Le operazioni straordinarie nelle nuove fattispecie codicistiche di Srl
Le operazioni straordinarie nelle nuove fattispecie codicistiche di Srl*
di Federico Magliulo
Notaio in Roma
Le caratteristiche tipologiche delle nuove Srl rilevanti ai fini delle operazioni straordinarie
Generalità
La difficile situazione economica e competitiva nella quale si trova il nostro Paese ha indotto il legislatore ad intervenire, a più riprese, anche sul tessuto normativo che caratterizza la società a responsabilità limitata, la quale, com’è noto, costituisce un tipo sociale largamente diffuso nella prassi. Tuttavia, l’urgenza derivante dal contesto economico-sociale ha evidentemente condotto il legislatore ad operare senza un’adeguata ponderazione.
Ciò si rileva anche dalla circostanza che, all’originario D.l. 24 gennaio 2012, n. 1 (convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27), che pure ha subito un tormentato iter modificativo in sede di conversione e che ha introdotto nel sistema positivo la fattispecie della società a responsabilità limitata semplificata (di seguito Srls), hanno fatto seguito, a breve distanza temporale, ulteriori interventi normativi, non sempre fra loro coordinati.
Si allude, in particolare:
- all’art. 44 del D.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha introdotto nel sistema positivo la fattispecie della società a responsabilità limitata a capitale ridotto;
- al D.l. 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 99, che ha soppresso il modello della società a responsabilità limitata a capitale ridotto ed apportato rilevanti modificazioni non solo al modello della società a responsabilità limitata semplificata, ma anche alla disciplina della società a responsabilità limitata “ordinaria”.
Questo complesso e tormentato quadro normativo pone delicati problemi interpretativi, anche con riferimento all’applicazione ai nuovi modelli codicistici di Srl delle norme in tema di operazioni straordinarie.
Non v’è dubbio, infatti, che, in linea di principio, le norme in tema di trasformazione, fusione e scissione siano applicabili a qualsivoglia tipo sociale e, dunque, anche alle nuove tipologie di società a responsabilità limitata di recente introduzione.
Il sistema positivo è, infatti, giunto addirittura ad ammettere nelle operazioni straordinarie il superamento della barriera causale, laddove ha previsto e disciplinato le trasformazioni eterogenee, onde sembrerebbe assai strano che non si possano sottoporre a tali operazioni le nuove Srl, che sono pur sempre modelli organizzativi di tipo societario.
Ma è anche vero che già in passato le norme in materia di operazioni straordinarie sono state dalla dottrina e dalla giurisprudenza sottoposte al vaglio della compatibilità con la disciplina dei vari tipi societari che, di volta in volta, si volevano assoggettare ad una trasformazione ovvero ad una fusione o ad una scissione.
Si è, in tal modo, pervenuti ad individuare determinati limiti o condizioni all’assoggettamento ad un’operazione straordinaria in ragione dei tipi societari coinvolti, desumendo tali limiti o tali condizioni proprio dalla disciplina che caratterizza il tipo societario di arrivo rispetto a quello di partenza.
Non di rado, peraltro, i limiti - un tempo desunti dal sistema normativo in via interpretativa(1 )- si sono successivamente tradotti in espresse norme giuridiche, che hanno in tal modo fatto proprie le istanze provenienti dalla prassi.
Ne consegue che la nostra indagine deve prendere le mosse dall’individuazione delle caratteristiche tipologiche delle nuove Srl rilevanti ai fini delle operazioni straordinarie.
Non è questa peraltro la sede per procedere ad un’approfondita analisi delle nuove Srl, onde ci limiteremo a delineare i soli elementi tipologici delle stesse che possono assumere rilievo in sede di trasformazione, fusione o scissione.
I nuovi modelli quali sottospecie del tipo Srl
A tale riguardo, ci si deve innanzitutto chiedere se i nuovi modelli di Srl introdotti dal legislatore rappresentino un tipo sociale a sé stante ovvero una mera sottospecie del tipo Srl.
Non si tratta di una questione meramente teorica, in quanto, come avremo modo di approfondire nel prosieguo della presente trattazione, laddove si trattasse di tipi sociali autonomi, ogni modifica comportante l’assunzione da parte di uno dei nuovi modelli di Srl della forma della Srl “ordinaria” dovrebbe essere inquadrata, dal punto di vista sistematico, come trasformazione ed assoggettata alla relativa disciplina.
A prima vista sembrerebbe deporre nel senso che non si tratti di autonomi tipi sociali la circostanza che l’art. 2463-bis c.c., ultimo comma, in materia di Srls - introdotto dall’art. 3, comma 1, D.l. 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con modificazioni dalla L. 24 marzo 2012 n. 27 - dispone: «Salvo quanto previsto dal presente articolo, si applicano alla società a responsabilità limitata semplificata le disposizioni del presente capo in quanto compatibili»(2).
Nondimeno, si tratta di una disposizione che non può assumere carattere decisivo ai fini della soluzione del problema in esame.
Ed invero, il rinvio alla disciplina di un determinato tipo sociale nei limiti della compatibilità è una tecnica legislativa non di rado utilizzata del legislatore anche in un’ottica transtipica, quale formula semplificata per la disciplina di un autonomo tipo societario.
Basti pensare al riguardo:
- all’art. 2293 c.c., che, in materia di società in nome collettivo, rinvia, per quanto non specificamente disposto, alle norme in materia di società semplice;
- all’art. 2315, c.c., che, in materia di società in accomandita semplice, rinvia alle disposizioni relative alla società in nome collettivo “in quanto siano compatibili con le norme seguenti”;
- all’art. 2454 c.c. che, in materia di società in accomandita per azioni, rinvia alle norme relative alla società per azioni «in quanto compatibili con le disposizioni seguenti»;
- all’art. 2519 c.c. in materia di società cooperative, ove si prevede che alle medesime «per quanto non previsto dal presente titolo si applicano in quanto compatibili le disposizioni sulla società per azioni» ovvero, in presenza di determinati presupposti, le norme sulla società a responsabilità limitata.
Ne consegue che, in mancanza di un’espressa qualificazione normativa in termini di autonomo tipo societario, decisiva ai fini della individuazione di un autonomo tipo non è tanto la tecnica normativa utilizzata dal legislatore per la disciplina di un determinato fenomeno societario, quanto la presenza, anche laddove si faccia massiccio uso al rinvio normativo, di connotati specifici del fenomeno disciplinato, che incidano in maniera rilevante sulla struttura societaria rispetto alle norme del tipo sociale oggetto del rinvio normativo.
In proposito basti citare il fenomeno della piccola società cooperativa di cui alla all’art. 21 della legge 7 agosto 1997, n. 266, oggi abrogato, che, prevedeva determinate semplificazioni normative rispetto all’ordinaria disciplina delle cooperative per le cooperative composte «esclusivamente da persone fisiche in numero non inferiore a tre e non superiore ad otto soci», disponendo, peraltro, che «Alla piccola società cooperativa si applicano le norme relative alle società cooperative in quanto compatibili con le disposizioni del presente articolo».
A tale riguardo, si era ritenuto che le caratteristiche specifiche introdotte nella disciplina della piccola cooperativa non fossero tali da comportare l’instaurarsi di un autonomo tipo societario e che, dunque, nel caso di passaggio dalla forma di piccola cooperativa a quella di cooperativa ordinaria non potesse parlarsi di trasformazione in senso tecnico(3).
Nel caso delle Srls le caratteristiche specifiche dettate dalla legge per siffatto fenomeno societario non sembrano alterare in modo significativo lo schema strutturale della Srl ordinaria, limitandosi il legislatore a prescrivere determinati requisiti soggettivi dei soci o determinati requisiti dei conferimenti, a fronte di talune semplificazioni.
Peraltro, la collocazione sistematica della disposizione di cui all’art. 2463-bis c.c. all’interno della disciplina codicistica della Srl contenuta nel del libro V, titolo V, capo VII, che reca l’inequivocabile rubrica “Della società a responsabilità limitata”, appare quanto mai indicativa dell’intento del legislatore di ritenere che la Srls non costituisca un autonomo tipo societario, ma sia senz’altro ascrivibile al tipo della Srl.
Ma, se si concordasse con quest’ultima affermazione, a maggior ragione apparirebbe inevitabile assumere analoga conclusione anche con riferimento alla fattispecie prevista dall’art. 2463, commi quarto e quinto, c.c. - introdotti dal D.l. 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 99 - secondo cui «L’ammontare del capitale può essere determinato in misura inferiore a euro diecimila, pari almeno a un euro. In tal caso i conferimenti devono farsi in denaro e devono essere versati per intero alle persone cui è affidata l’amministrazione.
La somma da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato, per formare la riserva prevista dall’articolo 2430, deve essere almeno pari a un quinto degli stessi, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro. La riserva così formata può essere utilizzata solo per imputazione a capitale e per copertura di eventuali perdite. Essa deve essere reintegrata a norma del presente comma se viene diminuita per qualsiasi ragione»(4).
In tale ultima fattispecie, infatti, la relativa disciplina fa parte integrante di un articolo di legge diretto a regolare la Srl “ordinaria”.
Per di più tale modello, che per comodità espositiva potremmo denominare come società a responsabilità limitata con capitale inferiore a 10.000 euro (in breve Srlci), non presenta notevoli differenze dalla Srls dal punto di vista normativo.
Ed anzi le differenze strutturali riscontrabili tra Srlci e Srls sono unicamente:
- la possibilità che ne divengano soci anche persone giuridiche, in mancanza dell’espressa previsione di limiti inerenti alle persone dei soci nella Srlci;
- la non necessità che l’atto costitutivo sia redatto in base ad un modello standard tipizzato(5);
- la non necessità che la denominazione sociale contenga indicazioni diverse da quelle proprie della “ordinaria” società a responsabilità limitata;
- la necessità che la riserva legale sia potenziata, in conformità a quanto disposto dall’art. 2463, quinto comma, c.c.
Ma non v’è chi non veda come gran parte di siffatte deroghe al modello della Srls, lungi dall’allontanare la Srlci dal prototipo normativo della Srl ordinaria, si avvicinino ancora di più a quest’ultimo, attenuando le differenze esistenti fra la Srls e la Srl ordinaria(6).
I requisiti soggettivi
Come si è avuto modo di accennare, fra i requisiti connessi dalla legge all’assunzione della forma di Srls vi è quello relativo alle persone dei soci.
Questi ultimi devono, infatti, essere persone fisiche(7), mentre non è più necessario che esse non abbiano compiuto i trentacinque anni di età alla data della costituzione, per effetto delle modifiche apportate dal D.l. 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 99(8).
Ai fini del tema oggetto della presente trattazione e per le ragioni che risulteranno chiare in seguito, mette conto di chiarire se, ed in che misura, la legge richieda che il possesso di siffatto requisito soggettivo sussista solo in sede di costituzione ovvero permanga anche nelle successive modificazioni della compagine sociale.
Il legislatore tace del tutto sulla materia in esame e la questione appare complessa, anche in ragione del fatto che la legge non pone più un espresso divieto di cessione della partecipazione sociale a soggetto non persona fisica, alla stregua dell’abrogazione del quarto comma dell’art. 2463-bis c.c.(9)
Nondimeno, coerenza sistematica esige che si debba ritenere insito nel sistema un siffatto divieto.
Ed invero, la legge, pur avendo eliminato il requisito relativo all’età massima dei soci, richiede comunque che essi siano persone fisiche e detta disposizioni semplificatrici in funzione di tale qualità. Se ne deve dedurre che l’ingresso in società di fonte volontaria da parte di soggetti diversi dalle persone fisiche deve ritenersi vietato(10).
Se così non fosse, sarebbe facile aggirare l’intento normativo di circoscrivere le agevolazioni e le semplificazioni previste dalla legge a determinati soggetti, mediante successivi atti diretti volontariamente a determinare l’ingresso in società di soggetti non agevolabili.
In particolare, tale divieto deve considerarsi esistente anche in presenza di variazioni soggettive a carattere volontario, ma che non dipendano da una cessione di quota in senso tecnico.
Può, al riguardo, addursi l’esempio di un aumento di capitale nei limiti consentiti dalla soglia massima inferiore ad euro 10.000, che consentano la collocazione dell’inoptato presso terzi ai sensi dell’art. 2481-bis, primo comma, c.c.
La collocazione dell’inoptato presso terzi consente, infatti, al pari della cessione della quota sociale, l’ingresso in società di nuovi soci, che potrebbero non rivestire i requisiti soggettivi previsti dalla legge. Ma, se si escludesse l’applicazione del divieto di cessione delle quote a soci non persone fisiche anche alle sottoscrizioni di aumenti di capitale che comportino la medesima conseguenza, la norma che prescrive il menzionato requisito soggettivo ne risulterebbe parimenti sostanzialmente svuotata di contenuto.
Se ne deve dedurre che la norma proibitiva così ricavata dal sistema si estenda non solo, in caso di aumento di capitale, alla collocazione dell’inoptato presso terzi non muniti dei requisiti di legge, ma ad ogni altro atto volontario che determini l’acquisto della qualità socio della Srls per un soggetto sprovvisto di siffatti requisiti(11), come del resto è espressamente previsto da talune legislazioni europee(12).
A seguito delle novità introdotte dal D.l. 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 99, non sono più previsti particolari requisiti con riguardo alle persone degli amministratori, che non devono più essere soci né persone fisiche(13).
Nessun particolare requisito soggettivo è, infine, richiesto per la Srlci.
Requisiti patrimoniali
Dal punto di vista patrimoniale la legge prevede, tanto per le Srls quanto per le Srlci, che:
a) il capitale sociale sia pari almeno ad 1 euro ed inferiore all’importo di euro 10.000 (artt. 2463-bis, secondo comma n. 3, c.c. e 2463, quarto comma, c.c.);
b) il capitale sia interamente versato alla data della costituzione, mentre il relativo conferimento deve farsi in denaro ed essere versato all’organo amministrativo (artt. 2463-bis, secondo comma n. 3, c.c. e 2463, quarto comma, c.c.)(14).
Anche in questo caso la legge non chiarisce espressamente se entrambi i requisiti sub a) e b) debbano permanere successivamente alla costituzione della società.
Ma è di immediata intuizione che non avrebbe senso prevedere che la società debba avere un capitale massimo inferiore ad euro 10.000, se fosse possibile immediatamente dopo la costituzione aumentarlo a cifra superiore.
Se ne deve dedurre che la società deve mantenere anche dopo la costituzione il capitale sociale al di sotto dei 10.000 euro se intende applicare le regole proprie della Srls o della Srlci.
Analoghe considerazioni devono essere effettuate anche con riferimento alla modalità di sottoscrizione degli aumenti di capitale che portino il capitale stesso ad un importo inferiore ad euro 10.000.
La legge, infatti, richiama, in relazione alle modalità di conferimenti, in sede di aumento di capitale, le stesse norme in materia di conferimenti effettuati in sede di costituzione della società (art. 2481-bis, quarto comma, c.c.). La ragione di ciò è evidente: se non valessero in sede di sottoscrizione dell’aumento di capitale le stesse regole vigenti in sede di costituzione, queste ultime potrebbero essere facilmente aggirate. Se ne deve dedurre che, nonostante l’art. 2481-bis, quarto comma, c.c. non richiami anche le particolari regole in tema di conferimenti di cui agli artt. 2463-bis, secondo comma n. 3, e e 2463, quarto comma, c.c. (integrale liberazione e divieto di conferimenti diversi dal denaro), esse devono ritenersi applicabili anche in sede di aumento di capitale(15).
Nel caso della Srls e della Srlci, peraltro, la ratio legis è probabilmente ascrivibile alla circostanza che, a fronte di un capitale minimo ridotto rispetto al paradigma della Srl ordinaria, la legge impone che siffatto capitale sia formato con un conferimento che sia non solo immediatamente e totalmente acquisito al patrimonio sociale, ma anche formato da un bene per definizione liquido, quale è il denaro(16).
Infine, l’art. 2463, quinto comma, c.c. dispone che: «La somma da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio regolarmene approvato, per formare la riserva prevista dall’articolo 2430, deve essere almeno pari a un quinto degli stessi, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro. La riserva così formata può essere utilizzata solo per imputazione a capitale e per copertura di eventuali perdite. Essa deve essere reintegrata a norma del presente comma se viene diminuita per qualsiasi ragione».
Non appare chiaro, prima facie, se tale disposizione sia applicabile esclusivamente alla Srlci ovvero anche alla Srls, per effetto del rinvio effettuato dall’ultimo comma dell’art. 2463-bis c.c. alle «disposizioni del presente capo in quanto compatibili».
La questione non è di facile soluzione, ma, pur nella consapevolezza dell’opinabilità di qualsiasi scelta che venga effettata al riguardo dall’interprete, alcuni indici normativi sembrano deporre nel senso che siffatta regola si applichi alle sole Srlci e non anche alle Srls.
I commi quarto e quinto dell’art. 2463 c.c. sembrano, infatti, destinati a regolare la sola fattispecie della Srlci che si realizza laddove una Srl, al di fuori del caso previsto dall’art. 2463-bis c.c., intenda adottare un capitale sociale inferiore ad euro 10.000.
La conferma della validità di tale assunto può essere desunta dalla circostanza che l’art. 2463- bis, secondo comma, n. 3 c.c. dispone che l’ammontare del capitale sociale della Srls deve essere «interamente versato alla data della costituzione» e che «Il conferimento deve farsi in denaro». Si tratta di regole già sancite dall’art. 2463, quarto comma, c.c. con riferimento alla Srlci, ove si legge che «i conferimenti devono farsi in denaro e devono essere versati per intero alle persone cui è affidata l’amministrazione».
Ne consegue che la citata disposizione dell’art. 2463-bis, secondo comma, n. 3 c.c. non avrebbe alcun senso se l’art. 2463, quarto e quinto comma, c.c. fosse stato comunque applicabile alla Srls in forza del rinvio operato dall’ultimo comma dell’art. 2463-bis c.c.
Tale soluzione appare compatibile, in termini generali, con la circostanza che la Srls è stata configurata dal legislatore come un vero e proprio sotto-tipo, munito fra l’altro di una particolare denominazione sociale, e non, come altrimenti sarebbe stato ragionevole attendersi, come una mera variante del procedimento di costituzione della Srl.
Sul piano della ratio legis, inoltre, deve rilevarsi che il modello della Srls è stato con ogni evidenza concepito come un sotto-tipo destinato, almeno nella fase costitutiva della società, alle persone meno abbienti, al punto da prevedere una considerevole riduzione dei costi di costituzione.
In tale contesto tipologico non appare implausibile pensare che il legislatore non abbia voluto sottrarre al reddito disponibile per i soci una consistente parte degli utili netti annuali, considerato che tale reddito è destinato, nella considerazione socio-economica del sotto-tipo, a costituire una fonte di sostentamento della famiglia imprenditoriale nell’ambito della quale è radicata la compagine sociale. È vero per altro verso che l’approccio tipologico adottato dal legislatore reca con sé il rischio di attribuire i privilegi derivanti dall’adozione del modello della Srls a fattispecie che non corrispondano in concreto agli scopi divisati dal legislatore.
Ma si tratta del rischio proprio di ogni ipotesi in cui si faccia uso del c.d. metodo tipologico(17).
Srls, Srlci e trasformazione
La “trasformazione” in Srl “ordinaria
1. Natura dell’operazione
Alla stregua delle esposte considerazioni si può, dunque, cominciare a verificare la compatibilità delle norme in materia di Srls e Srlci con quelle in tema di operazioni straordinarie.
A tale riguardo viene innanzitutto in rilievo l’ipotesi in cui una Srls o una Srlci intenda “trasformarsi” in Srl ordinaria.
Ed invero, trattandosi di operazione che non comporta l’assunzione di una forma ascrivibile ad un diverso tipo societario, non si è in presenza di una trasformazione in senso tecnico.
Sia il tipo di partenza che quello di arrivo sono, infatti, sussumibili nel tipo “Società a responsabilità limitata” di cui alla rubrica del capo VII del titolo V del libro V del codice civile.
La conseguenza pratica di una siffatta conclusione risiede nella circostanza che non saranno applicabili all’operazione in esame le norme proprie della trasformazione(18).
Ciò rileva innanzitutto ai fini del recesso, che nelle Srl è dall’art. 2473 c.c. attribuito al socio per il solo fatto del “cambiamento del tipo di società”.
Ma analoghe considerazioni potrebbero essere effettuate laddove in una Srlci lo statuto sociale preveda quorum rafforzati in caso di trasformazione della società.
In entrambi i casi non potranno ritenersi sussistenti né il diritto di recesso né la necessità del quorum statutario rafforzato.
Per altro verso, ci si deve chiedere se il passaggio alla forma di Srl ordinaria possa generare il diritto di recesso in ragione di modificazioni diverse dal cambiamento del tipo sociale, che come si è detto non ricorre nel caso di specie.
Si allude al caso in cui una Srls si converta in una Srl ordinaria che preveda un termine di durata determinato.
Lo statuto standard di fonte ministeriale non prevede, infatti, al suo interno la fissazione della durata della società, onde, considerato che lo standard normativo è oggi espressamente qualificato derogabile dall’art. 2463-bis terzo comma, come introdotto dal D.l. 28 giugno 2013, n. 76(19), la Srls nasce come società a tempo indeterminato(20).
Ne consegue che, laddove in sede di successiva assunzione della forma della Srl ordinaria, si prevedesse un termine di durata determinato, si porrebbe il dubbio dell’applicabilità all’operazione della causa di recesso, prevista dall’art. 2473 c.c., relativa alla eliminazione di una o più cause di recesso previste dall’atto costitutivo.
Si è sostenuto al riguardo che: «L’introduzione di un termine di durata in una società a tempo indeterminato, avendo come effetto l’eliminazione di una causa di recesso, attribuisce ai soli soci che non hanno consentito alla adozione di tale delibera il diritto di recesso»(21). L’assunto non è, tuttavia, pacifico, poiché, nel caso di specie, non si tratta di eliminare una causa di recesso prevista dall’atto costitutivo, ma di «creare una situazione (società a tempo determinato) dalla quale il recesso ad nutum è escluso dalla legge»(22).
Il problema dell’insorgenza di una causa di recesso può porsi anche con riferimento alla circostanza che, secondo la tesi sopra sostenuta, deve ritenersi vietata nella Srls la cessione della partecipazione sociale a soggetti diversi dalle persone fisiche.
Nondimeno, nella Srl non sussiste una norma come quella prevista in materia di SpA dall’art. 2437, secondo comma, c.c. secondo cui, salvo diversa disposizione statutaria, hanno diritto di recedere i soci che non hanno concorso all’approvazione delle deliberazioni riguardanti l’introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.
Ma a tal fine occorre stabilire se siffatta norma possa trovare applicazione analogica anche nella Srl. Se a questo interrogativo si fornisse una risposta positiva(23 )è probabile che l’operazione in esame dia comunque luogo al recesso, in ragione del fatto che essa determina la rimozione di un vincolo alla circolazione delle partecipazioni sociali, anche se nella specie si tratta di un vincolo di fonte legale e non statutaria.
Ad opposta soluzione deve, invece, pervenirsi laddove si accolga l’opinione che nega l’applicazione analogica alla Srl della disposizione di cui all’art. 2437, comma secondo, c.c.(24)
2. La necessità di deliberare l’aumento del capitale sociale e le vicende della riserva legale
Ciò posto, appare evidente che, se si vuole che la Srls o la Srlci assuma la forma della Srl ordinaria, occorre che la società si uniformi alle caratteristiche necessarie della Srl ordinaria, che non ricorrono nelle forme della Srls o della Srlci.
A tale riguardo, il principale elemento di diversità tra i regimi normativi di partenza e di arrivo è rappresentato dall’ammontare del capitale sociale.
Quest’ultimo, infatti, nelle Srl ordinarie deve essere non inferiore ad euro 10.000 (art. 2463, secondo comma, n. 4, c.c.), mentre nelle Srls e nelle Srlci è inferiore al predetto importo (artt. 2463-bis, secondo comma, n. 3, e 2463, quarto comma, c.c.).
Ne consegue che la società, se intende assumere la forma della Srl ordinaria, deve aumentare il proprio capitale almeno fino all’importo minimo di euro 10.000(25).
Tale circostanza, peraltro, non presenta in sé elementi di novità, se si considera che un fenomeno analogo ricorre anche, in ipotesi di vere e proprie trasformazioni societarie, laddove si voglia trasformare la società in un tipo che preveda un capitale minimo più elevato del tipo di partenza e la società non sia già munita di siffatto capitale(26).
La particolarità del caso di specie risiede piuttosto nella circostanza che la forma sociale di partenza prevede non solo e non tanto un capitale minimo inferiore alla forma di arrivo, quanto addirittura un capitale massimo inferiore al capitale minimo della forma di arrivo.
Ne consegue che l’aumento del capitale sociale, nel caso di specie, è al tempo stesso presupposto del passaggio alla nuova forma sociale e fatto generativo della necessità di addivenire a tale passaggio.
In altri termini, si delibera l’aumento per poter assumere la forma di Srl ordinaria, ma al tempo stesso, se si attua l’aumento, deve necessariamente assumersi la forma di Srl ordinaria.
Ciò comporta, a mio avviso, che la circostanza che la società deliberi un aumento di capitale che certamente conduca il capitale ad assumere almeno l’importo di euro 10.000 - come avverrebbe ad esempio se un aumento a pagamento fosse configurato come inscindibile almeno per la parte necessaria a portare il capitale ad euro 10.000 - implica che, per ciò stesso, eseguito l’aumento, la società viene ad essere assoggettata alla disciplina della Srl ordinaria.
Ne consegue che all’aumento di capitale in questione devono applicarsi le regole proprie della Srl ordinaria e, dunque, non è necessario, in caso di aumento a pagamento, che il capitale sia liberato con conferimenti in danaro né che, laddove comunque si intenda liberare l’aumento in denaro, esso sia interamente liberato all’atto della sottoscrizione, salvo che si tratti di società unipersonale(27).
Del resto, non sussisterebbe nel caso di specie la ratio che ha indotto il legislatore a richiedere nella Srls e nella Srlci che il conferimento sia effettuato in danaro e che sia interamente liberato (v. retro § Requisiti patrimoniali).
Laddove ad uniformarsi al modello della Srl ordinaria sia una Srlci, la modifica comporta il venir meno dell’applicazione della regola, sancita dall’art. 2463, quinto comma, c.c., secondo cui: «La somma da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato, per formare la riserva prevista dall’articolo 2430, deve essere almeno pari a un quinto degli stessi, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro. La riserva così formata può essere utilizzata solo per imputazione a capitale e per copertura di eventuali perdite. Essa deve essere reintegrata a norma del presente comma se viene diminuita per qualsiasi ragione».
Se la riserva legale, costituitasi secondo tali regole nella società che si è poi uniformata al modello della Srl ordinaria, è in fatto eccedente la misura del quinto del capitale sociale, vigente per le Srl ordinarie (artt. 2430 e 2478-bis c.c.), si possono verificare due ipotesi.
Può, in primo luogo, accadere che la tale riserva legale sia utilizzata per l’aumento di capitale finalizzato alla “trasformazione” in Srl ordinaria, avvalendosi della facoltà prevista dal citato art. 2463, quinto comma, c.c.(28)
In tal caso non sorgono particolari problemi ed appare evidente che l’accantonamento a riserva legale negli esercizi successivi all’operazione seguirà le meno rigorose regole di cui all’art. 2430 c.c.
Può, tuttavia, accadere che la riserva legale non sia in tutto o in parte utilizzata per l’aumento di capitale finalizzato alla “trasformazione” in Srl ordinaria, e che, dunque, all’esito dell’operazione essa ecceda la misura del quinto del capitale sociale, ponendosi in tal modo un dubbio sulla sorte della riserva legale accumulata.
Il dubbio nasce dalla considerazione che, nella Srl “ordinaria” e nella SpA, secondo l’orientamento prevalente, solo l’accantonamento annuale degli utili fino a concorrenza del quinto del capitale sociale integra la formazione della riserva legale; e ciò anche laddove essa sia formata in modo “accelerato”, accantonando annualmente più della ventesima parte degli utili di esercizio(29).
La parte eccedette il quinto del capitale in tali modelli societari è, invece, una riserva non prevista dalla legge e come tale non può essere qualificata come riserva “legale”(30).
Se ne deve dedurre che la parte della riserva legale eccedente il quinto del capitale sociale, accumulata dalla società nel periodo in cui essa operava sotto la forma di Srlci, una volta che questa abbia assunto la forma di Srl ordinaria, siccome eccedente la misura legale applicabile alla società nella nuova forma, verrebbe affrancata dal relativo vincolo.
3. La denominazione sociale
Per altro verso, un ulteriore elemento di possibile incompatibilità di disciplina della forma sociale di partenza e di quella di arrivo è data dalla denominazione sociale.
In realtà, la legge, a stretto rigore, si limita a prevedere che:
- la denominazione della Srls contenga l’indicazione “di società a responsabilità limitata semplificata” (art. 2463-bis, secondo comma, n. 2, c.c.);
- la denominazione della Srl ordinaria contenga l’indicazione “di società a responsabilità limitata” (art. 2463, secondo comma, n. 2, c.c.);
- nessuna specifica regola è dettata con riferimento alla denominazione della Srlci rispetto a quella valevole per la società a responsabilità limitata ordinaria.
Dunque, potrebbe addirittura sostenersi, sulla base del tenore letterale delle norme citate, che, laddove una Srls adotti la forma di Srl ordinaria, essa potrebbe conservare nella denominazione l’indicazione di “società a responsabilità limitata semplificata”, atteso che essa contiene almeno la locuzione “società a responsabilità limitata” richiesta per Srl ordinaria.
La legge non vieta, infatti, espressamente alle Srl ordinarie di assumere una denominazione contenente l’indicazione di “società a responsabilità limitata semplificata”.
Ma ragioni di carattere sistematico (v. infra § La trasformazione della Srls in Srlci), oltre che di prudenza, impongono di adeguare comunque la denominazione sociale, eliminando l’espressione “semplificata”(31).
4. Gli altri profili organizzativi e lo statuto sociale
Per altro verso, l’adozione della forma della Srl ordinaria non presenta ulteriori profili di incompatibilità ed in particolare:
- la circostanza che soci della Srls siano persone fisiche non rappresenta un problema, perchè nella Srl ordinaria sono ovviamente ammesse tali tipologie di soci;
- la circostanza che in sede di costituzione il conferimento sia stato effettuato in denaro è ovviamente compatibile anche con la Srl ordinaria.
Infine, in sede di assunzione da parte di una Srls della forma della Srl ordinaria sarà, quanto meno, opportuno adottare uno statuto nel senso tradizionale del termine, considerato che la Srls, com’è noto, deve essere costituita secondo un modello standard di atto costitutivo, nel quale la disciplina del rapporto societario è alquanto scarna.
In ogni caso, l’adozione di uno statuto che regolerà la società nella nuova forma diviene in qualche modo necessario per ottemperare all’art. 2436, ultimo comma, c.c., richiamato dall’art. 2480 c.c., che continua a prevedere, come in passato, l’obbligo di effettuare, dopo ogni modifica dell’atto costitutivo, il deposito nel Registro delle imprese del testo integrale dello statuto nella sua redazione aggiornata(32). Tale deposito va, peraltro, riferito alle sole disposizioni dell’atto costitutivo a contenuto “statutario”, vale a dire quelle suscettibili di configurare successivamente una ``modificazione dell’atto costitutivo” con conseguente assoggettamento al relativo procedimento (e dunque non, ad esempio, con riferimento alle generalità dei soci o dei titolari delle cariche sociali).
Non sono sottoposte a tale procedimento e non costituiscono, pertanto, modifiche dell’atto costitutivo in senso tecnico quelle inerenti, ad esempio, alle persone dei soci (nonché alla ripartizione del capitale sociale tra gli stessi) e degli amministratori. Per dette modifiche, infatti, la legge detta un diverso procedimento, come si desume dagli artt. 2469 c.c., per il trasferimento delle quote, e dall’art. 2479, comma 2, n. 2 in relazione al n. 4, c.c., per la modifica delle persone degli amministratori.
La trasformazione della Srls in Srlcr
Ciò posto, può accadere che una Srls intenda assumere la forma non già di una Srl ordinaria, bensì di una Srlci.
Anche in questo caso si tratterebbe, peraltro, di un fenomeno che non integra un’ipotesi di trasformazione in senso tecnico, in quanto, sia la forma sociale di partenza sia quella di arrivo, alla stregua delle esposte considerazioni, sono ascrivibili al tipo della Srl(33).
Il dubbio sulla legittimità dell’operazione potrebbe, tuttavia, nascere dalla circostanza che la Srls ha goduto in sede di costituzione di agevolazioni tributarie e notarili che, invece, non competono alla Srlci.
È vero, peraltro, che ciò accade anche laddove una Srls assuma la forma della Srl ordinaria. Ma è anche vero che, in quest’ultima ipotesi, la società, per poter addivenire all’operazione, ha l’onere di aumentare il capitale sociale fino a portarlo almeno alla somma di euro 10.000. Invece, in caso di assunzione della forma di Srlci la società potrebbe continuare a godere del regime agevolativo afferente all’ammontare del capitale sociale, senza subire le altre restrizioni proprie della Srls, ma non valevoli per la Srlci, quali l’impossibilità di adottare uno statuto sociale ad hoc e di cedere le quote a soggetti non persone fisiche.
Nondimeno non pare che siffatto dubbio abbia fondamento.
Il legislatore, infatti, con l’introduzione della Srlci, sia pure con una scelta in parziale contraddizione con la logica sottesa alla disciplina della Srls, ha inteso estendere il regime agevolativo afferente all’ammontare del capitale sociale anche a società non necessariamente composte da persone fisiche. Né pare che nella specie si determini ex post un’indebita fruizione delle agevolazioni tributarie e notarili concesse per la costituzione della Srls, in quanto per attuare l’operazione occorre comunque porre in essere un atto modificativo che è assoggettato alle ordinarie norme fiscali ed al pagamento degli ordinari onorari notarili.
Dunque, si finirebbe comunque per pagare poi quello che si è risparmiato prima.
La necessità di adottare un’apposita e formale modifica statutaria al riguardo è, del resto, resa palese dalla circostanza che, pur costituendo la Srls e la Srlci due sottospecie del medesimo tipo della Srl, l’appartenenza al sottotipo in questione è evidenziata da specifiche caratteristiche.
In particolare, l’assunzione della forma della Srlci richiede che la società si adegui alle disposizioni di cui al citato art. 2463, quinto comma, c.c., secondo cui: «La somma da dedurre dagli utili netti risultanti dal bilancio regolarmente approvato, per formare la riserva prevista dall’articolo 2430, deve essere almeno pari a un quinto degli stessi, fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro. La riserva così formata può essere utilizzata solo per imputazione a capitale e per copertura di eventuali perdite. Essa deve essere reintegrata a norma del presente comma se viene diminuita per qualsiasi ragione».
Tale regola non pare, invece, applicabile alle Srls (v. retro § Requisiti patrimoniali).
Dunque, l’indicazione nella denominazione sociale della locuzione “società a responsabilità limitata semplificata” prescritta dall’art. 2463-bis, secondo comma, n. 2 c.c. appare, dal punto di vista sistematico, idonea ad informare i terzi che la società non è soggetta alle particolari regole inerenti alla riserva legale di cui al citato art. 2463, quinto comma, c.c.
L’assoggettamento o meno a tale regime non è, infatti, desumibile dal solo fatto che la società abbia un capitale sociale inferiore a 10.000 euro, che è proprio pure della Srlci, ma dipende anche dall’adozione o meno della forma della Srls, la quale, a sua volta, è immediatamente percepibile dai terzi solo in ragione della peculiarità della denominazione sociale.
Ciò esclude in radice la fondatezza di qualsiasi tentativo diretto a ipotizzare la possibilità che la “trasformazione” della Srls in Srlci possa essere effettuata per facta conludentia(34), dovendo essa necessariamente procedere alla modifica della denominazione sociale.
La trasformazione in altri tipi sociali ed enti diversi dalle società
Per altro verso, laddove la Srls o la Srlci intendesse assumere la forma di un tipo sociale diverso dalla Srl ordinaria ovvero addirittura la forma di altro tipo non societario, non v’è dubbio che si tratterebbe di una trasformazione in senso tecnico, alla quale dovrà, dunque, applicarsi la relativa normativa di cui agli artt. 2498 e ss. c.c.(35)
In conseguenza, competerà ai soci non assenzienti all’operazione il diritto di recesso di cui all’art. 2473 c.c. e si applicherà il quorum rafforzato eventualmente previsto per la trasformazione laddove lo statuto della Srlci preveda all’uopo siffatto quorum.
Peraltro, nel caso in cui il tipo societario di arrivo preveda un capitale minimo, si renderà necessario per addivenire alla trasformazione l’aumento del capitale sociale fino a raggiungere il minimo legale.
In detta ipotesi si porranno gli stessi problemi sopra esaminati in relazione all’aumento di capitale propedeutico all’assunzione della forma della Srl ordinaria (v. retro § 2. La necessità di deliberare l’aumento del capitale sociale e le vicende della riserva legale).
La trasformazione in Srls o Srlcr
1. Generalità
È peraltro possibile che il fenomeno modificativo della forma sociale sia di tipo inverso a quello esaminato nei precedenti paragrafi e, dunque, che una Srl ordinaria o un altro tipo organizzativo intenda assumere la forma della Srls o della Srlci.
Anche in tal caso, ai fini della qualificazione dell’operazione in termini di vera e propria trasformazione, valgono le medesime considerazione a suo tempo esposte.
In conseguenza non si tratterà di trasformazione in senso tecnico ogni qual volta una Srl ordinaria intenda assumere la forma della Srls o della Srlci, mentre ricorrerà l’istituto della trasformazione negli altri casi(36).
2. I dubbi sulla legittimità dell’assunzione della for ma della Srls e della Srlci in ragione del presunto carattere di start-up
È ragionevole supporre che nella prassi si ricorra all’operazione in esame laddove il modello di arrivo sia, piuttosto che una Srls, una Srlci, per la quale non sussiste a priori alcuna necessità di adeguarsi ad uno statuto standard né, in conseguenza, sono prescritte agevolazioni fiscali e/o relative agli onorari notarili.
La Srlci, infatti, a fronte delle medesime semplificazioni previste per la Srls in relazione al capitale sociale ed a parità di trattamento economico e tariffario, presenta minori rigidità in merito ai requisiti dei soci, che possono essere anche persone giuridiche(37).
Il ricorso alla Srls, in ipotesi di assunzione di tale forma sociale da parte di una preesistente società, può, dunque, avere un senso solo laddove i soci intendano:
- evitare il futuro ingresso in società di persone giuridiche;
- evitare la necessità che la riserva legale sia potenziata, in conformità a quanto disposto dall’art. 2463, quinto comma, c.c., atteso che tale obbligo non pare sussistere per le Srls (v. retro § Requisiti patrimoniali).
Non pare, peraltro, che un siffatto intento non possa trovare accoglimento da parte del sistema positivo, anche se verosimilmente una ipotesi di tal genere non presenterà grande diffusione nella pratica.
Peraltro, sono stati autorevolmente avanzati(38 )dubbi sulla circostanza che «una Srl ordinaria o altro tipo sociale possa trasformarsi in Srls, stante il fatto che si tratta di variante della Srl ordinaria destinata ad operare solo nella fase di start-up dell’impresa e che non sembra, quindi, poter rappresentare modello di approdo all’esito della trasformazione di una società già esistente».
E siffatti dubbi sono stati estesi da taluni interpreti(39 )anche all’assunzione da parte di una Srl ordinaria o di altro tipo sociale della forma della società a responsabilità a capitale ridotto, che costituisce l’antecedente storico della Srlci.
Nondimeno, a mio parere, sembrerebbe che, nel modello della Srls, solo le agevolazioni fiscali e notarili, peraltro non applicabili al caso di specie (v. infra § 6. Le agevolazioni fiscali e notarili e lo statuto standard), siano ascrivili all’intento di agevolare la fase di start-up.
Ciò si desume dal fatto che il sottotipo della Srls è stato introdotto a regime nel sistema codicistico all’art. 2463-bis c.c., mentre le agevolazioni fiscali e notarili sono rimaste confinate nella legislazione speciale, all’art. 3, quarto comma, del D.l. 24 gennaio 2012, n. 1 e sono state concesse con riferimento alla sola “costituzione”.
Ma, soprattutto, non sono previsti termini di durata delle semplificazioni organizzative proprie sia della Srls che della Srlci, le quali possono, dunque, continuare sine die ad operare con un capitale inferiore ad euro 10.000, a differenza di quanto previsto da altre legislazioni europee(40), donde la conclusione che tali forme organizzative non possono considerarsi esclusivamente proprie della fase di start-up dell’impresa.
Per di più, le Srls possono continuare ad operare con tale capitale senza l’obbligo di costituire la riserva legale in modo “potenziato” di cui all’art. 2463, quinto comma, c.c.
3. La riduzione del capitale sociale propedeutica all’assunzione della for ma della Srls o della Srlci: la riduzione per perdite
In relazione al capitale sociale, l’assunzione della forma della Srls o della Srlci pone alcuni problemi interpretativi di non poco conto.
Se, infatti, il modello societario di partenza sia dotato di un capitale sociale superiore a quello massimo consentito alla Srls o alla Srlci, e dunque sia almeno pari ad euro 10.000, ai fini dell’attuazione dell’operazione sarà necessario che il capitale sociale venga ridotto al di sotto dell’importo di euro 10.000.
Si tratta di un fenomeno che non ricorre nelle ordinarie forme di trasformazione, atteso che, prima dell’introduzione nel sistema normativo della Srls e della Srlci, non era prevista una soglia massima all’importo del capitale sociale.
La riduzione del capitale strumentale all’assunzione della forma di Srls o di Srlci può innanzitutto essere effettuata ai sensi degli artt. 2447 o 2482-ter c.c., laddove sussistano perdite che abbiano portato il capitale sociale al di sotto della soglia di euro 10.000.
In tal caso l’assunzione della forma di Srls o di Srlci rappresenta un’ulteriore alternativa alla ricapitalizzazione o alla messa in liquidazione della società(41).
È vero, peraltro, che gli artt. 2447, ultimo disposto, ovvero 2482-ter, secondo comma, c.c. già prevedono la possibilità di deliberare, in alternativa alla ricostituzione del capitale, la trasformazione della società. Epperò, prima dell’introduzione dei nuovi tipi di Srl siffatta trasformazione poteva essere deliberata solo in tipi sociali che non prevedevano un capitale minimo, quali le società di persone, ovvero, laddove a subire le perdite fosse una SpA, era possibile deliberare la trasformazione in Srl ordinaria, sempreché per effetto delle perdite il capitale non si fosse ridotto al di sotto della tradizionale soglia di euro 10.000.
Con l’introduzione delle nuove Srl è, invece, possibile deliberare l’assunzione da parte della società della forma di Srls o di Srlci sempreché il capitale non si sia ridotto al di sotto della soglia di euro 1, che rappresenta il capitale minimo dei nuovi tipi di Srl(42).
Deve, inoltre, sottolinearsi come, prima dell’introduzione nel sistema positivo della Srls e della Srlci, si sia sostenuto che «L’art. 2482ter c.c. nel caso di perdita di oltre un terzo del capitale che riduca lo stesso al disotto del minimo legale, prevede al primo comma che l’assemblea possa deliberare la riduzione del capitale ed il contestuale aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo. Al secondo comma, e quindi in un comma separato fa salva la possibilità di deliberare la trasformazione della società. Nel caso di trasformazione della società in modello associativo più semplice è pertanto possibile trasformare la società senza procedere alla previa riduzione del capitale»(43).
Le ragioni di tale assunto risiedono nella circostanza che i tipi sociali più semplici della Srl nel sistema previgente erano rappresentati unicamente dalla società di persone, per le quali non è prescritto un capitale minimo e comunque, laddove il capitale sociale delle medesime sia attinto da perdite, la legge non obbliga in nessun caso a ridurre il medesimo, limitandosi a disporre che: «Se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente» (cfr. art. 2303, secondo comma, c.c.).
Ma dopo l’introduzione della Srls e della Srlci sono presenti nel sistema positivo forme sociali che richiedono non solo un capitale minimo più basso di quello previsto per le Srl orinarie, ma anche un capitale massimo.
Nondimeno, l’assunzione di siffatte forme sociali deve ritenersi possibile solo se la società riduca il capitale in misura corrispondente alle perdite subite ed all’esito di tale riduzione il capitale sia almeno pari a euro 1 ed inferiore ad euro 10.000.
La risultante di questo sistema è che, nella specie, la società può oggi ridurre il capitale sociale fino ad un minimo di un euro senza doverlo nuovamente aumentare ad un importo almeno pari ad euro 10.000, diversamente da quanto risulta dal tenore letterale dell’art. 2482-ter c.c.
L’art. 2482-ter, primo comma, c.c. prevede, infatti, l’adozione dei provvedimenti atti a rimuovere la perdita nel caso in cui «per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito dal numero 4, dell’articolo 2463».
Tale circostanza ha indotto taluni autori a dubitare della possibilità di adottare la forma di Srlci in caso di riduzione del capitale per perdite(44).
Nondimeno tale disposizione deve ritenersi frutto di un difetto di coordinamento in cui è incorso il legislatore in occasione delle novità introdotte nel sistema codicistico con i recenti provvedimenti normativi.
A sostegno di tale interpretazione(45 )può addursi innanzitutto la considerazione che nella nuova disciplina della Srl, risultante dalle modifiche apportate all’art. 2463 c.c. ad opera del D.l. 28 giugno 2013 n. 76, quello di cui al numero 4) dell’articolo 2463 c.c. non può più definirsi un importo “minimo”, come, invece, improvvidamente continua a disporre il citato art. 2482-ter, primo comma, c.c.
In secondo luogo, l’art. 2484 n. 4, c.c. prevede quale causa di scioglimento della Srl la riduzione del capitale «al disotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dagli articoli 2447 e 2482-ter», lasciando, quindi, intendere che la procedura di cui all’art. 2482-ter c.c. trovi applicazione solo laddove la perdita porti il capitale al di sotto, non già dell’importo di cui al numero 4, dell’articolo 2463 c.c., bensì al di sotto del “minimo legale”. Ed invero, nel nuovo sistema, siffatto minimo non può più essere individuato nell’importo di euro 10.000 di cui al citato numero 4, dell’articolo 2463 c.c., ma deve essere fissato nella somma di euro 1 di cui all’art. 2463, quarto comma, c.c.
Dunque, l’interpretazione qui proposta appare ineludibile alla stregua di una valutazione complessiva del sistema normativo.
Per altro verso, occorre chiedersi se la sussistenza di perdite che portino il capitale sociale di una Srl al di sotto del limite di euro 10.000, purché non sotto il limite di euro 1, debba considerarsi, nel sistema recentemente riformato, ascrivibile alla fattispecie di cui all’art. 2482-bis c.c. ovvero a quella di cui all’art. 2482-ter c.c.
È noto, infatti, che, nel primo caso, la riduzione del capitale sociale divenga obbligatoria solo se, entro l’esercizio successivo a quello in cui la perdita è sottoposta all’assemblea, la stessa non risulti diminuita a meno di un terzo (art. 2482-bis, quarto comma, c.c.). Nel secondo caso, invece, l’adozione di provvedimenti diretti a rimuovere la perdita, ovvero a trasformare la società o a porla in stato di liquidazione, è da effettuarsi senza indugio.
Anche a tale riguardo, la lettera dell’art. 2482-ter, primo comma, c.c. potrebbe indurre, a prima vista, a ritenere che la riduzione di capitale in questione sia da effettuarsi senza potersi avvalere del termine di grazia di cui all’art. 2482-bis, quarto comma, c.c.
Tuttavia, l’opposta soluzione deve preferirsi non solo alla stregua delle esposte considerazioni in merito al difetto di coordinamento in cui è incorso il legislatore in occasione delle novità introdotte nel sistema codicistico con i recenti provvedimenti normativi, ma anche, nella Srlci, sulla base di considerazioni di carattere sistematico. Occorre, infatti, considerare che, prima delle recenti novità normative, la procedura di cui all’art. 2482-ter c.c. appariva diretta a produrre un risultato atto ad assicurare maggiore tutela ai creditori sociali.
All’esito di tale procedure, infatti, la società:
1) sarebbe stata ricapitalizzata, onde il capitale sociale sarebbe stato riportato almeno all’importo di euro 10.000;
2) ovvero si sarebbe trasformata in società di persone;
3) ovvero sarebbe stata posta in liquidazione.
Orbene:
- nel primo caso, i creditori avrebbero potuto fare nuovamente affidamento su un capitale maggiore di quello risultante dalle perdite subite dalla società;
- nel secondo caso, essi avrebbero potuto far leva sulla responsabilità illimitata per debiti sociali di tutti o alcuni dei soci;
- nel terzo caso, avrebbero beneficiato di una procedura diretta a liquidare il patrimonio ed a rimborsare i loro crediti con preferenza rispetto ai soci.
Nel nuovo sistema, se la procedura accelerata di cui all’art. 2482-ter c.c. dovesse applicarsi anche alle ipotesi in cui il capitale si riduca per perdite ad una cifra non inferiore ad euro 1, all’esito della conseguente riduzione, la società presenterebbe un capitale inferiore ad euro 10.000 e di conseguenza scatterebbero gli speciali obblighi di costituzione della riserva legale “potenziata” di cui all’art. 2463, quinto comma, c.c.
È vero, peraltro, che in tal modo si attuerebbe un particolare rigore nella formazione del netto patrimoniale della società, ma non per questo i creditori sociali godrebbero di una maggiore tutela rispetto all’ipotesi in cui si rinviasse la decisione sulla riduzione del capitale all’esercizio successivo.
Ed invero, l’obbligo di accantonamento a riserva legale riguarderebbe pur sempre solo una parte degli eventuali utili dell’esercizio successivo (e precisamente il quinto degli stessi) e, dunque, l’eventuale eccedenza rispetto a tale misura potrebbe addirittura essere distribuita ai soci.
Se, invece, la decisione sulla riduzione del capitale venisse rinviata all’esercizio successivo, gli eventuali utili di tale esercizio andrebbero a ricostituire il capitale fino a concorrenza dell’intero importo delle perdite incidenti sul capitale e non potrebbero, dunque, fino a concorrenza di tale importo, essere distribuiti, nemmeno in parte(46).
Sotto il profilo della tutela dei creditori, dunque, tale soluzione sarebbe senz’altro preferibile rispetto all’ipotesi della riduzione immediata del capitale, a meno che gli utili dell’esercizio successivo non siano di importo talmente elevato, che l’accantonamento a riserva legale della quinta parte degli stessi sia pari o superiore all’importo delle perdite pregresse che abbiano intaccato il capitale sociale.
Ma, anche in quest’ultima ipotesi, l’importo massimo dell’accantonamento non può eccedere un importo tale che «la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro».
Nella migliore delle ipotesi, pertanto, il vincolo che si creerebbe sugli utili dell’esercizio successivo non potrebbe essere quantitativamente maggiore di quello che deriverebbe dalla scelta di non ridurre immediatamente il capitale sociale(47).
Dunque, in ogni caso l’immediata riduzione del capitale non può assicurare una maggior tutela dei creditori rispetto all’ipotesi del riporto della perdita al successivo esercizio, mentre in quest’ultima ipotesi si verifica sempre la maggior tutela possibile dei creditori sul piano dei vincoli afferenti al patrimonio netto.
Il riporto a nuovo delle perdite, pertanto, consentirebbe al capitale sociale di volgere quella sua peculiare funzione di garanzia della produttività dell’azienda sociale che rappresenta, secondo l’orientamento prevalente, una delle sue principali funzioni(48).
In altri termini, se si opinasse per l’immediata riduzione del capitale, si attribuirebbe evidentemente prevalenza alla funzione informativa del capitale rispetto ai terzi(49), che avrebbero immediatamente la possibilità di percepire l’avvenuta riduzione del netto patrimoniale.
Ma tale funzione, nel sistema di cui all’art. 2482-ter c.c., non pare particolarmente rilevante rispetto a quella di produttività sopra evidenziata, a fronte della mancanza di un sicuro aumento del grado di tutela ai creditori sociali sotto ogni altro profilo.
4. Segue: la riduzione reale
Se, invece, la società non è gravata da perdite, la riduzione propedeutica all’assunzione della forma di Srls o Srlci dovrà essere di tipo reale ai sensi degli artt. 2306, 2445 e 2482 c.c.
Peraltro l’applicazione degli artt. 2445 e 2482 c.c., nel caso di specie, presenta alcune difficoltà applicative.
L’art. 2445 c.c., in materia di SpA, dispone, infatti, che la riduzione del capitale mediante liberazione dei soci dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti o mediante rimborso del capitale ai soci può essere effettuata «nei limiti ammessi dagli articoli 2327 e 2413» e, dunque, entro i limiti del capitale minimo previsto per le SpA in euro 120.000.
Del pari, l’art. 2482 c.c., in materia di Srl, dispone che la riduzione del capitale sociale mediante rimborso ai soci delle quote pagate o mediante liberazione di essi dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti può avere luogo «nei limiti previsti dal numero 4, dell’articolo 2463», e dunque entro il limite di euro 10.000.
In altre parole, nessuna delle due norme prevede la possibilità di una riduzione di capitale al di sotto della soglia del capitale minino della SpA e della Srl ordinaria, laddove tale riduzione sia strumentale all’assunzione della forma della Srls e della Srlci.
In realtà, nelle tradizionali fattispecie di trasformazione il tenore letterale delle citate disposizioni di cui agli artt. 2445 e 2482 c.c. non pone particolari problemi, laddove si intenda deliberare contestualmente sia la trasformazione che la riduzione reale del capitale sociale.
In tali ipotesi è possibile deliberare contestualmente prima la trasformazione e poi la riduzione del capitale sociale, con la conseguenza che la trasformazione avrebbe immediata efficacia con l’iscrizione della relativa deliberazione nel Registro delle imprese, mentre la riduzione del capitale sociale rimarrebbe soggetta alla condizione legale della mancata opposizione dei creditori sociali.
Pertanto la riduzione avrebbe effetto quando la società non ha più la forma della SpA o della Srl, donde l’inapplicabilità del limite alla riduzione reale rappresentato rispettivamente dagli artt. 2327 e 2463 n. 4 c.c.
Diversamente ove la forma sociale di arrivo sia quella della Srls o della Srlci, non è possibile deliberare prima la modifica della forma sociale e poi la riduzione reale del capitale sociale.
La questione appare, peraltro, poco rilevante, da un punto di vista pratico, laddove il modello di arrivo sia quello della Srlci, atteso che tale modello non presenta specifici caratteri formali rispetto a quello della Srl ordinaria.
In particolare, la necessità che la riserva legale sia potenziata, in conformità a quanto disposto dall’art. 2463, quinto comma, c.c. non deve necessariamente tradursi in un’apposta clausola statutaria, atteso che si tratta di un obbligo che deriva direttamente dalla legge. Ciò renderebbe possibile adottare il modello della Srl ordinaria e immediatamente dopo ridurre il capitale ex art. 2482 c.c.
In tal caso, nelle more dell’attuazione della riduzione reale del capitale sociale, la società potrà operare nella forma della Srl ordinaria, mentre dopo tale attuazione essa verrà a conformarsi al modello della Srlci.
Laddove, invece, il modello di arrivo sia quello della Srls, il problema diviene più complesso, atteso che la sua adozione implica anche che la società assuma una denominazione contenente l’indicazione di società a responsabilità semplificata, che a sua volta implica un capitale sociale inferiore ad euro 10.000.
Se, infatti, si ritiene, come a mio avviso appare preferibile (v. infra), che la riduzione reale non abbia effetto in pendenza del termine per l’opposizione, se quest’ultima venisse proposta con esito vittorioso, la riduzione reale rimarrebbe definitivamente priva di effetti.
Ma, considerato che la Srls deve avere un capitale sociale inferiore ad euro 10.000, l’assunzione di tale forma sociale è possibile solo laddove si acquisisca la certezza che la riduzione reale abbia effetto. In altre parole, si crea nel caso di specie un vero e proprio ingorgo normativo in qualche modo simile, anche se invertito, a quello che si verifica nell’ipotesi dell’aumento di capitale finalizzato all’assunzione della forma della Srl ordinaria da parte di una Srls o di una Srlci.
In altri termini, se si vuole “trasformare” una società di tipo diverso in una Srls o in una Srlci occorre ridurre il capitale sociale al di sotto di euro 10.000, ma a sua volta, se il tipo sociale di partenza è una Srl ordinaria o una SpA, la riduzione è incompatibile con la permanenza della forma sociale di partenza.
Per altro verso, nel caso in cui la forma di partenza sia quella della Srl ordinaria, occorre chiedersi se la disposizione di cui all’art. 2482 c.c., che pone, quale limite alla riduzione reale del capitale, l’importo previsto dall’art. 2463, n. 4, c.c. di euro 10.000, derivi da un difetto di coordinamento in cui è incorso il legislatore quando ha introdotto nel sistema i nuovi tipi di Srl ovvero sia frutto di una precisa scelta in tal senso.
Potrebbe, infatti, sostenersi che il legislatore, pur avendo consentito la nascita di società a responsabilità limitata con un capitale sociale esiguo, abbia tuttavia voluto favorire la successiva capitalizzazione delle medesime, al punto da vietare un percorso a ritroso che riporti il capitale al di sotto della soglia, ritenuta evidentemente congrua, di euro 10.000.
Un indice normativo in tal senso potrebbe, infatti, essere rappresentato dalla circostanza che il comma quinto dell’art. 2463 c.c., in relazione alla Srlci, dispone che l’accantonamento di utili a riserva legale deve essere effettuato «fino a che la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di diecimila euro. La riserva così formata può essere utilizzata solo per imputazione a capitale e per copertura di eventuali perdite».
A ben vedere, non pare che dal sistema normativo si possa dedurre un divieto da parte di una Srl ordinaria o di una SpA di assumere la forma di Srls o di Srlci(50), a fronte di una regola generale immanente al sistema che consente, in linea di principio, la trasmigrazione da una forma sociale all’altra.
Di fronte ad una siffatta regola, sarebbe stato ragionevole attendersi che il legislatore avesse introdotto un espresso divieto, se avesse voluto impedire l’operazione in oggetto, come è avvenuto, ad esempio, nelle società cooperative a mutualità prevalente (art. 2545-decies c.c.).
Dunque, il tenore letterale degli artt. 2445 e 2482 c.c., laddove pone, quali limiti alla riduzione reale del capitale, il capitale minimo previsto rispettivamente dagli artt. 2327 e 2463, n. 4, c.c., è evidentemente frutto di un difetto di coordinamento.
E della validità di tale assunto si ha conferma dalla lettura dell’analoga norma di cui all’art. 2482- ter c.c., in materia di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, ove si fa riferimento alla possibilità che il capitale si riduca al di sotto del «minimo stabilito dal numero 4, dell’articolo 2463». In tal caso, infatti, come si è già avuto modo di osservare (v. retro § 3. La riduzione del capitale sociale propedeutica all’assunzione della forma della Srls o della Srlci: la riduzione per perdite), il difetto di coordinamento è evidente, in ragione della circostanza che nella nuova disciplina della Srl, risultante dalle modifiche apportate all’art. 2463 c.c. ad opera del D.l. 28 giugno 2013 n. 76, quello di cui al numero 4, dell’articolo 2463 c.c. non può più definirsi un importo “minimo”.
Del resto, se è vero che la legge, mediante la citata norma di cui all’art. 2463, quinto comma, c.c., tende a favorire la capitalizzazione della Srlci, è anche vero che non sussiste un vero e proprio obbligo in tal senso, ben potendo una società costituita secondo tale modello conservare per tutta la sua durata un capitale inferiore ad euro 10.000 (v. retro § 2. I dubbi sulla legittimità dell’assunzione della forma della Srls e della Srlci in ragione del presunto carattere di sturt-up delle medesime).
Una Srl ordinaria o una SpA può, dunque, deliberare la riduzione reale del capitale al di sotto della soglia di euro 10.000, laddove tale riduzione sia finalizzata all’assunzione della forma di Srls o di Srlci.
Rimane, tuttavia, il problema di stabilire cosa accada in caso di opposizione vittoriosa alla riduzione reale del capitale da parte dei creditori sociali.
La soluzione a tale interrogativo dipende dalla posizione che si intenda assumere in merito dal diverso problema dell’efficacia della riduzione reale del capitale sociale.
Taluni interpreti hanno, infatti, sostenuto che il termine per l’opposizione rileverebbe non già ai fini dell’efficacia della delibera, ma solo ai fini della sua eseguibilità, onde «per quanto riguarda l’efficacia anche in questo caso si applica la disciplina generale dettata dall’art. 2436, quinto comma c.c.»(51).
Se si accogliesse tale impostazione non vi sarebbero, evidentemente, particolari problemi, poiché con l’iscrizione delle delibere in esame nel Registro delle imprese avrebbero simultaneamente efficacia sia la riduzione reale del capitale sia la modifica della forma sociale.
Ad avviso di chi scrive non pare, tuttavia, che tale tesi, pur sorretta da argomentazioni suggestive ed articolate, possa essere condivisa e, dunque, deve ritenersi che la pendenza del termine per l’opposizione determini anche l‘inefficacia della riduzione reale del capitale(52).
Se si accogliesse siffatta impostazione se ne dovrebbe dedurre che, per realizzare l’operazione in esame, occorrerebbe differire anche l’efficacia della modifica della forma sociale al decorso senza opposizione del termine di cui agli artt. 2445 e 2482 c.c.
In altre parole la delibera di “trasformazione” dovrebbe essere sospensivamente condizionata alla mancata opposizione dei creditori sociali alla riduzione reale del capitale sociale(53).
5. Requisiti soggettivi
Più in generale, l’assunzione della forma di Srls o di Srlci può essere deliberata solo ove la società risultante dall’operazione rispetti tutti gli altri requisiti prescritti per tali forme sociali.
Vengono a tale riguardo in rilievo innanzitutto i requisiti soggettivi dei soci.
Si è già avuto modo di sottolineare che fra i requisiti connessi dalla legge all’assunzione della forma di Srls vi è quello relativo alle persone dei soci.
I soci devono, infatti, essere persone fisiche. Ma devono ritenersi vietate variazioni strutturali a carattere volontario, pur non dipendenti da una cessione di quota in senso tecnico, che altrimenti producano l’acquisto della qualità di socio di una Srls da parte di un soggetto sprovvisto di siffatti requisiti e fra tali variazioni può senza dubbio annoverarsi la “trasformazione” in esame(54).
6. Le agevolazioni fiscali e notarili e lo statuto standard
Laddove la forma sociale di arrivo sia rappresentata da una Srls, occorre chiedersi se la relativa delibera possa essere assoggettata:
- alle agevolazioni concesse dall’art. 3, comma 3, del D.l. 24 gennaio 2012 n. 1, secondo cui «L’atto costitutivo e l’iscrizione nel Registro delle imprese sono esenti da diritto di bollo e di segreteria e non sono dovuti onorari notarili»;
- al disposto dell’art. 2463-bis, secondo comma, c.c. secondo cui «L’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico in conformità al modello standard tipizzato con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico». A ben vedere non pare che nella specie possano essere concesse le predette agevolazioni, atteso che la ratio delle medesime risiede nella circostanza che con esse si intende favorire l’«Accesso dei giovani alla costituzione di società a responsabilità limitata», come si desume dalla rubrica del citato art. 3 del D.l. 24 gennaio 2012, n. 1.
In altre parole, si intende in tal modo agevolare l’avviamento di nuove attività produttive.
D’altro canto, l’esonero dal pagamento degli onorari notarili, che deroga al principio generale del diritto del prestatore d’opera intellettuale ad un equo compenso, si giustifica proprio in ragione del fatto che, a fronte dell’agevolazione economica allo start-up, il notaio esplica un’attività di contenuto minimale, dovendo limitarsi a recepire un atto costitutivo precostituito ed uniforme(55).
Nel caso di specie, invece, si tratta di una società preesistente in altra forma e, dunque, non si intende dar luogo ad alcuna nuova attività economica, ma continuare in altra veste quella già esercitata(56).
D’altro canto, quando l’assunzione della forma di Srls è effettuata da una società preesistente, il notaio rogante è chiamato a svolgere una prestazione che non è limitata al mero recepimento di uno statuto tipizzato, ma a porre in essere un’attività molto più complessa di analisi della conformità dell’operazione al sistema positivo.
Ma una volta escluse, per le esposte ragioni, le agevolazioni economiche caratteristiche della costituzione di una nuova Srls, non ha alcun senso obbligare i soci a recepire lo statuto standard tipizzato con decreto ministeriale.
A fronte della percezione da parte del notaio dell’ordinaria remunerazione, è assolutamente giusto che i soci possano pretendere che quest’ultimo li assista nell’elaborazione delle clausole statutarie più idonee alla gestione della situazione in concreto esistente all’interno della compagine sociale.
7. I requisiti relativi ai conferimenti
Resta da verificare se, ed in che misura, in sede di assunzione della forma di Srls o di Srlci occorra anche che la società si adegui alle norme dettate in materia di conferimenti per siffatte forme sociali. Si è già avuto modo di osservare che nella Srls e nella Srlci:
- il capitale deve essere interamente versato alla data della costituzione,
- il relativo conferimento deve farsi in denaro.
A tale riguardo, occorre innanzitutto stabilire se possano essere utilizzati, ai fini dell’imputazione al capitale della società risultante dall’operazione, elementi patrimoniali che non sarebbero suscettibili di conferimento secondo le regole applicabili alla beneficiaria stessa(57).
È, infatti, ben possibile e sicuramente probabile che la società che intenda assumere la forma di Srls o di Srlci, essendo già esistente ed operativa, abbia un patrimonio formato da svariate tipologie di beni e diritti diversi dal denaro.
A mio avviso, il problema non ha ragione di porsi laddove venga in rilievo, come nel caso di specie, il rapporto fra la società nella forma antecedente all’operazione e la società nella forma risultante dalla medesima, in quanto, nell’ambito di tale rapporto, non vi è un conferimento in senso tecnico, ma l’allocazione di risorse patrimoniali già acquisite alla società. Manca, infatti, nel caso di specie la distinzione soggettiva tra conferente e conferitario, che è caratteristica del conferimento, atteso che la società ante e post assunzione della forma di Srls o di Srlci rimane un soggetto unico, che muta semplicemente la propria forma giuridica, mantenendo la propria identità soggettiva.
Dunque, l’applicazione delle norme in materia di conferimento, nel caso di specie, potrebbe sostenersi solo laddove ricorra l’eadem ratio legis che giustifichi un’interpretazione analogica delle medesime.
Ma nel nostro caso, è vero che nella Srls e nella Srlci il legislatore ha inteso far sì che, a fronte di un capitale minimo ridotto rispetto al paradigma della Srl ordinaria, siffatto capitale sia formato con un conferimento che sia, non solo immediatamente e totalmente acquisito al patrimonio sociale, ma anche formato da un bene per definizione liquido, quale è il denaro.
Tuttavia è anche vero che, una volta costituitasi la società o sottoscritto un aumento di capitale a pagamento, nulla assicura che le risorse patrimoniali, acquisite dalla società in siffatte sedi a titolo di conferimento ed imputate a capitale sociale, rimangano investite, durante societate, in denaro.
Del resto, non si dubita(58 )che in sede di trasformazione non occorra che sia versato presso un istituto di credito almeno il 25% dei conferimenti in danaro, non solo perché la trasformazione non dà luogo ad un conferimento in senso tecnico, onde non devono essere applicate le relative norme, ma anche e soprattutto perché non ricorre la eadem ratio legis, trattandosi di società già esistente ed operativa.
In altri termini, come è stato esattamente osservato(59), «l’applicazione delle regole della fase costitutiva dell’ente da adottare deve essere adeguata al dato per cui un ente esiste già, e vuol essere mutato. Dovranno quindi essere rispettate tutte quelle norme, ma solo quelle norme, che stabiliscono requisiti di forma e condizioni tipologiche e garanzie, soprattutto verso i terzi, per la venuta ad esistenza della nuova forma organizzativa; non quelle afferenti al momento transitorio della stipulazione del contratto di costituzione o comunque quelle ad efficacia circoscritta al momento genetico della destinazione patrimoniale all’attività».
È vero, ancora, che in tema di trasformazione l’art. 2500-ter, secondo comma, c.c. dispone che, in caso di trasformazione di società di persone in società di capitali, «il capitale della società risultante dalla trasformazione deve essere determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell’attivo e del passivo e deve risultare da relazione di stima redatta a norma dell’articolo 2343 o, nel caso di società a responsabilità limitata, dell’articolo 2465». Ma è altrettanto vero che l’estensione al caso di specie delle norme in tema di conferimento è stata espressamente prevista non già perché la trasformazione è equiparabile ad un conferimento in natura, atteso che in tal caso la norma in esame sarebbe stata superflua, bensì ricorrendo la eadem ratio sottesa agli artt. 2343 e 2465 c.c.
Del resto, tale norma deve essere applicata anche laddove una società di persone o un ente non societario intendano trasformarsi in Srls o in Srlci, trattandosi di «trasformazione di società di persone in società di capitali» per gli effetti dell’art. 2500-ter c.c., atteso che la Srls e la Srlci sono pur sempre ascrivibili al tipo della Srl e, dunque, all’alveo delle società di capitali.
Peraltro, il problema dell’applicazione delle norme in materia di conferimenti caratteristiche della Srls e della Srlci si pone anche con riferimento i rapporti fra la società ed i suoi soci.
In quest’ottica, appare necessario che, laddove siano promesse dai soci risorse patrimoniali ai fini della loro imputazione a capitale, ciò sia fatto nel rispetto delle regole che tutelano l’effettività del capitale, secondo le norme proprie della forma sociale di arrivo.
La questione, dunque, assume rilevanza innanzitutto con riferimento ai conferimenti in danaro effettuati dai soci prima che la società assuma la forma della Srls o della Srlci e non interamente liberati.
In questo caso, a differenza di quanto si è visto poc’anzi ad altro proposito, il sistema positivo sembra richiedere che i soci, per i conferimenti ancora da eseguire, debbano adeguare i loro comportamenti alle regole proprie della forma sociale di arrivo.
Basti al riguardo citare l’ipotesi della società di capitali pluripersonale che divenga unipersonale, nel quale la legge dispone che «i versamenti ancora dovuti devono essere effettuati entro novanta giorni» (artt. 2342, quarto comma, e 2464, ultimo comma, c.c.), così adeguando il conferimento alle regole valevoli per le società unipersonali.
Ma un problema analogo si pone anche laddove una società di persone, dotata di soci d’opera, la cui prestazione non sia stata ancora compiutamente eseguita, intenda trasformarsi in Srls o Srlci.
In quest’ultima ipotesi il problema non è diverso da quello, già esaminato dalla dottrina in sede di trasformazione, in cui una società di persone, dotata di soci d’opera, intenda trasformarsi in una società che non ammetta la figura del socio d’opera, quale ad esempio una SpA, ovvero in una società che ammetta il socio d’opera solo a particolari condizioni non ricorrenti nel caso di specie (si pensi ad una trasformazione in Srl ordinaria laddove il socio d’opera non intenda prestare la garanzia fideiussoria prevista dall’art. 2464, penultimo comma, c.c.).
Nella specie si ritiene, invero, che il socio d’opera sia comunque obbligato ad eseguire l’opera, a suo tempo promessa e non ancora compiutamente eseguita, sotto forma di prestazione a titolo diverso dal conferimento imputato a capitale(60). Diversamente, il socio d’opera percepirebbe un vantaggio indebito.
Altra questione è quella di individuare la quota di capitale da assegnare al socio d’opera nella società risultante dall’operazione, problema che pone il dubbio dell’applicabilità nel caso di specie della controversa disposizione di cui all’art. 2500-quater c.c., secondo comma, c.c., in base al quale «Il socio d’opera ha diritto all’assegnazione di un numero di azioni o di una quota in misura corrispondente alla partecipazione che l’atto costitutivo gli riconosceva precedentemente alla trasformazione o, in mancanza, d’accordo tra i soci ovvero, in difetto di accordo, determinata dal giudice secondo equità». Si tratta, peraltro, di una norma di difficile interpretazione soprattutto in relazione alle conseguenze del mancato accordo dei soci in merito alla quota spettante al socio d’opera sull’attuazione dell’operazione. Per tali problematiche deve, dunque, farsi rinvio alla dottrina in materia di trasformazione(61).
Ma, in ogni caso, per quanto interessa in questa sede, la quota di capitale attribuita al socio d’opera non può trovare un sostrato patrimoniale nella prestazione d’opera assunta da costui, la quale non può essere tout court imputata a capitale, se la forma societaria di arrivo è quella della Srls o della Srlci. Tale quota, dunque, deve trovare fondamento, in tali casi, nel patrimonio sociale stimato dal perito ex art. 2500-ter, secondo comma, c.c.
In altre parole:
- il perito stimerà il valore del patrimonio sociale senza tenere conto del valore della prestazione d’opera(62),
- il capitale della società risultante dall’operazione dovrà essere fissato in una somma non superiore al valore stimato dal perito,
- il socio d’opera si vedrà assegnata una quota del capitale così determinato.
Infine, può accadere che ad assumere la forma di Srls o di Srlci sia una Srl ordinaria nella quale siano stati effettuati conferimenti di opera o di servizi ai sensi dell’art. 2464, comma 6, c.c.
In tal caso si pongono delicati problemi di coordinamento tra la disciplina della Srl ordinaria e quella delle Srls e Srlci.
La complessità della problematica deriva, in realtà, dall’estrema difficoltà di inquadramento sistematico dell’istituto di cui alla norma da ultimo citata.
È noto, infatti, che si fronteggiano al riguardo due opposte scuole di pensiero: l’una propensa a ritenere che oggetto del conferimento sia il valore della polizza di assicurazione o della fideiussione bancaria(63 )e l’altra orientata nel senso che oggetto del conferimento sia invece la prestazione d’opera o di servizi, rispetto alla quale la fideiussione rivestirebbe il ruolo di mera garanzia(64).
Per quanto interessa in questa sede, tuttavia, il punto nodale del dibattito sull’istituto in esame risiede nella soluzione del problema inerente alla liberazione del capitale sottoscritto mediante conferimento d’opera o di servizi.
Si tratta, in altre parole, di stabilire se le quote in esame debbano considerasi interamente liberate all’atto del conferimento, con l’assunzione dell’obbligo di effettuare l’opera o il servizio accompagnata dalla relativa fideiussione, o se, invece, esse debbano considerarsi come ancora da liberare.
Se, infatti, si condividesse quest’ultima tesi, sarebbe difficile attuare la “trasformazione” in oggetto, a causa dell’incompatibilità tra la natura del conferimento ancora da eseguire con la disciplina della Srls e della Srlci.
A tal fine occorrerebbe verificare se sia possibile “eliminare” il conferimento in questione mediante una riduzione reale del capitale sociale(65).
L’art. 2482, infatti, nelle Srl fa obbligo, per le quote non ancora liberate, di eseguire la riduzione reale del capitale mediante liberazione dei soci dall’obbligo dei conferimenti ancora dovuti.
Pertanto - ove si accogliesse la tesi secondo cui oggetto del conferimento ex art. 2464, comma 6, c.c. sia la prestazione d’opera o di servizi e non la fideiussione, onde l’assunzione dell’obbligo relativo non sarebbe idonea a far ritenere liberata la quota - bisognerebbe concludere che la riduzione reale debba avvenire «restituendo al socio in questione la polizza o la fideiussione, conseguentemente liberandolo dall’obbligazione d’opera o di servizi assunta nei confronti della società»(66).
Ove invece si accogliesse l’opposta teoria - secondo cui le quote in esame devono considerasi interamente liberate all’atto del conferimento, con l’assunzione dell’obbligo di effettuare l’opera o il servizio accompagnata dalla relativa fideiussione - dovrebbe probabilmente ritenersi che, essendo ormai sostanzialmente attuato il conferimento, non sorga un effettivo conflitto fra le norme in materia di Srl ordinaria e quelle in tema di Srls o Srlci(67).
Limiti di compatibilità della disciplina della fusione e della scissione con i nuovi modelli di Srl
Fusione o scissione di Srls o Srlci in cui la società risultante dalla fusione o la beneficiaria della scissione sia una Srl ordinaria o altro tipo societario
1. Le fusioni e scissioni “trasfor mative”
I nuovi tipi di Srl di recente introduzione pongono problemi di compatibilità anche con le norme in materia di fusione e di scissione.
A tale riguardo deve innanzitutto esaminarsi il caso in cui l’operazione di fusione o di scissione coinvolga una Srls o una Srlci e la società risultante dalla fusione o la beneficiaria della scissione sia una Srl ordinaria o un altro tipo societario.
Più precisamente può accadere che:
- una Srls o una Srlci partecipi ad una fusione in cui la società incorporante o risultante dalla fusione sia una Srl ordinaria o un altro tipo societario(68);
- una Srls o una Srlci si scinda a favore di una beneficiaria avente la forma di Srl ordinaria o di altro tipo societario(69).
In tali ipotesi la fusione o la scissione determina anche, oltre agli effetti tipici delle operazioni in esame, un mutamento della forma sociale.
Si tratta a ben vedere di un fenomeno non nuovo agli istituti della fusione e della scissione.
La dottrina e la giurisprudenza hanno infatti in passato sottolineato che la fusione e la scissione possono determinare di fatto anche una vera e propria trasformazione del tipo sociale e che in tal caso all’operazione devono in linea di principio applicarsi anche i principi fondamentali caratteristici della trasformazione(70).
Tale impostazione è poi stata espressamente accolta dallo stesso legislatore, che ha esteso alla fusione ed alla scissione “trasformative” anche talune disposizioni proprie della trasformazione.
È il caso dell’ultimo comma dell’art. 2504-bis c.c., che disciplina gli effetti della fusione eterogenea con riguardo al profilo della responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali.
A tal fine è previsto che «la fusione attuata mediante costituzione di una nuova società di capitali ovvero mediante incorporazione in una società di capitali non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni delle rispettive società partecipanti alla fusione anteriori all’ultima delle iscrizioni prescritte dall’art. 2504, se non risulta che i creditori hanno dato il loro consenso».
Il principio è del tutto analogo a quello di cui all’art. 2500-quinquies, primo comma, c.c., in materia di trasformazione.
La disposizione in tema di fusione si limita, infatti, a riprodurre la norma secondo cui la trasformazione non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni sociali se non risulta che i creditori sociali hanno dato il loro consenso alla trasformazione, coordinandola con gli adempimenti pubblicitari e con la decorrenza dell’efficacia dell’operazione propri della fusione(71). Inoltre, lo stesso legislatore della riforma ha imposto l’applicazione delle regole proprie della trasformazione laddove ha assoggettato alla perizia di stima giurata il patrimonio (o la parte dello stesso) della società di persone che si fonde o si scinde a favore di una società di capitali (art. 2501-sexies penultimo comma c.c., richiamato dall’art. 2506-ter, terzo comma, c.c.)(72).
Se, dunque, si tratti di fusione o scissione coinvolgente una Srls o una Srlci in cui la società risultante dalla fusione o la beneficiaria sia una Srl ordinaria o altro tipo societario, si riprodurranno, in linea di principio, le problematiche sopra esaminate in tema di trasformazione (v. retro § Srls, Srlci e trasformazione).
Pertanto, laddove la società risultante dalla fusione o la beneficiaria della scissione sia una Srl ordinaria, non si tratterà, a rigore, di una fusione o scissione “trasformativa”(73), onde non si dovrà applicare alcuna delle norme proprie della trasformazione.
Il problema dell’applicazione di siffatte norme dovrà, invece, porsi laddove la società risultante dalla fusione o la beneficiaria della scissione sia di tipo diverso.
Ciò non assume, tuttavia, specifica rilevanza ai fini del recesso, atteso che nelle Srl il recesso è comunque attribuito dall’art. 2473 c.c. ai soci non assenzienti per il solo fatto che sia deliberata una fusione o una scissione. Dunque, la rilevanza della questione finisce per sussistere solo laddove in una Srlci lo statuto sociale preveda quorum rafforzati in caso di trasformazione della società, che non valgano anche per la fusione o la scissione.
A tale riguardo è stato, infatti, autorevolmente sostenuto che l’art. 2502, primo comma, c.c. non possa legittimare la disapplicazione delle speciali regole legali o statutarie che impongano una maggioranza rafforzata per determinate modifiche statutarie, al fine di evitare la facile elusione di dette regole(74).
Ma tale conclusione, a mio parere, non può essere condivisa, come si è cercato di dimostrare in altra sede(75 ).
La disposizione di cui al nuovo art. 2502, primo comma, c.c., infatti, ha una sua precisa ragione sistematica, la quale deve rinvenirsi nell’art. 7, lett. a, della legge delega, in forza del quale la riforma della disciplina fusione e della scissione doveva essere ispirata, per quanto qui interessa, a “semplificare e precisare” il relativo procedimento.
L’esigenza di semplificazione ed il favor fusionis e scissionis che ne consegue appare tanto più evidente se si considera che la regola secondo cui l’approvazione del progetto di fusione o di scissione deve essere decisa a maggioranza è stata introdotta persino per le società di persone, che, per il resto, continuano ad essere dominate dal principio unanimistico.
Ne deriva, a mio avviso, che il favor fusionis e scissionis implica che la regola di cui all’art. 2502, primo comma, c.c. deve essere interpretata nel senso che, nelle società di capitali, per l’approvazione del progetto è sufficiente la sussistenza delle ordinarie maggioranze richieste per la modificazione dell’atto costitutivo o statuto, senza che possa operarsi alcuna distinzione in ragione delle conseguenze modificative della fusione e della scissione sulle singole disposizioni statutarie della società partecipante(76). Ove la fusione o la scissione comporti anche la trasformazione, nel senso sopra precisato, deve, peraltro, applicarsi il principio di cui all’art. 2500-sexies c.c. secondo cui «È comunque richiesto il consenso dei soci che con la trasformazione assumono responsabilità illimitata»(77).
Siffatta conclusione, peraltro, non contraddice la validità della tesi sopra enunciata in materia di quorum, poiché la prescrizione di detto consenso non costituisce una norma diretta a regolare i quorum assembleari, ma la previsione di un consenso esterno alla delibera assembleare la cui mancanza determina semplicemente l’inefficacia del trasformazione fino a che esso non sopravvenga(78).
Del resto, la necessità del consenso si spiega con l’imprescindibile esigenza di sottrarre il socio dissenziente all’assunzione di una responsabilità illimitata rispetto alla quale egli non aveva mai prestato il suo consenso al momento dell’ingresso in società.
Si tratta, in definitiva, di una applicazione del principio generale secondo cui non si possono imporre a maggioranza ad un socio di Srl o SpA prestazioni patrimoniali ulteriori rispetto al conferimento assunto, per la tutela del quale il legislatore della riforma ha evidentemente ritenuto non sufficiente lo strumento del recesso. Tale principio, invero, costituisce uno dei pochissimi punti sui quali non trova applicazione il principio maggioritario che domina le società di capitali.
Ed invero, laddove il sistema richiede il consenso unanime dei soci, si è evidentemente fuori da un fenomeno deliberativo da parte dell’organo assembleare e, dunque, anche in questo caso non si tratta di norme dirette a regolare quorum assembleari. Si tratta, piuttosto, di atti di consenso che ciascun socio compie uti singulus e non uti socius e che sono espressione di principi eccezionali nel diritto societario diretti a sottrarre il singolo socio al principio maggioritario.
2. Il capitale legale minimo della beneficiaria di nuova costituzione
Laddove, peraltro, la società beneficiaria di nuova costituzione di una scissione sia una Srl ordinaria o altro tipo sociale, per il quale è previsto un capitale minimo legale, occorre rispettare l’ammontare minimo del capitale previsto dalla legge.
Nondimeno, la circostanza che la società scissa sia una Srls o una Srlci, che, in quanto tali, abbiano un capitale inferiore ad euro 10.000, non implica necessariamente l’irrealizzabilità dell’operazione.
È noto, infatti, come, all’indomani dell’introduzione dell’istituto della scissione nel diritto positivo, sia stato sostenuto da autorevole dottrina(79 )che il netto patrimoniale assegnato dalla scissa alla beneficiaria o a ciascuna beneficiaria dovesse riprodurre proporzionalmente la medesima composizione qualitativa che esso presentava nella scissa.
Dunque, nella misura in cui il netto patrimoniale assegnato veniva imputato a capitale della beneficiaria, la scissa avrebbe dovuto ridurre di pari importo il proprio capitale sociale.
Se, inoltre, la scissa presentava oltre al capitale sociale anche altre poste di netto, anche queste ultime avrebbero dovuto essere ridotte proporzionalmente e ricostituite con la medesima qualificazione nella beneficiaria.
Ma la dottrina prevalente ha correttamente ritenuto che una limitazione di tal genere non trova alcun riscontro nel testo normativo(80).
L’art. 2506-bis c.c., infatti, nel prevedere che il progetto debba contenere l’esatta descrizione degli elementi patrimoniali da assegnare a ciascuna delle società beneficiarie, non pone alcuna limitazione in ordine all’individuazione di tali elementi, nemmeno con riferimento alle componenti del netto patrimoniale, salvo specifiche limitazione desumibili da altre disposizioni normative.
Né può dirsi che il quadro normativo sia mutato a seguito della riforma societaria, che ha introdotto all’art. 2504-bis, quarto comma, c.c. richiamato dall’art. 2506-quater c.c., il c.d. principio della continuità dei valori contabili. Questo principio, infatti, si limita a stabilire che nel bilancio post scissione debba essere mantenuto il valore contabile degli elementi patrimoniali assegnati scissionis causa e non anche la loro qualificazione a titolo di capitale o riserva.
È, dunque, ben possibile che, in caso di scissione parziale, la scissa non effettui alcuna riduzione del proprio capitale sociale, laddove il netto patrimoniale assegnato alla beneficiaria possa essere coperto con l’utilizzo di riserve della scissa.
Ciò rende possibile che la scissa, avente la forma di Srls o di Srlci e dunque un capitale sociale inferiore ad euro 10.000, possa effettuare una scissione in favore di beneficiaria di nuova costituzione avente la forma di Srl ordinaria o di SpA, laddove la società scissa abbia comunque un patrimonio netto non imputato a capitale in grado di supportare il valore del capitale sociale minimo della Srl ordinaria o della SpA.
Ma, anche laddove non ricorrano tali condizioni, non è detto che l’operazione sia irrealizzabile.
La prassi applicativa in materia di scissione ha già posto in passato all’attenzione degli interpreti l’ipotesi in cui, in caso di scissione in favore di società di nuova costituzione, il capitale della beneficiaria sia di importo superiore al valore della parte del patrimonio netto contabile della scissa assegnato alla beneficiaria.
In linea di principio, non v’è dubbio che, di regola, tale operazione non sia ammissibile poiché essa pone in pericolo il principio dell’integrità del capitale sociale.
Ma, già nel vecchio sistema, ci si era chiesti se l’operazione in oggetto potesse considerarsi lecita laddove si procedesse a redigere una perizia di stima ex art. 2343 c.c. della parte del patrimonio della società scissa da assegnare alla beneficiaria, che attestasse l’effettività delle rivalutazioni effettuate rispetto ai valori di libro.
Contro l’ammissibilità di siffatta operazione, nel vigore del precedente sistema, si era addotta «l’operatività dei criteri inderogabili di bilancio»(81). Alla base di tale assunto si poneva, dunque, il disposto dell’art. 2423-bis, n. 6, c.c., secondo cui «i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro». Né si era ritenuto possibile che la scissione integrasse una di quelle deroghe a tale principio che, a termini del secondo comma del citato articolo, «sono consentite in casi eccezionali», ma con l’obbligo che la nota integrativa debba «motivare la deroga e indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico».
E ciò in conformità all’orientamento prevalente, secondo il quale i “casi eccezionali” di cui sopra debbono riguardare i singoli beni appostati in bilancio e non particolari esigenze della società(82).
Nel nuovo sistema tale impostazione è destinata a trovare nuove e più forti motivazioni nel principio di continuità dei bilanci sancito dall’art. 2504-bis, quarto comma, c.c.(83)
Ma, a ben vedere, non pare che detto principio abbia nella sostanza alterato i termini del problema, poiché già nel vigore del precedente sistema societario parte della dottrina(84 )e della giurisprudenza(85 )ritenevano ammissibile l’operazione in esame.
Ed infatti, non può a mio avviso negarsi che la rivalutazione delle poste di bilancio della società scissa verrebbe nella specie effettuata nel contesto di un’operazione straordinaria implicante una rilevante riorganizzazione aziendale, non ponendo, pertanto, problemi di comparabilità del bilancio post scissione con i bilanci pregressi(86).
È vero, peraltro, che detta operazione viene operata sulla base di situazioni patrimoniali che devono essere redatte con gli stessi criteri del bilancio di esercizio (art. 2501-quater c.c.) e che essa è dominata dal principio di continuità delle rappresentazioni contabili (art. 2504-bis, quarto comma, c.c.).
Ma è anche vero che il principio di continuità dei bilanci è funzionale soprattutto alla tutela dell’integrità del capitale(87), per cui, quando, per le specifiche modalità dell’operazione, tale integrità non sia posta in pericolo, non vi sarebbe ragione di applicare detto principio.
Del resto, la rivalutazione che verrebbe operata sulla base della perizia di stima ex art. 2343 c.c. è ben diversa da quella che sarebbe consentita in casi eccezionali dall’art. 2423-bis c.c.
È stato, infatti, esattamente osservato che «nel sistema delle società di capitali l’effettività delle (ri)valutazioni che non solo eccezionalmente (art. 2425, ultimo comma), ma annualmente ed ordinariamente vengono compiute (l’applicazione di alcuni criteri di valutazione in sede di redazione del bilancio possono condurre a rivalutazioni di cespiti) non è affatto affidata ad un riscontro attraverso una stima esterna ad opera di un perito nominato dall’autorità giudiziaria»(88).
Ne deriva, a mio avviso, che per coerenza sistematica la rivalutazione vietata dal principio di continuità di cui all’art. 2504-bis, quarto comma, c.c. deve ritenersi esclusivamente quella effettuata in assenza di stima giurata e non anche quella accompagnata da tale stima(89).
Fusione o scissione in cui la società risultante della fusione o la beneficiaria della scissione sia un Srls o una Srlci
1. Il capitale sociale della società risultante dalla fusione o della beneficiaria della scissione
Può ancora accadere che l’operazione di fusione o di scissione coinvolga una società diversa da una Srls o da una Srlci, ma la società risultante dalla fusione o la beneficiaria della scissione sia una società ascrivibile a siffatti tipi.
In tal caso, si porranno questioni analoghe a quelle sopra esaminate in tema di trasformazione (v. retro § La trasformazione in Srls o Srlci). In particolare, giova ricordare in questa sede che l’operazione potrà essere attuata solo ove la società risultante dalla fusione o quella beneficiaria della scissione rispetti tutti gli altri requisiti prescritti per la Srls o la Srlci.
Non sorgono al riguardo particolari problemi per l’ammontare del capitale sociale, atteso che l’orientamento oggi prevalente ritiene che la fissazione dell’ammontare del capitale sociale della società risultante dalla fusione o della beneficiaria delle scissione non sopporti limiti minimi, se non quelli derivanti dal tipo sociale.
A tale riguardo, nel sistema anteriore alla riforma del diritto societario, la giurisprudenza(90 )e parte minoritaria della dottrina(91 )avevano sottolineato che, se la somma dei capitali post fusione o scissione della o delle società risultanti dall’operazione fosse stata inferiore alla somma dei capitali ante fusione o scissione delle medesime, si sarebbe, nella sostanza, verificato un fenomeno di riduzione reale del capitale sociale assoggettato ai rigorosi principi di cui al vecchio testo dell’art. 2445 c.c., e, quindi, possibile solo in presenza del requisito dell’esuberanza.
Di contro, la prevalente dottrina(92 )aveva, di contro, obiettato che la fusione e la scissione societaria rappresentano modificazioni delle organizzazioni societarie retta da regole proprie ed esaustive, nelle quali l’interesse dei creditori sociali, per quanto qui interessa, è previsto e regolato esclusivamente in sede di opposizione ex art. 2503 c.c.
Tale disposizione, in ragione del superiore interesse delle società partecipanti a realizzare la riorganizzazione delle loro strutture societarie in funzione del loro interesse imprenditoriale, pur concedendo ai creditori il diritto di opporsi ove la scissione potesse recare pregiudizio alle loro ragioni creditorie, non imponeva, tuttavia, alcun limite connesso alla fissazione del capitale post scissione, né alcuna motivazione all’eventuale riduzione del capitale della società partecipanti, sovrapponendosi e derogando in parte qua all’art. 2445 c.c.
In tale ottica, dunque, le ragioni dei creditori trovavano la propria tutela unicamente dell’istituto dell’opposizione alla scissione.
Orbene nel nuovo sistema societario la dibattuta questione da ultimo esaminata è destinata, a mio avviso, a risolversi definitivamente in favore della tesi già sostenuta dalla prevalente dottrina(93).
Non potrebbe oggi, in primo luogo, ritenersi necessario che l’operazione sia motivata da un’esuberanza del capitale sociale delle società partecipanti, atteso che la riduzione reale del capitale sociale è stata dal legislatore della riforma affrancata dal requisito dell’esuberanza(94).
In secondo luogo, l’opposizione di cui all’art. 2503 c.c. è regolata nello stesso modo dell’opposizione di cui all’art. 2445 c.c. mediante rinvio all’ultimo comma di tale articolo.
Con ciò sembra che ogni punto di attrito tra la disciplina della fusione e della scissione e quella della riduzione reale del capitale sociale sia stato eliminato.
L’unica semplificazione operata dall’art. 2503 c.c. è data dal fatto che il termine per l’opposizione dei creditori nella scissione è di soli sessanta giorni contro i novanta previsti dall’art. 2445 c.c.
Ma si tratta, con ogni evidenza, di un principio ispirato al favor del legislatore per le operazioni di riorganizzazione societaria che ha indotto, ad esempio, anche ad introdurre al riguardo il principio maggioritario nelle società personali(95).
Per altro verso, potrebbero sorgere problemi nella determinazione del capitale sociale della società incorporante o della beneficiaria preesistente che abbiano la forma di Srls o di Srlci, laddove per effetto dell’attuazione del rapporto di cambio occorra aumentare il capitale sociale dell’incorporante o della beneficiaria e tale aumento porti il capitale stesso ad un importo pari o superiore ad euro 10.000. Nondimeno, l’evolversi della prassi societaria ha dimostrato che non sempre ai fini dell’operazione di fusione o di scissione è necessario che l’incorporante o la beneficiaria preesistente aumentino il proprio capitale in funzione del rapporto di cambio.
A tale proposito vengono, innanzitutto, in rilievo le ipotesi in cui la fusione o la scissione vengano attuate senza alcun rapporto di cambio. Si allude tipicamente al caso incorporazione di società interamente posseduta dall’incorporante o di scissione a favore di società preesistente che possiede l’intero capitale della scissa, come si evince dall’art. 2505, primo comma, c.c., richiamato dall’art. 2506-ter, ultimo comma, c.c.
Ma la mancanza del rapporto di cambio e del conseguente aumento del capitale sociale può derivare, oltre che da caratteristiche ontologiche dell’operazione, anche dal fatto che il particolare assetto proprietario delle società partecipanti all’operazione, pur rendendo astrattamente possibile un fenomeno di concambio o di assegnazione, può far sì che l’operazione si attui in concreto senza dar luogo ad un siffatto fenomeno, in quanto all’esito dell’operazione non si determina alcuna alterazione delle quote di partecipazione dei soci(96).
In secondo luogo, pur in presenza della fissazione del rapporto di cambio, è possibile che detto rapporto si attui, in particolari circostanze, senza che sia necessario procedere ad un aumento del capitale sociale della società incorporante o della beneficiaria preesistente.
È, infatti, possibile che l’operazione si attui mediante «ridistribuzione di azioni del capitale della società incorporante o beneficiaria, con conseguente riduzione della partecipazione dei soci originari».
Ed invero è «legittimo realizzare il concambio tenendo fermo l’importo del capitale della società incorporante (o beneficiaria), annullando tutte le azioni in circolazione, rimettendole integralmente e ridistribuendole fra i soci originari e nuovi, sulla base di un rapporto di cambio non solo delle azioni della società incorporanda (o scissa) con azioni della società incorporante (o beneficiaria) ma anche delle vecchie azioni della stessa società incorporante (o beneficiaria) con (un numero inferiore di) nuove azioni della stessa società. Detto meccanismo non altera infatti il rapporto fra soci originari e nuovi, né la proporzione in cui gli stessi partecipano al capitale della società incorporante (o beneficiaria) e quindi non incide sui rispettivi diritti sociali.
La riduzione del valore nominale della partecipazione dei soci originari non lede infatti il loro diritto soggettivo al mantenimento delle proporzioni determinate dal concambio ed è la conseguenza dell’approvazione dell’operazione di fusione (o scissione) secondo le modalità stabilite nel progetto; delibera che può ovviamente essere adottata a maggioranza salva la verifica che, applicandosi il concambio, nessuna partecipazione venga di fatto annullata e salva, eventualmente, l’adozione di meccanismi idonei ad evitare tale estrema conseguenza»(97).
Come è stato evidenziato anche dalla dottrina(98), non esiste, infatti, un diritto soggettivo del socio alla conservazione del valore nominale delle proprie quote, ma solo un diritto alla conservazione della frazione del capitale sociale rappresentato da dette quote.
Il valore nominale delle quote sociali, quando presente, non rileva, infatti, in sé, ma solo in quanto entità rappresentativa del rapporto tra il valore nominale della singola partecipazione e l’ammontare del capitale sociale.
2. I requisiti soggettivi
Quanto ai requisiti soggettivi dei soci, non v’è dubbio che i soci della Srls risultante dalla fusione o beneficiaria della scissione debbano essere in linea di principio persone fisiche.
Piuttosto, giova ricordare che, in caso di scissione, il rispetto dei requisiti soggettivi della Srls può essere attuato anche laddove nella società scissa non sussistano siffatti requisiti.
È, infatti, possibile che la non proporzionalità della scissione possa assumere una particolare connotazione laddove l’assegnazione di partecipazioni in misura non proporzionale giunga fino al punto di estromettere taluno dei soci dalla partecipazione a una o più delle società coinvolte nell’operazione.
Si tratta, in definitiva, di una particolare ipotesi di scissione non proporzionale “estrema”, che è considerata dal legislatore una fattispecie a sé stante, alla quale è riservata un’autonoma disciplina normativa dall’art. 2506, secondo comma, c.c. e che è stata denominata in dottrina come «scissione asimmetrica»(99).
In tal caso, invero, la maggior quota assegnata ai soci in una delle società risultanti dall’operazione viene compensata non già tramite l’assegnazione di una minor quota in altra società, bensì mediante l’estromissione del beneficiario della stessa da quest’ultima società(100).
Nel caso di specie, dunque, basterebbe estromettere il socio sprovvisto dei requisiti di legge dalla Srls beneficiaria della scissione, assegnandogli una maggior quota nella scissa o in altra beneficiaria.
Del pari, i requisiti soggettivi dei soci della società scissa e di quella incorporata divengono irrilevanti con riferimento alle partecipazioni detenute dalla beneficiaria o dall’incorporante rispettivamente nella scissa o nella incorporata.
In forza dell’art. 2504-ter c.c., richiamato dall’art. 2506-ter, ultimo comma, c.c., tali partecipazioni sono destinate ad essere annullate senza concambio, onde l’operazione non potrà mai condurre un soggetto diverso da una persona fisica ad essere socio di una Srls.
3. Le agevolazioni fiscali e notarili e lo statuto standard
Il problema dell’applicabilità delle agevolazioni fiscali e notarili e lo statuto standard si ripropone anche laddove la società risultante dalla fusione o la beneficiaria della scissione sia una Srls. In particolare occorre chiedersi se l’operazione possa essere assoggettata:
- alle agevolazioni concesse dall’art. 3, comma 3, del D.l. 24 gennaio 2012, n. 1, secondo cui «L’atto costitutivo e l’iscrizione nel Registro delle imprese sono esenti da diritto di bollo e di segreteria e non sono dovuti onorari notarili»;
- al disposto dell’art. 2463-bis, secondo comma, c.c. secondo cui «L’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico in conformità al modello standard tipizzato con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico». Ma deve qui ribadirsi, come si è già ritenuto in sede di trasformazione, che non pare che nella specie possano essere concesse le predette agevolazioni, atteso che la ratio delle medesime risiede nella circostanza che con esse si intende favorire la fase di start-up.
Una volta escluse, per le esposte ragioni, le agevolazioni economiche caratteristiche della costituzione di una nuova Srls, non ha alcun senso obbligare i soci a recepire lo statuto tipizzato con decreto Ministeriale, laddove si tratti di fusione propria o di scissione a favore di beneficiaria di nuova costituzione.
Secondo l’orientamento ormai prevalente(101), tanto la fusione quanto la scissione, costituiscono vicende di natura meramente modificativa relativa a società preesistente, anche laddove si tratti di fusione propria o di scissione a favore di beneficiaria di nuova costituzione, onde non sussistono la sostanza e soprattutto la ratio che hanno indotto il legislatore a dettare le norme in esame(102).
4. I dubbi che la for ma di Srls o Srlci non possa essere assunta da società preesistenti in sede di fusione o scissione
Del pari e per le ragioni a suo tempo esposte (v. retro § 2. I dubbi sulla legittimità dell’assunzione della forma della Srls e della Srlci in ragione del presunto carattere di start-up delle medesime), anche in sede di fusione e di scissione, deve probabilmente ritenersi infondato il dubbio che la forma di Srls o di Srlci non possa essere assunta da società preesistenti(103). Ma v’è di più.
La fusione o la scissione possono anche essere effettuate in modo tale che una Srls o una Srlci incorpori una società di tipo diverso che sia interamente posseduta dalla prima ovvero che una Srls o una Srlci sia beneficiaria di una scissione effettuata da una società di tipo diverso interamente posseduta dalla beneficiaria.
In tali ipotesi, la Srls o la Srlci incorporante o beneficiaria, preesistendo all’operazione straordinaria, si limita ad effettuare una riorganizzazione aziendale di tipo meramente formale, diretta a riportare nel proprio patrimonio assets allocati nella società interamente posseduta e presenti nel patrimonio dell’incorporante o della beneficiaria sotto forma di “beni di secondo grado”, rappresentati dalle partecipazioni nella società incorporata o scissa.
L’operazione, dunque, ha il solo effetto di convertire i beni di secondo grado in beni di primo grado. Ma non v’è chi non veda come vietare un’operazione siffatta significherebbe, in ossequio ad un mero formalismo, impedire alla Srls o alla Srlci di riorganizzare al meglio la propria azienda(104).
Fusione o scissione cui partecipano e da cui risultino solo Srls o Srlci
Laddove, infine, tutte le società partecipanti ad una fusione o ad una scissione e quelle risultanti dall’operazione siano ascrivibili al medesimo sottotipo di Srls o di Srlci si potrebbe, a prima vista, pensare che non si pongano particolari problemi.
Ed invero, non si tratterebbe di una fusione o di una scissione “trasformativa”(105), stante l’omogeneità dei tipi sociali coinvolti.
Per altro verso, anche in tal caso potrebbero sorgere problemi nella determinazione del capitale sociale della società incorporante o nella beneficiaria preesistente che abbiano la forma di Srls o di Srlci, laddove per effetto dell’attuazione del rapporto di cambio occorra aumentare il capitale sociale della Srls o della Srlci incorporante o beneficiaria e tale aumento porti il capitale stesso ad un importo pari o superiore ad euro 10.000(106).
Ma anche nella specie sarà possibile avvalersi delle tecniche di attuazione del rapporto di cambio senza aumento del capitale dell’incorporante o della beneficiaria preesistente.
Ciò posto, laddove si tratti di fusione propria di più Srls mediante costituzione di una nuova Srls o di scissione di Srls mediante costituzione di una nuova Srls, occorre, ancora una volta, chiedersi se l’operazione possa essere assoggettata alle più volte richiamate agevolazioni concesse dall’art. 3, comma 3, del D.l. 24 gennaio 2012 n. 1 ed all’obbligo dello statuto standard di cui all’art. 2463-bis, secondo comma, c.c.
A tale proposito deve ribadirsi come non competano le predette agevolazioni, atteso che la ratio delle medesime risiede nella circostanza che con esse si intende favorire la fase di start-up dell’impresa.
Nel caso di specie, invece, si tratta di società preesistenti e, dunque, non si intende dar luogo ad alcuna nuova attività economica, ma continuare in altra veste quella già esercitata(107).
D’altro canto quando l’operazione è effettuata da una società preesistente, il notaio rogante è chiamato a svolgere una prestazione che non è limitata al mero recepimento di uno statuto tipizzato, ma a porre in essere un’attività molto più complessa di analisi della conformità dell’operazione al sistema positivo. Ma una volta escluse, per le esposte ragioni, le agevolazioni economiche caratteristiche della costituzione in senso stretto di una nuova Srls, non ha alcun senso obbligare i soci a recepire nella società di nuova costituzione risultante dalla fusione o nella beneficiaria di nuova costituzione lo statuto standard tipizzato con decreto ministeriale.
A fronte della percezione da parte del notaio dell’ordinaria remunerazione, è assolutamente giusto che i soci possano pretendere che quest’ultimo li assista nell’elaborazione delle clausole statutarie più idonee alla gestione della situazione in concreto esistente all’interno della compagine sociale.
* Il presente studio costituisce la rielaborazione di un saggio pubblicato su Nuovo dir. soc., n. 19 del 2013.
(1) Sul tema, già prima della riforma, con specifica attenzione alla individuazione degli strumenti per superare limiti espressi e non nel sistema normativo, O. CAGNASSO, La trasformazione, in Il codice civile. Commentario diretto da P. Schlesinger, artt. 2498-2500, Milano, 1990, p. 1 e ss.
(2) Si tratta di un’impostazione analoga a quello adottata in Belgio per l’analoga fattispecie della Société privée à responsabilité limitée starter (Sprl-s), atteso che l’art. 211-bis, secondo comma, del Code des societes dispone che «Toutes les dispositions du présent code qui s’appliquent à la société privée à responsabilité limitée sont applicables, sauf dérogation expresse».
(3) Cfr. M. MALTONI, Società cooperative e trasformazione, in M. MALTONI - F. TASSINARI, La trasformazione delle società, Milano, 2011, p. 358 e ss. al quale si rinvia per ulteriori riferimenti bibliografici.
(4) Il legislatore italiano ha seguito al riguardo l’esempio del legislatore tedesco e di quello belga, i quali, nelle forme di Srl a capitale ridotto, hanno disposto che un quarto degli utili netti annuali debbano essere destinati a riserva sino a che il patrimonio netto non raggiunga un importo pari al capitale minimo previsto per la Srl ordinaria, e precisamente euro 25.000 per la Gesellschaft mit beschränkter Haftung (GmbH) ed euro 18.550 per la société privée à responsabilité limitée (Sprl). In particolare l’art. 319-bis del Code des Societes belga, con riferimento alla société privée à responsabilité limitée starter (Sprl-s), dispone che: «Dans le cas visé à l’article 211bis l’article 319 n’est pas d’application, mais l’assemblée générale fait annuellement, sur les bénéfices nets, un prélèvement d’un quart au moins, affecté à la formation d’un fonds de réserve. Cette obligation de prélèvement existe jusqu’à ce que le fonds de réserve ait atteint le montant de la différence entre le capital minimum requis par l’article 214, § 1er, et le capital souscrit. L’assemblée générale peut décider, conformément aux règles de la modification des statuts, que ce fonds de réserve soit incorporé dans le capital».
(5) Siffatta inderogabilità oggi è testualmente prevista dall’art. 2463-bis, terzo comma, c.c. - introdotto dal D.l. 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 99 - secondo cui «Le clausole del modello standard tipizzato sono inderogabili». Ma. in tal senso, già prima del D.l. 76/2013, v. F.G. NARDONE, A. RUOTOLO e D. BOGGIALI, Società a responsabilità limitata a capitale ridotto (art. 44 del D.l. 22 giugno 2012, n. 83), in www.notariato.it; Ministero dello sviluppo economico Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione, parere prot. n. 0170741 del 31 luglio 2012; Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massima R.B.1), rinvenibili nel sito www.notaitriveneto.it; Assonime, circ. n. 29 del 30 ottobre 2012, § 3. La necessità di conformarsi ad un modello standard inderogabile (Musterprotokoll) è previsto in Germania quale caratteristica propria di qualunque tipo di Srl e non solo della Srl a capitale ridotto [Unternehmergesellschaft (UG)], laddove si intenda fruire della riduzione dell’onorario del notaio. Dispone, infatti, il § 2 Abs. (1a) del Gesetz betreffend die Gesellschaften mit beschränkter Haftung (GmbHG) che «Die Gesellschaft kann in einem vereinfachten Verfahren gegründet werden, wenn sie höchstens drei Gesellschafter und einen Geschäftsführer hat. Für die Gründung im vereinfachten Verfahren ist das in der Anlage bestimmte Musterprotokoll zu verwenden. Darüber hinaus dürfen keine vom Gesetz abweichenden Bestimmungen getroffen werden. Das Musterprotokoll gilt zugleich als Gesellschafterliste. Im Übrigen finden auf das Musterprotokoll die Vorschriften dieses Gesetzes über den Gesellschaftsvertrag entsprechende Anwendung». L’obbligo di adeguarsi ad uno statuto standard inderogabile è previsto altresì in Spagna: - per la sociedad limitada nueva empresa (Slne) (introdotta dall’art. 130 della ley 7/2003); - per la sociedad de responsabilidad limitada c.d. exprés, introdotta dal Real decreto-ley 13/2010, con capitale inferiore ad euro 3.100 euro.
(6) Nello senso che Srls e Srlcr siano meri sottotipi del tipo Srl, sia pure nella vigenza all’abrogato modello della società a responsabilità limitata a capitale ridotto, v. Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massima R.A.4), rinvenibili nel sito www.notaitriveneto.it, secondo cui: «… la Srl semplificata e la Srl a capitale ridotto costituiscono dei sotto tipi della Srl ordinaria, e non dei tipi autonomi, essendo le stesse soggette, per quanto non espressamente derogato, alla disciplina legale di quest’ultima»; Assonime, circ. n. 29 del 30 ottobre 2012, secondo cui: «… entrambe le figure sono riconducibili al tipo generale della società a responsabilità limitata, a cui si richiama espressamente la disciplina per tutti i profili non espressamente regolati»; M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto. Una nuova geometria del sistema o un sistema disarticolato?», in Riv. soc., 2012, p. 1104 e ss.; F.G. NARDONE - A. RUOTOLO, Società a responsabilità limitata semplificata. questioni applicative, in www.notariato. it; A. BUSANI - C.A. BUSI, «La Srl semplificata (Srls) e a capitale ridotto (Srlcr)», in Società, 2012, p. 1307; O. CAGNASSO, «La Srl: un tipo societario “senza qualità”?», in Nuovo dir. soc., 2013, 5, p. 18; G. FERRI JR., «Prime osservazioni in tema di società a responsabilità limitata semplificata e di società a responsabilità limitata a capitale ridotto», in Riv. dir comm., 2013, 2, p. 135 e ss.; G. FERRI JR., Prime osservazioni in tema di società a responsabilità limitata semplificata e di società a responsabilità limitata a capitale ridotto, studio di impresa n. 221-2013/I, in www.notariato. it; M. RESCIGNO, «La società a responsabilità limitata a capitale ridotto e semplificata (art. 2463-bis c.c; art. 44 D.l. n. 83/12; D.m. giustizia 23 giugno 2012, n. 138)», in Nuove l. civ. comm., 2013, p. 68 e ss.; A. BARTOLACELLI, «“Novissime” modifiche alla disciplina della Srls: saggio minimo di diritto transitorio», in Nuovo dir. soc., 2013, 16, p. 27; M. MALTONI, La società a responsabilità limitata semplificata e la società a responsabilità limitata a capitale ridotto: sintesi delle questioni applicative, in AA.VV., L’immobile e l’impresa, Milano, 2013, p. 101. Contra, nel senso che il passaggio da un sottotipo all’altro darebbe luogo ad una vera e propria trasformazione, P. REVIGLIONO, La società a responsabilità limitata semplificata, in AA.VV., La nuova società a responsabilità limitata, a cura di M. Bione - R. Guidotti - E. Pederzini, Padova, 2012, p. 645 e ss.; R. GUIDOTTI - E. PEDERZINI, La società a responsabilità limitata a capitale ridotto, op. ult. cit., p. 664, pur avanzando un dubbio su tale conclusione per quanto riguarda il «passaggio da società a capitale ridotto a società semplificata e viceversa».
(7) La necessità che i soci siano persone fisiche è prevista anche in Spagna per la sociedad de responsabilidad limitada c.d. exprés, introdotta dal Real decreto-ley 13/2010 ed in Belgio per la société privée à responsabilité limitée starter (Sprl-s) in base all’art. 211-bis § 1 del Code des societes. Tale limitazione non è, invece, prevista in Germania per il modello semplificato di Srl [Unternehmergesellschaft (UG)], di cui al § 5a del Gesetz betreffend die Gesellschaften mit beschränkter Haftung (GmbHG).
(8) A. BARTOLACELLI, «“Novissime” modifiche alla disciplina della Srls …», cit., p. 11.
(9) Tale norma abrogata disponeva che: «È fatto divieto di cessione delle quote a soci non aventi i requisiti di età di cui al primo comma e l’eventuale atto è conseguentemente nullo». Un espresso divieto di cessione delle quote a soggetti diversi dalle persone fisiche è, tuttavia, in genere contenuto nelle legislazioni che prevedono tale requisito soggettivo di partecipazione alla costituzione di Srl di tipo semplificato. V., al riguardo, ancora una volta la legislazione belga che, all’art. 249 § 2 del Code des Societes, con riferimento alla Société Privée à Responsabilité Limitée Starter (sprl-s), dispone che in tal caso: «Dans le cas visé à l’article 211bis, les parts d’un associé ne peuvent être cédées à une personne morale, à peine de nullité de l’opération».
(10) A. BARTOLACELLI, «“Novissime” modifiche alla disciplina della Srls …», cit., p. 22, pur avanzando dubbi sulla sanzione applicabile. V., inoltre, con riferimento all’abrogato istituto della società a responsabilità limitata a capitale ridotto R. GUIDOTTI - E. PEDERZINI, La società a responsabilità limitata a capitale ridotto, cit., p. 661, ove si afferma che la sanzione per la violazione di tale principio sarebbe quella dell’ “inefficacia assoluta”. Ciò pone il problema di stabilire se il divieto così ricavato dal sistema si estenda anche ai trasferimenti mortis causa, nei quali il trasferimento non dipende dalla volontà del dante causa di disfarsi della partecipazione sociale; ma si tratta di un problema che non interessa in questa sede. V., comunque, con riferimento alle norme in materia di Srls vigenti prima della recente modifica, Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massima R.A.2), rinvenibili nel sito www.notaitriveneto.it, secondo cui: «Il divieto di cessione di quote di Srls contenuto nel comma 4 dell’art. 2463-bis c.c. [oggi abrogato n.d.r.] appare riferito ai soli atti negoziali tra vivi, per cui, nel caso di morte di un socio la sua quota si trasferirà agli eredi accettanti anche se questi siano persone fisiche che abbiano compiuto i trentacinque anni di età, ovvero altri soggetti di diritto diversi dalle persone fisiche,
compreso lo Stato». Nello stesso senso, M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto …», cit., p. 1117 e ss.; F. TASSINARI, Società responsabilità limitata (Srl, artt. 2463 e ss. c.c.), società a responsabilità limitata semplificata (Srls, art. 2463- bis c.c.), società a responsabilità limitata a capitale ridotto (Srlcr, art. 44 D.l. 22 giugno 2012, n. 83 convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134), 30 ottobre 2012, in http://www. consiglionotariletorino.it, 26; M. MALTONI, La società a responsabilità limitata semplificata …, cit., p. 108. Contra A. BUSANI - C.A. BUSI, «La Srl semplificata (Srls) e a capitale ridotto (Srlcr)», cit., p. 1314.
(11) In tal senso, sia pure prima del D.l. 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 99, sembrava orientata anche Assonime, circ. n. 29 del 30 ottobre 2012 §§ 2. e 6, ove si legge: «... il requisito dell’età [oggi abrogato n.d.r.] è un elemento che deve sussistere al momento della costituzione della società, oppure al momento dell’ingresso di nuovi soci (poiché è questo il momento dell’avvio per il soggetto che subentra) … ne deriva che la società non può porre in essere o partecipare ad operazioni societarie che vi deroghino, a meno che tali operazioni si inseriscano all’interno di una più complessiva operazione di passaggio al modello di Srl ordinaria»; M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto …», cit., p. 1120; A. BUSANI - C.A. BUSI, «La Srl semplificata (Srls) e a capitale ridotto (Srlcr)», cit., p. 1314; M. RESCIGNO, «La società a responsabilità limitata a capitale ridotto e semplificata … », cit., p. 74. Cfr. inoltre: - Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massima R.A.2), rinvenibili nel sito www. notaitriveneto.it, secondo cui: «Il divieto di cessione contenuto nell’art. 2463-bis c.c. [oggi abrogato n.d.r.] è, infatti, con tutta evidenza, una disposizione antielusiva, tendente ad evitare la costituzione di una Srls. da parte di soggetti compiacenti aventi i requisiti di legge che successivamente trasferiscano le loro quote a soggetti non aventi tali requisiti. Lo stesso può pertanto trovare applicazione nei soli trasferimenti volontari tra vivi»; - Massime elaborate dalla commissione società del consiglio notarile di Milano (massima n. 129), rinvenibili nel sito www.consiglionotarilemilano.it, secondo cui: «Pur in mancanza di un espresso divieto di “cessione delle quote a soci non aventi i requisiti” - al pari di quanto disposto dall’art. 2463, comma 4, c.c., per le Srl semplificate - si deve ritenere che detta norma trovi applicazione analogica, mutatis mutandis, anche nella Srl a capitale ridotto. Ne consegue che: a) sono vietati tutti gli atti tra vivi che comportino, a qualsiasi titolo, il trasferimento delle partecipazioni sociali di una Srl a capitale ridotto a favore di un soggetto diverso da una persona fisica; b) sono altresì vietati i medesimi atti qualora abbiano ad oggetto, oltre che il trasferimento della piena proprietà della partecipazione, anche il trasferimento o la costituzione di diritti parziali di godimento o il trasferimento della nuda proprietà da essi gravata; c) sono parimenti vietate le operazioni societarie (aumenti di capitale, fusioni, scissioni, etc.) in esito alle quali una o più partecipazioni della Srl a capitale ridotto venga attribuita a soggetti diverse dalle persone fisiche».
(12) V., al riguardo, ancora una volta la legislazione belga che, all’art. 249 § 2 del Code des societes, con riferimento alla Société privée à responsabilité limitée starter (Sprl-s), dispone che: «Des personnes morales ne peuvent être admises que par la voie d’une augmentation de capital qui porte le capital social au moins à hauteur du montant prévu à l’article 214, § 1er».
(13) Critica tale scelta del legislatore A. BARTOLACELLI, «“Novissime” modifiche alla disciplina della Srls …», cit., p. 15, secondo cui: «… l’intervento di maggiore coerenza sarebbe potuto essere nel senso di consentire non già la sola amministrazione, bensì pure la legittimazione alla costituzione di una Srls. a soggetti “non persona fisica”. Ciò sulla base del quasi ovvio rilievo che, essendo i profili patrimoniali potenzialmente quasi irrilevanti nel modello societario in discorso, l’aspetto di maggiore peculiarità resta quello dell’amministrazione; se questa è consentita a soggetti “non persona fisica” non si intende perché debba essere loro precluso il diritto ad essere socio fondatore della Srls., non comportando ciò alcun pregiudizio in capo a terzi soggetti».
(14) L’integrale versamento in denaro del capitale sociale è richiesto anche in Germania per il modello semplificato di Srl [Unternehmergesellschaft (UG)], che può costituirsi con un capitale inferiore al minimo richiesto per l’ordinaria Gesellschaft mit beschränkter Haftung (GmbH) (euro 25.000). Tale innovazione è stata introdotta nel 2008 al § 5a del Gesetz betreffend die Gesellschaften mit beschränkter Haftung (GmbHG), secondo cui: «Eine Gesellschaft, die mit einem Stammkapital gegründet wird, das den Betrag des Mindeststammkapitals nach § 5 Abs. 1 unterschreitet, muss in der Firma abweichend von § 4 die Bezeichnung “Unternehmergesellschaft (haftungsbeschränkt)” oder “UG (haftungsbeschränkt)” führen».
(15) A. BUSANI - C.A. BUSI, «La Srl semplificata (Srls) e a capitale ridotto (Srlcr)», cit., p. 1310. Sul punto, in senso contrario, sia pure prima dell’avvento del D.l. 28 giugno 2013, n. 76, A. BAUDINO, «La nuova società a responsabilità limitata semplificata. Prime riflessioni e spunti operativi», in Nuovo dir. soc., 2012, 12, p. 23; Assonime, circ. n. 29 del 30 ottobre 2012 § 4, ove si legge: «Se … la ratio dell’obbligo di conferimenti in natura va rinvenuta nelle esigenze di semplificazione della fattispecie costitutiva della società, in un momento successivo alla costituzione queste esigenze potrebbero essere venute meno e conseguentemente anche il divieto di conferimento in natura». Nello stesso senso Massime elaborate dalla commissione società del consiglio notarile di Milano (massima n. 130), in www.consiglionotarilemilano. it, secondo cui: «L’obbligo di integrale versamento dei conferimenti in denaro e il divieto di conferimenti diversi dal denaro … non si applicano ai conferimenti da eseguire in sede di aumento di capitale di Srl semplificate o Srl a capitale ridotto, nemmeno nelle ipotesi in cui il capitale non venga aumentato a un importo pari o superiore a euro 10.000 e la società mantenga la forma di Srl semplificata o Srl a capitale ridotto. Le operazioni di aumento di capitale in tali sotto-tipi di Srl, pertanto, sono interamente disciplinate dalle norme dettate per la Srl “ordinaria”». A sostegno di tale assunto si adduce, tra l’altro, la circostanza che: «… la presenza del modello standard di atto costitutivo si accompagna alla necessità di ridurre al minimo il controllo di legalità del notaio, anche in considerazione della gratuità della sua prestazione», onde tale ratio sussisterebbe solo in sede di costituzione della società. Ma, a tale riguardo, deve obiettarsi che la necessità che i conferimenti siano interamente versati in denaro sussiste anche per le società con capitale inferiore ad euro 10.000 che non assumano la forma di Srls, nelle quali non vi è alcuna gratuità nella prestazione notarile. Anche in Germania si è posta tale questione interpretativa con rifermento alla Unternehmergesellschaft. Sul relativo dibattuto v. G.D. VON DER LAAGE, «La “Unternehmergesellschaft (haftungsbeschrankt)”: il nuovo modello di GmhH (Srl) nella recente riforma tedesca», in Riv. soc., 2011, 410 e s.; M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto...», cit., p. 1109.
(16) In senso critico v. Assonime, circ. n. 29 del 30 ottobre 2012 § 4, secondo cui: «L’esclusione della possibilità di effettuare conferimenti in natura si può spiegare in relazione alle esigenze di semplificazione e riduzione dei costi che hanno ispirato la disciplina in tema di Srls. Il conferimento in natura impone infatti un complesso procedimento di stima dei beni. Se pure ciò è vero, tuttavia, queste esigenze non sembrano giustificare un divieto assoluto di effettuare conferimenti in natura. Si può anzi pensare che le nuove attività imprenditoriali, tanto più se in settori innovativi, abbiano ad oggetto proprio lo sviluppo di idee innovative e quindi vi potrebbe essere un interesse specifico a conferire entità diverse dal denaro, che rientrano in senso ampio tra gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica. Sarebbe stato più coerente con una logica di agevolazione e sostegno dell’attività d’impresa, demandare alla discrezionalità dei soci la scelta se effettuare un conferimento in denaro oppure in natura, tanto più in una prospettiva nella quale il capitale non costituisce una forma di garanzia per i creditori».
(17) Sul metodo tipologico v. D. LEENEN, Typus und Rechtsfindung, Berlin, 1971; G. DE NOVA, Il tipo contrattuale, Padova, 1974; G. ZANARONE, La Srl e le fonti della relativa disciplina, in Il codice civile. Commentario, fondato da P. Schlesinger, diretto da F. D. Busnelli, Della società a responsabilità limitata, t. 1, artt. 2462-2474, Milano, 2010, p. 19 e ss.; sul ruolo del tipo nella Srl riformata v., ancora F. MAGLIULO-F. TASSINARI, Evoluzione storica e tipo normativo, in La riforma della società a responsabilità limitata, a cura di C. Caccavale, F. Magliulo, M. Maltoni, F. Tassinari, Milano, 2007, p. 1 e ss.
(18) Nello stesso senso, sia pure prima dell’avvento del D.l. 28 giugno 2013, n. 76, v. Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massima R.A.4), rinvenibili nel sito www.notaitriveneto.it, secondo cui: «… qualora il mutamento del modello di Srl semplificata avvenga con l’adozione di quello di Srl a capitale ridotto o di Srl ordinaria non si ponga in essere una “trasformazione” in senso tecnico, in quanto la Srl semplificata e la Srl a capitale ridotto costituiscono dei sotto tipi della Srl ordinaria, e non dei tipi autonomi, essendo le stesse soggette, per quanto non espressamente derogato, alla disciplina legale di quest’ultima. A quanto sopra consegue che il mutamento del modello di Srl semplificata in quello di Srl a capitale ridotto o di Srl ordinaria avviene senza che trovino applicazione le regole di cui agli artt. 2498 e ss. c.c., mentre in tutti gli altri casi di mutamento del tipo troverà sempre applicazione la disciplina legale sulle trasformazioni». In senso conforme Massime elaborate dalla commissione società del consiglio notarile di Milano (massima n. 132), in www.consiglionotarilemilano.it; Assonime, circ. n. 29 del 30 ottobre 2012 § 8, secondo cui: «… il passaggio al regime ordinario non può essere qualificato in termini di trasformazione in senso proprio»; M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto…», cit., p. 1107; F.G. NARDONE-A. RUOTOLO, Società a responsabilità limitata semplificata. Questioni applicative, in www.notariato. it; A. BUSANI - C.A. BUSI, «La Srl semplificata (Srls) e a capitale ridotto (Srlcr)», cit., p. 1307; F. TASSINARI, Società responsabilità limitata …, cit., p. 27; O. CAGNASSO, «La Srl: un tipo societario “senza qualità”?», in Nuovo dir. soc., p. 18; G. FERRI JR, Prime osservazioni in tema di società a responsabilità limitata semplificata, in www.notariato. it; M. RESCIGNO, «La società a responsabilità limitata a capitale ridotto e semplificata …», cit., p. 69 e ss. Contra, nel senso che il passaggio da un sottotipo all’altro darebbe luogo ad una vera e propria trasformazione, P. REVIGLIONO, La società a responsabilità limitata semplificata, cit., p. 645 e ss.; R. GUIDOTTI-E. PEDERZINI, La società a responsabilità limitata a capitale ridotto, cit., p. 664, pur avanzando un dubbio su tale conclusione per quanto riguarda il «… passaggio da società a capitale ridotto a società semplificata e viceversa». La fattispecie è espressamente prevista dal legislatore tedesco con riferimento alla Unternehmergesellschaft (UG). Dispone, infatti, il § 5a Abs. 5 del Gesetz betreffend die Gesellschaften mit beschränkter Haftung (GmbHG) che: «Erhöht die Gesellschaft ihr Stammkapital so, dass es den Betrag des Mindeststammkapitals nach § 5 Abs. 1 erreicht oder übersteigt, finden die Absätze 1 bis 4 keine Anwendung mehr; die Firma nach Absatz 1 darf beibehalten werden».
(19) Ma in tal senso, già prima dell’avvento del D.l. 28 giugno 2013, n. 76, F.G. NARDONE, A. RUOTOLO e D. BOGGIALI, Regolamento della società a responsabilità limitata semplificata, in www.notariato.it, secondo cui: «… il contenuto dell’atto costitutivo non può che esser quello predefinito nel modello tipizzato, con conseguente inefficacia di qualsiasi pattuizione ulteriore. Diversamente, riducendo il modulo standard ministeriale ad un semplice zoccolo duro “minimale”, si svuoterebbe del tutto di significato e di effetti concreti la scelta del legislatore di inquadrare in uno schema ben preciso e delimitato la Srl “semplificata”, nella quale alla eccezionale compressione dell’autonomia privata corrisponde l’abbattimento solo di alcuni dei costi di start-up (è sempre dovuta, ad esempio, l’imposta di registro …)»; F.G. NARDONE-A. RUOTOLO, Società a responsabilità limitata semplificata. Questioni applicative, cit., secondo cui: «… il contenuto dell’atto costitutivo non può che esser quello predefinito nel modello tipizzato, e non può contenere nessuna pattuizione ulteriore, che sarebbe altrimenti inficiata da nullità». Sostanzialmente nello stesso senso Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massima R.A. 1), rinvenibili nel sito www.notaitriveneto.it, secondo cui: «Le clausole negoziali del modello standard tipizzato dell’atto costitutivo-statuto della Srls sono inderogabili, mentre le formule dell’atto pubblico con esso proposte hanno valore meramente indicativo … Il … notaio rogante e/o le parti non potranno, invece, apportare alcuna modifica alle clausole negoziali tipizzate del negozio costitutivo della Srl semplificata, a meno che non sia necessario adeguarle a disposizioni di legge sopravvenute non ancora recepite dal modello ministeriale». Contra, sempre prima del D.l. 28 giugno 2013 n. 76, Assonime, circ. n. 29 del 30 ottobre 2012 § 3, secondo cui: «Si deve … ritenere preferibile la tesi che considera legittimo, per quanto non regolato dal modello, inserire clausole statutarie ulteriori e usufruire degli spazi di autonomia propri della società a responsabilità limitata, a condizione di non porsi in contrasto con le previsioni del modello e le finalità specifiche della Srls». Nello stesso senso già A. BAUDINO, «La nuova società a responsabilità limitata semplificata …», cit., p. 38.
(20) F.G. NARDONE-A. RUOTOLO, Società a responsabilità limitata semplificata. Questioni applicative, cit.
(21) Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di Atti societari (massima L.H.3), rinvenibili nel sito www.notaitriveneto.it. Nello stesso senso, recentemente, Cass. 22 aprile 2013, n. 9662, secondo cui: «Il passaggio da un regime di durata a tempo indeterminato della società, che comporta il corollario legale del diritto del socio al recesso ad nutum, a un regime di durata a tempo determinato, che tale regime esclude, equivale - senza che possa parlarsi di indebita estensione delle ipotesi di recesso e di conseguente violazione dell’art. 2473 del codice civile - a una ipotesi di eliminazione di una causa di recesso».
(22) G. ZANARONE, Commento all’art. 2473, in Il codice civile. Commentario, fondato da P. Schlesinger, diretto da F. D. Busnelli, Della società a responsabilità limitata, t. 1, artt. 2462- 2474, Milano, 2010, p. 800, nt. 57.
(23) F. MAGLIULO, Il recesso e l’esclusione, in C. CACCAVALE - F. MAGLIULO - M. MALTONI - F. TASSINARI, La riforma della società a responsabilità limitata, Milano, 2007, p. 269; G. ZANARONE, Commento all’art. 2469, in Il codice civile. Commentario, cit., p. 569 e ss.; ID., Commento all’art. 2473, in op. ult. cit., p. 806.
(24) D. GALLETTI, Commento all’art. 2473, in Il nuovo diritto delle società a cura di A. Maffei Alberti, Padova, 2005, p. 1904; A. FELLER, Commento all’art. 2469, in Commentario alla riforma delle società diretto da P.G. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Artt. 2462 - 2483, Milano, 2008, p. 357; DE LUCA, Sub art. 2469, in Codice commentato delle società Abriani - Stella Richter, Torino, 2010, p. 1855 e ss.; Massime elaborate dalla commissione società del consiglio notarile di Milano (massima n. 31), cit., secondo cui: «… le deliberazioni assembleari che introducono o rimuovono dallo statuto di Srl vincoli alla circolazione delle partecipazioni non determinano il diritto di recedere, ferma restando la spettanza del diritto stesso per i casi disciplinati all’art. 2469, comma 2, c.c.».
(25) Massime elaborate dalla commissione società del consiglio notarile di Milano (massima n. 132), in www.consiglionotarilemilano. it.
(26) Massime elaborate dalla commissione società del consiglio notarile di Milano (massima n. 132). Al riguardo, in termini generali, Massime elaborate dalla commissione società del consiglio notarile di Milano (massima n. 19), in www.consiglionotarilemilano.it, ove si afferma che: «Il principio - stabilito nell’art. 2436 c.c. - secondo cui le modifiche statutarie acquistano efficacia solo “dopo l’iscrizione” nel Registro delle imprese non impedisce che vengano assunte, a cura degli organi sociali muniti della relativa competenza, delibere fondate sulla modificazione statutaria approvata ma non ancora iscritta; l’efficacia di tali delibere è subordinata all’iscrizione nel Registro delle imprese della modificazione statutaria che ne costituisce il presupposto … tale è il caso, ad esempio: - della delibera di trasformazione in società per azioni, assunta dalla stessa assemblea immediatamente dopo quella di aumento gratuito (ovvero a pagamento, contestualmente eseguito) del capitale sociale a minimi 120.000 euro».
(27) Nello stesso senso, Assonime, circ. n. 29 del 30 ottobre 2012 § 4; Massime elaborate dalla commissione società del consiglio notarile di Milano (massima n. 132), cit.
(28) Si tratta di una deroga al principio dell’impossibilità di utilizzare la riserva legale per l’aumento gratuito affermato dall’orientamento prevalente. Su tale principio la giurisprudenza è costante (Orientamenti dei Tribunali del Triveneto; Trib. Cassino, 1 febbraio 1991, in Riv. dir. comm., 1992, II, p. 339; Trib. Bologna, 3 dicembre 1995, in Le Società, 1996, p. 688). Più possibilista è, invece, la giurisprudenza in caso di utilizzo della parte di riserva eccedente rispetto al quinto del capitale di cui all’art. 2430 c.c., che, in realtà, non fa parte della riserva legale (v. infra nel testo). In tal senso Trib. Cassino, 7 febbraio 1992, in Vita not., 1992, I, p. 677; Trib. Montepulciano, 22 dicembre 1994, in Le Società, 1995, p. 673; nello stesso senso in dottrina, per tutti, G.E. COLOMBO, Il bilancio e le operazioni sul capitale, in AA.VV., Aumenti e riduzioni di capitale, Milano, 1984, p. 7 e ss.; G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, Torino, 2002, p. 498, nt. 1; nello stesso senso G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, VIII ed. a cura di M. Campobasso, Torino, 2012, p. 525. Contro l’inammissibilità dell’aumento di capitale mediante utilizzo della riserva legale si è, tuttavia, osservato che: «… l’imputazione a capitale verrebbe a creare sulla riserva legale un vincolo maggiore di quello originario, e per di più occorrerebbe procedere successivamente alla costituzione di una riserva legale di importo superiore, in proporzione al nuovo capitale sociale». Così C. COSTA, Le riserve sul diritto delle società, Milano, 1984, p. 11; dopo la riforma cfr. C.A. BUSI, Le novità in materia di aumento e riduzione del capitale previste dalla riforma, in AA.VV., Studi sulla riforma del diritto societario, Milano, 2004, p. 423 e ss., secondo il quale l’indisponibilità delle riserve ostativa all’imputazione a capitale sarebbe solo quella derivante dalla «disciplina statutaria che vincoli la formazione e la destinazione delle riserve stesse, durevolmente sottoponendole a particolari destinazioni». L’orientamento prevalente, peraltro, non ha mancato di replicare che, una volta imputata la riserva legale a capitale, questo potrebbe poi essere ridotto, laddove la riserva legale non può esser in alcun modo toccata. Così F. DI SABATO, «Le variazioni di capitale nella fusione», in Le Società, 1986, p. 952. Nel senso dell’inammissibilità dell’imputazione a capitale delle riserva legale dopo la riforma ex multis D. GALLETTI, Commento all’art. 2481-ter, in Codice commentato delle Srl diretto da P. Benazzo e S. Patriarca, Torino, 2006, p. 487.
(29) La legge, infatti, prevede l’accantonamento annuale di “almeno” la ventesima parte degli utili di esercizio, ma non esclude che l’accantonamento annuale possa essere maggiore. Cfr. G.E. COLOMBO, Il bilancio di esercizio, in Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B Portale, VII, 1, Torino, 1994, p. 497; G.A.M. TRIMARCHI, «Riflessioni sulle riserve», in Nuovo dir. soc., 2012, 20, p. 27.
(30) M. CERA, Il passaggio di riserve a capitale, Milano, 1988; p. 108 e ss.; G.E. COLOMBO, Il bilancio di esercizio, cit., p. 498; G A. M. TRIMARCHI, «Riflessioni sulle riserve», cit., p. 28.
(31) A favore dell’adeguamento della denominazione sociale anche Assonime, circ. n. 29 del 30 ottobre 2012 § 8.
(32) Per altro verso, è vero che, in termini generali, la copia integrale dello statuto modificato non deve essere necessariamente allegata alla delibera modificativa dell’atto costitutivo, poiché l’art. 2436 c.c. prevede che tale formalità è necessaria unicamente ai fini della pubblicità della delibera modificativa, come ritenuto dalla prevalente giurisprudenza, (Cass., 9 febbraio 1972, in Foro it., 1972, II, c. 376; App. Bologna, 11 luglio 1974, in Giur. comm., 1974, II, p. 682; App. Trieste, 19 ottobre 1979, in Riv. not., 1979, p. 1255; App. Torino, 24 marzo 1982, in Foro it., 1982, I, c. 2935; App. Genova, 25 luglio 1987, in Le società, 1987, p. 1204; App. Bologna, 3 giugno 1996, in Le società, 1996, p. 1173). L’art. 14, quinto comma, del D.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581, recante il regolamento di attuazione all’art. 8 della L. n. 580/1993, in materia di istituzione del Registro delle imprese, ha poi confermato tale orientamento disponendo che: «… il richiedente presenta all’ufficio una domanda unica di iscrizione della delibera di modifica dell’atto costitutivo e di deposito del testo dell’atto modificato nella sua redazione aggiornata». 33 Massime elaborate dalla commissione società del consiglio notarile di Milano (massima n. 132), cit., ove, peraltro, si afferma anche il più generale principio secondo cui: «L’assemblea dei soci di Srl semplificate e di Srl a capitale ridotto può legittimamente deliberare, mantenendo la propria “forma” giuridica originaria, tutte le modificazioni dell’atto costitutivo che siano compatibili con l’insieme delle regole e dei limiti che caratterizzano l’uno o l’altro sotto-tipo. Siffatte modificazioni sono assoggettate alla medesima disciplina delle modificazioni dell’atto costitutivo delle Srl “ordinarie”». Contra, in merito alla “trasformazione” da Srls a Srl a capitale ridotto (modello quest’ultimo oggi abrogato) e viceversa, F. TASSINARI, Società responsabilità limitata …, cit., p. 27 sulla base nella considerazione che «i vantaggi di Srls e Srlcr sono limitati alla fase costitutiva». Ma sul punto v. amplius infra § 2. I dubbi sulla legittimità dell’assunzione della forma della Srls e della Srlci in ragione del presunto carattere di start-up delle medesime.
(34) Cfr., sia pure prima dell’avvento del D.l. 28 giugno 2013 n. 76, Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massima R.A.4), rinvenibili nel sito www.notaitriveneto.it, secondo cui: «Il modello di Srl semplificata può essere mutato solo in forza di una formale, espressa, delibera dei soci in tal senso, adottata ai sensi dell’art. 2480 c.c. Stante la tipicità di tale modello societario, avente una specifica disciplina normativa incompatibile con altri tipi o modelli societari, è infatti da ritenere che non possano sussistere atti o fatti idonei a produrre implicitamente il suo mutamento (si pensi all’adozione di delibere incompatibili con la disciplina legale della Srls, quali … l’approvazione di uno statuto diverso da quello tipizzato; … al trasferimento mortis causa delle quote a soggetti non aventi i requisiti previsti dal comma 1 dell’art. 2463-bis c.c., ecc.)». Contra, sempre prima dell’avvento del D.l. 28 giugno 2013 n. 76, Assonime, circ. n. 29 del 30 ottobre 2012, secondo cui si dovrebbe «… ritenere che nell’ordinamento sia stata introdotta una figura generale di società a capitale ridotto, che, laddove la compagine societaria sia composta da soggetti con età inferiore a 35 anni, si possa beneficiare di un regime agevolato e che al superamento dei 35 anni di età da parte dei soci la disciplina si uniformi a quella generale della società a capitale ridotto».
(35) F.G. NARDONE-A. RUOTOLO, Società a responsabilità limitata semplificata. Questioni applicative, cit. 36 Massime elaborate dalla commissione società del consiglio notarile di Milano (massima n. 132), cit.; G. FERRI JR, Prime osservazioni in tema di società a responsabilità limitata semplificata e di società a responsabilità limitata a capitale ridotto, cit.
(37) La questione è posta anche da G. FERRI JR, op. ult. cit.
(38) F.G. NARDONE-A. RUOTOLO, Società a responsabilità limitata semplificata. Questioni applicative, in www.notariato.it; M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto…», cit., p. 1108; F. TASSINARI, Società responsabilità limitata …, cit., p. 27; M. RESCIGNO, «La società a responsabilità limitata a capitale ridotto e semplificata …», cit., p. 69 e ss.; M. MALTONI, La società a responsabilità limitata semplificata …, cit., p. 103.
(39) M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto…», cit., p. 1107; F. TASSINARI, Società responsabilità limitata …, cit., p. 27; M. RESCIGNO, «La società a responsabilità limitata a capitale ridotto e semplificata …», cit., p. 69 e ss.; M. MALTONI, La società a responsabilità limitata semplificata …, cit., p. 103.
(40) Basti al riguardo citare il caso della legislazione belga, nella quale il Code des societes, con riferimento alla société privée à responsabilité limitée starter (Sprl-s), all’art. 214 § 2 prevede che: «Au plus tard cinq ans après sa constitution ou dès que la société occupe l’équivalent de cinq travailleurs temps plein, la société doit procéder à une augmentation de son capital social pour le porter au moins à hauteur du montant prévu au paragraphe premier. Dès que le capital social a été porté à hauteur du montant tel que prévu ci-avant, la société perd le statut de “ starter “ et les dispositions de l’article 223, alinéas 1er et 2, sont applicables».
(41) O. CAGNASSO, «La Srl: un tipo societario “senza qualità”?», cit., p. 21; Assonime, circ. n. 29 del 30 ottobre 2012 § 8; G. FERRI JR, Prime osservazioni in tema di società a responsabilità limitata semplificata e di società a responsabilità limitata a capitale ridotto, cit.; Massime elaborate dalla commissione società del consiglio notarile di Milano (massima n. 132). Contra M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto…», cit., p. 1107; M. MALTONI, La società a responsabilità limitata semplificata …, cit., p. 103.
(42) Peraltro, in termini generali, si è posto in dubbio che le norme di cui all’art. 2482-bis e 2482-ter c.c. siano incompatibili con i nuovi tipi di Srl, a fronte di un capitale minimo di importo così irrisorio da risultare in fatto irrilevante quale garanzia per i creditori sociali e da condurre spesso, sin dal momento della costituzione, ad accusare perdite rilevanti ai sensi degli artt. 2482- bis e 2482-ter c.c. Sul tema cfr. O. CAGNASSO, «La Srl: un tipo societario “senza qualità”?», cit., p. 19; A. BAUDINO, «La nuova società a responsabilità limitata semplificata …», cit., p. 29; V. SALAFIA, «La società a responsabilità semplificata e il tribunale delle imprese», in Le società, 2, 2012, p. 153; P. REVIGLIONO, La società a responsabilità limitata semplificata, cit., p. 644 e ss.; ID., «La società semplificata a responsabilità limitata: un “buco nero” nel sistema delle società di capitali», in Nuovo dir. soc., 2012, 4, p. 23 e ss. Ma, contro tale impostazione, deve obiettarsi che l’applicazione ai nuovi tipi di Srl delle regole sulla conservazione del capitale continua ad avere un’importante funzione consistente nell’assicurare che il patrimonio netto non sia addirittura di valore negativo. In mancanza dell’applicazione di tali regole, infatti, la società potrebbe continuare ad operare normalmente anche laddove il patrimonio netto presenti valori negativi importanti (v., in quest’ottica, Assonime, circ. n. 29 del 30 ottobre 2012 § 4, ove si legge che: «… le regole sulla conservazione del capitale, in assenza di un capitale minimo, presentano la diversa funzione di imporre il mantenimento di un equilibrio tra passività e attività della società. In altre parole nei sistemi senza capitale minimo, ma con obbligo di ricapitalizzazione, si impone che il valore complessivo dell’attivo sia almeno pari a quello del passivo»; F.G. NARDONE-A. RUOTOLO, Società a responsabilità limitata semplificata. Questioni applicative, cit; M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto…», cit., p. 1122 e ss.; A. BUSANI - C.A. BUSI, «La Srl semplificata (Srls) e a capitale ridotto (Srlcr)», cit., p. 1318; F. TASSINARI, Società responsabilità limitata …, cit., p. 24 e ss.; M. RESCIGNO, «La società a responsabilità limitata a capitale ridotto e semplificata …», cit., p. 80 e s.; M. MALTONI, La società a responsabilità limitata semplificata …, cit., p. 108 e ss.; Massime elaborate dalla commissione società del consiglio notarile di Milano (massima n. 131), in www. consiglionotarilemilano.it). In ciò le nuove Srl continuano a differenziarsi dalle società di persone, nelle quali la sussistenza di perdite ingenti non obbliga a ricapitalizzare la società sotto pena di scioglimento, ma si limita ad impedire la ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente (art. 2303, secondo comma, c.c.). La spiegazione sistematica di tale assetto normativo è facilmente rinvenibile nella circostanza che le nuove Srl conservano in capo a tutti i soci il beneficio della responsabilità limitata, a differenza di quanto accade nelle società di persone. Emblematica al riguardo è la normativa belga relativa alla société privée à responsabilité limitée starter (Sprl-s), ove, pur prevedendosi che «Aussi longtemps que la société a le statut de “starter”, elle ne peut pas procéder à une réduction de capital» (art. 214 § 2 del Code des Societes), si dispone, tuttavia, che «des engagements de la société dans une proportion fixée par le juge, en cas de faillite, prononcée dans les trois ans de la constitution si le capital social ou dans le cas visé à l’article 211bis, les fonds propres et les moyens subordonnés, étaient, lors de la constitution, manifestement insuffisant pour assurer l’exercice normal de l’activité projetée pendant une période de deux ans au moins» (art. 229 n. 5 del Code des Societes). 43 Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massima L.G.10), rinvenibili nel sito www. notaitriveneto.it. Nello stesso senso A. BUSANI, Srl. Il nuovo ordinamento dopo il D.lgs. 6/2003, Milano, 2003, p. 600; M. PINNARÒ, Commento art. 2482-ter, in La riforma delle società a cura di M. Sandulli e V. Santoro, Torino, 2003, vol. 3, p. 220 e ss.; G. PINNA, Commento all’art. 2482- ter, in Il nuovo diritto delle società, in Il nuovo diritto delle società a cura di A. Maffei Alberti, Padova, 2005, p. 2128; D. CORRADO, Commento all’art. 2482-ter, in Commentario alla riforma delle società diretto da P.G. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, artt. 2462 - 2483, Milano, 2008, p. 1328. Contra G. ZANARONE, Commento all’art. 2482-ter, in Il codice civile. Commentario, cit., p. 1733.
(44) M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto …», cit., p. 1107, sia pure con riferimento all’abrogato modello della società a responsabilità limitata a capitale ridotto.
(45) In quest’ottica Massime elaborate dalla commissione società del Consiglio notarile di Milano (massima n. 131), cit., laddove si afferma: «La disciplina degli artt. 2482-bis e 2482-ter c.c. trova piena applicazione anche nelle Srl semplificate e nelle Srl a capitale ridotto, con riferimento al diverso limite legale minimo del capitale sociale, pari a euro 1, anziché euro 10.000».
(46) Si immagini che, a fronte di un capitale sociale di euro 10.000 ed in assenza di riserve, si verifichi una perdita di euro 5.000. La riduzione immediata del capitale sociale porterebbe quest’ultimo ad euro 5.000. Se nel successivo esercizio si producessero utili per euro 5.000, solo la quinta parte di questi, pari ad euro 1.000, dovrebbe essere accantonata a riserva legale, mentre i residui euro 4.000 potrebbero essere distribuiti ai soci. Se, invece, si riportasse la perdita a nuovo senza ridurre il capitale, l’intero importo degli utili dell’esercizio successivo, di euro 5.000, dovrebbe essere trattenuto senza possibilità di distribuzione. Sulla distinzione tra utili di esercizio e utili di bilancio v. ex multis G.E. COLOMBO, Il bilancio di esercizio, in Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B Portale, vol. 7, tomo 1, Torino, 1994, p. 883 e ss.
(47) Si immagini che, nel caso di cui alla nota precedente, nel successivo esercizio si producessero utili per euro 30.000. In questa ipotesi, se si fosse immediatamente ridotto il capitale sociale ad euro 5.000, la quinta parte di detti utili sarebbe pari ad euro 6.000 (importo che è maggiore delle pregresse perdite di euro 5.000). Ma solo la minor somma di euro 5.000 dovrebbe essere accantonata a riserva legale, perché con tale importo la somma del capitale e della riserva legale raggiungerebbe il limite massimo di diecimila euro.
(48) Secondo un’opinione ormai ampiamente diffusa in dottrina il capitale sociale non può avere il ruolo di diretta garanzia per i creditori sociali, ma solo una funzione di garanzia della produttività dell’azienda sociale, poiché in caso di perdite esso impedisce la distribuzione di utili finché le perdite stesse non siano ripianate. Ex multis C. ANGELICI, La costituzione della società per azioni, in Tratt. dir. priv. diretto da P. Rescigno, 16, Torino, 1985, p. 243 e ss.; G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, cit., p. 188 ss. Nulla, infatti, assicura che le risorse patrimoniali, acquisite dalla società a titolo di conferimento ed imputate a capitale sociale, siano investite, durante societate, in cespiti suscettibili di esecuzione forzata. Più in generale sulle diverse funzioni cui attende il concetto di capitale sociale v. ex multis M. CERA, Il passaggio di riserve a capitale, cit., p. 13 e ss.; R. RORDORF, «La riduzione del capitale per cause diverse dalle perdite», in Soc. e dir., 1994, p. 193; M.S. SPOLIDORO, voce Capitale sociale, in Enc. dir., Aggiornamento, IV, 2000, p. 221 ss.; F. DENOZZA, «A che serve il capitale? (piccole glosse a L. Enriques-J.R. Macey, Creditors versus capital formation:the case against the european legal capital rules)» ,in Giur comm., 2002, I, p. 585 e ss.; G. TANTINI, I versamenti dei soci alla società, in Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, 1, Torino, 2004, p. 745 e ss.; M. MIOLA, «Il sistema del capitale sociale e le prospettive di riforma nel diritto europeo delle società di capitali», in Riv. soc., 2005, 6, p. 1199 e ss.; P. SPADA, Appunto in tema di capitale nominale e di conferimenti, in www.notariato.it; G.A.M. TRIMARCHI, Le riduzioni del capitale sociale, Milano, 2010, p. 1 e ss.
(49) Sulla funzione informativa del capitale di recente G. FERRI JR, «Struttura finanziaria dell’impresa e funzione del capitale sociale», in Riv. not., 2008, I, p. 753 e ss., il quale, sulla base della norma di cui all’art. 2250 comma 2 c.c. - che impone, nei tipi capitalistici, l’indicazione del capitale sociale negli atti e nella corrispondenza secondo la somma, non solo effettivamente versata, ma anche «quale risulta esistente dall’ultimo bilancio» - sottopone a critica l’opinione tradizionale secondo cui il capitale nominale svolgerebbe «nell’ambito delle società di capitali una funzione informativa in ordine alla consistenza “minima” del patrimonio: nei confronti, allora, non solo dei creditori attuali, ma anche di quelli potenziali, e dunque in generale dei terzi, e cioè, in definitiva, dell’intero mercato».
(50) Nello stesso senso, sia pure con rifermento all’abrogato modello della Srl a capitale ridotto, M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto…», cit., p. 1108, sulla base della valorizzazione dell’autonomia privata e della «logica compresenza di società con capitali diversi».
(51) Secondo tale impostazione bisognerebbe dunque «… distinguere tra efficacia della decisione e sua eseguibilità: - per quanto riguarda l’efficacia anche in questo caso si applica la disciplina generale dettata dall’art. 2436, quinto comma c.c. (richiamato dall’art. 2480 c.c.), che non viene derogata dalla disposizione in commento; pertanto la decisione di riduzione volontaria del capitale produrrà i suoi effetti subito dopo la iscrizione al Registro imprese - per quanto riguarda la eseguibilità della decisione, una volta che la stessa sia divenuta efficace, si applica la specifica disciplina dettata dall’art. 2482, secondo comma, c.c., in base alla quale la decisione può essere eseguita soltanto dopo novanta giorni dal giorno dell’iscrizione nel Registro delle imprese, purchè entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all’iscrizione abbia fatto opposizione. Da ciò discende che: - una volta avvenuta l’iscrizione al registro imprese della decisione di riduzione volontaria del capitale, producendo la stessa tutti i suoi “effetti”, il capitale da indicare nello statuto, negli atti della società, e che dovrà risultare anche dal Registro imprese medesimo, dovrà essere il capitale nel suo minor importo, quale risulta dalla riduzione (ciò risponde anche a ragioni di “trasparenza” in modo da consentire ai creditori, attraverso la immediata esplicitazione negli atti del minor capitale, di proporre opposizione, nonché per consentire ai creditori successivi all’iscrizione della decisione di fare affidamento sul minor capitale, posto che il diritto di opposizione è comunque riservato ai creditori sociali anteriori all’iscrizione); per gli stessi motivi in caso di riduzione del capitale al di sotto dei 120.000 euro, qualora non sussistano le altre condizioni poste dall’art. 2477 terzo comma c.c., non sarà obbligatorio il collegio sindacale sin dalla data di iscrizione della decisione al Registro imprese; - l’importo della riduzione potrà essere materialmente distribuito ai soci (o i soci saranno definitivamente liberati dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti) solo dopo che siano trascorsi novanta giorni dalla data di iscrizione al Registro imprese della decisione, semprechè entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all’iscrizione abbia fatto opposizione (contabilmente pertanto l’importo della riduzione verrà allocato in apposita riserva “vincolata” non distribuibile sino a che non siano trascorsi novanta giorni dalla data di iscrizione al Registro imprese della decisione e semprechè entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all’iscrizione abbia fatto opposizione). La norma in questione infatti non è volta a tutelare i “terzi” in genere affinchè la società mantenga un determinato capitale sociale, contro la volontà manifestata dai soci, bensì a tutelare i creditori anteriori all’iscrizione al registro imprese della decisione di riduzione, e che hanno fatto affidamento su un determinato capitale sociale, a vedere garantite le proprie ragioni da risorse corrispondenti all’originario capitale. L’art. 2482, secondo comma, c.c., parlando di “esecuzione” e non di “efficacia” della decisione, mira pertanto a garantire il mantenimento nella società delle “risorse” su cui avevano fatto affidamento i creditori anteriori alla iscrizione, sino a che non sia scaduto il termine loro riconosciuto per l’opposizione, e non certo ad attribuire a tali creditori un diritto di “incidere” sulla struttura societaria, sospendendo gli effetti di una decisione legittimamente adottata dai soci» (Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massime H.G10 e L.G.21), rinvenibili nel sito www.notaitriveneto. it. Nello stesso senso M. PINNARÒ, Commento art. 2482, in La riforma delle società a cura di M. Sandulli e V. Santoro, Torino, 2003, vol. 3, p. 207; D. CORRADO, Commento all’art. 2482, in Commentario alla riforma delle società diretto da P.G. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, artt. 2462 - 2483, Milano, 2008, p. 1272).
(52) G. RACUGNO, «Le modificazioni del capitale sociale», in Riv. soc., 2003, p. 834, secondo cui dall’accoglimento dell’opposizione discende «l’inefficacia generale della deliberazione»; G. PINNA, Commento all’art. 2482, in Il nuovo diritto delle società, in Il nuovo diritto delle società a cura di A. Maffei Alberti, Padova, 2005, p. 2110 e ss.; F. MAGLIULO, Le modificazioni dell’atto costitutivo, in C. CACCAVALE - F. MAGLIULO - M. MALTONI - F. TASSINARI, La riforma della società a responsabilità limitata, Milano, 2007, p. 629; G. ZANARONE, Commento all’art. 2482, in Il codice civile. Commentario, fondato da P. Schlesinger, diretto da F. D. Busnelli, Della società a responsabilità limitata, t. 2, artt. 2475-2483, Milano, 2010, p. 1633. Se il legislatore avesse, infatti, inteso realmente distinguere nel caso di specie tra efficacia della delibera e sua eseguibilità, avrebbe dovuto verosimilmente disciplinare la sorte della posta di patrimonio netto afferente all’importo della riduzione del capitale deliberata. La distinzione in esame implica, invero, che la posta relativa all’importo della riduzione sia sottratta immediatamente a quelle rappresentative del capitale sociale, ma, stante l’impossibilità di eseguire la riduzione, rimanga ad altro titolo nel patrimonio netto. Si è in tal modo costretti, in assenza di alcun supporto normativo, a creare al riguardo un’apposita posta del patrimonio netto in cui allocare l’importo della riduzione e ad assoggettarla medio tempore ad un regime vincolistico del tutto analogo a quello del capitale. Ma ciò che più conta è che, laddove venisse proposta opposizione dei creditori ed il relativo giudizio si concludesse in senso favorevole a costoro, tale posta di netto rimarrebbe indefinitamente assoggettata al regime proprio del capitale, pur non potendo, secondo la tesi in esame, essere considerata capitale vero e proprio. Non si comprenderebbe, invero, dal punto di vista teorico come e perchè possa in tal caso tale posta di netto essere distinta dal capitale. Ma, a ben vedere, tali considerazioni conducono a ritenere che, laddove si operi sul capitale sociale, l’efficacia della riduzione equivale alla cessazione del vincolo proprio del capitale stesso su una corrispondente posta del patrimonio netto; in ciò, invero, si sostanzia l’appartenenza di una posta di netto al capitale sociale. Laddove tale vincolo permanga, come pure ammettono i sostenitori della teoria qui criticata, non potrà dirsi che la modificazione statutaria del capitale abbia avuto effetto. In quest’ottica v. R. NOBILI - M.S. SPOLIDORO, La riduzione di capitale, in Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, vol. 6, tomo 1, Torino, 1993, p. 260. Quanto alla considerazione che, secondo i fautori della tesi qui criticata, l’immediata efficacia della riduzione risponderebbe anche a ragioni di trasparenza nei confronti dei creditori, deve replicarsi che dalla consultazione del Registro delle imprese si evince ugualmente l’avvenuta iscrizione della delibera di riduzione, senza che occorra necessariamente, per realizzare tale trasparenza, che risulti immediatamente ridotto l’importo del capitale sottoscritto. In altre parole, dal Registro delle imprese risulta, in ogni caso, che il capitale deliberato è inferiore a quello sottoscritto e tanto basta perché i creditori ed i terzi, in generale, risultino informati della delibera di riduzione (F. MAGLIULO, Le modificazioni dell’atto costitutivo, in C. CACCAVALE - F. MAGLIULO - M. MALTONI - F. TASSINARI, La riforma della società a responsabilità limitata, cit., p. 629 e ss.; F. MAGLIULO, «La riduzione reale del capitale nella società a responsabilità limitata», cit., p. 18). 53 Massime elaborate dalla commissione società del consiglio notarile di Milano (massima n. 132), cit. È noto, peraltro, che è discussa l’ammissibilità di delibere sociali condizionate. L’orientamento prevalente in dottrina ed in giurisprudenza ritiene che: «… in ossequio al principio della pubblicità, le deliberazioni dell’assemblea straordinaria non possono subordinare la propria efficacia ad eventi futuri ed incerti. Tuttavia il divieto di iscrivere nel Registro delle imprese deliberazioni dell’assemblea straordinaria sottoposte a condizione non si applica a quelle nelle quali la condizione, in esse inserita, consista in un atto societario anch’esso soggetto alla stessa iscrizione nel Registro delle imprese». Così V. SALAFIA, «Deliberazioni condizionate e contestuali dell’assemblea straordinaria», in Le società, 2000, p. 1290; in argomento anche F. TASSINARI, «L’iscrizione nel Registro delle imprese degli atti ad efficacia sospesa o differita», in Riv. not., 1996, p. 83 ss.; più radicalmente, nel senso che: «… i tempi e gli effetti previsti dalla legge (art. 2436 c.c.) per il procedimento non sono disponibili dalla autonomia delle parti, neanche per mezzo di termini o condizioni», M. STELLA RICHTER JR, La condizione e il termine nell’atto costitutivo delle società di capitali e nelle deliberazioni modificative, in www.notariato.it. In senso sostanzialmente conforme si esprimono le Massime del Tribunale di Milano, secondo le quali nel caso di delibera condizionata l’omologa «… deve essere negata soltanto quando non si è ancora realizzato un dato che è soggetto a controllo di legittimità». Ma, da ultimo, sul tema sono intervenute, consentendo un più ampio uso della condizione nella materia di cui trattasi e regolamentando la pubblicità dell’avveramento della condizione stessa, le Massime dell’osservatorio Conservatori notai presso il Registro delle imprese di Milano, in www. consiglionotarilemilano.it, secondo cui: «Il deposito, per la successiva iscrizione delle delibere in esso contenute, di verbali di assemblea di società di capitali portanti delibere non immediatamente efficaci in quanto sospensivamente condizionate, per volontà dell’assemblea, al verificarsi di un determinato evento, deve avvenire in ogni caso entro 30 giorni dall’assemblea e deve riportare nel “Modello note” da allegare al modello S2 le modificazioni deliberate, con specificazione, nello stesso “Modello note”, che trattasi di modificazioni soggette a condizione sospensiva. Lo statuto aggiornato riportante le modificazioni deliberate sotto condizione sospensiva deve normalmente essere depositato una volta divenute efficaci le modifiche stesse; può peraltro essere subito allegato al verbale riportante le deliberazioni condizionate, tenuto conto che la pubblicità che viene data a detti atti precisa la loro inefficacia fino al verificarsi della condizione sospensiva apposta. Dopo il verificarsi della condizione sospensiva è necessario, per concludere il procedimento di iscrizione, depositare un ulteriore modello S2, sottoscritto da un amministratore o dal notaio (quest’ultimo, peraltro, non obbligato ma solo facoltizzato al secondo deposito), riportante le modificazioni negli specifici quadri del modello, indicando nel “Modello note” il riferimento al deposito originario e la dichiarazione che l’evento dedotto in condizione si è verificato. Il secondo deposito non è soggetto a termine (e quindi a sanzione in caso di deposito oltre i 30 giorni dal verificarsi dell’evento) e viene effettuato con la corresponsione del diritto ridotto previsto per le comunicazioni. Nel caso in cui l’evento condizionante consista nella conclusione, o meglio nell’intervenuta efficacia, di un atto (normalmente di fusione o scissione) soggetto ad autonomo deposito nel Registro delle imprese, è possibile effettuare il secondo deposito, cioè quello con cui si attiva la conclusione del procedimento di iscrizione e l’inserimento definitivo delle modifiche statutarie condizionate, con lo stesso modello/istanza col quale avviene il deposito dell’atto dedotto in condizione». 54 Massime elaborate dalla commissione società del Consiglio notarile di Milano (massima n. 132), cit. Si pone, inoltre, il problema della sorte degli organi di controllo eventualmente presenti anteriormente all’assunzione della forma della Srls o della Srlci. Cfr., al riguardo, Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari, rinvenibili nel sito www. notaitriveneto.it: - (massima K.A.9) ove si afferma che: «Nel caso in cui una società dotata di collegio sindacale e/o di revisore si trasformi in un tipo incompatibile con la presenza di tali organi i componenti degli stessi decadono dalla data di efficacia della trasformazione. Tra i tipi incompatibili con la presenza del collegio sindacale e/o del revisore, oltre alle società di persone, è da annoverare anche la società a responsabilità limitata che non versi nelle condizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 2477 c.c. e che non abbia recepito nel proprio statuto la previsione di nomina facoltativa del collegio sindacale o del revisore ai sensi del comma 1 del medesimo art. 2477 c.c.»; - (massima H.E.2), secondo cui: «Posto che la deliberazione di adozione del diverso sistema di amministrazione e controllo (dualistico o monistico) integra una causa sui generis di cessazione anticipata dei componenti degli organi di controllo, non assimilabile alla loro revoca, si ritiene che in detta ipotesi non trovi applicazione il disposto dell’art. 2400, comma 2, c.c. che subordina la revoca dei sindaci alla preventiva approvazione del tribunale».
(55) A. BARTOLACELLI, «“Novissime” modifiche alla disciplina della Srls …», cit., p. 19. In quest’ottica v. anche M. RESCIGNO, «La società a responsabilità limitata a capitale ridotto e semplificata …», cit., p. 66, nt. 5.
(56) Emblematico al riguardo è l’art. 25 del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, che, nell’introdurre alcune agevolazioni in materia di start-up innovative, espressamente, al comma 2, lett. g, esclude la sussistenza dei requisiti necessari ai fini delle agevolazioni in esame laddove la società sia «… stata costituita da una fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda».
(57) Nel senso che l’impossibilità di effettuare conferimenti in natura impedisca la trasformazione da società di persone a Srl o a Srlcr, M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto…», cit., p. 1110; M. MALTONI, La società a responsabilità limitata semplificata …, cit., p. 104. 58 Ex multis M. MALTONI, La disciplina generale della trasformazione, in M. MALTONI-F. TASSINARI, La trasformazione delle società, Milano, 2011, p. 26, nt. 60, ove ampi riferimenti bibliografici. In giurisprudenza App. Torino, 20 ottobre 1980, in Giur. comm., 1982, p. 54; Trib. Roma, 20 marzo 1985, in Vita not., 1986, p. 352; App. Bari, 10 febbraio 1986, in Le società, 1986, p. 1014; App. Venezia, 30 giugno 1994, Documento Uda Corte Appello Venezia; Orientamenti dei Tribunali del Triveneto in materia di omologhe. Del pari, si è ritenuto che: «La deliberazione di trasformazione in SpA di una Srl il cui capitale sia stato, in tutto od in parte, formato mediante conferimenti di beni in natura o di crediti, non richiede la redazione della relazione di stima di cui agli artt. 2500- ter, comma 2, e 2343 c.c. È legittimo deliberare nella stessa assemblea l’aumento del capitale della Srl mediante conferimenti di beni in natura o di crediti, sulla base della relazione di stima redatta ai sensi dell’art. 2465 c.c., e la trasformazione in SpA, anche quando detto aumento sia necessario per raggiungere il capitale minimo della SpA» (Massime elaborate dalla commissione società del consiglio notarile di Milano (massima n. 77), in www.consiglionotarilemilano. it. Ma v. anche Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massima K.A.1), rinvenibili nel sito www.notaitriveneto.it, secondo cui: «Non è necessario procedere ad una nuova stima formata da un esperto nominato dal tribunale nel caso in cui una Srl, che abbia ricevuto conferimenti in natura, si trasformi in SpA, purché tra la data del conferimento e quella di trasformazione sia intercorsa l’approvazione di almeno un bilancio di esercizio».
(59) M. MALTONI, La disciplina generale della trasformazione, cit., p. 26.
(60) F. TASSINARI, La trasformazione c.d. omogenea in generale, in M. MALTONI-F. TASSINARI, La trasformazione delle società, cit., p. 155 e 159, secondo il quale l’individuazione del titolo giuridico in base al quale il socio rimane obbligato alla prestazione dell’opera, in mancanza di accordo unanime, deve essere rimessa alla decisione equitativa del giudice. 61 Ex multis F. TASSINARI, op. ult. cit., p. 114 e ss.; C. MOSCA, Commento all’art. 2500-quater, in Commentario alla riforma delle società diretto da P.G. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, , Milano, 2006, p. 163 ss.
(62) F. TASSINARI, La trasformazione c.d. omogenea in generale, cit., p. 155; C. MOSCA, Commento all’art. 2500-quater, cit., p. 182.
(63) In argomento, ex multis, G.B. PORTALE, «Osservazioni sullo schema di decreto delegato (approvato dal governo in data 29-30 settembre 2002) in tema di riforma delle società di capitali», in Riv. dir. priv., 2002, p. 713 ss.; ID., «Profili dei conferimenti in natura nel nuovo diritto italiano delle società di capitali», in Corr. giur., 2003, p. 1669 e ss.; G. GIANNELLI, Le operazioni sul capitale nella società a responsabilità limitata, in La nuova disciplina della società a responsabilità limitata a cura di Santoro, Milano, 2003, p. 256 ss.; P. MENTI, Socio d’opera e conferimento di valore nella Srl, Milano, 2006, p. 29 e ss.; Massime elaborate dalla commissione società del Consiglio notarile di Milano (massima n. 70); Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massima L.A.5), rinvenibili nel sito www. notaitriveneto.it. Per ulteriori riferimenti bibliografici, v. F. TASSINARI, I conferimenti e la tutela dell’integrità del capitale sociale, in C. CACCAVALE, F. MAGLIULO, M. MALTONI, F. TASSINARI, La riforma della società a responsabilità limitata, cit., p. 116 e ss., ivi ult. rif. bibl. 64 Ex multis, O. CAGNASSO, La società a responsabilità limitata, Padova, 2007, p. 82; E. GINEVRA, «Conferimenti e formazione del capitale sociale nella costituzione della Srl», in Riv. soc., 2007, 140; V. SANTORO, I Conferimenti e le quote nella società a responsabilità limitata, in La nuova disciplina della società a responsabilità limitata a cura di Santoro, Milano, 2003, p. 97 e ss.; M. AVAGLIANO, Commento all’art. 2464 c.c., in Commentario alla riforma delle società diretto da P. Marchetti - L.A. Bianchi - F. Ghezzi - M. Notari, Società a responsabilità limitata, a cura di L. A. Bianchi, Artt. 2462 - 2483 c.c., p. 132 e ss.; G. ZANARONE, Commento all’art. 2464, in Il codice civile. Commentario, cit., p. 320; ID., Commento all’art. 2472, in op. ult. cit., p. 764, ove ampi richiami bibliografici.
(65) Per la possibilità di deliberare, con il consenso di tutti i soci, la riduzione reale del capitale in misura non proporzionale rispetto alle singole partecipazioni, modificando in tal modo le percentuali di partecipazione dei singoli soci v. Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massime H.G.13 e L.G.24), rinvenibili nel sito www.notaitriveneto.it.
(66) F. TASSINARI, I conferimenti e la tutela dell’integrità del capitale sociale, cit., p. 129. Ma, in tal caso, si porrebbero non pochi problemi in caso di parziale esecuzione dell’opera o di opera indivisibile. Cfr. sul punto G. PINNA, Commento all’art. 2482, cit., p. 2108 e ss.; D. GALLETTI, Commento all’art. 2482, in Codice commentato delle Srl, cit., p. 492. È, inoltre, probabile che, accogliendo la tesi in esame, non possa costituire un rimedio idoneo l’utilizzo della facoltà prevista dall’art. 2464, comma 6, ultimo periodo, c.c. secondo cui: «… se l’atto costitutivo lo prevede, la polizza o la fideiussione possono essere sostituite dal socio con il versamento a titolo di cauzione del corrispondente importo in danaro presso la società». Il versamento della somma, infatti, nella prospettiva interpretativa in esame, avrebbe il mero ruolo di cauzione, e dunque di garanzia, non diversamente dalla polizza o dalla fideiussione, mentre l’oggetto del conferimento rimarrebbe l’opera o il servizio e non il danaro.
(67) Infatti, la dottrina in esame (F. TASSINARI, I conferimenti e la tutela dell’integrità del capitale sociale, cit., p. 129) ritiene che, accogliendo tale tesi, in caso di riduzione reale del capitale, trattandosi di conferimento già eseguito, «… sarà possibile attuare la deliberazione mediante rimborso ai soci della quota attraverso pagamento in danaro o altra modalità stabilita nella deliberazione di riduzione, senza alcuna interferenza con l’obbligazione di fare assunta a titolo personale dal socio e senza alcuna necessità di escutere la polizza o la fideiussione».
(68) Per l’ammissibilità di tale operazione M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto …», cit., p. 1111; M. MALTONI, La società a responsabilità limitata semplificata …, cit., p. 110.
(69) M. MALTONI, La società a responsabilità limitata semplificata …, cit., p. 111.
(70) V., per tutti, G. CABRAS, Le trasformazioni, in Trattato delle SpA diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, 7, III, Torino, 1997, p. 120; G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, cit., p. 611 e 621; L. SALVATO, Le operazioni di fusione e di scissione, in AA.VV., Manuale di volontaria giurisdizione, a cura di V. Salafia, Milano, 1999, p. 595. Dopo la riforma ex multis M. DI SARLI, Commento all’art. 2504-bis, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P.G. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, artt. 2498 - 2506-quater, Milano, 2006, p. 938.
(71) Nella trasformazione, peraltro, ai fini della liberazione, è necessario e sufficiente che il consenso dei creditori abbia ad oggetto l’operazione di trasformazione e non la liberazione stessa. Non altrettanto è detto in materia di fusione, ove l’espressione “consenso” è utilizzata in modo generico. Ma non può dubitarsi, per coerenza sistematica, che il contenuto sostanziale della norma debba essere il medesimo di quello in materia di trasformazione. In tal senso O. CAGNASSO, Commento agli artt. 2504, 2504-bis, 2504-ter, 2504-quater, in Il nuovo diritto societario, Commentario diretto da G. Cottino, e G. Bonfante, O. Cagnasso, P. Montalenti, Bologna, 2004, 2346; F. MAGLIULO, La fusione delle società, Milano, 2009, p. 516; ID., La scissione delle società, Milano, 2012, p. 774. Di contrario avviso sembrerebbe C. SANTAGATA, Le Fusioni, in Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, 7**, 1, Torino, 2004, p. 515.
(72) La prevalente dottrina, sotto il vigore del precedente sistema riteneva necessaria la perizia di stima ex art. 2343 c.c. in caso di scissione o fusione eterogenea. In materia di scissione, F. LAURINI, «Nomina dell’esperto ex art. 2343 c.c. nella scissione di società», in Le società, 1993, p. 1320; ID., «Scissione di società e valutazione del patrimonio scorporato ex art. 2343 codice civile», in Notariato, 1995, p. 40; S. LANDOLFI, «I valori nella scissione e il trasferimento del patrimonio», in Le società, 1994, p. 890; G. SCOGNAMIGLIO, «Sulla necessità della perizia di stima ex art. 2343 nella scissione», in Riv. dir. impr., 1998, p. 40 e ss. (sia pure sulla base dell’obbligo di indicare nella relazione degli amministratori il valore effettivo del patrimonio netto assegnato alle società beneficiarie e di quello che eventualmente rimanga nella società scissa); G. PALMIERI, Scissione di società e circolazione dell’azienda, Torino, 1999, p. 232 ss.; in materia di fusione, P. GRECO, Le società nel sistema legislativo italiano, Torino, 1959, p. 463; C. SANTAGATA, La fusione tra società, Napoli, 1964, p. 235; ID., «La relazione di stima nella fusione eterogenea», in Le società, 1990, p. 939; E. SIMONETTO, Della trasformazione e fusione delle società, in Comm. cod. civ. diretto da Scialoja e Branca, artt. 2498-2510, Bologna-Roma, 1976, p. 209 ss.; A. SERRA, La trasformazione e la fusione delle società, in Tratt. dir. priv. diretto da P. Rescigno, 17, Torino, 1985, p. 353; DE ANGELIS, «Incorporazione di società di persone in società di capitali e termine per la presentazione della situazione patrimoniale», in Le società, 1986, p. 991; V. SALAFIA, «Valutazione del patrimonio nella fusione eterogenea», in Le società, 1989, p. 445 e ss.; G. LAURINI, «La fusione», in Riv. not., 1991, p. 581; S. LANDOLFI, «Il capitale “post- fusione”», in Le società, 1992, p. 1349; A. SERRA - M.S. SPOLIDORO, Fusioni e scissioni di società, Torino, 1994, p. 79 e ss.; G. CABRAS, Le trasformazioni, cit., p. 123; L. SALVATO, Le operazioni di fusione e di scissione, cit., p. 610 e 622; E. SANDRINI, «Inammissibilità della stima ex art. 2343 nella fusione tra società di capitali», in Le società, 1998, p. 693; G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, cit., p. 619, nt. 2. Nello stesso senso era orientata la prevalente giurisprudenza. In materia di scissione: Trib. Napoli, 11 giugno 1993, in Riv. not., 1993, 479; Trib. Napoli, 23 luglio 1993, in Le società, 1994, 73; Trib. Udine, 18 ottobre 1993, in Nuova giur. civ. comm., 1994, p. 723; Trib. Udine, 27 settembre 1994, in Le società, 1995, p. 227; Trib. Torino, 19 maggio 1995, in Le società, 1995, p. 1479 e in Riv. not., 1995, p. 1095; Orientamenti del Tribunale di Milano in tema di omologhe, 1994; Orientamenti dei Tribunali del Triveneto in materia di omologhe; Orientamenti del Tribunale di Firenze in tema di omologazione degli atti societari; in materia di fusione: Trib. Napoli, 5 dicembre 1989, in Le società, 1990, p. 939; Trib. Napoli, 11 giugno 1993, in Riv. not., 1993, p. 479; Orientamenti dei Tribunali del Triveneto in materia di omologhe; Massime elaborate dal Giudice del registro presso il Tribunale di Como in tema di omologazione di atti societari; Orientamenti del Tribunale di Milano in tema di omologhe, 1989 e 1996. Contra, e per la necessità in ogni caso della perizia ex art. 2343 c.c., in dottrina A. MORANO, «Prime osservazioni in tema di scissione», in Le società, 1991, p. 1312; V. SALAFIA, in AA.VV., Giornate di Studio, Le scissioni di società, Milano, 1991, p. 31; G. VIDIRI, «Scissione di società senza assegnazione di quote alla società scissa», in Le società, 1993, p. 362; in giurisprudenza, Trib. Verona, 6 novembre 1992, in Le società, 1993, p. 362; Trib. Verona, 9 giugno 1994, in Notariato, 1995, p. 40; Trib. Brescia, 11 marzo 1998, in Le società, 1998, p. 701. Non mancavano, peraltro, voci, anche autorevoli, dirette ad affermare la non necessità della perizia in esame. Tale tentativo era stato da alcuni giustificato sulla base dell’adesione alla nozione della scissione e della fusione come fenomeni compiutamente ed esaustivamente disciplinate da apposite norme ed in particolare dall’art. 2503 c.c., relativo all’opposizione dei creditori sociali, al quale solo sarebbe stata, dunque, affida la tutela dei creditori. Riflessioni, queste, elaborate in materia di scissione da P. FERRO LUZZI, «La nozione di scissione», in Giur. comm., 1991, I, p. 1072; E. CUSA, Prime considerazioni sulla scissione delle società, Milano, 1992, p. 144 e ss.; P. LUCARELLI, La scissione, Torino, 1999, p. 244 e ss.; in materia di fusione v. App. Napoli, 21 settembre 1989, in Le società, 1990, p. 503 e in Dir. fall., 1990, II, p. 744. Per altro verso, si era tentato di pervenire al medesimo risultato, sostenendo che, nel caso di specie, la relazione ex art. 2343 c.c. dovesse ritenersi assorbita dalla stima sulla congruità del rapporto di cambio. In tal senso, P. MARCHETTI, «Appunti sulla nuova disciplina delle fusioni», in Riv. not., 1991, p. 40; G.G. PETTARIN, Acquisizione, Fusione e Scissione di Società, Milano, 1992, p. 116 e ss.; F. LAURINI, «Nomina dell’esperto ex art. 2343 c.c. nella scissione di società», in Le società, 1993, p. 1321; M. CARATOZZOLO, I bilanci straordinari, Milano, 1996, p. 447 e ss. È rimasta isolata la tesi di R. RORDORF, Lineamenti generali dell’istituto della scissione, in AA.VV., Fusioni e scissioni di società - Profili civili e fiscali, Milano, 1993, p. 100, secondo cui sarebbe necessaria la stima ex art. 2343 c.c. laddove il patrimonio trasferito passi all’interno di una posta dell’attivo determinandone la frammentazione. In questo caso, venendo meno il nesso unificante della posta, verrebbe anche meno la corrispondenza delle singole componenti della posta alle regole civilistiche che presidiano la formazione del bilancio. Sicché non si tratterrebbe più di una «mera trasposizione di dati già presenti nel bilancio», ma di una attività basata su valutazione che non risulta dissimile dalla stima ex art. 2343 c.c. Nello stesso senso Trib. Brescia, 11 marzo 1998, cit. In contrario è stato osservato che: «… non vi è dubbio che, nel caso in cui una posta dell’attivo venga “tranciata” dalla scissione, si dovrà fare capo ad una valutazione delle corrispondenti frazioni di poste. Ma, se non mi inganno, questa valutazione rientra compiutamente nei poteri dei redattori del bilancio. … Quando si versa in ipotesi di scissione parrebbe che questa disarticolazione, nonché consentita, sia addirittura obbligatoria come si può indirettamente desumere dall’art. 2504-octies che impone agli amministratori di procedere alla esatta descrizione degli elementi patrimoniali da trasferire. Nel fare ciò, la scindenda potrà procedere al frazionamento desumendolo da quello eventualmente segnalato per i due beni nello stesso titolo di acquisto della azienda ma, a parer mio, potrà anche procedere ad una ripartizione affidata alla ragionevole valutazione dei redattori del bilancio che, in quanto sempre sottoposta alle regole del bilancio, sarà anch’ essa fonte legittima dei netti capitalizzabili … Quanto poi ai beni materiali, occorre rilevare che l’eventuale frammentazione dell’unica posta dell’attivo sarà agevolata dall’inventario che, ex art. 2217, codice civile, è obbligatorio “elenco descrittivo e valutativo degli elementi patrimoniali” operante come scrittura di sostegno del bilancio che ne rappresenta perciò soltanto la sintesi ed il riassunto”. Così S. LANDOLFI, «I valori nella scissione e il trasferimento del patrimonio», cit., p. 890; nello stesso senso G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, in Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, 7**, 2, Torino, 2004, p. 334.
(73) Sulle fusioni e scissioni “trasformative” v. amplius C. SANTAGATA, Le Fusioni, cit., p. 100 e ss.; G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, cit., p. 60 e ss.; F. MAGLIULO, La fusione delle società, cit., p. 76 e ss.; F. MAGLIULO, La scissione delle società, cit., p. 110.
(74) In materia di scissione G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, cit., p. 46; R. DINI, Scissioni - strutture, forme e funzioni, Torino, 2008, p. 265 e ss. In materia di fusione, L.A. MISEROCCHI, La fusione, in AA.VV., Il nuovo ordinamento delle società, Lezioni sulla riforma e modelli statutari, a cura del Consiglio Notarile di Milano, Scuola del Notariato della Lombardia, Federnotizie, Milano, 2003, p. 369; G.F. CAMPOBASSO, La riforma delle società di capitali e delle cooperative, Torino, 2003, p. 237; F. DI SABATO, Diritto delle società, Milano, 2003, p. 469; M. E. SALERNO, Commento art. 2502, in La riforma delle società a cura di M. Sandulli e V. Santoro, Torino, 2003, 3, p. 437 e 439; L. LAMBERTINI, Commento art. 2502, in La riforma del diritto societario a cura di G. Lo Cascio, Gruppi, Trasformazione, Fusione e scissione, Scioglimento e Liquidazione, Società estere (artt. 2484-2510), Milano, 2003, p. 445; D. DE FALCO, Commento all’art. 2502, in Codice commentato delle nuove società a cura di G. Bonfante, D. Corapi, G. Marziale, R. Rordorf e V. Salafia, Milano, 2004, p. 1305; C. SANTAGATA, Le Fusioni, cit., p. 404 e ss.; F. LAURINI, Commento all’art. 2502, in Commentario alla riforma delle società diretto da P.G. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, artt. 2498 - 2506-quater, Milano, 2006, p. 643; con riferimento alla revoca della liquidazione M. DI SARLI, Commento all’art. 2501, in Commentario alla riforma delle società diretto da P.G. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, cit., p. 435. Nel vecchio sistema la dottrina, in genere, concordava sul fatto che, ove l’operazione determinasse anche il cambiamento dell’oggetto o del tipo sociale, dovessero applicarsi le relative maggioranze rafforzate (v. per tutti G. CABRAS, Le trasformazioni, cit., p. 122; P.G. MARCHETTI, «Appunti sulla nuova disciplina delle fusioni», cit., p. 46; L. SALVATO, Le operazioni di fusione e di scissione, cit., p. 627; G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, cit., p. 619). Nello stesso senso, Massime elaborate dalla commissione società del Consiglio notarile di Milano (massima n. 21), in www. consiglionotarilemilano.it, secondo cui: «L’art. 2502 c.c. (dettato in tema di fusione e applicabile alla scissione per effetto del richiamo contenuto nell’art. 2506-ter ultimo comma c.c.) nella parte in cui prevede che la fusione, nelle società di capitali, è decisa da ciascuna delle società che vi partecipano secondo le norme previste per la modificazione dell’atto costitutivo o statuto va intesa nel senso che qualora siano introdotte clausole statutarie nuove o difformi da quelle contenute nello statuto della incorporata o della scissa per la cui adozione la legge o lo statuto richieda maggioranze più elevate (di quelle genericamente previste dal c.c. per le modifiche statutarie) la adozione della delibera di fusione o di scissione deve essere presa con la maggioranza più elevata. Il principio vale sia nel caso in cui la società incorporante o la beneficiaria siano società di nuova costituzione sia nel caso in cui siano società preesistenti (in tale caso il confronto va fatto fra le clausole della incorporata o della scissa e quelle della società preesistente anche se non modificate per effetto della fusione o della scissione)».
(75) F. MAGLIULO, La fusione delle società, cit., p. 192; ID., La scissione delle società, cit., p. 255.
(76) In tal senso, relativamente alla fusione che comporti revoca della liquidazione, G. A. DI VITA, La fusione semplificata nella riforma del diritto delle società, in AA.VV., Studi sulla riforma del diritto societario, Milano, 2004, p. 585.
(77) In materia di scissione, E. CUSA, Prime considerazioni sulla scissione delle società, Milano, 1992, p. 82 e ss.; G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, cit., p. 46 e 427; R. DINI, Scissioni - strutture, forme e funzioni, cit., p. 130; Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massima L.A.24), rinvenibili nel sito www.notaitriveneto.it. In materia di fusione, G. LAURINI, Manuale breve della Srl e delle operazioni straordinarie, Padova, 2004, p. 143; M. PERRINO, «La riforma della disciplina delle fusioni di società», in Riv. soc., 2003, p. 532; F. LAURINI, Commento all’art. 2502, cit., p. 643. 78 Massime elaborate dalla commissione società del Consiglio notarile di Milano (massima n. 53), in www.consiglionotarilemilano. it; G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, cit., p. 427; F. TASSINARI, La trasformazione c.d. regressiva (da società di capitali in società di persone) e le altre fattispecie di trasformazione c.d. omogenea, in M. MALTONI-F. TASSINARI, La trasformazione delle società, Milano, 2005, p. 138 e ss.; R. DINI, Scissioni - strutture, forme e funzioni, cit., p. 132.
(79) P. FERRO LUZZI, «La nozione di scissione», in Giur. comm., 1991, I, p. 1073.
(80) F. LAURINI, «La scissione delle società», cit., in Riv. soc., 1992, p. 927; F. GALGANO, «Scissione di società», in Vita not., 1992, p. 509; E. CUSA, Prime considerazioni sulla scissione delle società, Milano, 1992, p. 137; U. BELVISO, «La fattispecie della scissione», in Giur. comm., 1993, I, p. 535; R. NOBILI-M.S. SPOLIDORO, La riduzione di capitale, in Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, VI, 1, Torino, 1993, p. 457 e ss.; A. SERRA- M.S. SPOLIDORO, Fusioni e scissioni di società, Torino, 1994, p. 196; G. PALMIERI, Scissione di società e circolazione dell’azienda, Torino, 1999, p. 209; S. SANTANGELO, La scissione nella riforma, in AA.VV., Studi sulla riforma del diritto societario, Milano, 2004, p. 576; ID., Il bilancio nella scissione, in AA.VV., Il bilancio spiegato ai giuristi, Atti del Convegno tenutosi a Napoli il 19 e 20 settembre 2008, Milano, 2009, p. 186; G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, cit., p. 318; L. G. PICONE, Commento all’art. 2506-bis, in Commentario alla riforma delle società diretto da P.G. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, cit., p. 1085 e ss.; R. DINI, Scissioni - strutture, forme e funzioni, cit., p. 419; L. ARDIZZONE, Le azioni proprie nella fusione e nella scissione, Milano, 2010, p. 76; F. MAGLIULO, La scissione delle società, cit., p. 620. Sul punto v., in particolare, S. LANDOLFI, «I valori nella scissione e il trasferimento del patrimonio», cit., p. 890, secondo cui: «Una volta chiarito che la scissione si serve di centri di imputazione quali strumenti del programma proteso alla separazione della originaria organizzazione, è anche da ammettersi che i valori affluiti sotto di questi dovranno obbedire ai nuovi criteri organizzativi che questi, in luogo di quelli di provenienza, oggettivamente evidenziano. Sembra, in altri termini, contraddittorio, da un lato asserire che la scissione è strumento di riorganizzazione della struttura societaria che si scompone e dall’altro pensare che questa riorganizzazione non operi anche sulle poste del bilancio di provenienza obbedendo alle nuove oggettive ragioni organizzative dei bilanci di arrivo. Se così è, ne discende che il netto affluito alle beneficiarie andrà ad appostarsi a capitale nella misura in cui ciò sarà necessario per coprire le nuove azioni al servizio del rapporto di cambio. Andrà, invece, a riserva se le beneficiarie non hanno bisogno di nuove azioni per distribuirle ai soci della scissa come accade nel caso in cui le beneficiarie avessero azioni proprie in portafoglio. Potrebbe sparire, addirittura, se nel bilancio delle beneficiarie sussistevano perdite in pari o maggior misura». In giurisprudenza, App. Venezia, 16 marzo 2000, in Giur. comm., 2001, II, p. 268. Nello stesso senso Trib. Torino, 19 maggio 1995, in Le società, 1995, p. 1479 e in Riv. not., 1995, p. 1095; Trib. Torino, 17 agosto 1996, in Le società, 1997, p. 420, che hanno ritenuto legittima la scissione parziale di Telecom Italia SpA (in breve Tim) a favore di Telecom Italia Mobile SpA, mediante utilizzo delle sole riserve della scissa.
(81) In materia di fusione v. Trib. Padova, 19 dicembre 1997, in Le società, 1998, p. 693 e in Notariato, 1998, p. 527; E. SANDRINI, E. SANDRINI, «Inammissibilità della stima ex art. 2343 nella fusione tra società di capitali», cit., p. 693; nello stesso senso sembra orientato E. CIVERRA, Le operazioni di fusione e scissione, Milano, 2003, p. 108 e ss. Trib. Roma, 3 febbraio 1987, in Le società, 1987, p. 737, giunge, invece, senza alcuna sostanziale motivazione, a negare la possibilità di operare in sede di fusione un aumento di capitale dell’incorporante in misura superiore al capitale sociale dell’incorporata, pur in presenza di riserve di corrispondente importo nel bilancio della incorporata. Con specifico riferimento alla scissione P. FERRO LUZZI, «La nozione di scissione», in Giur. comm., 1991, I, p. 1074; S. LANDOLFI, «I valori nella scissione e il trasferimento del patrimonio», cit., p. 890; G. LAURINI, «Nomina dell’esperto ex art. 2343 c.c. nella scissione di società», in Le società, 1993, p. 1318 e ss.
(82) In argomento v., tra gli altri, prima della riforma, G.E. COLOMBO, Il bilancio di esercizio, cit., p. 334 e ss. e G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, cit., p. 460, ove ampi riferimenti dottrinari e giurisprudenziali e, dopo la riforma, E. CIVERRA, Le operazioni di fusione e scissione, cit., p. 56; C. SANTAGATA, Le Fusioni, cit., p. 310; S. CACCHI PESSANI, Commento all’art. 2501-quater, in Commentario alla riforma delle società diretto da P.G. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, cit., p. 566. Contra, anche dopo la riforma, F. DI SABATO, Diritto delle società, cit., p. 462.
(83) V., infatti, in tal senso S. SANTANGELO, La scissione nella riforma, cit., p. 575; ID., Il bilancio nella scissione, cit., p. 188; G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, cit., p. 323; R. PERROTTA, Le valutazioni di scissione, Milano, 2006, p. 211, secondo il quale ciò non impedirebbe di aumentare il capitale della beneficiaria in misura superiore al netto contabile assegnatole dalla scissa, ma imporrebbe che tale maggior valore debba essere portato a diminuzione del netto della beneficiaria post scissione; L. G. PICONE, Commento all’art. 2506-quater, in Commentario alla riforma delle società diretto da P.G. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, cit., p. 1185; Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massima L.E.9), rinvenibili nel sito www.notaitriveneto.it.
(84) In materia di scissione, E. PAOLINI, «Scissione di società», in Contr. e impr., 1991, p. 861 nt. 94. Per la fusione, G. MANZINI, «Aumento di capitale superiore al patrimonio netto dell’incorporata», in Notariato, 1998, p. 527. Secondo P.G. MARCHETTI, «Appunti sulla nuova disciplina delle fusioni», cit., p. 40 e B. QUATRARO - S. D’AMORA, Le operazioni sul capitale, Milano, 1994, p. 191, l’operazione in esame sarebbe possibile anche in assenza della perizia ex art. 2343 c.c., in quanto la relazione di stima sulla congruità del rapporto di cambio sarebbe idonea ad assolvere anche alla tutela dell’effettività del capitale sociale.
(85) Trib. Torino, 19 maggio 1995, in Le società, 1995, p. 1479 e in Riv. not., 1995, p. 1095, secondo cui: «La relazione giurata di un esperto ex art. 2343, codice civile, è necessaria nel solo caso di scissione mediante costituzione di società con capitale sociale di valore superiore al valore contabile del patrimonio netto alla stessa trasferito». In materia di fusione, v., inoltre, Orientamenti del Tribunale di Milano, 1989, secondo cui: «Nei casi di fusione che comportino: a) la creazione di una nuova società soggetta ad omologazione; b) aumenti del capitale della società, avente personalità giuridica, incorporante: 1) le relative delibere sono omologabili se il capitale della nuova società a) o l’aumento del capitale della società incorporante b) non superino nel primo caso, la somma dei patrimoni netti delle società partecipanti alla fusione o, nel secondo caso, l’importo del patrimonio netto delle società incorporate; intendendosi ovviamente per patrimonio netto l’importo del capitale più quello delle riserve disponibili. Sarà necessario - in ambedue i casi - il previo controllo della reale esistenza delle riserve e della loro utilizzabilità. (Ciò in considerazione del fatto che trattasi di valori di bilancio che già costituivano il capitale delle società destinate ad estinguersi a seguito della fusione e che le riserve potevano essere utilizzate per aumentare lo stesso, fermo restando che dette riserve, per la parte utilizzata ai fini della realizzazione della fusione, non vanno successivamente indicate nei bilanci della nuova società o della società incorporante); 2) allorquando, invece, il capitale della nuova società o l’aumento di capitale della società incorporante superi limiti di cui sopra, deve seguirsi la procedura di cui all’art. 2343 c.c. con riferimento al patrimonio delle società partecipanti alla fusione, nel caso sub a), e delle società incorporande, nel caso sub b). (Ciò in considerazione del fatto che, nell’ipotesi prospettate, la fusione comporta il conferimento a capitale di tutto o di parte del patrimonio - superiore al c.d. patrimonio netto - delle società destinate ad estinguersi e che l’operazione di conferimento a capitale ha una sua autonoma disciplina e sue particolari finalità e garanzie, che non vengono meno in relazione alle autonome valutazioni effettuate dagli interessati in sede di determinazione della ragione di cambio, anche nell’ipotesi di cui all’art. 7 del D.P.R. n. 136/75)».
(86) Sulla strumentalità del “principio di continuità delle valutazioni” di cui all’art. 2423-bis, n. 6, c.c. rispetto al “principio di comparabilità dei bilanci” (che è diretto a consentire di leggere in sequenza i bilanci della medesima impresa riguardanti esercizi successivi, effettuando il raffronto fra i loro risultati, calcolandone i trend positivi e negativi e, in ultima analisi, riuscendo a formarsi un’opinione e ad esprimere un giudizio sulla situazione dell’impresa e sulle sue prospettive di sviluppo) e sulla conseguente inutilità dell’applicazione dello stesso al bilancio post scissione, che «… serve soprattutto per stabilire quale sia la struttura e composizione del patrimonio del complesso unificato dopo un’operazione straordinaria», si veda M. CARATOZZOLO, «Fusione, scissione e principio di continuità dei bilanci», in Le società, 2000, p. 1296 e ss.
(87) M. NOTARI, Appunti sull’iscrizione dei beni dell’incorporata nel bilancio dell’incorporante successivo alla fusione, in Studi in onore di G. Cottino, II, Padova, 1997, p. 1394. In contrario si è dubitato, in materia di fusione, «… che l’integrità del capitale sociale venga posta in pericolo dall’iscrizione di valori correnti, superiori ai valori contabili (ed in particolare ai costi storici) …», in quanto «… se i valori correnti (e l’avviamento) sono determinati correttamente non si verifica, anzitutto, alcuna rilevazione di utili fittizi, la cui distribuzione possa depauperare il capitale. Al contrario, si verifica, a parità di condizioni, una riduzione dell’utile che sarebbe stato rilevato se fossero stati iscritti dall’incorporante valori contabili. Infatti, i valori correnti delle immobilizzazioni ammortizzabili (fabbricati, impianti, macchinari, attrezzature, brevetti, marchi, know- how, ecc.), ed il valore dell’avviamento venendo iscritti nel bilancio d’esercizio post-fusione, provocheranno la rilevazione, nei futuri esercizi, di maggiori ammortamenti, i quali ridurranno sensibilmente l’utile di tali esercizi (anche perché i maggiori ammortamenti normalmente non possono essere dedotti fiscalmente dal reddito imponibile dell’impresa). I maggiori valori delle rimanenze di materie, merci e prodotti, o dei titoli e partecipazioni, ridurranno gli utili e le plusvalenze derivanti dal loro realizzo (o li trasformeranno in minusvalenze e perdite) contribuendo anch’essi alla riduzione dell’utile netto dei futuri esercizi. Dunque, i valori correnti, a parità di condizioni, provocheranno una riduzione, non un aumento degli utili futuri». Così M. CARATOZZOLO, «Fusione, scissione e principio di continuità dei bilanci», cit., p. 1296 e ss. Tuttavia, può obiettarsi al riguardo che tutte le considerazioni che precedono si basano sulla considerazione che i valori correnti siano stati a monte determinati correttamente. Ma è proprio per evitare il pericolo che ciò non avvenga che è stato evidentemente posto il principio della continuità dei valori contabili. In altre parole, la soluzione del problema dipende dalla scelta inerente alle garanzie necessarie per assicurare una corretta valutazione dei valori dei cespiti iscritti in bilancio. Se si ritiene che a tal fine siano sufficienti le responsabilità che l’organo amministrativo si assume nel redigere il bilancio, anche in ordine alle valutazioni nello stesso contenute, nulla potrebbe opporsi all’applicazione generalizzata del principio del fair value e, dunque, dei valori correnti. Se, al contrario, tale responsabilità non si ritiene costituisca una garanzia sufficiente, potrebbe essere necessario ricorrere alla valutazione dei cespiti al costo storico e ed al conseguente principio di continuità del bilancio. Il legislatore della riforma ha, invero, nella sua discrezionalità operato, a torto o a ragione, una scelta in quest’ultimo senso, che, peraltro, alla stregua dell’evoluzione internazionale dei principi contabili, appare alquanto anacronistica.
(88) P.G. MARCHETTI, «Appunti sulla nuova disciplina delle fusioni», cit., p. 39.
(89) Nel senso della possibilità di operare rivalutazioni in deroga al principio di continuità di cui all’art. 2504- bis, quarto comma, c.c., se supportate da perizia ex art. 2343 c.c., v. anche G. LAURINI, Manuale breve della Srl e delle operazioni straordinarie, cit., p. 134; F. ZABBAN, La fusione e la scissione: linee guida della riforma, aspetti di contenuto e procedimentali. Semplificazioni, in AA.VV., Le società: autonomia privata e suoi limiti nella riforma, Milano, 2003, p. 95; C. SANTAGATA, Le Fusioni, cit., p. 202; S. CACCHI PESSANI, Commento all’art. 2501-sexies, in Commentario alla riforma delle società diretto da P.G. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, cit., p. 620; L.A. BIANCHI, Commento all’art. 2504-bis, in op ult. cit., p. 886; D. BOGGIALI, Scissione: disavanzo da concambio e aumento di capitale delle beneficiarie, in www.notariato.it; R. DINI, Scissioni - strutture, forme e funzioni, cit., p. 143 e 430; A. RUOTOLO, Scissione non proporzionale con attribuzione ad una delle beneficiarie di un patrimonio netto contabile negativo e perizia di stima, in www. notariato.it; A. BUSANI - C. MONTINARI, «La scissione con apporto di valore patrimoniale negativo alla società beneficiaria», in Le società, 2011, p. 650; L. BERTOLI, «Scissione di un ramo d’attività avente valore negativo (c.d. scissione negativa)», in Giur. comm., 2011, I, p. 747 e ss.; Orientamenti del Consiglio notarile di Firenze e Massime elaborate dalla commissione società del consiglio notarile di Milano (massima n. 72), in www.consiglionotarilemilano. it, secondo cui: «Il principio della continuità dei bilanci in sede di fusione, sancito dall’art. 2504-bis, comma 4, c.c., implica che, di regola, il capitale sociale della società risultante dalla fusione non possa eccedere la somma del capitale sociale e delle riserve delle società partecipanti alla fusione. Tale assunto è peraltro suscettibile di deroga in caso di disavanzo “da concambio”, dovuto alla differenza tra il capitale sociale dell’incorporata ante fusione, e l’aumento di capitale sociale deliberato dall’incorporante a servizio della fusione, in misura necessaria per soddisfare il rapporto di cambio, qualora non vi siano sufficienti riserve (nel patrimonio netto dell’incorporata e/o dell’incorporante) per “coprire” detta differenza. Deve infatti ritenersi consentita anche in questo caso - oltre che nell’ipotesi di disavanzo “da annullamento”, pacifica in giurisprudenza e in dottrina - l’imputazione del disavanzo da concambio “agli elementi dell’attivo e del passivo delle società partecipanti alla fusione e, per la differenza e nel rispetto delle condizioni previste dall’art. 2426, n. 6, c.c. ad avviamento”, a norma dell’art. 2504- bis, comma 4, seconda frase, c.c. Tuttavia, posto che siffatta imputazione del disavanzo da concambio, a differenza di quello da annullamento, comporta la formazione ex novo di capitale sociale non coperto da valori già risultanti nelle scritture contabili e nei bilanci delle società partecipanti alla fusione, è in tal caso necessario che venga redatta anche la relazione di stima del patrimonio della società incorporata a norma dell’art. 2343 c.c., la quale potrà pertanto essere affidata agli esperti incaricati della relazione sulla congruità del rapporto di cambio, in analogia a quanto dispone l’art. 2501-sexies, comma 7, c.c. In alternativa a quanto sopra, è comunque fatta salva la possibilità che la società incorporante soddisfi il rapporto di cambio a favore degli azionisti dell’incorporata mediante altre modalità (quali l’assegnazione di azioni proprie; la redistribuzione di azioni del capitale della società incorporante, con conseguente riduzione della partecipazione dei soci originari; l’assegnazione di azioni senza valore nominale; etc.), che rispettino comunque l’esigenza di assicurare ai soci dell’incorporata una partecipazione congrua rispetto ai rapporti economici delle società partecipanti alla fusione, ma che non implichino un aumento del capitale sociale dell’incorporante superiore alla somma del capitale sociale dell’incorporata, delle riserve dell’incorporata e delle riserve dell’incorporante imputabili a capitale. La medesima conclusione deve ritenersi applicabile, mutatis mutandis, anche per la scissione, sia in ipotesi di scissione a favore di società preesistenti (nella quale si riproduce una situazione sostanzialmente analoga a quella della fusione per incorporazione), sia in caso di scissione a favore di società di nuova costituzione (nella quale, invece, l’imputazione del disavanzo da concambio rappresenta addirittura una “conditio sine qua non” per poter dar corso all’operazione, ogni qual volta la parte di patrimonio assegnata ad una beneficiaria di nuova costituzione, pur avendo un valore effettivo positivo, presenti valori contabili negativi)».
(90) V. in materia di fusione Trib. Busto Arsizio, 24 gennaio 1968, in Dir. fall., 1968, II, p. 617 e in Foro pad., 1969, I, p. 1044; Trib. Milano, 10 febbraio 1984, in Riv. dir. comm., 1984, II, p. 393; App. Bologna, 11 novembre 1997, in Giur. it., 1998, I, 2, p. 961.
(91) In materia di fusione v. S. LANDOLFI, «Il capitale “post- fusione”», cit.; L. SALVATO, Le operazioni di fusione e di scissione, cit., p. 610, secondo il quale tuttavia l’applicazione dell’art. 2445 c.c. sarebbe esclusa ove l’importo della diminuzione del capitale complessivo delle società fuse fosse allocata in un riserva indisponibile.
(92) Sempre in materia di fusione, G.B. PORTALE, «Capitale sociale e attribuzione di azioni nella fusione per incorporazione», in Giur. comm., 1984, I, p. 1031; G. TANTINI, «Operazioni sul capitale e operazioni sulle azioni nella fusione per incorporazione», in Giur. comm., 1984, II, p. 952 e ss.; P.G. MARCHETTI, «Appunti sulla nuova disciplina delle fusioni», cit., p. 41; C. SANTAGATA, Lineamenti generali dell’istituto della fusione: natura giuridica e procedimento, in Fusioni e scissioni di società. Profili civili e fiscali, Milano, 1993, p. 39. In materia di scissione F. D’ALESSANDRO, «La scissione delle società», in Riv. not., 1990, p. 880; P. FERRO- LUZZI, «La nozione di scissione», in Giur. comm., 1991, I, p. 1074; A. MORANO, «Prime osservazioni in tema di scissione», in Le società, 1991, p. 1318; E. CUSA, Prime considerazioni sulla scissione delle società, Milano, 1992, p. 137; G. CABRAS, «La scissione delle società», in Foro it., 1992, V, c. 277; L. PISANI, «Scissione in pendenza del prestito obbligazionario», in Riv. soc., 1997, p. 372; L. ARDIZZONE, Le azioni proprie nella fusione e nella scissione, cit., p. 77 nt. 67.
(93) In questo senso, G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, cit., p. 293 e 319; A. PAOLINI, Scissione e termine per l’opposizione dei creditori, in www.notariato.it; R. DINI, Scissioni - strutture, forme e funzioni, cit., p. 320; A. PAOLINI - A. RUOTOLO, Riduzione del capitale a seguito di scissione (effetti sul capitale e sulle riserve), in www.notariato.it; S. SANTANGELO, Il bilancio nella scissione, cit., p. 189; Orientamenti del Consiglio notarile di Firenze; Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massime L.A.31 e L.E.8), rinvenibili nel sito www.notaitriveneto.it; F. MAGLIULO, La scissione delle società, cit., p. 623.
(94) Sia consentito sul punto rinviare a F. MAGLIULO, «La riduzione reale del capitale nella società a responsabilità limitata», cit.
(95) A. PAOLINI - A. RUOTOLO, Riduzione del capitale a seguito di scissione (effetti sul capitale e sulle riserve), cit. Contra, nel senso che si applicherebbe anche in tal caso il termine di novanta giorni, S. SANTANGELO, Il bilancio nella scissione, cit., p. 191. Sul punto sia consentito rinviare ancora una volta a F. MAGLIULO, La fusione delle società,
(96) Sul punto sia consentito rinviare ancora una volta a F. MAGLIULO, La fusione delle società, cit., p. 407 e ss.; ID., La scissione delle società, cit., p. 614 e ss. 97 Massime della Commissione per la elaborazione di principi uniformi in tema di società istituita presso il Consiglio notarile di Milano (massima XII), in www.consiglionotarilemilano. it. Nello stesso senso, ex multis, G. TANTINI, «Operazioni sul capitale e operazioni sulle azioni nella fusione per incorporazione», cit., p. 779; G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, cit., p. 614, n. 1; C. SANTAGATA, Le Fusioni, cit., p. 187; G. PALMIERI, Scissione di società e trasferimento d’azienda, Torino, 1999, p. 321; G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, cit., p. 321; L. G. PICONE, Commento all’art. 2506-bis, cit., p. 1089; R. DINI, Scissioni - strutture, forme e funzioni, cit., p. 209; D. BOGGIALI, Fusione senza aumento di capitale dell’incorporante e sorte delle partecipazioni possedute dall’incorporante nell’incorporata, in www.notariato.it.; prima della riforma G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, cit., 614, n. 1.
(98) E. SIMONETTO, Della trasformazione e fusione delle società, cit., p. 189; E. CIVERRA, Le operazioni di fusione e scissione, cit., p. 105.
(99) L’uso di tale terminologia si deve a G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, cit., p. 35.
(100) F. MAGLIULO, La scissione delle società, cit., p. 290 e ss.
(101) Per ampi riferimenti bibliografici e giurisprudenziali sulla natura giuridica della fusione e della scissione sia consentito rinviare a F. MAGLIULO, La fusione delle società, cit., p. 51 e ss.; ID., La scissione delle società, cit., p. 27 e ss.
(102) Basti qui ricordare che l’adesione alla tesi della natura meramente modificativa della scissione ha consentito in passato di ritenere: - «ammissibile la fusione (“propria” o “in senso stretto”) in una società di persone di nuova costituzione con un unico socio … In tal caso la società di persone unipersonale originata dalla fusione sarà posta in liquidazione solo qualora, nel termine di sei mesi, non si costituisca la pluralità dei soci» (Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massima L.A.21), rinvenibili nel sito www.notaitriveneto.it); - «ammissibile la scissione a favore di una o più società di persone, anche se di nuova costituzione, con un unico socio … In tal caso la società di persone unipersonale beneficiaria sarà posta in liquidazione solo qualora, nel termine di sei mesi, non si costituisca la pluralità dei soci» (Orientamenti del Comitato Triveneto dei notai in materia di atti societari (massima L.A.22), rinvenibili nel sito www. notaitriveneto.it). Per le medesime ragioni è stato altresì possibile ritenere che, in caso di scissione a favore di beneficiaria di nuova costituzione, laddove questa intenda acquistare beni o crediti dei promotori, dei fondatori, dei soci o degli amministratori, il biennio rilevante ai sensi dell’art. 2343-bis c.c. debba essere computato non già dalla scissione, bensì dalla costituzione della scissa. Così G. SCOGNAMIGLIO, Le scissioni, cit., p. 198.
(103) V., infatti, in senso contrario all’ammissibilità dell’operazione con riferimento alla Srls, sulla base del carattere di start-up della medesima, M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto…», cit., p. 1111 e ss.; M. MALTONI, La società a responsabilità limitata semplificata …, cit., p. 110 e ss.
(104) Nello stesso senso M. MALTONI, La società a responsabilità limitata semplificata …, cit., p. 109.
(105) V. retro nota 72.
(106) Cfr. M. CIAN, «Srl, Srl semplificata, Srl a capitale ridotto…», cit., p. 1111.
(107) V. retro nota 58.
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