).
Fuori comunque dalle oziosità classificatorie, appare difficile ipotizzare che il legislatore abbia lasciato convivere nella medesima norma due modelli organizzativi radicalmente diversi dal momento che il più giovane (la Srl Oec) è evidentemente differenziata dalla ordinaria esclusivamente per la specificità della disciplina dell’ammontare del capitale sociale, dei conferimenti da versarsi per intero, in danaro, nonché per la specifica riserva disciplinata nel suesteso quinto comma.
Che tanto possa avere determinato l’irrompere di un tipo ordinamentale nuovo nel sistema delle società capitalistiche italiane, nel quale, com’è noto, l’espressione “tipo“(7) lungi dall’essere rilevante in termini d’astratta classificazione, ha, al contrario, una pesantissima ricaduta applicativa (sol che si pensi alla disposizione dell’articolo 2249 primo comma c.c.) mi sembra talmente eccessivo al punto di dover reputare incomprensibile - concedendo, al contrario, per un attimo, al suindicato scarno tessuto normativo la valenza dell’idoneità all’introduzione di un nuovo tipo - la disciplina del tipo stesso al di fuori dell’ammontare del capitale sociale, delle modalità del conferimento e della formazione della riserva legale.
Partendo dall’idea che il legislatore non parli e scriva a vanvera, è più ragionevole pensare che “Srl ordinaria” e “Srl Oec” siano modelli organizzativi (l’uno generale e l’altro “subordinato”) del tipo Srl ossia quello disciplinato nel libro V capo VII del codice civile.
Decisive nel senso qui condiviso sono le lucide riflessioni di chi(8), esaminando il dato positivo, ha sottolineato e che «le (modestissime) discontinuità regolamentari (la limitazione delle entità conferibili, l’obbligo di versamento integrale, … etc.) costituiscono semplici restrizioni rispetto alla maggiore flessibilità del modello ordinario, senza deviare in alcun modo dai principi portanti su cui quest’ultimo poggia».
Né a conclusione dissimile conduce l’analisi della società a responsabilità limitata semplificata autonomamente disciplinata dal legislatore nella neo disposizione dell’articolo 2463-bis c.c.(9 )alla quale il sesto comma applica le disposizioni della Srl ordinaria “in quanto compatibili”, e ciò perché, si è avuto modo di sottolineare, lo scrutinio della compatibilità non è certo funzionale a determinare l’autonomia di un modello, come dimostra chiaramente la disciplina dello scioglimento delle società di capitali di cui all’articolo 2488 c.c. Quest’ultima norma, infatti, prescrive l’applicazione, alle società di capitali in liquidazione, della disciplina degli organi sociali contenuta nelle norme che disciplinano i “tipi” nelle fasi non liquidative, nei limiti della compatibilità, senza che perciò nessuno mai nemmeno ipotizzasse che una società in liquidazione fosse un tipo diverso dal suo “omologo” non in liquidazione(10).
Se, dunque, su di un piano generale, Srl Oec e Srls sono submodelli del più generale tipo Srl, vale considerare, ancora in via preliminare, qual è il minimo comune denominatore delle stesse al fine di stabilire, da un lato quali sono i tratti autonomi di ciascun submodello, e, per converso, quale possa essere la disciplina comune.
Dubbio non può esservi in ordine sulla circostanza per cui i submodelli sono accomunati da una disciplina che ha inteso innovare in tema di capitale sociale: esso può essere da 1 a 9.999 euro (per entrambi i submodelli) ed interamente liberato soltanto in danaro(11). Che ciò abbia declinato un’inversione di tendenza della disciplina dell’ammontare del capitale sociale per i modelli capitalistici italiani è evidente(12), occorrerebbe indagare più a fondo se l’aver scrutinato a “one euro capital” la soglia minima del capitale sociale necessario ad avviare (e ragionevolmente mantenere in vita) una Srl valga ineluttabilmente come segno, da parte del legislatore, di una sfiducia nel sistema del “capitale sociale” come formula organizzativa delle società comunemente dette “di tipo continentale”; e ancor peggio se tale deriva giovi a rendere meno seri gli investimenti reputandosi “ingenua” la convinzione di chi grazie ad essa abbia reputato che «centinaia e forse migliaia di aspiranti imprenditori, un tempo scoraggiati dalla regola che imponeva per le società a responsabilità limitata la dotazione di almeno diecimila euro di capitale sociale, si presentino baldanzosi sul mercato con nuove iniziative e magnifici progetti»(13).
Il tema del ruolo del capitale sociale è centrale e significativo nel più generale sistema di organizzazione dei modelli capitalistici e coinvolge, com’è noto, ogni sfaccettatura dell’organizzazione e dell’attività delle società sia nei rapporti interni che in quelli esterni (creditori e più in generale terzi).
La sensazione generale è che il legislatore italiano con la Riforma del 2003 abbia ribadito - nel sistema delle società lucrative - la centralità di una complessa nozione di “capitale”(14).
A ben vedere, a mio parere, le Srl Oec o Semplificate non deviano la generale posizione del legislatore italiano sulla centralità del ruolo del capitale sociale, né spostano l’asse delle sue preferenze nel più ampio e noto dibattito sulla necessità del capitale sociale(15).
Dibattito per taluno permeato da una - talora - ammirazione verso il modello tipicamente anglosassone delle “Llc” (limited liability companies), che deve tener conto dei principi ispiratori della II direttiva(16 )che individuano nel capitale sociale uno degli strumenti attraverso cui passa la tutela dei creditori, e, soprattutto, l’informazione del mercato e dei terzi in genere(17).
In ogni caso, a me pare che fino a quando esista un euro di capitale sociale obbligatorio significa che la soglia di “arresto” delle attività sociali non dipende da un regime di libera contrattazione tra debitore e creditori dei meccanismi di default(18).
In relazione alla presunta maggiore efficienza del meccanismo definito di “libera contrattazione”, giova infatti rilevare che è esperienza comune - anche statunitense - che il ricorso a tecniche d’informazione dei creditori e dei terzi in genere (qualora manchino meccanismi di default dell’attività d’impresa connessi alla “sopravvivenza”del netto patrimoniale) ponga inevitabilmente un duplice ordine di problemi:
1. la correttezza dell’informazione;
2. il libero accesso all’informazione stessa(19).
I problemi posti dalla disciplina di queste informazioni in situazioni di “libero mercato” sono noti quanto i correttivi che lo stesso legislatore statunitense ha inteso in varia misura porvi; tuttavia, quel che in questa sede preme focalizzare, non è tanto il maggiore o minore grado di efficienza del sistema continentale del capitale sociale, quanto la circostanza che ad esso le Srl Oec o semplificate non vi arrecano sostanziale deroga.
Se da un lato, infatti, non può che comprendersi l’osservazione secondo cui «Sembra incredibile, ma occorre spiegare che, con un euro di capitale, non si può finanziare alcuna attività; che solo per iniziare un modesto commercio (lasciamo da parte un’attività industriale) occorre che qualcuno, sia esso il socio o qualche finanziatore, fornisca i mezzi necessari, quanto meno a titolo di prestito, e in tal caso chi presta denaro spesso chiederà una garanzia... »(20), d’altra parte non si può fare a meno di osservare che essa sarebbe tanto più vera ove fosse dimostrato che un capitale di euro 10.000 fosse in condizioni di assicurare l’avvio di una qualsivoglia attività d’impresa o più in generale di garantire i creditori.
Sarebbe agevole osservare sotto altro profilo, infatti, che il ruolo del capitale sociale nei modelli continentali che riconoscono - come il sistema italiano - la “sottocapitalizzazione” delle società, difficilmente può svolgere le funzioni connesse agli obiettivi di assicurare le reali coperture dell’avvio dell’attività d’impresa, o genericamente, i diritti del ceto creditorio, e ciò sotto un duplice profilo di osservazioni connesse alla funzione economica delle regole giuridiche che presiedono alla formazione del capitale sociale:
- sotto una prima prospettiva, infatti, è agevole verificare che i costi dell’avvio dell’attività (impianti, beni strumentali, coperture delle proprietà intellettuali, fiscalità, assistenza legale) esigono, nella maggior parte dei casi, se non addirittura nella totalità, importi ben superiori a euro 10.000;
- sotto altro angolo visuale è agevole dimostrare che il sistema della sottocapitalizzazione non ha impedito né impedisce la formazione della patrimonializzazione sociale in termini di idoneità a coprire lo starting business o ad assicurare il corretto svolgimento dell’attività sociale attraverso sistemi diversi dalla capitalizzazione in senso stretto, in primis attraverso il finanziamento soci o attraverso il ricorso al credito.
In altri termini, nemmeno l’idea di fissare una somma del capitale minimo ad euro 10.000 per le Srl sembra oggi coincidere con la copertura finanziaria dello starting, né con un’astratta funzione di garanzia del ceto creditorio apparentemente salvaguardato dalla “indistribuibilità” dell’ammontare minimo suddetto, quanto con un altro duplice ordine di obiettivi:
- il primo è la soglia di “impegno” richiesto ai soci fin dall’inizio dell’attività;
- il secondo consiste nello scrutinio dei “circuiti di allarme” connessi al rapporto tra capitale e perdite.
Ebbene, sotto questo profilo non deve scandalizzare che il legislatore italiano, pur nel quadro del sistema continentale del capitale sociale, abbia inteso incidere in misura significativa sul primo, in sostanza eliminandolo, mentre abbia conservato il secondo, sia pure in una diversa modalità in termini di rilevanza.
È agevole comprendere, infatti, una volta che ci si liberi dal pregiudizio per il quale euro 10.000 assicurino davvero lo starting business o garantiscano i creditori, che i sottomodelli di Srl Oec (anche nella versione della Srls) evitino che i soci in sede d’avvio dell’impresa impegnino cifre “vincolate”a capitale.
Che questa, poi, sia una misura idonea ad assicurare la ripresa economica attraendo imprenditori e favorendo l’avvio di iniziative dando fiato ad un’economia balbuziente, è questione che solo le statistiche potranno certificare, fermo restando che il passato dimostra che gli interventi sul capitale sociale sovente siano stati più uno spot politico - elettorale che un’autentica panacea dei mali dei cicli economici negativi(21).
Un aspetto, forse, varrebbe la pena evidenziare della soluzione legislativa in parola: che si è assicurato all’imprenditore italiano una condizione di parità con molti suoi omologhi europei, ed inoltre, che si consente all’Italia di avere regole che gli investitori stranieri sono soliti trovare in altri ordinamenti o in quelli di loro provenienza restando competitivi almeno sul punto del cosiddetto rules market.
Anche di ciò, per onestà, occorrerà attendere i risultati statistici per verificarne l’efficienza.
D’altro punto di osservazione, risulta evidente che la previsione della necessità di almeno euro 1 di capitale sociale costringe i submodelli all’esame a restare nel circuito del sistema dei capitale sociale di tipo continentale, restando inalterata la funzione organizzativa dello stesso (dal momento che i soci dovranno ricavarsi il proprio ruolo plutocratico dalla partecipazione all’ammontare prescelto nel quadro delle regole maggioritarie stabilite dal combinato disposto dagli articoli 2468 e 2479 e ss. c.c.) come il suo ruolo produttivo (dal momento che gli utili andranno distribuiti, ferma la permanenza in bilancio del minimo prescelto tra euro 1 e 9.999, e salva l’applicazione del disposto del nuovo articolo 2463 comma 5).
Ma forse, quel che più conta è che la permanenza di tali submodelli nel circuito di quelli a capitale “continentale”, impone di considerare che non siano alterati i principi espressi dal ruolo informativo del capitale stesso per come declinati dalle norme sul “minimo”, dal momento che il sistema non appare alterato nella sua funzione della permanenza di un capitale, sebbene nella misura minima di un euro. A ciò consegue che la sopravvenienza di perdite, stante la suddetta necessità, determinerà - evidentemente più frequentemente che nelle Srl ordinarie - l’incidenza delle misure di “ricapitalizzazione”e comunque di informazione dei soci e dei terzi.
In caso di perdite, infatti, i soci dovranno riunirsi per l’adozione dei necessari provvedimenti; potranno, ricorrendone le condizioni, riportarle “a nuovo” previa giustificazione della loro esistenza(22 )in sede di approvazione del bilancio annuale di esercizio che approvi anche il “rinvio”, ovvero ricapitalizzare o liquidare secondo gli schemi ordinari propri degli artt. 2482 e 2482-bis le cui ragioni di applicazione non appaiono, salvo, in talune ipotesi, che per banali questioni di lettera, in alcun modo disattese dal legislatore. Si tratta solo di indagare, allora, sulla possibilità concreta ed applicativa dell’adattamento delle norme ultime citate su cui ampiamente si tornerà avanti.
Quel che però, in questa sede giova rimarcare è che tale sforzo non appare né asistemico(23), né impossibile, né sembra possa essere affrontato con il malvezzo dell’aggressività critica a tutti i costi.
In conclusione, condivisa la ricostruzione per cui le Srl Oec e le Srls siano semplicemente “deviazioni” dello statuto tipico della Srl le cui norme non hanno motivo di essere disapplicate anzi esigono di esserlo o per la via immediata e diretta come pare essere nel caso delle Srl Oec, o previa una verifica di compatibilità stante, come si dimostrerà, un maggior grado di autonomia e specificità normativa nel caso delle Srls, un primo risultato esegetico ed applicativo deve darsi senz’altro per acquisito: i sub modelli in questione si articolano sul piano della disciplina su di un duplice segmento di regolamentazione:
- quello specifico dato dalle norme che ne caratterizzano lo status grazie al tormentato e discutibile iter legislativo;
- quello generale dato dallo statuto generale della Srl di cui in diversa misura per Oec ed Srls occorrerà adattare il tessuto normativo.
Il framework comune della disciplina dei nuovi modelli organizzativi, le regole di default, e l’applicazione della disciplina del tipo Srl “in quanto compatibile
1. La disciplina dei conferimenti e le modalità del versamento in danaro
Risulta del tutto evidente che Srl Oec e Srls siano state accomunate - nella tortuosa riforma che ne ha dato origine - dall’esigenza di derogare al minimo di capitale sociale prescritto per la Srl ordinaria: da 1 a 9.999 euro in luogo dei tradizionali euro 10.000.
Per entrambi i submodelli, il legislatore ha prescritto che i conferimenti vadano fatti in danaro e versati per intero nelle mani degli amministratori(24).
Le norme in parola, tanto per le Srl Oec quanto per Srls, consentono di affermare:
- che tali prescrizioni non siano relegate al solo momento costitutivo(25);
- che il conferimento in danaro nella modalità dell’integrale liberazione sia la disciplina tipica dello statuto delle Srl Oec e semplificate.
Con riferimento al secondo aspetto, in particolare, vale segnalare che Srl, Oec ed Srls siano incompatibili:
- con conferimenti in natura(26);
- con la configurazione di un socio “moroso” ex art. 2466 c.c.;
- con conferimenti d’opera ex art. 2464 comma 6 c.c.;
- con la sostituibilità del “versamento” del danaro con polizza assicurativa o fideiussione bancaria ex art. 2464 comma 4 c.c.
Nel quadro del completamento del framework di disciplina riferito alla fase del conferimento a capitale nei nuovi submodelli, appare assolutamente opportuno ricordare che le riforme che li hanno introdotti hanno anche in generale modificato la modalità del conferimento in danaro quanto all’obbligo di deposito presso Istituto bancario, al punto che deve sottolinearsi che si è colta l’occasione dell’introduzione dei nuovi modelli per semplificare, più in generale appunto, la modalità del conferimento in danaro in Srl che oggi non necessità più del deposito provvisorio presso le Banche (com’è ancora per le SpA) ma va «versato all’organo amministrativo nominato nell’atto costitutivo» per la Srl ordinaria, ovvero «versato per intero alle persone cui è affidata l’amministrazione» per le Srl Oec, ovvero «versato per intero alle persone cui è affidata l’amministrazione» nel caso di Srls.
Anche qui, piuttosto che sforzarsi di trovare aggettivi adatti alla flagellazione della sciatteria del linguaggio legislativo, appare più utile cercare razionalità esegetica ed applicativa delle norme ai submodelli comunque accomunati dall’obbligatorietà della nomina dell’organo amministrativo in sede costitutiva, fermo restando che detta nomina non implica necessariamente l’accettazione della carica(27).
La novità non ha mancato di sollevare questioni delicate sul piano sistematico e su quello applicativo.
Nella ricostruzione di taluni(28), si vorrebbe interpretare la formulazione del terzo comma dell’articolo 2464 c.c. come declinazione di un principio di “assunzione” di responsabilità da parte dell’organo amministrativo della corresponsione da parte dell’obbligato (o di chiunque sia) delle somme necessarie. Da qui una serie di coerenti corollari applicativi. Tuttavia, la pur attenta tesi dell’ “assunzione di responsabilità” non mi pare abbia alcun fondamento né nella lettera della norma, né nella sua ratio.
La semplificazione in parola, per l’aspetto al vaglio, sembra muoversi da un altro (forse più modesto) presupposto: dato atto che il legislatore ha introdotto submodelli con capitale minimo inferiore ai 10 mila euro, si è colta l’occasione per sancire che tutti i conferimenti in danaro non esigono più il preventivo deposito provvisorio presso gli istituti bancari.
Questo secondo capo della “semplificazione” si realizza, nel linguaggio legislativo, con l’obbligo - al momento della sottoscrizione del capitale - del versamento delle somme (nelle quantità) necessarie “all’organo amministrativo”.
Per l’aspetto al vaglio, la semplificazione per i conferimenti in danaro non determina altro che il mutamento delle formalità concernenti il depositario delle somme che prima dell’iscrizione dell’ente nel Registro delle imprese non dovrà più essere un istituto bancario ma “l’organo amministrativo”.
Il che mi pare implichi semplicemente l’abolizione delle “certificazioni” bancarie sul versamento dei decimi o dell’intero, e la fissazione dell’obbligo di un deposito nelle mani di qualcuno che assuma responsabilità non (solo) in ordine al buon fine di quanto gli è affidato (giacché, sul punto, in tutta franchezza il legislatore non ha spostato di una virgola le precedenti pur scarne previsioni), quanto piuttosto la responsabilità tipica del depositario.
Se ciò è vero (ed a me pare incontestabile alla luce dell’attuale dato normativo) allora gli amministratori non hanno alcuna responsabilità diversa e\o ultronea rispetto a quella dei “semplici” depositari delle somme che devono essere messe a loro disposizione, giacché essi devono, appunto quali depositari, ricevere depositi in grado di assicurare - per le norme che li riguardano - l’esistenza della provvista tenuto conto anche dell’attuale normativa “antiriciclaggio”.
Il che comporta che essi (come la Banca prima di loro, d’altra parte) devono ricevere una provvista “sicura” in quanto le somme dei detti conferimenti devono essere effettive senza che la loro “effettività” possa essere surrogata da alcuna forma di responsabilità che la legge non lascia in alcun modo intravedere.
Gli amministratori devono ricevere quindi solo assegni circolari, unici titoli in Italia in grado di garantire l’esistenza della provvista sottostante per l’esatto ammontare nominale dai medesimi portato oltre che l’immediata disponibilità della medesima.
Non ci sono motivi per escludere che un assegno circolare, anch’esso intestato alla costituenda società, possa essere depositato nelle mani del notaio rogante l’atto costitutivo, al fine di metterlo a disposizione degli amministratori.
Ogni altra forma di pagamento assegna alla riforma assai più di quanto non traspaia dalla sua lettera e, mi pare di poter dire, anche dalla sua ratio.
Né quanto sopra complica alcunché: così come in precedenza occorreva mettere a disposizione della costituenda società una somma, anche oggi occorre farlo, ma a condizioni meno complicate: non occorre cioè più andare in banca, ed espletare un’operazione di sportello, compilare moduli da esibire etc., ma semplicemente consegnare contestualmente alla sottoscrizione dell’atto, all’organo amministrativo(29 )un titolo che assicuri il deposito di quanto, per legge, occorrente alla costituzione ed anche all’iscrizione della società, stante il richiamo per tutte le Srl agli articoli 2329 e 2342 (di cui il 2464 è norma peraltro speculare ancorché non identica).
Per quanto sopra, escluderei, quindi, l’idoneità al deposito in parola degli assegni bancari, perché non garantiscono la provvista, ed ancor di più di bonifici agli amministratori su conti personali: infatti la confusione dei patrimoni è pacificamente fonte di responsabilità per il depositario.
A ciò deve aggiungersi che gli amministratori (a nulla rileva la rappresentanza o meno dell’ente dal momento che si tratta di un potere - dovere stabilito dalla legge) in quanto depositari devono innanzitutto custodire e restituire (art. 1766).
È infatti evidente che le somme in questione siano della società.
Peraltro, i medesimi amministratori, sempre in quanto depositari, non «possono servirsi della cosa depositata» (come potrebbe accadere in caso di confusione sui conti correnti personali a seguito di bonifico) e possono darla in deposito a terzi con il consenso del depositante (art. 1770).
Né sembra in alcun modo alterare la conclusione ora rassegnata la circostanza per il cui deposito di somme di danaro rientri nel disposto dell’articolo 1783 c.c.: è infatti pacifico che l’applicazione delle norme sul mutuo trovino - in tale ipotesi - applicazione solo se la facoltà del depositario di servirsi della somma depositata sia espressamente prevista, laddove, nel caso della costituzione della Srl in tutti gli “statuti” all’esame, è ex lege escluso che i depositari (rectius gli amministratori) possano servirsene trattandosi di somme per loro natura e destinazione vincolate alla formazione del capitale sociale.
Va ulteriormente sottolineato che è tipica la figura del deposito «anche nell’interesse del terzo» (art. 1773). Il che consente di ritenere lecite tutte quelle attività in cui l’obbligato (rectius il socio conferente o chi per lui) e gli amministratori consegnino la somma ad un soggetto diverso (come detto compreso il notaio) sul presupposto, appunto, che il deposito avvenga nell’interesse di un terzo (la costituenda società).
Da qui più di un motivo per ritenere assolutamente leciti anche i vecchi depositi provvisori bancari con le precisazioni di cui infra per quando gli amministratori non siano presenti in atto.
Non può esservi dubbio alcuno che l’assegno circolare vada intestato alla società perché siano presentati per l’incasso dopo l’avvenuta iscrizione della società nel registro delle imprese.
Sotto un generale profilo, dunque, lo schema semplificativo consiste nel consentire un “rapporto di deposito” dei versamenti in danaro (nelle misure dovute) comprensivi dell’intero sovrapprezzo tra socio obbligato (o terzo conferente) ed “organo amministrativo”. Il che, in altri termini, consente di poter affermare che l’importo nelle modalità appena accennate è nella responsabilità da depositario di un organo e non di un soggetto, ossia nella responsabilità di colui o coloro che rivestiranno la qualità di membro dell’organo, senza possibilità di esonero da responsabilità che la norma speciale non consente nemmeno di ipotizzare, benché le limitazioni possano in astratto essere considerate possibili, come capita nel deposito con pluralità di depositari.
Il rapporto in questione, ed è questa forse la più significativa novità derivante dalla semplificazione, nasce senza il consenso dell’amministratore ma solo per il fatto che taluno assuma quella qualità (tant’è che sarebbe forse ridicolo ipotizzare l’accettazione della carica ma il rifiuto della consegna della somma). Si tratterebbe, insomma, di un rapporto che nasce ex lege e rispetto al quale l’atto costitutivo deve certificare che le somme in questione “devono essere consegnate”, agli amministratori. Il che consente di ritenere possibile la costituzione di una Srl con conferimenti in denaro senza costituire in atto tutti o almeno uno degli amministratori nominati.
Infatti, l’espressione secondo cui l’importo deve essere “versato” all’organo amministrativo al momento della sottoscrizione del capitale sociale non può essere in alcun modo interpretato contra legem.
La legge prevede che in ogni Srl (ordinaria o semplificata) sia obbligatoria l’indicazione degli amministratori, ma non esige la loro accettazione.
Anzi, sul piano della procedura costitutiva (sequenza atto costitutivo - deposito - iscrizione nel Registro delle imprese) vi è una asimmetria temporale in quanto l’atto costitutivo va iscritto nel Registro delle imprese entro 20 gg. dalla ricezione (art. 2330) ma gli amministratori hanno 30 gg. (dalla notizia) di tempo per iscrivere la loro nomina (art. 2475 c.c., che rinvia espressamente al comma 4 dell’articolo 2383); sicché potrebbe capitare che una società (una Srl) possa essere iscritta senza che gli amministratori abbiano accettato: l’accettazione della carica non è condizione per l’iscrizione.
Il rispetto delle norme in tema di conferimenti, diversamente, è condizione per l’iscrizione (l’articolo 2463 infatti rinvia espressamente agli artt. 2329 e 2330 c.c. oltre che al 2342, ed il 2463-bis rinvia, nei limiti della compatibilità, a tutte le norme adottate in tema di Srl “ordinarie”).
Quindi, occorre armonizzare le norme sull’accettazione degli amministratori con quelle che prevedono che i conferimenti in danaro debbano essere versati all’organo amministrativo al momento della sottoscrizione del capitale e quindi all’atto costitutivo.
La soluzione non può essere (come pure da qualcuno ipotizzato) che almeno un amministratore debba partecipare all’atto costitutivo, perché ne risulterebbe alterato, senza alcun senso, né alcun giovamento, l’intero sistema delle società capitalistiche. Il che pare quanto meno discutibile, specie se v’è la possibilità di dare una altro senso alla norma rispettoso della sua ratio semplificatrice.
L’unico senso possibile è quello di interpretare l’obbligo del versamento in parola come l’obbligo di una (seria) messa a disposizione dell’organo amministrativo delle somme.
Dal che deriva che, se l’amministratore partecipa all’atto costitutivo, lo stesso dovrà ritirare gli assegni, o condividere con l’obbligato il consenso per la messa a disposizione della relativa provvista presso terzi nell’interesse della società quietanzandone l’avvenuta messa a disposizione per le finalità di legge. Se all’atto costitutivo non partecipi alcun componente l’organo amministrativo, nulla quaestio: occorrerà indicare in atto il sistema di messa a disposizione della somma dell’organo amministrativo (e quindi indicare l’assegno o prendere in considerazione le “vecchie” ricevute di deposito provvisorio bancarie, o lasciare le somme in assegno presso il notaio, sempre con assegno circolare intestato alla costituenda società) in attesa che un amministratore accetti. Con l’accettazione si “perfezionerà” il rapporto di deposito e l’amministratore, senza che occorra una sua specifica volontà, si costituirà custode della somma per legge, e, non avendo ricevuto in precedenza, il titolo lo ritirerà laddove esso si trovi.
La novità sul piano sistematico potrebbe consistere in ciò: dovrebbe assumersi - in questi casi - che l’amministratore debba accettare prima dell’iscrizione giacché il perfezionamento del contratto di deposito dovrebbe avvenire prima dell’iscrizione della società, esaurendo così l’iter che esige il “versamento”delle somma in esame nelle sua mani quale modalità dell’esecuzione dei conferimenti in danaro, e venendo perciò soddisfatta la norma che esige il rispetto delle previsioni in tema di conferimenti al fine dell’iscrizione nel Registro delle imprese.
Confesso, a tale riguardo, che non mi pare asistematica nemmeno l’interpretazione secondo cui “messa a disposizione” la somma secondo le modalità (sicure) di cui sopra, non vi sarebbe alcuna necessità di accettazione preventiva da parte dell’organo amministrativo, ben potendosi supporre che il rapporto di deposito si perfezioni nei termini comunemente previsti dalla legge per l’accettazione della carica. Vale anche la pena ricordare che la legge prevede in ogni caso che “la messa a disposizione” dell’organo amministrativo delle più volte menzionate somme debba essere indicata nell’atto costitutivo. La sua omissione sembra sicura fonte di responsabilità civile per il notaio per i danni subiti dalla società, i soci o i terzi in conseguenza della mancata indicazione. Si deve condividere poi l’assunto per cui, l’eventuale mancanza di menzione, in ogni caso, non esonera il notaio dall’obbligo di richiedere l’iscrizione dell’atto costitutivo ex art. 2330 c.c.
2. La disciplina della nuova riserva legale
Una riflessione a parte merita la speciale disciplina del comma 5 dell’art. 2463 c.c. secondo il quale «La somma da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato, per formare la riserva prevista dall’articolo 2430, deve essere almeno pari a un quinto degli stessi, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro».
Si tratta di una previsione testualmente riferita alle Srl Oec nel quadro più generale dello statuto ordinario della Srl nelle quali, com’è noto, si deve accantonare a riserva legale almeno la ventesima parte degli utili netti annuali, fino a che questa non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale.
È stato correttamente ipotizzato che la ratio della previsione risieda nel controbilanciamento della sottocapitalizzazione: se da un lato, infatti, il legislatore ha introdotto Srl con capitale minimo di un euro, dall’altra parte, proprio per aver considerato anche queste nel sistema della disciplina del capitale di tipo continentale, ha favorito la formazione quanto meno della patrimonializzazione sociale, mercé la formazione di una riserva legale dotata di un fattore d’accellerazione rispetto a quella generale.
Sotto questo profilo, che il meccanismo accelleratorio non sia destinato ad implementare la voce di bilancio del capitale, non arreca alcun contributo al dibattito della razionalità del sistema innovativo, dal momento che la funzione della riserva legale è comunemente ascritta alla formazione di un cuscinetto tra perdite e capitale nominale ad evitare nevrotici interventi su quest’ultimo(30), esigenza questa particolarmente avvertita in presenza di submodelli con importi a capitale irrisori.
Dunque, in generale, la scelta legislativa ha più di una logica: tra i sistemi possibili, tendenzialmente destinati ad evitare aggiustamenti costanti della voce di bilancio “capitale sociale”, s’è scelto quello votato alla formazione “rapida” della riserva cuscinetto per eccellenza, la cui funzione appare peraltro chiara anche dal dato normativo consistendo, appunto, nella sua imputazione a capitale o nella copertura di eventuali perdite. Funzione evidentemente rafforzata dalla previsione per la quale essa deve essere reintegrata se viene diminuita per qualsiasi ragione (pur dato atto che appare difficile rintracciare ipotesi di diminuzione o erosione della riserva de qua diverse dall’incidenza delle perdite).
Un problema preliminare sembra essere ancora di sistema, e consiste nello sciogliere il dubbio se l’applicazione della disciplina della formazione della riserva sia limitato al solo submodello Oec ovvero se sia esteso alle Srls.
Le motivazioni dell’esclusione dell’applicazione della disciplina qui al vaglio sogliono ricondursi alla mancata previsione della riserva in parola nella lettera dell’articolo 2463-bis c.c. e nella circostanza per cui, si ritiene, che l’ultimo comma della norma ultimo citata richiamerebbe, nei limiti di compatibilità, per le Srls le norme della Srl ordinaria e non le norme della Srl Oec. Talora si tenta anche una giustificazione di ratio ricondotta alla necessità di una maggiore idoneità della Srls alla semplificazione ed allo stimolo dell’iniziativa economica che, in tale fattispecie, sarebbero ulteriormente assicurate anche dal mancato obbligo della formazione di una riserva legale accellerata.
Nessuna di queste ragioni appare assorbente, né convincente.
Non l’assenza di un esplicito richiamo della riserva nella formulazione dell’articolo 2463-bis c.c., che, evidentemente, è stato focalizzato sul contenuto dell’atto costitutivo (come espressamente peraltro dichiarato nella norma) piuttosto che nella disciplina generale del submodello, né la presunta vocazione dell’ultimo comma dell’articolo 2463-bis c.c. ad applicare alle Srls il solo statuto della Srl ordinaria in quanto, a ben guardare, tale richiamo fa generale riferimento alle “norme del capo” e non ad una sola parte di esse. In altri termini, sono considerate proprio dall’ultimo comma dell’articolo 2463-bis c.c. applicabili tutte le norme del capo dedicato alle Srl ivi comprese, dunque, quelle sulle Oec per le quali argomentare un’astratta incompatibilità letterale appare più una petizione di principio che altro. Nemmeno la ratio legata alla concezione del submodello Srls come “ultrasemplificato” rispetto alle Srl Oec risulta in alcun modo dimostrata, dal momento che l’unica specificità per lo stesso sta nella circostanza che esso, in punto costitutivo, debba essere governato attraverso un complesso ordinamentale semplice ed asciutto quale quello rinveniente dal modello ministeriale(31), oltre a beneficiare, sempre in sede starting di particolari agevolazioni in termini di “costi”. Al contrario, proprio dalla inclusione delle Srls tra le società a capitale continentale, considerato il ruolo che questo appare destinato ad avere in tutte le società a capitale un euro, emergono incontestabili ragioni per affermare che la riserva “speciale” sia loro applicabile.
Su di un piano generale, va inoltre correttamente sottolineato che la disciplina della riserva prevede il meccanismo dell’accellerazione sino a quando l’importo della medesima - sommato in bilancio a quello del capitale - non abbia raggiunto i 10.000 euro, fermo restando che, superata detta soglia, l’accantonamento a riserva avverrà secondo la prescrizione ordinaria di cui all’articolo 2430 c.c.
Per il resto la riserva in esame per espressa previsione legislativa è e resta autentica riserva legale con tutte le regole (e problemi) suoi propri(32).
Va in ogni caso sottolineato che la legge riconosce espressamente alla società la facoltà di scegliere se utilizzare l’importo di tale riserva per rimpolpare il capitale (aumento gratuito)(33 )oppure se rimanere Srl Oec o Srls, accettando di avere una riserva legale accellerata magari di un milione di euro ma un capitale sociale di 1 euro.
Va anche condivisa la conclusione secondo cui le Srl a capitale un euro non sembrano soggette ad un doppio regime di riserva legale (quello di cui all’art. 2463, comma 5 c.c. e quello di cui all’art. 2430 c.c.), e ciò perché la disciplina del cumulo risulterebbe priva di ogni senso, aggravando gli oneri di accantonamento delle nuove Srl senza che vi sia alcuna previsione in merito.
3. La disciplina della riserva sovrapprezzo, delle altre riserve e degli apporti fuori capitale
Stabilito, così, che il minimo comune denominatore di Srl Oec e Srls sta nella fissazione convenzionale di un capitale minimo nel range corrente tra euro 1 e 9.999, ferme le specificità in tema di conferimenti e riserva legale, va ulteriormente chiarito se nel framework comune delle stesse abbiano spazio le comuni regole di sovrapprezzo e dei conferimenti cd. “fuori capitale” (versamenti e finanziamenti) ed, eventualmente, quale sia la loro disciplina.
Le esigenze di flessibilità ricollegate dalla legge ai submodelli in commento inducono a ritenere che gli unici conferimenti in senso proprio possibili in tali Srl siano quelli in danaro(34). Il che vale quanto dire che il capitale sociale può essere supportato, fino all’importo di euro 9.999, da conferimenti in danaro integralmente sottoscritti e versati. Questa affermazione non mi pare possa escludere l’applicazione della disciplina del sovrapprezzo in sede costitutiva(35).
Peraltro, la previsione della possibilità di un “sovrapprezzo” è nell’espressione del comma 4 dell’articolo 2464 c.c., che ne impone, per le Srl, l’intero versamento in sede costitutiva.
Altro è verificare se tale sovrapprezzo sia destinato ad alimentare la riserva di cui all’articolo 2431 c.c.(36 )ciò di cui sarei propenso a dubitare.
Se le somme di che trattasi non alimentano la riserva sovrapprezzo esse alimentano riserve disponibili le quali, dunque, non interagiscono con la riserva legale.
Anche nei submodelli all’esame l’unica riserva che può interagire con la legale è l’autentica riserva sovrapprezzo, ossia quella che si forma in sede di aumento del capitale sociale laddove vi sia offerta di sottoscrizione a terzi secondo le previsioni di cui all’articolo 2482-bis c.c. In tal caso troverà applicazione l’articolo 2431 c.c. che fa divieto di distribuzione ai soci della riserva sovrapprezzo fintantoché la riserva legale “speciale” di cui all’ultimo comma dell’articolo 2463 c.c. non abbia raggiunto insieme al valore del capitale nominale, la somma di euro 10.000.
Ulteriormente diverso è il problema se i soci possano alimentare il netto patrimoniale con apporti a patrimonio in natura. Il dubbio, già diffuso nella Srl ordinaria, potrebbe avere più di un motivo di radicarsi nei submodelli in commento dal momento che per essi il legislatore ha limitato la disciplina delle entità conferibili a capitale relegandoli ai soli apporti in danaro.
A me sembra che il divieto di apporti in natura valga decisamente solo per i conferimenti in senso proprio, e non in generale per gli apporti patrimoniali: non vi sono ragioni infatti per deprimere l’apporto di ricchezza in queste società dal momento che l’unico obiettivo che il legislatore si è prefissato con l’adozione dei submodelli in commento è quello di evitare che fino a euro 10.000 di capitale si possa istituire una relazione plutocratico - organizzativa tra conferimento e capitale diversa da quella basata sul danaro, mentre non sembra di certo essersi proposto lo scopo di evitare la formazione di (altre) poste di netto patrimoniale. In altri termini, sa da un lato la legge stabilisce il criterio per cui la posizione del socio nelle Srl Oec e Srls debba dipendere unicamente da una partecipazione capitalistica sorretta dai soli conferimenti in danaro integralmente versati, questo non sembra impedire che i soci possano attrezzare patrimonialmente la società trasferendole causa societatis beni in natura non idonei di per sé ad attribuire ai soci medesimi un ruolo corporativo specifico. Essi saranno da considerarsi alla stregua dei versamenti in conto aumento di capitale. Mai potrebbero esserlo in conto futuro aumento, altrimenti, in tutte evidenza, sarebbero usati in spregio e al divieto di conferimenti in natura sino al raggiungimento della soglia di euro 10.000 di capitale sociale, e, ciò che sarebbe più grave, in violazione delle norme sui conferimenti in natura (rectius sulla necessità della valutazione “peritale”).
Parimenti, nel framework comune della disciplina dei sub modelli, rientra pacificamente la facoltà per i soci di procedere a finanziamenti alla società per i quali non avrei alcun dubbio per l’applicazione piena dell’articolo 2467 c.c., la cui disciplina potrebbe avere più di una specifica ragione di essere applicata con un certo rigore ai modelli organizzativi in parola che, per definizione, sono orientati alla sottocapitalizzazione “sfacciata”, ove non alla capitalizzazione di tipo organizzativo e formale.
Il modello organizzativo delle “Srl a capitale un euro (One euro capital - Oec) e Srls”: in particolare i conferimenti e gli aumenti di capitale
Costituzione, conferimenti, patrimonio netto delle Srl a “capitale un euro” e “Srls” e aumenti del capitale sociale
Nelle Srl Oec e nelle Srls è espressamente stabilito, quindi, che i conferimenti debbano farsi esclusivamente in denaro, e debbano, parimenti, essere interamente versati all’atto della sottoscrizione. Il che declina una serie di conseguenze logico-applicative che è bene sintetizzare come segue:
- risulta, in questi modelli organizzativi, patente il divieto dei conferimenti in natura;
- la disciplina dei conferimenti in danaro esige l’immediata liberazione;
- appare necessario un ampio ricorso alla patrimonializzazione della società.
Il piano delle prime due conseguenza appare ragionevolmente fondato sull’esigenza di evitare alla società i costi e le conseguenze connessi al conferimento in natura rispetto al quale quello in danaro indubbiamente manifesta maggiore flessibilità risultando estranei a quest’ultimo, infatti, rischi da contestazioni (successive alla valutazione peritale) riferibili alle entità conferende e per valore e per evizione o per vizi. Sotto questo profilo, anzi, la disciplina appare maggiormente rafforzata dalla necessità della previsione per la quale, in caso di conferimento in danaro, si vuole evitare che la società resti creditrice dei propri soci a causa del conferimento stesso. Il che porta ragionevolmente ad escludere l’applicazione delle disposizioni (e con esse i tempi, i costi ed anche i rischi per la stessa sopravvivenza dell’ente) in materia di morosità da conferimento in denaro.
Il terzo aspetto scrutina, come già esaminato in precedenza, la necessità di valutare la piena legittimità di apporti a patrimonio fuori dal capitale sociale e la loro disciplina.
Vale ora approfondire se la prescrizione in commento valga per i submodelli in parola solamente in sede di costituzione o possa essere estesa anche in caso di aumento del capitale. Ed in tale ultima circostanza appare utile distinguere ulteriormente il caso in cui la Srl Oec e la Srls adottino una modifica di capitale che le mantenga nell’ambito del submodello di partenza (e quindi sotto i 10.000 euro) ovvero che le transitino al modello capitalisticamente “ordinario” (cioè a capitale pari o superiore a 10.000 euro).
Molta prassi sembra orientata a ritenere che la disciplina in commento debba limitarsi alla sola fase costitutiva.
Le motivazioni sono ricondotte innanzitutto al dato letterale che circoscrive la necessaria presenza di conferimenti in danaro interamente liberati alla sola fase costitutiva e non ad altre fasi. Inoltre si sottolinea che che l’esigenza di semplificazione sembrerebbe anch’essa circoscritta alla sola fase di costituzione; ed infine si evidenzia la portata “eccezionale” delle prescrizioni all’esame, tali in ragione della deroga da esse apportate al sistema dei conferimenti della Srl, da cui la scarsa attitudine delle norme stesse a poter essere applicate “analogicamente”o “estensivamente”(37).
A dire il vero nessuna delle motivazioni addotte a sostegno della pur qualificata conclusione sembra irresistibile, né, d’altra parte appare cogliere il segno della previsione legislativa.
Al contrario del legislatore tedesco, nelle cui taumaturgiche capacità molti scrittori (italiani) ripongono illimitata e mistica fiducia, quello italiano non ha in alcun modo limitato la disciplina dei conferimenti alla sola fase costitutiva delle Srl (Oec o semplificate).
Il dato normativo letterale, come anche le poche indicazioni sistematiche, non autorizzano ad immaginare che lo scopo semplificato (per come dianzi tracciato) possa considerarsi limitato alla fase costitutiva, al contrario induce a ritenere confermate le previsioni di veri e propri “status”organizzativi (più banalmente submodelli) che contengano deviazioni dall’ordinario regolamento del modello principale di riferimento.
Ora, la deviazione principale è concentrata, appunto, sull’entità del capitale sociale, e sarebbe invero singolare - e difficilmente giustificabile - anche il solo ipotizzare che se una Srl si costituisca con un capitale di 9.999 euro debba avere i conferimenti in danaro e tutti versati mentre se la si costituisca ad 1 euro e poi le si aumenti il capitale a 9.999 essa debba avere 1 euro interamente versato e la restante parte assoggettata alla disciplina del modello generale.
Ma se le differenza (di disciplina) tra il modello generale ed il submodello deriva proprio dall’ammontare del capitale sociale come giustificare l’applicazione della disciplina del modello generale proprio quando la Srl ha l’ ”ubi plerumque accidit” coincidente con l’elemento speciale del submodello?
In altri termini come applicare ad una Srl con 9.999 euro di capitale sociale la disciplina di quella a capitale pari o superiore a 10.000 se la disciplina del modello organizzativo “deviante” è proprio incentrata sul diverso ammontare del capitale sociale?
Non credo che possa considerarsi sufficiente il “silenzio” legislativo in tema di disciplina diversa da quella costitutiva chè, diversamente, tale silenzio fragorosamente suona come ineluttabile necessità d’applicazione della disciplina proprio del modello organizzativo prescelto quantomeno fintantochè esso modello organizzativo risulti caratterizzato proprio dall’elemento che ne giustifica la sua stessa esistenza (appunto l’ammontare del capitale sociale).
Sul piano applicativo risulta che una Srl Oec o semplificata ben può adottare le risoluzione d’aumento del capitale sociale per un ammontare inferiore ai 10.000, ma fintantoché tale importo non raggiunga o superi al soglia legale ultimo detta la disciplina dei conferimenti non potrà che essere unitaria scontando la medesima necessità di essere assoggettata alla disciplina dei conferimenti in danaro che dovranno sempre e comunque essere integralmente versati.
Dunque, i principi che pare possano desumersi dalle novità introdotte si riassumono, innanzitutto, nella piena legittimità di ogni operazione che favorisca l’aumento del capitale sia sopra che entro il limite dei diecimila euro, cifra che segna, quindi, il benchmark per l’appartenza al modello organizzativo prescelto con una limitazione:
- ogni aumento sotto il benchmark esige versamenti in danaro interamente liberati in applicazione della disciplina speciale del submodello di appartenenza (il che vale sia per le Srl Oec che per le Srls);
- ogni aumento per cifre pari o superiori al benchmark ripristina la disciplina del modello generale delle Srl, il che significa potersi adottare aumenti in danaro a pagamento previo versamento del 25% dei medesimi, ovvero in natura previa applicazione delle note disposizioni in tema di valutazione peritale. Sul piano generale della disciplina, peraltro, va sottolineato che la decisione di aumento non si sottrae alle altre comuni regole dell’aumento del capitale in Srl e quindi degli artt. 2479 c.c. e ss. sul piano dell’organizzazione, nonché degli articoli 2481 c.c. bis e ter sul piano dei contenuti. Ancora, non può che ribadirsi il concetto per cui la delibera di aumento del capitale sociale (oneroso o gratuito) che superi la soglia dei diecimila euro non implica alcuna modificazione del tipo sociale restando esclusa, quindi, ogni idea di trasformazione dell’ente, e soprattutto la relativa disciplina ivi compresa quella relativa al recesso dei soci.
Infine, sempre su di un piano generale resterebbe da verificare se una Srls possa davvero adottare una decisione di aumento del capitale sociale a pagamento con conferimenti in natura (beninteso nel caso di superamento della soglia dei diecimila euro). Il problema potrebbe essere di ordine sistematico e derivare dall’applicazione del comune principio in tema di Srl contenuto nell’art. 2464, comma 3, c.c. a mente del quale com’è noto «se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve farsi in denaro».
A sua volta, in tema specifico di Srls, l’articolo 2463-bis c.c. (le clausole del cui modello ministeriale sono espressamente dichiarate dal legislatore inderogabili) non prevede tra le indicazioni possibili quella sopraindicata dell’articolo 2464 comma terzo.
Nondimeno, non appare in alcun modo sostenibile che una Srls non possa adottare una decisione di aumento in natura (sopra benchmark) dal momento che il legislatore non ha in alcun modo limitato la capacità del submodello in questione, cui è libera l’opzione del transito dal suo “status”di Srls a qualunque altra formula organizzativa del “mondo Srl” (Oec o ordinario) nel rispetto delle comuni regole concernenti il contenuto del proprio atto costitutivo. Così se una Srls intendesse procedere ad un aumento in natura sopra la soglia dei 10.000 euro essa appare libera d’adottare tale modifica statutaria previo inserimento nello statuto della previsione di cui al noto disposto dell’articolo 2464 comma 3(38), in quanto tale decisione sul piano organizzativo implica unicamente la rinunzia allo stato di Srls ed appunto il transito ad una nuova formula organizzativa caratterizzata da regole (e costi) diversi.
Ci si dovrebbe inoltre, chiedere, in tale prospettiva, quale sia la situazione di una Srl Oec che, in atto costitutivo ammetta i conferimenti in natura (potendolo fare dal momento che essa è sottratta alla disciplina della rigidità del modello ministeriale). Per le cose dette la risposta comincia a risultare agevole: l’adozione di una decisione siffatta appare ben legittima alla condizione che l’aumento porti il capitale a cifra pari o superiore a euro 10.000 declinando il transito da un modello organizzativo semplificato a quello “pieno”o ordinario.
In questo contesto resta, ancora sul piano generale, comprendere a fondo quale sia il limite della disciplina della formazione del capitale sociale sotto il benchmark suindicato (ossia 10.000 euro) e più in particolare rendere coerente l’enunziato secondo il quale sotto tale soglia il capitale deve essere sempre interamente versato e liberato in danaro, con l’ampia casistica secondo la quale una Srl può generarsi anche in caso di “operazione straordinaria” ad esempio in sede di fusione in senso stretto ovvero di scissione con formazione di una newco(39).
Quid infatti se due società (ex art. 2501 c.c.) decidano di costituirne una nuova di tipo Srl Oec?(40)
Oppure, quale disciplina nel caso in cui una società assegni una parte del suo patrimonio ad una nuova società volendo fissare un capitale sotto la fatidica soglia di euro 10.000?
Una pur sommaria ed approssimativa analisi della disciplina delle due operazioni straordinarie conduce alla conclusione secondo la quale di norma i patrimoni e quindi anche il capitale delle società risultanti dalle predette riorganizzazioni aziendali derivano dall’immissione di tutto o parte dei patrimoni della o delle società coinvolte in guisa che la newco (sia essa la beneficiaria di un’operazione di fusione che di scissione) in buona sostanza sia l’assegnataria di porzioni patrimoniali. Il che, sul piano dell’esame aziendale e giuridico del capitale sociale che ne risulta formato, conduce a considerare lo stesso come un capitale interamente coperto e quindi liberato con un conferimento del tipo di quelli in natura piuttosto che, evidentemente, in danaro(41).
Appare quindi legittima la domanda se una Srl Oec possa essere il legittimo risultato di un’operazione di tal fatta considerata la necessità, per essa, di conferimenti in danaro e non in natura.
Riterrei pienamente legittima e coerente la risposta positiva.
Non avrebbe alcun senso, infatti, limitare la capacità delle società di adottare fusioni o scissioni che abbiano come esito una Srl Oec non fosse altro che per l’empirica e primigenia osservazione per cui, comunemente, una qualunque società possa costituirle senza alcuna limitazione. D’altra parte, l’enunziata ed esaminata regola per cui nella costituzione (o negli aumenti di capitale sociale) delle Srl Oec non si possa fare ricorso ai conferimenti in natura al fine di evitare l’applicazione delle regole peritali e dei rischi che essi comporterebbero non vale per le fusioni o scissioni nelle quali le regole di sicurezza delle valutazioni patrimoniali sono speciali, e derivano dalle procedure previste dal legislatore per ciascuna di tali forme di riorganizzazione (redazione di progetti, situazioni patrimoniali, relazione di organi sociali, di esperti etc.). Altrimenti detto, nei procedimenti di fusione in senso stretto, come di scissione con costituzione di newco, la certezza della formazione e dell’esistenza patrimonio sociale del “risultato” dell’una o dell’altra che darebbe luogo, appunto, (anche) alla formazione del capitale sociale della newco in forma di Srl Oec è assicurata a monte da norme speciali la cui applicazione prescinde e pre-esiste alla disciplina della Srl “risultato”, poco importando, quindi, su questo piano, che essa sia o meno una Srl di “nuovo generazione”. Da altro punto di vista, tuttavia, non può non osservarsi che tali procedure assicurano la formazione del capitale sociale in guisa che esso possa senz’altro dirsi esistente e liberato una volta che le procedure stesse si siano compiute nel rispetto delle regole che le riguardano. Nella prospettiva, quindi, degli interessi tutelati e delle finalità perseguite non può che accettarsi l’idea per la quale in tali fattispecie risultano pienamente conseguiti gli obiettivi fissati dal legislatore nella disciplina di una Srl Oec: capitale coperto integralmente, assenza di crediti da conferimenti della società verso i soci, e inapplicabilità delle procedute in termini di tempi costi e conseguenze tipiche delle valutazioni peritali dei conferimenti in natura. Caratteri tutti pienamenti effettivi allorchè una o più Srl o una o più spa decidano di adottare una delibera di fusione in senso stretto o di scissione con formazione di newco nelle quali il “risultato” dell’operazione straordinaria sia una Srl Oec.
1. Segue ... in particolare l’aumento gratuito
La decisione di aumento gratuito nelle società Oec ed Srls sconta indubbiamente la disciplina generale di cui all’articolo 2481-ter c.c.(42), quindi «La società può aumentare il capitale imputando ad esso le riserve e gli altri fondi iscritti in bilancio in quanto disponibili. In questo caso la quota di partecipazione di ciascun socio resta immutata».
Sul piano generale non può prescindersi dall’aver concluso per la necessaria presenza in entrambi i submodelli in parola di una disciplina speciale della riserva legale, coincidente, nella specie, con quella prevista dal quinto comma dell’articolo 2463 c.c. secondo il quale occorre accantonare utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato in misura almeno pari a un quinto degli stessi, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro. Disciplina ulteriormente resa specifica dall’espressa previsione a mente della quale detta riserva possa essere utilizzata solo per imputazione a capitale e per copertura di eventuali perdite.
Si tratta di una regolamentazione della riserva legale, invero, diversa da quella comunemente adottata per le spa e per le Srl ordinarie.
Nella prospettiva dell’aumento gratuito non può revocarsi in dubbio che i due submodelli possano imputare a capitale la riserva de qua con due diversi ordini di conseguenze:
- se a seguito della delibera di aumento, la soglia del capitale sociale resta inferiore a euro 10.000 (ciò che, come detto, appare ben possibile) la disciplina della riserva legale successiva alla delibera resterà sempre quella dell’articolo 2463 comma quinto;
- se, invece, a seguito della decisione d’aumento il capitale supererà il benchmark allora la disciplina della riserva legale sarà quella del modello ordinario.
Stante la piana imputabilità a capitale sociale della riserva legale, egualmente imputabile in sede d’aumento gratuito appare la riserva sovrapprezzo(43 )che avrà, peraltro, una disciplina adattata alla disposizone dell’articolo 2463 in guisa che, in generale, essa non potrà essere distribuita fintantoché la riserva legale (quindi quella di cui all’ultimo comma dell’articolo 2463 c.c.) non abbia raggiunto insieme al valore del capitale nominale, la somma di euro 10.000.
Tale indistribuilità permane anche nel caso di imputazione a capitale della riserva legale con esito nominale inferiore ai 10.000 euro: in tale circostanza, infatti, la riserva legale dovrà essere sempre assoggettata al disposto del comma 5 dell’articolo 2463 c.c. con la conseguenza che quest’ultima norma diventa il punto di riferimento per l’adattamento dell’articolo 2431 in tema di riserva sovrapprezzo. Fermo quanto precede, non vi sono ragioni per immaginare che la Srl Oec o quella semplificata non scontino la disciplina tipica delle altre riserve del modello Srl ordinario(44).
Sul piano applicativo vale la pena ricordare che, come nel modello ordinario, anche nei submodelli in parola l’aumento gratuito non possa avvenire con l’emissione di “nuove quote” e ciò per la significativa ragione per cui nelle società a responsabilità limitata la quota non è unità di misura minima del capitale sociale, il che implica che in dipendenza dell’enunciato per cui «la partecipazione di ciascun socio resta immutata», si imputerà a capitale un valore da ripartirsi tra tanti soci quanti sono i componenti della compagine sociale al momento della delibera, di guisa che, appunto, la partecipazione di ognuno non subisca alterazione in conseguenza della delibera di aumento(45).
Anche nei submodelli quindi deve escludersi che la Srl conosca una duplicità di modalità attuative dell’aumento gratuito, restanto, tuttavia, evidente che il principio di omogeneità risulti, negli stessi, parimenti affermato, dal momento che il legislatore impone, quale generale principio dell’aumento gratuito, l’immodificabilità della partecipazione sociale in dipendenza dell’adozione della delibera di aumento. Immodificabilità che si esprime non solo in termini quantitativi, ma, ovviamente, anche in termini qualitativi.
Quindi potendovi essere quanto meno nelle Srl Oec (e non nelle Srls) soci dotati di speciali diritti riguardanti l’amministrazione o la distribuzione degli utili, tale speciale qualità della quota si rifletterà (proporzionalmente) sull’assegnazione ai medesimi in sede di aumento di tal che, nemmeno per quest’aspetto, essi possano subire nocumento in conseguenza dell’aumento stesso nemmeno quando la delibera lascia il submodello sotto i diecimila euro di capitale sociale.
2. Segue ... in particolare l’aumento oneroso
La disciplina dell’aumento oneroso a pagamento delle Srl Oec non sembra subire alcuno scostamento dalla disciplina del modello ordinario.
Al contrario talune problematiche specifiche sembrano caratterizzare l’aumento oneroso delle Srls, tutte segnatamente condizionate dalla scelta di metodo correlata al significato della prevsione dell’incipit dell’articolo 2463-bis nella parte in cui stabilisce che: «Le clausole del modello standard tipizzato sono inderogabili».
Ora, a prescindere dai difetti di coordinamento del sofferto susseguirsi della normativa in ordine alla definitiva determinazione di tale modello standard in sede ministeriale, che appare più questione di forma che di sostanza, non può farsi a meno di segnalarsi che tale contenuto non possa avere, nella lettera della legge, un contenuto diverso né più ampio di quello indicato proprio nell’articolo 2463-bis c.c.
Ove a ciò si rapporti la circostanza per cui nel modello ordinario delle Srl l’aumento oneroso sia soggetto alla generale previsione dell’articolo 2481-bis c.c. a mente del quale, inter alia, «l’atto costitutivo può prevedere, salvo per il caso di cui all’articolo 2482-ter, che l’aumento di capitale possa essere attuato anche mediante offerta di quote di nuova emissione a terzi; in tal caso spetta ai soci che non hanno consentito alla decisione il diritto di recesso a norma dell’articolo 2473» risulta evidente la necessità di un coordinamento tra le due disposizioni ed in particolare verificare se l’atto costitutivo di una Srls possa contenere la previsione di offerta a terzi dell’aumento a pagamento.
Con buona pace per ogni sforzo di pretesa “sistematica”, mi pare ineluttabile l’applicazione del brocardo per cui “in claris non fit interpretatio”: sicchè essendo inderogabile il modello standard delle Srls e non prevedendo in alcun modo il disposto dell’articolo 2463-bis c.c. l’introduzione di una clausola del tipo di quella all’esame, mi pare di tutta evidenza che tale opzione resti assolutamente preclusa alle Srls rientrando tra i limiti del submodello organizzativo come uno dei prezzi da pagare allorchè lo si prescelga avvalendosi degli altri vantaggi che esso si ritiene in grado d’offrire e ciò almeno fintantochè la Srls decida di restare nei confini suoi propri.
Infatti, nel momento in cui i soci di una Srls decidano diversamente le conseguenze sul piano applicativo e della disciplina non possono che cifrare l’uscita dal modello organizzativo in parola ed il suo transito ad altro e diverso modello e ciò indifferentemente rispetto alla quantità di capitale sociale deliberata. Quindi, se la Srls deliberi un aumento a pagamento sotto il benchmark:
a) ben potrà accadere che la relativa decisione possa prevedere un soprapprezzo per i soci, con le modalità ed i termini entro i quali può essere esercitato il diritto di sottoscrizione;
b) ben potrà accadere che via sia un aumento scindibile o inscindibile;
c) i conferimenti dovranno essere tutti in danaro ed immediatamente liberati.
Ma, se la Srls intenda adottare un aumento a pagamento con offerta a terzi dovendo intervenire sul proprio atto costitutivo (rectius sulle proprie regole organizzative) ciò potrà fare a condizione di uscire dal submodello originario per accedere a diverso submodello: o Oec o “ordinario”.
Nel primo caso la delibera potrà essere anche per capitale inferiore ad euro 10.000 (con conferimenti in danaro da liberarsi immediatamente ed integralmente) nel secondo caso la delibera dovrà fissare il capitale a cifra pari o superiore ad euro diecimila ed in tal caso torneranno ad applicarsi le regole del modello ordinario di Srl.
In entrambe queste ipotesi la scelta dei soci dovrà indirizzarsi per la “sofisticazione” del proprio sistema di organizzazione statutaria dovendosi quanto meno prevedere la facoltà di offerta delle quote di nuove emissione a terzi conformemente al disposto dell’articolo 2481-bis c.c.
In tutte queste ipotesi spetta ai soci dissenzienti il diritto di recesso(46).
Forse pleonastico ma utile concludere ribadendo che il caso di decisione dei soci di aumento del capitale (poco importa se gratuito o oneroso) con fissazione del capitale sotto o al di sopra dei 10.000 euro non integra sotto alcun profilo un’ipotesi di trasformazione dell’ente.
È importante infine ricordare che in ogni caso di aumento del capitale sociale (gratuito o a pagamento) la società debba nei trenta giorni dalla delibera o dall’avvenuta sottoscrizione depositare per l’iscrizione nel registro delle imprese la delibera di aumento gratuito o un’attestazione (degli amministratori) concernente l’esecuzione dell’aumento di capitale a pagamento.
La prescrizione non sembra discostarsi per le Srl Oec dalla disciplina del modello ordinario, mentre sembra porre alcuni problemi squisitamente pratici ancora per le Srls.
Infatti, per queste ultime la legge non prescrive ab origine il deposito di uno statuto nel Registro delle imprese ma solo dell’atto costitutivo il cui contenuto, com’è noto, deve essere inderogabilmente conforme al modello standard. Si pone il problema - quindi - dell’esecuzione di un aumento gratuito e\o oneroso per i quali la legge prevede il deposito di un nuovo ed aggiornato testo di statuto sociale che rechi, per l’appunto, l’indicazione dell’avvenuta modifica statutaria (rectius dell’aumento del capitale sociale).
Si deve ritenere che il profilo applicativo non risulti di particolare difficoltà allorchè la Srls transiti al modello Oec o a quello ordinario: in tal caso infatti è certa la necessità di una preventiva formazione di uno statuto sociale che recante il nuovo ammontare del capitale sociale verrà depositato presso il Registro imprese.
Quid nel caso in cui l’aumento si consumi all’interno del submodello Srls per il quale, come detto, non esiste uno statuto originario da modificare?
Le scelte teoricamente potrebbero essere due:
a) depositare un atto costitutivo ripetitivo del modello standard contenente, però, l’aggiornamento della cifra del capitale sociale;
b) depositare una mera comunicazione recante la sola modifica del capitale sociale (ossia sviluppare una prassi nel solco delle comunicazioni proprie delle società di persone per le quali com’è noto non è richiesto il deposito delle versioni aggiornate degli “statuti” sociali).
Nel silenzio del legislatore, l’idea di fondo che pervade la flessibilità e l’economicità della gestione della Srls, mi induce a condividere la piena legittimità della soluzione sub b).
(1) M.S. SPOLIDORO, «Una società a responsabilità limitata da tre soldi (o da un euro?)», in Riv. soc., 2013, 6, p. 1085.
(2) M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto. Una nuova geometria del sistema o un sistema disarticolato?», in Riv. soc., 2012, 6, p. 1101.
(3) Al riguardo sia consentito il rinvio alla rigorosa ricostruzione cronologica fornita dall’Area Scientifica - Studi d’Impresa nello studio n. 892-2013/I in www. notariato.it, paragrafi intitolati appunto “Cronologia degli interventi normativi”.
(4) Gesetz zur Modernisierung del GmbH-Rechts und zur Bekaempfung von Missbrauchen del 23 ottobre 2008.
(5) L’espressione e la panoramica è ancora di M. CIAN, op. loc. ult. cit.
(6) Confesso che l’espressione mi risulta particolarmente inadatta, non derivando, detto capitale, da alcuna “riduzione” ed evocando la “riduzione” specifiche operazioni sul capitale proprio nei modelli capitalistici italiani, e perciò inaugurerei altra classificazione, preferendo il ricorso all’acronimo anglofono di Srl “Oec” (da “One eur capital”), trattandosi appunto di società in cui il capitale minimo deve essere di almeno 1 euro.
(7) Sulla nozione di “tipo” nel diritto delle società cfr. innanzitutto P. SPADA, «Dalla nozione al tipo della società per azioni», in Riv. dir. civ., 1985, I, p. 95 e ss., e più di recente P. SPADA, La tipologia delle società tra volontà e nomenclatura, in Scritti in onore di Angelo Falzea, vol. II, t. 2, Diritto privato (M-Z), Milano, 1991, p. 911, e 921 e ss.
(8) M. CIAN, op. loc. ult. cit., la posizione è sostanzialmente condivisa da O. CAGNASSO, «La Srl: un tipo societario “senza qualità”?», relazione al IV Convegno annuale dell’Associazione italiana dei professori universitari di diritto commerciale “Orizzonti del diritto commerciale” dal titolo “Impresa e mercato fra liberalizzazioni e regole”, Roma 22 - 23 febbraio 2013, che autorevolmente invita ad una diversa riflessione con riferimento alle start-up innovative; sul punto cfr. anche infra, e P. REVIGLIONO «La società semplificata a responsabilità limitata: un “buconero”nel sistema delle società di capitali», in Nuovo dir. soc., 2011, 4, p. 23 e ss.
(9) Art. 2463-bis: società a responsabilità limitata semplificata: «1. La società a responsabilità limitata semplificata può essere costituita con contratto o atto unilaterale da persone fisiche. 2. L’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico in conformità al modello standard tipizzato con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, e deve indicare: 1) il cognome, il nome, la data, il luogo di nascita, il domicilio, la cittadinanza di ciascun socio; 2) la denominazione sociale contenente l’indicazione di società a responsabilità limitata semplificata e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie; 3) l’ammontare del capitale sociale, pari almeno ad 1 euro e inferiore all’importo di 10.000 euro previsto all’articolo 2463, secondo comma, numero 4, sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione. Il conferimento deve farsi in denaro ed essere versato all’organo amministrativo; 4) i requisiti previsti dai numeri 3, 6, 7 e 8 del secondo comma dell’articolo 2463; 5) luogo e data di sottoscrizione; 6) gli amministratori. 3. Le clausole del modello standard tipizzato sono inderogabili. 4. La denominazione di società a responsabilità limitata semplificata, l’ammontare del capitale sottoscritto e versato, la sede della società e l’ufficio del registro delle imprese presso cui questa è iscritta devono essere indicati negli atti, nella corrispondenza della società e nello spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato con la rete telematica ad accesso pubblico. 6. Salvo quanto previsto dal presente articolo, si applicano alla società a responsabilità limitata semplificata le disposizioni del presente capo in quanto compatibili».
(10) La conclusione è di G. FERRI JR, «Prime osservazioni in tema di società a responsabilità limitata a capitale ridotto», Studio n. 221 - 2013/I, approvato dalla Commissione studi d’impresa del CNN il 19 febbraio 2013.
(11) Il legislatore, è noto, ha anche riformato, in generale per il tipo Srl, le modalità di versamento dei conferimenti in danaro con la riformulazione del comma 4, dell’articolo 2464 a mente del quale oggi: «Alla sottoscrizione dell’atto costitutivo deve essere versato all’organo amministrativo nominato nell’atto costitutivo almeno il venticinque per cento dei conferimenti in danaro e l’intero soprapprezzo o, nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare. I mezzi di pagamento sono indicati nell’atto» dandosi atto per il momento che la novità consiste, evidentemente, nell’aver sostituito la modalità del deposito provvisorio bancario dei versamenti in danaro con il “versamento all’organo amministrativo” evidenziato. Sul punto si tornerà nel prossimo paragrafo.
(12) Osserva a tale riguardo M.S. SPOLIDORO, (op. loc. ult. cit.): «Fino al 1978, in Italia, è stato possibile costituire società a responsabilità limitata con un capitale di cinquantamila lire (25,82 euro) e società per azioni con un capitale di un milione di lire (poco più di cinquecento euro): ma il miracolo economico italiano non è certo dipeso dalla esiguità del capitale minimo richiesto per costituire tali tipi di società. Anzi, chi scrive ricorda molto bene che, sia pure con autorevoli dissensi (motivati proprio dal timore di restringere eccessivamente l’accesso alle società di capitali, vale a dire alle forme più moderne di società), alla fine prevalsero coloro che ritenevano essenziale adeguare ai livelli europei i limiti minimi del capitale delle società per azioni e a responsabilità limitata. Parve allora alla maggioranza che, grazie alle nuove regole, il Paese si sarebbe avviato a maggior rigore nella vita economica... ».
(13) M.S. SPOLIDORO, op. loc. ult. cit.
(14) A differenza di quanto accade per le società c.d. “di persone”. Al riguardo, cfr. F. GALGANO, Le società in genere - Le società di persone, in Trattato dir. civ. comm., già diretto da A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni, continuato da P. Schlesinger, III ed., Milano, 2007, p. 183 e ss., per la società semplice, e, con specifico riferimento alla società in nome collettivo, p. 374 e ss.
(15) Per un’esauriente ed approfondita rassegna delle questioni che agitano la vivace querelle cfr. M. MIOLA, «Il sistema del capitale sociale e le prospettive di riforma nel diritto europeo delle società di capitali», in Riv. soc., 2005, 6, p. 1199 e ss. Prima ancora, per una significativa ed autorevole indagine del problema, F. DENOZZA, «A che serve il capitale? (piccole glosse a L. Enriques - J.R. Macey, Creditor versus capital formation: the case against the european legal capital rules)», in Giur. comm., 2002, I, p. 585 e ss.
(16) Direttiva 77/91/Cee pur per come modificata dalla direttiva 2006/68/Ce (che in Italia ha determinato l’adozione del D.lgs. 142\2008) e pur tenendo conto dell’ancora, in Italia, “inattuata” direttiva 34\2013 destinata ad «ammodernare i criteri di formazione del bilancio e quindi con riflessi che inevitabilmente influiranno sulla disciplina del capitale sociale “del modello continentale”».
(17) È fuori discussione, infatti, che questa direzione rinvenga: a) dalle norme dedicate alla formazione del capitale; b) dalla disciplina volta a conservare detta corrispondenza nel corso della vita sociale, in tema di riduzione c.d. reale ovvero in tema di riduzioni per perdite nonché c) dalle disposizioni che impongono lo scioglimento quando l’alterazione della menzionata corrispondenza superi la cd. soglia “di guardia”.
(18) A prescindere dalla (s)fiducia che possa riporsi o meno in un sistema di tal fatta che - funzionante nei modelli economici anglosassoni - non è affatto dimostrato che tenga in quelli continentali e\o nel sistema economico italiano. Sul punto F. DENOZZA, op. ult. cit., p. 589.
(19) In questo contesto è di tutta evidenza che il problema principale del ruolo del netto patrimoniale deriverebbe dall’affidabilità dei criteri di calcolo dei valori di bilancio di cui il netto è componente. Sul punto, autorevole quanto antesignano, l’insegnamento di G.B. PORTALE, «I “beni” iscrivibili nel bilancio di esercizio e la tutela dei creditori nella società per azioni», in Riv. soc., 1969, p. 278; ID., «Dal capitale “assicurato” alle tracking stocks», in Riv. soc., 2002, in particolare p. 150. Cfr. pure M. MIOLA, op. cit., p. 1213. Si vedano infine le importanti novità che saranno importate grazie appunto alla direttiva 34 del 2013.
(20) M.S. SPOLIDORO, op. loc. ult. cit.
(21) Ancora M.S. SPOLIDORO, op. loc. ult. cit.
(22) Da parte quanto meno dell’organo amministrativo.
(23) Basterebbe solo ricordare, in termini di sistema, che la previsione dell’ “obbligo” di riduzione v’è perfino nelle società di persone che non hanno prescrizioni di minimo di capitale sociale, sebbene in funzione della distribuzione dei dividendi (art. 2303 1 comma c.c.) e che nelle società cooperative nelle quali il capitale è variabile, ma v’è comunque, la perdita integrale dello stesso, è causa di scioglimento (art. 2545-duodecies c.c.).
(24) Le differenti espressioni linguistiche usate nel 4 comma dell’articolo 2463 per la Srl Oec e nell’art. 2463-bis, n. 3 non possono ragionevolmente indurre a pensare a differenze di disciplina, al più ad accentuare lo sdegno dei puristi (del linguaggio) verso un legislatore sciatto e disordinato.
(25) Ma sul punto si tornerà più ampiamente avanti nella parte dedicata all’applicazione in tema di operazioni sul capitale sociale almeno per la parte assegnata allo scrivente in questo contesto (aumenti).
(26) Con ogni probabilità, perché la necessità della flessibilità e del contenimento dei costi correlati a questi submodelli avrebbe obbligato - in caso di scelta contraria - a ragionare su conferimenti semplificati in natura analogamente a quanto è stato recentemente fatto per le SpA; ma, al momento, il legislatore italiano ha rinunziato a questa possibile opzione.
(27) Sul punto amplius infra.
(28) F. TASSINARI, «Ne sexies in idem: la ricerca del legislatore italiano di semplificare la costituzione delle Srl», in Soc. econtr., 2013, 9, p. 8 e ss.
(29) Sul punto occorrerà ritornare.
(30) Sul punto sia consentito il rinvio al mio testo, L’Aumento del capitale sociale, Milano, 2007 e allo Studio d’impresa n. 892/2013/I, op. loc. ult. cit.
(31) Sulla cui inderogabilità occorrerà ritornare.
(32) Per i quali cfr., L’Aumento del capitale sociale, op. loc. ult. cit.
(33) Sul punto cfr. infra.
(34) E ciò tanto in sede di costituzione, quanto in sede di variazione del capitale sociale sotto euro 10.000. Sul punto vedi amplius infra.
(35) Laddove si condivida la possibilità di un sovrapprezzo in senso stretto in sede costitutiva.
(36) Studio d’impresa n. 99 - 2011/I, Le modificazioni del capitale nominale senza modificazione del patrimonio netto - Parte prima, approvato dalla Commissione Studi d’impresa del CNN il 25 maggio 2011.
(37) Cfr. Massima 130 Consiglio Notarile di Milano in www.consiglionotariledimilano.it.
(38) Ciò che potrà essere fatto anche contestualmente alla delibera d’aumento purché in un momento logico- giuridico anteriore all’aumento stesso.
(39) Ipotesi queste cui dovrebbe assimilarsi l’analisi di quella consistente nella riduzione del capitale sociale di una Srl con capitale pari o superiore a 10.000 euro ad un ammontare inferiore a detta soglia. Tuttavia, alle riduzioni del capitale sociale appare necessario dedicare altra parte del lavoro sicché per il momento la soluzione di tale ultimo caso appare estranea ai contenuti della presente indagine.
(40) Essendo la Srls limitata a soci che siano esclusivamente persone fisiche.
(41) Non vale la pena confondere la questione ponendosi gli ulteriori quesiti derivanti dall’applicazione, in sede di fusione o scissione, dalla possibile adozione di specifiche deliberazioni di aumento del capitale sociale, giacché tali vicende - sul piano della ricostruzione giuridica - appaiono eccezioni più che regole, ed in ogni caso agevolmente risolvibili una volta che si sia definito il principio per la fattispecie principale.
(42) Sulle problematiche di carattere generale concernenti l’aumento gratuito del capitale sociale cfr. G.A.M. TRIMARCHI, L’aumento del capitale sociale, Ipsoa, 2007 p. 161 e ss.
(43) Sulla cui nozione vedi supra.
(44) Fra le quali si fa rinvio allo studio CNN 99\2011 già citato.
(45) Sullo specifico punto delle caratteristiche dell’aumento gratuito nella Srl cfr. G. RACUGNO, Le modificazioni del capitale sociale nella nuova Srl, cit.,829-830; O. CAGNASSO, La società a responsabilità limitata, in Tratt. dir. comm. diretto da G. Cottino, vol. V, Padova, 2007, p. 340-341.
(46) Il problema se l’ingresso di nuovi soci sia necessariamente subordinato alla previsione dell’atto costitutivo o possa essere il frutto di una decisione dei soci attuali che, ad esempio, rinunzino una tantum al proprio diritto di “opzione-sottoscrizione” è analogo a quello generale per la Srl ordinaria. E per esso si fa rinvio al citato mio, Aumento di capitale, 2007, op. loc. ult. cit.
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